Fitainforma - febbraio 2020
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fitainforma<br />
ANNO XXXIII - N. 1<br />
<strong>febbraio</strong> <strong>2020</strong><br />
TEATRO E POLITICA<br />
Quando il palcoscenico<br />
sceglie di schierarsi
IL NUOVO MODO<br />
DI LEGGERE<br />
FITAINFORMA<br />
Da questo numero di <strong>Fitainforma</strong> di <strong>febbraio</strong> <strong>2020</strong><br />
cambia il modo di leggere la rivista di Fita Veneto, con<br />
un formato nuovo che coniuga le riviste di un tempo<br />
con l’attualità e la potenza di Internet. Il giornale<br />
infatti si può sfogliare online quasi come fosse<br />
reale, ma chi volesse potrà anche scaricarne una<br />
copia completa in formato pdf, oppure stamparlo<br />
tutto o solo una parte. Inoltre, questo metodo di<br />
pubblicazione permette anche di usufruire di<br />
comodità pratiche, come ad esempio inserire<br />
link all’interno della rivista (l’indice con un<br />
click può portarvi direttamente all’argomento<br />
che avete scelto di leggere) o anche esterno,<br />
per consultazioni in Rete.<br />
Ma non finisce qui.<br />
All’interno delle pagine “virtuali” sono<br />
infatti stati inseriti anche alcuni video<br />
che si possono guardare direttamente<br />
senza chiudere il giornale. Infine, le<br />
pagine (e gli articoli, ovviamente) si<br />
possono ingrandire o ridurre a<br />
proprio piacimento per meglio<br />
godere della lettura. Il tutto<br />
sia dal pc di casa o dell’ufficio,<br />
sia dal nostro smartphone o<br />
tablet, essendo la rivista<br />
ottimizzata anche<br />
per la lettura su questi<br />
nuovi dispositivi.<br />
Insomma...<br />
Buona lettura!
EDITORIALE<br />
DA OGGI<br />
SI CAMBIA<br />
Apriamo il 33° anno di pubblicazione del<br />
nostro periodico con una nuova veste grafica<br />
che lo rende più accessibile, più leggibile,<br />
ma certamente non snatura l’impostazione<br />
editoriale che da tempo abbiamo voluto dargli:<br />
per farne, cioé, uno strumento di informazione<br />
e diffusione della cultura teatrale attraverso<br />
notizie e contenuti per un pubblico sia di<br />
appassionati che di addetti ai lavori.<br />
A cambiare è la veste grafica, per la quale<br />
abbiamo trovato un punto d’incontro fra<br />
tradizione e innovazione, tra l’impatto visivo di<br />
una rivista nel senso più classico del termine e la<br />
fruibilità di un prodotto online, con l’aggiunta di<br />
una serie di “optional” che ci auguriamo possano<br />
renderne ancora più piacevole la letturanavigazione:<br />
elementi come lo sfogliatore, lo<br />
zoom, il link a pagine d’interesse interne alla<br />
rivista o esterne (a partire dalle voci dell’indice)<br />
o ancora l’inserimento di alcuni video e la<br />
possibilità, per chi lo volesse, di scaricare una<br />
copia completa del numero in formato pdf o di<br />
stamparlo tutto o in parte.<br />
Torniamo, per certi versi, all’impostazione<br />
grafica del periodico stampato, per<br />
accontentare chi era abituato a sfogliarne le<br />
pagine; manteniamo però la distribuzione<br />
gratuita online che negli ultimi anni ci ha<br />
permesso di raggiungere un folto numero<br />
di lettori che supera quello comunque<br />
ragguardevole degli abbonati alla versione<br />
cartacea.<br />
Inauguriamo il nuovo corso del nostro periodico<br />
nel pieno della stagione teatrale 2019-<strong>2020</strong>, in<br />
concomitanza con inizio del festival nazionale<br />
“Maschera d’Oro” che in questo mese di<br />
<strong>febbraio</strong> apre la sua 32^ edizione. Spazio<br />
però, come sempre, agli approfondimenti ed<br />
agli interventi di personalità del mondo della<br />
cultura.<br />
Pubblicare <strong>Fitainforma</strong> è per FITA Veneto un<br />
impegno non da poco, ma anche una precisa<br />
scelta per rendere un servizio, oltre che alla<br />
cultura teatrale, anche ai nostri Associati, che<br />
primi fra gli altri ne sono i destinatari. Pensare<br />
che per molti possa essere uno strumento di<br />
