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Ti potrà sembrare strano o eccessivo che un bambino intuisca qualcosadel genere. Purtroppo siamo abitua<strong>ti</strong> a considerare l'infanzia come unperiodo di cecità, di mancanza, non come uno in cui c'è più ricchezza.Eppure basterebbe guardare con attenzione gli occhi di un neonato perrendersi conto che è proprio così. L'hai mai fatto? Prova quando te necapita l'occasione. Togli i pregiudizi dalla mente e osservalo. Com'è <strong>il</strong> suosguardo? Vuoto, inconsapevole? Oppure an<strong>ti</strong>co, lontanissimo, sapiente? Ibambini hanno naturalmente in sé un respiro più grande, siamo noi adul<strong>ti</strong>che l'abbiamo perso e non sappiamo accettarlo. A quattro, cinque anni ioancora non sapevo nulla della religione, di Dio, di tut<strong>ti</strong> quei pas<strong>ti</strong>cci chehanno fatto gli uomini parlando di queste cose.Sai, quando si è trattato di scegliere se far<strong>ti</strong> seguire o meno le ore direligione a scuola sono stata a lungo indecisa sul da farsi. Da una partericordavo quanto era stato catastrofico <strong>il</strong> mio impatto con i dogmi,dall'altra ero assolutamente certa che nell'educazione, oltre che alla mente,bisognasse pensare anche allo spirito. La soluzione è venuta da sé, <strong>il</strong>giorno stesso in cui è morto <strong>il</strong> tuo primo criceto. Lo tenevi in mano e miguardavi perplessa. «Dov'è adesso?» mi hai chiesto. Io <strong>ti</strong> ho rispostoripetendo la domanda: «Secondo te, dov'è adesso?» Ti ricordi cosa mi hairisposto? «Lui è in due pos<strong>ti</strong>. Un po' è qui, un po' tra le nuvole.» Ilpomeriggio stesso l'abbiamo seppellito con un piccolo funerale.Inginocchiata davan<strong>ti</strong> al piccolo tumulo hai detto la tua preghiera: «Siifelice Tony. Un giorno ci rivedremo».