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Archeomatica_4_2018

Tecnologie per i beni culturali

Tecnologie per i beni culturali

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ivista trimestrale, Anno IX - Numero 4 dicembre <strong>2018</strong><br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Fruire il non fruibile<br />

Archaeomineralogical Characterization<br />

Fruizione e anastilosi digitale nei musei<br />

Valorizzazione dei siti di interesse culturale<br />

Studio analitico di affreschi pittorici


Un catalogo unico digitale e una<br />

EDITORIALE<br />

carta per la prevenzione del rischio<br />

Il primo numero di <strong>Archeomatica</strong> di quest’anno venne dedicato alla evoluzione di una visione<br />

del monitoraggio del patrimonio nata alla fine degli anni ’90 con l’istituzione di un sistema<br />

informativo nazionale sullo stato di conservazione del patrimonio. Questo sistema venne ripreso<br />

più volte negli anni per poi essere messo a regime alla fine per uno scopo che probabilmente<br />

era l’ultimo a cui si era pensato nel momento della sua formulazione teorica. Venne infatti reso<br />

disponibile per la sua capacità di mettere a disposizione dei notai tutti i vincoli sul patrimonio<br />

emessi fino al 2004, e proprio per questo si chiama ancora oggi Vincoli in Rete (vincoliinretegeo.<br />

beniculturali.it) ed è gestito dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro del MIBAC.<br />

Alla base della evoluzione dei sistemi informativi sul Patrimonio, tradizionalmente basati su una<br />

valutazione della vulnerabilità del monumento in relazione alla pericolosità del territorio, è stata<br />

recentemente introdotta l’analisi a largo raggio resa possibile dai satelliti e l’analisi puntale con<br />

aiuto di droni assistiti da sensori dedicati.<br />

Il programma dell’attuale governo sembra aver colto appieno queste indicazioni avendo già dal<br />

settembre scorso emanato il Il D.L. 109/<strong>2018</strong> (art. 14, co. 4) ove “… nell'ambito delle attività<br />

di conservazione… il Ministero per i beni e le attività culturali adotta un piano straordinario<br />

nazionale di monitoraggio e conservazione dei beni culturali immobili, che definisce i criteri per<br />

l'individuazione dei beni da sottoporre a monitoraggio e ai conseguenti interventi conservativi,<br />

nonché' i necessari ordini di priorità dei controlli, anche sulla base di specifici indici di<br />

pericolosità territoriale e di vulnerabilità individuale degli immobili, e i sistemi di controllo<br />

strumentale da utilizzare nonché le modalità di implementazione delle misure di sicurezza,<br />

conservazione e tutela...”<br />

Inoltre nell'audizione programmatica davanti alla VII Commissione della Camera e alla 7^<br />

Commissione del Senato del 10 luglio <strong>2018</strong>, il Ministro per i beni e le attività culturali ha<br />

fatto presente che, per quanto concerne la tutela, rientrano tra gli obiettivi il rafforzamento<br />

delle strutture preposte, con incrementi di personale ed investimenti in nuove tecnologie, la<br />

mappatura dei beni culturali abbandonati o non utilizzati, l'adozione di una Carta nazionale<br />

sulla prevenzione del rischio per i siti archeologici e i complessi architettonici e monumentali,<br />

la realizzazione di un Catalogo unico nazionale digitale, il monitoraggio della gestione dei siti<br />

Unesco italiani.<br />

C’è da dire che il sistema della Carta del Rischio aveva come punto di forza la predisposizione di<br />

una manutenzione preventiva assistita dalle tecnologie adeguate. Ancora oggi non è facile far<br />

comprendere a tutti che un investimento in prevenzione è alla lunga più economico rispetto ai<br />

costi degli interventi di restauro ed è stato più volte notato che la manutenzione programmata<br />

non porta la gloria dei grandi progetti.<br />

Ma la strada sembra ormai tracciata da tempo e la recente apertura al catalogo unico digitale<br />

e l’adozione ufficiale di una Carta nazionale sulla prevenzione del rischio sembrano essere<br />

finalmente strumenti che hanno trovato un loro posto definitivo all’interno della Pubblica<br />

Amministrazione competente.<br />

La manutenzione programmata e assistita dal monitoraggio sembra finalmente essere realizzabile<br />

avvalendosi degli strumenti che saranno presto messi a regime istituzionale.<br />

Buona lettura,<br />

Renzo Carlucci


IN QUESTO NUMERO<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

6 Valorizzazione e fruizione<br />

dei punti di interesse<br />

culturale e turistico: il caso<br />

del Municipio VII di Roma<br />

di Roy Andrea Guido<br />

In copertina l'immagine del Busto in gesso<br />

di Tersicore (Antonio Canova). Il Confronto<br />

dell’opera con un’altra raffigurante lo stesso<br />

soggetto ha consentito attraverso il rilievo<br />

fotgrammetrico la ricostruzione digitale del<br />

Busto di Tersicore di Antonio Canova.<br />

3DTarget 2<br />

AerRobotix 38<br />

ESRI 17<br />

Geomax 47<br />

Geomedia 40<br />

RESTAURO<br />

12 “FRUIRE IL NON<br />

FRUIBILE” La fruizione<br />

digitale del patrimonio<br />

culturale non visibile<br />

nelle sale dei musei e<br />

l’anastilosi digitale<br />

di Paola Perozzo e<br />

Edoardo Zanollo<br />

Heritage 10<br />

Stonex 48<br />

TECHNOLOGYforALL 41<br />

Teorema 46<br />

Topcon 45<br />

Testo 11<br />

Virtualgeo 39<br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Anno IX, N° 4 - DICEMBRE <strong>2018</strong><br />

<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />

italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />

e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />

la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />

culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />

tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />

diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />

in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />

parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />

avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />

"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />

che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />

enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />

Direttore<br />

Renzo Carlucci<br />

dir@archeomatica.it<br />

Direttore Responsabile<br />

Michele Fasolo<br />

michele.fasolo@archeomatica.it<br />

Comitato scientifico<br />

Annalisa Cipriani, Maurizio Forte,<br />

Bernard Frischer, Giovanni Ettore Gigante,<br />

Sandro Massa, Mario Micheli, Stefano Monti,<br />

Francesco Prosperetti, Marco Ramazzotti,<br />

Antonino Saggio, Francesca Salvemini,<br />

Rodolfo Maria Strollo<br />

Redazione<br />

redazione@archeomatica.it<br />

Giovanna Castelli<br />

giovanna.castelli@archeomatica.it<br />

Elena Latini<br />

elena.latini@archeomatica.it<br />

Valerio Carlucci<br />

valerio.carlucci@archeomatica.it<br />

Domenico Santarsiero<br />

domenico.santarsiero@archeomatica.it<br />

Luca Papi<br />

luca.papi@archeomatica.it


RIVELAZIONI<br />

18 San Adriano a San<br />

Demetrio Corone -<br />

Studio analitico degli<br />

affreschi pittorici a<br />

confronto di analoghe<br />

opere meridionali<br />

di Felicia Villella,<br />

Antonio Marchianò<br />

RUBRICHE<br />

36 AGORÀ<br />

Notizie dal mondo delle<br />

Tecnologie dei Beni<br />

Culturali<br />

42 AZIENDE E<br />

PRODOTTI<br />

Soluzioni allo Stato<br />

dell'Arte<br />

GUEST PAPER<br />

24 Archaeo-mineralogical<br />

Characterization of ancient<br />

copper and Turquoise mining in<br />

south Sinai, Egypt<br />

46 EVENTI<br />

by Mohamed M. Megahed<br />

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a.quaglione@archeomatica.it<br />

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Progetto grafico e impaginazione<br />

Daniele Carlucci<br />

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<strong>Archeomatica</strong> è una testata registrata al<br />

Tribunale di Roma con il numero 395/2009<br />

del 19 novembre 2009<br />

ISSN 2037-2485<br />

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dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale<br />

del contenuto di questo numero della Rivista<br />

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dell’editore.<br />

Data chiusura in redazione: 30 luglio <strong>2018</strong>


DOCUMENTAZIONE<br />

Valorizzazione e fruizione dei punti<br />

di interesse culturale e turistico:<br />

il caso del Municipio VII di Roma<br />

di Roy Andrea Guido<br />

Il caso del Municipio VII di Roma per valutare un<br />

modello di rete, di valorizzazione e fruizione<br />

culturale e turistica, basato sulla partecipazione<br />

civica, a partire dall’individuazione condivisa<br />

di beni e punti di interesse culturale, loro<br />

catalogazione e mappatura in formato open data<br />

e successive azioni per stimolare formazione e<br />

consolidamento di industrie culturali, anche in<br />

linea con un principio di cittadinanza digitale e<br />

Fig. 1 - Il flusso del processo di valorizzazione, partecipazione e restituzione del progetto<br />

SpCuR guidato dall’Amministrazione comunale.<br />

sviluppo del territorio.<br />

Dotare Roma, o singole zone di essa, di piani di sviluppo culturale e turistico sembra quasi<br />

scontato, ma non lo è affatto se si pensa che fino ad ora non ve ne sono stati di convincenti<br />

o realmente funzionanti e scalabili. Ciò si deve probabilmente all’incapacità di “fare sistema”<br />

da parte delle varie amministrazioni concorrenti, alla loro difficoltà nel coinvolgere il tessuto<br />

sociale, all’immensità del patrimonio culturale e artistico, alla mancanza di un modello generale<br />

e di una visione che integri i concetti di valorizzazione e fruizione del patrimonio stesso, tangibile<br />

e intangibile.<br />

Per riuscire a proporre un modello e una visione che vadano in questa direzione, occorre forse<br />

capire, intanto, cosa siano la valorizzazione e la fruizione culturale e come sia ad esse collegabili<br />

il coinvolgimento dei tessuti sociali ed economici delle comunità che insistono sul territorio. Nel<br />

caso specifico di quanto si propone di seguito, si fa presente una matrice di progettualità in corso<br />

di applicazione nel territorio del Municipio VII di Roma in via sperimentale, ma che naturalmente<br />

può essere applicabile ad ogni contesto urbanizzato.<br />

Tale piano sperimentale e sua visione, dunque, prevede una fruizione culturale e turistica dal<br />

carattere sociale e partecipato su vasta scala, che prende forma da una serie di assunti teorici e<br />

di azioni pratiche.<br />

6 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />

DALLA VALORIZZAZIONE ALLA FRUIZIONE: LE DEFINIZIONI<br />

Per valorizzazione culturale si intende, come da D.Lgs<br />

42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), art. 6,<br />

commi 1 e 2, “l’esercizio delle funzioni e nella disciplina<br />

delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio<br />

culturale e ad assicurare le migliori condizioni di<br />

utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso.<br />

Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli<br />

interventi di conservazione del patrimonio culturale. La<br />

valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela<br />

e tali da non pregiudicarne le esigenze”.<br />

La valorizzazione dovrebbe dunque appropriarsi di finalità<br />

educative, migliorando le condizioni di conoscenza e di<br />

conservazione dei beni culturali e ambientali, incrementandone<br />

la fruibilità. Valorizzare, quindi, vuol dire pianificare<br />

un iter progettuale superando, altresì, le difficoltà<br />

di accessibilità al contesto culturale. È dunque auspicabile<br />

che, come da art. 111 del D.Lgs 42/2004, “le attività di<br />

valorizzazione dei beni culturali consistano nella costituzione<br />

ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti,<br />

ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche<br />

o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all’esercizio<br />

delle funzioni ed al perseguimento delle finalità preposte”.<br />

Per fruizione culturale, non esistendo una normativa 1 specifica<br />

che ne definisca lo stato e la funzione e quindi dovendo<br />

interpretare per via giurisprudenziale 2 o per studi di<br />

settore, si potrebbe intendere una materia non integrabile<br />

come “sottocategoria” della valorizzazione ma, al contrario,<br />

che rappresenti una fase a sé stante e successiva alla<br />

valorizzazione stessa, la quale a sua volta risulta essere<br />

il secondo step a seguito della “tutela”. La fruizione, infatti,<br />

dovrebbe rappresentare il momento culminante in<br />

cui un visitatore entra in contatto con i beni o le attività<br />

culturali, comunicando con essi e cercando di capirne il<br />

contesto, il senso, l’immaginario e andando via con una<br />

esperienza che possa aver lasciato “un’impronta”, anche<br />

nel senso dell’intrattenimento e della partecipazione ad<br />

un rito sociale, sia esso volto al carattere dell’identità oppure<br />

dell’alterità.<br />

LA VIA DELLA PERCEZIONE E DELLA GESTIONE: I PUNTI DI<br />

INTERESSE CULTURALE<br />

Alla base della valorizzazione, e quindi della conseguente<br />

fruizione, sta la percezione: essa è l’estrema sintesi che in<br />

sé raggruppa il senso sia teorico che pratico del processo<br />

di sviluppo di un territorio dal punto di vista culturale. Non<br />

esiste, infatti, un valore che possa essere poi condiviso<br />

e fruito se, lo stesso, non viene prima percepito, secondo<br />

modalità sia personali sia di gruppo, ma sempre legate<br />

ad un contesto di riferimento che ne orienta l’attenzione,<br />

l’interesse, la conoscenza e la comunicazione in qualsiasi<br />

forma. Questa comunicazione porta poi, a conclusione di<br />

un circolo, alla percezione da parte di un altri individui<br />

(presa di coscienza collettiva), e quindi il processo circolare<br />

ricomincia, espandendosi potenzialmente sempre di<br />

più.<br />

Dal punto di vista organizzativo, ciò si estrinseca nella progettazione<br />

culturale e nella gestione di azioni di comunicazione<br />

riguardanti patrimoni, attività, luoghi culturali e<br />

storie e racconti a essi connessi, in sintesi: i punti di interesse<br />

(d’ora in avanti PDI) culturale e turistico.<br />

Ponendo il punto della gestione riguardante la valorizzazione<br />

e la fruizione culturale, si può traslare in esso, e<br />

vale allo stesso modo, il senso e il significato che la Carta<br />

di Losanna (Carta internazionale per la gestione del patrimonio<br />

archeologico, ICOMOS, 1990) conferisce alla conservazione,<br />

declinabili in due aspetti:<br />

1 L’integrazione disciplinare, ossia l’ampliamento dello<br />

spettro dei soggetti specialisti nel settore dei processi<br />

di valorizzazione attraverso la collaborazione<br />

fra settore pubblico, mondo della ricerca e imprese<br />

private e il coinvolgimento anche dei semplici fruitori.<br />

2 Il diritto alla partecipazione ai processi decisionali<br />

delle popolazioni locali, reali protagoniste dei progetti<br />

di valorizzazione, la cui adesione e partecipazione<br />

sono condizioni imprescindibili per una corretta<br />

tutela e conservazione dei beni culturali.<br />

LA VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICA DI RETE E<br />

LE FILIERE TERRITORIALI<br />

L’integrazione e la partecipazione della cittadinanza, nella<br />

progettazione, nella comunicazione e trasmissione dei<br />

valori comuni percepiti, prevede già di per sé la creazione<br />

di una rete territoriale per scopi di valorizzazione e fruizione<br />

culturale e turistica.<br />

Le suddette logiche trovano un momento metodologico e<br />

organizzativo, dunque, nel sistema culturale di rete, inteso<br />

come strumento di programmazione e progettazione<br />

che convoglia verso lo sviluppo territoriale tutte le risorse<br />

culturali, connettendo tra loro diverse competenze, settori<br />

di attività, interessi, dimensione pubblica e privata.<br />

Il sistema culturale di rete rappresenta, nello stesso tempo,<br />

il fattore capace di creare connessioni tra la politica<br />

culturale e altri ambiti della progettazione dello sviluppo<br />

locale, in modo da stabilire strategie e piani di azione integrati.<br />

La creazione di reti si può valutare come una valida risposta<br />

organizzativa, da parte di coloro che creano offerte<br />

culturali, al fine di ottenere miglioramenti in termini di<br />

efficacia (potenziamento del valore dal punto di vista dei<br />

visitatori) e di efficienza. In particolare, per le piccole realtà<br />

territoriali, far parte di una rete può essere di grande<br />

aiuto per implementare il sistema di valorizzazione con<br />

conseguente promozione: ciò aiuterebbe a soddisfare bisogni<br />

sempre più articolati che, invece, singole e solitarie<br />

strutture periferiche non riuscirebbero a fare. Si tratta,<br />

generalmente, di processi di valorizzazione che emergono<br />

dal territorio stesso e che possono condurre a vere e proprie<br />

filiere produttive.<br />

ECONOMICITÀ E PROMOZIONE DI RETE<br />

Per quanto riguarda l’aspetto economico e quello promozionale,<br />

va considerato come diverse motivazioni possono<br />

stare alla base della nascita di sistemi a rete, quali: la ricerca<br />

di economie di scala e di diversificazione attraverso<br />

la condivisione di servizi comuni; lo sviluppo di economie<br />

di apprendimento e di nuove conoscenze; l’aggregazione<br />

di diverse componenti territoriali ispirate a principi di economicità,<br />

praticità e migliore e più stabile posizionamento<br />

sul panorama culturale, artistico e ricettivo, diminuendo<br />

le spese generali e riuscendo, probabilmente, a comunicare<br />

verso l’esterno non più come singola entità ma come<br />

una “costellazione”, riportando vantaggi generali di immagine<br />

non solo per se stessi, o a discapito di se stessi, ma<br />

per tutto il network e i suoi possibili centri 3 .<br />

L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA COMUNALE COME ORGA-<br />

NO AGGREGANTE<br />

La realizzazione di un sistema culturale di rete ha l’obiettivo,<br />

da un lato, di rendere più efficiente ed efficace il<br />

processo di produzione di “cultura” e, dall’altro, di ottimizzare,<br />

su scala locale, i suoi impatti economici e sociali.


Naturalmente, la sua creazione presuppone a monte una<br />

ricognizione aggiornata e una valutazione ragionata della<br />

consistenza (quantitativa e qualitativa) del patrimonio<br />

culturale locale, dalla quale risulti che esso stesso costituisce,<br />

nella zona esaminata, la dotazione più pregiata da<br />

valorizzare; contestualmente la medesima ricognizione e<br />

valutazione va condotta sulle “realtà produttive” da coinvolgere<br />

(operatori turistici locali e associazionismo, ecc.),<br />

prefigurando, dunque, la presenza, o la nascita, di “un’industria”<br />

capace sia di valorizzare le risorse culturali sia<br />

di raffinare i prodotti risultanti dal processo di valorizzazione.<br />

Per guidare tale processo, si propone in questa sede una<br />

forma di sistema di rete4 centrata che veda l’Amministrazione<br />

municipale, in stretto contatto con quella comunale,<br />

quale organo di governo garante del raggiungimento delle<br />

finalità auspicate attraverso il coordinamento delle parti<br />

coinvolte e delle risorse territoriali disponibili: esso è di<br />

fondamentale importanza per lo sviluppo di un organismo<br />

reticolare e di una piattaforma di relazioni collaborative.<br />

In un’ottica di trasparenza e partecipazione, l’Amministrazione<br />

Municipale dovrà provvedere a promuovere occasioni<br />

pubbliche periodiche di restituzione alla comunità<br />

delle operazioni di monitoraggio del processo e degli esiti,<br />

base di partenza per nuove valutazioni (Fig. 1).<br />

SVILUPPO CULTURALE E TURISTICO<br />

DEL MUNICIPIO VII DI ROMA (S.P.CU.R.)<br />

La strategia progettuale ha lo scopo, all’interno del VII<br />

Municipio, di creare una rete tra tutte le entità locali e le<br />

risorse artistiche e culturali del territorio, operando una<br />

sintesi fra i concetti di valorizzazione e fruizione, così da<br />

risvegliare l’attenzione dei residenti e dei turisti verso<br />

la storia e le tradizioni del territorio Appio Latino Tuscolano,<br />

oggi impresse nei suoi principali nuclei di interesse<br />

e nei monumenti che le generazioni passate ci hanno<br />

tramandato, dagli acquedotti antichi alle mura lineari,<br />

dai casali alle torri antiche che costellano la campagna<br />

romana, dai quartieri storici come il Quadraro fino alle<br />

aree in prossimità dei Castelli Romani 5 . Quali attori privilegiati<br />

in questa operazione complessa sono stati scelti gli<br />

studenti frequentanti il triennio delle scuole superiori del<br />

territorio, vicini per età alla ‘maturità’, ossia al compimento<br />

della maggiore età e al superamento dell’Esame di<br />

Fig. 2 - Mappa Google con confini del Municipio VII di Roma e perimetrazione<br />

dei distretti culturali. In grigio il distretto dell’Agro Romano e dei Casali,<br />

in arancione il distretto sportivo e universitario, in rosso il distretto<br />

del Cinema, in blu il distretto Memoria e Futuro, in verde il distretto dei<br />