accrescimento personale e culturale ci rende<br />
orgogliosi e anche consapevoli che il ruolo<br />
della nostra Federazione non sia solo di tipo<br />
burocratico o amministrativo. Ci piacerebbe<br />
fossero di più gli Associati che ci parlano<br />
di quanto scritto su <strong>Fitainforma</strong>, anche<br />
dissentendo magari, ma comunque rinnovando<br />
ed ampliando le proprie conoscenze. Lo<br />
riteniamo importante, se non indispensabile.<br />
Troppi di noi si limitano a fare teatro con il<br />
proprio gruppo, rimanendone evidentemente<br />
appagati; non comprendono, però, quante<br />
possibilità perdono non ampliando la propria<br />
visione e conoscenza. Leggere <strong>Fitainforma</strong><br />
non è certo sufficiente, ma questo, affiancato<br />
magari a qualche spettacolo di altri generi e<br />
compagnie, può essere uno stimolo fra gli altri.<br />
<strong>Fitainforma</strong> vuole essere un punto da cui<br />
partire, non a cui arrivare. Un invito a muoversi<br />
per scoprire, comprendere, imparare. È un<br />
pochino quello che diciamo ai ragazzi che<br />
incrociamo nell’attività teatrale nelle diverse<br />
situazioni che vengono loro proposte, quali i<br />
concorsi per gli studenti o gli stages formativi.<br />
Per loro natura queste iniziative hanno una<br />
durata limitata, ma se possono contribuire ad<br />
allargare la visione personale e la conoscenza<br />
culturale e artistica crediamo siano energie<br />
bene impiegate, anche se spesso non ne<br />
raccogliamo molte soddisfazioni.<br />
Chiudiamo con l’augurio che il contenuto di<br />
questo numero, come per gli altri in passato,<br />
sia di utilità e piacere per i lettori. Siamo certi<br />
di esserci impegnati per questi (forse piccoli)<br />
risultati. Ci piacerebbe capire se le energie sono<br />
bene impiegate.<br />
Buona lettura e buon teatro a tutti.<br />
Mauro Dalla Villa<br />
Presidente FITA Veneto<br />
3
03<br />
05<br />
indice<br />
Editoriale<br />
32ª Maschera d’Oro<br />
Le sette finaliste<br />
fitainforma<br />
Bimestrale<br />
del Comitato Regionale Veneto<br />
della Federazione Italiana<br />
Teatro Amatori<br />
ANNO XXXIII - <strong>febbraio</strong> <strong>2020</strong><br />
08<br />
10<br />
Il selezionatore del Festival<br />
Roberto Cuppone<br />
Teatro e Politica<br />
Quando il palco si schiera<br />
10<br />
Registrazione Tribunale<br />
di Vicenza n. 570<br />
del 13 novembre 1987<br />
Direttore responsabile<br />
ANDREA MASON<br />
15<br />
18<br />
20<br />
Mauro Dalla Villa<br />
Quattro anni di Fita Veneto<br />
Giovani<br />
Marco Faccin racconta ITAF<br />
FITA Rovigo “Oltre la scena”<br />
Responsabile editoriale<br />
MAURO DALLA VILLA<br />
Redazione<br />
Alessandra Agosti<br />
Stefano Rossi<br />
Virgilio Mattiello<br />
Valerio Dalla Pozza<br />
Germano Nenzi<br />
22<br />
24<br />
Compagnie<br />
La Nogara e il teatro che non c’era<br />
Cultura<br />
Klaus Kinski artista maledetto<br />
15<br />
Direzione e redazione<br />
Stradella delle Barche, 7<br />
36100 VICENZA<br />
tel. 0444 324907<br />
fitaveneto@fitaveneto.org<br />
www.fitaveneto.org<br />
05<br />
08<br />
24<br />
18
FESTIVAL NAZIONALE<br />
MASCHERA D’ORO<br />
APPUNTAMENTO A VICENZA PER LA 32ª EDIZIONE DELLA KERMESSE<br />
DI SCENA A PARTIRE DA SABATO 8 FEBBRAIO<br />
LE PREMIAZIONI SABATO 28 MARZO CON UN INTENSO SPETTACOLO
FESTIVAL<br />
È in partenza<br />
la 32ª edizione<br />
della kermesse<br />
nazionale,<br />
che si svolgerà<br />
al Teatro<br />
S. Marco<br />
di Vicenza<br />
a partire<br />
dall’8 <strong>febbraio</strong>,<br />
con serata di gala<br />
e premiazioni<br />
il 28 marzo<br />
Sette in lizza per la M<br />
8 <strong>febbraio</strong><br />
COMPAGNIA<br />
LO SCRIGNO<br />
Vicenza<br />
15 <strong>febbraio</strong><br />
FILODRAMMATICA<br />
DI LAIVES<br />
Bolzano<br />
22 <strong>febbraio</strong><br />
TEATRODRAO<br />
E TEATROTRE<br />
Ancona<br />
29 <strong>febbraio</strong><br />
