@ www.omantourism.gov.om/ www.destinationoman.com/ IL LUOGO IL CAFFÈ 8 febbraio 2009 43 Il sultanato, ora soprannominato la Svizzera della penisola arabica, fino agli anni Settanta era rimasto intrappolato nel Medioevo. Grande quanto l’Italia, era privo di luce elettrica. Aveva tre scuole con meno di mille allievi L’Oman in cifre Territorio 309.500 Km² Produzione di greggio 738’000 unità al giorno (media) Capitale Muscat 718.917 ab. Popolazione totale 2.577.062 IRAN Religione Islamica Omaniti 1.883.576 GOLFO PERSICO EM. ARABI UNITI ARABIA SAUDITA YEMEN La storia OMAN compiuti anche per favorire il commercio, grazie alla creazione di porti navali sempre più importanti, nel pieno rispetto della storica tradizione marinara dell’Oman. A Sohar, grazie a una joint venture al 50 per cento con il porto di Rotterdam, sta sorgendo una struttura di livello mondiale. Uno dei maggiori problemi che ha dovuto affrontare il sultano durante la “Rinascita” è stato quello dell’istruzione. In pratica è alfabetizzata solo la generazione dei trentenni, perché prima non esistevano scuole, se non per una ristrettissima élite (si dice che studiassero mille allievi in tutto il paese). Oggi si stanno compiendo sforzi enormi in questo senso: ci sono oltre mille scuole statali, 157 private e 7 facoltà universitarie. Il cosiddetto programma di omaa metà Settecento a metà Ottocento, con Ahmad bin Said, fondatore della dinastia a cui appartiene l’attuale sultano, l’Oman ha vissuto un periodo di prosperità e di grandezza mai conosciuti in precedenza. Grazie a una flotta di oltre cento navi i suoi navigatori e commercianti hanno solcato i mari toccando porti lontanissimi, e l’impero ha assunto notevoli dimensioni: controllava zone strategiche della costa africana, tra cui Mombasa e Zanzibar, e alcune parti dell’odierna India e del Pakistan. Il paese ha poi conosciuto un lento degrado fino a giungere alla drammatica crisi politicoeconomica provocata dal padre dell’attuale sultano, che opponendosi strenuamente a qualsiasi cambiamento ha isolato l’Oman dal resto del mondo. In un paese grande quanto l’Italia non c’era luce elettrica, esistevano solo 4 chilometri di strade asfaltate, tre scuole con meno di mille alunni, su una popolazione che allora si aggirava attorno ai due milioni. Di notte le guardie del sultano chiudevano le porte della città vecchia di Muscat e chi passeggiava sprovvisto di una lanterna rischiava la vita. Nessuno possedeva un’auto ed i trasporti viaggiavano a dorso di cammello. MUSCAT GIÒ REZZONICO Lingua Moneta Clima In 39 anni, dal 1970 al 2009, l’Oman è letteralmente passato dal Medioevo al Rinascimento. “Il compito è immane - scriveva nel 1976 Simon Jargy, orientalista francese, professore all’Università di Ginevra, nel volume “Emirati arabi del Golfo”, edizioni Mondo - e la modernizzazione stessa si ferma a realizzazioni isolate se non embrionali”. Questo commento è stato espresso a soli sei anni dall’inizio della cosiddetta “Rinascita”. Oggi possiamo tranquillamente affermare che l’Oman ha vinto la sua grande sfida con la modernizzazione, coniugando saggiamente un atteggiamento tollerante nei confronti dei costumi e delle tradizioni esterne con la salvaguardia di un’identità nazionale. Lo sviluppo, come si legge sulla guida turistica Lonely Planet, “è stato equilibrato: ha abbracciato il mondo moderno con quella giusta dose di scetticismo che consente alla gente di tornare ai propri villaggi nei fine settimana, parcheggiare le Toyota in fondo al tratto asfaltato e proseguire a piedi per andare a trovare i nonni”. Anche a livello internazionale il difficile percorso compiuto dall’Oman in questi 39 anni ha ottenuto importanti riconoscimenti, come il premio internazionale per la pace nel 1998, quello per la libertà economica nel 2005, quello per il più basso livello di corruzione amministrativa nel mondo arabo. L’Oman svolge un ruolo preminente nell’Unesco. Ha vinto vari premi regionali ed internazionali per la sua pulizia e l’ordine, tanto da conquistarsi il soprannome di “Svizzera d’Arabia”. Artefice di questo miracolo politico-sociale è il sultano Qabus bin Said. Principe illuminato, equilibrato, discreto, colto e raffinato (ama la musica classica al punto da fondare la Royal Oman Simphony Orchestra con centoventi elementi) si considera “un uomo con una missione, più che un uomo con potere”. Il suo progetto politico prevede di coinvolgere le forze di tutta la comunità, donne comprese, “perché