Parchi Archeologici, in viola il distretto dei Teatri e delle Ville Storiche, in<br />

giallo il distretto delle Mura Lineari.<br />

Stato conclusivo del II ciclo di istruzione che li introdurrà<br />

nella comunità adulta in quanto cittadini di pieno diritto:<br />

si tratta di un investimento civico e di una prospettiva “dal<br />

basso” che Amministratori locali assumono nell’ottica di<br />

far crescere la collettività.<br />

Il progetto di sviluppo culturale e turistico, proposto dallo<br />

scrivente in qualità di Consigliere Municipale, è stato<br />

approvato con Mozione del Municipio VII n° 10/2017, assumendo<br />

poi il nome di S.P.Cu.R. e traendo in sé quanto<br />

detto finora, declinato in quattro fasi includenti gli aspetti<br />

di individuazione, catalogazione, mappatura, identificazione,<br />

comunicazione e fruizione dei PDI, e loro unione per<br />

la creazione di percorsi turistici all’interno di un dinamico<br />

contesto sociale e produttivo di base territoriale, passando<br />

per gli aspetti tecnologici correlati.<br />

La prima fase ha visto la raccolta e catalogazione dei PDI<br />

ad opera di circa duecento studenti di sette diverse scuole<br />

secondarie di secondo grado del territorio municipale, sia<br />

di indirizzo classico e scientifico che tecnico e informatico,<br />

impegnati in percorsi di Alternanza Scuola Lavoro (Fig.<br />

3). Tali dati raccolti sono da pubblicare sul sito internet<br />

degli open data del Comune di Roma e dunque a disposizione<br />

di tutti e pubblici.<br />

Questa prima e decisiva messa in opera del progetto ha<br />

visto la collaborazione di diversi soggetti (Municipio VII,<br />

Assessorato Capitolino Roma Semplice, Assessorato Capitolino<br />

Crescita Culturale, Dipartimenti di Roma Capitale,<br />

Sovraintendenza Capitolina, Biblioteche Centri Culturali di<br />

Roma Capitale, scuole in territorio municipale, formatori),<br />

configurandosi come una vera e propria azione di educazione<br />

civica e servizio per la cittadinanza, oltre che di formazione<br />

culturale e tecnologica, in ottica di cittadinanza<br />

digitale, per gli studenti stessi e i loro docenti. Il percorso<br />

di formazione è stato accompagnato dalla Sovraintendenza<br />

Capitolina per la parte concernente gli assunti legati<br />

ai Beni Culturali e Archeologici con vere e proprie lezioni<br />

frontali per l’appropriazione dei mezzi teorici necessari, e<br />

poi da formatori professionali legati al mondo degli open<br />

data, e sua filosofia e ispirazione, scendendo nel particolare<br />

tecnico del geomapping dei singoli PDI ma anche delineando<br />

aspetti umanistici e di processo legati al lavoro e<br />

alla percezione, anche qui, intorno agli stessi open data 6.<br />

In particolare gli studenti hanno potuto apprendere come<br />

ricercare, georeferenziare e catalogare singoli PDI, sul territorio<br />

municipale, attraverso l’uso di un bot (ovvero un<br />

codice di programmazione che consente di automatizzare<br />

servizi e dialoghi con utenti) integrato nel sistema mobile<br />

di messaggistica istantanea, chiamato telegram, andando<br />

di volta in volta a compilare in automatico una tabella con<br />

i principali record della mappatura, quali coordinate, fotografie<br />

create sempre dai ragazzi con i propri smartphone<br />

(considerando anche tutti gli aspetti relativi al copyright)<br />

e altri campi relativi al titolo e alla descrizione. Proprio<br />

la descrizione del singolo punto di interesse è stato per<br />

i ragazzi, il compito successivo alla georeferenziazione,<br />

cioè quello dell’approfondimento dei dati storici, e magari<br />

anche dei racconti e delle citazioni letterarie, cinematografiche,<br />

artistiche, basandosi oltretutto sulla propria<br />

percezione legata alla specifica indole di ognuno, al modo<br />

di pensare e ragionare singolarmente e al confronto con i<br />

compagni, i docenti e i formatori.<br />

Con il caricamento di tutti i record relativi ai PDI sul sito<br />

web degli open data del Comune di Roma è terminata la<br />

prima fase, dando così avvio alla seconda, quella di inclusione<br />

dei medesimi dati all’interno di applicazioni mobili<br />

per scopi di fruizione. Il valore degli open data sta proprio<br />

nel fatto di poterli utilizzare liberamente e in maniera<br />

multiforme, sia ad opera dell’Amministrazione che dunque<br />

8 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />

viene a dotarsi di proprie applicazioni mobili in seno al<br />

presente progetto S.P.Cu.R., sia ad opera di privati, soprattutto<br />

nuove formazioni imprenditoriali giovanili legate<br />

ai dati aperti, alla creazione e trasmissione di contenuti riguardanti<br />

le risorse culturali del territorio, in un contesto<br />

formato da variegate filiere produttive, in definitiva dalle<br />

industrie culturali, puntando dunque sul loro sviluppo.<br />

Tale seconda fase, attualmente in corso di svolgimento,<br />

vede la progettazione dei dispositivi mobili (app), per conto<br />

dell’Amministrazione Comunale, che richiameranno i<br />

record open data dei singoli PDI, contenendo anche le informazioni<br />

sui percorsi di mobilità dolce per raggiungere<br />

uno o più PDI e sulle risorse locali utili ai fini dei percorsi<br />

turistico-culturali, come le realtà associative e commerciali.<br />

La terza fase rappresenta l’identificazione fisica sul territorio<br />

dei singoli PDI più rilevanti mappati dalle scuole, ad<br />

esempio con pannelli video/totem tecnologici indicanti il<br />

logo del Municipio, il nome/titolo del punto di interesse,<br />

breve descrizione e ricostruzione grafica del bene culturale<br />

di riferimento, e comunicazione della metodologia di<br />

download dell’app per smartphone. Il pannello si autofinanzierà<br />

con l’indicazione dei commercianti di zona e di<br />

prossimità partecipanti ad un processo di sponsorizzazione.<br />

La quarta e ultima fase, prevista tra il 2019 e il 2020, fondandosi<br />

su una base di percorsi turistici e informazioni raccolte,<br />

percepite e organizzate da tutti gli attori coinvolti<br />

nelle fasi uno e due, riguarderà la più espansa progettazione<br />

degli itinerari turistico-culturali, condivisa e partecipata,<br />

da parte di cittadini e associazioni che concorreranno<br />

all’inserimento di tali itinerari nell’app. Così potrà<br />

svilupparsi non solo la fruibilità, la comunicabilità, anche<br />

in chiave marketing, dei percorsi turistici dei punti interesse<br />

culturale, ma anche la promozione delle loro attività<br />

di scoperta del territorio.<br />

Nelle applicazioni mobili, e nei totem, si racchiudono infatti<br />

i significati, i nessi e la teoria, mettendole in pratica,<br />

di valorizzazione, fruizione, percezione e gestione<br />

dei beni e delle attività culturali correlate alle reti e alle<br />

filiere culturali e turistiche del territorio, permettendo<br />

loro di sviluppare naturalmente, e in maniera omogenea,<br />

caratteri interni ed esterni di processi di economia circolare<br />

e promozione integrata. Tutto ciò attraverso l’apporto,<br />

oltre che dell’Amministrazione Comunale, soprattutto di<br />

Cittadini, Scuole, Università, Associazioni Comitati, Imprese<br />

ed Enti Pubblici e Privati, fautori di integrazione sociale<br />

tra i medesimi gruppi vocazionali 7 interessati, e proiettati<br />

verso una realtà di creazione, produzione, promozione e<br />

trasmissione delle anime, dei sentimenti, delle esperienze<br />

e delle conoscenze insite nella società attuale, creando<br />

dunque un flusso di intelligenza collettiva e condivisa.<br />

Tale flusso può prendere vita dalle azioni sincroniche di<br />

tutte le componenti sociali coinvolte in quanto “prosumers”,<br />

ossia “produttori” e “consumatori” al tempo stesso<br />

dei valori percepiti e fondanti di una o più comunità vocazionali,<br />

rafforzando le comunità stesse e proiettandole<br />

verso un futuro, d’insieme, forse più consapevole e basato<br />

sulla cultura, sull’arte e sulla tendenza ad apprezzare il<br />

“bello” che ci circonda, nonché sulla capacità di costruire<br />

intorno al “bello” individualmente percepito una “narrazione<br />

collettiva” a più voci. Saranno infatti i citati “prosumers”<br />

a generare in maniera condivisa percorsi turistici,<br />

e loro contenuti cross-mediali presenti nell’applicazione<br />

mobile, che uniscono, e incrociano, i singoli PDI rilevati<br />

in fase uno. L’applicazione per smartphone, dotata di<br />

tecnologia beacon8, racchiude in sé anche il contatto tra<br />

fruizione tecnologica, di “nuova maniera”, e quella mag-<br />

Fig. 2 - In foto uno degli incontri, presso la sede di Fondazione Mondo<br />

Digitale, tra Sovraintendenza Capitolina, formatori e studenti delle scuole<br />

partecipanti alla prima fase del progetto S.P.Cu.R.<br />

giormente fisica, di “vecchia maniera”. Se infatti da un<br />

lato essa permetterà un approccio maggiormente “autonomo”<br />

da parte del fruitore, guidato dalla tecnologia stessa<br />

nei percorsi e anche nei racconti cross-mediali (testi,<br />

immagini, audio-video e scenari tridimensionali immersivi<br />

potenziali e in contemporanea), oltre che dai totem di<br />

fase tre, dall’altro lato sarà la stessa applicazione a segnalare<br />

i creatori di quei percorsi, e quindi associazioni o<br />

imprese turistico-culturali che hanno partecipato alla loro<br />

progettazione, integrando un’interfaccia di contatto, e di<br />

promozione, che permetta al “fruitore” di relazionarsi con<br />

i vari “organizzatori”, magari prenotandosi per una visita<br />

guidata.<br />

Saranno poi integrate, oltre alla programmazione aggiornata<br />

degli eventi culturali del Municipio VII (come da delibera<br />

C.M. 38/2017), funzioni di condivisione con gli “amici”,<br />

di valutazione delle esperienze di fruizione e una sezione<br />

per segnalare nuovi PDI (open data con lo strumento<br />

bot, v. supra), oppure un percorso turistico, e continuare<br />

“il circolo della progettazione e fruizione partecipata” del<br />

presente piano di valorizzazione, percezione e sviluppo<br />

del territorio del Municipio VII di Roma e delle sue zone,<br />

i Distretti Culturali (Fig. 2), ovvero la cornice che integra<br />

quanto detto, caratterizzando singole porzioni del territorio<br />

municipale in base alle risorse culturali “contenute” e<br />

comunicate.<br />

Bibliografia<br />

Bua A., Hinna A. & Minuti M. (2010) Politiche e strumenti di valorizzazione<br />

“a rete” di beni e attività culturali, IRER, Focus, pp. 1-14.<br />

Campitelli L. (2006) La valorizzazione del patrimonio culturale periferico<br />

per lo sviluppo del territorio, BIC Notes. Quaderni trimestrali su<br />

creazione d'impresa e sviluppo locale, n. 5, 2006, pp. 4-150.<br />

Carpentieri P. (2004) Fruizione, valorizzazione, gestione dei beni<br />

culturali, Atti del Convegno “Il nuovo codice dei beni culturali e del<br />

paesaggio. Prospettive applicative, Terracina, sabato 26 giugno 2004,<br />

pp. 116-124.<br />

Guido R. A. (2016) Archeologia tra valorizzazione e fruizione - Comunicare<br />

i beni culturali, EAI, Saarbrücken.<br />

Montanari P. (2017) Appio Latino Tuscolano, Alla luce delle più eclatanti<br />

scoperte, Europa Edizioni, Roma.<br />

Pollarini A. (2011) Turismi Vocazionali, Rivista di Scienze del Turismo,<br />

Anno I, n.1, Manuale di turismo vocazionale, 2011, pp. 209-248.<br />

Sciullo G. (2004) I servizi culturali dello Stato, nota di commento a<br />

Corte cost., 20 gennaio 2004, n. 26, Giornale di diritto amministrativo,<br />

n. 4/2004, pp. 393-408.<br />

Zumpano C. (2001) Beni culturali una risorsa per lo sviluppo rurale,<br />

Inea, 2001, pp. 1-53.


Note<br />

1 Sulla materia della fruizione il Legislatore non si esprime con chiarezza e in<br />

maniera particolareggiata. La fruizione è inizialmente citata all’ art. 6 del<br />

Codice dei beni Culturali, ove si riporta che: “La valorizzazione consiste<br />

nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a<br />

promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le<br />

migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio<br />

stesso”. Da ciò si definisce il primario significato della valorizzazione che<br />

si può articolare in due aspetti: 1) La promozione; 2) La fruizione. Tale<br />

articolo è importante non solo perché fa il punto sulla valorizzazione, ma<br />

perché cita la parola “fruizione” e la separa dalla promozione, come a<br />

dire che le due non sono la stessa cosa. Solo all’art. 104 del Codice dei<br />

Beni Cultuali, in merito alla fruizione da parte dei privati, si tenta forse<br />

di specificare al “comma 1” che tali beni “possono essere assoggettati a<br />

visita da parte del pubblico per scopi culturali”, lasciando cioè intendere<br />

che la fruizione possa essere assimilata alla “visita” da parte del pubblico.<br />

2 Carpentieri 2004 e Sciullo 2004.<br />

3 Guido 2016, p. 60 (cit.).<br />

4 Per approfondimenti sulla “politica”, l’organizzazione e gli scenari dei<br />

vari sistemi di rete, anche dal punto di vista economico, cfr. Campitelli<br />

2006, pp. 45-46; Bua-Hinna-Minuti 2010, pp. 5-6; Zumpano 2001, pp. 14-<br />

27; Guido 2016, pp. 32-43.<br />

5 Montanari 2017, pp. 10-11 (cit.). Inoltre per le descrizioni delle citate<br />

zone, del paesaggio e delle storie correlate nel corso dei secoli, anche in<br />

riferimento alla campagna romana, cfr. pp. 14-172 del medesimo volume.<br />

6 Si ringraziano in questa sede, per i contributi allo sviluppo del progetto<br />

e il lavoro con i ragazzi delle scuole, le Istituzioni e i soggetti coinvolti,<br />

in particolare: l’Assessore alle Politiche Scolastiche e Culturali del VII<br />

Municipio di Roma Capitale Elena De Santis; la dott.ssa Mariella Miele<br />

dell’Assessorato Capitolino “Roma Semplice”; la Sovraintendenza<br />

Capitolina (http://www.sovraintendenzaroma.it); le Istituzioni<br />

Scolastiche partecipanti; il formatore Francesco “Piersoft” Paolicelli,<br />

autore del BOT telegram funzionale al geomapping e alla catalogazione<br />

dei punti di interesse culturale (http://www.piersoft.it); il formatore<br />

Fedele Congedo in merito al significato, filosofia e uso degli open data in<br />

chiave umanistica; il formatore Paolo Montanari, archeologo e studioso del<br />

patrimonio culturale delle zone Appio Latino e Tuscolano facenti parte del<br />

Municipio VII; la Fondazione Mondo Digitale (http://www.mondodigitale.<br />

org/it).<br />

7 Per comunità vocazionale si intende un gruppo di individui legati<br />

dall’interesse, o vocazione, per una o più materie. In particolare il<br />

termine “vocazionale” viene sovente affiancato al “turismo”, legando lo<br />

stesso non più al consumo di prodotti in senso tradizionale, bensì alle<br />

“esperienze” che un dato fruitore può “vivere” durante, ad esempio, un<br />

itinerario. In tali esperienze, strettamente legate alla percezione anche<br />

emotiva, con successiva e soggettiva comprensione di un contenuto<br />

culturale o artistico, possono svilupparsi anche complesse dinamiche<br />

di gruppo con specifiche modalità di comunicazione, e quindi anche di<br />

marketing, o ancora di fruizione fisica presso un contesto culturale (Guido<br />

2016, pp. 59-63; 84-103; 139-146). Per tali gruppi quanto più coinvolgente<br />

è “la passione”, tanto più elevato è il grado di affinità fra la passione<br />

stessa, i consumi o le esperienze realizzate in nome di essa e della propria<br />

personalità (Pollarini 2011, pp. 212-214).<br />

8 Il beacon è una tecnologia mobile in grado di interagire con ogni app per<br />

smartphone, permettendo una esperienza interattiva di visita guidata<br />

con contenuti multimediali e informazioni di base territoriale e anche,<br />

ad esempio, di supporto turistico relativamente alla mobilità e alle filiere<br />

ricettive e commerciali di prossimità.<br />

Abstract<br />

A case history in the VII Municipal District of Rome, between cultural and<br />

touristic valorisation and enjoyment, based on the participation of citizens,<br />

schools and other civic entities called to identify and catalog points of cultural<br />

interest which are recognizable as such and can be communicated in cultural<br />

terms (archeological areas and monuments, places of urban fabric). These are<br />

then combined to constitute cultural and tourist itineraries passing through<br />

the suburbs of Rome, and are enhanced by stories by citizens for citizens, in<br />

their capacity as prosumers (producers, propagators and users of the content<br />

and of the stories relating to their local heritage).<br />

Parole chiave<br />

Beni culturali; turismo culturale; fruizione; valorizzazione; catalogazione;<br />

mappatura; georeferenziazione; open data; beacon; smartphone; app; sviluppo<br />

territoriale<br />

Autore<br />

Roy Andrea Guido<br />

Dotttore di ricerca in Beni Culturali e Territorio. info@archeologia.org<br />

10 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />

Controllo del clima<br />

in musei e archivi<br />

Il data logger WiFi testo 160 consente di monitorare, in continuo<br />

e con la massima discrezione, le condizioni climatiche delle opere<br />

esposte o archiviate. Sempre e ovunque.<br />

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misura<br />

sempre sotto<br />

controllo.<br />

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e pressione atmosferica<br />

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MUSEI<br />

“FRUIRE IL NON FRUIBILE”<br />

La fruizione digitale del patrimonio culturale non<br />

visibile nelle sale dei musei e l’anastilosi digitale<br />

di Paola Perozzo e Edoardo Zanollo<br />

Questa ricerca affronta il<br />

tema della fruibilità dei<br />

beni culturali attraverso lo<br />

strumento digitale, è stata<br />

sviluppata come tesi del Master<br />

Digital Exhibit dell’università<br />

IUAV di Venezia e fa seguito<br />

all’esperienza lavorativa degli<br />

autori presso il Museo Civico<br />

di Bassano del Grappa, in<br />

collaborazione con l’azienda<br />

madrilena Factum Arte.<br />

Fig. 1 - Esempi di reperti inaccessibili fisicamente ma potenzialmente fruibili in digitale.<br />

