21 L’esperienza dei miei cinque anni mi faceva sentire la futilità delle cose, così decisi che, semi fossi gettata dalle scale di pietra della cucina da cima a fondo (ed era molto ripida), sareiprobabilmente morta. Non ci riuscii. Bridget, la cuoca, mi raccolse e mi riportò (ammaccata econtusa) di sopra, dove trovai molto conforto, ma nessuna comprensione.In seguito ho tentato altre due volte di farla finita, solo per scoprire che non è molto facilesuicidarsi. Questi tentativi furono compiuti prima dei quindici anni. Tentai di ricoprirmi disabbia quando ne avevo undici, ma avere la sabbia in bocca, nel naso e negli occhi non è certogradevole, e finii per rimandare quel lieto giorno. L’ultima volta cercai di annegarmi in unfiume in Scozia, ma nuovamente l’istinto di conservazione prevalse. Da allora non mi sono piùinteressata al suicidio, benché ne abbia sempre compreso l’impulso.Questa infelicità ricorrente è stata forse il primo indizio della tendenza mistica nella miavita, che ha poi motivato il mio modo di pensare e tutte le mie attività. I mistici hanno unfortissimo senso della dualità. Si tratta sempre di ricercatori, consapevoli di un qualcosa chedeve essere cercato; amano, e sono sempre alla ricerca di qualcosa degno del loro amore; sonosempre coscienti di ciò con cui devono unirsi. Sono governati dal cuore e dal sentimento.22 A quell’epoca non mi piaceva il “gusto” della vita. Non apprezzavo le sembianze delmondo, né ciò che aveva da offrire. Ero convinta che le cose migliori fossero altrove. Era unatteggiamento malsano, pieno di autocommiserazione, dovuto alla solitudine, all’estremaintrospezione (suona meglio che accentrata in me stessa) e alla convinzione che nessuno miamasse. Ripensandoci mi domando: perché mai avrebbero dovuto? Non posso biasimarli. Nondavo loro niente di me. Ero continuamente preoccupata delle mie reazioni nei confronti deglialtri e delle circostanze. Ero il centro infelice del mio piccolo mondo, che io stessadrammatizzavo. Questo senso di cose migliori esistenti altrove e la capacità di “sentire”persone e circostanze, e di sapere spesso ciò che pensavano e facevano, è stato l’inizio dellafase mistica della mia vita, da cui emerse molto di quel bene che ritrovai in seguito.Iniziai così consapevolmente la vecchia ricerca del mondo del significato, che deve essereritrovato, se si vuole una risposta alle perplessità della vita e ai dolori dell’umanità. L’idea diprogresso è radicata nella coscienza mistica. Un buon occultista deve essere stato prima ditutto un mistico praticante (o un mistico pratico — forse entrambi) e lo sviluppo del cuore e lacapacità di sentire (con precisione) dovrebbero precedere in modo naturale e normalel’approccio mentale e la capacità di conoscere. Certo l’istinto spirituale deve precedere laconoscenza spirituale proprio come gli istinti dell’animale, del bambino e dell’uomo primitivoprecedono la percezione intellettuale. Certamente la visione deve giungere prima di avere lapadronanza su come rendere la visione una realtà. È certo che la ricerca alla cieca di Dio deveprecedere la marcia cosciente sulla “Via” che porta alla rivelazione.Forse verrà il tempo in cui i giovani saranno educati in modo da utilizzare meglio le loronormali tendenze mistiche, che oggi sono spesso liquidate come fantasie adolescenziali che infine saranno abbandonate con la crescita. Per me esse indicano invece delle opportunitàd’intervento educativo. È una fase della vita che potrebbe essere usata in modo costruttivo edirettivo. Se la causa e il proposito degli interrogativi, dei desideri inarticolati e delleaspirazioni visionarie fossero compresi da chi è responsabile dei giovani, l’orientamento dellavita sarebbe più saldo e molte delle future infelicità sarebbero evitate. Si potrebbe spiegareloro che è in atto un processo del tutto normale e giusto, risultato dell’esperienza delle vitepassate, indice del fatto che la loro natura mentale dovrebbe ricevere più attenzioni.23 Meglio ancora sarebbe insegnare a conoscere l’anima come uomo spirituale interiore checerca di farsi sentire. Si dovrebbe insistere sull’universalità del processo, eliminando così lasolitudine e il falso senso di isolamento e diversità, che sono i disagi maggiori dell’esperienza.Ritengo che in futuro si presterà più attenzione su questo modo di rendere utili i desideri e isogni degli adolescenti. Io considero le sciocche infelicità dell’adolescenza, che ho provato,solo come l’apertura della fase mistica della mia vita che — in seguito — ha lasciato posto alla13