il compito di costruire la nazione è una responsabilità di tutti”. In politica estera è convinto che “la pace e la stabilità si possono raggiungere solamente mediante la tolleranza ed il riconoscimento dei reciproci interessi”. In meno di mezzo secolo le tappe del Rinascimento Erano vietati i sandali, gli ombrelli, le radio, gli strumenti musicali, persino gli occhiali da sole perché “coprivano lo sguardo e impedivano di raggiungere l’anima”. Dieci frustate venivano inflitte ai ragazzini sorpresi a calciare un pallone. Di fronte a questo clima assurdo, con il segreto sostegno dei britannici, Qabus ha rovesciato e esiliato il padre a Londra. “In passato - dichiarò appena salito al trono - siamo stati avvolti dall’oscurità, adesso per l’Oman si schiude l’alba”. Nel frattempo erano stati scoperti i primi pozzi di petrolio. arabo, ma l’inglese è diffusamente parlato nei settori dell’istruzione e del commercio il reale omanita (diviso in 1000 baizas) = US$ 2,60 (circa 1,78 Euro) Temperato (30°) da ottobre a marzo, caldo (anche 50°) ed umido da aprile a settembre, eccetto nel Dhofàr, dove piove durante la stagione dei monsoni (khareef) da metà giugno a settembre. GOLFO DI OMAN Oman Dall’autoisolamento mondiale all’evoluzione democratica Il fondatore della dinastia Ahmad già nell’Ottocento disponeva di una flotta di oltre cento navi La rinascita col petrolio La produzione commerciale di greggio era iniziata nel 1967. Quando il sultano Qabus è salito al potere il paese era completamente da ricostruire. Grazie al petrolio i soldi c’erano. Si trattava di spenderli bene e di avere le idee giuste. Ma mancavano le teste pensanti e il paese era scosso da una guerriglia interna di matrice maoista. Molti cittadini omaniti, che avevano ricevuto un’istruzione scolastica ed erano benestanti, avevano lasciato il paese per cercare fortuna all’estero. Si trattava di farli rientrare per avere a disposizione le forze intellettuali necessarie per la ricostruzione. E contemporaneamente bisognava aprire scuole per creare gli uomini sui quali fondare il futuro del paese. Allo stesso tempo era necessario creare ospedali, strade e insomma tutto ciò che mancava. Sono così stati individuati quattro principi ispiratori della moderna ricostruzione del paese: la valorizzazione delle risorse umane, lo sviluppo di In una delle regioni più aride del mondo, un terzo dell’acqua ora arriva dai dissalatori Stranieri 693.486 Tasso di natalità Mortalità infantile Fuso orario GMT +4 quelle naturali, la creazione di infrastrutture adeguate e la formazione di uno stato basato su istituzioni moderne. L’economia è stata sviluppata in base a piani quinquennali, che permettono di verificare i risultati. Dopo una prima fase di 25 anni (1970-1995) si è entrati nel venticinquennio successivo, che 24,17 per migliaia di popolazione 10,25 per migliaia di nati vivi andrà fino al 2020. La sfida principale del futuro sarà quella di preparare l’Oman al periodo in cui finiranno le scorte di petrolio e di gas naturale. Questo accadrà tra venti, trent’anni, dopo di che il paese dovrà essere in grado di reggersi senza queste entrate. Si tratta in primo luogo di diversificare l’economia. Oggi i petroldollari rappresentano ancora oltre l’80 per cento delle entrate del paese (70% greggio, 11% gas). Lo sviluppo dei settori industriale e turistico rappresentano la pietra angolare della politica di lungo termine. Il piano quinquennale in vigore stabilisce le condizioni per un clima favorevole agli investimenti in questi due settori fondamentali ed i risultati non si sono fatti attendere. Grandi investimenti vengono UN CUORE VERDE NEL DESERTO Una suggestiva immagine della capitale con i lussureggianti ed eleganti giardini nizzazione prevede di aumentare gradualmente ma costantemente la percentuale di posti di lavoro occupati da omaniti. E questo sia nelle professioni di livello più elevato, sia in quelle più umili. Il settore privato impiegava nel 2005 personale del luogo nella misura del 25 per cento (nel 2000, 16,4%). Il settore pubblico è invece costituito per la maggior parte da gente del posto. Su 3000 medici attualmente già 800 sono del luogo e gli infermieri sono omaniti al 59 per cento. Altra sfida importante è quella della socialità, dove gli sforzi sono davvero enormi. L’89 per cento delle famiglie abita in una casa di sua proprietà (il governo ne facilita l’acquisizione). Le cure mediche sono gratuite e la struttura sanitaria è costituita da 49 ospedali, 13 policlinici e 127 centri di pronto soccorso. Il servizio è organizzato a tre livelli, a cui si ricorre a seconda della gravità dei casi. L’Oman è considerato una delle regioni aride del mondo, per cui la questione dell’approvvigionamento d’acqua è fondamentale. Il 65 per cento del fabbisogno è coperto dalle risorse della falda freatica. Il 35 è invece garantito da impianti di desalinizzazione, che stanno assumendo sempre maggior importanza. 