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IL CAFFÈ 10 aprile 2011<br />
19<br />
La Challenge League<br />
Nella ventiduesima giornata di<br />
Challenge League sorridono sia<br />
Lugano che Locarno. A Cornaredo<br />
i bianconeri hanno ospitato<br />
la cenerentola Yverdon. Un incontro<br />
che non ha creato grossi<br />
grattacapi agli uomini di Marco<br />
Schällibaum che si sono imposti,<br />
seppur soffrendo nel finale per 2 a<br />
1. Un successo che permette così<br />
al Lugano di continuare la corsa<br />
in vetta alla classifica con un<br />
punto o più di vantaggio sul Vaduz<br />
che quest’oggi, domenica,<br />
sarà impegnato sul campo del<br />
Delémont.<br />
La partita è stata subito sbloccata<br />
da Preisig che al 15’ ha deviato di<br />
testa nell’angolino alto un corner<br />
battuto da Fejzulahi. Per il raddoppio<br />
si è dovuto attendere il 20’<br />
del secondo tempo quando<br />
Schürpf di piatto ha sfruttato al<br />
Georges Bregy<br />
Ti-Press<br />
I bianconeri battono per 2-1 l’Yverdon a Cornaredo e mettono pressione sul Vaduz<br />
Locarno e Lugano vincono<br />
e conquistano punti d’oro<br />
meglio un passaggio di Thrier. Poi<br />
però c’è stato un pericoloso rilassamento<br />
che ha permesso a Bouziane<br />
di accorciare. Una rete che<br />
non ha messo in difficoltà la<br />
squadra bianconera che con la<br />
vittoria ottenuta contro l’’Yverdon<br />
colleziona l’undicesimo successo<br />
consecutivo.<br />
Importante vittoria per quanto riguarda<br />
la zona salvezza per il Locarno<br />
che al Lido hanno ricevuto<br />
il Kriens, che rappresenta una diretta<br />
rivale per evitare la Prima<br />
Lega. Per gli uomini del presidente<br />
Gilardi l’unico risultato<br />
possibile era quello di incamerare<br />
tre punti. Obiettivo centrato per le<br />
bianche casacche che hanno<br />
avuto la meglio sui lucernesi per 3<br />
I bianchi al Lido superano con un<br />
netto 3-0 il Kriens e tornano ad<br />
avvicinarsi alla zona salvezza<br />
a 0. Una vittoria che permette così<br />
ai locarnesi di portarsi a soli due<br />
punti dallo stesso Kriens.<br />
Una prova di carattere del Locarno<br />
che ha aperto le marcature<br />
al 21’, grazie a Rapp che con un<br />
tiro di destro scagliato da venti<br />
metri non ha lasciato scampo al<br />
portiere lucernese. Un vantaggio<br />
che ha messo le ali alle bianche<br />
casacche che dopo appena dieci<br />
minuti hanno trovato il raddoppio<br />
con Sadiku che, servito alla<br />
perfezione nell’area piccola da<br />
Hassli, ha messo di testa la palla<br />
in rete.<br />
Nella ripresa i locarnesi hanno<br />
controllato le folate dei lucernesi,<br />
sventati da Mitrovic e hanno poi<br />
abbellito il risultato grazie ancora<br />
al match winner Sadiku.<br />
Il Chiasso sarà di scena, domani,<br />
lunedì nel posticipo contro il Wohlen<br />
di Livio Bordoli. Una partita<br />
che rappresenta per gli uomini<br />
diretti da Raimondo Ponte la possibilità<br />
di rimanere nelle zone alte<br />
della classifica.<br />
m.m.<br />
“Se i giocatori sono responsabili<br />
ogni allenatore diventa bravo”<br />
ROMANO PEZZANI<br />
Il calcio da lavoro ad hobby per l’ex regista vallesano<br />
Igiocatori che hanno<br />
scritto la storia dello sport<br />
sono un patrimonio da<br />
salvaguardare, ma in Svizzera<br />
i parametri di valutazione<br />
sono spesso altri e<br />
così succede che icone come<br />
Georges Bregy, 512 partite e 179<br />
gol in carriera, abbiano addirittura<br />
abbandonato la scena. “Il<br />
calcio mi ha dato moltissimo -<br />
sorride l’ex regista vallesano -<br />
ma oggi è pura passione. Ho<br />
smesso di allenare l’anno scorso<br />
dopo una breve parentesi al Red<br />
Star, ora mi concentro sul mio lavoro<br />
di consulente assicurativo<br />
per la Basilese”.<br />
Una scelta definitiva?<br />
“Il mio non è un addio, anche<br />
perché abito a Thalwil e sono<br />
spesso al Letzigrund a seguire<br />
dal vivo il campionato di Super<br />
League. Ma dopo l’esperienza<br />
sulla panchina dello Zurigo, nel<br />
2003, ho voluto seguire una formazione<br />
professionale, conseguendo<br />
il diploma di dirigente<br />
aziendale. La vita da allenatore<br />
l’ho definitivamente archiviata,<br />
non escluderei un rientro nel<br />
giro come direttore sportivo,<br />
una funzione che mi stuzzica<br />
parecchio. Per adesso vivo bene<br />
così”.<br />
Lei ha guidato anche il Thun,<br />
un concorrente del Bellinzona.<br />
Cosa ci può dire della<br />
sua ex squadra?<br />
“È stato un periodo molto intenso<br />
