completo marzo

La Toscana nuova - Anno 1- Numero 3- Marzo 2018 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 5905 del 6-2-2013 - Iscriz. Roc. 23227. E 1. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/F 

Andrea Stella 

La corte dei Sognanti

Sommario marzo 2018 

6 L’universo onirico di Andrea Stella in mostra alla Certosa del Galluzzo 

12 Al Palazzo Datini di Prato le opere pittoriche e grafiche di Paolo Calamai 

13 Sfaccettature fiorentine: lo Scoppio del Carro 

14 Cinquant’anni d’arte dello Studio 7 alla Casa di Dante 

16 Collezione Roberto Casamonti: capolavori del ‘900 a Bartolini Salimbeni 

18 Invito a Teatro: L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello al Reims di Firenze 

20 EG Gioielli: un’eccellenza toscana presentata a Shanghai 

23 Arte del vino: la Toscana si svela al mondo 

24 La Via degli Dei: un antico sentiero etrusco - romano tra Firenze e Bologna 

25 Fondazione Primo Conti, patrimonio di arte e cultura a Fiesole 

27 B&B Il Nido di Gabbiano: dove l’ospitalità è di casa 

29 Caseificio Berti: trent’anni di arte casearia in Mugello 

30 Famiglia Conti: fornai da due generazioni 

32 Mangiare e dormire a San Piero a Sieve 

34 Leda Giannoni: visita alla casa - studio della pittrice toscana 

36 La mostra di Andrea Marchesini al Florence Dance Center 

37 Storie dal mondo: Chefchaouen, la città marocchina patrimonio dell’UNESCO 

38 La retrospettiva dell’artista cileno Francesco Smythe a Palazzo Medici Riccardi 

39 A Viareggio un premio per vele storiche e automobili d’epoca 

42 A Villa Viviani per i settant’anni della Costituzione Italiana con il giurista Ugo De Siervo 

43 Marco Poggioni: viaggio fotografico nel cuore della natura 

44 Al MA-EC di Milano la personale del maestro Giuseppe Ciccia 

46 Alle Oblate di Firenze un ciclo di conferenze sulla bioetica 

48 Galleria degli Uffizi: inaugurato un nuovo percorso sulla pittura del ʼ600 

50 La premiazione del 53° Trofeo Cupolone 

51 Ritratti d’artista: Lorenzo Bonamassa, la pittura tra utopia e disincanto 

53 Il gastronomo Arkiwine racconta: la tradizione del prosciutto crudo toscano 

55 La scomparsa del celebre metereologo e climatologo Giampiero Maracchi 

56 All’Auditorium al Duomo il simposio internazionale Heritage for Planet Hearth 

58 Dimensione salute: intervista all’osteopata Stefano Masini 

60 Natura ed emozione nelle opere di Mauro Maris al Baraka Caffè di Firenze 

Periodico di attualità, arte e cultura 

La Nuova Toscana Edizioni 

di Fabrizio Borghini 

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50144 Firenze 

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Anno 1 - Numero 3 

Marzo 2018 

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La Toscana nuova - Periodico di attualità, 

arte e cultura 

Testi: 

Giorgia Armellini 

Paolo Bini 

Fabrizio Borghini 

Beatrice Botticelli 

Elena Capretti 

Carmen Cillo 


Luigi Del Fante 

Serena Gelli 

Enrico Guarnieri 

Elisabetta Mereu 

Stefano Pensotti 

Elena Maria Petrini 

Federica Petrolini 

Rita Pini 

Daniela Pronestì 

Gualtiero Risito 

Roberto Romoli 

Andrea Russo 

Barbara Santoro 

Renato Sferrazzo 

Gian Luca Spanu 

Michele Taccetti 

Anita Norcini Tosi 

Silvia Valmori 

Foto: 

Paolo Angelosanto 

Carlo Catanzaro 


Sofia Obracaj 

Stefano Pensotti 


Marco Poggioni 

Silvano Silvia 

Marco Trainotti 

Il quadro del 

Mese 

Trasgressione, acrilico su tela, cm 70x60, 2018 

Luciano Faggi 

4

La Maison GIULIACARLA CECCHI 

Presenta 

la nuovissima linea creata da Pola Cecchi 

Per vestire l’alta moda tutti i giorni 

LO SCRIGNO DI POLA 

COUTURE À PORTER 

Al piano terreno di via Jacopo da Diacceto 14 a Firenze 

(alla stazione di Santa Maria Novella dove passa la tramvia) 

In anteprima una mini collezione per l’autunno inverno 2018-19: 

abiti, capispalla, tailleurs, pelliccette e non solo. 

I modelli sono in edizione limitata e numerata, 

sempre fantasiosi, sempre artigianali 

I pezzi unici della collezione di Giuliacarla Cecchi 

sono visibili, previo appuntamento, al primo piano 

Atelier GIULIA CARLA CECCHI 

Via Jacopo da Diacceto, 14 - 50123 Firenze 

Showroom: Tel: 055284269 - Cell: 335437934 

Email: polacecchi@gmail.com

Firenze 

Mostre 

Andrea Stella 

L’universo onirico del celebre artista toscano in 

mostra alla Certosa del Galluzzo dal 24 marzo 

Presentate insieme ai quadri-scultura anche le nuove 

opere ispirate alle Muse 

di Barbara Santoro / foto courtesy dell’artista 

Conosco Andrea Stella ormai da 

diversi anni e più volte ho scritto 

di lui anche su questa rivista 

e sulla sua pittura “magica“, ma 

mai avrei pensato di trovarmi davanti 

a personaggi sapientemente agghindati, 

sagome rutilanti che ti guidano verso 

nuovi orizzonti. Chi sono? Muse? 

Artigiani di emozioni? Presenze ancestrali 

che escono dall’ombra? Figure 

mitologiche? O piuttosto quei “mìti” del 

cosiddetto discorso della montagna: 

«Beati i miti perché erediteranno la terra». 

Non certo mìti in quanto deboli o 

paurosi, ma piuttosto coloro che hanno 

fatto della mitezza e dell’equilibrio la 

propria forza. In un mondo in cui imperano 

violenza, sopraffazione, arroganza, 

i mìti lavorano per edificare una società 

più giusta e sincera, a misura d’uomo. 

I “Sognanti” evocati dal titolo si preparano 

a ricevere in eredità “quei cieli 

nuovi in terra nuova”; per questo sono 

presenti qui nel Monastero Certosino, 

edificato nel 1341 per volere di Niccolò 

Acciaiuoli, gran Siniscalco del Regno 

di Napoli e discendente di una delle più 

nobili famiglie fiorentine. Queste presenze 

arcane identificate nelle magnifiche 

figure scintillanti appaiono in primo 

piano con i corpi in vetroresina verniciati 

di nero o di blu e ti guidano verso 

nuovi orizzonti. Nessun riferimento 

verso il mondo circostante ma piuttosto 

al mondo interiore, quasi guide spirituali 

che con cadenze pacate ti stimolano 

verso quel luogo primordiale insito 

nell’essere umano. Le vesti cangianti, 

abilmente modellate con cotone grezzo 

reso sfolgorante dall’uso della foglia 

d’oro e da strati di vernici, danno a queste 

presenze un aspetto sacrale. La luce 

gioca sulla superficie materica creando 

bagliori e riflessi cangianti. Nessuno dei 

“Sognanti” è uguale all’altro, e tu li puoi 

immaginare come fate donatrici nella 

favola de La Bella Addormentata o quali 

divinità minori, figlie di Zeus, protettrici 

delle varie arti. Esiodo, nella sua Teogonia, 

le nomina senza specificare di quali 

arti sono protettrici né il loro numero. 

Andrea Stella invece ce ne fa vedere un 

certo numero, degne ospiti della grande 

sala della Certosa. Queste sono le sue 

compagne di viaggio abilmente guidate 

dai versi poetici di Carmen Cillo una 

giovane poetessa e filosofa discendente 

da quella Magna Grecia culla del sapere 

antico. Questa Corte dei Sognanti ci 

accoglierà dal 24 marzo fino al 1° maggio 

2018 e mi auguro che in molti si recheranno 

a scoprire questa magnifica 

esposizione. 

Andrea Stella nello studio 

6 ANDREA STELLA

Armonia del villaggio, tecnica mista, cm 170x120 

Senza la luce della ragione, un cuore 

é un cieco artista senza ispirazione. 

E allora Amore mise alla Saggezza 

un anello di fuoco, dalle fiamme fulgide, 

ma servì a poco: lei aveva dita gelide 

e d’una catena intera ci volle la saldezza. 

Carmen Cillo 

Andrea Stella 

La corte dei sognanti 

24 marzo - 1° maggio 

Inaugurazione 

sabato 24 marzo ore 16 

Palazzo Acciaiuoli 

Certosa del Galluzzo 

Via della Certosa 1, Firenze 

Orari: dal martedì alla domenica, 

10:30 - 12:30 / 15:30 - 18:30 

La Musa della Saggezza incontra la Musa dell’Amore, sculture in vetroresina 

ANDREA STELLA 7

Firenze 

Mostre 

Da San Martino a Bibbiano alla Certosa del Galluzzo 

di Elena Capretti 

Andrea Stella, insieme alla sua 

“corte dei sognanti”, è uscito 

dal suo studio nella ex-tinaia 

adiacente alla chiesa di San Martino a 

Bibbiano sulle dolci pendici della Valdisieve 

– una sorta di “buen retiro” dello 

spirito - ed è entrato in palazzo Acciaioli 

fra le mura della Certosa del Galluzzo. 

Due luoghi appartati, rifugio per l’animo 

e la mente dagli affanni del quotidiano. 

Nel mezzo rimane Firenze, traboccante 

di storia e bellezza, invasa dal turismo 

frenetico, dal traffico incessante, dalle 

contraddizioni proprie di una città antica 

e moderna al tempo stesso. Nelle 

sale austere del blocco pietroso di palazzo 

Acciaiuoli, l’arte di Andrea Stella 

si fa ancor più sfavillante di dorature, 

vibrante di colori, crepitante di materia. 

Dal legno al metallo, dalla tela al vetro, 

dalla preparazione a gesso alla stesura 

di reagenti, dalla sontuosa foglia d’oro 

zecchino alla seducente metamorfosi 

chimica: la religione del “fare” e del 

“saper fare”, una sapienza antica che 

affonda nella pratica plurisecolare delle 

botteghe fiorentine, governa la vocazione 

sperimentale dell’artista in un percorso 

manuale e interiore al tempo stesso 

che approda alle soglie dell’onirico. E 

della bottega medievale Andrea Stella 

ha la medesima inclinazione all’attività 

poliedrica, pittura e scultura, tessuto e 

tavola, intarsi e rilievi. Ma il percorso di 

Andrea Stella, che nella “corte dei sognanti” 

ha il suo più recente approdo, 

è denso di riferimenti, stimoli e suggestioni, 

per i quali qualsiasi tentativo di 

delimitazione storica e culturale risulta 

restrittivo e limitante. Qualche esempio, 

che sovviene immediato: la regale fissità 

dell’arte bizantina e delle icone ortodosse, 

il segno marcato e chiuso del 

filo di piombo nelle vetrate medievali, la 

stesura preziosa e piatta degli smalti, 

le architetture a guglie e pinnacoli delle 

cattedrali gotiche. Stella pare poi stendere 

un ponte ideale dall’antico al moderno 

volgendosi verso il cloisonnisme 

della Scuola di Pont-Aven, il variegato 

decorativismo simbolista di Gustav 

Klimt, le città silenti di Egon Schiele, la 

materia brutale di Alberto Burri, i sogni 

vagheggiati da Marc Chagall. Ma i confronti 

non paiono mai esaustivi e l’arte 

di Andrea Stella rivela un percorso tutto 

personale, una cifra distintiva e originale 

dalle infinite sfaccettature, sempre 

sorprendenti e in continua evoluzione, 

frutto di una ricerca instancabile. Protagoniste 

costanti delle opere di Stella sono 

figure allungate eteree e ascetiche, 

enigmatiche silhouette asessuate, che 

si insinuano silenti fra canneti a rilievo, 

erette su piccole imbarcazioni o poveri 

carri, pronte ad affrontare l’ignoto sullo 

sfondo di moderne città-fantasma. Paiono 

vagheggiare un mondo arcano che 

li sospinge in viaggio senza meta. Muse, 

fantasmi, ombre? Non è dato sapere. 

Sono presenze ineffabili di un sogno 

che si tramutano in forme tridimensionali 

in manichini avvolti da panni seducenti 

in infinite nuances colorate o nelle 

scabre forme plastiche in ferro. Paiono 

fluttuare estranee e incredule nello 

spazio ampio e suggestivo di Palazzo 

Acciauioli e si confrontano in un contrasto 

acceso e dialettico con i personaggi 

inquieti delle Storie della Passione di 

Cristo, affrescate da Jacopo Pontormo 

Il ritorno dei pescatori, tecnica mista, cm 170x130 

cinque secoli fa. Era il 1523, quando Jacopo 

– di vocazione inquieta e solitaria 

– giunse alle porte della Certosa per trovarvi 

ospitalità, in fuga da Firenze, dove 

la peste seminava morte e disperazione. 

Sulle pareti del chiostro – ascetico 

“hortus conclusus” contro i mali del 

mondo - dipinse il dramma della morte 

e della resurrezione di Cristo, ispirato 

da profonde riflessioni sul tema della 

Redenzione condivise con i certosini e 

dalle suggestioni derivate dai fogli con 

le xilografie di Albrecht Dürer. In una 

spazialità compressa e lacerata da fasci 

luminosi trascendentali, si muovono 

lentamente i protagonisti degli affreschi: 

figure allungate e distorte, avvolte 

da colori caleidoscopici, in un tempo 

che pare sospeso. Al dramma lacerante 

delle Storie di Pontormo, rispondono 

oggi le forme lussureggianti e artificiose 

delle opere di Stella, espressione di 

un viaggio dello spirito, talvolta luminoso 

e entusiasta, talaltra lacerato dal rovello 

interiore, in una tensione costante 

e pervicace verso la pace dell’anima. 

8 ANDREA STELLA

Firenze 

Mostre 

L’arte come pura ed autentica emozione 

di Carmen Cillo 

Il borgo dei poeti, tecnica mista, cm 140x120 

Promettimi un sogno, tecnica mista, cm 155x120 

La luce fulgida del genio creativo 

di Stella fa di ogni opera un gioco 

incantevole di bagliori, riflessi 

e riflessioni. Immagini dall’immensurabile 

valore conoscitivo, dall’impatto visivo 

di straordinaria efficacia, sono tesori 

da cui farsi conquistare, mezzi per viaggi 

in dimensioni remote e misteriose del nostro 

essere. Materiali capaci di raccontare 

storie, accostati con la sapienza del cuore, 

per un’arte che si fa scienza, poiché fonte 

d’ispirazione, di meditazioni profonde, rivelatrice 

di verità nuove. Figure stilizzate 

veicolano un messaggio di ritorno all’essenziale, 

ritorno alle origini, ad una vita 

senza orpelli, di pura autentica emozione, 

una ritrovata simbiosi con il paesaggio 

e la natura, un distacco dalla fredda ed 

asettica virtualità, in cui fuggiamo rinnegando 

il magnifico mondo che non sappiamo 

più apprezzare. Un rinascimento 

dello spirito, una ripesca di sogni perduti, 

una riformulazione del modo d’intendere il 

rapporto soggetto-oggetto. L’arte di Stella 

punta sulla meraviglia, sul risveglio di un 

sentimento pieno di stupore che ci faccia 

innamorare di nuovo della realtà, intesa 

soprattutto nella sua fisicità: è il materiale 

assoluto protagonista. La scelta sublime 

di geometrizzare scenari e personaggi, è 

dettata dallo stesso nobile intento: oggetto 

della scienza della geometria è la relazione 

tra lo spazio e figure, tesa a ricondurci 

ad un riprendere in seria considerazione 

il nostro rapporto con la spazialità, il nostro 

essere corpi estesi, il nostro farne 

parte e quindi a risvegliare il nostro senso 

di responsabilità nei confronti di ciò 

che ci circonda. C’è tanto amore nella cura 

minuziosa del più piccolo dettaglio, un 

pari intendere parte e tutto, particolare e 

generale, una scelta anche questa figlia 

di una logica volenterosa di richiamare le 

coscienze degli osservatori al prestare attenzione, 

al considerare ogni sfaccettature 

del reale, a comprenderne le intrinseche 

strutture. Il mondo delle opere di Stella è 

permeato da una calma consolatoria, è un 

rifugio dal tempo, un posto felice in cui ritrovare 

le vecchie versioni di sé, in cui trovare 

ogni risposta ad ogni domanda, un 

polo di unificazione di convenzioni, di 

emozioni ragionate e ragionamenti sentiti; 

un posto in cui la semplicità è espressa 

in ogni suo complicato punto di vista 

e trova convergenza con la bellezza, la 

grandezza, la magnificenza, la ricchezza 

dell’oro, la sobrietà delle linee, l’eccentricità 

dei contrasti cromatici e la profondità 

delle scene. Emblema della semplicità 

così intesa, è il fiore, miracolo della natura, 

rappresentato da Stella in molte opere 

con una corolla di quattro delicati petali 

in cui ogni osservatore può specchiarsi 

e riconoscere la sua fragilità e la sua forza. 

Ogni fiore, ognuno di noi, ha bisogno 

per vivere dell’arte, che è un’acqua fresca 

e di scienza, che è una luce. Stella, rendendo 

speculari e complementari arte e scienza, 

si prende cura di ogni fiore al meglio, 

offrendoci il suo sentire, il suo genio ed il 

suo immenso talento. 

ANDREA STELLA 9

Firenze 

Mostre 

Andrea Stella, tessitore di sogni 

di Daniela Pronestì 

Uno scrittore che volesse trasporre 

in racconto le opere di 

Andrea Stella, dovrebbe possedere 

doti immaginative non comuni, 

conoscere miti classici e antiche 

leggende, avere familiarità con la narrazione 

del fantastico. Se questo non 

bastasse, potrebbe chiedere alle muse 

di ispirarlo; non quelle invocate dagli 

autori dei poemi antichi e spesso 

rappresentate con vesti vaporose e corone 

d’alloro, ma le ancestrali creature 

venute dall’universo “stelliano” a coronare 

questa mostra. Le abbiamo già viste 

stagliarsi sui fondali dorati, intente 

ad intonare un canto antico o celebrare 

rituali segreti. Le ritroviamo adesso, vestali 

del mistero, guide luminose di un 

mondo, quello da cui provengono, senza 

né inizio né fine, eternamente immutabile. 

Pur avendo fattezze umane, i loro 

corpi parlano dell’eterno; evocano il segreto 

della roccia, la saggezza del metallo, 

l’ostinazione della materia in lotta 

contro il tempo. La tela dipinta diviene 

abito che le ricopre, formando pieghe o 

dividendosi in frammenti, come sfaccettature 

molteplici di un solo corpo. Così 

le ha immaginate Andrea Stella, con la 

visionarietà propria di un abile tessitore 

di sogni; il quale però alla vaghezza della 

figurazione onirica affianca da sempre 

il pragmatismo di una connaturata vocazione 

materica. Più volte la critica lo ha 

giustamente definito trasformatore “alchemico” 

di materiali e sostanze, evidenziando 

dunque le prerogative di un 

processo artistico centrato sulla fattualità 

manuale. Aspetto, quest’ultimo, nel 

quale si profila il carattere di un primitivismo 

sui generis, solo in parte debitore 

delle esperienze novecentesche e permeato 

invece di ascendenze arcaiche e 

bizantine. Di matrice senz’altro moderna 

è la tendenza ad operare una contaminazione 

tra generi, trasformando le tele 

in abiti e i quadri in bassorilievi. In entrambi 

i casi, l’elemento materico diventa 

trascrizione plastica di uno spessore 

immaginativo, di un contenuto poetico 

impresso nelle variazioni cromatico 

- strutturali dell’opera. Per quanto pensate 

come abiti, le tele assumono, infatti, 

l’aspetto di un intonaco logorato dai 

secoli, di un relitto restituito al presente 

da un’epoca dimenticata. Allo stesso 

modo nei quadri - scultura la materia 

tende ad ordinarsi in precise immagini, 

dove forme campite, nervature grafiche 

e rilievi oscillano tra virtualità spaziale e 

realtà bidimensionale. Una sfuggente alchimia 

di significati e allusioni proviene 

da queste superfici, con la complicità 

di continui trapassi luminosi - dall’oro 

all’argento, dalle tinte piatte al baluginio 

madreperlaceo - e variazioni di spessore, 

talvolta minime come uno stiacciato. 

Nonostante Stella ci abbia ormai abituati 

alla cristallina impeccabilità del suo modus 

operandi, si rimane sempre affascinati 

dall’equilibrio compositivo di queste 

realizzazioni. Un equilibrio raggiunto lavorando 

per addizioni materiche, per 

inedite sovrapposizioni di rapporti armonici 

e dunque per strati; i quali però 

Borghi dimenticati, tecnica mista, cm 100x120 

Una sera in giardino con te, tecnica mista, cm 100x120 

10 ANDREA STELLA

Firenze 

Mostre 

Portatrice di doni, tecnica mista, cm 170x120 

Dietro i cannicci sull’Arno, tecnica mista, cm 100x120 

non si sommano gli uni agli altri, ma 

descrivono una trama molteplice, a 

più livelli, dove colore, segno e materia 

formano un’unità inscindibile. Basti 

considerare come questi tre elementi 

concorrano in egual misura 

a “disegnare” lo spazio, partendo 

dalla superficie, dove 

si compiono incessanti metamorfosi 

grafiche e cromatiche, 

ed arrivando alle forme 

più sporgenti, non senza 

passare attraverso stadi intermedi 

di altri materiali. 

