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08 - 22 Febbraio 2012 N. 182- 18329RETROSCENA Spettacolo & CulturaNewsE ORA PARLIAMO DI KEVIN ....La maternità vissuta come negazione,rifiuto, supplizio: uno dei tabùpiù inconfessabili dell’universo femminilediventa la materia narrativa di “…Eora parliamo di Kevin”, trasposizione cinematograficadell’omonimo romanzodella scrittrice Lionel Shriver, che la registascozzese Lynne Ramsay, al suo terzolungometraggio, ha adattato per il grandeschermo insieme a Rory Stewart Kinnear.Presentato con successo al Festival diCannes del 2011, “…E ora parliamo diKevin” è un film potente e angoscioso,che vede Tilda Swinton protagonista assolutanel ruolo di Eva Khatchadourian,una donna incapace di assumere con serenitàil proprio ruolo di madre. Il regalopiù bello che la vita possa donarci si trasformacosì in una continua fonte di frustrazionee sofferenza, che la Ramsaydescrive con una galleria di sequenzeemblematiche, rovesciando l’assunto chealla maternità corrisponda necessariamentela felicità: si veda ad esempio lascena in cui Eva, sopraffatta dal piantoininterrotto del piccolo Kevin, trova qualchemomento di treguanel rumore assordante diun martello pneumatico.“…E ora parliamo diKevin” non forniscespiegazioni (sociologiche,psicanalitiche o diqualunque altro tipo),non pretende di imporreallo spettatoreun determinato puntodi vista, né tantomenogli offre vie di fuga. Ilgrande tema del film èper l’appunto il misterodel Male, la sua impenetrabilità,la sfida terribiledi confrontarsi conesso anche quando assumele sembianze dichi ci è più vicino. Unasfida che, come scopriamofin dall’iniziodel film, ha consumatoEva nel più profondodell’animo, oltre chenel corpo: già nelleprime scene la Swintonci appare fragile eossuta, con il voltoscavato, mentre si trascinacome uno spettrotra i frantumi di unavita distrutta, sorreggendosulle sue esilispalle un carico di dolore e di responsabilitàin grado di schiacciare qualsiasi essereumano. Ed è così che il mondoattorno a lei si trasfigura in un autenticoincubo ad occhi aperti: ogni suono, ognigesto rievocano un senso di colpa che èimpossibile far tacere, e durante la nottedi Halloween i bambini mascherati si tramutanoin mostri partoriti dall’oscurità,che prendono d’assedio la casa delladonna e, con le loro grida, sembrano reclamarevendetta per le giovani vittime diun eccidio privo di ragioni.La straordinaria forza del film di LynneRamsay risiede proprio nella sua capacitàdi trasportarci negli abissi di <strong>questo</strong>inferno di sentimenti conflittuali e laceranti,facendoci sperimentare l’orrore delquotidiano attraverso un’opera d’arte cheadopera in maniera egregia tutti gli strumentia disposizione del linguaggio cinematografico:visivi, dialogici, musicali,uditivi. Sul piano della fotografia, curatada Seamus McGarvey, l’intera pellicola èdominata dalle tonalità del nero (le tenebre,la notte) e soprattutto del rosso (ilsangue, la vernice, la marmellata, il vestitodi Eva), costante cromatica dagli evidentivalori simbolici. Ma anche lemolteplici sonorità del film contribuisconoa creare un vasto campionario di suggestioni,mescolandosi al timbro inesorabilmentecupo delle musiche di JonnyGreenwood, in una stridente discordanzacon le melodie solari di canzoni come“Everyday” di Buddy Holly, “In my room”dei Beach Boys e “Last Christmas” degliWham. A sublimare <strong>questo</strong> capolavoromagnetico e disturbante è l’interpretazionedi una meravigliosa Tilda Swinton:la pluripremiata attrice britannica si immergecoraggiosamente in <strong>questo</strong> ruolodalla sconvolgente pregnanza emotiva,ricavandone una performance tanto straziantequanto commovente, forse la miglioredella sua carriera.http://www.film.it

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