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SUONO n° 478

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parte di alcuni giornali (capitanati dalla Aspesi repubblicana); alla da principio, su regie nuove. L’orchestra del teatro zurighese non può<br />

certo competere con quella milanese e dunque i direttori ospiti devono<br />

il Corriere della Sera che, questa volta, ha deciso di rendere pubblica essere di più alto livello, e magari non giovanissimi, lasciando che la<br />

la censura del sovrintendente nei confronti del critico. E poi, aggiungiamo<br />

anche, che qualche cast – dalla regia ai cantanti ai direttori di giovani che trovano il pubblico sempre accondiscendente in molti<br />

Scala sia un traguardo faticosamente raggiunto e non la passerella<br />

<br />

<br />

augurano, anche per evitare alla Scala la scoppiettante coesistenza di assolutamente a digiuno di melodramma, come sembrò ad un certo<br />

due “papi” che certamente hanno visioni diverse della conduzione del punto esser venuta in mente all’attuale dirigenza scaligera. E non<br />

massimo teatro d’opera del mondo; perché se una tale coabitazione <br />

<br />

A Lissner, al quale non si può non riconoscere di aver tenuto il timone <br />

fermo in un periodo in cui il teatro sembrava essere allo sbando, dopo cui vetrina ogni anno devono per forza apparire tutte le star monl’uscita<br />

traumatica di Fontana e di Muti e il salutare allontanamento <br />

di Mauro Meli, va rimproverata la gestione scaligera che in nome artistica che non ha e non deve neanche difendere, mentre invece la<br />

della “internazionalità”, sta rischiando di far perdere a Milano quella <br />

identità che fa sì che i Wiener<br />

<br />

Stéphane Lissner.<br />

<br />

pur avendo le capacità per farlo<br />

Nella pagina accanto, Alexander Pereira.<br />

-<br />

con buoni risultati.<br />

boim<br />

- pagata cara dal teatro,<br />

far tornare la Scala ad essere<br />

<br />

anche in termini economici - sta<br />

quella di Muti, senza avere Muti<br />

facendo perdere alla Scala quella<br />

che, sia chiaro, mai e poi mai tornerebbe<br />

a dirigere l’Orchestra<br />

sua personalità alimentata dalla<br />

grande tradizione interpretativa<br />

nifestatagli,<br />

alla vigilia del suo<br />

italiana: per molti anni Verdi non<br />

gurazione<br />

di stagione - la qual<br />

<br />

abbandono, del quale fu causa<br />

<br />

ne<br />

melodrammatica italiana,<br />

scandalosa - e gli altri grandi autori<br />

dell’opera italiana non sono<br />

che nella gestione Lissner-Baneanche<br />

apparsi in cartellone.<br />

<br />

<br />

(curioso poi che Barenboim alla<br />

temente<br />

mal consigliato dai suoi<br />

lodramma italiano che invece ha<br />

Scala non ha mai diretto il me-<br />

più stretti collaboratori, la girandola<br />

di giovanotti sul podio del<br />

larmente, diretto nel suo teatro<br />

regolarmente, abbastanza rego-<br />

<br />

<br />

ha mancato ogni obiettivo, anche di semplice decenza.<br />

nel curriculum sulla sua abilità a trovar soldi per le istituzioni per le<br />

tutto<br />

non dovrà fare della Scala una Zurigo più grande, fra i due teatri <br />

<br />

<br />

teatro di periferia nei confronti del teatro milanese. Certo con la sua <br />

- “Concerti Bach” di Francoforte, all’Opera di Zurigo, ed ora alla Scala.<br />

prodasse<br />

nella carica di Sovrintendente, un italiano, sebbene ve ne fosse<br />

<br />

<br />

Gatti che probabilmente vorrà insediare, trionfatore a Milano; e con <br />

<br />

<strong>SUONO</strong> luglio 2013 43

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