Considerando, invece, il modo 

diverso in cui questi elementi 

riflettono o assorbono 

la luce, sembra quasi che il 

principale intento dell’artista 

sia far convivere nell’opera 

forze luminose di varia intensità. 

Del resto, proprio dalla 

luce scaturisce la magia di 

questo mondo caleidoscopico, 

dove le città crescono dai 

sogni di coloro che le abitano. 

Figure dai contorni incerti 

e sottilmente modulati 

vagano in questi spazi senza 

tempo, tra orizzonti d’oro 

e cattedrali di cristallo. Non 

L’arte dei tintori, tecnica mista, cm 160x110 

sappiamo se appartengano ad una civiltà 

perduta o siano invece divinità di un 

altrove irraggiungibile. Una cosa è certa, 

sottolinea l’artista: vengono prima e 

dopo di noi. Proprio per questo forse interpretano 

l’aspirazione all’eterno insita 

nell’uomo. Un desiderio che solo nell’arte 

si realizza, per chi, come Andrea Stella, 

sfida il tempo navigando leggero su 

vapori di cometa. 

ANDREA STELLA 11

Ritratti 

d’artista 

Paolo Calamai 

Il pittore, grafico, incisore, poeta e giornalista 

pratese protagonista della mostra Artisti a Prato 

che si aprirà il prossimo 24 marzo a Palazzo Datini 

di Fabrizio Borghini / foto courtesy dell’artista 

Fin dalla mostra del debutto, tenuta 

a Firenze nel 1958, l’arte di 

Paolo Calamai si è naturalmente 

indirizzata verso le tematiche a lui più 

vicine e congeniali: la denuncia del degrado 

morale e ambientale, l’impegno 

sociale, civile e politico, il disagio mentale, 

la solidarietà verso gli emarginati e 

le fasce più deboli della società in particolare 

gli anziani e la donna. Temi così 

scottanti e drammatici non potevano 

che indurre Calamai ad una chiave interpretativa 

di taglio espressionista popolata 

di allegorie, metafore e simboli, 

che gli consentisse di sintonizzarsi con 

le battaglie contro le guerre, la droga, la 

fame nel mondo. Per altri versi, quando 

ha intrapreso da novello don Chisciotte 

vere e proprie crociate contro gli abusi 

e la degenerazione del potere politico, 

ha declinato verso la grafica e l’illustrazione 

per realizzare vignette al vetriolo 

spesso raccolte in corrosivi pamphlet. 

Paolo non si è limitato a manifestare 

questo impegno solo a livello artistico 

ma si è calato nella realtà quotidiana dei 

suoi tempi, soprattutto nel contesto della 

sua città che lo ha visto per oltre 60 

anni protagonista della scena culturale 

come curatore di mostre e collaboratore 

di riviste d’arte e non solo, organizzatore 

di manifestazioni culturali, ma 

– spinto dal suo irrefrenabile entusiasta 

attivismo - anche in veste di segretario 

della sezione pratese della Federazione 

Nazionale Artisti dal 1960 al 1995 e direttore 

della Galleria degli Artisti e del 

Centro Studi Arti Visive di Prato. I molteplici 

impegni non gli hanno impedito 

di tenere tantissime mostre personali, 

soprattutto a Prato, ma anche a Milano, 

Firenze, Montecatini, Pistoia, Bologna, 

Rieti, Frascati e Viterbo. Ha intrattenuto 

duraturi e proficui rapporti artistici e 

Paolo Calamai 

amichevoli con esponenti di risalto del 

mondo dell’arte e della cultura fra i quali 

Rinaldo Frank Burattin, Tosco Andreini, 

Giorgio Saviane, don Giuseppe Billi, 

Giuseppe Vannucchi, Franco Riccomini 

e numerosi altri. 

paolo.calamai1@gmail.com 

Attesa: la famiglia, acrilico su tela, cm 40x50 

Omaggio a Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, acrilico su tela, cm 40x50 

12 PAOLO CALAMAI

A cura di 

Giorgia Armellini 

Sfaccettature 

Fiorentine 

Storie di pazzi e di crociate: lo Scoppio del Carro 

La mattina di Pasqua, di fronte alla 

facciata di Santa Maria del Fiore, ha 

luogo la tradizionale cerimonia dello 

Scoppio del Carro, che affonda le sue 

radici nei lontani tempi della prima Crociata. 

Nell’anno 1097, a Firenze, il vescovo 

Ranieri avvalendosi di esaltanti prediche, 

entusiasmò così tanto i suoi concittadini 

che 2500 partirono al seguito di Pazzino 

de’ Pazzi per unirsi all’esercito cristiano del 

duca Goffredo di Buglione nella lotta contro 

gli infedeli. Il 15 luglio del 1099 Gerusalemme 

venne espugnata e secondo la 

tradizione fu proprio Pazzino de’ Pazzi a 

salire per primo sulle mura della città santa 

dove pose l’insegna bianca e vermiglia 

dei Crociati. Per questo atto di valore, Goffredo 

di Buglione donò al nobile fiorentino 

tre pietre del Santo Sepolcro. Rientrato 

a Firenze il 16 luglio del 1101, il valoroso 

capitano, accolto con solenni onori, decise 

di conservare le sacre schegge prima 

nella chiesa di Santa Maria Sopra Porta in 

Mercato Nuovo, poi nell’adiacente chiesa 

di San Biagio e di utilizzarle durante le celebrazioni 

pasquali. A Firenze, infatti, il Venerdì 

Santo era usanza spegnere tutte le 

candele della città per riaccenderle la Domenica 

di Pasqua usando dei tizzoni presi 

da fuochi accesi nella cattedrale. Da 

quel momento si decise che il fuoco santo 

sarebbe stato acceso con le tre pietre 

provenienti dalla Terra Santa. Ai Pazzi l’onere 

e l’onore di riceverlo per primi e di 

distribuirlo a tutti i concittadini. Con l’andare 

del tempo la festa assunse sempre 

più importanza tanto che la famiglia fiorentina 

introdusse l’usanza di trasportare 

il fuoco benedetto con un carro dove, su 

un tripode, ardevano i carboni ardenti. Il 

carro era inizialmente molto semplice ed 

a causa delle deflagrazioni e delle vampate 

che sopportava ogni anno, a cerimonia 

avvenuta, doveva essere quasi del tutto ripristinato. 

Sembrò quindi giusto ai Pazzi 

allestirne uno molto più imponente e solido 

che dovesse durare per sempre. Fu 

pertanto costruito un grande carro a tre 

piani, che da secoli, se pur più volte restaurato 

(anche dopo l’alluvione del 1966) 

gode di ottima salute. Oggi lo Scoppio del 

Carro segue le stesse procedure introdotte 

nel Cinquecento, quando il “Brindellone” 

così amorevolmente chiamato dai fiorentini, 

fu dotato di fuochi d’artificio e della colombina, 

il razzo dal cui volo si traggono 

auspici per il proseguo dell’anno. Si badi 

bene: questa non è una formale cerimonia 

della vita di altri tempi destinata ad interessare 

soltanto i turisti, ma è viceversa 

una manifestazione genuina e molto sentita 

nell’animo popolare dei fiorentini. 

Una storia di denuncia: la Madonna del Puzzo 

Non si finisce mai di scoprire Firenze. 

Curiosità ce ne sono tante. 

Come la Madonna del Puzzo, 

degna effige della Firenze d’Oltrarno che 

si dibatte, quando ne è capace, tra alta 

e bassa cultura. La Madonna l’abbiamo 

vista rappresentata in tante maniere: 

con Gesù, l’arcangelo o in compagnia 

dei santi, in una povera capanna o su 

di un trono fastoso, felice o disperata, 

ma scommetto che non avete mai visto 

una Madonna che si tappa il naso. 

Ecco basta dirigersi in Borgo San Jacopo 

per ovviare a questa mancanza. Il 

busto della Madonna in terracotta che 

vedrete, visibilmente schifata intenta a 

tapparsi con due dita l’immacolato nasino, 

è opera dell’irriverente e geniale 

artista Mario Mariotti (1936-1997). Sul 

finire degli anni ‘80 lo scultore, stufo di 

sentire un gran puzzo di pipì nel quartiere 

dove aveva lo studio, decise di fare 

qualcosa. Così scolpì Madonna del 

Puzzo e la piazzò in una nicchia all’angolo 

con via Toscanella sperando di allontanare 

quei maleducati in cerca di 

un bagno all’aria aperta. L’opera, però, 

non riusci nel suo scopo, anzi la cosa 

paradossale è che la municipalità fiorentina 

piazzò lì davanti dei cassonetti 

dell’immondizia, dando un motivo in 

più alla povera Madonna di tapparsi il 

naso. Difronte all’incuria e al degrado 

di quel delizioso incrocio di stradine 

medievali, dove ancora sopravvivono 

case-torri d’epoca, l’unica rivincita che 

possiamo prenderci sta nel senso civico 

degli abitanti che hanno sempre 

amato Mario Mariotti e la sua Madonna 

del Puzzo. 

SFACCETTATURE FIORENTINE 13

Firenze 

Mostre 

Cinquant’anni d’arte 

con lo Studio 7 

Dal 24 marzo al 5 aprile una mostra alla Casa di Dante celebra 

l’anniversario dello storico gruppo nato a Firenze nel 1968 

di Enrico Guarnieri, presidente dello Studio 7 

14 STUDIO 7 

Noi dello Studio 7, per festeggiare il 

cinquantesimo anniversario della 

fondazione, non potevamo scegliere 

luogo più emblematico e caratterizzante 

della Casa di Dante, gestito dalla Società 

delle Belle Arti Circolo degli Artisti. Questa 

associazione, dalla lunga e prestigiosa storia, 

ha sede nel cuore medioevale di Firenze. 

Anche la storia dello Studio 7 è strettamente 

legata alla città del giglio, perché l’associazione 

prese vita nel 1968 in via Stradella 

e perciò, proprio nella città natale, era doveroso 

festeggiare un evento così importante. 

Lo Studio 7 è un amalgamato gruppo 

artistico-culturale che, fin dalle origini, si è 

contraddistinto per il numero limitato degli 

iscritti. Questa precisa scelta non fu fatta 

per snobismo o spirito elitario, ma per 

creare quella familiarità e quell’agio fra i soci, 

humus necessario per far crescere intellettualmente 

e artisticamente ogni singolo 

componente. La nostra più che un’associazione 

è un gruppo di amici che trovano 

la loro sublimazione nell’arte, attraverso 

la quale cercano di enunciare le loro idee e 

veicolare le loro emozioni. Questa sinergia 

si è concretizzata in numerose esposizioni, 

coinvolgenti estemporanee ed esaltanti 

lavori in comune come la realizzazione degli 

arredi sacri della Cappellina di Capalle. Il 

gruppo non ha mai perso il suo spirito aggregante 

e ha cercato di mantenere costante 

nel tempo la sua operosità, anche se negli 

ultimi tre anni abbiamo dovuto piangere la 

perdita degli amici Mario Cenni e Raul Ceville. 

In questa collettiva, allestita per l’occasione, 

presentiamo una selezionata serie di 

opere e spero che questa mostra risulti ben 

amalgamata e degna di attenzione. Gli artisti 

presenti hanno il loro comune denominatore 

nella rappresentazione delle pulsioni 

umane, interpretate secondo l’introspezione 

personale. Ognuno di loro, qui trova la 

sua dimensione, proprio come una nota su 

un pentagramma che apportando il proprio 

tono e valore contribuisce a formare la sinfonia. 

Si possono osservare: il profondo 

e stigmatizzante simbolismo di Giovanni 

Mazzi; le scenografiche e articolate composizioni 

di Federica Petrolini; le magiche e 

metafisiche atmosfere di Gualtiero Risito; le 

Giovanni Mazzi 

di Silvia Valmori 

E all’improvviso l’idolo, pastello 

ad olio e acrilico su tela, cm 

105x100, 2018 

Il Mostro, legno e radice su legno, cm 

45x80x20, 2017 

metaforiche e graffianti denunce di Roberto 

Romoli; l’amore per il legno portato alla 

sacralità di Renato Sferrazzo e le labirintiche 

scritture dei banaker di Gian Luca Spanu. 

La figura umana è il suo principale 

elemento di espressione ed egli 

la rappresenta in modo primitivo 

ed essenziale, senza bisogno della mimesi 

al vero per comunicare. L’uomo raffigurato 

dall’artista non è un eroe, ma una persona 

comune, uno di noi, che vive le difficoltà, le 

preoccupazioni, le incertezze e le inquietudini 

dell’epoca contemporanea. I corpi sono 

spesso nudi, con le proprie fragilità e privi 

di un vestito che li identifichi o che li rappresenti. 

Le figure vengono realizzate con 

distorsioni e mutamenti, utili a far risaltare 

le sensazioni che l’autore vuole trasmettere. 

Le mani sono considerate un elemento 

essenziale d’espressione. Effettivamente, 

ognuno di noi, quando parla, tende a gesticolare, 

utilizzando le proprie mani per dare 

enfasi a ciò che sta dicendo. L’autore ama 

rappresentare mani molto grandi, proprio 

perché aiutano a trasmettere le emozioni. 

Il collo, in molte opere, è lungo, sproporzionato, 

quasi raffigurato come una colonna 

portante che sorregge la parte più nobile 

del nostro corpo: la testa. I volti sono spesso 

privi della bocca, ma nonostante questo, 

parlano. I suoi visi stilizzati sono molto 

emotivi. L’uomo raccontato recentemente 

da Giovanni Mazzi, è in trasformazione, 

cerca di staccarsi da un passato che lo imprigiona, 

prova ad uscire dai propri confini, 

trova uno slancio verso nuove prospettive. 

Credo che l’essere umano non sia 

un contenitore da riempire di sapere, 

ma da scoperchiare e lasciare 

che sia il sapere che è già dentro di lui 

a venire fuori. Siamo tutti degli artisti? Secondo 

me sì. Ognuno troverà una modalità 

e un momento idonei per esprimersi. C’è 

chi diventerà un pittore, chi uno scultore o 

chi, perché no, un bravissimo ARTigiano. 

La condizione base è che chi guarda abbia 

la disponibilità a lasciare che l’altro sia, 

non solo un artista, ma anche fonte di conoscenza 

di noi stessi attraverso l’analisi 

delle emozioni e dei sentimenti che le sue 

opere ci suscitano dentro, mediante un lavoro 

introspettivo. (Renato Sferrazzo)

Libertà di Donna, tecnica mista, 

cm 60x40x86, 2018 

La mia arte nasce dal mare d’inverno: 

passeggio sulla spiaggia disseminata 

di rami contorti e mi sembra di 

Libero, acrilico e olio su tela, cm 60x90, 2017 

L’occhio è lo specchio dell’anima: 

amplifica sensazioni e stati 

d’animo che a volte non sappiamo 

dominare e ci permette di trasmettere 

e ricevere ciò che vale più di una 

parola; percepiamo immagini che si 

trasformano in emozioni, cercando poi 

Banaker n°44, acrilico su tela, cm 40x41, 2016 

profanare un cimitero di ossa spezzate agli 

alberi da tempeste e vento. Trascinati e abbandonati 

dalle mareggiate, quei rami-ossa 

sembrano rimanere in quel luogo ad aspettare 

che qualcuno li raccolga. Allora ho 

avuto l’idea di ricomporre quelle “ossa” in 

corpi, forme, sculture dando ad esse la possibilità 

di continuare a mostrare la loro bellezza 

naturale e dando loro una nuova vita, 

un nuovo scopo, un nuovo significato. Tra 

questi “nuovi” rami ci sono le Dame: donne 

che cercano di liberarsi da stereotipi dettati 

dalla storia, dalla religione, dalla psicologia 

dell’essere umano, per ritornare ad uno stato 

di libertà che nasce con noi ed è generato 

dalla nostra vera natura. (Federica Petrolini) 

di concretizzarle, anche in 

un modo diverso dalla realtà. 

L’arte, quindi, è quella 

strada infinita che rappresenta 

l’eterna sfida nella ricerca 

di fare conoscere e 

trasmettere i nostri sentimenti 

e le nostre più nascoste 

emotività. Così anch’io 

provo sempre qualcosa di 

irrefrenabile “volando” nel 

mio mondo fantastico, pur 

sapendo che vi è quell’orizzonte, 

quella linea misteriosa così 

infinita, dove al di là esiste ciò che ci 

può servire per tentare di arrivare alla 

conoscenza di quella linfa che ci aiuta 

a realizzare i nostri sogni con passione, 

con gioia ed anche con sofferenza. 

(Gualtiero Risito) 

Il disegno, la pittura e la scultura sono 

le mie forme di comunicazione 

con il mondo: mi permettono di 

esprimere le mie emozioni e i miei stati 

d’animo o semplicemente rappresentare 

quello che mi colpisce. Rappresentano 

un bisogno fisiologico irrinunciabile 

e mi galvanizza l’idea di non sapere quale 

sarà il risultato finale e quali sensazioni 

potrà suscitare il mio lavoro nel 

fruitore. Nei miei quadri astratti, che ho 

chiamato Banaker, non c’è un progetto 

predefinito: tutto il processo creativo 

è molto istintivo e legato alle sensazioni 

che provo in quel momento. Banaker 

è la sintesi di due parole: banalità e kermesse. 

(Gian Luca Spanu) 

In cammino, tempera acrilica, cm 100x100, 

2017 

Negli anni Sessanta ho frequentato la 

Piccola Accademia di Pittura e insieme 

ad altri artisti ho fondato lo 

Studio 7 Gruppo d’Arte. Questa esperienza 

è stata fondamentale per la mia formazione 

pittorica e culturale; mi ha permesso di apprendere 

i concetti di Idea e di Forma, cioè 

trasformazione del pensiero in concretezza 

pittorica, un modo per esprimere e comunicare 

il proprio pensiero attraverso forma e 

colore. La mia pittura tende ad essere un’espressione 

surreale e simbolica, dove il pensiero 

va al di là della realtà, dando vita ad una 

concettualità creativa, espressione del mio 

percorso di vita. In essa avvengono riflessioni 

che mi portano a staccarmi dal reale 

con fragili bolle di sapone oppure a volteggiare 

con i palloncini nel mio mondo utopico, 

per poi tristemente tornare alla realtà 

quotidiana, dove tutto corre freneticamente 

e ti sfugge di mano. Le mie tele trasudano 

di emozioni utopiche ma tali espressioni 

vivranno sempre in me, fino a che l’uomo 

non prenderà conoscenza della sua crudeltà 

e della sua ipocrisia, con la speranza che si 

possano creare i presupposti di un mondo 

più libero, sereno e socialmente equo. 

(Roberto Romoli) 

Mostra di Arti Visive - Studio 7 

Opere di Giovanni Mazzi, Federica Petrolini, 

Gualtiero Risito, Roberto Romoli, Renato Sferrazzo 

e Gianluca Spanu 

24 marzo - 5 aprile 

Circolo degli Artisti Casa di Dante 

Via Santa Margherita 1, Firenze 

Inaugurazione sabato 24 marzo ore 17 

Orari: 10:00 - 12:00 / 16:00 - 19:00; 

chiuso lunedì 

La mostra è patrocinata dal Comune di Firenze 

STUDIO 7 

15

Firenze 

Mostre 

Collezione Roberto Casamonti 

Da fine marzo sarà esposta in permanenza a Palazzo 

Bartolini Salimbeni nel cuore del centro storico fiorentino 

Un’eccellente raccolta di opere dalla fine dell’Ottocento ad oggi 

collezionate negli anni dal fondatore della nota galleria Tornabuoni Arte 

di Barbara Santoro / foto courtesy Collezioni Casamonti 

Spesso si sente dire che il mecenatismo 

è morto, che non esistono 

più i grandi collezionisti di un 

tempo, ma Roberto Casamonti, titolare 

della famosa galleria Tornabuoni Arte 

e acuto collezionista d’arte moderna e 

contemporanea, ci smentisce. Le sculture 

e i dipinti raccolti con grande passione 

in tanti anni di professione, esposti 

nelle sue gallerie che hanno sede a Firenze, 

Milano, Forte dei Marmi, Parigi, 

Londra e a Crans-Montana in Svizzera, 

sono stati selezionati in una raccolta stabile 

che sarà visibile dalla fine di marzo 

nel Palazzo Bartolini Salimbeni. Lo storico 

palazzo è posizionato sull’asse che 

congiunge piazza Santa Trinità con l’elegante 

via de’ Tornabuoni. Il primo piano 

di questo capolavoro dell’architettura, 

progettato da Baccio d’Agnolo (1462 

-1543) e dimora accogliente per ospiti 

illustri come Gabriele D’Annunzio, è 

ora sede della magnifica collezione Roberto 

Casamonti. Per la gestione della 

raccolta è stata creata un’associazione 

culturale che permetterà al pubblico di 

visitare gratuitamente questa “antologia 

del cuore”, come definita dallo stesso 

Casamonti. La direzione è stata affidata 

a Sonia Zampini, storica dell’arte, mentre 

il curatore scientifico è Bruno Corà, 

che per lungo tempo ha seguito e approvato 

le scelte dell’amico. Egli ci ha riferito: 

«La scelta di offrire questa collezione 

ai fiorentini e ai turisti esprime, come un 

autentico gesto mecenatizio, l’atto di riconoscenza 

di un cultore appassionato 

d’arte per la città che lo ha seguito nel 

corso della sua attività professionale e 

della sua stessa vita». La raccolta si divide 

in due sezioni: la prima comprende 

opere di artisti dalla fine dell’800 fino 

al 1960 (Fattori, Boldini, Balla, Viani, Sironi, 

Severini, Marini, Morandi, De Chirico, 

Casorati, Savinio, Magnelli, Licini, 

Picasso, Klee, Leger, Chagall, Max Ernst, 

Chaim Soutine e Kandinskij); la seconda 

ospita opere che vanno dal 1960 ai giorni 

nostri (Hans Hartung, Jean Fautrier, 

Marino Marini, Matta, Dorazio, Carla Accardi, 

Afro, Vedova, Capogrossi, Burri, 

Il cortile del Palazzo Bartolini Salimbeni dove da fine marzo sarà esposta in permanenza la Collezione Casamonti 

16 ROBERTO CASAMONTI

Fontana, Klein, Castellani, Manzoni ed 

altri). All’ingresso del palazzo due straordinarie 

sculture accolgono i visitatori: 

una è di Arnaldo Pomodoro, l’altra di 

Giorgio De Chirico. Alla fine della galleria, 

in una bella stanza si trova il bookshop, 

con cartoline, stampe, libri e 

gadget curiosi che i visitatori possono 

acquistare come ricordo della visita. Roberto 

Casamonti, uomo elegante e raffinato, 

con gli occhiali di tartaruga chiari 

ed il volto sorridente ci dice: «Ho pensato 

di condividere questa mia collezione 

con molti altri perché fortemente convinto 

del potenziale educativo dell’arte, 

in grado di strutturare ed educare il pensiero, 

l’animo e la consistenza del nostro 

vivere». Magnifiche parole che ci fanno 

capire come il mecenatismo sia ancora 

vivissimo. Sono certa che i fiorentini sapranno 

apprezzare questa generosità e 

saranno molti coloro che varcheranno la 

soglia di questo palazzo, a proposito del 

quale vale la pena ricordare la curiosa 

storia della famiglia che ne fu proprietaria. 

