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LE OPINIONI<br />

IL CAFFÈ 8 febbraio 2009<br />

47<br />

VISTI DA LONTANO<br />

di ANGELO ROSSI<br />

I troppi rischi<br />

della chiusura<br />

Questo commento verrà pubblicato la domenica<br />

della votazione sul referendum contro la libera<br />

circolazione della manodopera. Non è difficile<br />

prevedere che, uno, il Ticino si schiererà con i referendisti<br />

e che, due, il risultato sul referendum, a livello<br />

nazionale, sarà risicato, come risicato è sempre l’esito<br />

di votazioni popolari che concernono i rapporti della<br />

Svizzera con l’Europa. Per una fetta importante dell’elettorato<br />

svizzero ogni volta che si vota sull’Europa<br />

sembra sia in gioco la sovranità nazionale. Per questi<br />

elettori la stessa non può essere che assoluta. Dover<br />

accettare regole che vengono da fuori sembra loro un<br />

asservimento senza pari. Se potessero, farebbero diventare<br />

nazionali anche le regole sugli sport, a cominciare<br />

da quelle del gioco del calcio 1 . A livello economico<br />

questa difesa sviscerata del primato nazionale<br />

viene chiamata protezionismo. Nella sua versione<br />

estrema, ossia l’autarchia, il protezionismo porta alla<br />

chiusura delle frontiere (con l’imposizione di dazi impagabili<br />

o di divieti di scambio, o di transito) per<br />

merci, servizi e fattori di produzione. Esattamente il<br />

contrario di quel che si propone l’Unione Europea con<br />

le sue famose quattro libertà. Quali possono essere le<br />

conseguenze del protezionismo? Dovessimo chiudere<br />

la frontiera nazionale, sorgerebbe il problema del<br />

come proteggersi dalla concorrenza interna. Si potrebbero<br />

reintrodurre i dazi che esistevano prima del<br />

1848, prima cioè che sul territorio svizzero venisse<br />

creata l’unione doganale. Ma si potrebbe anche limitare<br />

la libertà di domicilio a chi è originario del Cantone.<br />

Perché uno svizzero tedesco o uno svizzero francese,<br />

che magari parlano male l’italiano, dovrebbero<br />

venire in Ticino ad occupare posti di lavoro che spettano<br />

di diritto ai residenti ticinesi? Se si tien conto del<br />

fatto che le paure dei protezionisti si fermano solo alla<br />

porta di casa, questo scenario non è per niente utopico.<br />

A questo punto ci si può chiedere quale sarebbe<br />

il prezzo di tanto isolamento. Se ci fosse ancora, radio<br />

Eriwan risponderebbe più o meno nel seguente<br />

modo:“ Dapprima niente. Poi il Ticino comincerebbe<br />

a spopolarsi. Dopo cinquanta anni, al disotto dei 900<br />

metri di altezza, tutto sarebbe ricoperto dal bosco. Nascerebbe<br />

così il più grande parco nazionale della Svizzera”.<br />

Si tratta, come si può facilmente constatare, di<br />

un’opzione interessante a livello nazionale, ma catastrofica<br />

per i ticinesi.<br />

_____<br />

1<br />

A proposito di regole del gioco locali o nazionali.<br />

Verso la fine del Settecento, a Lugano, si giocava il calcio<br />

con due squadre di una trentina di giocatori ciascuna.<br />

La partita durava, senza pause, dall’inizio del<br />

pomeriggio fino all’ora del tramonto. Le sostituzioni<br />

in campo erano illimitate e potevano essere fatte, in<br />

ogni momento. Il pallone poteva essere giocato con i<br />

piedi o con le mani. La partita si giocava senza arbitri.<br />

Le scommesse sul suo esito erano numerose e riguardavano<br />

somme ingenti.<br />

PARLARCHIARO<br />

di DARIO ROBBIANI<br />

Un vero giornalista<br />

tutto di un pezzo<br />

W<br />

erther Futterlieb era un giornalista tutto di un pezzo.<br />

Di quelli che raccontano ponendosi dalla parte della<br />

gente e dei fatti, senza atteggiarsi a sapientoni. Ha<br />

