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Prof. Enrico Morini - diocesi.rimini.it

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ha comportato il forzato recupero, nello spazio geopol<strong>it</strong>ico dell’Ortodossia, dell’ident<strong>it</strong>àetnico-culturale ellenica. Nel frattempo però la presenza dell’Ortodossia greca nellacomunione delle Chiese ortodosse si è duplicata con il conferimento dell’autocefalia, nel1850, alla Chiesa del Regno di Grecia, dopo diciassette anni di rottura delle reciprocherelazioni canoniche in segu<strong>it</strong>o all’autoproclamato distacco di quest’ultima dalla Chiesamadre. Questa dual<strong>it</strong>à di rappresentanza greca nell’Ortodossia comportò inev<strong>it</strong>abilmenteacute tensioni, del tutto comprensibili alla luce dell’intrinseca debolezza canonicadell’autocefalia greca, perfettamente avvert<strong>it</strong>a da Costantino Oikonomos degliOikonomoi, forse la più grande personal<strong>it</strong>à ecclesiastica greca del XIX secolo, la cuicarriera si è svolta emblematicamente tra Costantinopoli, Pietroburgo ed Atene.La Chiesa greca infatti, rispetto a quella di Costantinopoli, risulta chiaramentepriva di quella specifica ident<strong>it</strong>à linguistico-culturale ed etnica nei confronti della Chiesamadre, che il canone 34 degli Apostoli presenta come un requis<strong>it</strong>o indispensabile perleg<strong>it</strong>timare l’indipendenza di una Chiesa particolare dal patriarcato di afferenza. Inoltrefu sub<strong>it</strong>o evidente la tendenza della Chiesa greca a superare i lim<strong>it</strong>i imposti dal tomopatriarcale di autocefalia: esso prevedeva infatti che i suoi vescovi menzionassero nellal<strong>it</strong>urgia non già un suo primate, ma il Santo Sinodo, e che il presidente di questoorganismo, il metropol<strong>it</strong>a di Atene, non assumesse il t<strong>it</strong>olo di arcivescovo, come invece èavvenuto. Del resto le recenti dispute tra le due Chiese in mer<strong>it</strong>o alle nomine episcopalinelle trentasei metropoli della Grecia del Nord e dell’Egeo settentrionale – prestate dalpatriarcato, nel 1928, all’amministrazione della Chiesa di Grecia –, nelle quali il patriarcar<strong>it</strong>iene di aver voce in cap<strong>it</strong>olo, ed all’obbligo dei loro vescovi di menzionare nellal<strong>it</strong>urgia non già il sinodo ateniese, bensì il patriarca, sono una significativa testimonianzadel persistere di tali tensioni, più volte emerse sotto l’arcivescovo di Atene Cristodulo,scomparso nel gennaio 2009. Del resto anche in segu<strong>it</strong>o, in uno scr<strong>it</strong>to diffuso on line il 1°febbraio di quest’anno, il metropol<strong>it</strong>a Amvrosios di Kalavr<strong>it</strong>a – già da tempo messosi inluce per le cr<strong>it</strong>iche alle aperture ecumeniche di Costantinopoli – ha accusato il patriarcaBartolomeo di essersi rivolto al nuovo arcivescovo di Atene Hieronymos, in vis<strong>it</strong>a l’annoscorso al Fanar, con il t<strong>it</strong>olo di Metropol<strong>it</strong>a.Si registra invece nell’Ortodossia ellenica un pieno consenso tra la Chiesa diGrecia ed il patriarcato di Costantinopoli nel comune riconoscimento della giurisdizionecanonica della sede ecumenica su tutti i Greci sparsi nel mondo, nonché, più in generale,su tutti gli ortodossi della cosiddetta “diaspora”, prerogativa quest’ultima contestataimplic<strong>it</strong>amente – e talvolta anche esplic<strong>it</strong>amente – dalle altre componenti non ellenichedell’Ortodossia. Essa si fonda sul cosiddetto canone 28 del concilio di Calcedonia del451, che rappresenta, per così dire, la carta di fondazione del patriarcato ecumenico, ildocumento in cui è delineato con precisione l’amb<strong>it</strong>o originario della sua giurisdizionepatriarcale e che non può non essere valido ancor oggi, pur con le necessarieinterpretazioni ed estensioni coerenti con il moderno assetto geopol<strong>it</strong>ico. Proprio una suaclausola aveva in sé la potenzial<strong>it</strong>à di dilatare enormemente gli spazi della direttagiurisdizione costantinopol<strong>it</strong>ana, quasi a futura imprevista compensazione della drasticariduzione, che ai nostri giorni – come si è visto – essa avrebbe sub<strong>it</strong>o. I Padri diCalcedonia attribuirono infatti all’arcivescovo di Costantinopoli anche la giurisdizionesui vescovi che incominciavano ad insediarsi, in virtù della progressiva attiv<strong>it</strong>àmissionaria, in terr<strong>it</strong>ori al di fuori dell’impero romano d’oriente, defin<strong>it</strong>i per questo dalcanone “terre dei barbari”. Ora in virtù del presupposto fondamentale della perennevalid<strong>it</strong>à della normativa canonica – che esige però inev<strong>it</strong>abilmente l’interpretazione“attualizzante” di una terminologia ormai storicamente desueta – risultò assolutamentenaturale assimilare la categoria di “barbari” – in un mondo moderno in cui essa non hapiù uno spazio accettabile – a quella di “non ortodossi”, interpretando semplicemente in6

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