Si racconta che all’origine della favolosa 

ricchezza dei Bartolini Salimbeni ci 

sia l’astuzia di uno dei suoi membri: Benuccio 

di Giovanni Salimbeni che, venuto 

a conoscenza dell’imminente arrivo in 

città di un prezioso carico di merce, riuscì 

ad accaparrarselo con uno stratagemma. 

La sera precedente all’arrivo 

del succulento bottino, i concorrenti furono 

invitati ad un sontuoso banchetto, 

durante il quale fu versato loro del vino 

oppiato. La mattina seguente, mentre i 

mercanti avversari ancora dormivano, il 

furbo uomo d’affari riuscì ad acquistare 

tutto l’intero carico, facendo così la fortuna 

della famiglia. Per questo il motto 

“per non dormir” e il cerchio con i tre papaveri 

sono presenti nello stemma della 

famiglia e nei beccatelli che sorreggono 

la facciata. 

Giacomo Balla,Idealfiamma, olio su tela, cm 77x77, 1929 

Palazzo Bartolini Salimbeni 

Piazza di Santa Trinita 1 

50123 Firenze 

www.collezionecasamonti.com 

prenotazioni@collezionerobertocasamonti.com 

info@collezionerobertocasamonti.com 

+ 39 055.602030 

Orari: mercoledì, giovedì, venerdì, 

sabato, domenica dalle 11:30 alle 

19:00; chiusura biglietteria ore 18.30 

Giorgio De Chirico, Ettore e Andromaca, olio su tela, cm 90x70, 1950 

ROBERTO CASAMONTI 

17

Invito a 

Teatro 

A cura di 

Luigi Del Fante 

L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA 

CONFESSIONE NOTTURNA DI UNA MORTE ANNUNCIATA 

Al Teatro Reims di Firenze il capolavoro di Luigi Pirandello: magistrale 

interpretazione di Fabio Baronti, originale regìa di Antonio Susini 

foto courtesy Teatro Reims 

« 

La 

rappresentazione deve 

essere sostenuta solo 

dal testo (e ovviamente 

dall’attore che lo recita). Da qui la 

scelta di scenografie scarne, in cui 

al massimo è presente qualche seggiola». 

Così dice Fabio Baronti, protagonista 

de L’uomo dal fiore in bocca, 

andato in scena al Teatro Reims di Firenze 

con la regìa di Antonio Susini. 

Come non rammentare, in proposito, 

quanto affermava Joseph Svoboda, 

grande scenografo e regista ceco 

(1920 – 2002): «Solo a mettere sulla 

scena un’unica sedia, già si suscita 

immediatamente un problema nella 

mente del pubblico: è una sedia reale, 

ma spinge ad interrogarsi sulla 

sua destinazione, sul suo significato; 

e così si comincia a creare un’atmosfera». 

Ho scelto di iniziare il discorso 

su questo allestimento pirandelliano 

partendo da questa dichiarazione 

d’intenti, chiara e potenzialmente ricca 

di suggestioni, pur nell’apparente 

proposito di essenzialità formale, 

proprio perché vi ho trovato perfetta 

coerenza di stile: scenografia scarna, 

gestualità sobria, dramma intimo, 

umanissimo. Il regista Antonio Susini, 

figlio del grande Gino, ha saputo affrontare 

il testo pirandelliano, credo, 

in modo serio, essenziale e con estrema 

misura, perfettamente consapevole 

del compito assai impegnativo 

che lo attendeva, dopo l’interpretazione 

straordinaria del padre nei miei 

due allestimenti (1984 e 1992 al Teatro 

dell’Oriuolo) e dopo l’adattamento 

radiofonico per la RAI (1985). Sono 

davvero grato al regista ed al protagonista 

per aver saputo offrire al pubblico 

un’interpretazione umanissima 

della vicenda, puntando soprattutto 

sulla parola. Ne L’uomo dal fiore in 

Fabio Baronti nel ruolo dell’uomo dal fiore in bocca 

bocca Pirandello esprime sotto forma 

di metafora il “suo” male di vivere; 

male senza scampo, al quale, tuttavia, 

egli oppone la propria capacità creativa, 

dove l’immaginazione può lavorare 

liberamente, ma non a capriccio 

a dare la vita ai personaggi; gli unici 

che sopravvivono senza tempo, là, 

fissi per sempre. Dare la vita a personaggi 

nuovi, continuamente, senza 

lasciarla mai posare un momento, 

l’immaginazione: questa è l’unica medicina 

per l’autore, vivere della loro 

esistenza, dimenticandosi di sé. «Sono 

capace di stare anche un’ora fermo 

a guardare dentro una bottega attraverso 

la vetrina. Mi ci dimentico», si 

legge nella novella La morte addosso. 

E proprio questo intimo bisogno di 

estraniarsi da sé, questo “modo” diventa 

ancor più necessario per l’Uomo 

dal fiore in bocca quando dice:«La vita, 

perdio, al solo pensiero di perderla... 

specialmente quando si sa che è 

questione di giorni». Da quel momento, 

infatti, ogni più minuto particola- 

18 

LUIGI PIRANDELLO

e della vita, che prima trattavamo con 

indifferenza, immersi in quella velocità 

disattenta di ogni giorno, ora acquista 

un fascino, un sapore tutto nuovo, 

generando quasi un sentimento d’affetto 

nei suoi confronti, una voglia di 

lentezza. C’è, a mio avviso, in Pirandello, 

a dispetto dell’apparente disincanto 

proclamato, un conflitto proprio 

tra questo ed il gusto della vita che ci 

viene di là, dai ricordi che ci tengono 

legati. Un gusto che potremmo definire 

“viscerale”, al richiamo del quale 

non è facile restare indifferenti. Ecco 

allora, di tanto in tanto emergere 

magicamente tutta la poesia di Pirandello: 

«Ma ci sono, di questi giorni, 

certe buone albicocche... Come le 

mangia lei? Con tutta la buccia, è vero? 

Si spaccano a metà; si premono 

con due dita, per lungo... come due 

labbra succhiose... Ah, che delizia!». 

O come ne La patente per bocca del 

Giudice istruttore D’Andrea:«Crediamo 

che la natura ci parli con la poesia 

dei suoi fiori, o con le stelle del cielo, 

mentre la natura forse non sa neppure 

che noi esistiamo», ma, dove, appunto 

il drammaturgo ci fa capire che, 

comunque, vale la pena crederci con 

la forza dell’immaginazione. Ed è così 

che il protagonista affetto da tumore 

(il fiore in bocca), condannato a morte, 

si mette ad osservare, attentamente, 

il pacifico Avventore, quel povero 

diavolo che ha perduto il treno, e conversa 

con lui, sì, ma in realtà è solo 

un pretesto per interrogare se stesso, 

per parlare e confessare, in un dialogo 

notturno, la propria tragica condizione 

esistenziale; per autoconvincersi 

che la vita è sciocca e vana, al punto 

che non deve addolorarci il lasciarla, 

pur gustandone le più piccole gioie, i 

più minuti particolari della quotidianità, 

consapevoli della morte che ognuno 

di noi, giorno per giorno, si porta 

addosso. Pirandello, infatti, dice attraverso 

la voce dell’uomo dal fiore in 

bocca: «Tanti che passeggiano disinvolti 

e alieni, forse ce l’hanno addosso; 

nessuno la vede; ed essi pensano 

quieti e tranquilli a ciò che faranno domani 

e doman l’altro»; ma potremmo 

leggervi “tutti”. L’autore ha scelto la 

parola “tanti” per lasciare l’affermazione 

come sospesa, indeterminata, 

e, dunque, più inquietante, per tutti. 

E’ la condizione di ogni uomo, così 

ben espressa da Ungaretti con parole 

essenziali: Si sta come d’autunno 

sugli alberi le foglie. Attesa che è ancora 

più inquietante perché siamo nel 

cuore della notte, il momento in cui 

la presenza del buio accentua le angosce, 

i dubbi, gli interrogativi sul 

senso della vita, sul gusto della vita: 

«Perché, caro signore, non sappiamo 

da che cosa sia fatto, ma c’è, c’è, ce 

lo sentiamo tutti qua, come un’angoscia 

nella gola, il gusto della vita, che 

non si soddisfa mai, che non si può 

mai soddisfare, perché la vita, nell’atto 

stesso che la viviamo, è così sempre 

ingorda di se stessa, che non si 

lascia assaporare»; sulla destinazione 

dell’ ultimo viaggio nella notte dell’esistenza, 

verso quella terra inesplorata, 

dai cui confini nessun viaggiatore ritorna 

(Amleto, W. Shakespeare). Bravi 

i due interpreti dell’atto unico: un 

credibile e basito Avventore, Gianluca 

Pacini, sia quando recita parlando, sia 

assai espresssivo nelle controscene; 

e Fabio Baronti, che ci restituisce un 

uomo di grande umanità, appesantito 

dal suo dramma interiore, con estrema 

sobrietà, capace di risvegliare nello 

spettatore empatia immediata. E in 

effetti vedendolo muoversi sul palco, 

lento, con il cappello in mano, mentre 

si aggiusta la tesa, non ho potuto non 

ricordare lo straordinario Willy Loman 

del grande e umanissimo Tino Buazzelli 

(1973) in Morte di un commesso 

viaggiatore di Arthur Miller. E forse 

proprio questa immagine vuole essere 

un augurio sincero verso un altro bellissimo 

traguardo. 

Fabio Baronti e Gianluca Pacini, quest’ultimo nel ruolo dell’Avventore

Eccellenze toscane 

in Cina 

A cura di 


EG Gioielli 

Un’eccellenza dell’arte orafa toscana 

presentata con successo a Shanghai 

Cecilia Elisabetta Giannini, classe 

1980, nasce a Firenze ma cresce 

e studia a Montecatini Terme. 

Frequenta con grande entusiasmo e dedizione 

l’Istituto d’Arte Petrocchi di Pistoia, 

che le regalerà i suoi primi successi individuali, 

riconosciuti dagli stessi professori; 

partecipa a concorsi nazionali negli 

anni 1996/1999 disegnando gioielli ancora 

attuali, tanto da essere di ispirazione 

per quello che sarà poi l’inizio del suo ultimo 

percorso lavorativo. Dopo il diploma, 

una felice coincidenza la porta a bussare 

alla porta di un artista fiorentino che le insegnerà 

la difficile arte dell’incastonatura 

delle pietre preziose. Dal 2000 al 2015 lavora 

come dipendente nei laboratori delle 

più famose aziende di gioielleria della Toscana, 

dove si specializza nell’incastonatura 

e nella selezione delle pietre preziose. 

Dopo tanti anni di lavoro da dipendente, 

Elisabetta decide di dar vita a un’attività che 

rispecchi la sua esuberante creatività fondando 

nel 2016 l’attuale omonima azienda 

Elisabetta Giannini Gioielli. La sua è una 

produzione e realizzazione eseguita con le 

migliori tecniche di alta gioielleria degli ultimi 

anni che parte dalla progettazione e 

stampa in 3D e si conclude con l’assemblaggio 

del gioiello tramite saldatrice laser. 

Le sue creazioni sono tutte caratterizzate 

da design moderno e innovativo, linee 

essenziali e forme geometriche in armonia 

con la scelta delle pietre preziose e semipreziose 

che conferiscono personalità 

ad ogni singolo gioiello. L’artista si colloca 

sulla fascia alta nel suo settore, ma il giusto 

rapporto qualità/prezzo, unito all’alto livello 

di lavorazione e di valore dei materiali 

utilizzati, rende i prodotti di EG Gioielli attraenti 

e certamente competitivi. La linea 

ha soluzioni interessanti ed innovative che 

fanno sì che il prodotto, di gusto classico, 

sia apprezzato anche dai più giovani. L’azienda, 

seppur di piccole dimensioni, è dinamica 

e guarda ai mercati internazionali, 

soprattutto a quelli emergenti. L’esperienza 

maturata da Elisabetta in grandi realtà 

e griffe mondiali le ha portato la consapevolezza 

di poter affrontare mercati lontani 

e non certo facili, ma dalle grandi potenzialità 

come la Cina. EG Gioielli lo scorso 

anno ha iniziato la sua avventura estera 

ed è proprio nel grande Paese asiatico 

in cui, a distanza di pochi mesi, partecipa 

a due eventi legati alla moda italiana (il 

primo in estate a Shenzhen e l’altro a dicembre 

a Zhuhai presso il Lakewood Golf 

Club, evento illustrato in questa rubrica nel 

numero di gennaio 2018). In entrambi gli 

eventi il consumatore cinese - e, soprattutto, 

gli operatori di mercato - hanno confermano 

l’interesse per i prodotti EG Gioielli 

e hanno apprezzato fattura, linea e scelta 

dei materiali. Affrontare mercati lontani 

e difficili come la Cina con prodotti di 

lusso necessita di grandi investimenti, sia 

Elisabetta Cecilia Giannini 

per proporre nel modo migliore il prodotto 

(eventi, promozioni, pubblicità), sia per 

dare visibilità e corretto posizionamento 

al brand. Con quest’obiettivo, incoraggiata 

anche dalle prime reazioni di mercato, 

la EG Gioielli decide di pianificare una serie 

di attività in Cina per il 2018 con l’adesione 

al gruppo di eccellenze italiane organizzato 

da China 2000 che permette alle 

aziende che aderiscono di essere presenti 

sul mercato cinese con una esposizione 

permanente, attività promozionali con 

cadenza mensile e contatti commerciali ed 

istituzionali di alto livello. Il problema delle 

piccole e medie imprese italiane è la debolezza 

finanziaria per promuovere ed affermare 

i propri prodotti e il proprio marchio 

all’estero; spesso, poi, nei nuovi mercati il 

valore del brand risulta prioritario rispet- 

20 ELISABETTA GIANNINI

to alla valutazione qualitativa del prodotto. 

Decidere di posizionare il prodotto in 

modo stabile per l’esposizione e la vendita 

in una città come Shanghai è sicuramente 

una scelta coraggiosa ma giusta, sia alla 

luce dello stallo del mercato interno sia 

perché quei mercati rappresentano il futuro. 

Dobbiamo credere ed investire per 

esportare le eccellenze del nostro territorio, 

valorizzando i prodotti e le creazioni 

proprio come Elisabetta Giannini, che guida 

con coraggio e professionalità la sua 

giovane azienda che può essere a ragione 

annoverata fra le promesse dell’arte orafa 

toscana. 

EG Gioielli (Elisabetta Giannini Gioielli) 

Via Agostino di Duccio, 19 

50143, Firenze 

www.eg-gioielli.com 

info@eg-gioielli.com 

+39 348. 9323538 

Michele 

Taccetti 

Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici tra Italia 

e Cina ed erede della propria famiglia, operante con il grande paese 

asiatico fin dal 1946, assiste da oltre un ventennio le aziende italiane interessate 

ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare, 

alla promozione del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia 

di Marketing ed Internazionalizzazione ed è consulente per il Ministero dello 

Sviluppo Economico. 

Per info: 

michele.taccetti@china2000.it 

China 2000 srl 

@Michele Taccetti 

taccetti_dr_michele 


ELISABETTA GIANNINI 

21

A cura di 

Paolo Bini, relatore Associazione Italiana Sommelier 

Arte del 

Vino 

La Toscana si svela al mondo 

Esperti enogastronomici, operatori 

del settore, opinion leader, personaggi 

pubblici e giornalisti internazionali: 

le colline più esclusive d’Italia 

hanno vissuto un febbraio intenso, popolate 

e quasi invase da qualificatissimi appassionati 

del vino pronti a degustare in 

anteprima i nuovi prodotti che presto saranno 

immessi sul mercato dai consorzi 

delle Denominazioni più importanti della 

nostra regione. Montepulciano e San Gimignano, 

nei loro luoghi più suggestivi, hanno 

rispettivamente offerto la degustazione 

degli ultimi Vino Nobile e Vernaccia mentre 

Montalcino ha aperto le porte del suo 

Museo Civico e Diocesano, uno dei più importanti 

musei d’arte medievale. Proprio 

in quest’ultima sede sono stati presentati i 

nuovi Brunello annata 2013 e riserva 2012. 

Sono prodotti che, non a caso, devono per 

legge rimanere ad elevarsi in cantina per almeno 

cinque anni ed oggi risultano finalmente 

pronti per l’acquisto. L’impressione, 

dopo averne assaggiati oltre cento, è quella 

di un’alta qualità diffusa ormai su tutto 

il territorio con piacevole spiccata eleganza 

per i vendemmia 2013 mentre per i 2012, 

figli di un’annata particolarmente felice, si 

prospetta un successo oltremodo duraturo 

nel tempo con ricca struttura, frutto deciso 

e astringenza in questo momento da 

stemperare ma che ne consentirà l’integra 

conservazione per almeno quattro lustri. 

Per chi decidesse di servirli adesso in tavola, 

l’accompagnamento è da cercare con 

piatti quali lo stufato di cinghiale o il brasato, 

chiaramente, al Brunello. 

no tipicità e tratti topici ben distinguibili nel 

Classico spesso regalano vini che mostra- 

Firenze ha invece accolto su più giornate gli calice e buoni da abbinare a “tutto pasto”. 

amanti del Morellino di Scansano, i numerosissimi 

Chianti Lovers e i professionisti contenuto dei 2015 ed il ricco equilibrio 

La fine vivacità dei vini 2016, il generoso 

cultori del Gallo Nero. Alla Stazione Leopolda, 

la Chianti Classico Collection 2018 scimento, il successo cosmopolita che sta 

dei 2013 hanno palesato il “nuovo” Rina- 

ha realmente impressionato per organizzazione 

e numeri con 186 aziende vinicole denominazione toscana, apprezzata da ol- 

riscuotendo questa nostra storica e antica 

presenti assieme ai loro 700 nuovi prodotti 

e anche un corner tutto dedicato all’olio 2017 promette ottimi vini ma ha lasciato un 

tre tre secoli. La recente calda vendemmia 

DOP. La degustazione è stata resa possibile 

anche dal qualificato servizio e l’opera- 

complessiva, il Gallo Nero resta comunque 

importante taglio nefasto sulla produzione 

tività incessante dei sommelier che hanno pronto a combattere per continuare a mantenere 

la qualità, la fama internazionale e i 

consentito l’assaggio di tantissimi vini di 

categorie annata, riserva e gran selezione. numeri di vendita che ne conseguono. 

I dieci comuni fra le province di Firenze e 

Siena che costituiscono l’area del Chianti Info e consulenza: wine@bini.eu 

Chianti Classico Collection 2018, Firenze 

Benvenuto Brunello 2018, Montalcino 

ARTE DEL VINO 23

Speciale a cura di 

Elisabetta Mereu 

In cammino sulla Via degli Dei seguendo 

le tracce della storia 

Avviato il progetto di valorizzazione del tratto toscano su iniziativa di 

Confcommercio di Firenze, Fondazione Romualdo Del Bianco-Life 

Beyond Tourism e Camera di Commercio di Firenze 

di Beatrice Botticelli 

go toscano, ha ricevuto consensi inattesi, 

raccogliendo numerose adesioni da parte 

delle strutture ed imprese del territorio. 

L’idea è piaciuta così tanto che è stato 

possibile gettare le basi per dare avvio ad 

una collaborazione a lungo termine fra le 

istituzioni di Toscana ed Emilia Romagna, 

che lavoreranno in sinergia per valorizzare 

l’intero percorso del cammino appenninico 

più famoso d’Italia che compie 20 anni. 

Sono sette le località della provincia di Firenze 

interessate dal progetto: Fiesole, Bivigliano, 

Firenzuola, Olmo, Scarperia, San 

Piero a Sieve, Vaglia. A queste si aggiungono 

le località dell’Emilia Romagna che 

sempre più assumeranno un ruolo importante 

in un’ottica di promozione interregionale. 

