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Beolco, Bilora in italiano - Letteratura Italiana

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del contado e il mondo della città. I due mondi sonocontrastanti. In genere la città sfruttava la campagna,e paradossalmente il contad<strong>in</strong>o poteva trovare più cibo<strong>in</strong> città che nella campagna dove si produceva. Bilóraè <strong>in</strong>esperto del mondo. Perciò, quando giunge <strong>in</strong>città, deve chiedere aiuto. Lo chiede a un cittad<strong>in</strong>osocialmente emarg<strong>in</strong>ato come Pitàro, che tuttavia,non ostante questo, si trova su un grad<strong>in</strong>o sociale e suun grad<strong>in</strong>o di esperienza più alto del suo. Andrónicoè a un livello relativamente più alto: ha un po’ di denaro,ma è escluso dalla vita attiva sia commercialesia culturale. Non accenna mai alle sue fonti di reddito.E decide di fare quel che non ha avuto il tempo, lavoglia o il coraggio di fare da giovane: prendersi unamammola con cui divertirsi.5. Il nome dei personaggiI nomi dei personaggi sono del tutto funzionali aglistereotipi che rappresentano.Nel dialetto pavano il nome o, meglio, il soprannomeBilóra (il nome è molto probabilmente piano) <strong>in</strong>dicala donnola, un animale particolarmente subdolo, aggressivoe sangu<strong>in</strong>ario. Bilóra potrebbe avere il profiloanimalesco e affilato di una donnola. Le occasioniper mangiare <strong>in</strong> abbondanza sono rarissime. La vita<strong>in</strong> campagna e lo scarso contatto con la città e con leregole sociali lo hanno reso un uomo selvatico e denutrito,e la manifestazione di forze della natura primordialie ist<strong>in</strong>tive.Nel dialetto pavano il nome o, meglio, il soprannomePitàro (il nome è certamente piano) <strong>in</strong>dica il cesto o ilvaso di terra. Pitàro è rotondo come un cesto oppureè un vaso di scienza o un vaso per il cibo.In ogni caso il nome allude al carattere o all’aspettodel personaggio. Ma <strong>in</strong> genere il carattere e l’aspettodel personaggio s’identificano. Il motivo è semplice:la cultura o la mancanza di cultura, le esperienze divita, il tenore di vita trovano il loro sfogo e la loromanifestazione esteriore nell’aspetto del personaggio.Ippocrate, che rivolgeva tanta attenzione all’aspetto,non aveva pensato <strong>in</strong>vano, ed era letto giustamentecon attenzione nel C<strong>in</strong>quecento.Andrónico è <strong>in</strong>vece un nome eroico ed elevato, addiritturaè straniero. Ciò dava più prestigio. È un nomecivile, cittad<strong>in</strong>o. Deriva dal sostantivo greco ,ó, uomo + l’aggettivo , , ,v<strong>in</strong>citore. Insomma significa uomo v<strong>in</strong>citore. Nellacommedia si vedrà quanto questo vecchio erotomanesia v<strong>in</strong>citore... È impotente per motivi di età e ci lasciala pelle! Bilóra storpia il nome e lo trasforma <strong>in</strong>Andróchene. A Venezia c’erano molti nomi greci. Icontatti commerciali con la Grecia e l’Oriente lo giustificavano.Poi c’è D<strong>in</strong>a. Il nome è un dim<strong>in</strong>utivo, che poi è statosemplificato. Non ha soprannome: le donne non sonoimportanti. Nessuno fa caso a quel che dicono e aquel che fanno: sono oggetti senza volontà <strong>in</strong> manoad altri.A un livello <strong>in</strong>feriore anche a quello delle donne c’èil servo: Zane, Iohannes, Gioàne, Gioàni, Giàni, Giovanni,l’unico nome ecclesiastico. Neanche lui soprannome.Ma chi si preoccupa dei servi? Ce n’eranotanti e a basso prezzo. Ed erano autómata, oggettiprovvisti di vita autonoma, capaci di essere servizievol<strong>in</strong>ei confronti dei loro padroni. E di poche pretese.Nel Settecento si vantavano della livrea che li rendevasuperiori al volgo. Essi stessi si consideravanocosa vile.Il problema del nome è molto complesso. Nel MedioEvo valeva l’idea che nomen est omen (il nome è unaprevisione sul futuro). E si dava quel nome che piùsembrava confacente al nascituro (o <strong>in</strong> cui si volevache il nascituro si realizzasse). Insomma si cercava didare una mano al dest<strong>in</strong>o e di favorire che il nome sirealizzasse.Si poteva però procedere anche nel senso opposto: sidava il nome che per ironia della sorte era tuttol’opposto dell’<strong>in</strong>dividuo che lo portava. Il fatto è chei nomi ufficiali erano pochi e riservati alle classi elevate:prenomen, nomen, cognomen erano ricordi di unlontano passato. Mille o più anni prima. Al presente,cioè f<strong>in</strong>o al C<strong>in</strong>quecento (e oltre), c’era il nome (Pietro,Paolo, Giovanni, Filippo, Tommaso, <strong>in</strong>somma <strong>in</strong>omi degli apostoli e poco più <strong>in</strong> là), che veniva datoal fronte battesimale. Qu<strong>in</strong>di c’era il secondo nome, ilnome vero, quello che l’<strong>in</strong>dividuo si conquistava neiprimi o nei secondi anni di vita, cioè quando manifestavauna caratteristica o un comportamento che lodifferenziasse dagli altri <strong>in</strong>dividui o dai suoi coetanei.Il secondo nome, il soprannome era attribuito quandosi poteva controllare il risultato dell’<strong>in</strong>contro (o delloscontro) fra carattere orig<strong>in</strong>ale e ambiente <strong>in</strong> cuil’<strong>in</strong>teressato doveva vivere. L’ambiente l’aveva plasmatoo egli si era <strong>in</strong>serito nell’ambiente o c’era statoun plasmarsi reciproco. Era comune conv<strong>in</strong>zione medioevaleche il nome <strong>in</strong>dicasse l’essenza della realtàsia per le cose sia per gli uom<strong>in</strong>i.Bilóra e Pitàro sono soprannomi, cioè sono second<strong>in</strong>omi. Sono nomi sociali, dati agli <strong>in</strong>teressati da chiviveva con loro, li conosceva, li valutava e li semplificava:il soprannome <strong>in</strong>dicava una unica caratteristica,il resto passava <strong>in</strong> secondo piano. Bilóra ha il musoaffilato ed è aggressivo. Forse esprime la violenzache ha <strong>in</strong> animo o forse la trattiene. Ma è un uomoviolento. Non ci sono arg<strong>in</strong>i alla sua violenza. O meglioè talmente abituato alla violenza (<strong>in</strong> genere a subirla),che non ci fa nemmeno caso.Nel mondo contad<strong>in</strong>o ci sono i soprannomi: i contad<strong>in</strong>ihanno tempo e spazio da dedicare agli altri contad<strong>in</strong>i.Il secondo nome è un modo per farsi compagnia,per gli <strong>in</strong>teressati. Questa è la cultura che essi<strong>Beolco</strong>, Bilóra, a cura di P. Genes<strong>in</strong>i 8

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