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Autobiografia Incompiuta.pdf - Alice Bailey

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momento in giardino. Lo seguii, e senza una parola indicò i girasoli. Tutti, nessuno escluso, acentinaia erano rivolti contro sole.A Quetta iniziai ad assumermi responsabilità che, nonostante la presenza di miss ClaraShaw, ricadevano quasi interamente su di me. Le truppe di stanza a Quetta avevano occupatola Casa del Soldato a tal punto che la situazione minacciava di sfuggirci di mano. Laresponsabile era forse un po’ impaurita, ma non quanto me. Una banda di soldati se laspassava, una sera dopo l’altra, facendo di tutto per distruggere ogni cosa. Una ventina di lorovenivano insieme dalle baracche. Andavano allo spaccio, ordinavano cioccolata e uova fritte, epassavano la serata a lanciare brocche di cioccolata e uova fritte sulle pareti. Il risultato ve lopotete immaginare. La confusione era tremenda e il loro atteggiamento ancora peggiore. Mimandarono là per studiare il da farsi. Ero semplicemente terrorizzata e non sapevo cosa fare.Passai le prime serate avanti e indietro tra lo spaccio e le sale di lettura, solo per constatare chela mia presenza peggiorava le cose. Era corsa la voce che ero un elemento giovane e tosto,capace di inoltrare rapporti alle autorità, e volevano darmi del filo da torcere.74 Quando alla fine scoprii chi erano e i loro capibanda, una mattina mandai un’ordinanza allebaracche con l’invito che chi non era di servizio venisse alla Casa del Soldato a una certa ora.Per qualche ragione nessuno di quelli era di servizio e la curiosità li spinse a venire. Quandoarrivarono li feci salire su delle carrozze indigene, caricai il necessario per il “pic-nic” e licondussi in una località che chiamavano Woodcock Spinney. Era una bellissima giornata,calda e limpida, e se quel luogo era infestato di serpenti (piccoli e mortali) la cosa nonsembrava preoccuparci troppo. Preparammo il tè e raccontammo sciocche storielle;proponemmo indovinelli e neppure una volta parlammo di religione, ne mai accennai alle loromalefatte. Verso sera rientrammo. Non avevo pronunciato una sola parola di censura, dicritica, di richiesta o di supplica. Erano senz’altro un branco di disorientati. Per tutta la seratanon dissi niente e, confusi, tornarono alle baracche. Il pomeriggio seguente uno dei dirigentidello spaccio mi pregò di andare là un momento. Li trovai tutti che ripulivano i muri, liimbiancavano, lavavano i pavimenti, rendendo quel posto più gradevole di quanto lo avessivisto prima. Mi domandavo: ero troppo terrorizzata per affrontare il problema o ero statabrava? L’episodio era avvenuto, ma non era stato intenzionale.Fu una grande lezione. Provai a me stessa, con molta sorpresa, che la comprensione el’amore riescono là dove il biasimo e le accuse falliscono. Non ebbi più problemi con quelgruppo. Uno di loro è ancora mio amico, ma ho perso di vista tutti gli altri in questiquarant’anni. Questi venne a trovarmi a Londra nel 1934, e parlammo di quei tempi lontani.75 Ora si comporta bene. Feci tuttavia una scoperta che mi rese perplessa. Quegli uominierano stati convinti a fare cose migliori, non dalle mie prediche eloquenti né dal risalto dato alprecetto teologico che il sangue di Gesù poteva salvarli, ma semplicemente dallacomprensione amorevole. Non l’avrei mai creduto possibile. Dovevo ancora imparare chel’amore è la nota chiave dell’insegnamento del Cristo e che sono il Suo amore e la Sua vitache salvano, e non le dottrine teologiche e violente sulla paura dell’inferno.Potrei raccontare molti piccoli episodi di quel periodo in India, ma hanno interesse più perme che per altri. Andavo da una Casa a un’altra, esaminavo la contabilità, interrogavo idirettori, tenevo lunghissime riunioni sul Vangelo, parlavo con i soldati delle loro anime edelle loro famiglie, visitavo gli ospedali militari e mi occupavo di tutti quei problemi chesorgono quando centinaia di uomini sono lontani da casa, e sono alle prese con le difficoltàdella vita in un clima caldo e in una civiltà estranea. Divenni ben nota in molti reggimenti.Una volta contai il numero dei reggimenti in cui avevo lavorato tra India e Irlanda, e scopriiche erano ben quaranta. Molti di loro mi avevano dato un nome. Un famoso reggimento dicavalleria mi chiamava “Nonna”. Un reggimento delle guardie per una ragione sconosciuta michiamava sempre “Cina”. Un celebre reggimento di fanteria parlava o scriveva di me comeB.O.L., iniziali delle parole inglesi equivalenti a “Vecchia Signora Benevola”. Ma lamaggioranza dei ragazzi mi chiamava “Madre”, probabilmente perché ero così giovane. La34

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