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Gente di Fotografia n°61

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© Jacob Gils, LONDON #8, 2012<br />

non è soltanto sfocata, ma deliberatamente<br />

scomposta e ricomposta oltre la<br />

visione retinica. Non si può guardare<br />

un'immagine <strong>di</strong> Gils senza pensare che<br />

essa è una costruzione. Una costruzione<br />

<strong>di</strong> ciò che è oltre il visibile. La cabina<br />

telefonica <strong>di</strong> Londra, ma anche il cab<br />

lon<strong>di</strong>nese, permane nello sguardo in<br />

quanto persiste nella situazione, restando<br />

quella presenza che è in un lampo<br />

che trasforma continuamente la sua apparenza.<br />

Così sono anche gli alberi <strong>di</strong><br />

Lisbona che chiudono l'apparente movimento<br />

che eseguono in una scansione<br />

temporale più che spaziale.<br />

E qui è il punto: le immagini in movimento<br />

<strong>di</strong> Gils segnano un tempo più che<br />

uno spazio. L'illusione vorrebbe invitarci<br />

a perseguire nel tempo lo sguardo che<br />

abbiamo gettato sull'oggetto, come a<br />

<strong>di</strong>re: continua a guardare mentre l'oggetto<br />

persiste nel tempo. Così l'oggetto<br />

immobile e sempiterno (l'albero, vivente<br />

immoto per eccellenza), chiuso nella<br />

cornice dell'immagine fotografica, traspare<br />

ricomposto nel tempo, come se ne<br />

potessimo seguire la vita, cosa che non<br />

potremmo mai fare attraverso un'immagine<br />

del suo significato. Nel sogno vitalistico<br />

<strong>di</strong> Gils possiamo riconoscere l'attitu<strong>di</strong>ne<br />

ad andare oltre la mera chiarezza:<br />

questa ci farebbe vedere la cosa, mentre<br />

la fotografia risulta l'immagine <strong>di</strong> un lasso<br />

<strong>di</strong> tempo che solo la lunghezza <strong>di</strong> un<br />

film potrebbe consegnarci. Gli alberi <strong>di</strong><br />

Gils sono fermo-immagini più un'immaginaria<br />

sequenza: immagine-tempo.<br />

Un limite della sua fotografia? Non sappiamo<br />

se questo costituisce un limite, ma<br />

le sue fotografie <strong>di</strong> movimento sono circondate<br />

da un silenzio irreale. Come se<br />

lo scorrere della situazione fosse compiuto<br />

senza la complicità degli elementi naturali<br />

che avvolgono i suoi soggetti. Se la<br />

vita non può essere senza il movimento,<br />

così il movimento non può darsi senza<br />

il rumore, anche quello ottuso del click<br />

della macchina fotografica.<br />

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