Intanto, in piazza della Signoria 

a Firenze sarà presto posizionato un segnale 

per ufficializzare il punto di partenza 

(o di arrivo) della Via degli Dei. Tante anche 

le aziende e le strutture ricettive che 

hanno accolto con entusiasmo l’idea di rilanciare 

in chiave turistica questo splendido 

“spicchio” della nostra penisola. La 

prossima tappa è l’incontro a metà strada 

sulla Via degli Dei che assessori e sin- 

Un sentiero bellissimo dal punto di 

vista naturalistico e carico di storia, 

percorribile per intero a piedi, 

a cavallo o in bicicletta. È la Via degli Dei, 

che sta guadagnando sempre più notorietà 

tra gli appassionati di slow tourism 

(turismo a ritmo lento) e di natura. E proprio 

da Firenze è partito il progetto di valorizzazione 

del sentiero tracciato sull’antica 

via etrusco-romana che dal VI° secolo 

avanti Cristo collega Firenze a Bologna, 

circa 130 km, passando per lo scenario 

suggestivo dell’Appennino tosco-emiliano. 

Così la via che attraversa località dedicate 

agli antichi dèi romani come Monte 

Adone, Monzuno (Mons Iovis, Monte di 

Giove), Monte Venere, Monte Luario (da 

Lua, la dea romana dell’espiazione), adesso 

torna sotto i riflettori grazie all’impegno 

di Confcommercio Firenze con la collaborazione 

di Life Beyond Tourism, al sostegno 

della Camera di Commercio di Firenze 

e della Fondazione Romualdo Del Bianco. 

Il progetto, partito con l’intento di delocalizzare 

i flussi turistici in arrivo nel capoluodaci 

dei territori interessati al percorso si 

sono impegnati a realizzare. Il progetto di 

rilancio della Via degli Dei ha previsto un 

piano promozionale che include, fra i vari 

punti, la realizzazione di una mappa stilizzata 

del percorso da Firenze a Bologna 

con particolare interesse per i principali 

punti di attrattiva toscani insieme all’elenco 

delle quasi cinquanta imprese aderenti 

al progetto con i loro servizi. Completa 

la cartina il Vademecum del buon camminatore, 

ideato con l’Associazione Italiana 

Turismo Responsabile (AITR), partner di 

progetto assieme a Toscana Promozione 

Turistica. La promozione della via è stata 

fatta seguendo i criteri di Life Beyond 

Tourism, andando a valorizzare il territorio, 

incontrando le persone, approfondendo 

la conoscenza di usi e costumi. Questo 

affinché il viaggio di un turista che dall’estero 

o da un’altra parte d’Italia visita questo 

angolo di mondo non sia solo una 

scoperta naturalistica ma anche umana e 

relazionale. Non resta che indossare abbigliamento 

comodo e sportivo e partire alla 

scoperta di questo sentiero immerso fra 

natura e storia. 

24

Fondazione Primo Conti 

Un prezioso patrimonio artistico e culturale a Fiesole 

Se c’è un artista fiorentino che ha lasciato 

una forte impronta nel ‘900 

questo è senz’altro Primo Conti e 

non solo per un motivo puramente anagrafico 

(1900- 1988), bensì perché le sue 

opere sono il frutto di un precoce talento 

espresso in molti campi. Grazie alla 

famiglia benestante a soli 8 anni inizia a 

suonare il violino ma come disse di lui lo 

scrittore Giovanni Papini: «Fu pittore prima 

ancora d’essere uomo». Ha appena 11 

anni quando, allungando i colori con l’olio 

d’oliva, dipinge su un cartoncino il primo 

quadro: un autoritratto di grande intensità 

psicologica. Due anni dopo compone l’opera 

musicale Romanza per violino e pianoforte, 

modella la sua prima scultura (un 

calco del proprio volto in gesso) e partecipa 

all’Expo Internazionale della Società 

di Belle Arti di Firenze, come il più giovane 

e intelligente visitatore dell’Esposizione 

futurista, movimento del quale - dopo 

che Marinetti gli manifestò il suo apprezzamento 

- entrò a far parte, diventandone 

un importante esponente. Da allora la 

sua è un’inarrestabile parabola creativa 

che per 88 anni, con appassionata ed intelligente 

curiosità, si alterna fra pittura, 

disegno, musica e letteratura, portandolo 

ad aderire alle più importanti correnti 

artistiche e a conoscere personaggi di 

spicco del mondo culturale e artistico del 

secolo scorso, permeato di tante svolte 

epocali, di cui il poliedrico fiorentino ha 

saputo cogliere la linfa vitale. «Voglio avere 

molto dalla vita, ma voglio morire povero», 

si legge in uno dei suoi quaderni 

e così è stato. Primo Conti nel 1980 decide 

di donare alla Regione Toscana la quattrocentesca 

Villa Le Coste di Fiesole, sua 

L’autoritratto dipinto a 11 anni 

abitazione e studio, con il suo archivio (più 

di 100.000 documenti fra missive, manoscritti 

e foto d’epoca), la biblioteca con 

migliaia di preziosi volumi, carteggi e pubblicazioni 

e, ovviamente, le sue opere, oltre 

60 dipinti e circa 150 disegni. Da allora la 

storica proprietà ospita la Fondazione che 

porta il suo nome e dal 1987 - grazie al sostegno 

della Cassa di Risparmio di Firenze 

- anche il museo, costituito da 6 sale, 

meta imperdibile anche per i viandanti che 

faranno tappa a Fiesole nel loro percorso 

sulla Via degli Dei. La Fondazione Primo 

Conti rappresenta un centro di documentazione, 

a disposizione degli studiosi, unico 

in Italia e tra i più interessanti d’Europa, 

per ricostruire le vicende delle avanguardie 

storiche e conservare come era negli 

intenti dell’artista testimonianza dei più 

importanti movimenti innovatori del Novecento. 

Ma è anche un polo culturale promotore 

di iniziative, ricerca e sviluppo di 

nuovi talenti. Numerose le iniziative messe 

in campo ogni anno da questa importante 

istituzione culturale. I locali al piano terreno 

della Villa, un tempo studio di Primo 

Conti, sono stati trasformati in uno spazio 

polifunzionale messo a disposizione - su 

prenotazione - per eventi di vario genere: 

convegni, giornate di studio, laboratori, 

mostre temporanee e anche compleanni. 

In collaborazione con il Comune di Fiesole 

vengono organizzate visite guidate in vari 

luoghi di interesse sia nel comprensorio 

fiesolano che su Firenze e anche quest’anno 

verrà riproposto il progetto Museo I 

don’t like! …è davvero così? dedicato ai 

giovani fiesolani tra 18 e 25 anni. Tra aprile 

e maggio si terrà il primo dei due cicli stagionali 

di Conversazioni di Storia dell’Arte 

tenuti da una storica dell’arte, che da diversi 

anni registrano un crescente interesse e 

sempre maggiore affluenza di pubblico. Il 

primo dei 2 corsi di 4 lezioni ciascuno s’ 

intitola Di lumi, frivolezze e virtù : tra 18° e 

19° secolo quattro artisti raccontano il loro 

tempo e la storia. Per i mesi di giugno e 

luglio nell’ambito dei PrimoContiLab sono 

previsti i centri estivi per bambini e ragazzi 

fra 6 e 12 anni, condotti da un maestro 

d’arte che coinvolge i partecipanti ogni 

giorno in laboratori diversi: riciclo materiali, 

realizzazione autoritratto in cartone, lavorazione 

argilla, sulle orme di quello che 

è stato un vero enfant prodige del ‘900 che 

generosamente ha lasciato a disposizione 

di tutti un patrimonio artistico, letterario e 

culturale così importante anche per le nuove 

generazioni. 

www.fondazioneprimoconti.org 

Fondazione Primo Conti 

Primo Conti nel 1987 

Villa Le Coste e a sinistra la cappella gentilizia dove è sepolto l’artista con la moglie Munda Cripps 

SPECIALE VIA DEGLI DEI 

25

Il Nido di Gabbiano 

Dove l’ospitalità ha origini molto antiche 

La Via degli Dei, l’antica strada 

che unisce Bologna a Firenze e 

viceversa, è uno dei percorsi più 

conosciuti ed apprezzati dell’Appennino 

tosco-emiliano. Nel 2017 sono state circa 

8.000 le persone che a piedi, in bicicletta 

o a cavallo, sono transitate lungo 

questi 130 km e che in circa 6 giorni 

possono apprezzare la bellezza incontaminata 

dei luoghi attraversati e le bontà 

del territorio. Un po’ folgorati, viene da 

dire, sulla Via degli Dei lo sono stati anche 

due fiorentini che 16 anni fa hanno 

iniziato un nuovo capitolo della loro vita 

realizzando il sogno di andare a vivere 

in campagna. Per loro galeotto fu il 

golf, che li aveva fatti conoscere e che 

praticavano anche in uno degli impianti 

più belli d’Italia, proprio a poca distanza 

dalla strada percorsa abitualmente 

dai viandanti. Su uno dei tratti mugellani 

più incantevoli, lungo la direttrice 

che da Sant’Agata conduce a San Piero 

a Sieve, Donatella e Leonardo hanno 

acquistato una grande casa colonica, 

trasformandola in un accogliente B&B, 

senza immaginare che riservasse anche 

inaspettate e piacevoli sorprese. «Quando 

abbiamo comprato questo ambiente 

che abbiamo chiamato Il Nido di Gabbiano 

- dice Donatella che insieme a Leonardo 

gestisce il B&B - ci siamo innamorati 

subito dell’anima di questa casa e della 

sua collocazione, perché da qualsiasi 

punto della struttura si può godere un 

panorama stupendo lungo questi dolci 

crinali rivolti verso la vallata del Mugello 

ad est ed ai contrafforti dell’Appennino 

ad ovest. Dunque siamo molto felici 

di essere diventati quasi un “punto tappa” 

per l’accoglienza dei turisti che percorrono 

il cammino, sia all’andata che al 

ritorno (non a caso a fine novembre sono 

stati loro ad ospitare l’incontro con la 

stampa della Toscana Educational Tour 

Via degli Dei ndr.)». Ma per poterla trasformare 

nell’attuale struttura ricettiva, 

che può ospitare fino a 12 persone, 

all’inizio è stato necessario un lungo ed 

importante restyling dell’impianto originario, 

come spiega il proprietario: 

«Alcuni esperti ci hanno detto che qui 

probabilmente aveva sede un‘antica fornace 

etrusca. Durante i lavori abbiamo 

avuto molte sorprese: da antichi lavabo 

in pietra trovati all’interno delle mura fino 

alla scoperta di una cantina che abbiamo 

trasformato nella sala adibita alle 

colazioni degli ospiti. E, a giudicare dallo 

spessore e dalla vetustà dei muri in 

pietra, questo ambiente potrebbe essere 

proprio parte dell’antica fornace che 

si trovava lungo la strada tracciata inizialmente 

dagli Etruschi che la percorrevano 

per sviluppare i loro traffici». E il 

risultato di tutto l’impegno e la cura che 

la coppia ha profuso per realizzare il proprio 

“nido” è quello di un B&B destinato 

in ogni dettaglio ad un’accurata ospitalità 

e al benessere di chi vi soggiorna. Un 

ambiente armonioso in ogni suo angolo, 

in cui domina l’eleganza della semplicità 

e un gradevole equilibrio dei colori che 

anche negli interni, nell’accogliente salotto 

e nelle stanze destinate agli ospiti, 

riflettono le tonalità di ciò che la natura 

offre all’esterno: una tavolozza di straordinarie 

cromìe su scenari mozzafiato 

che - in ogni stagione e in ogni ora del 

giorno - hanno ispirato tanti pittori mugellani 

famosi nel mondo, ieri come oggi. 

Bellezze di cui viandanti e turisti di 

passaggio, anche per brevi soggiorni, 

potranno godere appieno. 

www.ilnidodigabbiano.it

In Mugello alla riscoperta di un’antica tradizione 

casearia con la famiglia Berti, da trent’anni cultori 

dei formaggi di alta qualità 

Il prelibato pecorino di grotta 

Il formaggio di grotta è una delle eccellenze 

casearie italiane. La storia ne fa risalire 

l’origine alla fine del ‘400, quando i soldati 

del re D’Aragona, affamati, iniziarono a depredare 

le case dei contadini che però avevano 

furbamente provveduto a nascondere le loro 

provviste, dissotterrandole una volta terminate 

le scorrerie. Con loro grande sorpresa 

il formaggio non solo non si era ammuffito 

ma aveva acquisito nuove straordinarie caratteristiche 

organolettiche. Questo metodo 

antichissimo viene riproposto da un’azienda 

mugellana che del formaggio stagionato 

in grotta ha fatto il suo cavallo di battaglia. 

«Il nostro pecorino è il risultato di una scommessa 

- dice Carlo Berti che fin dall’inizio ha 

affiancato il padre Paolo nella conduzione 

dell’azienda casearia Berti Formaggi, fondata 

trentun anni fa. Nel ’99 abbiamo saputo 

che una grotta di tufo usata come cantina, ad 

Acquapendente, nell’Alta Tuscia, veniva dismessa 

e allora l’abbiamo comprata e sistemata 

per creare le condizioni di ventilazione e 

umidità ottimali. Lì, per cinque mesi, facciamo 

la stagionatura delle forme di pecorino 

ottenute dal latte di ovini allevati esclusivamente 

all’aperto. Una volta al mese su ognuna 

di esse viene passato dell’olio di lino che 

gli conferisce quel tipico colore scuro esternamente 

senza penetrare all’interno, né alterare 

la pasta bianchissima, contribuendo alla 

formazione di quelle muffe salubri che creano 

la crosta marrone. Siamo arrivati a questo 

sistema di lavoro - continua Berti - dopo 

vari tentativi fatti in passato con l’olio d’oliva 

che però in qualche maniera cambiava il 

gusto. Invece con questo procedimento ormai 

collaudato il formaggio acquisisce una 

morbidezza ed un sapore particolari ed ineguagliabili 

(Berti Formaggi è l’unica azienda 

in Italia ad avere il bollo certificato CEE 

come stagionatori in grotta, ndr.) che ottiene 

sempre più il consenso dei consumatori. 

Pur restando un prodotto di nicchia ottenuto 

da un accurato lavoro artigianale, riforniamo 

anche la grande distribuzione in Toscana, 

Lazio, Emilia Romagna, Liguria, Veneto e 

Lombardia, perché la clientela è sempre più 

attenta alla qualità e alla provenienza dei prodotti, 

anche se compra nei più grossi supermercati». 

Impossibile dunque per i viandanti 

che anche quest’anno effettueranno il cammino 

sulla Via degli Dei non fermarsi ad assaggiare 

questa prelibatezza nel bellissimo 

punto vendita situato fra il Comune di San 

Piero e quello di Vaglia, in località Campomigliaio. 

«Anche perché qui - aggiunge Jonathan 

Dreoni, uno dei soci - c’è un vero e 

proprio trionfo di tutti i formaggi che hanno 

fatto la storia del nostro paese: dalla ricotta 

fresca alle mozzarelle, passando per il cosiddetto 

“primo sale”, fino ad una scelta infinita 

di stagionati di due anni, pecorino romano 

e parmigiano, vari tipi di salumi ed insaccati, 

oltre a decine di altre proposte alimentari 

ed una selezione di vini, in prevalenza toscani, 

provenienti da aziende piccole ma importanti 

come qualità. E poi le nostre specialità 

di pasta fresca, come ravioli di ricotta e ortica 

o lardo e cavolo nero, senza dimenticare 

il tipico tortello mugellano di patate. E per 

chi non ha voglia o tempo per cucinare una 

scelta di salse, sughi e piatti pronti prodotti 

e confezionati in barattolo dal Laboratorio 

di Gastronomia di Vicchio: salse classiche, 

ragù di selvaggina, paté artigianali, ribollita, 

trippa, lampredotto, confetture, marmellate 

e composte di vario genere che si abbinano 

perfettamente anche ai nostri formaggi. E 

chi passa da noi il fine settimana trova sempre 

il pane fresco mugellano e la schiacciata 

calda per gustare meglio le nostre prelibatezze 

casearie». 

Berti vendita diretta salumi e formaggi 

Stagionatura in grotta 

Il punto vendita di San Piero a Sieve 


29

Premiato in Mugello il miglior pane della Toscana 

La famiglia Conti, fornai da due 

generazioni, ci svela il segreto di 

questa eccellenza alimentare 

La parola pane richiama immediatamente 

l’alimento principe della 

nostra tavola. Ma nel caso della famiglia 

Conti di San Piero a Sieve, nel Mugello, 

fornai dal 1971, queste quattro lettere 

possono rappresentare anche un acronimo: 

P.A.N.E. Cioè P come Pazienza, necessaria 

per la lunga e meticolosa preparazione, A 

come Amore, presupposto imprescindibile 

per fare un lavoro così impegnativo e faticoso 

da oltre quarant’anni, N come Naturale, 

che rappresenta sia il metodo di lievitazione 

che gli ingredienti usati, E come Esperienza, 

indispensabile per garantire l’elevato 

standard di qualità della produzione artigianale. 

Non a caso il panettiere Giuliano Conti 

è il portabandiera, nonché presidente, del 

Consorzio di Tutela e Promozione Pane del 

Mugello vincitore del premio come Miglior 

pane della Toscana nell’edizione 2017 dei 

Tuscany Food Awards. «Siamo molto orgogliosi 

di questo riconoscimento - dice il figlio 

Francesco, responsabile della produzione 

- che condividiamo con gli altri panifici del 

Consorzio e i fornitori delle materie prime 

di elevata qualità. Per la sicurezza e la salute 

dei consumatori è fondamentale poter garantire 

la provenienza delle farine, che come 

sappiamo in molte nazioni vengono seccate 

anche con i diserbanti ed inoltre hanno un 

tasso di glutine molto elevato. Noi, invece, 

utilizziamo solo i grani provenienti da aziende 

agricole e mulini del nostro comprensorio 

che aderiscono ad un ferreo disciplinare 

previsto dalla Regione Toscana. Quindi le 

nostre farine macinate a pietra nei mulini ad 

acqua sono ricche di germe di grano, fibre, 

minerali, vitamine e aminoacidi, ma a basso 

contenuto di glutine. D’altronde - continua 

Francesco - ormai è risaputo che anche la 

famiglia de’ Medici aveva ribattezzato il Mugello 

“granaio” di Firenze, quindi dobbiamo 

continuare a perpetrare questa tradizione e 

mantenere alto il prestigio delle nostre produzioni 

mugellane. Per noi tutto ciò è fondamentale 

perché poi determina la bontà dei 

prodotti da forno, che comprendono anche 

i dolci, nelle diverse qualità e proposte stagionali. 

Ci teniamo a lavorare nel solco della 

migliore tradizione artigianale e a fare il pane 

proprio come una volta, quando restava 

sempre buono per diversi giorni e poi comunque 

non si buttava mai via, perché veniva 

utilizzato per le tipiche ricette toscane 

come la panzanella, la ribollita, o semplicemente 

tostato per la fettunta e per i classici 

crostini con i fegatini. Usiamo il lievito madre 

che rinfreschiamo tre volte al giorno e quindi 

in totale il nostro impasto resta in lievitazione 

almeno 20 ore. Dopodiché procediamo con 

il preparare le varie pezzature, che rimettiamo 

a lievitare su teli di fibre naturali per altre 

3-4 ore». Ecco svelato il segreto di un 

pane da premio: ottima qualità degli ingredienti 

e quasi 24 ore di lievitazione. E la differenza 

come qualità in effetti si sente in tutte 

Giuliano Conti con la moglie, la figlia e alcune collaboratrici 

30 SPECIALE VIA DEGLI DEI

le 40 varietà di pane - fra cui le novità con riso 

nero Venere, con la curcuma e lo Sporty, 

a basso contenuto di carboidrati per gli sportivi 

- e schiacciate che giornalmente vengono 

sfornate e distribuite immediatamente dal 

Forno di San Piero nelle province di Firenze, 

Prato ed Arezzo. Tutta la filiera di produzione 

artigianale segue un procedimento ben preciso, 

quasi un rituale, con una piccola curiosità. 

Su ogni forma di pane da cuocere nel 

forno a legna Francesco lascia il segno caratteristico 

del panificio di famiglia: affonda 

l’indice nella morbida pasta, che anche dopo 

cotta avrà questo “marchio di fabbrica”. 

E i viandanti che anche quest’anno percorreranno 

la Via degli Dei passando dalla via 

principale del piccolo paese mugellano, dove 

ha sede la produzione e la vendita diretta 

del Forno Conti, sentiranno fin dalle prime 

ore del mattino la caratteristica fragranza del 

pane appena sfornato. Un irresistibile invito a 

fare una sosta golosa! 

Esterno del panificio Conti 

I filoni di pane col caratteristico foro artigianale del Forno Conti 

Francesco Conti inforna il pane e in vista della Pasqua le colombe 


31

Mangiare e ... 

La Dispensa dei Sapori 

Il Mugello era noto in passato come il 

granaio della famiglia de’ Medici perché 

qui ci sono ottime produzioni di 

grano e cereali da cui si ottengono tanti 

tipi di pane squisito. I viandanti potranno 

gustare i vari tipi prodotti da Chiara, Andrea 

e Gloria nel loro negozio La Dispensa 

dei Sapori, inaugurato da pochi mesi. 

