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completo marzo

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Invito a<br />

Teatro<br />

A cura di<br />

Luigi Del Fante<br />

L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA<br />

CONFESSIONE NOTTURNA DI UNA MORTE ANNUNCIATA<br />

Al Teatro Reims di Firenze il capolavoro di Luigi Pirandello: magistrale<br />

interpretazione di Fabio Baronti, originale regìa di Antonio Susini<br />

foto courtesy Teatro Reims<br />

«<br />

La<br />

rappresentazione deve<br />

essere sostenuta solo<br />

dal testo (e ovviamente<br />

dall’attore che lo recita). Da qui la<br />

scelta di scenografie scarne, in cui<br />

al massimo è presente qualche seggiola».<br />

Così dice Fabio Baronti, protagonista<br />

de L’uomo dal fiore in bocca,<br />

andato in scena al Teatro Reims di Firenze<br />

con la regìa di Antonio Susini.<br />

Come non rammentare, in proposito,<br />

quanto affermava Joseph Svoboda,<br />

grande scenografo e regista ceco<br />

(1920 – 2002): «Solo a mettere sulla<br />

scena un’unica sedia, già si suscita<br />

immediatamente un problema nella<br />

mente del pubblico: è una sedia reale,<br />

ma spinge ad interrogarsi sulla<br />

sua destinazione, sul suo significato;<br />

e così si comincia a creare un’atmosfera».<br />

Ho scelto di iniziare il discorso<br />

su questo allestimento pirandelliano<br />

partendo da questa dichiarazione<br />

d’intenti, chiara e potenzialmente ricca<br />

di suggestioni, pur nell’apparente<br />

proposito di essenzialità formale,<br />

proprio perché vi ho trovato perfetta<br />

coerenza di stile: scenografia scarna,<br />

gestualità sobria, dramma intimo,<br />

umanissimo. Il regista Antonio Susini,<br />

figlio del grande Gino, ha saputo affrontare<br />

il testo pirandelliano, credo,<br />

in modo serio, essenziale e con estrema<br />

misura, perfettamente consapevole<br />

del compito assai impegnativo<br />

che lo attendeva, dopo l’interpretazione<br />

straordinaria del padre nei miei<br />

due allestimenti (1984 e 1992 al Teatro<br />

dell’Oriuolo) e dopo l’adattamento<br />

radiofonico per la RAI (1985). Sono<br />

davvero grato al regista ed al protagonista<br />

per aver saputo offrire al pubblico<br />

un’interpretazione umanissima<br />

della vicenda, puntando soprattutto<br />

sulla parola. Ne L’uomo dal fiore in<br />

Fabio Baronti nel ruolo dell’uomo dal fiore in bocca<br />

bocca Pirandello esprime sotto forma<br />

di metafora il “suo” male di vivere;<br />

male senza scampo, al quale, tuttavia,<br />

egli oppone la propria capacità creativa,<br />

dove l’immaginazione può lavorare<br />

liberamente, ma non a capriccio<br />

a dare la vita ai personaggi; gli unici<br />

che sopravvivono senza tempo, là,<br />

fissi per sempre. Dare la vita a personaggi<br />

nuovi, continuamente, senza<br />

lasciarla mai posare un momento,<br />

l’immaginazione: questa è l’unica medicina<br />

per l’autore, vivere della loro<br />

esistenza, dimenticandosi di sé. «Sono<br />

capace di stare anche un’ora fermo<br />

a guardare dentro una bottega attraverso<br />

la vetrina. Mi ci dimentico», si<br />

legge nella novella La morte addosso.<br />

E proprio questo intimo bisogno di<br />

estraniarsi da sé, questo “modo” diventa<br />

ancor più necessario per l’Uomo<br />

dal fiore in bocca quando dice:«La vita,<br />

perdio, al solo pensiero di perderla...<br />

specialmente quando si sa che è<br />

questione di giorni». Da quel momento,<br />

infatti, ogni più minuto particola-<br />

18<br />

LUIGI PIRANDELLO

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