fase occulta, con la maggiore sicurezza, la comprensione e i convincimenti inalterabili che lesono propri.Lasciato il Canada, mia madre si ammalò seriamente e ci recammo a Davos, in Svizzera,per diversi mesi, fino a quando papà non la riportò a morire in Inghilterra. Dopo la sua morteandammo a vivere dai nonni, nella casa di Moor Park nel Surrey. A quell’epoca la salute dimio padre era seriamente compromessa. Vivere in Inghilterra non lo aiutava e poco primadella sua morte andammo a Pau, nei Pirenei. Avevo otto anni e mia sorella sei. Il morbo peròera in uno stadio molto avanzato, così tornammo a Moor Park e là rimanemmo mentre miopadre (con un infermiere) partì per un lungo viaggio via mare per l’Australia. Non l’abbiamopiù rivisto, poiché morì durante la traversata dall’Australia alla Tasmania. Ricordo bene ilgiorno in cui i nonni seppero della sua morte e quando il suo cameriere tornò con i suoi oggettie valori. È curioso come piccoli dettagli — quell’uomo che consegnava alla nonna l’orologiodi mio padre — rimangano nella memoria, mentre altri di maggiore importanza sembranoperduti. Ci si domanda cosa condiziona la memoria in questo modo; perché alcune cosevengano registrate e altre no.24 Moor Park è una di quelle grandi case inglesi che non dovrebbero fungere in alcun mododa abitazione e tuttavia lo sono. Non è molto antica, in quanto costruita ai tempi della ReginaAnna da Sir William Temple, quello che introdusse i tulipani in Inghilterra. Il suo cuore —racchiuso in un cofanetto d’argento — fu sepolto sotto la meridiana al centro del giardino sucui si affacciano le finestre della biblioteca. A suo modo Moor Park era allora un luogo davisitare e certe domeniche era aperta al pubblico. Ho due ricordi di quella biblioteca. Miricordo in piedi davanti a quelle finestre, mentre cerco di figurarmi la scena vista da SirWilliam Temple — con i giardini e le terrazze animate da importanti signori e signore neicostumi dell’epoca. E poi un’altra scena, questa volta non immaginaria: la bara del nonno conuna sola grande corona inviata dalla regina Vittoria.La vita, per me e mia sorella a Moor Park (dove rimasi fin quasi a tredici anni) eracaratterizzata da una grande disciplina. Venivamo da un periodo di viaggi e di cambiamenti ecertamente c’era un gran bisogno di disciplina. Ci venne impartita da varie governanti. L’unicache ricordo di quell’epoca lontana aveva uno strano nome, Miss Millichap. Aveva bei capelli,un volto insignificante, indossava abiti verecondi abbottonati dall’orlo al collo ed era sempreinnamorata del curato del momento; un amore senza speranza, poiché non ne sposò nessuno.Avevamo uno studio enorme all’ultimo piano, con una governante, una bambinaia e unacameriera che si occupavano di noi.Quella disciplina continuò fino a quando non fui cresciuta e ora capisco quanto sia statasevera. Ogni mezz’ora della nostra vita era programmata, e anche oggi mi pare di vedere ilcartello appeso al muro della nostra stanza con l’indicazione del dovere che ci aspettava.25 Ricordo molto bene che lo consultavo domandandomi: “E ora?”. In piedi la mattina allesei, pioggia o sole, estate o inverno; per un’ora esercizi al pianoforte o studio della lezione delgiorno, se era il turno di mia sorella al piano; colazione alle otto in punto e poi giù in sala dapranzo alle 9 per le preghiere in famiglia. Dovevamo iniziare la giornata per bene, rivolgendoun pensiero a Dio e, malgrado l’austerità della fede religiosa della famiglia, penso sia unabuona abitudine. Lì sedevano il capo famiglia con la Bibbia davanti a sé e, intorno a lui, imembri della famiglia e gli ospiti; poi in fila, secondo i loro doveri e ranghi, la governante, lacuoca, le cameriere delle signore, la capo cameriera con le sue aiutanti, la sguattera, illavapiatti, il cameriere e il maggiordomo per chiudere la porta. La devozione era reale, maanche un senso di rivolta, vera aspirazione e noia intensa: tale è la vita. L’effetto nel suoinsieme però era buono; allora si pensava di più alla divinità.Poi dalle 9,30 fino a mezzogiorno avevamo lezioni con la governante, quindi si faceva unapasseggiata. Potevamo mangiare nella stanza da pranzo, ma senza parlare, e condotta esilenzio erano controllati dagli occhi ansiosi della governante. Ricordo ancora di essermiabbandonata una volta a un sogno ad occhi aperti (come tutti i bambini) con i gomiti sul tavolo14
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