BENI CULTURALI INVISIBILI<br />

“Con l’espressione ‘beni culturali invisibili’ si intende la sommatoria<br />

delle opere d’arte, delle testimonianze storiche,<br />

culturali, sociali, tecnico-scientifiche e di costume che, allo<br />

stato attuale, non godono di adeguata visibilità e fruizione,<br />

perché nascoste, non adeguatamente conosciute e valorizzate.<br />

L’espressione si può declinare in vari modi, facendo<br />

riferimento a quei siti culturali scarsamente (o per nulla)<br />

visitati, oppure all’arte invisibile che giace nei depositi dei<br />

musei italiani, un patrimonio artistico di cui difficilmente il<br />

pubblico può fruire.” (Carmignani, Cavazzoni & Però, 2012).<br />

MANCATA VALORIZZAZIONE DELLA<br />

TOTALITÀ DEL PATRIMONIO<br />

In molti musei (sia storico-artistici che siti archeologici),<br />

in Italia così come in altre parti del mondo, una parte considerevole<br />

dei beni posseduti non viene esposta; in molti<br />

casi rimane accessibile solamente agli studiosi. Il problema<br />

principale riguarda pertanto la mancata valorizzazione della<br />

totalità del patrimonio posseduto.<br />

Come scrivono Candela e Scorcu (2004), “Uno degli aspetti<br />

maggiormente problematici della gestione museale è la<br />

scarsa valorizzazione del capitale del museo, in particolare<br />

per quello che riguarda il tasso di esposizione della collezione.<br />

Mentre per i musei minori una buona parte della collezione<br />

viene esposta e solo alcuni pezzi sono rinchiusi nei<br />

magazzini, per i maggiori musei la quota dei beni esposti è<br />

molto bassa”. Ad esempio, l’Hermitage di San Pietroburgo,<br />

il Guggenheim Museum di New York e il Museo Nacional del<br />

Prado di Madrid espongono rispettivamente il 7%, l’8% e il<br />

9% delle opere da loro possedute. In questi anni sono nate<br />

nuove iniziative per rendere accessibile al pubblico il maggior<br />

numero di oggetti d’arte posseduti dai singoli musei.<br />

Una di queste sono gli open storages, dei “veri e propri magazzini<br />

che, a differenza dei depositi dei musei tradizionali,<br />

sono liberamente accessibili dal pubblico” (Chiavarelli,<br />

2010). Ad esempio, nel 2006, il Birmingham Museum and the<br />

Art Gallery ha inaugurato il Museum Collections Centre, un<br />

magazzino visitabile che permette al pubblico di visitare più<br />

dell’80% delle opere del museo.<br />

ALCUNI DATI IN ITALIA<br />

Secondo i dati pubblicati da Istat in un indagine del 2009<br />

sui 3.409 musei non statali (contro i 424 statali), nei quali<br />

sono compresi i musei comunali (come il Museo di Bassano<br />

el Grappa) la percentuale di beni esposti rispetto ai beni<br />

posseduti dalla metà dei musei è compresa tra il 76 e il<br />

100%, ma l’altra metà espone sotto il 75% dei beni posseduti<br />

(oltre 500 musei espone addirittura meno del 25%). Un<br />

primo passo verso la valorizzazione dell’intero patrimonio<br />

potrebbe essere la catalogazione. Ad oggi non esiste una<br />

catalogazione definitiva della totalità dei beni culturali dei<br />

musei italiani. Gli oggetti presenti nei depositi spesso non<br />

sono catalogati e quindi continuano a rimanere invisibili.<br />

12 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />

INACCESSIBILITÀ DEL PATRIMONIO COMPLETO:<br />

LO STRUMENTO DIGITALE COME SOLUZIONE<br />

L’inaccessibilità al patrimonio completo non dipende solo<br />

da una questione di spazio o di non catalogazione delle opere,<br />

ci sono dei casi in cui le opere d’arte non possono essere<br />

portate “fisicamente” nelle sale museali, o possono rimanerci<br />

per periodi molto brevi.<br />

I motivi di questa inaccessibilità, che risolvibili con la digitalizzazione<br />

e/o la fruizione digitale delle opere, posso<br />

essere suddivisi in tre categorie (Fig. 1):<br />

1) Problema conservativo, nei casi in cui le condizioni di<br />

temperatura, umidità o luce in cui devono essere mantenute<br />

le opere d’arte o i reperti archeologici non possano<br />

essere garantite nelle sale museali (ad esempio gli album di<br />

disegni di Antonio Canova, custoditi al Museo Civico di Bassano<br />

del Grappa, oppure reperti di archeologia marina non<br />

ancora restaurati o che giacciono in fondo al mare, oppure<br />

siti non più accessibili come alcune tombe egizie, ecc...);<br />

2) Problema di difficoltà di fruizione e fragilità dell’opera,<br />

che riguarda quelle opere che per essere visualizzate dovrebbero<br />

essere in continuazione toccate (come degli album<br />

che raccolgono disegni, incisioni, libri o altro);<br />

3) Problema di non completezza delle opere, distrutte o<br />

danneggiate da bombardamenti, terremoti o incuria, che<br />

sono quindi conservate a pezzi e per vari motivi non possono<br />

essere fisicamente ricomposte (come ad esempio perché le<br />

parti perdute sono troppo estese rispetto a quelle rimaste).<br />

LO STRUMENTO DIGITALE APPLICATO NEI MUSEI<br />

Come anticipato all’inizio, prima di questa ricerca abbiamo<br />

potuto affiancare Factum Arte al Museo di Bassano del<br />

Grappa per la realizzazione di lavori quali scansioni fotogrammetriche<br />

di alcune sculture di Antonio Canova, come<br />

un bozzetto in terracotta delle Tre Grazie, e la digitalizzazione<br />

della collezione dei circa duemila disegni canoviani<br />

del museo per la riproduzione di fac-simili. In particolare,<br />

abbiamo contribuito alla scansione fotogrammetrica e con<br />

scanner a luce bianca (Breuckmann) la versione canoviana<br />

del modello in gesso in scala 1:1 del monumento bronzeo<br />

a Ferdinando I di Borbone, ultimato da uno degli allievi di<br />

Canova; il gesso si trova attualmente sezionato in circa 25<br />

pezzi e molti frammenti nei depositi comunali, dopo che<br />

negli anni Sessanta la direzione del museo decise di togliere<br />

il cavallo dalle sale museali.<br />

RICOSTRUZIONE DI OPERE IN FRAMMENTI:<br />

“ANASTILOSI DIGITALE”<br />

Nella Fig. 2, si possono vedere i tipi di opere d’arte, su cui<br />

abbiamo lavorato al museo di Bassano, in riferimento alle<br />

tre categorie di non fruibilità del patrimonio precedentemente<br />

esplicate. Si può notare come per tutti esista ovviamente<br />

un problema di tipo conservativo. Per gli album di<br />

disegni, inoltre, sussiste anche un problema di difficoltà di<br />

fruizione perché dovrebbero essere toccati in continuazione<br />

per essere sfogliati e la luce delle sale museali contribuirebbe<br />

ad un deterioramento repentino della carta. Per<br />

quanto riguarda, invece, il caso del cavallo del monumento<br />

a Ferdinando I e i busti in gesso, che stiamo per descrivere<br />

nelle prossime righe, siamo di fronte ad opere che, per diversi<br />

motivi, non sono integre e/o alcuni pezzi sono andati<br />

per sempre perduti. In questo caso, lo strumento digitale si<br />

dimostra ancora più efficace per rendere fruibile le opere<br />

e ricostruirle, praticando una vera e propria “anastilosi digitale”.<br />

Fig. 2 - Tabella di confronto tra tipi di opere d’arte e problemi di fruizione,<br />

risolvibili con lo strumento digitale.<br />

CASO STUDIO: TERSICORE<br />

A dimostrazione di come uno strumento digitale possa essere<br />

una valida soluzione per la fruizione di opere d’arte<br />

altrimenti non fruibili fisicamente abbiamo preso come<br />

esempio un’opera canoviana: il busto in gesso di Tersicore,<br />

musa della danza e del canto corale (Fig. 3), conservato<br />

nei depositi del museo di Bassano del Grappa (INVENTARIO<br />

S67 - rif. TUA 83).<br />

Esso fu danneggiato durante il bombardamento del 1945<br />

che distrusse parte del museo civico e a noi sono arrivati<br />

due frammenti: il primo costituisce la parte anteriore della<br />

testa e il basamento in legno, mentre il secondo è la coda<br />

di capelli; parte della nuca e alcuni riccioli di capelli sono<br />

andati perduti.<br />

Nelle sale museali è esposta un’altra versione di questo soggetto<br />

(INVENTARIO S35) ma è evidentemente molto diversa<br />

anche se alcuni dettagli rimangono gli stessi e saranno fondamentali<br />

per la ricostruzione della versione danneggiata.<br />

Probabilmente questi busti erano degli studi per la statua<br />

marmorea di Tersicore (a figura intera) della quale esistono<br />

due copie, oggi conservate alla Fondazione Magnani Rocca a<br />

Parma e al Cleveland Art Museum.<br />

DUE VERSIONI A CONFRONTO<br />

Il busto di Tersicore, di cui andiamo a fare la ricostruzione<br />

(INV. S 67) è un busto in gesso e legno alto circa 50 cm e<br />

con un diametro di circa 20 cm. Il basamento in legno è evi-<br />

Fig. 3 - Busto in gesso di Tersicore, Antonio Canova. Confronto dell’opera con<br />

un’altra raffigurante lo stesso soggetto.


Fig. 4 - Nuvola di punti con allineamento delle foto e misura di riferimento nel software Reality Capture.<br />

dentemente compromesso dalla presenza di tarli, mentre<br />

la parte in gesso, in particolare sulla sommità della testa,<br />

mostra segni di concrezioni calcaree dovute all’esposizione<br />

a pioggia e umidità.<br />

Il gesso in esame presenta (Fig. 03):<br />

4 l’inclinazione della testa più marcata verso destra;<br />

4 la bocca chiusa e non dischiusa;<br />

4 l’ovale del viso e il mento più morbidi;<br />

4 il naso meno appuntito e il profilo naso-fronte più dritto;<br />

4 gli occhi più aperti e l’iride non scolpita;<br />

4 il basamento diverso: questo è in legno con una base<br />

attica e due piccole volute sopra.<br />

I capelli e il nastro (con motivo a reticolo) sono invece molto<br />

simili e si possono riconoscere anche le corrispondenze<br />

delle singole ciocche di capelli.<br />

Il confronto tra le due statue sarà importante in fase di ricostruzione<br />

perché la seconda servirà come modello per ricostruire<br />

le parti mancanti della prima.<br />

RILIEVO FOTOGRAMMETRICO<br />

La campagna di rilievo fotogrammetrico è stata svolta seguendo<br />

principalmente due metodi, anche per permettere<br />

il confronto dei risultati, i quali sostanzialmente non variano<br />

in maniera apprezzabile.<br />

1) Foto scattate con macchina Canon EOS 5DSR su cavalletto<br />

con due luci fisse. Le impostazioni della macchina erano le<br />

seguenti: tempo scatto 1/30, apertura diaframma F 8.0, ISO<br />

100, con obiettivo da 50 mm.<br />

2) Le foto all’altro busto sono state scattate con la stessa<br />

macchina ma senza cavalletto e con flash. Le impostazioni<br />

della macchina erano le stesse tranne che per il tempo di<br />

scatto, portato a 1/160. Questo cambiamento di metodo ha<br />

comportato una sensibile diminuzione del tempo impiegato<br />

nel rilievo della statua.<br />

MODELLO DIGITALE<br />

La ricostruzione digitale è stata sviluppata con il software<br />

Reality Capture (Fig. 4), con il seguente flusso di lavoro:<br />

4 caricamento foto;<br />

4 allineamento delle foto e creazione della nuvola di punti;<br />

4 verifica della posizione delle foto intorno al soggetto e<br />

delle corrispondenze tra uno scatto e l’altro;<br />

4inserimento del riferimento metrico (di solito si individuano<br />

due punti su alcune foto, alla cui distanza si dà una<br />

dimensione reale, in questo caso 10 cm) quindi è bene<br />

predisporre un metro vicino all’opera d’arte in fase di rilievo<br />

fotogrammetrico (Fig. 4);<br />

4creazione del modello di mesh, visualizzabile in tre modalità:<br />

nuvola di punti, modello di mesh bianco, sweet,<br />

ossia un modello di mesh con una anteprima delle informazioni<br />

colore dei punti o texture.<br />

4texturizzazione del modello (se necessario);<br />

4esportazione del modello (nel nostro caso, senza texture<br />

perché le informazioni del colore dell’opera originale,<br />

non ancora restaurata, non erano significative per il nostro<br />

scopo).<br />

Con il software Geomagic sono state poi pulite le mesh e<br />

uniformate, togliendo il rumore derivato dal metodo di acquisizione<br />

dei dati.<br />

Il frammento della coda di capelli è stato rilevato in due<br />

fasi, corrispondenti ai due lati, quindi per avere un modello<br />

3D unico a tutto tondo abbiamo dovuto, con lo stesso software,<br />

unire le due metà del frammento (il lato superiore,<br />

rilevato nella prima fase, e il lato inferiore, rilevato per<br />

secondo). Le due metà sono state quindi unite, facendo attenzione<br />

ai punti di giunzione per renderli il più omogenei<br />

possibile.<br />

Alla fine, prima dell’esportazione, i modelli sono stati deci-<br />

14 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />

mati: si tratta della riduzione del numero<br />

di mesh mantenendo inalterata la superficie<br />

del modello. Quest’operazione viene<br />

fatta per facilitare la manipolazione<br />

successiva della mesh in altri software<br />

di modellazione. In questo caso abbiamo<br />

utilizzato il modello con un quarto delle<br />

mesh rispetto all’originale.<br />

ALLINEAMENTO E RICOSTRUZIONE<br />

Con il software Rhinoceros sono stati<br />

allineati i due frammenti, prendendo<br />

come riferimento le prove di ricostruzione<br />

fatte con i frammenti in gesso, in<br />

maniera da replicare al meglio il posizionamento<br />

delle varie parti.Abbiamo unito<br />

i frammenti accostati, ricostruendo la<br />

mesh lungo i punti di giuntura e abbiamo<br />

poi ricreato le parti mancanti utilizzando<br />

il modello dell’altro busto di Tersicore<br />

(ottenuto sempre mediante la fotogrammetria), adattando<br />

le proporzioni laddove necessario (Fig. 5).<br />

APPLICAZIONE ANDROID PER TOUCH SCREEN<br />

Attraverso il software Unity, abbiamo sviluppato un’applicazione<br />

esportabile per sistema operativo mobile Android,<br />

per la visualizzazione e la navigazione del modello ricostruito<br />

della Tersicore su touch screen o dispositivi mobili.<br />

Il modello 3D della statua è immerso in un ambiente neutro,<br />

con illuminazione diffusa e diretta proveniente dal punto di<br />

vista dell’osservatore; si riescono quindi ad apprezzare le<br />

variazioni delle ombreggiature sulla statua e la comprensione<br />

delle forme è più immediata.<br />

La navigazione dell’ambiente risponde ai comandi touch:<br />

Fig. 5 - Allineamento e ricostruzione digitali dei frammenti con Rhinoceros<br />

a confronto con l’allineamento dei frammenti originali.<br />

4 due tocchi e gesture pinch per lo zoom in e lo zoom out;<br />

4 due tocchi e trascinamento per la funzione pan (leggera<br />

traslazione dell’immagine).<br />

Nell’interfaccia utente sono stati anche creati dei pulsanti<br />

di navigazione interattiva per accendere o spegnere le<br />

parti ricostruite dell’opera, per evidenziarle con un colore<br />

diverso, o per far comparire più informazioni sull’opera<br />

analizzata in modo da rendere ancora più chiara la fruizione<br />

dell’opera e la sua ricostruzione.<br />

4 un tocco con trascinamento per far orbitare la camera<br />

(quindi il punto di vista del fruitore) intorno all’oggetto;<br />

Fig. 6 - Interfaccia di fruizione dell’app sviluppata in Unity e funzionalità dei tasti.


Bibliografia<br />

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gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />

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dell’antico, fortuna di Canova: 2. Settimana di studi canoviani,<br />

Bassano del Grappa: Istituto di ricerca per gli studi su Canova e<br />

il Neoclassicismo<br />

Mazzocca F. & Venturi G. (2005) Antonio Canova: la cultura figurativa<br />

e letteraria dei grandi centri italiani: 1. Venezia e Roma<br />

:3. Settimana di studi canoviani, Bassano del Grappa: Istituto di<br />

ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />

Mazzocca F. & Venturi G. (2006) Antonio Canova: la cultura figurativa<br />

e letteraria dei grandi centri italiani: 2. Milano, Firenze,<br />

Napoli : 4. Settimana di studi canoviani, Bassano del Grappa: Istituto<br />

di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />

Mazzocca F. & Pastore Stocchi M. (2007) La gloria di Canova :<br />

5. settimana di studi canoviani, Bassano del Grappa: Istituto di<br />

ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />

Ericani G. & Mazzocca F. (2008) Committenti, mecenati e collezionisti<br />

di Canova, 1.: 6. settimana di studi canoviani, Bassano<br />

del Grappa: Istituto di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />

Ericani G. & Mazzocca F. (2009) Committenti, mecenati e collezionisti<br />

di Canova, 2.: 7. settimana di studi canoviani, Bassano<br />

del Grappa: Istituto di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo<br />

Sitografia<br />

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http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2016/04/<br />

Atto-di-indirizzo-sui-criteri-tecnico-scientifici-e-sugli-standard-difunzionamento-e-sviluppo-dei-musei-DM-10-maggio-2001.pdf<br />

http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/multimedia/<br />

UfficioStudi/documents/1326709603677_B2278-4_Ministero_-_<br />

Minicifre_2011.pdf<br />

https://www.internazionale.it/notizie/2016/02/17/musei-operearte-nascoste<br />

http://www.museibassano.it/<br />

http://www.factum-arte.com/<br />

http://www.factumfoundation.org/<br />

https://www.capturingreality.com/<br />

https://unity3d.com/<br />

https://docs.unity3d.com/Manual/index.html<br />

Abstract<br />

This research is about the digital tools to make accessible the cultural heritage.<br />

It was developed as a thesis of the Master Digital Exhibit of IUAV in Venice after<br />

the work experience of the authors at the Museo Civico di Bassano del Grappa, in<br />

collaboration with the Madrid-based company Factum Arte.<br />

Many museums all over the world have the problem of their heritage not entirely<br />

visible in their spaces.<br />

The not accessible cultural heritage could be visitable through digital tools in the<br />

following cases: if there is preservation problem, where the conditions in which<br />

the works of art must be kept, can not be guaranteed in the museum rooms; if<br />

there is difficulty in fruition and fragility of artworks, which regards works like<br />

drawings or books; if artworks are not intact and stored in pieces and for some<br />

reasons can not be physically recomposed.<br />

We took as a case study for this third category the plaster bust of Tersicore by<br />

Antonio Canova; we rebuilt it digitally and then make it accessible through an<br />

