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Confermato il sindaco Polidori - La Rocca - il giornale di Sant'Agata ...

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<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong> Maggio/Giugno 2004Abitavo a Molino del Rio e allaGiar<strong>di</strong>niera, da piccolo, sulfinire della guerra. Ascoltavodai gran<strong>di</strong> orren<strong>di</strong> fatti <strong>di</strong> sangue avvenutinel territorio <strong>di</strong> Casteldelci.Una “maestra”: Assunta Paggetti, tuttele mattine dal <strong>La</strong>mone andava a farescuola a Ca’ Marcello accompagnatada una nipote giovanetta. Un giornofatale si avviò da sola: la nipote l’avrebbeseguita. Nascosto <strong>di</strong>etro uno“scalandro” qualcuno l’aspettava datempo: è stata afferrata da <strong>di</strong> <strong>di</strong>etro esgozzata con uno scannino per maiali.Aveva le mani tutte tagliate nel tentativo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi. Buttata da una partein mezzo ai cespugli, venne ritrovatadalla nipote <strong>di</strong> ritorno dalla scuola,dove la zia non era mai arrivata. Sifecero indagini, naturalmente, ma nessunodegli assassini <strong>di</strong> quegli anni èstato scoperto e punito.Qualche tempo prima, proprio pocolontano dalla casa del <strong>La</strong>mone, eraSTORIA“Il sangue dei vinti”Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerrastato torturato per ore MarcelliGettulio, un giovane renitente <strong>di</strong> leva,uno dei tanti che aveva allacciata aipantaloni la cintura <strong>di</strong> un tedescoscomparso. Seviziato in tutti i mo<strong>di</strong>possib<strong>il</strong>i, non ha raccontato la storiadella cintura.Ancora, qualche tempo prima alla“Crocina” <strong>di</strong> Frassineto, un “partigiano”aveva sparato, si <strong>di</strong>ce per gelosia,ad un soldato tedesco. Ma questa storiaè abbastanza nota perché, come alsolito, ha portato ad una rappresaglia,durante la quale sono stati fuc<strong>il</strong>ati daitedeschi, vari inoocenti della zona,oggi sepolti nel cimitero <strong>di</strong> Santa SofiaValmarecchia. Ma <strong>il</strong> nome del “partigiano”quantomeno imprudente èrimasto ufficialmente nascosto.Ora, che mi sto avviando alla vecchiaia,voglio dare una mano alla storiae ricordare tutti questi senza giustizia,e lasciare ai posteri “l’ardua sentenza”,Vorrei anche far sapere al PresidenteCiampi, sempre che legga la <strong>Rocca</strong>,che anche questa è “resistenza”, anzi èl’unica che conosciamo noi montanari.Ho tralasciato <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> Fragheto,perché i fatti sono, apparentemente,noti. Vorrei chiedere però a DomenicaBuriani, due volte in Gabrielli, che soin buona salute, che racconti su “IlPonte” perché i Tedeschi se la sonopresa tanto con i Fraghetini!Vorrei anche far riflettere Ciampi, sempreche legga la <strong>Rocca</strong>, che se in uncomune così piccolo come Casteldelcici sono da scoprire tante “resistenze”quante ce ne saranno in tutta Italia?Dopo sessantant’anni credo sia ora <strong>di</strong>tirare fuori i cadaveri dagli arma<strong>di</strong> edare sì <strong>il</strong> giusto amore agli eroi <strong>di</strong> queitempi, ma anche smettere <strong>di</strong> far passareper eroismi quelle che sono statesoltanto vigliaccate.Marino MorettiSettembre 1943Un breve periodo <strong>di</strong> speranzaSi era sentita, anche a Maiano, lara<strong>di</strong>o che avvertiva dell’armistizioavvenuto. Per tutti fu come<strong>di</strong>re: la guerra è finita.Qualche soldato tornò a casa, aMaiano, e ciò dette ancora più speranzaalla gente, che aveva figlie e fratellitanto lontano. Al monte vennerodue sloveni, che fuggirono dal campo<strong>di</strong> prigionia <strong>di</strong> Fanoli. In attesa ancheloro della fine della guerra furonoospitati da Felice C. al monte, in attesa<strong>di</strong> tempi più sicuri. Felice, cheaveva anche lui un figlio soldato, neiBalcani, li ospitò in cambio dei lavorinei campi. Si era creata simpatia conquesti due uomini e la gente pensava:anche i nostri figlioli così lontani dacasa potrebbero trovare aiuto, pressole famiglie del posto, in attesa delritorno a casa.Questa situazioni aveva acceso moltesperanze nella gente.Ricordo nei lavori dei campi la laboriosità<strong>di</strong> questi uomini. Parlavanospesso della loro casa, i loro cari. <strong>La</strong>gente, fra l’altro, non vedeva più girarei soliti uomini in <strong>di</strong>visa, col pantalonealla zuava e <strong>il</strong> fez in testa.A fine settembre, una sera, sotto laloggia del monte, i vicini tutti, gran<strong>di</strong>e piccoli, spannocchiavano <strong>il</strong> granoturco.Una grande compagnia, rumorosaed allegra. Tutti ascoltavano questidue slavi, che avevano tante coseda raccontare. C’era chi cantava, chisuonava, era una festa laboriosa, cosìcome ogni occasione valida per cacciarestanchezza, preoccupazioni, e<strong>di</strong>nvitare invece una speranza <strong>di</strong> serenità.A metà serata venne un uomo, chericordo benissimo, che portò una tristenotizia. <strong>La</strong> guerra continua, i dueuomini dovevano andare via subito,non importa come: era nata la “repubblica<strong>di</strong> Salò”.Tornarono, nei giorni seguenti, ancorale <strong>di</strong>vise <strong>di</strong> prima: camicia nera, pantalonealla zuava, ribattezzati cosìdalla gente dopo <strong>il</strong> 25 luglio. I dueuomini partirono la notte stessa.Crollò la speranza <strong>di</strong> pace a breve. Anovembre anch’io partii per Roma; manessuno, credo, avrebbe potuto prevederecosa ci sarebbe toccato neidue anni a venire: due eserciti agguerritiche combatterono sulla nostraterra, con l’aggravante <strong>di</strong> una guerrafratricida, e venne l’infernoRizziero Angeli4

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