1-continua La gente Da giornalista occidentale incallito, prima di partire per l’Oman ho cercato documentazione critica sul governo del sultano Qabus, ma con scarso successo. Durante il mio viaggio ho chiesto a quasi tutti i miei interlocutori cosa pensavano del loro reggente. Diversi giovani mi hanno risposto: “Lo consideriamo come un padre”. Ci saranno certamente anche in Oman molte cose che non vanno, ma tutti riconoscono a Qabus di aver fatto miracoli. Quando affronto questo argomento con il ministro dell’informazione Hames bin Mohamed bin Moshin al Rashdi vedo che il discorso gli sta particolarmente a cuore e che quando parla della “Rinascita” del suo paese, avvenuta in questi ultimi 39 anni, gli luccicano gli occhi e quasi si commuove. È una persona giovane, molto disponibile e gentile. Parla un perfetto inglese e ha compiuto studi all’estero. Mi riceve nel suo ufficio dal quale vede crescere giorno per giorno la nuova sede della televisione omanita. Anche a livello informativo il suo paese è ormai entrato nella modernità, con numerosi programmi radiofonici, televisivi e giornali sia in lingua araba, sia in inglese. Il ministro mi parla con orgoglio dei cosiddetti “Meet the People Tours” compiuti dal sultano ogni anno per incontrare la gente, nella convinzione che ogni suo suddito abbia diritto di incontrare di persona il suo re almeno una volta all’anno. Accompagnato dai suoi ministri - ci spiega il nostro interlocutore - sua maestà accampa in diversi punti del paese per ascoltare le richieste dei locali. “Durante questi viaggi reali - aggiunge il ministro - vengono prese decisioni e sono impartite direttive per realizzare progetti. Il sultano mantiene sempre le sue promesse e questo lo rende una guida efficiente e amata dalla popolazione”. “Durante questi viaggi - ha recentemente spiegato il sultano - ascolto giovani e vecchi e tratto ciascuno, qualsiasi sia il suo stato sociale, con rispetto… non ci sono barriere tra di noi”. Verso la democrazia Questa sorta di democrazia diretta all’omanita non basta però a garantire la democrazia nel paese. Chiediamo ancora al ministro dell’informazione cosa si sta facendo in questa direzione. “L’evoluzione verso una democrazia all’occidentale è per forza di cose lenta”, fa notare il nostro interlocutore. “Basti pensare in che situazione si trovava il paese nel 1970 quando il sultano Qabus è salito al potere”. In effetti se pensiamo che nel ’68, quando in Occidente gli studenti erano sulle barricate, l’Oman si trovava ancora nel Medioevo, si può ben capire che i tempi non saranno brevi. La democrazia esige infatti un grado di istruzione che, per forza di cose, in Oman in questi 39 anni è stato impartito solo alle giovani generazioni. “Non ci si può certo rimproverare di stare con le mani in mano, L’EDUCAZIONE Dai mille studenti del 1960, si è passati a più di mille scuole e 7 università Viaggio alla scoperta del “principe illuminato” che ha dato libertà al suo regno. Parlando porta a porta con i cittadini Tra il popolo di Qabus bin Said “Il sultano? È come un padre” fa notare il ministro. Pensi che il 40 per cento delle spese dello stato sono impiegate per l’istruzione e per la sanità. Le nostre istituzioni, d’altra parte, stanno progredendo in senso sempre più democratico”. L’Oman è infatti organizzato in base a un sistema bicamerale con un Consiglio (di Stato) nominato direttamente dal sultano e uno (della Consultazione) eletto dai cittadini in libere elezioni (le prime si sono svolte nel 2003). La legislazione prevede anche alcune regole moderne come quella per cui i membri del Consiglio dei Ministri non possono appartenere a consigli di amministrazione di qualsiasi società per azioni. L’intervista C Il ministro ci fa inoltre notare che le donne omanite godono di tutti i diritti sociali e politici e che il governo attribuisce grande importanza al loro ruolo nella società. In effetti a Muscat, alle riunioni del Consiglio dei Ministri siedono ormai quattro donne alla