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Download Quaderno n. 6 Novembre-Dicembre 2010 - Quaderni del ...

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Ministero <strong>del</strong>la Salute<br />

luzione storica <strong>del</strong> fenomeno è stata molto rapida:<br />

mentre nel 1991 solo il 16% <strong>del</strong>le 181.000 assistenti<br />

familiari registrate era straniero, nel 2007 lo<br />

era oltre il 90% <strong>del</strong>le circa 700.000 lavoratrici a<br />

domicilio. Dati più recenti stimano un 72% di<br />

persone di origine straniera tra i quasi 1.485.000<br />

lavoratori subordinati (colf e badanti) oggi operanti<br />

nel settore. Un elevato numero di questi assistenti<br />

familiari stranieri, soprattutto donne, coabita con<br />

le persone anziane assistite e proviene soprattutto<br />

dall’Europa <strong>del</strong>l’Est, pur rimanendo forti i flussi<br />

anche da Sud America e Paesi asiatici come Filippine<br />

e Sri Lanka. Se si considerano solo le famiglie<br />

direttamente coinvolte nell’assistenza informale a<br />

un parente anziano non autosufficiente, ben il<br />

13% di queste risulta ricorrere all’aiuto di un assistente<br />

familiare a pagamento. Le famiglie che<br />

hanno più probabilità di scegliere questa soluzione<br />

sono quelle coinvolte in pesanti compiti di assistenza,<br />

quali la gestione di un familiare demente<br />

(oltre una famiglia italiana su quattro) o gravemente<br />

disabile (oltre un terzo <strong>del</strong>le famiglie). A<br />

questo proposito l’assunzione <strong>del</strong>la badante, specialmente<br />

se convive con l’assistito, sembra indurre<br />

una sorta di “effetto di sostituzione” nei confronti<br />

dei servizi di assistenza formali (ADI e SAD),<br />

tranne nei casi rappresentati dagli anziani in condizioni<br />

fisiche e psichiche gravemente compromesse<br />

che necessitano di “supervisione continua”<br />

(a volte anche 24 ore su 24), per i quali i familiari<br />

preferiscono affiancare a una badante convivente<br />

un supporto professionale più specializzato. Questo<br />

è un chiaro indicatore <strong>del</strong> fatto che il lavoro privato<br />

di assistenza da parte degli immigrati è divenuto<br />

in Italia una soluzione sistematica per affrontare<br />

esigenze assistenziali di lungo periodo, tanto più<br />

se i tradizionali servizi di assistenza domiciliari e<br />

residenziali non sono in grado di soddisfarle in<br />

misura adeguata. L’impiego privato <strong>del</strong>le assistenti<br />

familiari straniere da parte <strong>del</strong>le famiglie degli anche,<br />

in Europa, l’Italia presenti una <strong>del</strong>le più alte<br />

percentuali di donne di 55-64 anni “inattive” a<br />

seguito <strong>del</strong>le responsabilità familiari di cura (il<br />

30% di tutte le donne, rispetto a una media UE15<br />

<strong>del</strong> 10%). Un ruolo rilevante è certamente giocato<br />

dall’insufficiente diffusione di servizi “formali” di<br />

assistenza. Quelli domiciliari raggiungono infatti<br />

solo il 4,9% <strong>del</strong>la popolazione sopra i 65 anni, si<br />

limitano a poche ore a settimana e sono per lo più<br />

concentrati nelle regioni <strong>del</strong> Nord. Analogamente,<br />

la distribuzione di strutture residenziali penalizza<br />

il Sud <strong>del</strong> Paese e non consente di ospitare complessivamente<br />

più <strong>del</strong> 3% <strong>del</strong>la popolazione anziana.<br />

Altri tasselli <strong>del</strong> mosaico da considerare sono,<br />

inoltre, la notevole riduzione <strong>del</strong>la durata media<br />

dei ricoveri ospedalieri, il conseguente aumento<br />

<strong>del</strong>le ammissioni inappropriate di pazienti anziani<br />

in strutture residenziali e la storica carenza di personale<br />

infermieristico rispetto a quello medico (5,4<br />

contro il 4,2 per 1000 abitanti), che riflette la<br />

mancata redistribuzione di risorse dal settore <strong>del</strong>le<br />

acuzie a quello <strong>del</strong>le cure continuative. L’orientamento<br />

prevalentemente monetario <strong>del</strong> sistema di<br />

welfare italiano (in cui predominano le “provvidenze<br />

economiche” piuttosto che l’erogazione di<br />

servizi) si riflette nel fatto che le persone completamente<br />

non autosufficienti hanno diritto a ricevere,<br />

indipendentemente dal reddito, un’“indennità<br />

di accompagnamento” che ammonta a 480 euro<br />

al mese (783 euro in caso di cecità totale). A questa<br />

misura, percepita da circa un decimo di tutti gli<br />

italiani over 65, si aggiunge spesso un “assegno di<br />

cura”, introdotto da molte autorità locali, che in<br />

genere si attesta sui 300-500 euro mensili, per una<br />

somma complessiva di 800-1000 euro circa al<br />

mese. Tale cifra ha finito con il diventare anche<br />

l’importo <strong>del</strong>la remunerazione corrisposta al personale<br />

immigrato assunto privatamente dalle famiglie<br />

italiane per assicurare l’assistenza continuativa<br />

ai propri membri non autosufficienti. L’evo-<br />

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