FuoriAsse #18
Officina della cultura
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©Matt Black<br />
ziano del XVIII secolo): è così che Giovanni<br />
Giudici ha potuto parlare di poesia<br />
dell’ «Esistente totale». E questo potrebbe,<br />
se non spiegare, aiutare a capire (o<br />
forse a immaginare) perché egli giunga<br />
alla scrittura così tardi, a 62 anni: ancora<br />
Pirandello quindi, ancora il suo dilemma,<br />
risolto in una scansione tra il cronologico<br />
e il causale: prima si vive, poi (in<br />
conseguenza di ciò) si scrive. In casi di<br />
“anzianità” come questo infatti (altri casi<br />
si ritrovano in Lucio Piccolo o Wallace<br />
Stevens, e tra i prosatori in Gesualdo<br />
Bufalino) va subito chiarito un equivoco:<br />
si tratta di solito di autori con un laboratorio<br />
di scrittura pluridecennale alle spal -<br />
le, iniziato magari anche in giovane età:<br />
del resto il vero esordio, semiclandestino<br />
e raramente menzionato, dello stesso<br />
Cergoly risale al 1938 con Dentro de mi 4 ;<br />
si tratta di autori che decidono di privilegiare<br />
i significati denotativi dell’esisten -<br />
za rispetto a quelli più spiccatamente<br />
connotativi: così la pratica scrittoria<br />
diventa quasi vizio privato, o – direbbe<br />
Bufalino – vergogna giovanile, cui si può<br />
cedere definitivamente, quindi pubblicamente,<br />
solo da anziani, regolati certi<br />
conti esperienziali.<br />
Del sentimento sovranazionalistico mitteleuropeo<br />
si è detto, e di come viva<br />
inscenato da Trieste, conosciuta e “passeggiata”<br />
nella più sensibile topografia di<br />
sobborghi, ponti, caffè. Estrinsecazione e<br />
prosecuzione di Trieste è poi il mare: vissuto<br />
nella sua piena assimilazione vitalistica<br />
(«I capricci del mar / Xe i mi capricci»),<br />
testimone di una condizione di vita<br />
(«E me consolo / D’esser solo col mar»),<br />
invocato nella premonizione, intersecantesi<br />
con un augurio, di una «death by<br />
water» che, in una miscela tipicamente<br />
cergolyniana di malinconia e serenità,<br />
completi il ciclo naturale: «Morte mi ghe<br />
darò / Per acqua salsa». Così in questo<br />
Barnabooth tergestino (o Bernabooth come<br />
lui stesso scriverebbe) l’arcata metaforica<br />
mare-vita si è fatta evidenza di<br />
ragione poetica, prima in absentia, poi in<br />
praesentia: come il marinaio non abita la<br />
parola se non alla fine, solo «ancient» ha<br />
la facoltà – e l’urgenza – di narrare,<br />
perché la parola è simbolo di terra, così il<br />
triestino si è fatto poeta solo allora, una<br />
volta diventato idealmente marinaio a<br />
terra: «Girar el mondo / No me interessa<br />
più». Emblema ne è, come luogo dell’espe -<br />
rienza e della memoria, il portolano, sotto<br />
i cui auspici del resto Cergoly esordì:<br />
si tratta de Il portolano di Carolus, confluito<br />
poi come sezione in Latitudine<br />
nord.<br />
Su tutto si snoda il dialetto triestino, o<br />
meglio il lessico come si preferisce chiamarlo<br />
di volta in volta nei sottotitoli delle<br />
varie raccolte, distinzione soppesata nell’etimo,<br />
che ci svela come il primo sia<br />
medium preferenziale di attraversamenti,<br />
e perciò di momenti e sospensioni, il<br />
secondo invece sia definitore di stati, un<br />
fatto di langue. Ed è lingua portuale e<br />
4 C. CERGOLY, Dentro de mi, Trieste, Tipografia Fortuna, 1938.<br />
FUOR ASSE 20 Il rovescio e il diritto