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analogia, ontologia formale e problema dei fondamenti - STOQ

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- 31 -3.1.2 Il realismo concettuale intensionaleIn questo senso l’<strong>ontologia</strong> <strong>formale</strong> del realismo concettuale non può costituireun’<strong>ontologia</strong> <strong>formale</strong> fondamentale di tutte le altre, ma può solo rivestire il ruolo diun’<strong>ontologia</strong> <strong>formale</strong> speciale, quella relativa alla costituzione dell’ente logico attraversole operazioni della mente; per questo non ci sembra il caso di considerare il realismoconcettuale intensionale come un’<strong>ontologia</strong> a parte da quella del realismo concettuale,come invece Cocchiarella pretende. Con la teoria del realismo concettuale “intensionale”,infatti, Cocchiarella vuol solo rendere capace la sua <strong>ontologia</strong> <strong>formale</strong> d’includereanche l’<strong>ontologia</strong> platonica dell’esistenza degli enti logici, in quanto indipendenti dallamodalità di esistenza degli enti naturali, sebbene non si tratti di una sussistenza indipendentedal ruolo che essi svolgono negli usi concreti del linguaggio e dalla sua evoluzionenella cultura: è in tal senso che si deve parlare di un realismo concettuale intensionale.Il <strong>problema</strong>, sintetizza il Nostro, consiste nel definire la categoria ontologica di appartenenzadi quei predicati nominalizzati, prodotti dalla capacità riflessiva della nostraintelligenza (p. es., quando nominalizziamo il predicato “essere-uomo” come “umanità”o “l’uomo”, rendendolo così un possibile soggetto di predicazione). Il <strong>problema</strong> cioè èdi decidere se questi predicati nominalizzati denotano un ulteriore classe di referenti —immateriali e/o a-temporali — come nell’<strong>ontologia</strong> platonica, oppure denotano <strong>dei</strong>semplici correlati intensionali <strong>dei</strong> nostri concetti — degli stati disposizionali insaturidelle nostre menti —, sviluppati attraverso l’istituzionalizzazione delle regole del processolinguistico della nominalizzazione, e che la capacità riflessiva della nostra intelligenzaci fa considerare “come se” fossero oggetti. Ma, una volta ammessa la natura insatura<strong>dei</strong> concetti, la formalizzazione della nominalizzazione di un predicato, ovvero:( F j)( x )( F x )∀ ∃ = , (3.4)ci fa comprendere immediatamente che essi non possono essere, propriamente, <strong>dei</strong> referenti,visto che solo per espressioni logicamente sature, ovvero enunciati predicativi incui per ogni predicato sia definita la sua estensione, è possibile parlare di referentidell’enunciato medesimo. In tal caso, referenti dell’enunciato predicativo saranno propriamenteenti appartenenti ad un dato genere naturale (denotati da nomi) con le loroproprietà/relazioni naturali (denotati da predicati) e dove il nesso predicativodell’enunciato (con il suo grado di necessità/contingenza dell’appartenenza soggetto–predicato) rifletterà in qualche modo il nesso causale fondante la relazione fra l’ente e larelativa proprietà. Nel caso si tratti di una proprietà essenziale dell’ente in questione, ilnesso sarà quello necessario fra due generi naturali appropriatamente subordinati (p.es.:tutti i cavalli sono mammiferi); nel caso si tratti di una proprietà accidentale dell’ente in

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