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Luglio / Agosto - Sardinews

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Innovazione<br />

Un gruppo di docenti: da sinistra Cinzia Siddi, Maurizio Virdis, Antioco Floris e il ricercatore Gianluca Borzoni.(foto F.Falchi, <strong>Sardinews</strong>)<br />

grado di fare realmente.”<br />

E all’università Maurizio Virdis, professore<br />

di Filologia Romanza e Linguistica<br />

Sarda alla Facoltà di Lettere dell’Università<br />

di Cagliari, la vede così: “Riguardo<br />

le mie tesi è molto difficile che i motori<br />

di ricerca possano fornire agli studenti un<br />

qualche aiuto. Certamente il Condaghe<br />

di Santa Maria di Bonarcado non si trova<br />

su Internet. Credo che l’uso di Internet<br />

possa avere un valore come spunto, per<br />

prendere delle idee, anche perché basta<br />

prendere una frase, digitarla, e, se lo<br />

studente ha copiato, è facile scoprirlo.<br />

Ma devo dire che proprio a causa della<br />

particolarità della materia che insegno,<br />

questo non mi è mai capitato”. Ad Antioco<br />

Floris, docente di Storia e Critica<br />

del Cinema alla Facoltà di Scienze della<br />

Formazione, le cose sono andate diversamente:<br />

“In genere, chi mi chiede la tesi<br />

è motivato e lavora, ma è naturale che<br />

cerchi di aiutarsi quando l’impegno non<br />

è sufficiente a garantire i risultati desiderati.<br />

Purtroppo mi è capitata di recente<br />

una tesi “copiata e incollata”: me ne sono<br />

accorto perché non c’era padronanza dal<br />

punto di vista lessicale. Alle parti in cui<br />

la scrittura era particolarmente curata se<br />

ne alternavano altre sconnesse, anche in<br />

relazione al contenuto. La mancanza di<br />

approfondimento saggistico è, insieme<br />

al lessico ed alla struttura grammaticale,<br />

uno dei segnali che confermano il cosiddetto<br />

“copia e incolla”. Se uno legge in<br />

maniera approfondita ciò che lo studente<br />

ha scritto e non si accontenta di dire “sì”,<br />

si accorge se il lavoro lo ha “scritto” la<br />

rete. Naturalmente usare Internet non è<br />

un crimine, anzi è comodo, soprattutto<br />

per trovare il materiale, anche se spesso<br />

non dà tutto quello che serve”.<br />

Per confermare o smentire quanto dichiarato<br />

dai docenti, lo stesso questionario<br />

(escludendo la domanda sulle traduzioni<br />

dal greco e dal latino) è stato consegnato<br />

ad un gruppo di studenti universitari<br />

provenienti da facoltà differenti (filosofia,<br />

scienze della formazione, lettere,<br />

giurisprudenza). Le risposte hanno dato<br />

un risultato curioso: sembra che quasi<br />

nessuno abbia mai utilizzato internet e<br />

il “copia incolla” per scrivere delle tesine,<br />

e che l’uso sia ristretto al reperimento<br />

del materiale per motivi di studio. Alcuni<br />

parlano di “speculazione sulla cultura”,<br />

riferendosi ai siti che offrono tesine a pagamento,<br />

e addirittura di frode verso se<br />

stessi “in quanto si rinuncia a compiere<br />

un lavoro di conoscenza”.<br />

Per indagare ancora più fondo sulla<br />

questione, si è voluto domandare direttamente<br />

agli studenti universitari quale<br />

fosse il loro rapporto con internet e fino<br />

a che punto i motori di ricerca possano<br />

essere un valido strumento di studio e di<br />

approfondimento. “Parlare di approfondimento<br />

mi sembra eccessivo”risponde<br />

Alessandra, 23 anni, studentessa di Lettere<br />

Moderne“ Quando mi trovo in difficoltà,<br />

e questo succede di frequente dal<br />

momento che gli orari delle lezioni sono<br />

massacranti ed il tempo per studiare è<br />

veramente poco, uso i principali motori<br />

di ricerca per compilare le tesine. Rimaneggio<br />

quello che trovo su internet inserendo<br />

appunti presi a lezione e, quando<br />

è possibile, lo integro con parti prese direttamente<br />

dai testi.” Roberta, ventenne<br />

iscritta in Scienze della Formazione, parla<br />

di “deontologia professionale” rispetto<br />

ad internet. “Quello dello studente è un<br />

lavoro come un altro. Nessuno si fiderebbe<br />

di un medico che studia su internet e<br />

utilizza le informazioni, spesso stravolte<br />

e poco attendibili, che circolano in rete.<br />

luglio - agosto 2006<br />

Personalmente mi è capitato, e non lo<br />

nascondo, di utilizzare Google per creare<br />

degli schemi veloci per poter ripassare,<br />

ma neanche al liceo mi è passato per la<br />

testa di utilizzarlo per evitare di fare i<br />

compiti. E non lo userò certamente quando<br />

sarà il momento di scrivere la tesi. Mi<br />

sentirei in colpa”<br />

Gianluca Borzoni, ricercatore di Storia<br />

delle Relazioni Internazionali alla<br />

Facoltà di Scienze Politiche, sorride:<br />

“Posso confermare una cosa riguardo<br />

l’atteggiamento degli studenti universitari<br />

nei confronti del “copia incolla”<br />

da Internet: lo fanno e non si sentono<br />

assolutamente in colpa. Utilizzano i siti<br />

di tesine “ufficiali”o Wikipedia perché<br />

hanno un tasso di approfondimento inferiore<br />

e dunque il lavoro si velocizza.<br />

Ma dal momento che in rete non esistono<br />

dei controlli “di qualità”, le date sono<br />

spesso sbagliate e per una materia come<br />

Storia delle Relazioni Internazionali le<br />

date sono fondamentali. Non vi è dubbio<br />

che Internet sia utile: le fonti e la documentazione<br />

edita o inedita sono spesso<br />

reperibili on-line nei siti americani e<br />

questo semplifica, ma permette anche di<br />

approfondire e completare il lavoro. Ad<br />

esempio, la documentazione delle Foreign<br />

Relations of United States è on-line.<br />

Ormai è molto frequente trovare vicino<br />

alla bibliografia classica una sitografia.<br />

Certamente, ripeto, la qualità spesso è<br />

piuttosto scadente. Bisognerebbe fare<br />

come negli Stati Uniti, dove il controllo<br />

sui siti è fenomenale. Gli stessi utenti si<br />

accorgono degli errori, li segnalano e si<br />

accordano con i siti per migliorarne la<br />

qualità.” Ma per questo forse bisognerà<br />

aspettare il XXII secolo.<br />

Francesca Falchi

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