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Beolco, Bilora in italiano - Letteratura Italiana

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ed esprime rispetto per la persona, che è più importante dichi parla e alla quale si chiede aiuto. Sotto la parola c’èuna captatio benevolentiae, espressa anche da tutta la frase:tu sei più capace e più forte di me, aiutami, sono sicuroche mi puoi aiutare. Bilóra dà del voi a Pitàro, <strong>in</strong>vece Pitàrogli dà del tu. Ugualmente la D<strong>in</strong>a dà del voi al marito,che <strong>in</strong>vece le dà del tu. I rapporti sociali e i rapporti di forzasi vedono anche da questi piccoli particolari.21 Pitàro non gradisce l’<strong>in</strong>contro e non sa che cosa dire.Bilóra è una persona da evitare: è capace soltanto di chiederee mai di contraccambiare.22 Bilóra si aspetta che Pitàro gli legga nel cervello, maquesti cade dalle nuvole e gli chiede di che cosa si tratta.Bilóra pensava che tutti sapessero quel che gli era successo:pensa <strong>in</strong>consapevolmente che il suo mondo sia il mondodi tutti e che esista soltanto il suo mondo e i problemidel suo mondo. Non riesce a capire che esiste anche – esoprattutto – il mondo degli altri, anzi che ognuno ha il suomondo e i suoi problemi. Non capisce nemmeno che il suomondo è <strong>in</strong>significante sia rispetto a tutti gli altri mondimessi <strong>in</strong>sieme, sia rispetto ad un mondo qualsiasi di chi èpiù importante di lui. Forse le stesse cose si potrebbero dire<strong>in</strong> un modo più pregnante. Egli confonde e mescola ilsuo mondo <strong>in</strong>terno e il mondo a lui esterno. E fa questoragionamento: se io so una cosa, la devono sapere anchetutti gli altri; se io ho dimenticato una cosa, basta che lachieda agli altri. Questo modo di pensare si spiega facilmente:il personaggio non ha costituito nessun diaframmatra il suo mondo <strong>in</strong>terno ed il mondo <strong>in</strong>terno. I due mondisi mescolano senza ord<strong>in</strong>e. La confusione del suo mondo<strong>in</strong>terno è dimostrata anche dal cont<strong>in</strong>uo ragionare con sestesso e, <strong>in</strong> séguito, dal fatto che si sdoppia: egli stesso e ilsuo avversario veneziano (scena nona).23 Tòtene o tòtano è un uccello palustre dal collo moltolungo. Il term<strong>in</strong>e è usato <strong>in</strong> sostituzione di un term<strong>in</strong>e soggettoa <strong>in</strong>terdizione sessuale. Ma con poco successo: i tòtanidiventano ben presto i testicoli. L’equivalente odiernoha le stesse caratteristiche di eufemismo: le palle. Ed è u-nisex: ragazzi e ragazze <strong>in</strong>vitano a non rompere loro lepalle. Qualcuna, che ha l’animo della filologa e che odia idiscorsi approssimativi dice le ovaie. La sostanza non cambia,il discorso è e resta sul piano metaforico.24 Bilóra non ha mai sentito un nome così, perciò lo ricordae lo riferisce storpiandolo. Per altro è così disorganizzato,che non ha memorizzato bene neanche il nome di chi gli haportato via la moglie. Poteva soltanto memorizzare il nome:non sapeva certamente scrivere. L’equivoco e la storpiaturadelle parole difficili sono le occasioni che nessunoscrittore di teatro si lascia sfuggire e che anzi si crea <strong>in</strong>tenzionalmenteper far ridere gli spettatori.25 Pitàro non conosce il fatto né conosce Andrónico. Si limitaa confermare quel che gli sembra di avere capito dalleparole di Bilóra, che il rubamogli abita <strong>in</strong> quel portone.26 Bilóra non vuole litigare, non vuole portare la questione<strong>in</strong> tribunale. Si accontenta di riavere <strong>in</strong>dietro la moglie. Eun giusto compenso – pochi marchetti, una moneta di scarsovalore – per i servizi sessuali che questa ha reso al vecchio(glieli addebita anche se prima lo aveva consideratoimpotente, ma gli affari sono affari). Farebbe il bravaccio,ma ha paura che il vecchio se la prenda con