testa di dicasteri importanti e strategici: educazione, turismo, sviluppo sociale e artigianato. Nove fanno parte del Consiglio di Stato del sultano, quattro sono procuratrici generali della giustizia. Il IL PETROLIO L’80% delle entrate è dato dai petrodollari: 70% dal greggio e 11% dal gas gentil sesso in Oman occupa ormai il 12 per cento dei ruoli dirigenziali nello Stato, il 33 per cento degli incarichi pubblici di medio livello e il 56 per cento dei posti di insegnante. Il sultano deve aver fatto scuola tra Grazie ai “Meet the people tours” il sovrano incontra personalmente i suoi sudditi almeno una volta all’anno “La crisi finanziaria non ci tocca da anni!” i suoi ministri, perché il nostro interlocutore non si atteggia a uomo di potere, ma discorre in modo semplice e si interessa al modello svizzero incentrato sulla convivenza di etnie e culture diverse. Forse l’Oman ha diritto ad essere LA CASA L’89% delle famiglie omanite vive in casa di sua proprietà chiamato la Svizzera del Golfo non solo per il benessere, la pulizia e l’ordine, ma anche per la tolleranza. Garantisce per esempio ai credenti di qualsiasi fede di praticare nei rispettivi luoghi di culto. Un’ultima domanda, molto diretta, al ministro: e quando il sultano Qabus non ci sarà più? Il nostro interlocutore diventa serio. “Le nostre istituzioni sono pronte anche per affrontare questa triste evenienza. In tre giorni, per legge, verrà nominato il suo successore”. Il sultano non ha figli. Nella famiglia reale si troverà un altro principe illuminato come lui? Il nostro interlocutore non ha dubbi, ma noi auguriamo lunga vita all’attuale regnante. Il sottosegretario dell’Economia Abdumalik al Hanai non sa cosa sia la disoccupazione ome si affronta nella Penisola Arabica l’attuale crisi finanziaria? E quali sono i timori per la possibile crisi economica alle porte? Per conoscere le risposte e le preoccupazioni di un paese produttore di petrolio, l’Oman, ho incontrato Sheikh Abdulmalik al Hanai, sottosegretario del ministro dell’economia, nel suo ufficio a Muscat. Perfetto inglese, studi alla London School of Economics e alla prestigiosa Harvard University negli Stati Uniti, anche lui, così come il ministro dell’informazione (vedi articolo accanto) mi accoglie amichevolmente e con semplicità, fedele allo spirito di servizio voluto dal sultano. Parliamo subito della crisi. “Durante i primi mesi dell’anno scorso la nostra economia è andata bene. Ora notiamo un rallentamento, dovuto in gran parte al prezzo del petrolio molto basso. Per il momento, però, l’impatto negativo non l’abbiamo ancora sentito. L’eventuale calo sarà comunque compensato dall’ottimo risultato dei primi nove mesi. Qualche preoccupazione per l’anno prossimo, invece, non la posso nascondere, anche se nel corso di questi ultimi anni abbiamo accumulato riserve che ci permettono di guardare al futuro con fiducia”. Secondo lei il prezzo del greggio è ancora destinato a scendere? “È difficile rispondere. Sono troppi gli elementi che determinano il prezzo del petrolio. È impossibile fare previsioni”. E il prezzo del gas, di cui l’Oman è anche ricco? “Va di pari passo con quello del petrolio”. La crisi delle banche e delle borse vi ha causato molte perdite? “No. La politica delle banche omanite e in particolare quella della banca centrale sono molto conservatrici, per cui il terremoto finanziario ci ha toccati poco”. Siete ottimisti per i prossimi anni? “Se in Occidente la crisi non sarà troppo violenta sì”. Temete la disoccupazione? “Nel corso degli ultimi due, tre anni, praticamente non ne abbiamo avuta. Prima sì. Se la crisi arriva, la sentiremo anche noi. Chi comunque ha una solida preparazione non avrà problemi a trovare un’occupazione. Noi al ministero siamo costantemente alla ricerca di personale qualificato, che preferisce optare per l’industria privata, dove i salari sono più elevati”. La crisi potrebbe rallentare il vostro programma di omanizzazione (vedi articolo a lato), cioè di aumentare la quota di lavoratori omaniti rispetto agli stranieri. “Certo. Nel settore governativo impieghiamo solo il 5 per cento di stranieri, ma in quello privato la loro presenza supera ancora il 75 per cento. Una crisi non ci aiuterebbe certamente a diminuire questa percentuale”. Avete contatti con la Svizzera? “Non esportiamo petrolio o gas nel vostro paese, ma intratteniamo buoni contatti commerciali e turistici”.
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