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IL CASO LUGANO<br />
dalla prima pagina<br />
IL “LIBERO<br />
COMMERCIO”<br />
E LE PAURE<br />
LILLO ALAIMO,<br />
direttore responsabile<br />
N<br />
egli anni Trenta, quando<br />
la crisi finanziaria americana<br />
si trasformò in un<br />
decennio di depressione globale<br />
seguito da una cruenta guerra, e<br />
ora col terremoto provocato da<br />
una finanza (leggi banche e dintorni)<br />
famelica e senza etica. La<br />
depressione mondiale che seguì<br />
la crisi del ‘29, secondo gli economisti<br />
fu determinata dall’insorgere<br />
del protezionismo. Gli Stati<br />
e le loro economie, assalite dalla<br />
paura e dal panico, si chiusero a<br />
riccio. Oggi il pericolo è dietro<br />
l’angolo. E qualche giorno fa dal<br />
Forum di Davos l’appello contro<br />
il protezionismo è risuonato più<br />
forte che mai.<br />
C’è un filo rosso, scrive l’economista<br />
e collaboratrice del Caffè<br />
Loretta Napoleoni, che lega gli<br />
inglesi che scioperano contro gli<br />
italiani e le manifestazioni xenofobe<br />
che si sono abbattute negli<br />
ultimi giorni in Italia. La globalizzazione<br />
spaventa. Fa paura l’economia<br />
globalizzata così come intimoriscono<br />
il “diverso” e le diversità.<br />
In questi mesi di crisi Cina e Russia<br />
hanno attaccato la politica<br />
economica americana (“incapaci<br />
di guidare il mondo”). E da<br />
oltre Oceano la risposta non si è<br />
fatta attendere. Il pacchetto di rilancio<br />
del presidente Obama<br />
contiene clausole pericolose per<br />
mezzo mondo. Un grande piano<br />
di investimenti in opere pubbliche,<br />
ma con forniture, soprattutto<br />
acciaio, rigorosamente<br />
made in Usa. “Buy American”,<br />
dunque, e i partner commerciali<br />
degli Stati Uniti iniziano a tremare.<br />
L’innalzamento di nuove<br />
barriere commerciali, questo sì,<br />
rischia di trasformare la crisi in<br />
qualcosa di più complesso e duraturo.<br />
Alle barriere economiche<br />
seguirebbero quelle sociali. La<br />
paura di chi proviene da lontano,<br />
il timore del “diverso”, il terrore<br />
che “altri” possano mettere a rischio<br />
le nostre povere o ricche<br />
cose generano mostri indescrivibili.<br />
Mezzo secolo fa accadde.<br />
Ogni nazione trovò un “diverso”<br />
da perseguitare, da combattere.<br />
Il periodo d’oro - del quale non<br />
tutti nel mondo industrializzato<br />
hanno comunque beneficiato -<br />
ha subìto una battuta d’arresto.<br />
O forse è finito. Restano però i<br />
vantaggi del “libero scambio”, i<br />
benefici del “libero commercio”,<br />
della concorrenza globalizzata e<br />
proiettata in piccole realtà come<br />
quella in cui viviamo. Nel 2007 la<br />
Svizzera ha esportato verso i<br />
Paesi dell’Unione europea beni<br />
per un valore di 124 miliardi di<br />
franchi. Attualmente 400 mila<br />
cittadini svizzeri vivono e lavorano<br />
nell’Ue. E sia il “libero scambio”,<br />
sia la “libera circolazione”<br />
non possono essere considerate<br />
un meccanismo a somma zero,<br />
in cui le “esportazioni” (prodotti<br />
e persone) di un Paese rubano<br />
posizioni e posti di lavoro ad un<br />
altro. La somma è e dev’essere<br />
sempre positiva. Ognuno produce<br />
ciò che meglio sa fare e proprio<br />
per ciò lo può vendere a<br />
prezzi competitivi. Ed ecco che a<br />
beneficiarne sono tutti. Chi<br />
esporta, chi importa e il consumatore<br />
che acquista.<br />
“Libero scambio”, “libera circolazione<br />
delle persone” - in altre parole<br />
concorrenza e diversità culturali<br />
- sono state e sono il sale<br />
della crescita economica e sociale<br />
del mondo. Ma ora, ora che<br />
la giostra s’è fermata sono pericolose<br />
le spinte a fare passi indietro,<br />
nella sciocca convinzione<br />
che il protezionismo possa conservare<br />
quel po’ di ricchezza rimasta.<br />
I pericoli sono grandi.<br />
Dalla difesa del proprio continente<br />
si passa a quella del proprio<br />
Paese e da qui a quella del<br />
Cantone, della regione, della città<br />
(che gli asilanti entro ventiquattr’ore<br />
spariscono dal nostro territorio!,<br />
ha intimato Lugano l’altro<br />