Android app for touch screen.<br />

Autore<br />

Paola Perozzo<br />

perozzozanollo@yahoo.it<br />

Edoardo Zanollo<br />

perozzozanollo@yahoo.it<br />

www.thequicksloth.com<br />

Parole chiave<br />

Conservazione; beni culturali; fotogrammetria; ricostruzione digitale;<br />

valorizzazione; musei; modelli 3D; app<br />

16 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />

Soluzioni e Tecnologie<br />

Geospaziali per<br />

la Trasformazione<br />

Digitale<br />

www.esriitalia.it


RIVELAZIONI<br />

San Adriano a San Demetrio Corone<br />

Studio analitico degli affreschi pittorici a confronto<br />

di analoghe opere meridionali<br />

Il lavoro punta la propria attenzione su uno dei<br />

maggiori monumenti legato al monachesimo<br />

dell’Italia meridionale, la chiesa di San Adriano a San<br />

Demetrio Corone in provincia di Cosenza, un gioiello<br />

etnoantropologico arbëreshë.<br />

Lo studio si concentra sul ciclo di affreschi pittorici<br />

che occupano i sottarchi e le mura delle navate<br />

minori all’interno del monumento, datati tra<br />

l’XII e il XIII secolo, che oltre a rappresentare un<br />

complesso narrativo importante, si rifà ad analoghe<br />

opere presenti nei maggiori edifici ecclesiastici del<br />

meridione, inclusa la Calabria stessa.<br />

L’elaborato vuole dimostrare come le suddette<br />

raffigurazioni, nonostante presentino una differente<br />

datazione, mostrino una somiglianza tecnico<br />

esecutiva con analoghi affreschi di epoca normanna<br />

presenti in Sicilia, in particolare con quelli presenti<br />

nella Cappella Palatina di Palermo e nei Duomi di<br />

Cefalù e Monreale.<br />

di Felicia Villella, Antonio Marchianò<br />

Fig. 1 - Una delle fasi di assemblaggio del ROV.<br />

Situato in provincia di Cosenza sul<br />

versante orientale della Sila Greca,<br />

il comune di San Demetrio Corone<br />

è il luogo in cui sorge la chiesa<br />

di San Adriano, un’antica abbazia fondata<br />

da San Nilo di Rossano, suffraganea<br />

dell’abbazia benedettina di Cava<br />

dei Tirreni dal 1088 fino alla fine del<br />

XI secolo, posta al centro di influenze<br />

bizantine e pugliesi, nonché attenzioni<br />

da parte della Campania e della Francia<br />

meridionale.<br />

Fondato sulle colline della pianura di<br />

Sibari nel XV secolo dagli albanesi in<br />

fuga dal dominio turco-musulmano, il<br />

comune di San Demetrio insiste su un<br />

preesistente monastero così come documentato<br />

da un atto del 1471.<br />

Fig 1; Fig. 2<br />

18 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />

Proprio per questo il piccolo borgo vanta ancora una forte<br />

tradizione arbëreshë, preservando i riti bizantini.<br />

Di così tanta storia rimane solo la chiesa, di cui si sottolinea<br />

la perdita della facciata originale, che solo nel 1979 è stata<br />

liberata dal corpo di fabbrica che le era stato addossato alla<br />

fine dell’Ottocento.<br />

L’edificio sorge su una chiesetta che è stata fondata dal<br />

monaco basiliano San Nilo di Rossano, dedicandola ai santi<br />

Adriano e Natalia, luogo che col tempo acquisì una notevole<br />

importanza spirituale portandola ad una serie di ampliamenti<br />

postumi, ma con le persecuzioni iconoclaste fu<br />

abbandonato e distrutto dai saraceni. È nel 1088 che con<br />

la cessazione da parte del duca Ruggero Borsa ai monaci<br />

benedettini di Cava dei Tirreni inizia il processo di latinizzazione<br />

del territorio. Infine, restituito ai monaci basiliani,<br />

il monastero fu costruito ex novo tra il XII e il XIII secolo,<br />

implicando il ritorno al rito greco.<br />

ANAMNESI E ANALISI TECNICO-ARCHITETTONICA<br />

Il prospetto frontale presenta una spoglia facciata a spioventi<br />

in muratura, realizzata con conci in pietra di grosse<br />

dimensioni, interrotta solo da tre aperture, che lasciano intendere<br />

la tripartizione interna delle navate.<br />

I due prospetti laterali sono decorati da una serie di archetti<br />

pensili che corrono sotto la linea di gronda del tetto, scanditi<br />

in gruppi di tre da sottili lesene che poggiano su un alto<br />

zoccolo nel prospetto settentrionale in cui sono presenti incavi<br />

circolari, contenenti forse piccoli bacini di ceramica,<br />

dal gusto tipicamente orientale. (Fig 1; Fig. 2)<br />

Si accede all’ingresso mediante due portali, il meridionale<br />

composto da un arco a sesto acuto a doppia ghiera e il settentrionale,<br />

invece, a tutto sesto maggiormente decorato;<br />

sono presenti infatti motivi vegetali ed astratti nelle due<br />

mensole di appoggio alla lunetta, mentre a metà altezza<br />

dello stipite sono presenti due mascheroni: uno dalle sembianze<br />

feline e l’altro antropomorfo dalle cui bocche di entrambi<br />

fuoriesce un doppio caule che circonda i capi, di<br />

stampo prettamente romanico, a testimonianza del diretto<br />

collegamento tra le abbazie meridionali e quelle del sud<br />

della Francia. (Fig. 3; Fig. 4; Fig. 5)<br />

Come già accennato, l’interno è diviso in tre navate scandite<br />

da arcate longitudinali di forma e ampiezza diversa,<br />

poggianti su colonne nella prima campata e poi su pilastri di<br />

forma differente nelle successive campate. Un arco trionfale<br />

ad ogiva porta al presbiterio, originariamente terminante<br />

in un’unica abside semicircolare, sacrificata per far posto<br />

all’attuale transetto barocco, decorato nel Settecento da<br />

un ciclo di affreschi e dagli altari in opus gypsicum.<br />

Il monumento presenta una decorazione pavimentale in<br />

opus sectile, in buona parte conservata, è composta da<br />

un disegno musivo a specchiature marmoree, composte da<br />

tasselli geometrici inseriti in un reticolo di fasce in marmo<br />

bianco, quest’ultimo rimanda ad analoghi reticoli della basilica<br />

di Montecassino, dove l’abate Desiderio nella metà<br />

del XII secolo interpellò esperti artisti provenienti da Costantinopoli.<br />

L’influenza bizantina è evidente nel ciclo pittorico oggi presente<br />

solo nei sottarchi costituito da figure di santi militari,<br />

vescovi, un santo asceta e un monaco, tipiche raffigurazioni<br />

delle più venerate figure nelle chiese bizantine. Gli affreschi<br />

sono stati scoperti nel 1939, interamente ricoperti<br />

dall’intonaco e poi portati nuovamente alla luce e ripulite<br />

da pesanti ridipinture postume.<br />

(Fig. 6)<br />

Riconducibili soprattutto a manifattura siciliana, gli affreschi<br />

risultano essere contaminati anche da forme stilistiche<br />

all’ambito figurativo tardo comneno, affermazione che tro-<br />

Fig. 2 - L’OpenRov con le due camere GoPro montate sui lati.<br />

Fig. 3; Fig. 4; Fig. 5


ealizzata in una sola giornata, mentre i decori, quali i motivi<br />

geometrici e floreali, sono stati eseguiti in prima mano e<br />

senza rifiniture con soli tre colori: bianco, rosso e grigio. La<br />

scena della presentazione al tempio presenta, invece, una<br />

più vasta gamma di colori.<br />

(Fig. 7; Fig. 8)<br />

Fig. 6<br />

va riscontro soprattutto nella raffigurazione della Vergine<br />

al tempio, probabilmente del XIII secolo, in cui sono però<br />

presenti anche alcuni santi della Cappella Palatina di Palermo<br />

e del Duomo di Cefalù e anche alcuni passi che sono<br />

riscontrabili nei mosaici di Monreale, facendo spostare la<br />

datazione alla fine del XII secolo.<br />

CENNI SUL RESTAURO E ANALISI D’IMMAGINE<br />

I primi interventi di restauro mirati al consolidamento<br />

dell’edificio furono intrapresi dalla Soprintendenza per i<br />

Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria di<br />

Cosenza nel 1939, lavori che portarono alla luce gli affreschi<br />

celati dall’intonaco risalente al 1860.<br />

Una seconda campagna di restauro fu intrapresa fra il 1948<br />

e il 1955 accompagnata da una serie di scoperte, tra cui il<br />

rosone sovrastante l’arco absidale e le sue fondamenta normanne,<br />

le finestre della facciata e tracce di affreschi, non<br />

più visibili, sui timpani interni.<br />

Seguì, secondo i dettami della Soprintendenza, un erroneo<br />

intervento con pesanti ridipinture sugli affreschi che modificò<br />

totalmente le morfologie delle figure presenti. Fu solo<br />

nel 1993 che queste ultime furono eliminate definitivamente.<br />

Il restauro previde inoltre un’azione di consolidamento<br />

dell’intonaco e una di pulitura, operazioni che hanno evidenziato<br />

come in realtà lo strato pittorico originario fosse<br />

ben saldo ed eseguito a fresco con la tecnica della giornata.<br />

Le figure sono state realizzate molto velocemente una<br />

volta steso il tonachino, questo fa presuppore la presenza<br />

di diversi pittori che lavoravano contemporaneamente; ad<br />

esempio La presentazione della Vergine al Tempio è stata<br />

STATO DELL’ARTE E CONFRONTI CON OPERE SICILIANE<br />

Come già affermato, poco resta degli affreschi presenti<br />

all’interno dell’edificio religioso, ma questo ci permette<br />

ugualmente di avanzare ipotesi sulle decorazioni originarie<br />

avvalendosi di raffronti esecutivi e morfologici di analoghe<br />

opere dell’Italia meridionale.<br />

Il lavoro proposto, vuole di fatti dimostrare come siano evidenti<br />

le somiglianze compositive e tipologiche soprattutto<br />

con i cicli siciliani di epoca normanna, la Cappella Palatina<br />

di Palermo e i Duomi di Cefalù e Monreale, ma anche con<br />

ulteriori cicli divisi tra la Basilicata e la Puglia, Santa Maria<br />

D’Anglona, Santa Maria delle Cerrate, San Mauro a Sannicola,<br />

San Salvatore a Sanarica, qui solo citati e infine con<br />

opere presenti nella Calabria stessa, Chiesa dello Spedale<br />

di Scalea, Chiesa della Panaghia di Rossano, la Cattolica di<br />

Stilo e la Chiesa del Campo di San Andrea Apostolo dello<br />

Jonio. È possibile ipotizzare la circolazione di una classe<br />

di pittori che nel primo trentennio del secolo XIII operava<br />

in tutta l’Italia meridionale, con una buona conoscenza del<br />

greco, così come attestano le iscrizioni presenti sulle opere.<br />

Se iniziamo dalle raffigurazioni presenti nella chiesa di San<br />

Adriano, così come studiato da Lavermicocca, potremo notare<br />

che le figure dei vescovi presenti nel terzo intradosso a<br />

sinistra all’interno dell’edificio, mostrano un abbigliamento<br />

simile alle rappresentazione dei santi vescovi della Cappella<br />

Palatina.<br />

Analogamente nel Duomo di Monreale sono riconoscibili le<br />

figure di santi nell’abside sotto la figura del Pantocrator,<br />

negli intradossi e nei piedritti degli archi e nella strombatura<br />

delle finestre dove sono raffigurati pontefici, vescovi,<br />

dottori della chiesa e martiri.<br />

Molto probabilmente, gli affreschi calabresi hanno origine<br />

da questi contesti siciliani perché mostrano uno stile pittorico<br />

caratterizzato da un pronunciato linearismo e da una<br />

metodica nel trattamento del colore che sembra rimandare<br />

alla più antica fase tardo-comnena, attestata nei mosaici<br />

siciliani.<br />

Ciò che avvicina gli affreschi di San Adriano ai cicli citati<br />

è il predominio della linea nel disegno dei corpi, la resa<br />

dei panneggi con pieghe verticali e sobrie e il rilievo dato<br />

ad alcune parti della figura come ad esempio il ginocchio,<br />

tramite piccole masse di luce.<br />

L’affinità stilistica è attestata dal confronto tra la figura di<br />

San Basilio di San Demetrio e alcuni santi della Cappella Palatina<br />

di Palermo e del Duomo di Cefalù. Si può notare, in-<br />

Fig. 7; Fig.8<br />

20 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />

fatti, una comune impostazione delle figure ieratiche, olosome,<br />

stanti in posizione frontale. Esse presentano la stessa<br />

tipologia di abbigliamento composto da sticharion, phailonion,<br />

omophorion a grandi croci nere, epitrachelion ad una<br />

sola banda piuttosto larga ed enchirion. Tutte sorreggono il<br />

vangelo con la mano sinistra velata, hanno barba a punta e<br />

rughe sulla fronte. Nel San Basilio si nota però un’evoluzione<br />

stilistica dovuta all’uso di un chiaroscuro morbido e da<br />

un trattamento più naturalistico del panneggio.<br />

Lo stesso discorso tecnico esecutivo vale per la somiglianza<br />

tra il San Nicola di San Demetrio e quelli presenti nel Duomo<br />

di Cefalù e di Monreale. La differenza sta nella postura,<br />

negli edifici di Cefalù e Monreale è raffigurato con la mano<br />

sinistra benedicente, mentre nella chiesa calabrese posa la<br />

mano sul Vangelo.<br />

Nella terza arcata all’interno della chiesa di San Adriano,<br />

sono presenti due gerarchi della chiesa che recano nella<br />

mano sinistra il libro sacro e hanno la mano destra benedicente<br />

con postura identica a quelle precedentemente citate.<br />

L’abbigliamento in entrambi è tipico dell’iconografia<br />

tradizionale tranne che per la presenza di enchirion, attributo<br />

apparso per la prima volta nel XI secolo.<br />

La prima figura è un vescovo raffigurato con la barba folta<br />

appuntita e benedicente alla maniera latina, mentre dalla<br />

lunga veste si intravede la punta del piede destro. Questa<br />

figura potrebbe raffigurare San Basilio.<br />

La seconda figura, invece, presenta una barba arrotondata<br />

bianca, fronte alta e canuto. È rappresentato con il gesto<br />

della benedizione alla greca ed è stato identificato con San<br />

Nicola.<br />

L’ultima arcata verso il presbiterio accoglie una figura intera<br />

di vescovo. Il santo è rappresentato con cappelli e barba<br />

bianca, quest’ultima lunga e appuntita. Regge il vangelo<br />

con la mano sinistra e benedice con la destra, anche<br />

egli ripropone un abbigliamento analogo ai precedenti. Da<br />

un punto di vista iconografico potrebbe rappresentare San<br />

Atanasio. Analoghe raffigurazioni sono presenti, come già<br />

detto, in ulteriori edifici ecclesiastici sparsi per la Calabria.<br />

Nell’abside della chiesa di Scalea, ad esempio, è presente<br />

San Nicola in cattedra fra quattro santi; come ampiamente<br />

studiato da Biagio Cappelli il confronto con gli affreschi di<br />

San Demetrio permette di evidenziare alcuni fattori comuni,<br />

come la raffigurazione di entrambe le figure con capelli<br />

e barba corti e abbigliati da una veste episcopale con un<br />

panneggio lineare. L’unica differenza sostanziale sta nel<br />

fatto che il San Nicola presente a San Demetrio è in posizione<br />

frontale ed eretta mentre l’altro è seduto in cattedra.<br />

(Fig. 11; Fig. 12)<br />

Nella stessa chiesa di Scalea è presente un altro San Nicola<br />

sulla parete palinsesto meridionale, maggiormente similare<br />

a quello di San Adriano. Di fatti entrambi sono incorniciati<br />

da un aureola gialla e presentano capelli e barba corta. Nello<br />

stesso edificio, nella parete settentrionale della chiesa,<br />

è presente un altro santo, ma acefalo che indossa un pallio<br />

rosso con sopra delle croci nere; la resa del panneggio scende<br />

a pieghe verticali e sobrie. Probabilmente proprio per la<br />

resa del panneggio e per la gamma cromatica basata su un<br />

rosa pastello molto luminoso si tratterebbe di San Atanasio.<br />

Ulteriori confronti si possono fare tra il San Giovanni Crisostomo<br />

nella chiesa della Panaghia a Rossano e due figure<br />

di santi nella Cattolica di Stilo. Il santo di Rossano ha un<br />

volto allungato circondato da una grande aureola, cappelli<br />

corti, barba corta che scende a punta e rughe sulla fronte.<br />

Dalla morfologia stilistica è assimilabile al San Nicola di San<br />

Demetrio. Tutti i santi presenti nella Cattolica di Stilo mostrano<br />

somiglianze con pitture bizantine sia della Grecia e<br />

isole, che del versante jonico dell’Italia meridionale.<br />

Fig. 9<br />

Benché siano poco leggibili è possibile fare riferimento a<br />

quanto osservato in passato da Polo Orsi nella figura che occupa<br />

il mezzo pilastro a sinistra dell’abside centrale, riconducibile<br />

anch’essa a San Nicola, raffigurato con paramenti<br />

vescovili blu e neri con mano destra benedicente secondo<br />

il rito greco, mentre con la sinistra regge un evangelario. I<br />

santi presenti a Stilo indossano lo stesso abbigliamento dei<br />

Santi Atanasio, Basilio, Biagio e Nicola presenti nella chiesa<br />

di San Adriano.<br />

(Fig. 13)<br />

Infine sono da citare le pitture presenti a San Andrea Apostolo<br />

dello Jonio nella chiesa del Campo. Queste sono state<br />

segnalate per la prima volta da Giorgio Leone nel 1990. Purtroppo<br />

il ciclo è giunto a noi in modo frammentario, ciò nonostante<br />

possiamo apprezzare alcune figure che si possono<br />

confrontare in modo significativo con quelle presenti a San<br />

Adriano. Per esempio, la figura di Stefano diacono e di un<br />

santo diacono con i volti dei personaggi presenti nella scena<br />

de La Presentazione della Vergine al tempio di Sant’Adriano.<br />

Le espressioni dei visi mostrano lo stesso taglio degli occhi<br />

ed è facile notare come le sopracciglia e il naso abbiano<br />

la stessa composizione stilistica.<br />

La datazione del ciclo pittorico di S. Andrea Apostolo, facilitata<br />

dallo scavo archeologico eseguito in situ, sembrerebbe<br />

ricadere nella prima metà del XIII secolo; una datazione che<br />

può essere proposta anche per gli affreschi di S. Adriano.<br />

Fig. 10


CONCLUSIONI<br />

L’elaborato ha messo in evidenza i legami<br />

esistenti tra gli affreschi della chiesa di San<br />

Adriano a San Demetrio Corone in provincia<br />

di Cosenza e analoghe opere presenti sia su<br />

territorio calabrese, come la chiesa dello<br />

Spedale di Scalea, la chiesa della Panaghia<br />

di Rossano, la Cattolica di Stilo e la chiesa<br />

del Campo di San Andrea Apostolo dello Jonio,<br />

che su territorio siculo, in particolare<br />

con la Cappella Palatina di Palermo, il Duomo<br />

di Cefalù e quello di Monreale.<br />

In funzione delle ipotesi presentate, il lavoro<br />

si è sviluppato procedendo con una ricca<br />

indagine storico-anamnestica oltre che un<br />

attento studio morfo-esecutivo degli affreschi<br />

oggetto d’esame, mettendo in evidenza<br />

come le opere murarie del complesso di<br />

San Demetrio oggetto di analisi, nonostante<br />

i restauri non sempre efficaci effettuati,<br />

presentino notevoli similitudini con le raffigurazioni<br />

degli stessi personaggi presenti in<br />

tutto il meridione, avvallando l’ipotesi secondo<br />

cui fossero presenti delle maestranze<br />

che operassero in questi territori portando<br />

nelle proprio bagaglio di tecniche esecutive<br />

lo stesso stile iconografico.<br />

Tra i risultati ottenuti dalle indagini, in<br />

base a quanto presentato durante le analisi<br />

riguardanti i raffronti tra le raffigurazioni<br />

esaminate la datazione degli affreschi presenti<br />

nella chiesa di San Demetrio Corone<br />

risalirebbero alla prima metà del XIII secolo,<br />

spostandone così la datazione comunemente<br />

adottata.<br />

L’articolo vuole comunque essere un approccio<br />

prettamente preliminare alle opere,<br />

che getti le fondamenta su cui intavolare<br />

un maggiore e più approfondito studio<br />

degli affreschi, ampliando il campo di indagine<br />

su cui improntare ulteriori raffronti<br />

iconografici, per conferire massima affidabilità<br />

alle ipotesi presentate.<br />

Fig. 13<br />

Fig. 11; Fig. 12<br />

22 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 23<br />

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Abstract<br />

The work focuses on one of the major monuments related to the monasticism<br />

of southern Italy, the church of San Adriano in San Demetrio Corone in the<br />

province of Cosenza, an ethno-anthropological arbëreshë jewel.<br />

The study is based on the cycle of frescoes that occupy the sub-arches and the<br />

walls of the minor naves inside the church, dated between the twelfth and<br />

thirteenth centuries, which in addition to representing an important narrative<br />

complex, it refers to similar works in the major ecclesiastical buildings of the<br />

south, including Calabria.<br />

In Calabria, in fact, we find terms of comparisons in the church of the Spedale<br />

of Scalea, in the church of Panaghia of Rossano, in the Cattolica of Stilo and in<br />

the church of the Campo of San Andrea Apostolo dello Jonio.<br />

The elaborate wants to demonstrate how these representations show, although<br />

they present a different date, a technical similarity with an analogous frescoes<br />

of the Norman period present in Sicily, in particular similarities with<br />

those present in the Palatine Chapel of Palermo and the Duomes of Cefalù<br />

and Monreale.<br />

In support of this thesis, we propose the image analysis of some portions of the<br />

pictorial works supported by a careful historical-artistic study, with the aim<br />

to create a union between non-invasive and theoretical-executive diagnostic<br />

investigations.<br />

The section that we want to investigate concerns the actual status of the asset<br />

and will highlight a summary of the paintings in order to provide a general<br />

overall status, that it aims to be the starting point for a more in-depth future<br />

