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Beolco, Bilora in italiano - Letteratura Italiana

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apporto privilegiato con la Grecia e l’Oriente, ma siera preoccupata di stabilire rapporti commerciali, mairapporti culturali. Un suicidio culturale e politico.Eppure alcuni elementi sono gli stessi: il vecchio <strong>in</strong>namorato,il marito cornuto, il servo ecc. Ma Fazio èun uomo geloso e volitivo, mentre Andrónico è unamezza tacca, che vive di ricordi e si fa <strong>in</strong> tarda etàl’amante. Pacifico è <strong>in</strong>differente al tradimento dellamoglie – nomen omen est... –, ben contento di farsimantenere da lei. La Lena è una donna volitiva, chenon si fa pestare o piegare neanche da Fazio, che purela mantiene. Corbolo è un servo astuto e <strong>in</strong>traprendente,forse troppo <strong>in</strong>traprendente. Nella commedia diAriosto poi ci sono i due giovani <strong>in</strong>namorati o qualcosadi simile: Flavio vuole godersi la ragazza e lei èdisponibile; ma, scoperto il rapporto, i genitori li costr<strong>in</strong>gonoprima a sposarsi.La trama della Lena è qu<strong>in</strong>di molto più complessa (ilmeccanismo della commedia è considerato importante)e mostra la contam<strong>in</strong>azione di più commedieclassiche ed anche di altre fonti. I personaggi sonomolto più numerosi. La Bilóra <strong>in</strong>vece ha una strutturae <strong>in</strong>tendimenti molto più semplici, e i personaggi sonosoltanto c<strong>in</strong>que.Anche qui il motivo di risultati così diversi è lo stesso:Ferrara era <strong>in</strong>serita nelle maggiori correnti letterariedel tempo. Venezia era <strong>in</strong>vece una città culturalmenteemarg<strong>in</strong>ata. Nel 1592 viene a darle lustro f<strong>in</strong>oal 1610 un pisano, Galileo Galilei.Qualcosa però accompagna le due, anzi le tre commedie:il realismo sociale o, meglio, l’attenzione versola società e l’ambiente sociale <strong>in</strong> cui si vive. Ariostoparla della corte e della società ferrarese e lo facon totale dis<strong>in</strong>canto e con totale disillusione. Questarealtà è squallida, gli <strong>in</strong>dividui sono mesch<strong>in</strong>i e deditial furto, la giustizia non funziona e i ladri sono garantiti.La corte rivela livelli <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti di degrado fisico emorale, davanti al quale per altro gli spettatori scoppianoa ridere, anche se si vedono rappresentati. Sipreoccupano di capire chi va a colpire l’allusione implicitanel testo, nella scena o nel personaggio. Soltantoil pr<strong>in</strong>cipe si salva, ma unicamente per f<strong>in</strong>zioneletteraria.<strong>Beolco</strong> parla non di Venezia e dei nobili (è troppo pericoloso),ma delle miserabili condizioni dei contad<strong>in</strong>iche vivono sulla terraferma, e che Venezia non riesceo, meglio, non vuole trasformare <strong>in</strong> sudditi che godanodi un tenore di vita migliore, che pagh<strong>in</strong>o più tassee che divent<strong>in</strong>o partecipi alla vita politica. E doveva<strong>in</strong>trodurli sulla scena politica non per motivi di generosità,ma per motivi concreti: la situazione nazionaleitaliana e <strong>in</strong>ternazionale europea e medio-orientale lorichiedeva. A Costant<strong>in</strong>opoli erano arrivati i turchi(1453), si apriva il fronte dei commerci con l’America(1492), l’Italia era divisa e <strong>in</strong>vasa da eserciti stranieri(1494). Invece l’oligarchia veneziana lascia viverei contad<strong>in</strong>i come animali.Machiavelli dietro la storia salace mostra la violenzae la corruzione che dom<strong>in</strong>a la vita politica, compresala Chiesa. Lucrezia era onesta, ma tutto ha tramato –Callimaco, Ligurio, il marito, la madre e il confessore–, per farla cadere nell’adulterio.11. Il pubblico della Bilóra e la f<strong>in</strong>is VenetiaeIl pubblico delle commedie di Ruzante è costituitodai nobili veneziani, anzi dalla parte più progressistadella nobiltà veneziana, quella che faceva capo aCornaro, che era il protettore, il committente e lospettatore dello scrittore. Cornaro aveva adibito a teatrola ricca casa di Padova. D’altra parte a teatro potevanoandare soltanto loro. Altre classi sociali, se fosseroandate a teatro, si sarebbero viste rappresentate.Certamente non si sarebbero divertite né avrebberocapito il comportamento dello sponsor, che spendevadenaro a vedere sulla scena ciò che poteva vederesenza fatica e gratuitamente <strong>in</strong> una calle o <strong>in</strong> un campiello.O nei suoi campi lungo il fiume Brenta.Il problema del protettore o del committente è peròsoltanto un problema che riguarda la commedia, latrama, il contenuto, la scelta del dialetto, la conclusionef<strong>in</strong>ale. Lo scrittore deve fare spettacolo. Questoè il suo primo imperativo categorico. Ma può farlo <strong>in</strong><strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti modi diversi, che si possono ridurre a due:può farlo evadendo dalla realtà, può farlo tentandod’<strong>in</strong>terpretare la realtà (politica, sociale ed economica)con le sue forze e i suoi strumenti. Ruzante, comeMachiavelli e come Ariosto (e gli altri scrittori delC<strong>in</strong>quecento), tenta questa seconda via. La commedianon è evasione, è specchio della realtà. Uno specchioche mostra realmente la realtà, anche quando la deforma.Guardando la commedia – questa come le altre –, cisi può divertire e si può evadere o, almeno, illudere dievadere dalla realtà. In realtà questo modo di leggereo di vedere la commedia è superficiale, <strong>in</strong>utile, banale.L’attore è una maschera, <strong>in</strong>dossa la maschera, cioèrecita un altro personaggio sulla scena (le maschere ela Commedia dell’arte appaiono <strong>in</strong> seguito). Egli èperciò il personaggio più capace a togliere la mascheraalla società, ben <strong>in</strong>teso non la piccola maschera degliodi, dei piccoli <strong>in</strong>ganni, dei dispetti e delle ripicche.Troppo banale. Bastavano i preti. Ma quellagrande maschera <strong>in</strong> cui il nostro io sociale è di frontea se stesso e non può <strong>in</strong>gannare se stesso.Venezia era fallita, Venezia era un disastro, Veneziaera già morta, anche se il denaro girava <strong>in</strong> città (manon nel contado). I veneziani potevano sentirsi vivi eonnipotenti perché facevano la bella vita nelle villelungo il Brenta e perché le ville sorgono e cont<strong>in</strong>uanoa sorgere. Ma sono le ultime energie di chi vuole credersi<strong>in</strong> vita quando è già morto. La sp<strong>in</strong>a nel fianco èlì pronta a farsi sentire. Il coltello arrugg<strong>in</strong>ito – bastaun coltello arrugg<strong>in</strong>ito per uccidere – è <strong>in</strong> agguato.Basta un proprio contad<strong>in</strong>o per usarlo contro il suonobile datore di lavoro. Certo il contad<strong>in</strong>o non lo fa<strong>Beolco</strong>, Bilóra, a cura di P. Genes<strong>in</strong>i 15

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