giorno).<br />
Dalla globalizzazione alle tribù,<br />
teme Loretta Napoleoni. Ma i “diversi”,<br />
gli “altri” da lasciar fuori<br />
dalla porta, domani potremmo<br />
essere noi. alaimo@caffe.ch<br />
Faccia a faccia<br />
LUGANO<br />
CAPITALE<br />
“Il governo non capisce<br />
il nostro ruolo trainante”<br />
“Gli interessi della città<br />
non vadano a scapito di altri”<br />
LIBERO D’AGOSTINO<br />
Fotoservizio C. REGUZZI (Ti-Press)<br />
Giorgio Giudici,<br />
sindaco di Lugano<br />
e, nella comune<br />
opinione,<br />
sesto consigliere<br />
di Stato; Marco<br />
Borradori, presidente del governo,<br />
e per molti unico e possibile<br />
successore di Giudici alla<br />
guida di Palazzo Moraglia.<br />
Come vivete questo doppio<br />
ruolo?<br />
Borradori: “A Lugano<br />
adesso c’è un sindaco che va<br />
benissimo e da cui come luganese<br />
mi sento molto ben rappresentato.<br />
Dunque, sin che c’è<br />
Giudici… Certo, in prospettiva<br />
sarebbe interessante fare il sindaco,<br />
ho cominciato qui la mia<br />
carriera politica e sarebbe bello<br />
finirla anche qui. Ma non vivo<br />
un doppio ruolo. Mi sento solo<br />
un ministro. Sindaco e consigliere<br />
di Stato hanno responsabilità<br />
simili nel servire i cittadini,<br />
ma cambia la scala su cui<br />
si lavora, comune e cantone.<br />
Come ministri siamo confrontati<br />
con bisogni e interventi diversi,<br />
cercando di salvaguardare<br />
sempre il giusto equilibrio.<br />
Dunque ad ognuno il suo<br />
mestiere. Certamente concertazione<br />
e collaborazione con<br />
Lugano sono più che mai necessarie”.<br />
Giudici: “ Neanche io vivo<br />
questo doppio ruolo, mi limito<br />
solo a svolgere i compiti che i<br />
cittadini mi hanno affidato.<br />
Apprezzo molto che in governo<br />
ci sia un luganese come Borradori,<br />
il che ci consente un dialogo<br />
diretto con Bellinzona su<br />
tanti problemi. Francamente<br />
mi piacerebbe se Borradori restasse<br />
in consiglio di Stato”<br />
La forza finanziaria, lo sviluppo urbano, i grandi progetti e il<br />
peso politico. Lugano capitale economica, certo. Ma forse<br />
anche la vera capitale politica del Ticino. Nodo e snodo di<br />
tanti problemi, dal risanamento finanziario ai rapporti tra<br />
governo e comuni, dalla politica di sicurezza, alla<br />
rappresentanza all’estero del cantone, che viene sempre più<br />
identificato non con Bellinzona o Locarno, ma con Lugano.<br />
Tra Piazza della Foca e Piazza Riforma gli attriti non<br />
mancano: là si decide con i vecchi tempi della politica, qui<br />
con quelli di un polo urbano in forte crescita, con i ritmi<br />
dell’unica vera città del Ticino e in piena espansione. Con un<br />
municipio spesso diviso al suo interno, ma assai compatto<br />
quando si tratta di far valere le ragioni della città a Bellinzona.<br />
Un esecutivo dal forte potere condizionante per tutto il Ticino,<br />
che si profila come il governo ombra del Cantone, e un<br />
sindaco, Giorgio Giudici, che conta e decide come un<br />
consigliere di Stato.<br />
(1.continua)<br />
Lugano capitale economica<br />
del Cantone e il Municipio<br />
come governo ombra del cantone?<br />
Borradori: “Il rapporto tra<br />
Bellinzona e Lugano è molto<br />
chiaro. Governo ombra no, capitale<br />
economica sì. La città ha<br />
una massa critica, un dinamismo<br />
e una forza finanziaria tali<br />
per cui è sicuramente un interlocutore<br />
privilegiato, ma non<br />
da privilegiare. Il Cantone ha<br />
bisogno di Lugano e viceversa.<br />
Proprio perché riconosciamo<br />
questo, Lugano è stato l’unico<br />
Comune inviato dalla task<br />
force governativa per approfondire<br />
le misure anticrisi. Io<br />
ammiro la concretezza e la rapidità<br />
dei processi decisionali<br />
di Lugano. Il Cantone non<br />
vuole certo fermare la locomotiva<br />
luganese. Sono consapevole<br />
che una strategia di sviluppo<br />
cantonale deve passare<br />
sulla direttrice della città, che è<br />
l’anello forte della catena, ma<br />
come governo dobbiamo tutelare<br />
anche gli anelli più deboli”.<br />
Giudici: “ Non siamo un governo<br />
ombra, forse è il nostro<br />
