<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Maggio/Giugno 2004STORIAIl cancelliere esecratoCristoforo Beni, notaio in S.Agata dal 1775 al 1821, è nel1802 da 16 anni cancelliere deltribunale podestar<strong>il</strong>e dello stessoluogo, “contro le leggi fatte ab immemorab<strong>il</strong>iche li paesani non possino,né debbino servire in detti impieghi”.Pare che egli impe<strong>di</strong>sca con sotterfugie raggiri che <strong>il</strong> podestà amministri con<strong>il</strong> dovuto rigore la giustizia.L’anonimo scrivente, avverso all’operatodel Beni, avverte <strong>il</strong> delegato apostolico<strong>di</strong> Urbino dei “<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni” edelle ingiustizie commesse da quelcancelliere. Egli propone anche unesempio: “Pochi anni or sono un certoLuca Perruzzi della Comunità <strong>di</strong>Rusciano subor<strong>di</strong>nata a questa <strong>di</strong> S.Agata, fece <strong>di</strong> giorno un omici<strong>di</strong>o, contorcere <strong>il</strong> collo ad un giovinetto <strong>di</strong> tre<strong>di</strong>cianni senza alcun motivo (sic).Questo Peruzzi è <strong>di</strong> una famigliarispettab<strong>il</strong>e de’ nostri monti, <strong>di</strong> possidenzae <strong>di</strong> denaro. Il cancelliere Beniunito col gius<strong>di</strong>cente li vuotarono laborsa, e neppure presero <strong>il</strong> corpo deldelitto; <strong>il</strong> delinquente fece un annocirca <strong>di</strong> contumacia, poi ritornò allasua casa senza che la giustizia lo perseguitasse.Lo scopo dello scrivente è <strong>di</strong> voler sollecitare<strong>il</strong> presidente della provincia avoler rime<strong>di</strong>are ai <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni creati dalBeni col rimuoverlo dall’incarico affinchéin avvenire la giustizia in S. Agatasia ripristinata.Un altro scrivente, anch’egli anonimo,informa lo stesso alto prelato sulmodo in cui si vive nella “terra” <strong>di</strong> S.Agata Feltria e sua giuris<strong>di</strong>zione.Molte persone, sebbene non munitedelle opportune licenze - riferisce l’ignotodenigratore dell’operato delBeni -, non si peritano <strong>di</strong> mostrarsi inpubblico con armi da fuoco e dataglio, ignorando <strong>il</strong> recente e<strong>di</strong>tto chene vieta <strong>il</strong> porto abusivo. Alcuni <strong>di</strong>questi, contro le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>antichi e recenti, hanno l’ar<strong>di</strong>re <strong>di</strong>andare a caccia <strong>di</strong> starne e lepri intempo <strong>di</strong> neve, e nel contempo <strong>di</strong>uccidere i colombi, dei quali hannoassottigliato <strong>di</strong> molto <strong>il</strong> numero, congrave danno dei loro proprietari e privandoin tal modo anche l’ingrassamentodella terra da lavoro in unpaese così montuoso e d<strong>il</strong>avato dalleacque come <strong>il</strong> Santagatese.“Cacciando costoro devastano siepi,calpestano seminati, ed introducendosianche ne’ grani in tempo che sonoprossimi a maturare, ne fanno unastrage esecrab<strong>il</strong>e atterrandoli e coipie<strong>di</strong> e coi cani che v’introducono;penetrando altresì nelle vigne, e primache si maturano le uve, scelti alcunigrani, si osservano i grappoli gettatiper terra, e giunto <strong>il</strong> tempo della vendemmiasi sa che alcuni ne hanno trasportatatanta quantità alle propriecase, colla quale non solo hannopotuto fare l’acquato per uso dell’interaloro famiglia, ma anche <strong>il</strong> vino davendere”.Ovunque regna <strong>il</strong> ladroneggio “e lasoperchieria, formatasi non già dallaforza dell’in<strong>di</strong>genza, ma dell’indolenza<strong>di</strong> questo Tribunale”, dove pare dominiincontrastato <strong>il</strong> tristo e forse corrottocancelliere, e non i podestà protempore,“e passano mesi ed annisenza potersi ottenere un semplicedecreto”. Un fatto presenta <strong>il</strong> nostro aldelegato apostolico, ond’egli possavenire a conoscenza