Filoni, ruote o panini realizzati con farine 

di grani antichi macinate a pietra, integrali, 

kamut e multicereali, con lievito 

madre, così come la schiacciata, con 40 

ore di lievitazione, tutti da gustare con i saporiti 

salumi di Scarpaccia e formaggi toscani 

o altri prodotti caseari di bufala della 

Campania. Ma questo negozio di specialità 

alimentari e con una grande varietà di 

prodotti bio propone ogni giorno anche 

pietanze da asporto cucinate con materie 

prime a km zero, piatti della migliore tradizione 

italiana e dolci freschi tradiziona- 

li toscani. Su richiesta si possono avere 

anche menù adatti a vegetariani e vegani, 

nonché l’organizzazione di buffet e catering 

personalizzati. E per i viandanti della 

Via degli Dei che vogliono rifornire il proprio 

zaino con tante bontà uno speciale 

trattamento. 


via Provinciale 41/A 

San Piero a Sieve (FI) 

Tel. 055.848303 


La Salsamenterìa da Anna 

Un negozio storico nel cuore di San 

Piero presente nella centralissima 

piazza Colonna fin dai primi del 

‘900. Ma da quando nell’aprile del 2011 Anna 

e la figlia Sara hanno preso in gestione La 

Salsamenterìa per creare un pastificio/gastronomia, 

insieme ai tanti prodotti freschi 

lavorati a mano ci sono sempre un sorriso 

e tanta cordialità in omaggio per tutti. Qui 

si può fare uno spuntino veloce con ottimi 

panini appetitosi e corroboranti anche per i 

camminatori più allenati, con trippa e lam- 

predotto nella più classica tradizione toscana. 

Ma per i più golosi o chi ha poco tempo 

per stare ai fornelli, tutti i giorni dalle 12.00 

e anche la domenica mattina, dalle 9 alle 13, 

primi caldi di produzione propria, secondo 

le ricette più tradizionali: tortelli e ravioli 

con vari condimenti, tagliatelle con salsiccia 

e porri, lasagne, pappa al pomodoro e una 

volta alla settimana l’immancabile baccalà 

fritto o alla livornese. Insomma anche per il 

pranzo domenicale inutile perdere tempo in 

cucina, perché La Salsamenterìa è una garanzia 

di qualità con nuove specialità gastronomiche 

ogni giorno. 

La Salsamenterìa da Anna 

Piazza Colonna 9 


Tel. 328 5694061 

La Salsamenteria da Anna 

Trattoria Pizzeria Bonaugo 

Impossibile passare dal Mugello senza 

mangiare i famosi tortelli di patate. 

I viandanti che volessero gustare 

questa specialità del luogo non potranno 

non fermarsi alla trattoria Bonaugo 

a San Piero a Sieve, quarta tappa del 

percorso. Qui Sergio e Federica, oltre a 

questa prelibatezza, vi serviranno carni 

locali arrostite sulla brace e altre specia- 

lità toscane preparate con ingredienti a 

km zero. Il forno a legna è sempre acceso 

e pronto a cuocere pizze da asporto 

o da gustare in compagnia sia nella 

sala ristorante che, nei mesi più caldi, 

nella veranda esterna. L’impasto lievitato 

quaranta ore, anche con farine multicereali, 

può essere servito come da 

menù oppure arricchito con ingredienti 

a scelta, anche per vegetariani e vegani. 

Per festeggiare il secondo anno di attività 

Bonaugo accoglierà i camminatori, ed 

eventuali amici a 4 zampe, con vari servizi 

a loro dedicati, come la possibilità 

di ricaricare i cellulari, utilizzare la connessione 

Wi-Fi, consultare le mappe della 

Via degli Dei con consigli per le tappe 

successive e ricevere alcuni gadget realizzati 

appositamente per i viandanti. Bonaugo 

augura a tutti buon cammino! 

Uno dei gadget a spilla 

Trattoria Pizzeria Bonaugo 

Via Provinciale 5/E 


Tel. 055 8498108 

Bonaugo trattoria pizzeria 

32 SPECIALE VIA DEGLI DEI

... dormire a San Piero 

Una delle tappe salienti del percorso in 

Toscana è San Piero a Sieve, paese 

di origine medievale nel cuore del Mugello. 

Per essere parte attiva del progetto toscano 

e fornire accoglienza ai viandanti, che 

a migliaia ogni anno attraversano questa 

cittadina, 6 piccole strutture ricettive extra 

alberghiere hanno dato vita al gruppo Dormire 

a San Piero, uniti dalla passione per 

l’ospitalità e l’attenzione per i piccoli gesti 

che rendono ogni soggiorno un’esperienza 

autentica di condivisione e relax. 

dormireasanpiero@libero.it 

Dormire a San Piero a Sieve - Mugello 

Affittacamere Via degli Dei B&B 

Questo affittacamere è il luogo ideale per 

chiunque voglia soggiornare da queste parti 

con soluzioni easy, comode e vantaggiose 

anche per i saccoapelisti. La casa, gestita da 

Giulia, la proprietaria, con Elena e Rossana, 

con cucina privata per gli ospiti, aperta tutto 

l’anno, può accogliere nelle 3 camere con 2 

La Pieve B&B 

«I nostri ospiti - dicono Monica e Franco 

del B&B La Pieve Locanda per Viandanti, 

creata 15 anni fa - sono camminatori, ciclisti 

o pescatori che si cimentano in gare 

lungo il torrente Sieve, motociclisti o appassionati 

di Moto GP che vengono nel 

vicino autodromo o amanti dell’arte che 

trovano comoda la nostra posizione a pochi 

km da Firenze. Qui si può soggiornare 

nell’abitazione al piano terra (con camere 

singole, doppie e triple dotate di bagni 

personali), che si affaccia sul prato 

del giardino attrezzato con cucina e barbecue. 

Oppure dormire nella dependance 

con ampia veranda e ingresso autonomo. 

Per tutti prepariamo gustose ed abbondanti 

colazioni casalinghe. A disposizione 

dei ciclisti, oltre ad un kit di attrezzi per riparazioni, 

un utile rimessaggio e zona per 

lavaggio biciclette. Wi-Fi gratuito». 

www.lapievebeb.it 

Tel. 349 7666745 

bagni in comune, gruppi fino a 12 persone. 

Possibilità di usufruire della lavatrice e del garage 

per biciclette o attrezzature ingombranti. 

La struttura si trova a pochi passi dalla stazione 

ferroviaria, dalla fermata dell’autobus e vicino 

al punto di ripartenza della Via degli Dei. 

www.affittacameredeglidei.net 

Tel. 338 5006348 

La stazione per dormire 

Il nome evoca il ricordo delle antiche “stazioni 

di posta” dove si poteva arrivare con 

le carrozze, dormire e fare il cambio cavalli, 

ma qui di antico c’è solo il palazzo in cui 

si trova la Guest House, gestita da Laura e 

Sofia, con al suo interno un ambiente caratteristico, 

completamente ristrutturato, con 

parquet e soffitti con volte in mattoncini. La 

stazione per dormire, vicino alla ferrovia, dispone 

di 8 posti letto in camere con bagno 

privato, piccolo giardino anche per la custodia 

di bici e moto, cucina ben accessoriata 

in condivisione fra tutti gli ospiti, Wi-Fi gratuito. 

Su richiesta: servizio lavanderia, prima 

colazione, pranzo a sacco e transfer per 

ospiti e bagagli. No animali. 

La stazione per dormire 

Tel. 392 7045729 

Magic of Mugello 

Sognate una seconda casa per trascorrere 

anche un breve week end sentendovi 

in un ambiente familiare? In Mugello 

questo sogno si può realizzare e si chiama 

Magic of Mugello, locazione turistica. 

È una casa intera di 40 mq con patio 

esterno per mangiare al fresco nella bella 

stagione. Ha una bella camera matrimoniale 

e bagno con doccia, oltre alla 

cucina/soggiorno con comodo divano 

letto. Un ambiente accogliente ed accuratamente 

arredato che grazie alle ottime 

recensioni anche su Air bnb e al 

gradimento degli ospiti, moltissimi dei 

quali stranieri, ha ottenuto il certificato 

di eccellenza dal circuito Booking.com. 

Il motto della padrona di casa di origine 

inglese Live like a local fa capire che 

trascorrere una vacanza qui sarà come 

stare fra le mura domestiche, ma in totale 

e piacevole relax. 

My Tuscany-The Magic of Mugello 

Tel. 391 7034033 

Intorno Firenze B&B 

«È il nostro primo lustro di attività» dice Rita, 

che con la famiglia gestisce il B&B Intorno 

Firenze, appartamento con 4 posti letto, 

cucina attrezzata ad uso esclusivo e 2 terrazze 

in zona tranquilla. «Sarà perché serviamo 

la prima colazione, anche con dolci 

fatti in casa, come la torta di mele che è il 

nostro pezzo forte, sarà perché stiamo attenti 

alle più svariate esigenze, fornendo 

un servizio anche per i celiaci, sarà perché 

mettiamo a disposizione biciclette, Wi-Fi 

gratuito, prepariamo pranzi a sacco su richiesta 

e portiamo i bagagli alla tappa successiva, 

ma quando gli ospiti ci dicono che 

si sentono come a casa, per noi è in assoluto 

il miglior complimento. Provare per 

credere!». 

www.intornofirenze.it 

Tel. 340 9348495 

Vacanze in Mugello 

Il B&B Vacanze in Mugello è sulla strada 

principale di San Piero a Sieve, in 

una zona riservata e silenziosa. Dispone 

di una grande camera accogliente 

con letto matrimoniale, uno a castello 

e la possibilità di aggiungere una culla. 

Ampio soggiorno per relax e lettura 

e bagno privato. Resede con piante e 

fiori dove gustare la colazione con dolci 

e ricette tipiche preparate dai gestori 

attenti anche alle esigenze di persone 

vegetariane, vegane o con intolleranze 

alimentari. Il B&B ha anche una piccola 

officina per l’eventuale riparazione 

delle biciclette che, così come le moto, 

possono essere custodite all’interno del 

resede. Nelle vicinanze ristoranti, pizzerie, 

negozi di vario genere e trasporto 

pubblico. 

www.holidayinmugello.it 

Tel. 347 5588512

Case 

d’artista 

Leda Giannoni 

Visita alla casa-studio della pittrice toscana, 

tra opere d’arte, strumenti musicali e raffinati 

complementi d’arredo 

di Barbara Santoro / foto courtesy dell’artista 

A 

differenza di molti artisti che conosco 

da tantissimi anni, con 

Leda l’amicizia è nata di recente. 

Conoscevo la sua opera pittorica ma 

non conoscevo la persona; appena vista 

si è creata subito una affinità affettiva 

ed una fratellanza di gusto e di stile. 

Per questo sono felice oggi di scrivere 

un articolo sulla sua bella casa d’artista, 

che qualche anno fa ho utilizzato 

anche per gli Incontri d’Arte con il professor 

Giovanni Cipriani. In una di quelle 

strade vicino a piazza D’Azeglio, in 

una di quelle belle dimore che furono 

create nel momento in cui Firenze divenne 

capitale d’Italia, vive e dipinge 

Leda Giannoni. La piazza fu creata dagli 

orti coltivati e dai terreni espropriati 

per pubblica utilità e fu concepita come 

una square inglese chiusa da una cancellata 

le cui chiavi erano in possesso 

solo dei proprietari delle case che si affacciavano 

sulla piazza.Vi fu creato anche 

un teatro: l’Umberto I, distrutto da 

un incendio nel 1899. Dalla porta d’ingresso 

dell’abitazione a pian terreno attraverso 

un arco si accede direttamente 

nel salotto: una stanza grande con bianchi 

divani e poltrone ed eleganti tendaggi 

drappeggiati. Un pianoforte a coda, 

sulla sinistra, fa comprendere l’amore 

di Leda per la musica, ed un altro più 

piccolo lungo il corridoio ci rivela che 

l’artista ha suonato molto sin da bambina. 

Un paravento di legno massello 

dipinto dalla padrona di casa con alcune 

magnolie protegge il caminetto. Oggetti 

eleganti, alzatine raffinate, argenti 

sbalzati, applique di cristallo sfavillano 

creando un caldo ambiente accentuato 

anche dal parquet di legno che riveste il 

pavimento. Una serie di fotografie in rutilanti 

cornici ci osservano dalle mensole 

delle librerie colme di libri e poste in 

Leda Giannoni nella sua casa-studio a Firenze 

cerchio su un tavolino. Ci colpisce una 

piccola scultura: la testa di un bimbo 

di Quinto Martini e dietro, sulla parete, 

una figura femminile di Ugo Capocchini. 

Un grande olio di Ottone Rosai do- 

Beatrice, tecnica mista, cm 50x70 

Camargue, olio su grassello, cm 50x70 

34 LEDA GIANNONI

nato al padre Otello, famoso ristoratore 

fiorentino, ci scruta mentre il nostro occhio 

è catturato dalle sfere in pietre dure 

appoggiate su piccoli sostegni e le 

magnifiche uova di struzzo collezionate 

in tanti anni. Un viso femminile dipinto 

da Primo Conti ci fa capire come 

Leda ed i suoi familiari abbiano a cuore 

soprattutto i pittori fiorentini del passato: 

Bueno, Peyron, Nomellini padre 

e figlio, Tirinnanzi, Loffredo. Piccole e 

grandi consolle accolgono candelabri, 

orologi, vasi di raffinata fattura con una 

grande quantità di fiori freschi ed essiccati, 

liberamente accostati per colore. 

Tante le opere di Leda dedicate alle bellissime 

figlie Beatrice e Veronica e alla 

nipote Giulia ritratta in momenti diversi 

della sua giovane vita. La madre Piera, 

seduta su una poltrona rossa con un 

abito grigio e cremisi, rivela una qualità 

eccelsa nella resa pittorica che ci fa 

ricordare il grande Matisse. Alle pareti, 

sparsi in bell’ordine, una carrellata di 

volti noti e personaggi famosi da lei ritratti: 

Riccardo Muti, il principe Alberto 

di Monaco, Katherine Cebrian (la grande 

dama di San Francisco immortalata 

da Robert Mapplethorpe), Madre Teresa 

di Calcutta, Giovanni Paolo II, Mario 

Luzi e Carla Fracci. A quest’ultima sono 

dedicati molti oli di varie dimensioni 

che la ritraggono nei famosi balletti 

mettendone in risalto il sentimento e la 

passione con la quale ha lavorato la celebre 

ballerina. Attraverso un lungo corridoio 

con le stanze che si affacciano di 

qua e di là, arriviamo allo studio di Leda, 

quasi nascosto ma non per questo 

meno intrigante. Un curioso pavimento 

di maiolica rosa antico delle manifatture 

di Vietri ci porta una ventata di 

sole mediterraneo ed una vecchia carrozzella 

laccata da neonato appoggiata 

quasi per caso ci riporta indietro nel 

tempo. Dentro, in bella mostra, riviste 

di cucina, arte, antiquariato e bricolage 

ci fanno intendere come questa pittrice 

ama la convivialità e quale donna 

eccezionale sia come cuoca e come padrona 

di casa. Grandi vetrate permettono 

all’artista di godere della luce fin 

dalle prime ore del giorno. Cavalletti, 

pennelli, tele finite o da completare, 

colori e tavolozze dialogano con una 

serie di piante grasse ed un “ficus” gigante, 

una civetteria tutta femminile. 

Un piccolo panchetto rivestito di velluto 

rosso osserva muto l’andirivieni dei 

committenti conservando per sé dialoghi 

segreti. Appoggiata su un cavalletto 

l’ultima creazione della Giannoni: un 

omaggio ad Andrea Bocelli che teneramente 

abbraccia la moglie Veronica di 

spalle. Entriamo nella camera da letto, 

dove troneggia un baldacchino di ferro 

smaltato di antica fattura, ai lati due comodini 

ottocenteschi accolgono piccoli 

oggetti finemente lavorati ed alle pareti 

le sue Madonne dipinte in occasione 

delle tante mostre a cui Leda ha partecipato. 

Maestoso il volto del Nazareno 

che più lo osservi più ti emoziona, 

ne percepisci la sofferenza, il dramma, 

ma da quelle sembianze appena tratteggiate, 

quasi disfatte dalla tristezza, 

emana una grande serenità e gli occhi 

che ti osservano donano una consolazione 

infinita. Non possiamo evitare di 

entrare nella cucina che ha un affaccio 

sul piccolo giardino e sulla terrazza; 

le mattonelle di maiolica bianca con 

piccoli disegni geometrici in blu ci ricordano 

che si tratta di una delle prime 

Ritratto di Giulia, olio su tela, cm 70x100 

cucine disegnate da Riccardo 

Barthel. Sul lungo tavolo 

di legno sono posizionate 

con garbo strisce rettangolari 

in blu e in bianco. Rifiniture 

in ottone e vasellame 

di rame scaldano quest’ambiente 

ed un’alzatina di cristallo 

mette in bella mostra 

mandarini, frutta di questa 

stagione. Le tele di Leda parlano 

del suo universo femminile 

con pennellate sicure 

e mai calcate, senza ripensamenti 

mettono in rilievo 

la luminosità del suo quieto 

vivere, ricco di sentimento 

e di eleganza formale. In alcuni 

quadri osa giocare con 

l’applicazione di creta o utilizza 

una tecnica mista a pastello 

ed olio; i paesaggi sono 

quelli della campagna toscana, 

del Chianti e della Versilia, 

dove ha vissuto. Con il passare 

degli anni, il suo lessico 

si è arricchito di nuove nuance, 

di vibrazioni più forti, ma 

ha mantenuto integro il tessuto 

connettivo delle sue opere, 

quel tessuto espressione della 

grazia e dell’armonia che ce la 

fanno tanto amare come donna 

e come artista. 

Riccardo Muti, olio su tela, cm 55x40 

LEDA GIANNONI 35

Firenze 

Mostre 

Action: arte in azione 

Fino al 3 aprile al Florence Dance Center la mostra 

personale dell’artista vicentino Andrea Marchesini 

di Daniela Pronestì / foto courtesy dell’artista 

Prosegue la rassegna Etoile Toy/ Visual 

Art Florence promossa dal Florence 

Dance Center di Marga Nativo 

con la mostra Action, personale dell’artista 

Andrea Marchesini. Pur richiamando l’elemento 

dinamico-gestuale della sua cifra 

pittorica, la parola “action” in questo caso 

non si limita a descrivere il solo fattore 

stilistico né lo slancio vitalistico tout court. 

Si tratta, invece, della manifestazione di un 

processo ben più profondo, vicino nel significato 

alla praxis aristotelica, vale a dire 

un’azione in cui entrano in gioco riflessione, 

intenzione e consapevolezza. “La vita è 

azione e non produzione”, afferma Aristotele, 

operando una distinzione, oggi sempre 

più labile, tra l’agire e il fare, e quindi 

tra ciò che è scelta, pensiero, visione, ricerca 

di senso del proprio stare al mondo 

ed agire sul mondo, e ciò che, invece, rientrando 

nella sfera della produzione, del 

fare strumentale ad uno scopo, trasforma 

l’azione umana, e quindi l’uomo stesso, 

in un tramite e non in un fine. Vivendo 

in un’epoca in cui i ritmi esistenziali sono 

sempre più scanditi dalla produzione e dal 

consumo a discapito della libera determinazione 

dell’individuo, diventa essenziale 

dunque ritornare ad “agire”, destando 

le coscienze dal torpore del pensiero unico, 

dai meccanismi alienanti dei linguaggi 

seriali, dall’implacabile ripetitività di azioni 

subite e non agite. Riportare la riflessione 

artistica sul piano dell’azione e della prassi 

significa permeare l’opera di un fare interrogante 

e veritativo rispetto al mondo, 

conciliando l’utopia con la speranza di una 

salvezza possibile. Aspirazione che spinge 

Marchesini a ritrovare le origini del pensiero 

mitico e del naturalismo “ingenuo” dei 

graffiti preistorici per arrivare ai varchi irrazionali 

dell’automatismo surrealista, all’organicismo 

materico dell’arte informale, ad 

un’idea della tela come campo di tensione 

dove si compie il rituale segnico - gestuale 

di matrice astratto - espressionista. 

Nasce così un’immagine “multipla”, stratificata, 

dove ogni elemento condiziona l’altro 

e ne è a sua volta condizionato, in un 

continuo processo generativo - sempre 

regolato dal colore - di segni astratti, relitti 

figurali e metafore naturalistiche. Presenze 

che “brulicano” sulla tela ora espandendosi 

in contrappunti ritmici, ampie volute 

e spirali mai prive di un disegno coreografico 

ora invece organizzandosi in visioni 

evocative di paesaggi, parvenze umane o 

forme organiche. E se lo scopo, dunque, 

è rispondere alla crisi etica ed estetica del 

presente ritornando ad una condizione originaria 

che precede quelle che Marchesini 

definisce “forme minacciose ed ossessive 

della civiltà” e ancora “un labirinto di incubi 

da eludere per tentare la salvezza”, 

l’unica via possibile, quella che l’arte può 

percorrere, è ridare potere all’immaginazione, 

unica vera forma di “ribellione” ad 

un sistema che ormai controlla le nostre 

vite sotto ogni aspetto. Del resto, proprio 

l’immaginazione, con le sue articolazioni 

archetipiche, simboliche e mitiche, ci riporta 

alle origini della creazione, a quella 

“pulsione” innata che per la prima volta ha 

spinto l’uomo a lasciare un segno del proprio 

passaggio sulla parete di una caverna. 

Ieri come oggi, l’immaginazione è garante 

di quella libertà che l’arte di Andrea Marchesini 

celebra come valore imprescindibile. 

Oltre alla coreografia ideata da Angelo 

Egarese per Kinesis CDC ispirandosi alle 

opere dell’artista, l’inaugurazione della 

mostra ha visto l’esibizione canora dei so- 

prani lirici Karabulut Idil e Kilic Cemille 

Ozlam, coordinate dalla professoressa 

Anna Di Gennaro e accompagnate al pianoforte 

dal maestro Marco Bucci. 