fatto diversi mestieri, speaker radiofonico, dirigente di banca,<br />

fiduciario, ma primariamente fu giornalista, osservatore, narratore<br />

e divulgatore, testimone del suo tempo.<br />

***<br />

Arrivato tardi al giornalismo, a cinquanta anni, ottuagenario<br />

l’aveva ancora nel sangue. Costretto nell’immobilità, con la<br />

mente dissociata dal corpo, gli mancavano la collaborazione<br />

fissa a un giornale, l’intervento radiofonico, il contatto con il<br />

pubblico televisivo. Avrebbe voluto scrivere le memorie di un<br />

mezzobusto, cronista parlamentare e voce radiofonica amica.<br />

Un libro da affiancare ai precedenti, “Qui Berna”, ritratto-interviste<br />

dei parlamentari ticinesi, e “Lo giuro”, rievocazione<br />

delle elezioni dei consiglieri federali visti dalla tribuna stampa<br />

e frequentati nel corridoio dei passi perduti.<br />

***<br />

Avrebbe voluto raccontare la Lugano dei bei tempi, partendo<br />

dalla toponomastica e dai personaggi storici caduti nel dimenticatoio.<br />

“I muri delle strade e le piazze sono libri di storia”<br />

ha scritto su “La Rivista di Lugano”.<br />

***<br />

Con la rubrica “I corridoi di palazzo”, pubblicata sul Giornale<br />

del Popolo, ha umanizzato la politica federale, paludata e distante.<br />

Notizie, rendiconti, commenti e indiscrezioni: questa<br />

la ricetta dei pastoni parlamentari firmati WF.<br />

“Ha avvicinato l’autorità alla cittadinanza” ha osservato Flavio<br />

Cotti nella prefazione di “Qui Berna”.<br />

***<br />

Aveva un altro sogno nel cassetto: essere ospite di “controluce”,<br />

intervistato da Michele Fazioli. Un contatto ravvicinato<br />

con il pubblico, una testimonianza in diretta. Purtroppo, nessuno<br />

è profeta in patria.<br />

***<br />

In compenso ha avuto un omaggio raro: i deputati, in piedi,<br />

l’hanno applaudito, quando il presidente ha annunciato che<br />

abbandonava il posto di corrispondente da palazzo, per limiti<br />

d’età. Un’ovazione che il Quotidiano e il Telegiornale hanno<br />

inserito nella sua biografia.<br />

***<br />

I funebri, le rievocazioni, la partecipazione ai funerali dimostrano<br />

che non è stato un anonimo corista, bensì un protagonista.<br />

Il signore di mezza età, con i capelli bianchi, il fisico<br />

asciutto, la dizione senza inflessioni dialettali, il linguaggio<br />

appropriato, che ha spiegato la politica sovente inascoltata e<br />

derisa.<br />

***<br />

Il telecontrol del gradimento era la moglie Miriam. Lo stimolava,<br />

lodava o criticava. Non furono solo coppia, facevano<br />

squadra. Hanno vissuto assieme anche l’ultima sequenza<br />

della loro produzione professionale e privata. Al ricovero bastavano<br />

pochi minuti d’intesa per compensare la distanza<br />

provocate dalle malattie. Altrettanto affetto riservava ai figli<br />

Andrea (medico) e Raul (avvocato), alle nuore, ai nipoti, alla<br />

sorella e al fratello Sigfrido. Solo avendo una piccola famiglia<br />

ci si può buttare nella grande famiglia dell’impegno civile e<br />

politico.<br />

In questo Werther è stato favorito dalle amicizie che sapeva<br />

creare, essendo uomo di cuore oltre che di cervello, generoso<br />

e signorile.<br />

MACCHIE<br />

di DARIO ROBBIANI<br />

Come le distruzioni a Gaza: “L’ora della terra”, “L’uovo<br />

quadrato”, “La Costa dei barbari”, Las Vegas di Fournier,<br />

l’Alcide e l’Armida, “Fatti vostri” oscurati, spostati o distrutti<br />

dagli sterminatori della vecchia radio, stravaganti<br />

progettisti della digitale “ciciarona”.<br />

RIPRESI IERI E OGGI<br />

elaborazione grafica di RENÉ BOSSI<br />

LA CORSA POLITICA<br />

Come Totò e Peppino. “Pippo” Lombardi e Ignazio Cassis presi dalla foga politica<br />

corrono da sud a Nord, da Bellinzona a Berna. “Chi si ferma é perduto”! Senza sosta<br />