peso, la nostra dinamicità che<br />
ci fa sembrare tali. Sappiamo di<br />
essere cresciuti tanto e ciò ci<br />
angoscia anche, poiché in questo<br />
Paese che fa non viene premiato,<br />
non è un esempio da<br />
imitare. Pensavamo che il nostro<br />
modello fosse uno stimolo,<br />
invece è recepito con disagio.<br />
Abbiamo una capacità propulsiva<br />
che non fa rallentare e ciò<br />
a tanti dispiace. Ma bisognerebbe<br />
ricordarsi che il vero motore<br />
del Ticino sono le aggregazioni<br />
urbane, le città-agglomerato<br />
sono un vero laboratorio e<br />
qui che s’impara. Mi auguro<br />
Gli scontri<br />
LA NUOVA LUGANO<br />
Una suggestiva immagine<br />
panoramica notturna di Lugano<br />
RE E PRESIDENTE FACCIA A FACCIA<br />
Alcuni momenti dell’incontro<br />
tra Giudici e Borradori a Lugano con il<br />
capo redattore del Caffè, D’Agostino<br />
che anche a livello di amministrazione<br />
cantonale, di funzionariato,<br />
si capisca questa<br />
nuova realtà, ma purtroppo ci<br />
scontriamo spesso con una logica<br />
e un approccio che sono<br />
rimasti immutati”.<br />
Manovra finanziaria, compensazione<br />
intercomunale, asilanti,<br />
politica regionale, i motivi<br />
d’attrito tra Piazza riforma<br />
e Piazza della Foca non<br />
mancano mai. E’ così difficile<br />
trovare un terreno d’accordo,<br />
un punto di equilibrio?<br />
Borradori: “ In momenti<br />
difficili gli attriti sono quasi<br />
inevitabili, la coperta e piccola<br />
e ogni centro, ogni comune<br />
cerca di tirarla dalla sua parte.<br />
Dalla manovra finanziaria alla riforma della polizia, i no a Piazza della Foca<br />
Se Palazzo Moraglia alza la voce<br />
Bellinzona fa marcia indietro<br />
Palazzo Moraglia dice alt e dalla tolda in<br />
Piazza della Foca si fa indietro tutta. Tanto<br />
per restare agli episodi più recenti: per<br />
stoppare la manovra finanziaria, e ripiegare su<br />
un bilancio preventivo di contenimento, è scattato<br />
il no di Lugano, che ha dato il là all’opposizione<br />
di tutti gli altri comuni. Una rottura clamorosa<br />
che ha condizionato le mosse successive del<br />
consiglio di Stato che ha dovuto tenere in maggiore<br />
considerazione le esigenze dei Comuni.Ma<br />
in piazza Riforma si è anche arenata la riorganizzazione<br />
della polizia col corpo unico della<br />
Polcantonale. Che dire poi del recente ultimatum<br />
del sindaco Giorgio Giudici al cantone sul<br />
trasferimento degli asilanti dal garni di via Nassa.<br />
Anche in questo caso tra critiche e polemiche il<br />
governo ha dovuto innestare la retromarcia. Con<br />
le aggregazioni comunali Lugano è diventata una<br />
cita di oltre 56 mila abitanti e vuole contare in<br />
La città difende un interesse<br />
compatto e chiaro, mentre noi<br />
come governo dobbiamo cercare<br />
soluzione equilibrate per<br />
tutto il Ticino. Ma con Lugano<br />
non si sono solo attriti, stiamo<br />
lavorando molto bene assieme,<br />
ad esempio, per il piano dei<br />
trasporti, un tassello chiave per<br />
il futuro della regione. Credo<br />
modo rispondente alla sua forza economica,<br />
progettuale e al suo peso politico. Inevitabili le<br />
frizioni con il governo e l’apparato amministrativo<br />
cantonale, a cui si rimprovera spesso di ragionare<br />
secondo vecchie logiche che non tengono<br />
conto delle esigenze di un agglomerato in<br />
forte crescita. Ma i rapporti di forza con l’unico<br />
e vero polo urbano del Ticino, non si misurano<br />
solo sull’asse amministrativo con Bellinzona. Dal<br />
Sul Ceresio passa anche la faglia che nei mesi scorsi<br />
ha diviso il maggiore partito ticinese, il Plr, con<br />
contraccolpi su tutta la vita politica e amministrativa<br />
Ceresio passa anche la faglia che nei messi scorsi<br />
ha diviso il più importante partito del Cantone,<br />
il Plr con lo scontro tra i lib-lug, capitanati da<br />
Giudici, e l’ala radicale del partito. Scontro che<br />
inevitabilmente si è riflesso su tutta la politica<br />
cantonale, con un successivo e forte sbandamento<br />
elettorale del partitone. Insomma, sull’equilibrio<br />
tra Bellinzona e Lugano pare giocarsi<br />
il futuro del Ticino.<br />
l.d.a.