Amusement, tecnica mista su tela, cm 152x147 

Florence Dance Center 

Borgo della Stella 23/r - Firenze 

Dal lunedì al venerdì 

10:00 - 13:00 / 14:30 - 20:00 

www.florencedance.org 

info@florencedance.org 

www.andrea-marchesini.it 

Da destra, Daniela Pronestì, curatrice della mostra e della rassegna Etoile Toy, Marga Nativo, 

direttore artistico del Florence Dance, il coreografo Angelo Egarese, i soprani lirici Idil Karabulut 

e Kilic Cemille Ozlam e l’artista Andrea Marchesini 

36 ANDREA MARCHESINI

Storie dal 

Mondo 

Marocco 

Chefchaouen: la città azzurra patrimonio 

dell’UNESCO dal 2010 

Testo e foto di Stefano Pensotti 

Chefchaouen, pittoresca cittadina 

del Marocco settentrionale 

oggi abitata da popoli berberi, è 

stata fondata nel 1471 da un gruppo di 

esuli musulmani ed ebrei in fuga dalla 

Spagna dopo la riconquista cristiana 

dell’Andalusia. Per questa ragione la 

parte più antica della città ha un aspetto 

simile a quello dei villaggi andalusi, 

con piccole vie dal tracciato irregolare. 

Mentre oggi è una mèta turistica 

abbastanza conosciuta, per molti secoli 

è stata chiusa all’ingresso degli stranieri 

perchè considerata “sacra” dalla 

popolazione islamica. La situazione è 

cambiata negli anni Cinquanta del secolo 

scorso quando, con l’instaurazione 

del protettorato spagnolo nel nord 

del Marocco, Chefchaouen è uscita dal 

proprio isolamento. E’ chiamata anche 

“città azzurra”, dal colore con cui sono 

state dipinte negli anni Trenta del ‘900, 

secondo la tradizione ebraica, le case e 

le strade della “medina”, cuore antico 

di Chefchaouen caratteristico anche per 

i portoni in legno intagliato e le cornici 

in maiolica. Nel 2010 è stata dichiarata 

Patrimonio Mondiale dell’Umanità 

dall’UNESCO. 

www.stefanopensotti.com

Firenze 

Mostre 

Francisco Smythe 

Fino al 29 marzo a Palazzo Medici Riccardi una mostra ripercorre 

la storia dell’artista cileno ricordandone il legame con Firenze 

di Elena Maria Petrini / foto Paolo Angelosanto ed Elena Maria Petrini 

La mostra in corso fino al 29 

marzo nelle Sale Fabiani di Palazzo 

Medici Riccardi a Firenze 

ripercorre il fecondo cammino artistico 

di Francisco Smythe (Puerto Montt, 

17 aprile 1952 - Santiago, 23 novembre 

1998), proponendo una selezione 

di opere dove uomo ed artista formano 

una coppia indissolubile. La formazione 

artistica del pittore cileno è influenzata 

da due episodi: l’epoca del golpe 

che rovescia Salvador Allende per dare 

inizio alla dittatura di Pinochet e quando, 

nel 1978, lascia il Cile per venire in 

Italia, dando così inizio ad un intenso 

e ricco dialogo culturale tra le due nazioni. 

Dal 1979 si stabilisce a Firenze, 

dove, grazie ad una borsa di studio, frequenta 

i corsi di Storia dell’Arte presso 

la Facoltà di Lettere e Filosofia, vivendo 

la nascita della Transavanguardia e 

avviandosi verso una sperimentazione 

visiva dove prevalgono colore, luce 

e allegria. Firenze diviene così il centro 

della felice creatività di Smythe, il 

cuore pulsante e insondabile dell’opera 

dell’artista, capace di trasformare e sintetizzare 

in bellezza anche semplici oggetti. 

Dalle figure simboliche e cariche 

di storia a quelle mistiche e sfarzose, 

passando attraverso i fiori, i paesaggi 

e il tessuto urbano spesso nebuloso e 

carico di malinconia: un universo variegato 

che ben riflette l’identità profonda 

dell’artista e i suoi contatti con la cultura 

italiana. La mostra è stata inaugurata 

il 6 marzo alla presenza del consigliere 

delegato al Turismo e al Lavoro Marco 

Semplici. L’esposizione è promossa 

dall’Ambasciata del Cile in Italia, con 

la collaborazione della Città Metropolitana, 

il Ministero degli Affari Esteri del 

Cile, il Comune di Firenze e il patrocinio 

dell’Istituto Italo - Latinoamericano. Tra 

i testi in catalogo, anche un contributo 

di Anna Paola Concia, assessora alla 

Cooperazione e Relazioni Internazionali 

del Comune di Firenze. 

Da sinistra Elena Maria Petrini con Fernando Ayala, ambasciatore del Cile, Antonio Arèvalo, 

addetto culturale dell’Ambasciata del Cile e co-curatore della mostra, Maria Teresa Ricasoli, 

console onorario del Cile a Firenze e Anke Kessler, moglie dell’ambasciatore 

Elena Maria Petrini con Antonio Arèvalo, addetto culturale dell’Ambasciata del Cile e curatore 

della mostra insieme a Paulina Humeres 

Uno scorcio della mostra in corso fino al 29 marzo nelle Sale Fabiani di Palazzo Medici Riccardi 

38 FRANCISCO SMYTHE

Eventi in 

Toscana 

Vele storiche e automobili d’epoca riunite 

lo scorso ottobre a Viareggio per un premio 

all’eleganza del design italiano 

di Elena Maria Petrini / foto Marco Trainotti ed Elena Maria Petrini 

Lo scorso ottobre l’associazione 

Vele Storiche Viareggio, presieduta 

da Gianni Fernandez e 

diretta per quanto riguarda gli eventi 

culturali dal professor Roberto Giacinti, 

ha organizzato un Concorso di Eleganza 

riservato ad imbarcazioni ed auto 

storiche. L’accostamento tra vele storiche 

ed automobili d’epoca ci fa meglio 

comprendere come entrambe queste 

categorie di mezzi siano meritevoli di 

attenzione in quanto possono essere 

a pieno titolo annoverati tra i beni culturali 

della nostra nazione. Le magnifiche 

imbarcazioni hanno partecipato al 

Trofeo Bisonte in base alla valutazione 

dello scafo, del piano velico, degli interni, 

ma anche al fascino, all’originalità 

e alla rarità del natante. Il Trofeo Vele 

Storiche è riservato alle elegantissime 

autovetture presentate e selezionate in 

base a severi criteri tra cui: stato della 

carrozzeria, motore, restauro, tappezzerie 

ed interni. Senza dimenticare, ovviamente, 

la potenza che una vettura “di 

razza” deve sprigionare. È stato presentato 

inoltre il libro intitolato Nodi intrichi 

comprensibili di Monica Martella ed 

Andrea Maggiori, esperti internazionali 

che con questo saggio hanno illustrato 

nozioni di base sul funzionamento dei 

nodi e sui procedimenti di costruzione 

delle corde ed altre invenzioni in campo 

nautico. L’evento è stato accompagnato 

anche dalla mostra a tema di Emanuela 

Tenti, le cui opere si trovano nei musei 

navali di diverse città italiane (Imperia, 

Cesenatico, Napoli, Capri, La Spezia) e 

in molte collezioni private. La serata si è 

conclusa con una gustosa degustazione 

di tipicità toscane curata per alcuni 

piatti da Paolo Gozzini. 

Marco Paoletti col professor Roberto Giacinti, consigliere ed addetto agli eventi dell’associazione 

Vele Storiche Viareggio, durante la manifestazione. 

Alcune delle macchine d’epoca presentate in concorso 

Regata delle vele storiche 

VELE STORICHE VIAREGGIO 

39

Lacerazioni, tecnica mista su tela di juta, cm 65x90 

Bassa marea, tecnica mista su tela di juta, cm 50x50 

Giuseppe Rizzo Schettino vive e lavora a Firenze, dove esercita la professione di architetto. L’autonoma preparazione delle tele 

gli consente di generare, mediante la stesura di resine, una particolare texture superficiale, che contribuisce a conferire un 

intrigante carattere compositivo e grafico alle sue opere; tali segni visivi, creano un’alternanza di lacerazioni e di fratture che 

contribuiscono, unitamente al colore acrilico e all’acqua, a conferire all’opera pittorica una spiccata matericità, una profonda 

energia, una notevole forza espressiva e piacevoli sensazioni tattili. 

Impronte fossili, tecnica mista su tela di juta, 

cm 50x50

Sovrapposizioni, tecnica mista su tela juta, cm 50x50 

Nana rossa, tecnica mista su tela juta, cm 65x90 

I dipinti di Giuseppe Rizzo Schettino coniugano il reale con l’immaginario, la poesia con l’enigma, il senso con la ragione. Segni 

e colori si fondono armonicamente, mentre le dinamiche tonalità e le sovrapposizioni materiche convergono, nella libera gestualità 

del colore, in una dimensione nuova e sconosciuta. La narrazione, eseguita con libera gestualità pittorica, evoca mondi 

fantastici attraverso affascinanti composizioni cromatiche.

Eventi in 

Toscana 

A Villa Viviani un incontro promosso dai Lions Club 

Firenze Scandicci, Le Signe e Firenze Cosimo de’ Medici 

per ricordare i settant’anni della Costituzione Italiana 

Ospite della serata Ugo De Siervo, Presidente Emerito della Corte 

Costituzionale e insigne giurista 

Testo e foto di Maria Grazia Dainelli 

Lo scorso 21 febbraio nella splendida 

cornice di Villa Viviani sulle 

colline di Settignano si è tenuto 

un incontro sui settant’anni della Costituzione 

Italiana organizzato dai Lions 

Club Firenze Scandicci, Le Signe e Firenze 

Cosimo de’ Medici. Dopo l’introduzione 

del giornalista del quotidiano 

La Nazione Fabrizio Morviducci, la serata 

è proseguita con l’intervento del 

presidente emerito della Corte Costituzionale 

ed insigne giurista Ugo De Siervo 

che ha spiegato al nutrito pubblico 

presente in sala i valori fondanti della 

Costituzione, ricostruendone, anzitutto, 

le radici storiche: dalla firma dell’allora 

capo provvisorio dello Stato Enrico 

De Nicola il 27 dicembre 1947, dopo 

diciotto mesi di lavoro dell’Assemblea 

Costituente, all’entrata in vigore nel 

gennaio 1948, con 139 articoli e 18 disposizioni 

transitorie e finali. De Siervo 

ha sottolineato inoltre l’importanza 

Un momento dell’incontro a Villa Viviani 

Da sinistra, Daniele Greco, I° vice governatore, Filippo Ciampolini, presidente di Circoscrizione, Andrea 

Brini, presidente Lions Club Le Signe, Paolo Dieni, presidente Lions Club Firenze Scandicci, il 

professor Ugo De Siervo, Stefano Tomè, presidente Lions Club Cosimo de’ Medici, e Fabrizio Morviducci, 

giornalista del quotidiano La Nazione 

di riformare la Costituzione, già modificata 

35 volte senza intaccarne tuttavia 

i principi fondamentali. Ha posto poi 

l’accento sull’articolo 3 secondo comma, 

riferendosi all’impegno dello Stato 

in difesa dei più deboli contro ogni diseguaglianza, 

ha parlato dell’indipendenza 

della magistratura dal potere politico, 

ha ricordato la norma secondo cui tutti 

i cittadini sono uguali davanti alla legge. 

Ha concluso tra gli scroscianti applausi 

di un pubblico attento e appassionato, 

sottolineando come la Costituzione porti 

bene i suoi settant’anni. 

Nato nel 1942, Ugo De Siervo si 

è laureato cum laude in Diritto 

Costituzionale presso la Facoltà 

di Giurisprudenza dell’Università di 

Firenze nel 1965. Nel 1969 è diventato 

assistente ordinario di Diritto Costituzionale, 

nel 1972 professore incaricato 

presso la Facoltà di Giurisprudenza 

dell’Università di Sassari e poi di Firenze. 

Nel 1976 ha vinto il concorso a cattedra 

di Diritto Pubblico, insegnando 

Diritto Pubblico, Diritto Regionale e Costituzionale 

nelle Università di Firenze 

e Salerno. Nel 2002 è stato nominato 

giudice della Corte Costituzionale, divenendone 

presidente nel 2010. Al termine 

del mandato gli è stato conferito il 

titolo di presidente emerito della Corte 

Costituzionale. Direttore di vari gruppi 

di ricerca, è autore di molti scritti sulla 

storia della Costituzione Italiana. 

42 

UGO DE SIERVO

A cura di 


Obbiettivo 

Fotografia 

Marco Poggioni 

Viaggio nel cuore della natura, tra specie animali poco conosciute e paesaggi 

ai confini del mondo 

Civetta delle nevi: bellissimo uccello che vive nella parte più settentrionale della 

terra, qui fotografato in Canada, in pieno inverno, durante una bufera di neve 

Aquile di mare coda bianca: su un lago ghiacciato della Lapponia 

finlandese due aquile si affrontano per contendersi un po’ di cibo 

Ha iniziato ad occuparsi di fotografia 

all’età di quindici 

anni, ricevendo in regalo 

la gloriosa Asahi Pentax Spotmatic. 

Dopo anni di fotografia e sviluppo in 

una camera oscura ricavata in casa, 

impegni di lavoro e familiari hanno 

convogliato i suoi interessi altrove. 

Nel frattempo però cresceva in lui 

l’amore per la natura, per gli animali 

e soprattutto per la montagna, con 

una vera passione per tutti gli sport 

praticabili in quell’ambiente. Dai primi 

anni 2000 riscopre la passione per 

la fotografia, dapprima in funzione 

dei viaggi, ma poi sempre più orientata 

verso la natura. Ama tutte le fasi 

legate alla fotografia naturalistica: 

lo studio del progetto, la sua organizzazione, 

il viaggio per fotografare 

una particolare specie animale o un 

comportamento specifico. Immergendosi 

in ambienti spesso selvaggi 

o in condizioni climatiche estreme, 

ritrova se stesso e percepisce la vera 

posizione dell’uomo nel disegno della 

natura. «La fotografia fornisce la 

possibilità di fermare sensazioni ed 

emozioni, e se talvolta è in grado 

di trasmetterle agli altri, credo allora 

che abbia raggiunto il suo vero scopo», 

dice Marco che cerca di superare 

il puro aspetto documentaristico 

per cogliere l’essenza di una situazione, 

prediligendo gli ambienti più 

freddi come il Grande Nord, dove gli 

esseri viventi sono riusciti ad adattarsi 

in modo mirabile e dove la sopravvivenza 

è più difficile. 

mrcpgg@gmail.com 

www.marcopoggioni.com 

Zebre alla pozza. È notte in Sudafrica: due zebre si avvicinano guardinghe ad una pozza d’acqua per dissetarsi 

MARCO POGGIONI 

43

Ritratti 

d’artista 

Dal cHaos alla Luce 

Si è da poco conclusa al MA-EC di Milano la 

mostra personale del maestro Giuseppe Ciccia 

Riunite per l’occasione più di trenta opere 

tra dipinti, sculture, installazioni e video 

di Fabrizio Borghini / foto Charl 1953 (Carlo Catanzaro) e Sofia Obracaj 

Dal 30 gennaio al 28 febbraio il 

MA-EC di Milano ha ospitato la 

mostra personale del maestro 

Giuseppe Ciccia intitolata Dal cHaos alla 

Luce. Riunite per l’occasione oltre 

trenta opere - dipinti, sculture, installazioni 

e video - distribuite sui due piani 

della galleria, in un allestimento volto 

ad illustrare ai visitatori le peculiarità 

del pensiero e della poetica dell’artista. 

Scrivendo di Giuseppe Ciccia, Francesco 

Gurrieri, architetto e professore di 

Restauro all’Università degli Studi di Firenze, 

si è così espresso:«Si può parlare 

solo con prudenza di Espressionismo 

Astratto per il lavoro di Ciccia. Che è un 

lavoro dirompente, com’è la sua stessa 

figura umana: generosa, pragmatica, 

aperta anche ed ancora all’investigazione 

delle tecniche artistiche. Non fisserei, 

dunque, le coordinate di Ciccia in 

un’area, ma parlerei piuttosto di un 

“moto di nuove forme”, di un “moltiplicatore 

neoformale e poliformale. 

(…) Questa dei debiti culturali con l’espressionismo 

astratto è una traccia 

feconda che lo accompagna ancor oggi; 

ad esempio, il riferimento a Franz 

Kline, vale non solo per la pittura, ma 

soprattutto per le doti di disegnatore e 

per le sue tele bianco/nero che ci riportano 

a giganteschi ideogrammi cinesi; 

altro modello è quello di Kooning 

implementato da influenze di Hartung, 

almeno per quanto pertiene l’Astrattismo 

Europeo. Ma lo screening per 

Ciccia dovrebbe poter continuare, soprattutto, 

per qualche vicinanza contemporanea 

con Cecily Brown, né è 

da trascurare il “decorativismo onirico” 

di Mental Maps, ove straniamento/alienazione/disorientamento 

sono 

una delle spinte maggiori». Altrettanto 

illuminante il giudizio di Maurizio Vanni, 

storico e critico d’arte e direttore del 

Museo di Arte Contemporanea di Lucca 

che a proposito dell’artista afferma: «Le 

astrazioni di Giuseppe Ciccia, apparentemente 

distanti dalla realtà, tracciano 

un linguaggio estetico che proprio da 

alcuni dati oggettivi prendono spunto. 

Lontano dal voler illustrare il naturale, 

l’artista siciliano, attraverso l’esplosione 

materica e l’irruenza del segno, è 

proteso a rendere visibile quella dimensione 

parallela, ma anche sinergica, alla 

vita reale e che si iscrive nella psiche 

e nell’istintualità umana. Per Ciccia l’atto 

creativo si esplica con un impegno 

fisico che riproduce quel moto sentimentale 

e quelle sensazioni che scaturiscono 

dall’osservazione del reale. 

L’empatia che si instaura tra il pittore e 

Giuseppe Ciccia con gli artisti Vincenzo Calli e Ornella Piluso (in arte topylabrys) 

L’artista con Peishuo Yang (alla sua destra), 

titolare della galleria MA-EC, e la dottoressa 

Anna Manzi 

44 GIUSEPPE CICCIA

Una panoramica della mostra 

il mondo circostante prende consistenza 

nella non-forma: moti disordinati, 

rapide linee tracciate impulsivamente, 

colori primari che si intersecano con il 

neutro del bianco e del nero, traducono 

visivamente ciò che viene rielaborato 

dai sensi e dall’intelletto. Un turbinio 

di tracce, linee e segni ancestrali che 

spiazza la ragione e ammicca direttamente 

all’emisfero destro del nostro 

cervello. Le opere di Ciccia non corrispondono 

a una riflessione nostalgica 

e pessimistica sul presente, non intendono 

rallentare la crescita artistica degli 

artisti sperimentatori della nostra 

contemporaneità, bensì vogliono dimostrare 

quanto il passato possa dialogare 

con il presente, quanto la storia 

Nato a Messina nel 1946, dopo 

aver conseguito il diploma all’Istituto 

Statale d’Arte di Messina, 

Giuseppe Ciccia si trasferisce a Firenze, 

dove completa gli studi di pittura all’Accademia 

di Belle Arti con Gastone Breddo, 

Giancarlo Caldini e Silvio Loffredo. 

Nel 1963 inizia la sua avventura artistica: 

viaggia tra Messina, Roma, Firenze, Parigi, 

Basilea, New York e Tokyo, entrando 

in contatto con i grandi movimenti 

dell’arte contemporanea. Nel 1975 fonda 

il movimento artistico denominato AS- 

SURGENTISMO, con il chiaro intento di 

riportare l’arte al centro della vita, alla sua 

condizione naturale intesa come evoluzione 

dello spirito. Ed è proprio in questo 

dell’arte antica possa incontrare quella 

contemporanea per mezzo di una danza 

sfrenata e magica in un tempo senza 

tempo». L’inaugurazione della mostra, 

preceduta da un’apertura riservata ad 

ospiti di rilievo, ha visto la presenza di 

molte personalità del mondo artistico 

milanese e non solo. 

Giuseppe Ciccia 

Via Ludovico Cigoli, 51/int. 

50142 - Firenze 

+39 338.2908705 

www.giuseppe-ciccia-arte.com 

g.ciccia@alice.it 

giuseppeciccia1@gmail.com 

clima di fecondi elementi di innovazione 

e di contraddizione che prende avvio 

il suo percorso artistico ed esistenziale. 

Giuseppe Ciccia ha al suo attivo numerose 

esposizioni; sue opere fanno parte 

di prestigiose collezioni e musei pubblici 

sia in Italia, sia all’estero. Presente alla 

Xª Quadriennale di Roma (1975), ha 

esposto in importanti sedi istituzionali 

e culturali tra cui: Palazzo Civico (Siena, 

1984), Palazzo Cocchi - Donato Serristori 

(Firenze, 1988), Palazzo Lanfranchi (Pisa, 

1988), Sala dell’Accademia delle Arti 

e del Disegno (Firenze, 1989), Seminario 

Vescovile (Fiesole, 1989), Palazzo Pretorio 

(Certaldo, 1990), Sala dell’Accademia 

delle Arti e del Disegno (Firenze, 1990), 

Palazzo Pretorio - Museo Civico (Prato, 

1992), Basilica di San Lorenzo - Salone 

Donatello (Firenze, 1995), Palazzo Datini 

(Prato, 2005), Galleria del Palazzo Enrico 

Coveri (Firenze, 2006), Area e Museo 

Civico Archeologico di Fiesole (2009), 

Palazzo Zenobio (Venezia, 2012), Palazzo 

Medici Riccardi (Firenze, 2013), Sala 

delle Colonne, Palazzo Municipale (Pontassieve, 

2014), Fortezza Orsini – Sorano 

(Grosseto, 2016). Ha esposto inoltre 

a New York, Madrid, Basel, Dallas, Cannes, 

Shanghai, Dubai e Pechino. Nel 

2014 una sua opera intitolata Archeologia 

è stata collocata presso Palazzo Madama, 

sede del Senato della Repubblica 

Italiana a Roma. 