analysis of the whole complex considered.<br />

Parole chiave<br />

Ciclo di affreschi; conservazione-restauro; edifici storico-monumentali<br />

Autore<br />

Felicia Villella<br />

licia.villella@tiscali.it<br />

Antonio Marchianò<br />

antoniomarchiano@hotmail.it


GUEST PAPER<br />

Archaeo-mineralogical Characterization of ancient<br />

copper and Turquoise mining in south Sinai, Egypt<br />

by Mohamed M. Megahed<br />

Fig.1 - Shows a map of<br />

Sinai Peninsula<br />

The study aims to investigate the source zones for<br />

copper in south Sinai, Egypt during the pharaonic ages, to<br />

determine the extent of a manufacturing centre and its<br />

position and to know the systems of metallurgical works,<br />

fire places and furnaces. The study had two main aspects:<br />

1)it has been done a serious survey to investigate the<br />

mines of the south Sinai, during which several different<br />

mining features were randomly chosen for excavations<br />

such as open cisterns, plates and galleries, collected every<br />

small things and fine details of the mining technology<br />

used at these sites; 2) careful investigations by a serial of<br />

different analytical techniques for Ore and slag samples<br />

from the selected mines have been applied; the obtained<br />

information can be married up and exploited to determine<br />

exactly the main activity for each site.<br />

Sinai Peninsula or simply Sinai (/ˈsaɪnaɪ/; Arabic: ‎ءانيس<br />

Sīnāʼ; Egyptian Arabic: ‎انيس Sīna, is a peninsula in<br />

Egypt, the only part of the country located in Asia.<br />

It is situated between the Mediterranean Sea to the north<br />

and the Red Sea to the south; it is triangular in shape, with<br />

northern shore lying on the southern Mediterranean Sea<br />

and southwest and southeast shores on Gulf of Suez and<br />

Gulf of Aqaba of the Red Sea. It is a land bridge between<br />

Asia and Africa. Sinai has a land area of about 60,000 km2<br />

(23,000 sq mi) and a population of approximately 1,400,000<br />

people. Administratively, Sinai Peninsula is divided into two<br />

governorates: the South Sinai Governorate and the North Sinai<br />

Governorate (Fig. 1). Three other governorates span the<br />

Suez Canal, crossing into African Egypt: Suez Governorate<br />

on the southern end of the Suez Canal, Ismailia Governorate<br />

in the center, and Port Said Governorate in the north [www.<br />

sinaiwikipedia].<br />

Transition from the Neolithic to Chalcolithic periods occurred<br />

in more than one geographic area, as archaeo-metal lurgical<br />

evidence suggests that copper smelting was discovered<br />

independently in many different parts of the world. In ancient<br />

ages two regions with occurrences of copper deposits<br />

are known in Egypt: central southern part of Sinai Peninsula<br />

and the eastern desert. Sinai was the site of extensive copper<br />

exploitation in pharaonic times. The copper occurrences<br />

are classified as strati form deposits, copper occur in<br />

the form of secondary minerals, predominantly malachite<br />

(rarely azurite and chrysocolla) impregnating Paleozoic clastic<br />

sediments. In some localities, copper minerals are mixed<br />

with manganese oxides, copper contents in the ore vary<br />

from 3 to 18% [Gerald F., Vladimir H., and Antonin P., 1995].<br />

The mining of copper had been carried out for long time<br />

on the surface, there are also known previously horizontal<br />

cavities, galleries which follow the ore mineralization some<br />

40-50 meters into the rock.<br />

The copper ore mined at several localities in Sinai which<br />

include Wadi Al-Maghara, Wadi Kharag, Wadi Al-Nasib, Serabit<br />

Al Khadem, Regeita, Samara, Abu El Nimran and others.<br />

The indications about copper mining in Serabit El-Khadim<br />

are less clear, as the ancient working indications in that<br />

area have not taken the enough intention of research and<br />

study, although the copper ore is found in the divinity of the<br />

temple of Serabit El-Khadim [Gardiner A., Peet T., & Cerny<br />

J., 1955].<br />

Turquoise also was mined in ancient times at the same areas;<br />

a lot of archaeological researches were carried out to<br />

prove and investigated the sites of turquoise mining in south<br />

Sinai. This was confirmed by a peculiar appearance, which<br />

strangely enough has not been observed by any earlier travellers.<br />

A lot of papers have been written by travellers, scholars and<br />

researchers about ancient mines of copper and turquoise<br />

in south Sinai area, Egypt [Petrie W. M. F., 1906, Gardiner<br />

A., Peet T., & Cerny J., 1955, El Shazly S. M., 1959, Charles<br />

B., and Dominique V., 1997, Rothenberg B., 1987, Paul T.<br />

N., & Ian S., 2000, Beit-Arieh, I., 1987], but all of these<br />

papers had a shortage, there was integrated between the<br />

mines of copper and the mines of turquoise in these papers,<br />

24 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 25<br />

especially in Wadi Al- Maghara, Wadi Al-Nasib, Wadi Kharag<br />

and Serabit Al-Khadim, they couldn’t determine exactly the<br />

activity of each site.<br />

This study aims to clear this point and determine exactly<br />

the mines of copper and turquoise, the study also aims to<br />

know the nature and correlation of many of mining features,<br />

the relation of the mining shifts to the underground<br />

gallery systems and the function of plates, to have a better<br />

understanding of the formation of the mining region’s post<br />

and present topography, especially of the relation between<br />

the different mining features and the landscape features<br />

which often appeared to be extremely odd, to investigate<br />

the source zones for copper in south Sinai, Egypt during the<br />

pharaonic ages, to investigate the positions and ground plan<br />

situations of single manufacturing objects (earth houses, a<br />

house with stone socle, stone house, metallurgical works,<br />

fire places, furnaces, etc., to determine the extent of a manufacturing<br />

Centre and its position and to know the systems<br />

of metallurgical works, fire places, furnaces, etc.<br />

To achieve that the study had two main aspects: first, a<br />

serious survey to investigate of the mines of south Sinai was<br />

a cured; several different mining features were randomly<br />

chosen for excavation such as open cisterns, plates and galleries,<br />

collected every small things and fine details of the<br />

mining technology used at these sites.<br />

Secondly: Careful investigations by a serial of different<br />

analytical techniques for Ore and slag samples from the selected<br />

mines have been applied; the obtained information<br />

can be married up and exploited to determine exactly the<br />

main activity for each site.<br />

HISTORICAL AND MINERALOGICAL STUDY<br />

Sinai was called Mafkat or “country of turquoise” by the ancient<br />

Egyptians From the time of the First Dynasty or before,<br />

the Egyptians mined turquoise in Sinai at two locations,<br />

now called by their Egyptian Arabic names Wadi Magharah<br />

and Serabit El-Khadim. The mines were worked intermittently<br />

and on a seasonal basis for thousands of years. Modern<br />

attempts to exploit the deposits have been unprofitable.<br />

These may be the first historically attested mines.<br />

Archaeologists have found that the very earliest known<br />

settlers in the Sinai-they arrived about 8,000 years agowere<br />

miners. Drawn by the region’s abundant copper and<br />

turquoise deposits, these groups slowly worked their way<br />

southward, hopping from one deposit to the next. By 3500<br />

BC, the great turquoise veins of Serabit El-Khadem had been<br />

discovered. At the same time, the kingdoms of Egypt became<br />

united under its first pharaohs, and these great rulers<br />

soon turned their eye eastward. By about 3000 BC the Egyptians<br />

had become masters of the Sinai mines, and at Serabit<br />

El-Khadem they set up a large and systematic operation. For<br />

the next two thousand years, great quantities of turquoise<br />

were carved from Serabit El-Khadem, carried down the Wadi<br />

Matalla to the garrisoned port at El-Markha (just south of<br />

Abu Zenima), and set aboard boats bound for Egypt. For<br />

the Egyptians, the brilliant blue-green stone served myriad<br />

purposes: scarabs were carved from it, and the bright<br />

mineral enamels of powdered turquoise were used to color<br />

everything from fine statuettes to bricks.<br />

Richard Lepsius, in the 33 rd of his famous letters written during<br />

his antiquities hunting mission in 1845 on behalf of his<br />

Majesty Fredrick William 1V of Prussia, made the following,<br />

often quoted statement concerning the Egyptian mining<br />

temple at Serabit El-Khadim in south Sinai. The divinity, who<br />

was mostly revered here in the middle and new kingdom was<br />

Hathor, with the designation, also found in Wadi Maghara<br />

(Mistress of Mafkat) i.e.( the copper country), for Mafkat<br />

signified (copper) in the Hieroglyphical, as well as in Coptic<br />

language.<br />

The meaning of Mafkat (= copper) as viable evidence for<br />

pharaonic copper mining was entirely within (the spirit of<br />

the time) of early nineteenth century, although even then<br />

slag samples from slag-hills at Serabit could have been<br />

analyzed.<br />

In 1984 the historian J. Muhly used the meaning of Mafkat<br />

( now revised as turquoise) as the principal evidence for<br />

his astonishing conclusion that, in contrast to the evidence<br />

Fig. 2 - Shows the ancient smelters houses in wadi<br />

Maghara.<br />

Fig. 3 - Shows a stair on the eastern mountain, leads<br />

to ancient smelters houses in wadi Maghara.<br />

Fig. 4 - Shows a casting mold in wadi Maghara.


Fig. 5 - Shows a general view of Wadi Nasib.<br />

Fig. 6 - Shows copper deposits in the rocks in Wadi Nasib.<br />

from the wadi Arabah no ancient copper mines have yet<br />

been identified in the south Sinai. Nor have any copper<br />

smelting sites been found in the area [ Muhly J., 1984].<br />

Flinders Petrie,s pioneering work in Sinai was mainly concerned<br />

with excavations at the mining temple of Serabit El-<br />

Khadim and the turquoise mining camps of Maghara, but on<br />

the pages of his Sinai report, especially in the chapters contributed<br />

by C.T. Currelly, there are numerous references to<br />

substantial remains of ancient copper mining and smelting<br />

in various parts of the south Sinai [Petrie W. M. F., 1906].<br />

El Shazly of the Geological survey of Egypt, published in<br />

1959 a report on the copper deposits of Sinai, several ancient<br />

copper mines have been reported in Sinai, which included<br />

Gebel Um Rinna, Serabit El-Khadim and Maghara [El<br />

Shazly S. M., 1959].<br />

The copper ore mined in Sinai in the ancient time was largely<br />

malachite associated with a little azurite and chrysocolla.<br />

El Shazly also reported copper mineralization at<br />

several localities in Sinai which include Serabit, Regeita,<br />

Samara, Abu El Nimran and others.<br />

Wadi Maghara considers the first and important area in<br />

south Sinai, which the ancient mineralogy missions sent to<br />

it. Beside Turquoise, there are no doubt copper was also<br />

obtained here. This was confirmed by a peculiar appearance,<br />

which strangely enough has not been observed by any<br />

earlier travellers.<br />

There are debris of ancient smelters houses, which date<br />

back to the old kingdom (2780- 2230 BC), and the middle<br />

kingdom (2134-1778 BC), also a huge quantities from copper<br />

slag, destroyed pots and casting molds which returned<br />

back to old and middle kingdom were found in the region<br />

(Figs.2- 4).<br />

In the region of Bir Nasib, in the vicinity of the well of Nasib<br />

are large slags heaps and ruins of several smelting furnaces.<br />

Rothenberg noticed small adits during his visiting’s to Wadi<br />

El-Nasib area, these small adits visible in the sandstone cliffs<br />

surrounding the smelting area show green lumps consisting<br />

of malachite, paratacamite and quartz.<br />

The whole district extending as far as Um Bogma and Gebel<br />

Um Rinna is rich in copper mineralization.<br />

The mines of the ore are situated about one and a half hours<br />

to the north-west in Gebel Um Rinna, here in several horizontal<br />

sandstone layers, have been squeezed wedge-shaped<br />

masses of earthy copper oxide of unusual dimensions. The<br />

old inhabitants drove shafts and labyrinth-like cavities in<br />

many directions, leaving pillars of rock untouched to prevent<br />

the whole from caving in judging by the dimensions<br />

of these workings the quantity of ore extracted must have<br />

been very large even now immense masses of cupriferous<br />

rock are still to be seen [Rothenberg B., 1987].<br />

Another mine, where caverns of about 80 feet had been<br />

emptied, seemed to have been destroyed because of depletion;<br />

the ore contained 18% of pure copper of high quality.<br />

These ores could be reduced without any additional flux;<br />

Rothenberg obtained 18% pure copper and an equal quantity<br />

of iron slag (Figs.5, 6).<br />

On the hill above the other mine, we can see a small, 8 feet<br />

long obelisk of sandstone, on its side, facing the ground, it<br />

showed beautifully worked hieroglyphs.<br />

According to the Egyptian tradition, these mine working<br />

were commemorated by royal hieroglyphic inscriptions and<br />

proto-sinaitic inscriptions of the middle kingdom. Some Nabataean<br />

inscriptions near the workings indicate that mining<br />

occurred here also in later periods. On the opposite side of<br />

the valley, about 200m., south of the slag heap, and right<br />

next to the ancient copper mines, a large hieroglyphic inscription<br />

of the Ramesside period, and a smaller inscription<br />

probably of the Middle Kingdom were discovered by Rothenberg.<br />

The Ramesses 11 inscription is of particular interest<br />

because it shows, on either side of the royal cartouche,<br />

two figures who are named as the (Royal Butler Neferronpe<br />

and the Captain of the Host, paenlevi) high ranking members<br />

of the Egyptian hierarchy, and clearly the joint leaders<br />

of an expedition to the Pharaonic mines and smelters of Bir<br />

Nasib [Rothenberg B., 1987].<br />

To the northern west of Wadi Nasib located one of the oldest<br />

and important copper mine in south Sinai, it is Wadi<br />

Kharag mine. This mine is a very rough and irregular excavated<br />

adit, about 100 m., long, 10 m., wide and 2 m., high.<br />

It still shows in the region some fragments from smelting<br />

pots, slags, copper mineralization besides manganese and<br />

iron ores. The latter had apparently been left untouched<br />

by the ancient miners as they were only interested in the<br />

copper ore.<br />

Here too, an Egyptian engraving was found (Fig. 7). It is a<br />

crude drawing of a shrine in which the Egyptian god Ptah<br />

(who is frequently associated with workmen, sits on a chair,<br />

holding what appears to be a sceptre.<br />

Further up on the hill, right above the copper mine, a stela<br />

of Sesostris 1(1971-1928 BC) of the 12th Dynasty, was discovered<br />

by Rothenberg expedition [Rothenberg B., 1987].<br />

About 150 m., further on, there was a typical Egyptian miners<br />

camp, similar to the camps of Maghara. It consisted of<br />

a long row of semi-detached rooms, constructed in a semicircle<br />

against a cliff. Engraved on this rock was a monumental<br />

hieroglyphic inscription of the 5th Dynasty (Fig. 8),<br />

which reads: the king of upper and Lower Egypt, Sahure,<br />

who lives forever- Thoth, Lord of Terror, who smites the<br />

Land of the Setjet {Asia}.<br />

26 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 27<br />

Evidently site of Wadi Kharag was a centre of old and middle<br />

kingdom copper mining and is, in fact, the earliest Pharaonic<br />

copper mining camp so for discovered in Sinai.<br />

Although the copper ore is found in the divinity of the temple<br />

of Serabit El-Khadim, the indications about copper mining<br />

in this area are less clear [Gardiner A., Peet T., & Cerny<br />

J., 1955].<br />

In 1987 Beit Arich [Beit-Arieh, I., 1987], discovered same<br />

opened casting molds, made of nubian sandstone and a base<br />

of below in the region of Serabit El-Khadim.<br />

To the East and west of the temple at Serabit El-Khadim are<br />

to be seen the Mines which were carved in sandstone, there<br />

are in the neighbor-hood and we can fallow the old paths<br />

which lead to them [Charles B., and Dominique V., 1997],<br />

(Figs.9, 10).<br />

Amang the cultural achievements related to Sinai is the earliest<br />

alphabetic script invented the so-called proto-Synatic<br />

or proto-Synatic inscriptions. These were found carved on<br />

the rocks at Maghara, Serabit El Khadem and Wadi Nasib.<br />

Scholars date them to the New Kingdom or perhaps even as<br />

early as the Middle Kingdom. The script was used by the miners<br />

during their work and habitation there. Some scholars<br />

state that this script was derived from hieroglyphics, and<br />

that it was the basis from which the Phoenicians invented<br />

their alphabet, which, in turn, is the mother of the modern<br />

western alphabet. Hopefully, archeologists will eventually<br />

shed some light on the steps that originally led to the formation<br />

of the script, its place in time, and other details<br />

[Saad El-Din M., Makhtar G., 1998].<br />

METALLURGICAL STUDY<br />

Egyptians probably drew their first supplies of copper as<br />

native metal and step by step from the abundant malachite<br />

stones found in south Sinai region and in the hills near Red<br />

Sea in the eastern desert.<br />

Malachite was probably the first metallic ore smelted on an<br />

important scale. To smelt copper from malachite requires a<br />

temperature of at least 1083Oc and a reducing atmosphere.<br />

At one time archaeologists suggested that Neolithic man<br />

could have accidentally satisfied these metallurgical conditions<br />

when he used malachite stones to surround his camp<br />

fires [Konrad J. A., 1999].<br />

The earliest known method of copper smelting in pottery<br />

kilns was pieced together based on bowl-shaped depressions<br />

in the earth of south Sinai area. Clay sides of these<br />

depressions were discolored by heat mixed with sand that<br />

filled and surrounded these depressions were bits of greenish<br />

copper slag, which contained small prills or blobs of<br />

metallic copper. Nearby sandstone blocks could be fitted<br />

together to form a furnace with a total depth of 80cm and<br />

width of 45cm. charcoal fuel made from desert a acacia<br />

trees and carbon dated at 3500 BC., was also found at the<br />

site. An iron oxide flux was probably gathered from nearby<br />

cliffs. Tests on this slag showed that furnace temperatures<br />

reached 1180-1350 Oc., these temperatures would have required<br />

some form of forced draft, possibly pumped into the<br />

furnace with draft, possibly pupped into the furnace with a<br />

goatskin bag and a clay tubes (Fig.11).<br />

Along Wadi Kharag area we can see copper smelting slag,<br />

fragments of copper casting crucibles and furnace fragments<br />

accompanied by Egyptian sherds, it is a clear evidence<br />

of copper smelting in situ.<br />

In the early 19th century, Ruppell noted a large slag heap at<br />

Bir Nasib, immediately next to the ancient well which is still<br />

up till now in the region (Fig.12).<br />

Petrie 1906, surveyed this slag heap and his calculations<br />

of about 100,000 tons of slag, was recently confirmed by<br />

Fig. 7 - Shows ancient inscription represents the God Path<br />

sitting on a chair, Wadi Kharag area.<br />

Fig. 8 - Shows a hierographic inscription from the 5th Dynasty,<br />

old kingdom, Wadi Kharag area.<br />

Fig. 9 - Shows the temple of Hathor, Serabit El-Khadim.<br />

Fig. 10 - Shows a hieroglyphic tablet of the reigning Pharaoh<br />

above a mine in the region of Serabit El-Khadim.


Fig. 11 - Shows<br />

the development<br />

of ancient<br />

smelting<br />

furnaces [Nofal<br />

A. A., Waly M.<br />

A., 1995].<br />

date for the site’s top layers and it seems reasonable to assume<br />

that the lower layers belong to earlier periods of the<br />

pharaonic copper industries at Bir Nasib. These are probably<br />

related to the hieroglyphic and proto-Sinaitic rock engravings<br />

of the middle kingdom found on the hills surrounding the<br />

valley of Bir Nasib [Rothenberg B., 1987].<br />

MATERIALS AND METHODS<br />

A serial of different analytical techniques for ore and slag<br />

samples from the selected mines have been applied; the<br />

obtained information can be married up and exploited to<br />

determine exactly the main activity for each site.<br />

Stereo microscopy (Nikon SMZ 800N) was used to obtain<br />

a rapid and representation characterization of the microstructure.<br />

The application of this technique is followed by<br />

XRF analysis to know the elemental distributions. For these<br />

investigation a Sky ray instrument (EDX-Pocket-111, Devices<br />

S/N: 760073) was used. Also X-Ray diffraction analysis was<br />

carried out for same samples were taken from the selected<br />

sites, by using a Philips X-Ray, Diffract meter type: pw1840<br />

with Cu k& Radiation, to identify the compounds of these<br />

samples.<br />

RESULTS<br />

Precious results were obtained from this study, which can be<br />

summarized in the following sub paragraphs.<br />

Fig. 12 - Shows a huge hill of slag in Wadi Nasib.<br />

Bachmann, who calculated the quantity of metallic copper<br />

produced at Bir Nasib as about 5000 tons- a huge quantity of<br />

copper for ancient times [Petrie W. M. F., 1906].<br />

Bachmann also established that the Egyptian smelting slag<br />

at Bir Nasib is manganese rich of fayalite type, as which be<br />

expected considering the close relation between manganese<br />

deposits and copper mineralization typical of this area.<br />

Rothenberg trial trenches in Bir Nasib area provided definitive<br />

stratigraphic and ceramic evidence for a new kingdom<br />

Stero Microscope<br />

Stereo microscopy (Nikon SMZ 800N) was used to obtain<br />

a rapid and representation characterization of the microstructure.<br />

The samples were crass sectioned, embedded in<br />

epoxy resins in and polished with Sic paper of mesh 600-<br />

4000 (grain size 30-5 um).<br />

The surface morphology and mineralogical investigations<br />

for the selected samples have been observed by using this<br />

microscope, the obtained investigation results are shown in<br />

(Figs.13- 22).<br />

X-Ray Fluorescence Analysis<br />

Eight samples from the selected sites were analyzed by this<br />

technique to determine its composition, by using: a Sky ray<br />

instrument (EDX-Pocket-111, Devices S/N: 760073). XRF<br />

analysis results are shown in (Table 1).<br />

Elements<br />

%<br />

Samples<br />

Maghara<br />

Ore<br />

Maghara<br />

Slag<br />

Cu Fe Cl P Mn Zn Mg Sr Zr Si K S Ti Ni Al Ca<br />

5.07 10.90 0.00 0.08 0.11 0.00 13.85 0.00 0.00 15.52 0.00 6.74 0.10 1.32 3.31 1.31<br />

0.03 0.06 0.00 0.00 0.01 0.00 1.07 0.00 0.00 0.15 0.00 0.05 0.00 0.02 0.19 0.01<br />

0.02 0.06 0.00 0.00 56.20 0.73 0.00 0.25 0.01 1.00 0.40 0.00 0.08 0.00 0.00 0.58<br />

0.01 0.03 0.00 0.01 0.15 0.01 0.00 0.00 0.00 0.05 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00<br />

Kharag Ore 24.74 7.87 2.64 0.00 0.13 0.01 0.00 0.00 0.00 19.47 0.08 0.00 0.09 2.78 2.10 0.26<br />

0.08 0.05 0.03 0.00 0.06 0.00 0.00 0.00 0.00 0.21 0.00 0.00 0.00 0.03 0.25 0.00<br />

Kharag 0.28 5.97 0.00 0.00 26.68 0.05 0.00 0.07 0.02 3.78 0.14 13.13 6.91 0.00 1.08 0.54<br />

slag<br />

0.01 0.10 0.00 0.00 0.10 0.00 0.00 0.01 0.00 0.11 0.01 0.09 0.02 0.00 0.25 0.01<br />

Nasib Ore 8.48 12.62 0.00 0.00 0.18 0.01 12.37 0.00 0.00 17.85 0.02 0.68 0.07 1.75 2.12 0.25<br />

0.04 0.06 0.00 0.00 0.01 0.00 1.06 0.00 0.00 0.15 0.00 0.02 0.00 0.02 0.16 0.00<br />

Nasib slag 0.41 6.22 2.55 0.00 46.85 0.34 0.00 0.23 0.01 2.98 0.27 0.00 0.43 0.00 0.00 0.68<br />

0.03 0.12 0.03 0.00 0.29 0.02 0.00 0.00 0.00 0.15 0.01 0.00 0.01 0.00 0.00 0.01<br />

Serabit<br />

Ore<br />

Serabit<br />

Slag<br />

0.72 9.93 0.00 0.22 9.12 0.03 0.00 0.10 0.04 20.85 1.15 0.00 0.39 0.00 5.80 5.88<br />

0.01 0.06 0.00 0.01 0.07 0.00 0.00 0.00 0.00 0.14 0.01 0.00 0.00 0.00 0.17 0.01<br />

0.00 9.13 1.84 0.24 0.17 0.01 0.00 0.06 0.05 25.16 1.15 0.00 1.49 0.00 8.82 3.71<br />

0.00 0.05 0.01 0.01 0.01 0.00 0.00 0.00 0.00 0.14 0.01 0.00 0.00 0.00 0.17 0.01<br />

Tab. 1 - Shows XRF analysis results for ore and slag samples from south Sinai region.<br />

28 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />

Figs.13, 14 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of ore sample from Wadi Al-Maghara.<br />

Figs.15, 16 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of an ore sample from Wadi Kharag.<br />

Figs.17, 18 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of ore sample from Wadi Al-Nasib.<br />

Figs. 19, 20 - Show the green-blue spots in a predominant brown surface of ore samples from Serabit El-Khadem.


