Fino al giovedì seguente di lei non ebbi altre no<strong>ti</strong>zie. Alle due <strong>il</strong> telefonosqu<strong>il</strong>lò, <strong>il</strong> suo tono era indeciso tra la durezza e <strong>il</strong> rammarico. «Midispiace», disse, «ma non vengo più in Grecia.» Aspettava la mia reazione,anch'io la aspettavo. Dopo qualche secondo risposi: «Dispiace molto anchea me. Io comunque ci vado lo stesso». Capì la mia delusione e tentò didarmi delle gius<strong>ti</strong>ficazioni. «Se parto fuggo da me stessa», sussurrò.Come puoi immaginare fu una vacanza tris<strong>ti</strong>ssima, mi sforzavo diseguire le guide, di interessarmi al paesaggio, all'archeologia; in realtàpensavo soltanto a tua madre, a <strong>dove</strong> stava andando la sua vita.Ilaria, mi dicevo, somiglia a un contadino che, dopo aver piantato l'ortoe aver visto sbucare le prime pian<strong>ti</strong>ne, viene preso dal <strong>ti</strong>more che qualcosapossa nuocere loro. Allora, per proteggerle dalle intemperie, compra un beltelo di plas<strong>ti</strong>ca resistente all'acqua e al vento e glielo sistema sopra; pertenere lontani gli afidi e le larve, le irrora con abbondan<strong>ti</strong> dosi diinset<strong>ti</strong>cida. È un lavoro senza pause <strong>il</strong> suo, non c'è momento della notte edel giorno in cui non pensi all'orto e al modo di difenderlo. Poi unamat<strong>ti</strong>na, sollevando <strong>il</strong> telo, ha la brutta sorpresa di trovarle tutte marcite,morte. Se le avesse lasciate libere di crescere, alcune sarebbero morte lostesso, ma altre sarebbero sopravvissute. Accanto a quelle da lui piantate,<strong>porta</strong>te dal vento e dagli inset<strong>ti</strong> ne sarebbero cresciute delle altre, alcunesarebbero state erbacce e le avrebbe strappate, ma altre, forse, sarebberodiventate dei fiori e con le loro <strong>ti</strong>nte avrebbero rallegrato la monotoniadell'orto. Capisci? Così vanno le cose, ci vuole generosità nella vita:
col<strong>ti</strong>vare <strong>il</strong> proprio piccolo carattere senza vedere più niente di quello chesta intorno vuol dire respirare ancora ma essere mor<strong>ti</strong>.Imponendo un'eccessiva rigidità alla mente, Ilaria aveva soppressodentro di sé la voce del <strong>cuore</strong>. A furia di discutere con lei persino io avevo<strong>ti</strong>more di pronunciare questa parola. Una volta, quand'era adolescente leavevo detto: <strong>il</strong> <strong>cuore</strong> è <strong>il</strong> centro dello spirito. La mat<strong>ti</strong>na dopo sul tavolodella cucina avevo trovato <strong>il</strong> dizionario aperto alla parola spirito, con unama<strong>ti</strong>ta rossa era sottolineata la definizione: liquido incolore atto aconservare la frutta.Il <strong>cuore</strong> ormai fa subito pensare a qualcosa di ingenuo, dozzinale. Nellamia giovinezza era ancora possib<strong>il</strong>e nominarlo senza imbarazzo, adessoinvece è un termine che non usa più nessuno. Le rare volte in cui vienecitato è soltanto per riferirsi al suo cat<strong>ti</strong>vo funzionamento: non è <strong>il</strong> <strong>cuore</strong>nella sua interezza ma soltanto un'ischemia coronarica, una lievesofferenza atriale; ma di lui, del suo essere <strong>il</strong> centro dell'animo umano, nonviene più fatto cenno. Tante volte mi sono interrogata sulla ragione diquesto ostracismo. «Chi confida nel proprio <strong>cuore</strong> è uno stolto», dicevaspesso Augusto citando la Bibbia. Perché mai dovrebbe essere stolto?Forse perché <strong>il</strong> <strong>cuore</strong> somiglia a una camera di combus<strong>ti</strong>one? Perché c'èdel buio là dentro, del buio e del fuoco? La mente è moderna quanto <strong>il</strong><strong>cuore</strong> è an<strong>ti</strong>co. Chi bada al <strong>cuore</strong> – si pensa allora – è vicino al mondoanimale, all'incontrollato, chi bada alla ragione è vicino alle riflessioni piùalte. E se le cose invece non fossero così, se fosse vero proprio <strong>il</strong>
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