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FuoriAsse #18

Officina della cultura

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l’attardata distinzione fra arte degenere<br />

e arte che degenere non è, per dire chiaramente<br />

che ogni espressione di cultura<br />

è malata e condannabile. E già questo<br />

ragionamento potrebbe permetterci di<br />

penetrare nei misteri di una crisi, quella<br />

che viviamo tutti quanti nella modernità<br />

che si nutre della mancanza di grandi<br />

storie e di amore per il pensiero, a favore<br />

del minuscolo, del frammentato, del diario,<br />

della cronaca e dell’espressione di<br />

ciò che entro mi rugge (non so se nel<br />

testo si percepisce il rutto).<br />

Mi accorgo ora di avere citato almeno<br />

una volta sia il pensiero moderno che la<br />

modernità. Quindi, devo immediatamente<br />

sottrarre questa fantasia, quella<br />

del pensiero moderno e della modernità,<br />

a qualsiasi dimensione temporale per<br />

restituirla al suo valore psicologico. Non<br />

voglio dare aditi per speculazioni interessate<br />

sull’oggi. Per pensiero moderno,<br />

come per modernità, intendo infatti soltanto<br />

quella fantasia operativa (o, come<br />

si dice anche nella psichiatria francese:<br />

opératoire) che attraversa tutta la storia<br />

dell’uomo e per la quale l’uomo può<br />

vivere nell’astrazione anestetica di un<br />

presente che non conosce passato e<br />

quindi domani, e in cui quindi l’uomo<br />

non conosce l’anima se non come disturbo.<br />

I greci riferivano mitologicamente<br />

questa fantasia della modernità all’epoca<br />

buia dei titani. Moderni chiamavano<br />

se stessi gli uomini dell’alto medioevo.<br />

Moderni ci ha reso la realizzazione<br />

del paradiso in terra che, in forma materiale<br />

ci ha fornito il capitalismo, in forma<br />

morale, lo stalinismo. Una riflessione<br />

su cosa sia la fantasia della modernità,<br />

però, sarebbe davvero troppa lunga.<br />

Qui ci limiteremo a usare dunque la modernità<br />

e il pensiero moderno come quel<br />

tipo di fantasia che vede nell’anima e nei<br />

suoi prodotti, prodotti come la letteratura,<br />

qualcosa di malato e degenere.<br />

In questo senso i romanzi in tre righe di<br />

Fénéon sono del tutto malati e degeneri,<br />

dal momento che colpiscono nel cuore<br />

questo minuscolo, questo frammentato.<br />

Pubblicati anonimi su «Le Matin», e<br />

ritrovati solo dopo la scomparsa dello<br />

scrittore ed editore francese, questi<br />

romanzi composti di tre sole righe, a<br />

prima vista, non si distinguono perfettamente<br />

dalle brevissime degli altri giornali,<br />

piccole cronache del quotidiano in<br />

cui si dava voce a fatti indegni di nota, la<br />

cui fonte poteva essere del tutto distratta<br />

e che potevano essere lette senza impegno<br />

in poco tempo: parliamo, insomma,<br />

della premessa, nello specifico del<br />

-<br />

giornalismo contemporaneo, e, più in<br />

generale, del pensiero moderno. Ma Fénéon<br />

organizzava questo materiale dentro<br />

una struttura narrativa blindata (la<br />

prima riga per l’ambiente, la seconda<br />

per il fatto, la terza per il finale) e lo rivivificava<br />

in una lingua lucida e allucinata<br />

dove giocava l’imprevisto di una parola<br />

o di un aggettivo straniati, o collocati<br />

in maniera inaspettata. Insomma<br />

dava una sostanza patetica ed epica a<br />

storie che nascevano prive di tutto, e le<br />

caricava di una tensione pronta ad<br />

esplodere nell’ultima riga, quella fatale,<br />

quella in cui chiuso il fattarello insignificante,<br />

la bambina che cade dal treno, la<br />

madre che uccide il figlio, l’attentato<br />

anarchico, il furtarello, il giocatore di<br />

bocce che si perde o il bambino smarrito,<br />

partiva la grande storia.<br />

Nell’ultima riga il bambino scoppia in<br />

un enorme pianto e scatta la fantasia<br />

alla ricerca di tutti i motivi, di tutte le<br />

storie possibili che nascono o si concludono<br />

in questa disperazione; la vittima<br />

viene ritrovata sì morta, ma con centinaia<br />

di santini addosso: perché?; il giocatore<br />

di bocce cade, ma, nel finale il<br />

pallino prosegue la corsa (un modo tutto<br />

greco di dire cosa siamo, e di ricondurci<br />

al conosci te stesso); caduta dal treno, la<br />

bambina viene ritrovata a giocare coi<br />

FUOR ASSE<br />

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