degli arbitri chesi perpetrano nel tribunale <strong>di</strong> S. Agata,che egli chiama <strong>il</strong> tribunale <strong>di</strong> P<strong>il</strong>ato:“Sorpreso da birri un certo Gio. Paracol corpo del delitto indosso, cioè conla refurtiva <strong>di</strong> alcuni panni <strong>di</strong> qualcheconseguenza, senza consultare, chepur doveasi, fu benignamente <strong>di</strong>messola notte istessa in cui seguì <strong>il</strong> suoaresto. Prese costui magior ansia adelinquere, onde, trascorsi pochi giorni,si avanzò a comettere un furtosacr<strong>il</strong>ego e qualificato coll’asportaredalla chiesa <strong>di</strong> S. Cristoforo un calicee patena, per cui arrestato nella città<strong>di</strong> Rimini ne l’atto che stavalo contraendo,ove resta per anche detenutoin quelle carceri”.Anche questo anonimo brama la rimozionedei Beni dall’incarico <strong>di</strong> cancelliere,considerato che <strong>il</strong> nuovo bargello,intraprendente e coraggioso edattorniato da bravi sbirri, sarebbe sufficientea far rispettare l’e<strong>di</strong>tto sul<strong>di</strong>sarmo recentemente promulgato seun ufficiale forestiero, <strong>di</strong>verso dall’attuale,“non si faccia <strong>di</strong>fensore della10v<strong>il</strong>e marmaglia, che sempre più infoltisce”.Chi scrive però pecca senz’altro <strong>di</strong>parzialità nel descrivere la figura e l’operatodel cancelliere santagatese perchéegli stesso si propone come can<strong>di</strong>datoa sostituirlo. E facendolo rivelasegretamente <strong>il</strong> suo nome al solo delegatoapostolico perché sospetta che isuoi u<strong>di</strong>tori possano proteggere e<strong>di</strong>fendere l’aborrito preteso rivale.<strong>La</strong> figura a tinte fosche che alcunihanno voluto <strong>di</strong>pingere <strong>di</strong> CristoforoBeni è messa in forse da una letteradel 1806 che lo stesso in<strong>di</strong>rizza aldelegato apostolico. Egli è stato destinatoalla cancelleria <strong>di</strong> Pennab<strong>il</strong>li, masupplica l’alto prelato <strong>di</strong> rimanere a S.Agata Feltria e <strong>di</strong> mandare in quellasede colui che al suo posto era destinato.Egli precisa <strong>di</strong> non essere nativo<strong>di</strong> S. Agata Feltria, bensì <strong>di</strong> Pietracutae <strong>di</strong> avere ottenuto la cancelleria <strong>di</strong>quella terra, e <strong>di</strong> esservi stato riconfermato,non per <strong>il</strong> “servizio prestato per20 anni nel giro de’ vicari, ma peravere eseguito tutte le confinazioni <strong>di</strong>questa Legazione colli Stati esteriquasi gratuitamente, cioè per solibaiocchi 75 al giorno, compresa lacavalcatura e cibarie”.Egli è convinto che, per i <strong>di</strong>ritti acquisitiin quegli anni, meriti <strong>di</strong> rimanerenella stessa cancelleria e perciò neimplora la conferma, anche perché glisarebbe <strong>di</strong> grave pregiu<strong>di</strong>zio muoversiora da detto luogo con la famiglia,dove svolge anche la funzione <strong>di</strong>computista e <strong>di</strong> notaio.E lì sarebbe rimasto, come testimoniauna lettera del podestà <strong>di</strong> Sant’Agataal delegato apostolico del 26 gennaio1808: “A fronte della stravaganza dellastagione e della grossa neve questomio cancelliere Beni si è portato collasquadra feretrana nel vicariato <strong>di</strong>Montegelli per eseguire la commissioneaddossatagli dall’eccellenza vostrareveren<strong>di</strong>ssima con lettera facoltativadei 16 andante, toccante l’espulsionedei coscritti del Regno Italico rifugiatisiin detto luogo”.Marco Battistelli
