Cinema di prossimità
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Il cinema privato è la negazione del film <strong>di</strong> famiglia e O<strong>di</strong>n ne elenca tre punti<br />
fondamentali:<br />
- colui che fa del cinema privato vuol fare cinema;<br />
- colui che fa del cinema privato si considera a tutti gli effetti come autore che si<br />
vuole esprimere;<br />
- colui che fa del cinema privato fa un film con il quale entra in comunicazione<br />
con i suoi spettatori.<br />
Il cinema privato porta la tematica del cinema famigliare dentro il cinema. I<br />
soggetti sono compleanni, feste, matrimoni, nascite, e tutto ciò che concerne la<br />
vita del nucleo familiare.<br />
Vi sono sostanziali <strong>di</strong>fferenze tecniche tra film privato e home movie.<br />
Innanzitutto il cinema privato offre lo sguardo <strong>di</strong> chi gira il film, volontariamente<br />
omesso nel film <strong>di</strong> famiglia. Inoltre, il malfatto, la sfocatura, le inquadrature<br />
“sbagliate”, mosse, tipiche del film <strong>di</strong> famiglia, errori nel cinema <strong>di</strong> fiction,<br />
nel cinema privato si fanno espressione caratterizzante e con<strong>di</strong>zione positiva,<br />
evidenziando la plasticità dell’immagine. Questi errori involontari nel film<br />
domestico sono intenzionali nel cinema privato.<br />
È importante sottolineare che, secondo O<strong>di</strong>n, è in fase <strong>di</strong> montaggio che<br />
l’autore opera la scelta <strong>di</strong> mantenere e valorizzare gli errori del girato. Infine,<br />
nell’home movie, così come nel cinema privato, l’autore è presente sotto forma<br />
<strong>di</strong> movimenti della macchina da presa in interazione con i soggetti ripresi. O<strong>di</strong>n<br />
affronta inoltre l’aspetto dell’autenticità, verità soggettiva, intima: veri<strong>di</strong>cità<br />
dell’esperienza personale <strong>di</strong> chi fa il film. Secondo O<strong>di</strong>n lo spettatore potrebbe<br />
rispecchiarsi emotivamente in ciò che vede così intensamente da <strong>di</strong>menticare<br />
<strong>di</strong> porsi domande in merito alla “verità” del film. I film privati più riusciti<br />
sono quelli che restituiscono le sensazioni del cinema <strong>di</strong> famiglia pur prendendone<br />
le <strong>di</strong>stanze, permettendo al fruitore <strong>di</strong> <strong>di</strong>staccare il proprio pensiero da<br />
ciò che vede.<br />
Adriano Aprà sostiene che la nonfiction può essere considerata l’inconscio<br />
del cinema pubblico perché mette in luce le contrad<strong>di</strong>zioni, i lapsus, le varianti<br />
storiche, e non se ne può prescindere per analizzare il segno dell’artista. Ciò che<br />
si legge non è infatti la co<strong>di</strong>ficazione del linguaggio, ma qualcosa <strong>di</strong> più simile<br />
all’inconscio, che viene fuori attraverso lo stile: il senso è che filmare in prima<br />
persona è certamente più inconscio che filmare narrando in terza persona.<br />
Ovviamente il cinema privato ha con<strong>di</strong>zionamenti <strong>di</strong>fferenti rispetto a quelli del<br />
cinema industriale, da combattere o con cui relazionarsi in maniera <strong>di</strong>versa. Si<br />
può fare come Nanni Moretti, con Io sono un autarchico, un film in Super8 che<br />
in realtà avrebbe voluto essere in 35 mm; oppure come Rossellini, con Siamo<br />
donne (1953), in 35 mm, che ha invece lo spirito dell’home movie. Nel <strong>di</strong>scorso<br />
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