DISCUSSIONS<br />

Detailed investigations and analysis that were done in this<br />

paper led to various considerations which can be summarized<br />

in the next points.<br />

Figs. 21, 22 - Show the different colours and composition of<br />

a slag sample from Wadi Al-Nasib.<br />

X-Ray Diffraction Analysis (XRD)<br />

X-Ray diffraction analysis was carried out for five samples<br />

(four ore samples and one slag sample) were taken from the<br />

selected sites, by using a Philips X-Ray, Diffract meter type:<br />

pw1840 with Cu k& Radiation. The obtained diffraction scan<br />

given in (Figs.23-27), and the identified compounds represented<br />

in (Table 2).<br />

Stereo Microscope<br />

The surface morphology of the samples has been first<br />

observed by using this microscope showed that there are<br />

green-blue spots in a predominant brown surface. These<br />

green-blue deposits represent the ore of copper in the rock<br />

samples which were taken from the selected areas in south<br />

Sinai, also we can notice that the density of these deposits<br />

colours were differ from sample to another as shown in<br />

(Figs. 13-20).<br />

Also stereo microscope examinations of the cross section of<br />

the ore samples revealed a heterogenous structure of the<br />

composition, the difference in composition clearly visible<br />

in the images.<br />

We can see the green/blue colors of copper ores, especially<br />

Malachite and Azurite, behind this layer, there is a layer of<br />

Cuprous Oxide which appears in red/brown and orange purities<br />

behind them, these compounds are contacted with the<br />

Silica, Iron Oxides and others. The analysis results by XRF<br />

and XRD (tables 1, 2) confirmed this detected.<br />

Investigation for the slag sample, which was taken from<br />

Wadi El-Nasib area, allowed us to see different colours for<br />

the surface of the sample consists of yellow/ brown and<br />

back, this indicates a bout the difference in composition, as<br />

shown in Figures (21-22).<br />

XRF Analysis<br />

XRF analysis results in (table 1), show the changes in composition<br />

of the elements in the rock of the four sites (ore samples).<br />

It can be clearly seen for the two samples from Wadi<br />

El-Nasib and Wadi kharag that the copper content increases<br />

in the rock (8.48 for Wadi El-Nasib and 24.74 for Wadi kharag),<br />

but it decreases in the rock of Wadi El-Maghara and<br />

Samples Compounds<br />

Major Minor Traces<br />

Maghara Ore Lime (CaO) Piustite (FeO)<br />

Kaolinite(Al 2<br />

Si 2<br />

O 5<br />

(OH) 4<br />

Tin Oxide (SnO 2<br />

)<br />

Quartz (SiO 2<br />

)<br />

Kharag Ore Atacamite(Cu 2<br />

(OH) 3<br />

Cl) Iron (Fe)<br />

Aragonite (CaCO 3<br />

)<br />

Andradite (3CaO.Fe 2<br />

O 3<br />

.3SiO 2<br />

)<br />

Nentokite (CuCl)<br />

Copper Zinc Tin Sulfide<br />

(Cu 2<br />

ZnSnS 4<br />

)<br />

Tephroite (Mn 2<br />

SiO 4<br />

)<br />

Copper Zinc(CuZn)<br />

Chalcocite Cu 2<br />

S<br />

Tin Oxide SnO 2<br />

Al Nasib Ore<br />

Copper (Cu)<br />

Cuprite (Cu 2<br />

O)<br />

Tephroite (Mn 2<br />

SiO 4<br />

)<br />

Piustite (FeO)<br />

Calcite (CaCO 3<br />

)<br />

Atacamite(Cu 2<br />

(OH) 3<br />

Cl)<br />

Deweylite (4MgO 3<br />

.SiO 2<br />

.6H 2<br />

O)<br />

Silver Cyanate (AgOCN)<br />

Serabit Al-<br />

KhademOre<br />

Lime (CaO)<br />

Paratacamite(Cu 2<br />

(OH) 3<br />

Cl)<br />

Piustite (FeO)<br />

Tephroite (Mn 2<br />

SiO 4<br />

)<br />

Al Nasib Slag Orthoclase (KAlSi 3<br />

O 8<br />

) Quartz (SiO 2<br />

)<br />

Silicon Oxide (SiO 2<br />

)<br />

Calcite (CaCO 3<br />

)<br />

-------------<br />

Aluminum Oxide (Al 2<br />

O 3<br />

)<br />

Tephroite (Mn 2<br />

SiO 4<br />

)<br />

Andradite (3CaO.Fe 2<br />

O 3<br />

.3SiO 2<br />

)<br />

Tab. 2 - Shows XRD analysis results of ore and slag samples from the selected areas.<br />

30 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />

Serabit El-Khadem (5.07 for Wadi El-Maghara and 0.72 for<br />

Serabit El-Khadem), whereas the amount of Mg increases<br />

in the rock of Wadi El- Maghara (13.85) and Wadi El-Nasib<br />

(12.37), the content of S increases in the rock of Wadi El-<br />

Maghara (6.74). The higher amount of Al in the samples of<br />

Wadi El-Maghara (3.31) and Serabit El-Khadem (5.80) can<br />

be clearly seen, whereas the amount of Al decreases in the<br />

Rock of Wadi Kharag (2.10) and the Rock of Wadi El-Nasib<br />

(2.12), also the element of P was existence in the ore sample<br />

(0.22) and the slag sample (0.24) of El- Maghara.<br />

The high concentration of Fe in the ore samples of Wadi El-<br />

Maghara (10.90), Wadi El-Nasib (12.62), Serabit El-Khadim<br />

(9.93) and Wadi Kharag (7.87) is obviously seen (Figs.13-<br />

20).<br />

The amount of Ca was found in the ore and slag samples of<br />

Serabit El-Khadem (5.88), (3.71) and it was existence in a<br />

small amount in the ore of Al- Maghara (1.31), these results<br />

are confirmed and supported by XRD analysis results.<br />

XRF analysis revealed that there are many elements are<br />

found in ore samples of Serabit El-Khadem and Wadi El-<br />

Maghara such as Cu, P, Fe and Al. Also the analysis show a<br />

higher copper content in the samples of Wadi Kharag, Wadi<br />

El-Nasib and Wadi El-Maghara, but it is existence in very<br />

small amount as purities in Serabit El-Khadem ore sample<br />

(0.72).<br />

These results indicate that the main elements of the chemical<br />

composition of turquoise are found obviously in Serabit<br />

El-Khadem and El- Maghara more than in Wadi El-Nasib and<br />

Wadi Kharag. In contrast the copper is found more clearly<br />

in Wadi Kharag, Wadi El-Nasib and also in Wadi El-Maghara.<br />

Turquoise (Cu Al 6<br />

(PO 4<br />

) 4<br />

(OH) 8<br />

. 4H 2<br />

O) is a semi- precious stone,<br />

it is a secondary mineral occurring in the potassic alteration<br />

zone of hydrothermal porphyry copper deposits, turquoise<br />

is formed by the action of meteoric waters, usually<br />

in arid regions, on aluminous igneous or sedimentary rocks<br />

(as vein filling in volcanic rocks) and phosphatic sediments<br />

[www.mindat.org/min-4060.html]. It has many colours such<br />

as sky-blue, bluish green, apple green or greenish grey and<br />

the hardness is 5-6. To mine the turquoise, the Egyptians<br />

would hollow out large galleries in the mountains, carving<br />

at the entrance to each a representation of the reigning<br />

pharaoh a symbol of the authority of the Egyptian state over<br />

the mine and its yield. Although many of the region’s pharaonic<br />

reliefs were destroyed by a British attempt to re-open<br />

the mines in the mid-nineteenth century, the excellent bas<br />

relief of Pharaoh Sekhemkhet on the east face of Gebel<br />

Maghara survives. Also at Serabit Al-Khadem are the ruins of<br />

a temple dedicated to Hathor, containing a large number of<br />

bas-reliefs and carved steals [www.geographia.com/egypt/<br />

sinai/serabit.htm].<br />

XR Diffraction Analysis<br />

X-ray analysis showed the nature and the composition of<br />

ore and slag samples as it shown in (Figs.23- 27 and Table<br />

2). The data obtained declared that Al-Maghara ore, forms<br />

mainly of Lime (Ca O), minor of Piustite (FeO), Kaolinite<br />

(Al 2<br />

Si 2<br />

O 5<br />

(OH) 4<br />

, Tin Oxide (SnO 2<br />

), Quartz (SiO 2<br />

) and traces<br />

of Tephroite (Mn 2<br />

SiO 4<br />

) and Copper Zinc(CuZn). Kharag ore<br />

forms mainly of Atacamite(Cu 2<br />

(OH) 3<br />

Cl), minor of Iron (Fe),<br />

Aragonite (CaCO 3<br />

), Andradite (3CaO.Fe 2<br />

O 3<br />

.3SiO 2<br />

), Nentokite<br />

(CuCl), Copper Zinc Tin Sulfide (Cu2ZnSnS4), and traces<br />

of Chalcocite Cu 2<br />

S and Tin Oxide SnO 2.<br />

Al-Nasib ore forms<br />

Fig. 23 - Shows XRD scan for ore sample from Wadi Al-Maghra.<br />

Fig. 24 - Shows XRD scan for ore sample from Wadi Kharag.<br />

Fig.25 - Shows XRD scan for ore sample from Wadi Al-Nasib.<br />

Fig. 26 - Shows XRD scan for ore sample from Serabit Al-Khadem area.


Fig. 27 - Shows XRD scan for slag sample from Wadi Al-Nasib.<br />

mainly of Copper (Cu), Cuprite (Cu 2<br />

O), minor of Tephroite<br />

(Mn2SiO 4<br />

), and traces of Piustite (FeO), Calcite (CaCO 3<br />

),<br />

Atacamite(Cu 2<br />

(OH) 3 Cl), Deweylite (4MgO 3.<br />

SiO 2<br />

.6H 2<br />

O), Silver<br />

Cyanate (AgOCN). Serabit Al-Khadem ore forms mainly of<br />

Lime (CaO), Paratacamite(Cu 2<br />

(OH )3<br />

Cl), minor of Piustite<br />

(FeO) and Tephroite (Mn 2<br />

SiO 4<br />

).<br />

The presence of copper as a major element in the rock of<br />

Wadi El-Nasib indicates that the rock of this area was rich<br />

with the deposits of copper more than others, this result<br />

confirms the results of Stereo microscope investigations and<br />

XRF analysis, and also it confirms the previous studies which<br />

were occurred by the pioneers scientists and researchers.<br />

Cuprite was found as a major element in the rock of Wadi<br />

El-Nasib, it is the most widely occurring alteration mineral<br />

of copper. Cuprite is formed as a result of reaction between<br />

copper deposits that present in rock and oxygen.<br />

The presence of Lime (CaO) as a major element in the rock<br />

of Wadi El-Maghara and Serabit El-Khadem, also the presence<br />

of Calcite (CaCO 3<br />

) as a minor compound in the rock and<br />

slag of Wadi El-Nasib confirmed Stereo microscope investigations<br />

and XRF analysis results (Figs.13-22 &Table 1).<br />

The existence of Piustite (FeO), Kaolinite(Al 2<br />

Si 2<br />

O 5<br />

(OH) 4<br />

and Quartz (SiO 2<br />

), as minor compounds in the rock of Wadi<br />

El-Maghara and Serabit El-Khadem helped in formation of<br />

turquoise in those two areas, these compounds include the<br />

main elements, which composed turquoise.<br />

From XRD analysis results we can say the indications about<br />

the existence of the main compounds of turquoise composition<br />

such as P 2<br />

O 5<br />

, Al 2<br />

O 3<br />

, Fe2O 3<br />

and CuO are found obviously<br />

in the rock of Serabit El-Khadem and El- Maghara, but the<br />

indications about copper mining in Serabit El-Khadim are<br />

less clear. In contrast the copper is found more clearly in<br />

Wadi Kharag, Wadi El-Nasib and less in wadi El-Maghara.<br />

These results confirm XRF analysis (Table 1).<br />

Metallurgy investigations<br />

In the early 19th century, Ruppell noted a large slag heap<br />

at Bir Nasib, immediately next to the ancient well which is<br />

still up till now in the region. Petrie 1906 [Petrie W. M. F.,<br />

1906], surveyed this slag heap and his calculations of about<br />

100,000 tons of slag, was recently confirmed by Bachmann,<br />

who calculated the quantity of metallic copper produced at<br />

Bir El-Nasib as about 5000 tons- a huge quantity of copper<br />

for ancient times.<br />

Bachmann also established that the Egyptian smelting slag<br />

at Bir El-Nasib is manganese rich of fayalite type, as which<br />

be expected considering the close relation between manganese<br />

deposits and copper mineralization typical of this area<br />

[Rothenberg B., 1987].<br />

In 1967 Rothenberg investigated this slag; it was turned out<br />

to be natural nodules of Hematite and manganese, common<br />

in the Nubian sandstone horizon of Sinai and Arabah [Rothenberg<br />

B., 1970, Rothenberg B., 1972]. Rothenberg surveys<br />

1978, in Bir Nasib cleared several trial trenches at different<br />

parts of the slag heap, utilizing some of the large pits<br />

dug previously by treasure hunting Bedouin [Rothenberg B.,<br />

1987]. He found a scarab and glass bead in the top layer of<br />

the slag dating according to Schulman to the new kingdom,<br />

also there was locally manufactured pottery of typical Egyptian<br />

shapes, although a recent investigation of slags from<br />

Bir El-Nasib in south Sinai show the production of unfluxed<br />

copper in pre-dynastic times and the use of iron ore fluxes<br />

by some unspecified times during the old kingdom.<br />

Rothenberg trial trenches in Bir El-Nasib area provided definitive<br />

stratigraphic and ceramic evidence for a new kingdom<br />

date for the site’s top layers and it seems reasonable<br />

to assume that the lower layers belong to earlier periods<br />

of the pharaonic copper industries at Bir El-Nasib. These<br />

are probably related to the hieroglyphic and proto-Sinaitic<br />

rock engravings of the middle kingdom found on the hills<br />

surrounding the valley of Bir El-Nasib.<br />

My investigations and researches in that area confirmed Rothenberg<br />

results, I found big amounts of ancient metallurgy<br />

tools spired on the surface of the region everywhere, such<br />

as different kinds of pottery, fragments of glass and slags,<br />

debris of pottery vessels in different shapes and styles, also<br />

a lot of proto-Sinaitic inscriptions engraved on the rock surfaces.<br />

Also I noticed a lot of holes in situ (hole in the ground<br />

with the depth of 70-80 cm), whereas the first smelting processes<br />

of copper were occurred. After that copper smelting<br />

developed from the initial use of small (hole in the ground)<br />

or bowl furnaces to advanced, technologically sophisticated<br />

shaft furnaces.<br />

A long Wadi Kharag area we can see copper smelting slag,<br />

fragments of copper casting crucibles and furnace fragments<br />

accompanied by Egyptian sherds, it is a clear evidence<br />

of copper smelting in situ.<br />

Stereo microscope investigations (Figs 21, 22) show the<br />

different colours and composition of the slag sample from<br />

Wadi El-Nasib.<br />

XRF analysis results of the slag samples (table 1), show that<br />

copper content in the slag of Wadi El-Maghara site has decreased<br />

to (0.02) in comparison to the slag of Wadi El-Nasib<br />

(0.41), and to (0.28 for the slag of Wadi Kharag, but the<br />

analysis didn’t indicate any trace of copper content in the<br />

slag of Serabit El-Khadem (0.00). While Mn concentration<br />

increased in the slag samples of Wadi El-Maghara to 56.20,<br />

in the slag of Wadi Al-Nasib to (46.85) and in the slag of<br />

Wadi Kharag to (26.68), but it decreased in the slag sample<br />

of El- Serabit to (0.17). Fe dramatically increased in the slag<br />

of Serabit El-Khadim to (9.13), in the slag of Wadi El-Nasib<br />

to (6.22) and in the slag of Wadi Kharag to (5.97). Also the<br />

element of P was existenced in the slag sample of Wadi El-<br />

Maghara to (0.24).<br />

The amount of Ca was found in the ore and slag samples of<br />

Serabit El-Khadem (5.88), (3.71), and it was existence in a<br />

small amount in the ore of El- Maghara (1.31), these results<br />

are confirmed and supported by XRD analysis results.<br />

X-ray analysis results of Wadi Al-Nasib slag sample declared<br />

that it forms mainly of Orthoclase (KAlSi3O8), minor of<br />

Quartz (SiO2), Silicon Oxide (SiO2), Calcite (CaCO3), and<br />

traces of Aluminum Oxide (Al2O3), Tephroite (Mn2SiO4) and<br />

Andradite (3CaO.Fe2O3.3SiO2) ( Fig. 27& table 2).<br />

John F. Merkel occurred an experimental simulations and<br />

reconstruction of ancient copper smelting generated new<br />

data against which to evaluate the archaeo-metallurgical<br />

32 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />

evidence. He proved that during over 2000 years from the<br />

chalcolithic period through the late bronze age, copper<br />

smelting developed from the initial use of small (hole in<br />

the ground) or bowl furnaces to advanced, technologically<br />

sophisticated shaft furnaces capable of operating with large<br />

slag weights up to 25kg, the best preserved examples of<br />

new kingdom copper smelting furnaces with slag tapping capabilities<br />

are at Timna [John F. M., 1995, John F. M., 1990].<br />

Also Rothenberg and others studied the ancient Mining and<br />

Metallurgy activities in Timna, they studied each step in the<br />

ancient production of copper, from mining to final casting,<br />

is present at Timna [Rothenberg B., 1983, Rothenberg B.,<br />

1985, Rothenberg B., 1990, Rothenberg B., 1995, Lupu A.,<br />

and Rothenberg B., 1970, Bachmann, H. G., 1978, Craddock<br />

P. T., 1980, Craddock P. T., 1988].<br />

CONCLUSION<br />

The study proved that the cisterns were in fact mining shafts<br />

and also the gallery openings in the sandstone walls of<br />

valleys were true mining quarries dispersed surrounding the<br />

main area of mining in Serabit El-khdim and Wadi El-Nasib.<br />

The investigations carried out on same Ore and Slag samples<br />

from the selected four sites in south Sinai, have shown<br />

that the combination of Stereo microscope, XRF and XRD<br />

analysis is well suitable for the characterization of Ore and<br />

Slag samples.<br />

Results of investigations of sites in south Sinai cleared the<br />

difference between the sites of turquoise and the sites of<br />

copper.<br />

The investigations and analysis obtained results declared<br />

that, the indications about the existence of turquoise deposits<br />

in the rocks of Serabit El- Khadem and Wadi El-Maghara<br />

are clearer; but the indications about copper mining in<br />

Serabit El-Khadim are less clear. In contrast the copper is<br />

found more clearly in Wadi Kharag, wadi El -Nasib and less<br />

in wadi El-Maghara.<br />

From the previous results we can deduced that Serabit<br />

El-Khadem was the main area to get turquoise during the<br />

middle and new kingdom, but Wadi El-Maghara was the oldest<br />

area to have Turquaise and copper in ancient ages. The<br />

others two areas Wadi Kharag, Wadi El-Nasib were rich mines<br />

to have the copper.<br />

After all of these studies we can deduce that Wadi El- Nasib<br />

area was used as a Centre of copper smelting and it was the<br />

largest in the old world.<br />

Abstract<br />

Egyptians probably drew their first supplies of copper as native metal and<br />

step by step from the abundant malachite stones found in south Sinai region<br />

and in the hills near Red Sea in the eastern desert.<br />

There was integrated between the mines of copper and the mines of turquoise<br />

in the literature studies of south Sinai, especially in wadi El-Maghara, Wadi<br />

El-Nasib, Wadi Kharag and serabit El-Khadim, so this study tries to clear this<br />

point and determine exactly the mines of copper and the mines of turquoise.<br />