e lo ricordo con piacere.<br />
Avevo rilevato Andy Egli, passato<br />
al Lucerna, e potevo contare<br />
su un giovanissimo e timido<br />
Alex Frei, che già mostrava tutto<br />
il suo talento. Riuscimmo a qualificarci<br />
per il torneo di promozione<br />
e fu un ottimo risultato.<br />
Oggi apprezzo il lavoro di Murat<br />
Yakin, che sa infondere calma e<br />
sicurezza ad una formazione<br />
ben organizzata”.<br />
Ma i suoi amori sono altri...<br />
“È vero, Sion e Young Boys occupano<br />
uno spazio speciale nel<br />
mio cuore, non soltanto perché<br />
con loro ho vinto due coppe e<br />
un titolo. In Vallese e a Berna ho<br />
trovato le condizioni ideali per<br />
esprimere il meglio del mio potenziale<br />
ed ho trovato persone<br />
splendide che mi hanno apprezzato<br />
anche sul piano<br />
umano”.<br />
Allo Stade de Suisse, Vladimir<br />
Petkovic sta inseguendo un<br />
successo che lei ha assaporato<br />
nel lontano 1986. Ce la farà?<br />
“Questa stagione sembra compromessa<br />
da questo punto di vista,<br />
anche se sta disputando un<br />
ottimo girone di ritorno. L’anno<br />
buono era il 2010, soprattutto in<br />
Coppa Svizzera, ma ha dovuto<br />
incassare qualche brutto<br />
colpo... Credo che per lottare ai<br />
vertici con il Basilea, lo Young<br />
Boys debba ingaggiare ancora<br />
un paio di giocatori d’alto livello.<br />
La base costruita da Petkovic<br />
resta buona”.<br />
Petkovic che ha lasciato un<br />
vuoto a Bellinzona...<br />
“Ogni allenatore è bravo se i giocatori<br />
sono responsabili e motivati.<br />
In Super League non dovrebbe<br />
essere necessario ribadire<br />
ogni volta per<br />
quale obiettivo si<br />
lotta, un professionista<br />
ha l’obbligo<br />
di essere<br />
sempre al top<br />
della concentrazione.<br />
Questo vale<br />
per tutti”.<br />
Veniamo alla nazionale,<br />
di cui lei<br />
è stato l’uomo<br />
simbolo dei Mondiali<br />
di Usa ‘94.<br />
“Ho avuto la fortuna<br />
di trasformare<br />
una punizione<br />
importante<br />
nella partita inaugurale<br />
di Detroit, il<br />
primo gol rossocrociato<br />
in una<br />
fase finale della Coppa del<br />
Mondo dopo 28 anni. Per me<br />
era un sogno già essere selezio-<br />
LA CARRIERA<br />
Ho vissuto l’apice<br />
a 36 anni e 5 mesi<br />
ai Mondiali ‘94<br />
degli Stati Uniti<br />
e sono orgoglioso<br />
del mio percorso<br />
Chi è<br />
Georges Bregy è nato il 17<br />
gennaio 1958 a Raron, in<br />
Vallese, dove ha iniziato la sua<br />
brillante carriera, coronata con<br />
due Coppe Svizzere, un titolo e<br />
un Mondiale. Ha giocato per<br />
Sion, YB, Martigny e Losanna,<br />
collezionando 167 gol in 458<br />
partite. In nazionale vanta 54<br />
presenze e 12 reti, di cui la<br />
storica del 18 giugno 1994 a<br />
Detroit. Da allenatore ha diretto<br />
Raron, Losanna, Thun, Zurigo,<br />
Stäfa e Red Star. È sposato con<br />
Marianne e padre di Simone<br />
(27 anni) e Nicolas (25).<br />
LA PROFESSIONE<br />
Mi dedico a tempo pieno<br />
al mio lavoro<br />
di consulente assicurativo<br />
ma non escludo<br />
di rientrare nel giro<br />
come direttore sportivo<br />
nato, perché Roy Hodgson mi<br />
aveva voluto nel suo gruppo<br />
dopo cinque anni di assenza, e<br />
segnare quella rete è stata<br />
un’emozione fortissima per un<br />
giocatore che arrivava ai Mondiali<br />
a 36 anni e 5 mesi! Logica la<br />
scelta di porre fine alla mia carriera<br />
dopo un evento così straordinario,<br />
coronato con l’ottavo<br />
di finale con la Spagna”.<br />
Perché non è mai andato all’estero?<br />
“Quella nazionale cominciò ad<br />
aprire qualche sbocco ai nostri<br />
giovani, ma fino ai Mondiali di<br />
Usa ’94 il calcio svizzero era<br />
poco considerato. Un grosso<br />
merito spetta a Roy Hodgson,<br />
che ha dato un’identità a tutto il<br />
nostro movimento con il suo sistema<br />
di gioco e il suo stile. Per<br />
quanto mi riguarda, non ho comunque<br />
rimpianti, sono molto<br />
soddisfatto del mio percorso”.<br />
Lei era considerato il “re delle<br />
punizioni”. Come si calcia una<br />
palla ferma?<br />
“Non è soltanto una questione<br />
di talento, ci vogliono sensibilità<br />
e tanto allenamento. È stato Daniel<br />
Jeandupeux a Sion che mi<br />
ha trasmesso questa... passione.<br />
Un giorno mi fece ripetere alla<br />
noia una serie infinita di calci<br />
piazzati e mi disse che era il mio<br />
ruolo. Diventò uno dei miei<br />
compiti principali fino a permettermi<br />
di segnare molte reti<br />
nella mia carriera”.