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marzo 2011.pdf - Collegio San Giuseppe - Istituto De Merode

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Cultura<br />

Il federalismo cattolico di Gioberti<br />

dei príncipi. Il Papa avrebbe rappresentato un’autoritá<br />

super partes, conferendo quell’ideale unitá cattolica,<br />

che poteva risultare l’unica possibile o la piú efficace<br />

a fronte delle rivalitá, divisioni e diffidenze<br />

regionali.<br />

«Il Primato» ebbe vasta eco nell’opinione pubblica<br />

italiana suscitando larghi consensi, ma anche profondi<br />

dissensi.<br />

Da sinistra lo attaccarono laici e democratici tacciandolo<br />

di clericale e reazionario, da destra i Gesuiti. In<br />

risposta alle critiche, Gioberti scrisse il saggio<br />

«Prolegomeni del Primato», pubblicato a<br />

Bruxelles nel 1845. In esso Gioberti presenta<br />

come essenziale solo la confederazione<br />

italica; ma l’equilibrio di<br />

essa non poggia piú, come aveva<br />

affermato nel Primato, sul pontefice,<br />

né sui príncipi, né sul clero: il<br />

genio mediatore della confederazione<br />

sará l’opinione pubblica,<br />

che «oggi è vera regina degli Stati<br />

e signora del mondo». In tal<br />

modo, l’abate guadagnó la simpatia<br />

degli ambienti laici, favorevoli ad<br />

un programma di graduali riforme. Si<br />

delineava un’area moderata dove ai<br />

ristretti gruppi degli intellettuali che avevano<br />

iniziato la battaglia per l’unitá economica,<br />

si univano strati piú larghi delle classi dirigenti che<br />

avanzavano prospettive dichiaratamente nazionali.<br />

La mobilitazione delle forze del Centro appariva cosí<br />

piú ampia di quella ottenuta dalla propaganda mazzianiana<br />

e preludeva alla politica di Cavour.<br />

preso. Fu proprio Pio IX a decretare l’equivoco neoguelfo<br />

e ad avere parte importante nella fine del<br />

sogno federalista. Infatti nell’aprile 1848 dichiaró la<br />

propria impossibilitá a partecipare alla guerra nazionale,<br />

in quanto pastore di tutta la Cristianitá, facendo<br />

retrocedere dagli impegni bellici anche i giá diffidenti<br />

Leopoldo e Ferdinando, segnando il<br />

passaggio da una parentesi “federalista” della guerra<br />

d’indipendenza alla sola “guerra regia”.<br />

Ma il fallimento dell’idea federale di Gioberti fu<br />

decretato dalle mire espansionistiche del piemonte,<br />

tese ad unificare l’Italia, ma sotto lo stretto controllo<br />

della monarchia Sabauda .<br />

Tra il ’49 e il ’51 Gioberti abbandonò<br />

perciò la tesi federalista del « Primato»<br />

e lavorò all’opera « <strong>De</strong>l Rinnovamento<br />

civile d’Italia», ove affermava<br />

ancora: «libertá,<br />

confederazione, concordia sono<br />

dunque le tre leggi del risorgimento<br />

italico, derivanti dalle<br />

note specifiche della spontaneitá,<br />

italianitá e moderazione».<br />

La visione di Gioberti poteva trovare nuovo senso a<br />

seguito della suggestione collettiva suscitata dall’elezione<br />

di Giovanni Mastai Ferretti ,Pio IX,il 6 giugno<br />

1846, in fama di liberale.<br />

I giornali enfatizzarono questa possibile vena politica<br />

liberale, riformatrice, antiaustriaca del Papa.<br />

Ma i moti del ’48 misero da parte la questione italiana;<br />

la costituzione di Napoli scrolló tutti i Principati<br />

italiani e il contagio rivoluzionario ne rinnovó le divergenze.<br />

Ciò contribuí a distogliere i Principi e lo stesso<br />

Papa dall’impegno nazionale, preoccupati della<br />

piega repubblicana che i moti costituzionali avevano<br />

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