Maggio/Giugno 2004<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>STORIA<strong>La</strong> misteriosa tomba<strong>di</strong> SvevaNell’Alta Val Marecchia, più omeno a metà strada traNovafeltria e Pennab<strong>il</strong>li, c’èun’antica chiesa del Quattrocento,s<strong>il</strong>enziosa custode <strong>di</strong> una splen<strong>di</strong>daMadonna in ceramica <strong>di</strong> Luca DellaRobbia e dei resti <strong>di</strong> un’altra“Madonna” molto più misteriosa.Posta su <strong>di</strong> un piccolo declivio fra ungruppo <strong>di</strong> case, la chiesa <strong>di</strong> SantaMaria D’antico è datata 1484, ma <strong>il</strong>suo aspetto esterno in conci <strong>di</strong> pietra,soprattutto la facciata con <strong>il</strong> bel rosonetipicamente gotico (anche se qui èattribuito allo st<strong>il</strong>e Romanico, forsetardo, e datato XIII sec.), la lunettascolpita in pietra arenaria - raffigurantela Vergine che bene<strong>di</strong>ce e proteggesotto <strong>il</strong> suo mantello i soldati - come <strong>il</strong>bel portale su cui è posta (anche sedatati XV secolo) fanno pensare all’esistenza<strong>di</strong> una chiesa ancora più antica,ingran<strong>di</strong>ta e rimodernata verso lafine del XV secolo. Qui nasce la leggendache la vuole innalzata dal conteGian Francesco Oliva, signore <strong>di</strong> quelleterre, in onore della sua amata <strong>di</strong>cui custo<strong>di</strong>rebbe le spoglie.Si narra che <strong>il</strong> giovane conte avesseuna relazione con una donna <strong>di</strong> nomeSveva (pare una cognata) <strong>di</strong> cui eramolto innamorato, tanto da non riuscirea rassegnarsi alla sua prematurae improvvisa morte, avvenuta in unanevosa notte <strong>di</strong> febbraio.Cadeva fitta la neve quella notte e legrida <strong>di</strong>sperate del conte squarciavano<strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio calato sul paese d’Antico(oggi Santa Maria <strong>di</strong> Maiolo). Gli abitanticorsi fuori dalle case si recaronoal castello per rendersi conto dell’accadutoe vi trovarono <strong>il</strong> loro signorein lacrime, straziato sopra <strong>il</strong> corpoormai senza vita dell’amata Sveva.Piangeva e urlava <strong>di</strong>sperato <strong>il</strong> conte enon si rassegnava a quella per<strong>di</strong>ta.Andò avanti per ore, finché a mezzanotte,un giovane e misterioso messaggerosuggerì al giovane feudatario<strong>di</strong> re<strong>di</strong>mersi da tutti i suoi peccati eglorificare questo grande amore innalzandoun tempio sacro alla VergineMaria come tomba per la poveraSveva. Così fu detto, ed ecco la chiesa<strong>di</strong> Santa Maria de<strong>di</strong>cata alla BeataVergine del Carmine, nel cui presbiterioin perfetto st<strong>il</strong>e brunelleschiano,<strong>di</strong>etro all’altare <strong>di</strong> pietra, è posta lapreziosa Madonna delle Grazie conBambino del Della Robbia (uno degliartisti che lavorò nel TempioMalatestiano <strong>di</strong> Rimini).Costruita nel 1484, ma consacrata nel1509 e restaurata nel 1908, in questapiccola e affascinante chiesa dall’esternome<strong>di</strong>evale e l’interno cinquecentesco,non c’è traccia però dellapresenza <strong>di</strong> Sveva. Nessun segno.Niente tomba. Né un’iscrizione, unastatua, una lapide, un <strong>di</strong>pinto... Si <strong>di</strong>ceche in uno dei trentasei rosoni in stuccoche decorano <strong>il</strong> soffitto a cassettonidel presbiterio Cinquecentesco, siaraffigurata un’immagine <strong>di</strong> donna...beato chi l’ha vista, perché io no.In compenso, si <strong>di</strong>ce anche, a completarela leggenda, che nelle notti <strong>di</strong>febbraio quando nevica e spira la gelidatramontana, vicino alla chiesaappare una can<strong>di</strong>da ombra gemente echina come su una tomba, finché s’allontanalentamente sull’aspro sentieroche sale verso <strong>il</strong> monte. In cerca <strong>di</strong>quella pace che mai trovò.<strong>La</strong>ra Fabbri(Tratto da Ariminum n. 3 - 2004)Igea Marina1956Prima f<strong>il</strong>a in basso,abbiamo riconosciuto:Wally D’Orazio,Eva Mariani(grazie per la foto),Anna Dorazi,Gugliemina Rossi,Anna Bettini.Seconda f<strong>il</strong>a:Elvina Ciccioni,Carla Cerbara,Anna Sartini,Paola Ricci,Li<strong>di</strong>a Sampaoli (?)Terza f<strong>il</strong>a:Maria Marani, Sabba,Piacenti, AlbarosaCinarelli, Lina Ciccioni11