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Domenico A. Nesci, Tommaso A. Poliseno ... - Doppio Sogno

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un altra cosa che ci insegnano qui: che bisogna ascoltare, che non significa soltanto<br />

mettersi lì in ascolto, no Ma è un ascolto molto più grande; è un ascolto che fa la<br />

relazione: che cosa il paziente può sapere, che cosa il paziente può accettare di<br />

sapere. Perché le comunicazioni, non a caso, qualcuno rilevava come in questo film<br />

ci sia un medico. Non esiste struttura sanitaria (molto americana probabilmente<br />

come cosa), non esiste famiglia se non quella che uno si costruisce. Cioè, qui non ci<br />

son genitori, non ci son fratelli, non ci sono amici, non c è nessuno. Sono queste tre<br />

persone e due bambini che si giocano tutta la loro relazione. Io credo che noi,<br />

quando siamo lì con il paziente, noi siamo in una relazione ben più complessa in cui<br />

dobbiamo sapere, capire o sentire cosa il paziente è in grado di farsi dire, di<br />

accettare come comunicazione. È un compito molto grande. Molto più facile dire:<br />

Io so che bisogna dirgli tutto . Oppure: Io so che non bisogna dirgli niente , no<br />

Tanto lo sai già, ma invece dici: Io devo sapere che cosa, quale responsabilità mi<br />

devo prendere io. Ecco, allora, di nuovo, l importanza di quello che diceva la collega<br />

[riferendosi all intervento di 6]: confrontarsi in tanti, costruire un gruppo e...<br />

reggere questa angoscia anche della responsabilità.<br />

33<br />

Io invece non sono tanto d accordo con con il professore Scafoglio e anche con<br />

l altro collega sul fatto che la morte sia scandalosa o comunque una cosa così<br />

oscena perché la mia esperienza di medico mi ha fatto incontrare delle realtà in<br />

cui la cosa scandalosa e oscena era continuare a vivere in determinate condizioni.<br />

Cioè io ho visto a volte dei pazienti assolutamente flagellati da piaghe di ogni tipo,<br />

odori cioè emanati dalle piaghe, insomma condizioni che avevano pochissimo in<br />

comune con quello, con tutto ciò che può essere vitale e io dentro di me ho sempre<br />

sperato che cioè ho sempre sperato e pensato che la morte era l unica cosa dignitosa<br />

per loro e anche gioiosa a un certo punto che potesse accadere. Li ricomponeva<br />

invece perché io ho visto spesso delle, proprio delle macchie sparire o comunque dei<br />

gonfiori svanire proprio nel momento in cui sono morti cioè recuperavano anche a<br />

livello fisico una certa dignità e poi il fatto che le vite si decompongono ecco io ho<br />

visto invece anche il riunirsi delle persone proprio nel momento della morte,<br />

riunirsi anche dei nuclei familiari e recupero anche, recuperare anche delle<br />

emozioni. Per esempio, io ho visto delle persone che non hanno mai pianto nella<br />

Rivista internazionale di psicoterapia e istituzioni numero 7 copyright©2005 4

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