(e senza limiti) da un Palazzo all’altro. Questa volta è toccato al deputato liberale<br />

Cassis. Pizzicato in autostrada a 171 chilometri orari. Ero sopra pensiero, si è<br />

giustificato. Qualche anno fa era andata peggio al collega pipidino Lombardi. Lui, pur<br />

di non fermarsi nella corsa politica, si metteva al volante senza patente o con<br />

qualche bicchiere di troppo.<br />

Che coppia! Come dice Totò nel film, “meglio un ambo oggi che una gallina domani”.<br />

ETIC(HETT)A<br />

di PADRE CALLISTO<br />

Durante l’ultimo incontro mensile<br />

di un’attività che sto portando<br />

avanti con alcuni amici, un<br />

gruppo di genitori e di adolescenti, abbiamo<br />

parlato di scuola. I partecipanti,<br />

divisi a gruppi secondo l’età (i genitori<br />

formano un loro gruppo da me animato),<br />

discutono con l’aiuto di una<br />

scheda che, sul tema proposto, presenta<br />

aspetti positivi e negativi. Poi ogni<br />

gruppo, in un momento assembleare finale,<br />

dice per quali aspetti propende. I<br />

gruppi dei giovani sono stati buoni con<br />

la “nostra scuola”. L’hanno promossa<br />

con sufficienza di voti, ma hanno criticato<br />

l’impegno scoordinato nei compiti<br />

e la difficoltà di stabilire un corretto rapporto<br />

con parecchi docenti; dicono di<br />

non essere ascoltati, chi è in cattedra<br />

non accetta le critiche anche giuste, di<br />

chi è nei banchi.<br />

Il gruppo dei genitori è stato più severo.<br />

A loro dire, la scuola non è capace di<br />

adeguarsi all’evoluzione sociale che, in<br />

questi ultimi decenni ha visto entrare<br />

nei nostri confini, e quindi anche nelle<br />

sue aule, ragazzi di ogni nazionalità e<br />

cultura. Sempre i genitori hanno denunciato<br />

l’incapacità di parecchie direzioni<br />

scolastiche di non saper creare col corpo<br />

docenti un rapporto di corresponsabilità<br />

che permetta di stabilire alcune<br />

norme fisse che tutti devono osservare –<br />

docenti e allievi – nell’interno dell’istituto.<br />

Purtroppo esistono persone al vertice<br />

delle singole scuole, nominati per<br />

appartenenza partitica, mentre si auspicherebbe<br />

che un direttore fosse un buon<br />

psicologo, un preparato pedagogista, un<br />

capace coordinatore. Comunque anche<br />

il gruppo dei genitori ritiene che proprio<br />

loro, come primi responsabili dell’educazione<br />

dei loro figli, devono essere vicini,<br />

collaboranti, sostenitori dei docenti<br />

e della scuola.<br />

Ricordo che questi incontri sono aperti<br />

a tutti, giovani (dalla III media alla IV superiore<br />

e apprendisti) e che si tengono<br />

al centro Spazio Aperto di Bellinzona<br />

una volta al mese, la domenica dalle<br />

19.45 alle 21.30. Il prossimo incontro<br />

avrà luogo questa sera; il tema in discussione:<br />

“Il pericolo, stimolo o invito alla<br />

temerarietà?”.<br />

APPUNTI DI VIAGGIO<br />

di GIÒ REZZONICO<br />

gio@rezzonico.ch<br />

Un principe<br />

illuminato<br />

Due cose sono necessarie a un principe illuminato<br />

per gestire con successo lo<br />

Stato: la virtù e la fortuna. Lo sosteneva<br />

Machiavelli cinque secoli fa nel suo celeberrimo<br />

libro “Il Principe”. Parlando di virtù non<br />

pensava tanto alle doti morali, quanto piuttosto<br />

a quelle razionali. Da sole però non bastano<br />

- aggiungeva - ci vuole anche una buona<br />

dose di fortuna. E l’ideale sarebbe - concludeva<br />

- che virtù e fortuna siano presenti in parti<br />

