Prof. Enrico Morini - diocesi.rimini.it
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tutta la Rus’ dipendenti da Costantinopoli – ne ha offerto una efficace riaffermazionel<strong>it</strong>urgica. Da parte loro i governanti russi, che volevano la dign<strong>it</strong>à patriarcale per ilmetropol<strong>it</strong>a di Mosca, non si comportarono come quelli serbi – che nel 1346 avevanoelevato a patriarca l’arcivescovo di Peć in un concilio da cui era assente la Chiesa madrecostantinopol<strong>it</strong>ana –, ma la pretesero, nel 1589, direttamente dal patriarca diCostantinopoli, Geremia II, allora in vis<strong>it</strong>a nelle loro terre, proprio come a suo tempoavevano voluto i patriarchi bulgari, elevati a tale dign<strong>it</strong>à a due riprese, nel 927 e poi nel1235, sempre dalla Chiesa madre di Costantinopoli.Nel frattempo la caduta dell’impero romano cristiano, oltre a determinarel’inquietante aporia teologica di una Chiesa senza più impero, aveva incrementato e, percosì dire, ist<strong>it</strong>uzionalizzato, quella dimensione panortodossa già assunta, come si è detto,dall’Ortodossia greca – tram<strong>it</strong>e il ruolo del patriarcato di Costantinopoli –, nell’ultimosecolo dell’impero romano d’oriente. Posto al vertice del millet dei Romani, cioè della“nazione” di tutti i cristiani ortodossi dell’impero ottomano, con lim<strong>it</strong>ate ma ben defin<strong>it</strong>eprerogative civili nei loro confronti, il patriarca ecumenico vide sempre più enfatizzata lasua primazial<strong>it</strong>à, indirettamente rafforzata dalla soppressione del patriarcato moscov<strong>it</strong>a edalla sua sost<strong>it</strong>uzione, nel 1721, con il sistema sinodale. Questo si verificò innanz<strong>it</strong>uttonei confronti degli antichi patriarcati orientali, che del resto, già a partire dal XIII secolo,avevano abbandonato le proprie originarie tradizioni l<strong>it</strong>urgiche (alessandrina, antiochenae gerosolim<strong>it</strong>ana) per assumere il r<strong>it</strong>o costantinopol<strong>it</strong>ano. Infatti, pur essendo essi a capodi Chiese da sempre autocefale e colleghi, nella comune dign<strong>it</strong>à patriarcale,dell’arcivescovo di Costantinopoli – del quale rispettano la primazial<strong>it</strong>à ecclesiastica –,dal punto di vista civile questi vescovi erano, nel sistema amministrativo dell’imperoturco, sostanzialmente dei sudd<strong>it</strong>i dell’omologo costantinopol<strong>it</strong>ano. Nella parte europeadell’impero ottomano si registrava poi la tendenza del patriarca ecumenico ad estenderel’amb<strong>it</strong>o della sua diretta giurisdizione ecclesiastica, facendolo coincidere con quellodelle sue competenze civili: abbiamo così le soppressioni, nel 1766, del secondopatriarcato serbo (che era stato ricost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o nel 1557) e, nel 1767, dell’autocefalia grecoslavadi Ochrida (ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a nel lontano 1018), misure accompagnate da tentativi diellenizzazione dei nuovi fedeli, serbi e bulgari, così acquis<strong>it</strong>i dal patriarcato, per nonparlare degli analoghi tentativi effettuati nelle terre romene, in modo ancor più deciso,dai vescovi “fanarioti” – cioè da ecclesiastici greci originari del Fanar, ancora oggi ilquartiere cristiano di Costantinopoli – inviati a governare le eparchie di Valacchia e diMoldavia. In virtù di questa pol<strong>it</strong>ica ecclesiastica centralizzatrice – del resto tradizionaleper il patriarcato ecumenico, che incominciò a attribuire a questo suo t<strong>it</strong>olo una valenzagiurisdizionale panortodossa – la Chiesa di Costantinopoli venne ad assumere uncarattere multietnico e polilinguistico, che metteva in secondo piano la sua connotazioneetnica di patriarcato ellenico. A questo riguardo il grande Atenagora, nato da unafamiglia greca in un villaggio bietnico e bilingue (come attesta il doppio nome: Tsaraplanàin slavo e Vasilikòn in greco), nell’Epiro (dunque alla confluenza tra Grecia, Albania eMacedonia slava) e familiarizzato con la frammista componente valacca, di cuiconosceva la lingua, è stato l’ultimo autorevole rappresentante – come hanno fatto notareValeria Martano e Roberto Morozzo della Rocca – di questa dimensione panortodossadel patriarcato ecumenico.La s<strong>it</strong>uazione odierna di questa Chiesa comporta il permanere di tutte lelim<strong>it</strong>azioni imposte dalle autor<strong>it</strong>à turche, islamiche o laiche che siano, a fronte dellaperd<strong>it</strong>a di tutti i privilegi di cui essa aveva goduto sotto il governo ottomano. La sedecostantinopol<strong>it</strong>ana ha conosciuto anche una drastica riduzione della sua giurisdizione –per l’emergere delle autocefalie balcaniche, in maggioranza evolutesi poi in patriarcati, eper la quasi simultanea catastrofica fine della grec<strong>it</strong>à nell’Asia Minore e nel Ponto –, che5