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isogno di soldi». <strong>Su</strong>lla tovaglia dov'erano cadu<strong>ti</strong> i fus<strong>il</strong>li era rimasta unamacchia larga di colore rosso.La ques<strong>ti</strong>one dei soldi andava ormai avan<strong>ti</strong> da parecchi mesi. Già primadi Natale dell'anno precedente, Ilaria mi aveva confessato di aver firmatodelle carte a favore del suo an<strong>ali</strong>sta. Davan<strong>ti</strong> alla mia richiesta di maggiorispiegazioni, era sfuggita come sempre. «Delle garanzie», aveva detto, «unapura e semplice form<strong>ali</strong>tà.» Questo era <strong>il</strong> suo atteggiamento terrorista,quando mi <strong>dove</strong>va dire una cosa la diceva a metà. In questo modoscaricava la sua ansia su di me e, dopo averlo fatto, non mi dava leinformazioni necessarie per permettermi di aiutarla. C'era un sot<strong>ti</strong>lesadismo in tutto ciò. Oltre al sadismo, una necessità furiosa di esseresempre al centro di qualche preoccupazione. Il più delle volte però, questesue uscite erano soltanto boutade.Diceva, ad esempio: «Ho un cancro alle ovaie», e io, dopo una breve eaffannosa indagine, scoprivo che era andata soltanto a fare un test dicontrollo, quel test che fanno tutte le donne. Capisci? Era un po' come lastoria di al lupo al lupo. Negli ul<strong>ti</strong>mi anni aveva annunciato talmente tantetragedie che io, alla fine, avevo smesso di crederci o ci credevo un po'meno. Così quando mi aveva detto di aver firmato delle carte non le avevoprestato molta attenzione, né avevo insis<strong>ti</strong>to per avere altre no<strong>ti</strong>zie. Più diogni altra cosa, ero stanca di quel gioco al massacro. Anche se avessiinsis<strong>ti</strong>to, anche se ne fossi venuta a conoscenza prima, sarebbe statocomunque inu<strong>ti</strong>le perché quelle carte le aveva già firmate da tempo, senza