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SUONO n° 478

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RAY MANZAREK<br />

COME ERAVAMO<br />

Il nome dei Doors è uno spettro che torna instancabilmente a infestare la<br />

chiesa del rock. Si pronuncia a caso nelle interviste. Lo si dissotterra per rifinire<br />

le esegesi. Come un marchio vintage o come un sigillo definitivo per autentificare<br />

il presente. In questa intervista di 20 anni fa, Ray Mazanek, cinquantenne<br />

in fiore e saggiamente epicureo, affabile possessore di una carriera meteorite,<br />

ha accettato di prestarsi al gioco dei ricordi e di raccontare.<br />

Ray Mazarek: Io e Jim Morrison eravamo studenti alla scuola di cinema<br />

UCLA (Università della California, Los Angeles). Due amici che parlavano di<br />

arte, di teatro, di cinema, di jazz. Parlavamo di rock’n’roll, ma mai di formare<br />

un gruppo insieme. Due settimane prima della consegna dei diplomi, nel<br />

giugno ‘65, Jim mi ha detto che sarebbe partito per New York. Tre o quattro<br />

settimane dopo, ero sulla spiaggia, a Venice. E chi vedo venire verso di me<br />

Jim, o qualcuno che somigliava a Jim, visto che non l’avevo riconosciuto<br />

del tutto: non era del tutto lui, era molto più bello... mi sono avvicinato e<br />

ho visto che era davvero Jim, e non il David di Michelangelo. Era fantastico.<br />

Gli ho chiesto che stava combinando, perché non era a New York. Mi ha<br />

risposto: “Ho deciso di restare qui, abito sul tetto della casa di Dennis Jacobs”,<br />

un amico dell’UCLA, che è finito a lavorare per Francis Ford Coppola in<br />

Apocalypse Now e che alla fine è stato rinchiuso con i matti, viveva sul suo<br />

tetto e scriveva canzoni.<br />

Gli ho detto: “Scrivi delle canzoni Allora siediti e cantamene una”. Si è seduto<br />

sulla spiaggia, era metà luglio, una di quelle giornate calde e assolate di Los<br />

Angeles... Ha iniziato a cantare Moonlight Drive e ho pensato che erano le<br />

parole più belle che avessi mai sentito in una canzone rock. Ne ha cantata<br />

un’altra o altre due e gli ho detto: “Queste canzoni sono fantastiche, perché non<br />

fondiamo un gruppo rock” Jim ha risposto: “È proprio quello che vorrei fare”.<br />

È stato immediatamente colpito dal suo carisma<br />

Le parole delle sue canzoni erano molto belle: “Let’s swim to the moon, let’s<br />

climb through the tide, penetrate the evening that the city sleeps to hide...” Non<br />

era solo rock, era poesia. In quel momento, in piena estate 1965, i Beatles non<br />

erano ancora psichedelici, cantavano ancora “She loves you yeha yeah yeah...”<br />

i Rolling Stones cantavano il blues di Chicago, erano più funky e più cattivi.<br />

C’era della poesia in Dylan, ma non c’erano i temi jungiani della poesia di Jim.<br />

Dylan era molto bello, ma era troppo New York... mancava una certa qualità<br />

mistica. Era della grande poesia di strada, ma era folk rock, quando la poesia<br />

di Jim era jungiana, aveva il senso della paura, della morte, della trascendenza,<br />

che mancava alla poesia di Dylan.<br />

Qual era la vostra idea all’inizio, quando avete formato il gruppo<br />

Di fare di tutto. Evidentemente non potevamo cantare come i Beatles. Mc-<br />

Cartney e Lennon erano grandi cantanti. Noi stavamo per fare della musica<br />

psichedelica “trip-out” (termine collegato all’LSD, viaggio della musica che fa<br />

viaggiare come l’acido - ndr), strana e insolita, con una poesia straordinaria.<br />

Stavamo per fare qualcosa il più artistico possibile, e dato che due membri del<br />

gruppo erano laureati a un’università artistica, sarebbe stato qualcosa di fottutamente<br />

artistico, se così posso dire. Quale altro gruppo rock poteva servirsi<br />

disertava o si presentava ubriaco alle prove (persino a quelle in sala di<br />

registrazione). Ma se il tastierista sopportò stoicamente per anni questo<br />

ed altro, non fu soltanto per una questione di denaro. Ray provava un<br />

sincero affetto per il cantante. Tutti lo ricordano come una persona<br />

simpatica e cordiale, un vero gentleman. In ogni caso nel 1971, dopo la<br />

registrazione dell’ultimo album L.A. Woman, Morrison se ne andò a<br />

morire a Parigi. E scomparso il loro leader, anche i Doors erano morti.<br />

Qui, dopo sei dischi indimenticabili, montagne di dollari guadagnati e<br />

<br />

<br />

sempre degna di nota.<br />

Il problema più urgente per i superstiti della band, era come sopravvivere<br />

<br />

cominciò a commettere una serie di errori che, nel corso degli anni, gli<br />

alienarono le simpatie di una parte dei fans. A cominciare dal tentare<br />

di mantenere in vita i Doors con una sorta di accanimento terapeutico.<br />

Come si poteva del resto rinunciare a un nome che era di per se stesso<br />

<br />

d’accordo, ma le vendite di L.A. Woman non erano andate male e il<br />

singolo Riders On The Storm (in cui Ray svolgeva un ruolo predominante<br />

al piano) con i suoi splendidi passaggi jazzati sembrava aprire<br />

nuovi sbocchi musicali per il gruppo. Jim era insostituibile ma Ray,<br />

che durante i concerti dei Doors ogni tanto cantava dei blues, avrebbe<br />

potuto rimpiazzarlo senza ingenerare nel pubblico la sensazione di un<br />

<br />

pubblicarono altri due dischi: Other Voices (uscito di corsa soltanto sei<br />

mesi dopo L.A. Woman, quasi si volesse esorcizzare lo spettro di Jim)<br />

28 <strong>SUONO</strong> luglio 2013

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