The study aims to investigate the source zones for copper in south Sinai,<br />

Egypt during the pharaonic ages, to determine the extent of a manufacturing<br />

centre and its position and to know the systems of metallurgical works, fire<br />

places, furnaces, etc.<br />

To achieve that the study had two main aspects: first, a serious survey to<br />

investigate of the mines of south Sinai was a cured; several different mining<br />

features were randomly chosen for excavation such as open cisterns, plates<br />

and galleries, collected every small things and fine details of the mining<br />

technology used at these sites.<br />

Secondly: Careful investigations by a serial of different analytical techniques<br />

for Ore and slag samples from the selected mines have been applied; the<br />

obtained information can be married up and exploited to determine exactly<br />

the main activity for each site.<br />

Keywords<br />

South Sinai; copper ore; turquoise; slag; analysis; stereo microscope;<br />

XRF; XRD<br />

References<br />

Bachmann, H. G. (1978) The phase composition of slags from<br />

Timna site 39, archaeo-metallurgy, IAMS Mongraph no.<br />

1, pp. 21-23.<br />

Beit-Arieh, I. (1987) Canaanites and Egyptians at Serabit El Khadim,<br />

In Rainly, A., Ed., Egypt, Israel, Sinai, Tel Aviv, p. 59.<br />

Charles B. & Dominique V. (1997) The Middle Kingdom Temple<br />

of Hathor at Serabit el-Khadim, in The temple in Ancient Egypt,<br />

New discoveries and recent research (S. Quirke eds.), British<br />

museum, U.K., p. 82-89.<br />

Craddock P. T. (1980) The composition of copper produced at<br />

the ancient smelting camps in the Wadi Timna, Israel,<br />

British museum Occasional paper no. 20, pp.165-175.<br />

Craddock P. T. (1988) The composition of Metal artifacts from<br />

site T200 and from adjacent sites in the Wadi Timna andArabah,<br />

In The Egyptian Mining temple at Timna (B. Rothenberg ed.,)<br />

London, Institute for Archaeo- Metallurgical studies, Institute of<br />

Archaeology, pp. 169-181.<br />

El Shazly S. M. (1959) Recent Investigations of Egyptian Copper<br />

Deposits, Symp., Appl., Geology in the Near East, Ankara 1955,<br />

Unesco, Cairo.<br />

Gardiner A., Peet T. & Cerny J. (1955) The Inscriptions of Sinai,<br />

Vol. 2, London, P.39.<br />

Gerald F., Vladimir H. & Antonin P. (1995) Application of Geophysics<br />

in the research of ancient mining in Egypt,<br />

In Proceedings of the first international conference on Ancient<br />

Egyptian Mining &Metallurgy and Conservation of Metallic Artifacts,<br />

10-12 April, Cairo, Egypt, p. 35.<br />

John F. M. (1990) Experimental reconstruction of bronze age<br />

copper smelting based on archaeological evidence<br />

From Timna, In The ancient metallurgy of copper (B. Rothenberg<br />

ed.), IAMS, London, pp. 78-122.<br />

John F. M. (1995) Simulation experiments on Egyptian new kingdom<br />

copper smelting, In Proceedings of the first international<br />

conference on Ancient Egyptian Mining& Metallurgy and Conservation<br />

of Metallic Artifacts,<br />

Cairo, Egypt, 10-12 April, pp.79-87.<br />

Konrad J. A. (1999) Copper, its trade, Manufacture, Use and<br />

Environmental Status, International Copper<br />

Association, LTD, USA, p.1.<br />

Lupu A. & Rothenberg B. (1970) The extractive Metallurgy of the<br />

early iron age copper industry, In The Arabh, Israel,<br />

Archaeologia Austriaca, Heft 47, pp.91-130.<br />

Muhly J. (1984) Bibliotheca Orientalis XLI, p. 290.<br />

Nofal A. A. & Waly M. A. (1995) Foundry Technology of Ancient<br />

Egypt, In The 1st Conference on Ancient Egyptian, Cairo, Pp.<br />

175 – 181.<br />

Paul T. N., & Ian S. (2000) Ancient Egyptian Materials and<br />

technology, Cambridge University Press, p. 152.<br />

Petrie W. M. F. (1906) Researches in Sinai, London.<br />

Rothenberg B. (1970) An Archaeological Survey of South Sinai,<br />

first season, P.E.Q.102, p. 4-29.<br />

Rothenberg B. (1972), Sinai Explorations 1967-1972, Yearbk.<br />

Mus., Haaretz, Tel Aviv, p. 31-42.<br />

Rothenberg B (1983) Exploration and Archaeo-metallurgy, In The<br />

Arabah valley, Bulletin of the Metals museum, Vol. 8, pp.1-16.<br />

Rothenberg B. (1985) Copper smelting furnaces, In Arabah, Israel:<br />

The Archaeological Evidence, British Museum Occasional paper<br />

no. 48, pp.123-150.<br />

Rothenberg B. (1987) Pharaonic copper Mines in south Sinai,<br />

IAMS, London, no. 10/11, pp.1-7.<br />

Rothenberg B., (1990) Copper smelting furnaces, tuyeres, slags,<br />

iongot- mouds and ingots, In The ancient Metallurgy of copper<br />

(B. Rothenberg ed.,) London: IAMS, pp.1-72.<br />

Rothenberg B. (1995) Archaeo-metallurgical survey methodology,<br />

In Proceedings of the 1st international conference on ancient<br />

Egyptian Mining, Metallurgy and Conservation of Metallic<br />

Artifacts, Cairo, Egypt, 10-12 April, pp. 59-77.<br />

Saad El-Din M., Makhtar G. (1998) Sinai, The Site & The History,<br />

New York University Press, p. 40.<br />

https:// www.sinaiwikipedia<br />

https://www.mindat.org/min-4060.html<br />

http://www.geographia.com/egypt/sinai/serabit.htm<br />

Author<br />

Mohamed M. Megahed<br />

mmm03@fayoum.edu.eg<br />

Faculty of Archaeology, Fayoum University, Egypt


TECHNOLOGYforALL<br />

TFA<br />

TECHNOLOGYforALL<br />

2<br />

TECHNO<br />

0<br />

TECHNO<br />

34 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

35<br />

LOGYforALL<br />

LOGYforALL<br />

8<br />

1


AGORÀ<br />

XXVI Salone Internazionale del Restauro,<br />

dei Musei e delle Imprese Culturali di Ferrara<br />

- Il Salone Internazionale del Restauro,<br />

dei Musei e delle Imprese Culturali nel segno<br />

delle novità.<br />

Si preannunciano grandi novità per il Salone<br />

Internazionale del Restauro, dei Musei e<br />

delle Imprese Culturali: la XXVI edizione,<br />

che quest’anno si terrà nel mese di settembre<br />

dal 18 al 20, sarà l’edizione che darà il<br />

via ad un nuovo ciclo volto al rinnovamento,<br />

grazie al cambio di gestione della manifestazione<br />

che sarà promossa e organizzata<br />

direttamente da Ferrara Fiere Congressi<br />

Srl, gruppo BolognaFiere, proprietaria da<br />

sempre del marchio.<br />

Ferrara Fiere, assumendo in proprio la gestione<br />

dell’evento, ha individuato nell’abbinamento<br />

del Salone del Restauro alla manifestazione<br />

internazionale REMTECHEXPO<br />

– evento dedicato alla riqualificazione del<br />

territorio e alla bonifica dei siti contaminati<br />

– l’opportunità di offrire agli espositori<br />

presenti un pubblico più ampio di visitatori<br />

specializzati (ingegneri, architetti, geometri<br />

e altri addetti del settore); sono, infatti,<br />

numerosi i punti in comune tra le due manifestazioni:<br />

dalla sismica alla rigenerazione<br />

urbana, dai temi inerenti la tutela ambientale<br />

all’industria sostenibile. Ciascuno dei<br />

due eventi manterrà in ogni caso la propria<br />

autonomia, il proprio staff e il proprio comitato<br />

scientifico.<br />

Riconosciuto come l’evento di riferimento<br />

nazionale nell’ambito dei beni culturali,<br />

quest’anno il Salone del Restauro, avendo<br />

ottenuto il riconoscimento, attraverso la<br />

certificazione ISFCERT, di manifestazione<br />

internazionale è pronto a rafforzare e potenziare<br />

il percorso di internazionalizzazione,<br />

attraverso la promozione e la partecipazione,<br />

anche mediante collettive di<br />

operatori, a fiere ed eventi all’estero – il<br />

primo dei quali sarà rappresentato dalla<br />

partecipazione a Heritage Istanbul 2019<br />

(11-13 aprile 2019) in collaborazione con<br />

Assorestauro e ICE.<br />

Sono quindi previste azioni mirate di outgoing,<br />

in paesi individuati come strategici<br />

per il settore (a titolo esemplificativo<br />

Turchia, Russia, Germania, Cuba, Libano,<br />

Israele, USA, India e Cina) e di incoming a<br />

Ferrara di delegazioni e operatori esteri<br />

durante i giorni della fiera, al fine di favorire<br />

le dinamiche economiche fra operatori<br />

attraverso l’organizzazione di matching tra<br />

domanda e offerta.<br />

Per quanto attiene i settori merceologici<br />

dell’esposizione, è previsto un ampliamento<br />

e una diversificazione delle aree tematiche,<br />

con particolare riguardo all’innovazione<br />

dei materiali, ai software e alle nuove<br />

tecnologie, all’impiantistica, al restauro<br />

delle auto d’epoca, al trasporto di opere<br />

d’arte, al turismo esperienzale.<br />

Parallelamente si implementerà un’azione<br />

divulgativa ed informativa presso le Scuole<br />

(Licei artistici, Accademie, Scuole di Restauro)<br />

affinché la visita degli studenti al<br />

Salone venga inserita come una delle prime<br />

attività didattiche all’inizio dell’anno scolastico.<br />

Sono in via di definizione ulteriori e rafforzati<br />

accordi con il MiBAC in primis e con le<br />

principali Associazioni di riferimento quali<br />

Assorestauro, CNA, GBC Italia, Federculture<br />

e Icom.<br />

Le Giornate del Restauro e del Patrimonio<br />

Culturale.<br />

Continua la preziosa collaborazione con<br />

l’Università di Ferrara, da anni importante<br />

partner nell’organizzazione convegnistica,<br />

in modo particolare con il Dipartimento<br />

di Architettura che dal 28 al 30 marzo<br />

presenterà le “Giornate del Restauro e del<br />

Patrimonio Culturale”. Saranno tre giorni di<br />

convegni, mostre, dibattiti e tavoli di lavoro<br />

in un evento che anticiperà i contenuti<br />

del XXVI Salone del Restauro, dei Musei e<br />

delle Imprese Culturali. Nella cornice di Palazzo<br />

Tassoni Estense, nel cuore del centro<br />

storico di Ferrara, si svolgeranno numerosi<br />

momenti di riflessione sui temi del restauro,<br />

del patrimonio architettonico, del progetto,<br />

della ricerca e della governance dei<br />

territori con tre focus dedicati all’attuale<br />

dibattito su Palazzo dei Diamanti, al territorio<br />

emiliano colpito dagli eventi sismici del<br />

2012 e alla VII edizione del Premio Domus<br />

Restauro e Conservazione Fassa Bortolo.<br />

Per gli eventi proposti è in corso la richiesta<br />

di accreditamento all’Ordine degli Architetti<br />

P.P.C. di Ferrara.<br />

Le Giornate del Restauro e del Patrimonio<br />

Culturale si svolgeranno dal 28 al 30 marzo<br />

presso Palazzo Tassoni Estense (Via della<br />

Ghiara 36, Ferrara).<br />

Informazioni<br />

Salone Internazionale del Restauro, dei Musei<br />

e delle Imprese Culturali – XXVI Edizione<br />

Dal 18 al 20 settembre 2019<br />

Ferrara Fiere, Via della Fiera 11, Ferrara<br />

info@salonedelrestauro.com<br />

www.salonedelrestauro.com/new/it/<br />

home/<br />

Via Indipendenza, 106<br />

46028 Sermide - Mantova - Italy<br />

Phone +39.0386.62628<br />

info@geogra.it<br />

www.geogra.it<br />

36 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

37<br />

PhD Technology Driven Sciences: Technologies<br />

for Cultural Heritage (Tech4Culture)<br />

- IL'Università di Torino, con il supporto della<br />

Commissione europea e della Fondazione<br />

Compagnia di San Paolo, ha lanciato "PhD<br />

Technology Driven Sciences: Technologies for<br />

Cutlural Heritage (Tech4Culture)", un nuovo<br />

programma di dottorato in "Heritage Sciences"<br />

specificamente incentrato sulle tecnologie<br />

applicate ai Beni Culturali.<br />

Tech4Culture mira a creare esperti in grado<br />

di sviluppare soluzioni tecnologiche per il restauro,<br />

la diagnostica, l'uso e la promozione<br />

del patrimonio culturale, con un impatto diretto<br />

sia sui sistemi di ricerca regionale che<br />

nazionale.<br />

Il progetto pone particolare attenzione nel<br />

coinvolgere settori chiave e aziende di ambito<br />

non-accademico e a fornire un'eccellente<br />

formazione ai dottorandi per l'acquisizione<br />

di competenze interdisciplinari e trasferibili.<br />

Attraverso due inviti a presentare candidature,<br />

il Dottorato attirerà diciotto ricercatori<br />

transnazionali incoming “alle prime armi”<br />

offrendo loro l'opportunità di svolgere i propri<br />

progetti di ricerca, di seguire una formazione<br />

scientifica interdisciplinare unica, una<br />

formazione complementare sulle competenze<br />

trasversali e per fare brevi visite scientifiche<br />

e periodi di distacco in università nazionali,<br />

centri di ricerca e nel settore privato.<br />

La prima Call for Applications è stata pubblicata<br />

a Marzo <strong>2018</strong>. Sono state assegnate<br />

8 borse di studio. L'attuale seconda Call for<br />

Applications del Programma di Dottorato Tech4Culture<br />

offre fino a 10borse di studio per<br />

ricercatori transnazionali che non abbiano<br />

superato i quattro anni di attività come ricercatori.<br />

Il bando è pubblicato sul sito di Tech4Culture<br />

(tech4culture.unito.it). Qualsiasi aggiunta,<br />

modifica o aggiornamento relativa al presente<br />

bando verranno pubblicati sulla stessa pagina<br />

web. A tutti gli effetti, questo bando costituisce<br />

un avviso ufficiale. Un Application<br />

Package, inclusa la Guida per i candidati, è<br />

disponibile sul sito Web di Tech4Culture. Prima<br />

di inviare la presentazione della domanda,<br />

i candidati sono fortemente incoraggiati<br />

a visitare il sito web, consultare l’Application<br />

package, scaricare la seconda Call for<br />

Applications e leggere la Guida per i candidati.<br />

I candidati premiati potranno iniziare<br />

i corsi a Torino a partire dal 1° novembre<br />

2019: iscritti come dottorandi, firmeranno<br />

un contratto di lavoro ("Assegno di ricerca")<br />

con l'Università di Torino. Il programma di<br />

Dottorato durerà tre anni.<br />

Scadenza<br />

Il termine per la presentazione della domanda<br />

è il 7 maggio 2019, alle ore 12:00 (ora<br />

dell'Europa centrale).<br />

I candidati sono vivamente incoraggiati a<br />

presentare le loro domande il prima possibile<br />

ed evitare di inviare la domanda i giorni<br />

prossimi alla scadenza del bando stesso.<br />

Scarica il bando<br />

https://tech4culture.unito.it/wp-content/<br />

uploads/2019/02/Tech4Culture_CALL-FOR-<br />

APPLICATIONS-2019.pdf<br />

www.tech4culture.unito.it<br />

Field School of Digital Archaeology - Aprirà<br />

a maggio la prima edizione della Field School<br />

of Digital Archaeology promossa daUna_Quantum<br />

Inc., a Bomarzo (VT). Un cantiere didattico<br />

innovativo in cui al tradizionale scavo<br />

archeologico verranno applicate le più avanzate<br />

tecnologie digitali. Le attività di scavo si<br />

svolgeranno nella necropoli etrusca di Trocchi,<br />

dirimpetto l’area della riserva naturalistica di<br />

Monte Casoli.<br />

L’area, indagata in parte nel corso dell’Ottocento<br />

dal principe Stanislao Poniatowski e<br />

da Camillo Borghese, ha restituito materiali<br />

di pregio oggi conservati nei musei di tutto il<br />

mondo. L’indagine si concentrerà sul primo livello<br />

della necropoli interessato dalla presenza<br />

di tombe a camera con dromos d’accesso e<br />

tombe a facciata rupestre.<br />

La Field School of Digital Archaeology è aperta<br />

a tutti gli studenti, archeologi, dottorandi e<br />

ricercatori in settori affini che siano interessati<br />

ad acquisire le competenze basilari in merito<br />

all’applicazione degli strumenti digitali<br />

all’intero processo archeologico: dallo scavo<br />

all’elaborazione e gestione dei dati, senza<br />

tralasciare i fondamentali aspetti della valorizzazione<br />

e della fruizione dei beni culturali.<br />

Le tecnologie digitali si mostrano, infatti,<br />

come una risorsa sempre più rilevante all’interno<br />

dello studio e della divulgazione del nostro<br />

patrimonio culturale; pertanto la necessità<br />

di acquisire tali competenze da parte dei<br />

professionisti del settore è ormai indiscutibile.<br />

L’ampia offerta didattica che affianca la campagna<br />

di scavo e ricognizione archeologica<br />

della Field School of Digital Archaeology mira<br />

a fornire ai partecipanti le conoscenze per utilizzare<br />

in autonomia gli strumenti digitali più<br />

rilevanti in ambito culturale.<br />

I corsi prenderanno spunto dai dati emersi<br />

durante lo scavo della Necropoli. Tra i corsi<br />

in programma: Gis, modellazione e stampa<br />

3D, fotogrammetria, rilevamento con drone.<br />

L’obiettivo finale della ricerca è promuovere<br />

la fruizione della necropoli, documentando e<br />

riproducendo le tombe scavate e gli oggetti<br />

rinvenuti in 3D. Non solo: attraverso sistemi<br />

sostenibili e duraturi, Una_Quantum Inc. elaborerà<br />

un progetto di musealizzazione digitale<br />

del territorio. Inoltre, durante la Field School<br />

of Archaeology, sul campo e nei locali adibiti<br />

a deposito presso Palazzo Orsini di Bomarzo<br />

(VT), si avrà l’opportunità di lavorare direttamente<br />

sui reperti provenienti dalla Necropoli<br />

di Trocchi. Studio dei materiali, disegno<br />

archeologico, schedature e catalogazione dei<br />

reperti saranno alcune delle attività previste<br />

nel Laboratorio di Analisi dei Materiali, con<br />

particolare attenzione alla ceramica.<br />

La campagna di scavo si svolge in regime di<br />

concessione rilasciata dal Ministero per i<br />

Beni e le Attività Culturali ed è promossa da<br />

Una_Quantum Inc. La rete dell’Associazione<br />

Una_Quantum inc. è costituita da archeologi<br />

professionisti e programmatori da anni impegnati<br />

nello sviluppo e nell’insegnamento<br />

di tecnologie open source applicate ai beni<br />

culturali. In tale direzione UQ ha sviluppato<br />

PyArchInit, un plugin per Q Geographic Information<br />

System (QGIS) specifico per l’archeologia.<br />

Gli affiliati ad Una_Quantum inc., in Italia<br />

e in Europa, lavorano nella convinzione che gli<br />

strumenti digitali open source siano il futuro<br />

dell’archeologia e della divulgazione del patrimonio<br />

culturale.<br />

Per tale motivo, la diffusione delle potenzialità<br />

delle tecnologie applicate all’archeologia e<br />

ai beni culturali è uno dei principali obiettivi<br />

dell’Associazione Una Quantum Inc.; tra gli<br />

ultimi impegni che hanno coinvolto il team si<br />

rintracciano: Circuiti, il ciclo di workshop gratuiti<br />

svolto presso il Museo Nazionale Etrusco<br />

di Villa Giulia a Roma e Sistemi multimediali<br />

per la museologia, pacchetto di corsi riconosciuti<br />

dal MiBAC, con sede il Museo delle Civiltà<br />

di Roma.<br />

Le attività di scavo e la didattica, in lingua<br />

inglese, della Field School of Digital Archaeology,<br />

si svolgeranno dal lunedì al venerdì, lasciando<br />

libero il weekend; con partecipazione<br />

facoltativa, nel fine settimana, saranno organizzate<br />

visite ed escursioni nei principali siti<br />

di interesse storico-artistico e archeologico, a<br />

Bomarzo e dintorni.<br />

Nella quota di partecipazione sono incluse le<br />

attività di scavo, spese di vitto e alloggio, l’intera<br />

offerta formativa di Una_Quantum inc. e<br />

materiali didattici.<br />

www.unaquantum.com


AGORÀ<br />

A Roma il Museo Radici del Presente tra<br />

storia, inclusione sociale e accessibilità<br />

culturale. - Innovazione e offerta culturale,<br />

accessibilità e tour per i diversamente abili<br />

al Museo "Radici del Presente", che ospita<br />

una delle collezioni archeologiche tra le più<br />

interessanti dell'Urbe.<br />

Roma è la città eterna per eccellenza, unica<br />

nel suo genere e custode di numerosi tesori<br />

archeologici a cielo aperto, anche se molte<br />

delle preziose testimonianze artistiche e<br />

culturali della città antica sono conservate<br />

nei palazzi più importanti della capitale e<br />

nei luoghi più insoliti, che aspettano solo di<br />

essere scoperti.<br />

Tra questi nel cuore del centro storio, caratterizzato<br />

da una scenografia millenaria che si<br />

apre sulla Colonna Traiana, i Fori Imperiali e<br />

il Monumento a Vittorio Emanuele II, ha sede<br />