lui o lo facciaaffogare <strong>in</strong> qualche canale. Perciò chiede aiuto a Pitàro.27 Sono i canali di Venezia, putridi e <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ati, usati perscaricare rifiuti di tutti i tipi. La morte era sicura...28 Suscettibile.29 Pitàro dà i suoi consigli, ma Bilóra non capisce, non sache cos’è la captatio benevolentiae. Pitàro non dice il nomedel vecchio: non lo conosce, perciò lo chiama messerbello, messer caro. Bilóra fra<strong>in</strong>tende, e non riesce a capireche l’<strong>in</strong>terlocutore dà consigli generici e non ha <strong>in</strong>formazioniprecise sul vecchio.30 Andróchene è corruzione e storpiamento di Andrónico,un nome eroico ed elevato, addirittura straniero: dava piùprestigio. Deriva dal sostantivo greco , ó, uomo+ l’aggettivo , , , v<strong>in</strong>citore. Insommasignifica uomo v<strong>in</strong>citore. Nel seguito si vedrà quantoAndrónico sia v<strong>in</strong>citore (è impotente e ci lascia la pelle)!Forse gli spettatori risalgono al nome, forse no. Intanto ridonoe poi vengono a sapere il nome corretto del vecchioveneziano.31 Lo zio, che è più esperto della vita, dà i consigli: vai achiederla con le buone maniere e mostrandoti rispettoso...Ma per ora non si vuole co<strong>in</strong>volgere <strong>in</strong> prima persona. Prevedegià che Bilóra gli chiederà aiuto…32 La cosa è importante: è uno che si limita a gridare o èuno che si mette a picchiare? Bilóra ha una grande esperienzadelle sus<strong>in</strong>e, cioè delle batoste, dalla vita.33 Piazza san Marco, luogo d’<strong>in</strong>contri e di contrattazioni.34 Anche qui Pitàro risponde con le <strong>in</strong>formazioni che desumeda Bilóra o con ciò che Bilóra si aspetta di sentirsidire. L’espressione di Pitàro è una mezza imprecazione,che è divenuta una <strong>in</strong>tercalare. Come tante altre <strong>in</strong>tercalariha perso qualsiasi riferimento all’oggetto che doveva <strong>in</strong>dicare.Si è trasformata <strong>in</strong> una semplice emissione di voce.Faceva senz’altro riferimento al sangue di Cristo, che ricevevauna particolare attenzione durante la Settimana Santa.Il sangue si trova però anche <strong>in</strong> un’altra mezza imprecazione:cagasangue. Il l<strong>in</strong>guaggio contad<strong>in</strong>o non riesce aduscire dal suono delle parole. Assomiglia ad un “buco nero”,che risucchia quanto <strong>in</strong>contra e non fa uscire nulla dasé. Il l<strong>in</strong>guaggio corretto, proprio, ufficiale è <strong>in</strong>vece deltutto opposto: il term<strong>in</strong>e <strong>in</strong>dica un oggetto e soltanto quello;lo <strong>in</strong>dica <strong>in</strong> un modo specifico ed univoco. Non esistonos<strong>in</strong>onimi <strong>in</strong> senso assoluto, ogni term<strong>in</strong>e sottol<strong>in</strong>eaun’area o un aspetto specifico dell’oggetto <strong>in</strong>dicato. Proprionel Quattrocento <strong>in</strong> seguito allo sviluppo delle stamperiee alla necessità di fare traduzioni i vocabolari bil<strong>in</strong>guio tril<strong>in</strong>gui hanno uno sviluppo enorme.35 F<strong>in</strong>gi di niente, che la cosa non ti riguardi. Un grandeconsiglio.36 La s-ciav<strong>in</strong>a è la sopravveste o una coperta pesante. Pertraslato <strong>in</strong> gergo diventa il cappotto di botte.37 D<strong>in</strong>a ha seguito il vecchio, perché può mangiare, bere edessere “ben servita e riverita” come dice un’altra espressionedel l<strong>in</strong>guaggio popolare. I popolani potevano mangiarepoco, non erano serviti, dovevano servire e riverire.Di qui questi ideali di vita irraggiungibili. Pitàro ricostruisceimmediatamente quello che è successo e perché. È aiutatoanche dalle – poche – <strong>in</strong>formazioni che ha sul vec-<strong>Beolco</strong>, Bilóra, a cura di P. Genes<strong>in</strong>i 31

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