uguali, perché è vero che a vicenda una può<br />

supplire all’altra, ma solo fino a un certo<br />

punto.<br />

Queste letture, fatte tanti anni fa all’università,<br />

mi sono sempre rimaste impresse e mi<br />

sono tornate alla mente durante un viaggio in<br />

Oman, dove il capo dello stato, il sultano Qabus,<br />

si direbbe una creatura di Machiavelli.<br />

Possiede la virtù, perché è razionale e sta costruendo<br />

un paese nuovo e moderno con metodo<br />

e con equilibrio, ma possiede anche la fortuna,<br />

perché tre anni prima di salire al trono<br />

sono stati scoperti nel suo paese ampi giacimenti<br />

di petrolio e di gas naturale (alle pagine<br />

42 e 43 descrivo questo sviluppo).<br />

“Mi considero un uomo con una missione - afferma<br />

il sultano di se stesso - più che un uomo<br />

di potere”. Una missione iniziata 38 anni fa,<br />

quando ha rovesciato il governo del padre, che<br />

aveva mantenuto il paese nel Medioevo, impedendo<br />

qualsiasi cambiamento e isolandolo<br />

dal resto del mondo. La sfida del sultano consiste<br />

nel creare un paese moderno, sempre<br />

meno dipendente dagli introiti finanziari provenienti<br />

dalla vendita di gas naturale e petrolio<br />

(oggi costituiscono ancora l’80% delle entrate<br />

del paese). Il sultano sa infatti benissimo<br />

che le scorte di questi due preziosi prodotti del<br />

sottosuolo non sono eterne, anzi dureranno<br />

per altri venti, trent’anni al massimo. Nell’Oman<br />

si sta quindi combattendo una lotta<br />

contro il tempo per prepararsi al dopo petrolio.<br />

Sono stati elaborati piani quinquennali,<br />

in base ai quali si verificano i progressi nella<br />

creazione di nuove industrie, nel settore del turismo<br />

(su cui si punta molto) e nella socialità.<br />

Ma alla base di tutto sta l’istruzione. Nel 1970<br />

l’Oman aveva mille studenti, oggi ne conta 565<br />

mila su 2,5 milioni di popolazione. Solo la generazione<br />

dei trentenni ha compiuto le scuole<br />

dell’obbligo. Questo fa sì che l’Oman sia ancora<br />

molto dipendente dai lavoratori stranieri,<br />

sia nelle professioni di maggior prestigio, sia<br />

in quelle più umili. Anche la democratizzazione<br />

del paese richiede tempi lunghi in queste<br />

condizioni, sebbene il sultano stia preparando<br />

la struttura istituzionale per una transizione<br />

alla democrazia (una delle due camere<br />

è eletta dal popolo).<br />

È un caso davvero interessante quello dell’Oman,<br />

un caso rarissimo di principe illuminato<br />

al potere. Certo, in una democrazia in 38<br />

anni non si sarebbe mai riusciti a fare tutto<br />

quanto ha fatto il sultano. Ma, nonostante i<br />

suoi tempi lunghi, la democrazia rimane comunque<br />

sempre, come sosteneva Winston<br />

Churchill, il meno peggiore dei governi. I nostri<br />

politici devono però fare attenzione a non<br />

farla languire allontanando il popolo sfiduciato<br />

dalla cosa pubblica. Quanto all’Oman<br />

auguriamo lunga vita al principe illuminato,<br />

perché saprà certamente traghettare il suo popolo<br />

verso uno stato democratico moderno.<br />

SETTIMANALE DELLA DOMENICA<br />

Direttore responsabile Lillo Alaimo<br />

Vicedirettore Simonetta Caratti<br />

Caporedattore Libero D’Agostino<br />

Caposervizio grafico Ricky Petrozzi<br />

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Presidente consiglio<br />

d’amministrazione<br />

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