in piazza Venezia il palazzo delle Assicurazioni<br />

Generali che ospita il Museo “Radici del<br />

Presente”. Il Museo, che dal 2012 emerge<br />

come una delle realtà più consolidate e innovative<br />

nel panorama culturale della città,<br />

presenta una ricca collezione archeologica di<br />

circa 300 opere d’arte di età romana- imperiale<br />

come: colonne, capitelli, frammenti di<br />

cornici, sculture, ritratti e utensili in ceramica,<br />

ma anche iscrizioni funerarie di sarcofagi<br />

databili tutti tra il II e il V secolo d.C., ad eccezione<br />

di un rilievo greco del IV secolo a.C.<br />

La Collezione archeologica Radici del Presente<br />

è formata da tre nuclei principali: il primo<br />

riguarda i reperti provenienti dagli scavi<br />

effettuati in occasione della costruzione del<br />

Palazzo delle Assicurazioni Generali (inaugurato<br />

nel 1906), il secondo si concentra sui reperti<br />

rivenuti a Palazzo Poli in Piazza di Spagna<br />

e il terzo comprende altre opere ritrovate<br />

a Palazzo Merolli in via delle Cannelle.<br />

Il Museo, che si contraddistingue per l’offerta<br />

culturale nel sistema museale della città<br />

di Roma, predilige l’impostazione didattica<br />

ed è rivolto principalmente alle scuole in<br />

base all’ordine delle classi.<br />

Proprio per incentivare e coinvolgere i giovani<br />

visitatori la collezione archeologica Radici<br />

del Presente, totalmente gratuita e visitabile<br />

solo su prenotazione, guarda alla ricerca,<br />

alla comunicazione e all’accessibilità con<br />

continuo impegno e valorizzazione.<br />

Infatti proprio dallo scorso anno il museo ha<br />

investito tanto sui progetti di inclusione sociale<br />

e a luglio del <strong>2018</strong>, dopo l’approvazione<br />

della Soprintendenza archeologica di Roma,<br />

sono iniziati i primi percorsi dedicati a gruppi<br />

di persone non vedenti. Per favorire l’accessibilità,<br />

grazie anche alla collaborazione con<br />

le associazioni di settore, i nuovi percorsi<br />

realizzati per i non vedenti raccontano il Vivere<br />

a Roma- usi e costumi degli antichi romani,<br />

le Epigrafie funerarie e la Colonna Traiana<br />

con un approfondimento architettonico<br />

sull’opera e il rapporto con la spiritualità e il<br />

mondo dell’aldilà.<br />

Ricostruzione dell' immagine tattile della colonna<br />

Traiana, la fuga e suicidio dei Daci.jpg<br />

Ricostruzione dell'immagine tattile della colonna<br />

Traiana, la fuga e suicidio dei Daci.<br />

Per ogni percorso il visitatore ha la possibilità<br />

di toccare direttamente alcuni pezzi selezionati,<br />

affiancati anche da disegni tattili che<br />

riproducono fedelmente altri reperti, in questo<br />

modo i partecipanti entrano in diretto<br />

contatto con la storia e la materia dell’opera<br />

in un viaggio tra le antichità romane nelle<br />

sale del Museo.<br />

Tra qualche mese saranno inaugurati anche i<br />

tour per i non udenti, realizzati non solo da<br />

operatori specializzati nel linguaggio dei segni,<br />

ma anche da ragazzi con disabilità uditive<br />

che verranno formati su specifici percorsi<br />

e che condurranno i vari gruppi nel mondo di<br />

Radici de Presente. Negli ultimi anni il Museo<br />

Radici del Presente ha confermato e ampliato,<br />

con qualche migliaio di nuovi visitatori,<br />

l’interesse attorno all’intera collezione che<br />

si articola in diverse sale.<br />

Queste ultime, visibili anche virtualmente<br />

sul sito www.radicidelpresente.it, raccontano<br />

differenti tematiche come: il contesto<br />

dello scavo archeologico, gli ambienti della<br />

vita quotidiana nella Roma antica, gli spazi<br />

pubblici, il mondo dell’oltretomba con i<br />

suoi riti e le sue credenze, I riti di sepoltura<br />

nell’antica Roma, L’identità nel mondo funerario,<br />

Il passato come memoria del futuro,<br />

I sarcofagi della collezione Merolli-Fata e le<br />

epigrafi funerarie.<br />

Di particolare risalto è invece la sala E dedicata<br />

agli edifici pubblici e ai luoghi delle<br />

divinità, lo spazio in questione, dopo il riallestimento<br />

dello scorso anno caratterizzato<br />

da una vera e propria scena teatrale con due<br />

colonne sulla parete di fondo, ha accolto e<br />

ospitato manifestazioni ed eventi di beneficenza.<br />

Visitare la collezione archeologica Radici<br />

del Presente vuol dire coniugare non solo<br />

passato e presente attraverso la didattica,<br />

l’innovazione culturale e l’accessibilità, ma<br />

anche aprire il museo come luogo di dibattito<br />

e aggregazione, soprattutto nei confronti di<br />

coloro che hanno una differente percezione<br />

della vita.<br />

Visita al Museo<br />

Per prenotare la visita guidata gratuita al<br />

museo Radici del Presente<br />

scrivi una mail a: info@radicidelpresente.it<br />

Oppure chiama il numero verde: 800 360 622<br />

attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9:30<br />

alle ore 18:00<br />

Le visite guidate al museo sono rivolte a<br />

gruppi di minimo 8 massimo 20 persone.<br />

Per le scuole in visita la museo, il percorso<br />

espositivo prevede la possibilità di accogliere<br />

fino a due classi per un massimo di 45-50<br />

studenti.<br />

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canali fino a 15 4 m/s. Km/h. Insensibili ai bassi ai bassi<br />

fondali e alla presenza di alghe e detriti<br />

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anche con strumentazione cliente<br />

38 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 39


40 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong><br />

2


019<br />

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Tecnologie per il Territorio, il Patrimonio Culturale e le Smart City<br />

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MODELLA IL TUO FUTURO:<br />

REALIZZA UNA RETE DI SERVIZIO DIGITALE<br />

L’introduzione di modalità digitali di lavoro nelle operazioni<br />

sul campo ha il potenziale per offrire enormi<br />

risparmi in termini di efficienza e rimuovere alcuni<br />

degli ostacoli derivanti dalla gestione di una rete di<br />

installazioni ereditate dal passato, espandendo ed investendo<br />

in nuove infrastrutture.<br />

L’ultimo decennio ha portato considerevoli cambiamenti<br />

nel modo di operare delle aziende di servizi. La<br />

digitalizzazione ha creato nuovi modi di prestare servizio<br />

ai consumatori, dai rendicontì mobili - lista movimenti<br />

ad una fatturazione accurata. Un nuovo modo<br />

di lavorare sembra sia stato costruito raccogliendo,<br />

interpretando e condividendo dati digitali.<br />

Sostituire i metodi tradizionali con i metodi digitali di<br />

lavoro può essere fondamentale per risparmiare sui<br />

costi, migliorare gli standard di sicurezza e ridurre la<br />

probabilità di un incidente, così come a ridurre i costi<br />

operativi.<br />

Dalle aree rurali a quelle urbane, dai cantieri alle<br />

aree residenziali, dalle città costruite agli aeroporti<br />

affollati, sono disponibili diverse soluzioni per supportare<br />

le aziende i di servizi pubblici nello svolgimento<br />

delle attività quotidiane e ottenere dati di localizzazione<br />

accurati in qualsiasi ambiente.<br />

Scopri come sostituire i flussi di lavoro su supporto<br />

cartaceo con quello digitale, compilando il form<br />

e scaricando l'e-book a questo link.<br />

che consente al tecnico rilevatore di pubblicare i propri<br />

modelli 3D e alle committenze di visualizzarli facilmente<br />

via web, effettuare delle analisi qualitative e<br />

quantitative, interrogare i modelli stessi, farne sezioni,<br />

misure di lunghezze, aree, volumi. Solo con l’utilizzo<br />

di un browser, senza quindi installare nessun software<br />

ad-hoc, è possibile vedere e utilizzare i risultati di un<br />

rilievo 3D anche complesso.<br />

Nel caso in figura, a titolo di esempio, un rilievo particolarmente<br />

articolato, in cui è stato riprodotto l’esterno<br />

della struttura con fotogrammetria da drone,<br />

mentre l’interno con circa 20 scansioni da Laser Scanner<br />

terrestre. Le due tecniche ci hanno consentito di<br />

ottenere due modelli separati, che sono stati processati<br />

indipendentemente, quindi registrati e georiferiti con<br />

una poligonale di appoggio molto accurata.<br />

Il risultato è un unico modello 3D della struttura che<br />

3DHosting gestisce consentendo di visualizzare anche<br />

indipendentemente l’interno e l’esterno.<br />

www.gter.it/3dhosting/<br />

APP MUSEO SANNITICO – DEAF EXPERIENCE<br />

www.leica-geosystems.it<br />

3DHOSTING: MODELLI 3D FRUIBILI PER TUTTI<br />

Un rilievo tridimensionale è spesso una fonte di informazioni<br />

particolarmente ricca, in molti e diversi<br />

campi applicativi. In particolare quando si tratta di<br />

effettuare rilievi di strutture, sia al fine del monitoraggio<br />

sia per scopi di restauro o conservazione, il modello<br />

3D è un patrimonio decisivo per la pianificazione<br />

delle attività.<br />

Lo scoglio importante riguarda la fruibilità di tale patrimonio.<br />

Non tutti infatti possono gestire un modello<br />

3D, aprirlo, interrogarlo. Servono pc performanti e<br />

software ad-hoc e non tutte le professionalità sono<br />

tenute ad avere competenze in questo campo.<br />

In questo contesto nasce 3DHosting, un servizio web<br />

Una nuova App accessibile al Museo Sannitico di Campobasso.<br />

Nell’ambito del progetto “SMART CULTURAL HE-<br />

RITAGE 4 ALL”, la nuova App pensata per non udenti che<br />

introduce i visitatori nel settore protostorico del Museo.<br />

Con uno storytelling visivo.<br />

Dopo aver realizzato e lanciato al Museo Sannitico di<br />

Campobasso l’App Museo Sannitico BLIND EXPERIENCE,<br />

Heritage insieme a Polo Museale del Molise e Università<br />

degli Studi del Molise, lancia l’App Museo Sannitico<br />

42 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 43<br />

DEAF EXPERIENCE, un nuovo strumento per esplorare il<br />

museo, concepito e sviluppato in particolare per l’accessibilità<br />

alle persone con disabilità uditive.<br />

Mercoledì 12 dicembre, alla presenza delle Istituzioni e<br />

di un folto pubblico, le due app sono state presentate<br />

ufficialmente al Museo Sannitico di Campobasso ricevendo<br />

un importante riconoscimento: il Presidente della<br />

Repubblica Sergio Mattarella ha conferito la medaglia di<br />

rappresentanza all’evento di presentazione.<br />

Le due applicazioni innovative in termini di accessibilità<br />

museale e tecnologie applicate a contenuti culturali, in<br />

particolare per le persone con disabilità visive, e uditive<br />

sono parte del progetto Smart Cultural Heritage 4 All,<br />

un format per la fruizione di musei, mostre e siti archeologici,<br />

concepito e sviluppato per migliorare l’accessibilità<br />

alle persone con disabilità e limitazioni funzionali.<br />

Il progetto è condotto all’interno di un protocollo d’intesa<br />

tra Università degli Studi del Molise, Polo Museale<br />

del Molise, Heritage Srl e Centro Orientamento Ausili<br />

Tecnologici Onlus, e con la collaborazione della Associazione<br />

Italiana Ciechi e Ipovedenti..<br />

Con l’App BLIND EXPERIENCE si può esplorare il Museo<br />

attraverso due percorsi immersivi:<br />

• Sanniti Experience: il percorso multisensoriale che si<br />

sviluppa nelle sale del settore sannitico del Museo, con<br />

uno storytelling emozionale sulla storia dei Sanniti e<br />

della loro epica lotta con i Romani.<br />

• In viaggio con Asparukh: il percorso multisensoriale che<br />

si sviluppa nelle sale del settore medievale del Museo,<br />

con uno storytelling emozionale concepito a partire dalle<br />

scoperte archeologiche della piana di Campochiaro.<br />

Con l’App DEAF EXPERIENCE si può esplorare il Museo<br />

nel settore protostorico.<br />

Il visitatore è invitato in un percorso nelle sale che riguardano<br />

i ritrovamenti più antichi, seguendo l’allestimento<br />

e le vetrine, fino ad arrivare all’esperienza emozionale<br />

vera e propria: uno storytelling visivo. Tik & Tuk,<br />

un video che, tramite una tecnica di fast motion applicata<br />

ad un disegno in movimento sull’idea delle pitture<br />

rupestri, racconta l’invenzione del bronzo in modo innovativo,<br />

anche attraverso i colori.<br />

Scaricando l’App, nella sezione VISITA, si possono seguire<br />

le tappe del percorso e visionare il video, della<br />

durata di 6 minuti, con lo storytelling visivo dell’Età del<br />

Bronzo.<br />

I percorsi immersivi multisensoriali delle due App sono<br />

un tipo di esperienza rivolta a tutti coloro che vogliono<br />

sperimentare una visita educativa, coinvolgente e ispirata<br />

ai principi dell’accessibilità universale.<br />

Le due App sono gratuitamente scaricabili da App Store<br />

o Google Play<br />

Superiore, di un gruppo<br />

umano di cacciatori-raccoglitori<br />

nomadi nell’Appennino<br />

piacentino.<br />

La scoperta è stata<br />

possibile grazie all’Università<br />

di Ferrara e ad<br />

un’equipe di ricercatori<br />

provenienti dal Laboratorio<br />

di Palinologia e<br />

Paleoecologia del CNR<br />

di Milano, dall’Università<br />

di Padova, dal laboratorio<br />

del CEDAD (Università del Salento – Lecce) e<br />

dall’Università di New York. Nel territorio dell’Appennino<br />

Settentrionale, Piovesello rappresenta un esempio<br />

unico di frequentazione umana in alta quota durante<br />

una fase di raffreddamento climatico, documentando<br />

inoltre la mobilità dei gruppi umani paleolitici dalla<br />

Provenza all’Italia Settentrionale. Per saperne di più, è<br />

disponibile un articolo sulla rivista internazionale “Quaternary<br />

Research”.<br />

Il progetto “Paleo APPennino – il Piovesello tra Preistoria<br />

ed Era multimediale” si propone di creare una rete<br />

virtuale tra musei e siti archeologici per rendere fruibili<br />

le realtà preistoriche del piacentino, fino ad ora rimaste<br />

appannaggio di pochi specialisti. È stato proposto<br />

dall’associazione culturale Augusta Veleiatium di Piacenza,<br />

vantando il supporto finanziario dell’Università<br />

di Ferrara, del Museo Archeologico della Val Tidone e<br />

del Museo e Parco archeologico di Travo.<br />

A partire dal sito di Piovesello, saranno coinvolti i principali<br />

luoghi legati alla cultura dell’Appennino. Sono in<br />

corso diverse iniziative e attività divulgative, grazie al<br />

Comune di Ferriere, al Gruppo Archeologico della Val<br />

Nure e al CNA di Piacenza. Il fine ultimo sarà l’integrazione<br />

dei beni del territorio con il Sistema Museale piacentino<br />

attraverso l’applicazione QuickMuseum, sviluppata<br />

dalla società ARTernative di Parma. Essa spingerà i<br />

visitatori a spostarsi da un luogo all’altro attraverso attività<br />

multimediali ed interattive per grandi e bambini.<br />

www.quickmuseum.it/<br />

PRODOTTI “MADE IN ITALY” STONEX: SERIE S900 GNSS<br />

E X300 LASER SCANNER<br />

I ricevitori Stonex GNSS della serie S900 sono i primi<br />

www.heritage-srl.it<br />

PALEOAPPENNINO: LA TECNOLOGIA PER LA FRUIZIONE<br />

DI BENI ARCHEOLOGICI E PAESAGGISTICI<br />

Da un’idea dell’Università di Ferrara nasce un’applicazione<br />

interattiva che dà voce ai “siti invisibili”. Il sito di<br />

Piovesello testimonia il passaggio, durante il Paleolitico


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ricevitori GNSS presenti sul mercato del Surveying con<br />

il marchio Made in Italy, che ne garantisce la qualità e<br />

le prestazioni.<br />

I ricevitori GNSS della serie S900 sono in grado di supportare<br />

più costellazioni satellitari (GPS, GLONASS, BEI-<br />

DOU e GALILEO, inclusa la correzione L-Band) e hanno<br />

una bolla elettronica che ne facilita le misurazioni. Le<br />

due batterie intelligenti e la certificazione IP67, rendono<br />

questi ricevitori idonei a lavorare ovunque. Il ricevitore<br />

S900A è inoltre dotato del servizio di correzione<br />

GNSS Globale Atlas che garantisce posizionamenti precisi<br />

in qualsiasi condizione.<br />

Non è la prima volta che Stonex rilascia un prodotto<br />

“Made in Italy”, già nel 2013 è stato realizzato il Laser<br />

Scanner X300 che ancora oggi fa parte della vasta<br />

gamma di prodotti offerta da Stonex. La facilità d’uso,<br />

l’affidabilità e il prezzo rendono X300 un prodotto altamente<br />

competitivo. X300 è inoltre dotato di una gamma<br />

di accessori come il framework per facilitare le scansioni<br />

di volte e tunnel e di un kit Gps per collegare un<br />

ricevitore GNSS con facilità.<br />

Scopri i prodotti Stonex Made in Italy<br />

www.stonex.it<br />

Tra le loro preziose applicazioni:<br />

4 verifiche di ponti e cavalcavia<br />

4 prove di carico<br />

4 stima parametri modali e frequenza di risonanza<br />

4 deformazioni di dighe<br />

4 monitoraggio frane, valanghe e smottamenti<br />

monitoraggio vibrazioni<br />

video del rilievo: https://youtu.be/mVmhUx209j4<br />

www.codevintec.it<br />

RILIEVO AD ALTISSIMA PRECISIONE, RISPETTO TOTALE<br />

DEL PONTE IN FERRO DEL 1889<br />

Codevintec ha svolto una dimostrazione pratica con<br />

l’Interferometro Radar da terra Metasensing sul ponte<br />

San Michele - capolavoro riconosciuto di archeologia industriale<br />

- candidato nella lista UNESCO dei patrimoni<br />

dell'umanità.<br />

La dimostrazione è nata da una idea di Tecno In SpA,<br />

società multinazionale di servizi di ingegneria che sul<br />

medesimo ponte sta eseguendo un monitoraggio altimetrico<br />

e planoaltimetrico.<br />

Costruito tra il 1887 e il 1889, è un ponte ad arco in<br />

ferro a due piani, ferroviario e stradale. Fu tra i primi<br />

esempi di costruzione a sfruttare l’innovativa teoria<br />

dell’ellisse di elasticità.<br />

Obiettivo della dimostrazione era illustrare la capacità<br />

dell’interferometro di studiare il comportamento dinamico<br />

di una struttura “complessa” come quella del<br />

Ponte San Michele.<br />

Infatti, questi strumenti, così compatti e rapidi da installare,<br />

rilevano con precisioni del centesimo di millimetro.<br />

Anche da 4 km di distanza.<br />

44 ArcheomaticA N°4 dicembre <strong>2018</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 45<br />

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EVENTI<br />

27 - 29 MARZO 2019<br />

Dalla conoscenza alla<br />

valorizzazione: il ruolo<br />

dell’archeometria nei Musei<br />

Reggio Calabria (Italia)<br />

https://bit.ly/2H4yKyg<br />

11 - 13 APRILE 2019<br />

Fiera Internazionale<br />

Heritage Instanbul 2019<br />

Istanbul (Turchia)<br />

http://www.expoheritage.<br />

com/<br />

8-10 MAGGIO 2019<br />

GEORES 2019<br />

Milano (Italia)<br />

www.geores19.polimi.it/<br />

24-27 GIUGNO 2019<br />

SALENTO AVR<br />

Lecce (Italia)<br />

www.salentoavr.it/<br />

1-5 SETTEMBRE 2019<br />

27th international CIPA<br />

symposium<br />

Avila (Spagna)<br />

www.cipa2019.org<br />

1 - 7 SEPTEMBER 2019<br />

ICOM General Conference<br />

Kyoto (Japan)<br />

www.icom-kyoto-2019.org/<br />

15 - 20 SETTEMBRE 2019<br />

19°Conferenza<br />

Internazionale NIR<br />

Queensland (Australia)<br />

www.nir2019.com/<br />

18 - 20 SETTEMBRE 2019<br />

Salone Internazionale del<br />

Restauro, dei Musei e della<br />

Imprese Culturali<br />

Ferrara (Italy)<br />

www.salonedelrestauro.<br />

com/<br />

30 SEPTEMBER - 2<br />

OCTOBER 2019<br />

Heritage Middle East:<br />

securing the future for the<br />

past<br />

Abu Dhabi (UAE)<br />

https://bit.ly/2OshGBK<br />

23-25 OTTOBRE 2019<br />

Conferenza Nazionale AIPnD<br />

Associazione Italiana Prove<br />

non Distruttive<br />

Milano (Italia)<br />

www.aipnd.it<br />

4-6 NOVEMBRE 2019<br />

Conference on Cultural<br />

Heritage and New<br />

Technologies CHNT24<br />

Vienna (Austria)<br />

www.chnt.at<br />

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Ricevitore GNSS con 394 canali e<br />

alte prestazioni

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