GIUSEPPE CICCIA 

45

Dimensione 

Salute 

Scienza dal volto umano: a Firenze, presso la Biblioteca 

delle Oblate, un ciclo di conferenze sulla bioetica 

Nel corso del primo appuntamento dedicato al tema della fecondazione 

artificiale sono state illustrate le tecniche attualmente in vigore, mettendo 

a confronto il punto di vista medico con la posizione della Chiesa cattolica 

di Anita Norcini Tosi 

È 

importante ricordare che una prima 

presa di coscienza dell’enorme 

potere della ricerca scientifica 

sulla vita umana si è avuta al termine della 

seconda guerra mondiale. Al processo 

di Norimberga, nel 1946, alcuni tra i gerarchi 

nazisti sotto processo da parte del 

tribunale militare alleato, erano medici accusati 

di gravi crimini compiuti nel corso 

di sperimentazioni scientifiche. Fu l’impatto 

morale e psicologico di queste rivelazioni 

a suggerire l’opportunità di elaborare dei 

principi etici per la ricerca scientifica condotta 

su soggetti umani. Nel Codice di Norimberga, 

primo testo internazionale di 

etica della sperimentazione, venne introdotto 

il principio fondamentale del consenso 

informato. Al Codice di Norimberga si 

collega la Dichiarazione di Helsinki approvata 

dall’Assemblea Medica Mondiale nel 

1974, che costituisce a tutt’oggi il testo di 

riferimento internazionale per l’etica della 

sperimentazione. È stato pertanto suggerito 

di collocare al 1946 la data di nascita 

della bioetica: pur non essendo ancora 

presentato il nome, vi era già una rinnovata 

riflessione etica sulla medicina, dettata 

dalla consapevolezza del pericolo che 

lo sviluppo incontrollato delle scienze poteva 

rappresentare per l’umanità. Durante 

gli anni ’60, come si è detto, la nascita della 

bioetica deve molto ad André Hellegers, un 

ginecologo dalle idee progressiste convinto 

che la Chiesa cattolica dovesse rivedere 

il proprio rapporto con la scienza. Infatti, 

nel 1964 diventa membro della commissione 

pontificia sul controllo delle nascite, 

favorendo il dialogo fra scienza e riflessione 

teologica. Obiettivo del ciclo di conferenze 

dal titolo Scienza dal volto umano 

con sede alla Biblioteca delle Oblate di Firenze 

è coniugare conoscenza e partecipazione 

a tematiche riguardanti le nuove 

frontiere mediche della cura del corpo, le 

scelte personali e gli interrogativi dell’anima. 

Il primo incontro intitolato Nel ventre 

di un’altra e dedicato al tema della procreazione 

artificiale ha visto come relatori 

46 BIOETICA 

i medici Caterina Serena (CRR Gravidanze 

ad Alto rischio, AOU Careggi) e Antonio 

Panti (Membro Commissione deontologica 

Nazionale, FNOM) e la teologa Anita 

Norcini Tosi. La dottoressa Caterina Serena 

ha illustrato le tecniche di fecondazione 

effettuate in conformità con le attuali 

norme di legge, distinguendo tra fecondazione 

intracorporea (inseminazione 

artificiale intracervicale, intraperitoneale, 

intratubarica, intrauterina, GIFT, GIPT 

con transfer intraperitoneale e GIUT con 

transfer intrauterino) e fecondazione extacorporea 

(FIVET, fecondazione in vitro 

e embryo-transfer, TEST, transfer intratubarico, 

ZIFT, zigote intratubarico, PRETT, 

preembrione intratubarico, ICSI, iniezione 

dello spermatozoo dentro l’ovocita). 

Il feto nell’utero materno in un disegno di 

Leonardo da Vinci 

Il dottor Antonio Panti ha spiegato gli intenti 

della bioetica laica, confermando le 

tecniche in uso ed attualmente adottate 

in quanto previste dalla normativa vigente. 

La teologa Anita Norcini Tosi ha messo 

in evidenza le indicazioni della Chiesa cattolica 

riguardo la fecondazione artificiale, 

sottolineando come siano inaccettabili le 

tecniche di tipo eterologo che prevedono 

il ricorso a gameti di donatori e donatrici: 

il desiderio di avere un figlio non può 

giustificare, infatti, la violazione del diritto 

del nascituro ad essere concepito all’interno 

di una coppia unita dal matrimonio. 

André Hellegers, il ginecologo olandese pioniere 

della bioetica 

Altrettanto deprecabile è la maternità surrogata, 

in cui una donna porta in grembo 

il figlio di una coppia con l’impegno di 

consegnarlo ai committenti dopo la nascita: 

ne consegue una frammentazione 

della figura materna e un uso strumentale 

del corpo della donna. Sono parimenti 

inaccettabili le tecniche extracorporee 

che, come la FIVET e la ICSI, prevedono 

il concepimento in vitro: in questo modo 

il concepimento viene separato dall’atto 

coniugale, facendo nascere la vita fuori 

dal corpo della donna ed esponendo 

gli embrioni così concepiti alla selezione 

eugenetica, alla manipolazione e alla dispersione. 

Vengono accettate, invece, le 

tecniche che si configurano come un aiuto 

all’atto coniugale e che conservano il 

legame antropologico fra l’amore coniugale 

e la trasmissione della vita. Fra le 

intracorporee la più usata resta la tradizionale 

inseminazione artificiale, ovviamente 

nella forma omologa, cioè all’interno della 

coppia: inseminazione artificiale (IA) 

intracervicale, intraperitoneale, intratubarica, 

intrauterina; GIFT (Gamete Intra Fallopian 

Transfer) e tecniche analoghe GIPT 

(con transfer intraperitoneale), GIUT (con 

transfer intrauterino).

Presente sul mercato da oltre trent’anni, l’azienda Mancini Restauri di Marco Mancini è 

specializzata in restauro di infissi, persiane, porte interne e portoni. La procedura utilizzata 

per il restauro degli infissi si basa su una particolare tecnica: la sverniciatura a bagno. 

Questo processo prevede l’uso di prodotti che consentono la ripulitura intera dell’oggetto 

riportandolo allo stato originario, tutto eseguito artigianalmente senza l’uso di macchine. 

Dopo questo passaggio, il restauratore procede con la verniciatura che, grazie a questa 

tecnica, rende l’oggetto come nuovo. Oltre alla professionalità e all’esperienza, Mancini 

Restauri offre alla propria clientela un servizio a 360 gradi: consulenza e preventivo gratuiti, 

smontaggio degli infissi e consegna a domicilio senza costi. In questi anni l’azienda 

si è occupata di rendere più belli i portoni e le porte di alcuni palazzi fiorentini e toscani in 

genere. Chi volesse abbellire la propria abitazione con un infisso, una porta o un portone 

restaurato può chiedere una valutazione a Mancini Restauri che, dopo un’accurata analisi, 

fornirà al cliente la soluzione migliore. (S.G.) 

Mancini Restauri 

Borgo Garibaldi, interno 76 

Certaldo (FI) 

+ 39 0571 656900 / + 39 334 7001350 

www.mancinirestauri.com 

info@mancinirestauri.com

Firenze 

Mostre 

Galleria degli Uffizi 

Inaugurate otto nuove sale dedicate ai grandi maestri del 

Seicento come Caravaggio, Rubens, Rembrandt e Velasquez 

Pareti rosso cremisi e luci orientate per un allestimento ispirato 

alla teatralità del Barocco 

di Barbara Santoro / foto courtesy Galleria degli Uffizi 

Otto sale dedicate al Caravaggio e 

alla pittura del Seicento: è il nuovo 

percorso museale al primo 

piano della Galleria degli Uffizi inaugurato 

lo scorso 19 febbraio, in coincidenza 

con l’anniversario della nascita di Maria 

Luisa de’ Medici, l’Elettrice Palatina che 

con il Patto di Famiglia del 1737 legò le 

collezioni medicee al capoluogo toscano. 

«Riunendo opere provenienti da paesi diversi 

si recupera il gusto internazionale 

dell’epoca», ha affermato il direttore degli 

Uffizi Eike Schmidt, che ha presentato al 

pubblico il nuovo allestimento realizzato 

in collaborazione con le curatrici delle varie 

sezioni coinvolte: Anna Bisceglia per 

la pittura toscana del Seicento, Francesca 

de Luca per la pittura del Cinquecento 

e Matilde Simari per la pittura italiana 

ed europea del Seicento. Per non intervenire 

sull’originale colore vasariano, sono 

stati creati pannelli di un bel rosso brillante 

realizzato con pigmenti naturali già 

utilizzati nel XVII secolo, molto simile alle 

tonalità cremisi dei parati e dei tessuti 

rappresentati nei quadri dell’epoca. L’architetto 

Antonio Godoli, che con Nicola 

Santini ha curato il nuovo allestimento, 

ha riaperto le grandi finestre a lunetta per 

favorire la combinazione tra luce naturale 

e illuminazione artificiale. Fondamentale 

per la riuscita dell’iniziativa il contributo 

degli Amici degli Uffizi e dei Friends 

of Florence. Alle otto sale sono stati dati 

nomi suggestivi: Tra realtà e magia, 

dedicata ai lavori di artisti ancora cinquecenteschi; 

Caravaggio e Artemisia, dove 

si trova tra l’altro il David e Golia di 

Guido Reni; Caravaggio:La Medusa, con 

il celebre scudo da parata raffigurante la 

Medusa posizionato in una nuova teca, 

accanto ad una statua romana di Minerva 

recante sul petto la testa della figura 

mitologica, all’Armida di Cecco Bravo e 

al quadro di Otto Marseus; Caravaggio: Il 

Bacco, dove oltre ai celebri capolavori del 

Caravaggio raffiguranti Bacco e il Sacrificio 

di Isacco, quest’ultimo attualmente in 

prestito per una mostra a Forlì, si trovano 

due Dispense dell’Empoli, un vaso di fiori 

di Carlo Dolci e una natura morta di Velasquez 

con evidenti richiami caravaggeschi; 

Lume di notte, dedicata alle scene 

illuminate da candele, tra cui la splendida 

Natività di Gerard Van Honsthorst, 

conosciuto come Gherardo delle Notti, 

l’Annunciazione di Matthias Stamer e 

la Carità Romana di Bartolomeo Manfredi; 

Rembrandt e Rubens, dove i ritratti di 

questi due eccelsi artisti sono posizionati 

accanto al grande ritratto di Van Dick; 

Galileo e i Medici, dove giganteggiano il 

ritratto di Galileo Galilei e il triplice ritratto 

In questa e nelle altre foto alcuni scorci del nuovo allestimento 

48 GALLERIA DEGLI UFFIZI

di Cosimo II, Maddalena d’ Austria ed il 

figlio Ferdinando II, tutti dipinti da Giusto 

Sustermans; la granduchessa indossa un 

ferma capelli circolare sul quale risplende 

il famoso diamante paglierino di 138 carati 

acquistato nel 1601 da Ferdinando I, 

portato a Vienna dai Lorena e scomparso 

già nell’Ottocento; Epica Fiorentina, dedicata 

ai temi trattati nell’ Orlando Furioso 

dell’Ariosto e nella Gerusalemme Liberata 

del Tasso, secondo le interpretazione 

di artisti come Cesare Dandini (Rinaldo e 

Armida) e Francesco Furini (Santa Caterina 

d’ Alessandria). «Le nuove sale - ha 

detto il sindaco di Firenze Dario Nardella 

- rappresentano una grande conquista 

per la città e un’occasione per aumentare 

il numero di visitatori della Galleria degli 

Uffizi». È l’augurio che i fiorentini rivolgono 

a Schmidt, ringraziandolo per questa 

meritoria iniziativa. 

GALLERIA DEGLI UFFIZI 

49

Obbiettivo 

Fotografia 

A cura di 


Gruppo fotografico Il Cupolone BFI – CAFIAP 

Premiati a Firenze i vincitori del 53° 

Trofeo Cupolone 

Attivo a Firenze dal 1961, il Gruppo 

Fotografico Il Cupolone 

(www.gfcupolone.net) vanta oltre 

cinquant’anni di storia e più di novanta 

iscritti, i cui progetti fotografici 

ed audiovisivi girano il mondo ricevendo 

premi e tributi. Costituito come associazione 

senza fini di lucro, il Gruppo 

è ormai punto di riferimento in Italia per 

la fotografia amatoriale. Molte le iniziative 

promosse, sempre in collaborazione 

con le istituzioni cittadine e con la FIAF 

(Federazione Italiana delle Associazioni 

Fotografiche). 

www.gfcupolone.net 

Fabio Del Ghianda, del dipartimento concorsi Fiaf, premia Maria Teresa 

Carniti; insieme a loro, Paolo Fontani (da sinistra) e Simone Sabatini, 

presidente del G.F. Il Cupolone 

A partire da destra, Carlo Lucarelli e Roberto Rossi, rispettivamente delegato 

regionale e presidente della Fiaf, con Riccardo Busi, presidente Fiap 

50 53° TROFEO IL CUPOLONE

Ritratti 

d’artista 

Lorenzo Bonamassa 

L’opera irriverente dell’artista fiorentino, sempre in 

bilico tra citazione e dissacrazione, utopia e disincanto 

di Daniela Pronestì / foto courtesy dell’artista 

Irriverente, trasgressiva, anticonformista: 

un’arte “scomoda” quella di Lorenzo 

Bonamassa, psichiatra per scelta, 

pittore per necessità. L’esperienza maturata 

dal medico influisce sulle scelte espressive 

dell’artista, indirizzandole verso una figurazione 

dal tono lucidamente visionario. Grumi 

di materia densi come sangue rappreso, 

corpi lacerati come in un’indagine autoptica: 

nell’opera di Bonamassa l’umano è 

sempre “troppo umano” per cedere alla retorica 

dei buoni sentimenti o alle lusinghe 

di una bellezza rassicurante. Quello rappresentato, 

invece, è un mondo esausto, 

stravolto, come sopravvissuto ad un evento 

apocalittico. È la messa in scena di una 

società “dismorfica”, dove l’umano volge 

al ferino, il naturale al tecnologico, il sublime 

al mostruoso; una mutazione identitaria 

Apokalypso, acrilico su polimaterico, cm 

60x60, 2017 

Lorenzo Bonamassa è nato e vive 

a Firenze, dove svolge l’attività 

di medico Psichiatra e Psicoterapeuta. 

Autodidatta, si dedica alle arti 

figurative e alla poesia da molti anni. 

Espone dal 2008 soprattutto nell’area 

fiorentina. Porta avanti un percorso artistico 

definito “espressionismo punk” 

o “iperespressionismo”, in cui sarcasmo 

e gioco, aggressività e protesta incontrano 

visionarietà e introspezione. 

Dal 2009 è membro del Gruppo Medici 

Pittori dell’Ordine Medici Chirurghi e 

Odontoiatri di Firenze. Dal 2014 è socio 

del Gruppo Donatello di Firenze. Dal 

2014 a luglio 2017 ha partecipato alle 

numerose manifestazioni artistiche della 

Galleria d’Arte Puzzle di Firenze. Da 

settembre 2015 partecipa alle performance 

dell’Urban Garbage Art (UGA), 

che trasforma i volti in maschere grottesche, 

i corpi in assemblaggi di materiali organici 

e sintetici, le piante in creature aliene. 

Un’estetica dell’ibrido, così potremmo definirla, 

dove le contaminazioni cromatiche 

e materiche messe a punto dall’artista riflettono 

l’intreccio di svariati riferimenti: 

dalla musica punk al rock underground, 

dalle figure della tradizione “alta” alle icone 

dell’arte pop. Un melting pot di stili che 

coesistono nell’opera, in un costante equilibrio 

tra citazione e dissacrazione, utopia e 

disincanto. Negare per affermare, distruggere 

per ricostruire: sembra essere questo 

l’intento di Bonamassa, che non fa sconti 

all’uomo del nostro tempo, ma anzi ne racconta 

aberrazioni e deformità per sottolineare, 

quasi “urlandola”, la necessità di un 

cambiamento. E se il futuro non lascia presagire 

scenari confortanti, il passato, invece, 

è carico di valori cui l’artista guarda non 

senza essere però combattuto tra riscoprire 

le proprie radici culturali o distaccarsene. 

Un conflitto ancora aperto nel suo universo 

artistico, dove ai corpi mutanti dell’era 

tecnologica si alternano Veneri classiche e 

bellezze rinascimentali. Come a dire: siamo 

nani sulle spalle di giganti. Anziché scegliere 

tra un presente vissuto e un passato soltanto 

vagheggiato, Bonamassa elabora un 

linguaggio eterogeneo, ricco di contrasti, a 

tratti disarmonico, dove ogni cosa - colore, 

materia, figura - concorre a tracciare una visione 

del mondo complessa e stratificata. 

Ciò che siamo stati, ciò che adesso siamo 

e ciò che forse diventeremo: su questo l’artista 

ci invita a riflettere, immaginando che 

nel destino dell’uomo ci sia ancora spazio 

per la speranza. 

dr.bonamassa@gmail.com 

L’Uomo, olio su tela e cartapesta con sacca 

riempita di rifiuti del mare, cm 100x70, 2017 

un’espressione artistica estemporanea 

e collettiva che trasforma in sculture e 

in dipinti i rifiuti ingombranti trovati accanto 

ai cassonetti; opere lasciate in loco 

in attesa di essere portate via, dando 

allo scarto una nuova vita prima della 

morte. A settembre 2017, insieme a altri 

artisti, ha creato il gruppo artistico 

d’avanguardia ART-avanti. 

www.lorenzobonamassa.it 

LORENZO BONAMASSA 

51

PASTICCERIA E NON SOLO... 

L’APERITIVO E I VINI… 

Dal martedì alla domenica, dalle 7.00 alle 22..00 

troverai uno spazio elegante e raffinato dove fare una pausa all’insegna 

della qualità e della raffinatezza 

Bottega di Pasticceria, Caffetteria, Lunch & Wine Bar in Firenze 

Lungarno Francesco Ferrucci 9c rosso - Firenze 

(+39) 055.6580313 

www.bottegadipasticceria.it 

info@bottegadipasticceria.it

Il gastronomo Arkiwine racconta... 

Prosciutto crudo toscano: produzione nel rispetto delle più 

antiche tradizioni contadine 

di Andrea Russo 

A cura di 


I prossimi appuntamenti di Arkiwine 

Testo e foto di Elena Maria Petrini 

I 

salumi si dividono in due grandi famiglie: 

quelli ottenuti da una porzione 

anatomica specifica e quelli da carne 

tritata e insaccata in budelli che chiameremo 

salami. Il prosciutto crudo toscano rientra 

nella prima famiglia. É ottenuto dal 

quarto posteriore suino, la coscia. Da ogni 

suino si ricavano due pezzi anatomici speculari 

che opportunamente salati verranno 

stagionati. La tecnica produttiva odierna 

non si discosta da quella eseguita dai nostri 

avi. Secondo tradizione l’uccisione del 

maiale e la lavorazione delle sue carni ricade 

nei mesi invernali, a cavallo tra dicembre 

e gennaio, il momento più rigido 

dell’anno. I moderni prosciuttifici non fanno 

altro che riproporre questa fase iniziale 

di freddo, tramite celle a temperatura ed 

umidità controllate. Effettuano 2 salature, 

una persa di sale che dura 20 giorni, per 

poi passare alla delicata fase di asciugatura 

che disidraterà i tessuti. Solo dopo 120 

giorni dal primo giorno di sale, le cosce saranno 

pronte per affrontare la lunga stagionatura. 

Nella produzione casalinga, invece, 

l’inverno è finito, la primavera è alle porte, 

i nostri prosciutti sono pronti per essere 

collocati in cantina. Come riconoscere un 

prosciutto di qualità? Iniziamo osservando 

la fetta. Notiamo due componenti ben 

distinte: la parte grassa e quella magra. Il 

grasso, preferibilmente di spessore almeno 

2 cm, deve essere bianco porcellanato, 

mai giallo ocra, indice di ossidazione. 

Analizzando il magro si osserva se c’è 

infiltrazione di grasso, la marezzatura, 

aspetto positivo. Mentre l’eventuale 

presenza di macchie scure, derivate da 

ematomi o piccoli ristagni di sangue, 

saranno valutati come difetti. Si porta 

la fetta al naso per valutare il grado di 

stagionatura. Sentori di nocciola e note 

tostate sono frutto di corretta lipolisi 

dei grassi, mentre sentori animali, 

cuoio per esempio, derivano dalla naturale 

proteolisi delle carni. Il Prosciutto 

Toscano Dop del Salumificio Gerini 

di Pontassieve (FI) evidenzia un equilibrio 

di sentori aromatici. In bocca l’attacco 

dolce ben bilancia il corretto apporto di 

sale, non sono presenti note amare, considerate 

difetto, ammesse solo in cosce sottoposte 

ad affumicatura, tipica di alcune 

realtà produttive dell’arco alpino. 

Contatta il gastronomo: 

andrearusso.gastronomo@gmail.com 

Antonella e Alessandra Gerini 

Dopo la bellissima serata trascorsa 

alla Fondazione Franco 

Zeffirelli, Arkiwine propone altri 

due eventi in cui il connubio tra storia, 

arte e territorio creerà una magica esperienza 

sensoriale. Dal 157° anniversario 

dell’Unità d’Italia all’inaugurazione del 

nuovo polo EnoTecnoArt presso gli spazi 

ICLAB. Vi aspettiamo per condividere 

questi percorsi culturali dove il divertimento 

sarà assicurato. 

Per info e prenotazioni scrivere a: 

atavolaconarte2018@gmail.com 

arkiwine@gmail.com 

ARKIWINE 

53

Personaggi 

Giampiero Maracchi 

La scomparsa del celebre metereologo e climatologo 

fiorentino, studioso di fama internazionale e grande 

divulgatore scientifico 

di Barbara Santoro 

Giampiero Maracchi, celebre 

scienziato, climatologo, professore 

e uomo impegnato in 

mille istituzioni ci ha lasciato all’età di 

75 anni. Era nato a Firenze nel maggio 

del 1943, professore emerito di climatologia, 

è stato fondatore e direttore 

dell’Istituto di Biometeorologia 

del CNR. Ha inoltre fondato il centro 

di studi per l’applicazione dell’informatica 

in agricoltura e il laboratorio 

per la Meteorologia e la Modellistica 

Ambientale della Regione Toscana 

(LAMMA). È stato membro e delegato 

nazionale di numerose commissioni 

scientifiche e tecniche della 

World meteorological organization, 

della Food and Agricultural organization 

e dell’Unione Europea. Delegato 

della Conferenza delle Regioni 

nel Consiglio di Amministrazione del 

CNR, ha fatto parte del Consiglio di 

Amministrazione dell’Università di 

Firenze; è stato presidente dell’Accademia 

dei Georgofili e della Fondazione 

Cassa di Risparmio di Firenze. 

Ha fondato, inoltre, l’Osservatorio dei 

Mestieri d’Arte (OMA), associazione 

che raccoglie oggi quindici fondazioni 

di origine bancaria in tutta Italia ed 

è considerato un organismo di primo 

piano nell’ambito della salvaguardia e 

della promozione dell’artigianato artistico. 

La sua acutezza e sagacia gli 

hanno dato fama internazionale; simpatico 

e comunicativo, sempre con la 

battuta pronta da vero toscano, aveva 

cominciato la sua carriera universitaria 

nel ‘73 e nel 1986 era diventato 

professore ordinario presso la Facoltà 

di Agraria. Nella sua casa, nella 

campagna di Bagno a Ripoli, oltre ad 

oggetti e libri di grande qualità, conservava 

un po’ di tutto. Sembrava di 

entrare in una bottega rinascimentale 

perché sapeva fare qualsiasi antico 

mestiere: battere il ferro, modellare il 

legno, lavorare il cuoio. Sapeva costruire 

lampade, tavoli, oggetti curiosi 

ed anche scarpe. Amante della 

buona cucina, apprezzava il cibo genuino 

ed era piacevole averlo come 

commensale. Pur essendo un uomo 

di scienza, con molti titoli e insignito 

di numerosi premi, era umile e sapeva 

parlare al cuore di tutti. Quando 

Giampiero Maracchi 

nel giugno del 1996, in poche ore caddero 

dal cielo 430 mm d’acqua devastando 

gran parte dell’alta Versilia, fu 

il primo a capire che si era rotto per 

sempre un equilibrio climatico. Il termine 

“bomba d’acqua” entrò da quel 

momento nel gergo comune per spiegare 

le improvvise e copiose piogge 

che in pochi minuti si abbattono su 

città e campagna. 

GIAMPIERO MARACCHI 

55

Fondazione 

Romualdo Del Bianco 

Il patrimonio mondiale per il 

dialogo interculturale per la 

protezione del Pianeta 

L’Assemblea Generale della Fondazione 

Romualdo Del Bianco richiama a Firenze 

esperti da ogni parte del mondo 

Presentata in prima assoluta la norma per la 

Certificazione per il Dialogo tra Culture Life 

Beyond Tourism 

di Fabrizio Borghini / foto courtesy Fondazione Romualdo Del Bianco 

Un Pianeta, un’origine, molte culture, 

un destino condiviso o nessuno. 

È questo il motto che ha 

accompagnato la 20ª Assemblea Generale 

della Fondazione Romualdo Del Bianco 

e il Simposio Internazionale Heritage for 

Planet Earth. L’evento, che si è tenuto a 

Firenze il 3 e 4 marzo, ha ruotato attorno 

al tema Il Patrimonio per il Pianeta Terra 

2018, declinato attraverso mostre, incontri 

e iniziative. L’obiettivo del Simposio 

2018 è collegato alla visione della Fondazione 

Romualdo Del Bianco: passare dal 

turismo dei servizi e dei consumi all’idea 

del viaggio come strumento di dialogo. 

Con la convinzione che ora più che mai 

la comunità internazionale debba favorire 

la conoscenza e il rispetto della diversità 

per lo sviluppo in pacifica coesistenza e la 

salvaguardia del pianeta, dando un nuovo 

senso al turismo e ricercando le opportunità 

date, ben oltre il turismo, dal viaggio 

e da oltre un miliardo e trecento milioni di 

viaggiatori. Durante la cerimonia di apertura 

è stata presentata la norma per La 

Certificazione per il Dialogo tra Culture Life 

Beyond Tourism DTC-LBT:2018, corredata 

da regolamento e linee guida, il libro 

La Certificazione per il Dialogo tra Culture 

nei Siti Patrimonio Mondiale e il Glossario 

Life Beyond Tourism. I corsi per formatori 

sono già stati avviati ed è stata 

presentata la programmazione del prossimo 

futuro. Attualmente i corsi sono in 

inglese e in russo, ma è in programma 

l’insegnamento dei formatori in lingua 

francese soprattutto per soddisfare le richieste 

dall’Africa. Numerose sono le 

realtà che hanno testimoniato la loro applicazione 

Life Beyond Tourism sui loro 

territori, a livello di università, di società 

civile, di amministrazione dei territori e 

di World Heritage. Particolarmente significativa 

è stata la conferma dell’adozione 

del modello Life Beyond Tourism 

per lo sviluppo territoriale da parte della 

rappresentante di UCLGA (United Cities 

and Local Government of Africa, organizzazione 

che raccoglie oltre 400 amministrazioni 

locali africane), la signora Najat 

Zarrouk, e del direttore generale della Biblioteca 

di Letteratura Straniera di Mosca, 

Vadim Duda, che fa capo a una rete 

di oltre 30 biblioteche statali disseminate 

in tutta la Russia, impegnate nella salvaguardia 

delle numerose identità culturali 

di questo vasto territorio. Alla cerimonia 

hanno partecipato oltre 200 tra specialisti, 

amministratori locali, rappresentanti 

di prestigiose istituzioni internazionali, 

ricercatori e docenti di università provenienti 

da oltre 88 città di 34 Paesi nei 4 

continenti. Ha inviato il proprio messag- 

Foto di gruppo dei convenuti all’assemblea 

56 

FONDAZIONE ROMUALDO DEL BIANCO

gio anche Giancarlo Mazzuca, giornalista, 

membro del consiglio di amministrazione 

della Rai ed esperto della Fondazione 

Romualdo Del Bianco. Fra i partecipanti: 

Eugenio Giani, presidente del Consiglio 

Regionale toscano; Mounir Bouchenaki, 

consigliere speciale del direttore generale 

Unesco e membro del consiglio del 

Centro Regionale Arabo per il Patrimonio 

Mondiale; Boguslaw Szmygin, preside 

della Facoltà di Ingegneria Civile e Architettura 

all’Università di Tecnologia di Lublino, 

presidente del Comitato Scientifico 

internazionale Icomos Teoria e Filosofia 

della Conservazione e del Restauro ed 

ex presidente di Icomos Polonia; Alexander 

Shunkov, rettore dell’Istituto Statale 

di Cultura di Kemerovo in Siberia; Vadim 

Duda, direttore generale della Biblioteca 

di Letteratura Straniera di Mosca; 

Najat Zarrouk, direttore della African Local 

Government Academy (ALGA) presso 

UCLGA (United Cities and Local Government 

of Africa) ed esperto della Fondazione; 

Kuznezov Sergey Nikolaevich, primo 

viceministro di Cultura e Turismo della 

Regione di Kaliningrad in Russia; Beldej 

Evstolia Aleksandrovna, consulente capo 

del Dipartimento dei Progetti Infrastrutturali 

del Ministero di Cultura e Turismo di 

Kaliningrad; Ebrahim Al Khalifa, vice direttore 

del Centro Regionale Arabo per 

il Patrimonio Mondiale Unesco; Corinna 

Del Bianco, direttore dell’Istituto Internazionale 

Life Beyond Tourism; Eraldo Vinciguerra, 

esperto della Fondazione per 

le relazioni con il Medio Oriente; Zhang 

Xiuzhong, presidente del Beijing Zhong 

Paolo Del Bianco, presidente della Fondazione Romualdo Del Bianco, Mounir Bouchenaki, 

consigliere speciale del direttore generale dell’Unesco e membro del consiglio del Centro Regionale 

Arabo per il Patrimonio Mondiale, Antonio Marrone presidente dell’associazione dei 

Bandierai degli Uffizi e alcuni bandierai 

Art International ed esperto della Fondazione 

per le relazioni in Cina. Tante le 

mostre e le iniziative che hanno accompagnato 

la due giorni, tra cui la Cerimonia 

per il 45° anniversario dei Bandierai degli 

Uffizi (1973-2018) con Antonio Marrone, 

presidente dell’associazione dei Bandierai. 

Si è ricordato il concorso fotografico 

Heritage for Planet Earth per sensibilizzare 

i giovani sulla fragilità del patrimonio 

mondiale e del pianeta Terra. È stata infine 

annunciata la call per il progetto Dante 

2021 che celebrerà il 700esimo anniversario 

della morte di Dante Alighieri: la coreografa, 

ballerina e videomaker francese 

Ghislaine Avan ha presentato all’assemblea 

la sua iniziativa, che prevede la lettura 

della Divina Commedia in tutte le 

lingue del mondo. Anche i momenti conviviali 

dell’assemblea hanno seguito il 

filo logico della conoscenza delle identità 

e delle tradizioni: infatti, i partecipanti 

hanno potuto degustare i prodotti italiani, 

dalla Sicilia al Trentino, con una presentazione/degustazione 

organizzata da 

Michele Taccetti di China 2000. Alcuni delegati 

si sono intrattenuti nei giorni immediatamente 

successivi all’assemblea per 

definire con la Fondazione le prossime 

iniziative per la diffusione del Movimento 

Life Beyond Tourism nei loro territori; 

tra questi citiamo il primo viceministro 

per la Cultura e Turismo della regione di 

Kaliningrad in Russia, Sergey Kuznezov, 

che – su indicazione del viceministro della 

Cultura della Federazione Russa, Oleg 

Ryzhkov – ha partecipato a Firenze e proposto 

di avviare la collaborazione con la 

formale sottoscrizione di un memorandum 

nel corso del prossimo 

Forum Internazionale di Economia 

a San Pietroburgo (24-26 maggio 

2018); la Città di Togliattigrad, con 

la rappresentante del sindaco per i 

rapporti Russia-Italia, Tatiana Burobina, 

in vista di una visita ufficiale 

a Firenze il prossimo 24 aprile 

per sottoscrivere lo stesso memorandum; 

l’Università di Wroclaw 

(Polonia), anche per prossime iniziative 

ispirate alla tema dell’architettura 

e sostenibilità ambientale. 

La prossima edizione dell’Assemblea 

Generale degli Esperti della 

Fondazione dal titolo Heritage for 

Planet Earth 2019 con Life Beyond 

Tourism è stata fissata per il 2 e 3 

marzo 2019. 

Un momento della manifestazione 

FONDAZIONE ROMUALDO DEL BIANCO 57

Dimensione 

Salute 

Osteopatia: un metodo terapeutico per 

il benessere generale della persona 

Ne parliamo con Stefano Masini, osteopata presso lo 

Studio Medico San Jacopino a Firenze 

di Fabrizio Borghini 

Ci puo spiegare che cos’è l’Osteopatia? 

Prima di definirla penso sia utile fare 

una breve introduzione. Negli ultimi decenni 

l’approccio alla salute dell’uomo 

ha espresso un cambio di prospettiva. 

La concezione del corpo umano come 

una macchina che risponde a leggi fisiche 

ha profondamente formato le nostre 

convinzioni: corpo e mente sono 

due entità separate, emozioni e funzioni 

organiche si muovono su terreni 

differenti. Ma questo punto di vista, 

soprattutto dopo alcune straordinarie 

acquisizioni scientifiche, si è scoperto 

insufficiente, poco convincente. 

Si è considerato allora un nuovo modello, 

detto olistico, che poggia su una 

visione globale dell’uomo. E anche la 

medicina moderna sta incoraggiando 

questa via: la PNEI (acronimo per 

Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia) 

studia le complesse comunicazioni 

fra tutti i sistemi corporei enfatizzando 

l’importanza della sfera psicologica 

ed emozionale. L’uomo diventa un’unità 

inscindibile. In questo senso l’Osteopatia 

è una terapia manuale rivolta alla 

globalità della persona e la sua finalità 

consiste nel ripristinare lo stato di salute 

della persona stessa. 

Cosa significa il termine Osteopatia? 

Abitualmente lo traduciamo come 

malattia dell’osso. In senso più ampio 

intendiamo qualsiasi patologia 

riguardante il sistema scheletrico. 

Ma Andrew Taylor Still (1828-1917), 

medico statunitense fondatore 

dell’Osteopatia, dà al termine il significato 

di “via dell’osso”: ovvero, 

tramite il sistema scheletrico si può 

ripristinare o mantenere la condizione 

di salute. 

Stefano Masini 

Cosa intende per salute? 

Nel nostro caso è la presenza di un 

movimento totalmente libero. E se ci 

pensiamo, la vita si manifesta come 

movimento. In quest’ottica l’Osteopatia 

aiuta l’individuo a recuperare la propria 

salute rimuovendo tutto ciò che ostacola 

il movimento. 

Di quali disturbi si occupa l’Osteopatia? 

Essenzialmente di due tipologie di disturbi: 

quelli muscoloscheletrici e quelli 

viscerali. I primi comprendono i dolori 

della colonna vertebrale e delle articolazioni. 

I secondi comprendono i disturbi 

funzionali dell’apparato digerente, respiratorio 

e genito-urinario così come la 

58 DIMENSIONE SALUTE

cefalea e le vertigini. È una distinzione 

puramente formale perché esiste una 

stretta correlazione fra queste due aree 

che si influenzano a vicenda. 

Ci può fare un esempio di questa correlazione? 

Ad esempio una problematica di reflusso 

gastroesofageo che provoca dolore 

nella regione scapolare e cervicale. Oppure 

un quadro di colon irritabile che 

determina una lombalgia. 

Come avviene una seduta? 

Nella prima seduta l’osteopata raccoglie 

tutte le informazioni sulla storia 

medica passata ed attuale del paziente 

e sul problema che lo ha condotto 

allo studio (personalmente dedico 

molta attenzione alle sue abitudini 

alimentari). Poi, attraverso una valutazione 

manuale e tramite dei test 

progressivamente più specifici, cerca 

di ricostruire il meccanismo alla base 

del problema. Fatto questo, passa al 

trattamento che comprende tecniche 

strutturali, viscerali e craniosacrali. 

Potrebbe spiegare lo scopo di queste 

tecniche? 

Le tecniche strutturali sono dirette alle 

articolazioni: il loro scopo è quello 

di recuperare il loro movimento fisiologico. 

I visceri toracici, addominali 

e pelvici hanno un movimento dettato 

dal ritmo respiratorio: le tecniche 

viscerali ristabiliscono la sintonia di 

movimento fra gli organi e la respirazione. 

Ecco perché nel trattamento 

si pone enfasi sull’attività diaframmatica. 

Le tecniche craniosacrali, infine, 

agiscono sulle ossa craniche e 

sull’osso sacro. Le meningi collegano 

queste strutture ed in Osteopatia questo 

asse è fondamentale per generare 

la salute nel nostro corpo. 

In quale fasce di età è utile l’Osteopatia? 

Senza dubbio è utile in tutte le fasce di 

età, dai bambini agli anziani. È chiaro 

che per ogni età esistono tecniche più 

adatte. Per concludere, sottolineo solo 

un dato significativo: l’Organizzazione 

Mondiale della Sanità stima che 

il 25% degli adulti sopra i 25 anni sia 

affetto da disabilità e dolore collegati, 

ad esempio, all’artrosi. Quindi, milioni 

di persone con una qualità di vita 

condizionata da sintomi e disfunzioni 

meccaniche potrebbero trarre un 

beneficio importante dal trattamento 

osteopatico. 

DIMENSIONE SALUTE 59

Firenze 

Mostre 

Mauro Maris 

Natura ed emozione nelle opere dell’artista toscano in mostra 

per tutto il mese di marzo al Baraka Caffè di Firenze 

di Rita Pini / foto courtesy dell’artista 

Il colore prende forma su tavole e sassi 

trasformandoli in un colore che si 

lascia toccare e divorare con gli occhi. 

Il colore come l’archetipo di conflitti 

piuttosto che di quiete: questo è Maris, 

il colorista dell’indefinito che orgoglioso 

si definisce il discepolo prediletto di 

Schifano, il pittore maledetto. L’artista inventa 

e mischia la materia dando origine 

a forti pulsioni che si manifestano nei toni 

forti e caldi del rosso sangue o del verde 

smeraldo inseguiti da esili sfumature 

bianche. Alla base nessun disegno o ab- 

bozzo o schizzo o prospettiva delineano lo 

spazio mai lasciato vuoto, un pozzo da riempire 

fino al bordo, con la conseguente 

scomparsa del vacuum. Il pennello, la 

spatola, le sue stesse mani sono le spade 

brandite dal valoroso guerriero del buon 

combattimento per visitare oceani, il cielo 

in tempesta, boschi incantati e lasciare 

emergere l’inconscio che vola libero senza 

catene. Maris ha il suo stile individuale che 

non vuole disegnare nulla per lasciar affiorare 

le sensazioni; il colore disegna strategie 

d’incontro con l’intuizione, la fantasia 

e perfino il mistero, capaci di generare la 

follia maledetta, il sale della vita che spinge 

l’uomo a ricominciare ogni volta, come 

se ogni volta fosse sempre la prima, con lo 

spirito del bambino interiore ritrovato. La 

suggestione dell’immagine e l’impressione 

che si deposita dentro, nascono dall’intruglio 

alchemico di un pittore che abbandona 

la sua mano in balia delle emozioni per 

superarle solo annegando in un oceano in 

cui gli abissi restano sempre oscuri. 

www.mauromaris.com 

+ 

Paesaggio tropicale, smalto su faesite, 

cm 50x70, 2016 

Percorso della vita, smalto su faesite, cm 125x85, 2017 

Paesaggio multiplo, smalto su faesite, cm 55x65, 2004 

60 MAURO MARIS

Mostra collettiva di arte contemporanea 

20 marzo - 9 aprile 2018 

A cura di Lucia Raveggi 

BRITTA CIANFERONI 

GIOVANNI A. DI TILLO 

MARIA GRAZIA FUSI 

COSETTA GARUGLIERI 

PAOLO GRUPPUSO 

ELENA MIGLIORINI 

MARIA CRISTINA NEVIANI 

LUCIA SOTTILI 

LIVIO TRASATTI 

Riprese televisive Toscana TV 

per la rubrica Incontri con l’Arte 

Inaugurazione 20 marzo ore 16:00 

AUDITORIUM AL DUOMO, Via Cerretani 54, FIRENZE 

Per info: + 39 333 97 04 402

La Pragma srl, azienda di Prato, 

opera nel settore dell’Outsourcing 

Alberghiero e dei Servizi Fiduciari 

La Pragma srl, fondata sull’esperienza 

lavorativa acquisita dai soci nel corso 

degli anni, opera nel settore dell’Outsourcing 

Alberghiero e dei Servizi Fiduciari. 

Il servizio base che l’azienda ha introdotto 

sul mercato è la gestione di 

appalti all’interno di Strutture Alberghiere, 

Centri Commerciali, Cantieri 

Edili e Strutture Pubbliche e Private, 

attraverso accordi di Partnership che 

tengano conto delle potenzialità recettive 

del partner prescelto e della 

volontà del cliente a voler sviluppare 

il proprio core business, concentrandosi 

su quest’ultimo e terziarizzando 

il resto. L’Azienda è ormai una realtà 

ben attestata sul territorio della Regione 

Toscana, in particolar modo nelle 

città di Firenze e Prato. 

I soci Francesco Bellantuono e Marco Vignoli 

La lunga esperienza maturata negli 

anni, ha dato a PRAGMA l’opportunità 

di servire importanti aziende leader 

nel settore del turismo, riferendosi soprattutto 

a strutture alberghiere a 3 e 

4 stelle. La soddisfazione del Cliente è 

massima quando riesce ad ottenere un 

ottimo servizio; per il raggiungimento 

di questo risultato PRAGMA è orientata 

a una scrupolosa organizzazione e gestione 

dei piani dell’Albergo, per permettere 

al Cliente di mantenere sempre 

alti gli standard di pulizia e qualità. 

62 PRAGMA

PRAGMA s.r.l. opera specificamente 

nel campo dei servizi di Vigilanza Non 

Armata, di Guardianato e Sorveglianza, 

di Portierato e Accoglienza Clienti. 

Il punto di forza qualitativo di PRAG- 

MA è nella sua capacità di essere 

presente in modo capillare e radicato 

sul territorio, del quale sviluppa una 

conoscenza mirata, unita all’efficace 

collaborazione con aziende che rappresentano 

la storia e l’eccellenza della 

vigilanza in Italia. 

Lo scopo di PRAGMA è quello di fornire, 

in ogni luogo e situazione in cui 

c’è bisogno di ordine, organizzazione 

e pulizia, un servizio completo ed efficace 

mettendo insieme, procedure, 

tecnologie e personale selezionato 

e affidabile per soluzioni flessibili e 

personalizzate. 

Gioco della Pallagrossa, Prato 

Pragma srl 

Via Traversa Fiorentina 6 

59100 Prato 

tel. 0574-636564 

fax 0574-635935 

www.pragmasrl.eu 

info@pragmasrl.eu 

PRAGMA 63

completo marzo

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