IL DIALOGO<br />
Cimitile<br />
(Napoli)<br />
Ad aprire sarà lo spettacolo 7<br />
minuti di Stefano Massini, per<br />
la regia di Amer Sinno. Una<br />
multinazionale è interessata<br />
ad acquisire la Vianello & Rossi,<br />
fabbrica tessile dal grande passato<br />
ma ormai in crisi. Per farlo<br />
chiede però che i dipendenti<br />
accettino una riduzione della<br />
pausa garantita e la decisione,<br />
a nome di tutte le maestranze,<br />
è demandata alle nove rappresentanti<br />
delle lavoratrici. Sulle<br />
prime, il sacrificio chiesto appare<br />
minimo e le donne sembrano<br />
intenzionate ad accettare.<br />
Secondo appuntamento con Il<br />
marito di mio figlio di Daniele<br />
Falleri, per la regia di Roby De<br />
Tomas. Una moderna commedia<br />
degli equivoci sul tema del<br />
matrimonio gay. Ma l’obiettivo<br />
non è una scelta di campo,<br />
quanto la volontà di portare<br />
in primo piano un tentativo di<br />
convivenza di una coppia di ragazzi<br />
che si amano e che non<br />
vogliono farsi condizionare<br />
dalle convenzioni degli adulti.<br />
L’inattesa notizia crea il caos e<br />
tra mogli e mariti capita letteralmente<br />
di tutto.<br />
Terzo spettacolo in gara sarà<br />
Equus di Peter Shaffer, per la<br />
regia di Davide Giovagnetti.<br />
Perché il giovane Alan Strang,<br />
dopo essersi preso amorevole<br />
cura di alcuni cavalli, all’improvviso<br />
li ha accecati? Il magistrato<br />
chiede aiuto a un amico psichiatra<br />
infantile, per comprendere i<br />
motivi dell’atto e riportare Alan<br />
a un equilibrio che gli permetta<br />
di vivere nella società. Nel viaggio<br />
spirituale e sessuale di Alan<br />
nella pazzia, il medico scoprirà<br />
molto anche di se stesso e della<br />
propria vita priva di passioni.<br />
Quarte serata dedicata a Napoli<br />
milionaria di Eduardo De Filippo,<br />
per la regia di Ciro Ruoppo.<br />
La guerra è lo scenario diretto,<br />
ma si va ben oltre, indagando<br />
l’uomo e il suo rapporto con i<br />
valori fondamentali della vita.<br />
Gennaro è una brava persona,<br />
che non vuole piegarsi al compromesso<br />
in fatto di onestà. Sua<br />
moglie Amalia, invece, aiutata<br />
dai figli Amedeo e Rosaria entra<br />
nel vile mercato della borsa<br />
nera. Ritenuto disperso, finita<br />
la guerra torna all’improvviso e<br />
trova una famiglia alla deriva.<br />
6
Un momento della consegna, al teatro<br />
Olimpico, del Premio Faber ai vincitori<br />
della Maschera d’Oro 2019: la compagnia<br />
Soggetti Smarriti di Treviso<br />
È diventato da trentadue anni un appuntamento<br />
imperdibile dell’inizio dell’anno a Vicenza: il Festival<br />
nazionale Maschera d’Oro attira pubblico e<br />
compagnie per la qualità delle proposte e la validità<br />
della formula della kermesse, organizzata<br />
dal Comitato veneto della Federazione Italiana<br />
Teatro Amatori (Fita) d’intesa con Regione del<br />
Veneto, Comune di Vicenza, Il Giornale di Vicenza<br />
e Confartigianato Imprese Vicenza e con il patrocinio,<br />
tra gli altri, di Ministero dei Beni e delle<br />
Attività culturali, Amministrazione Provinciale di<br />
Vicenza e Fita nazionale.<br />
Quest’anno le finaliste provengono da Piemonte,<br />
Trentino-Alto Adige, Campania, Marche, Toscana<br />
e Veneto. Sette le prescelte, fra la settantina<br />
di candidature pervenute da tutta Italia: Lo<br />
Scrigno di Vicenza in 7 minuti di Stefano Massini,<br />
regia di Amer Sinno; Filodrammatica di Laives<br />
(Bolzano) ne Il marito di mio figlio di Daniele<br />
Falleri, regia di Roby De Tomas; Teatrodrao &<br />
TeaTroTre di Ancona, in Equus di Peter Shaffer,<br />
regia di Davide Giovagnetti; Il Dialogo di Cimitile<br />
(Napoli) in Napoli milionaria di Eduardo De Filippo,<br />
regia di Ciro Ruoppo; I Pinguini di Firenze<br />
in La colpa è del giardino di Edward Albee, regia<br />
di Pietro Venè; Compagnia dell’Orso di Lonigo<br />
(Vicenza) in Le Chat Noir, scritto e diretto da Paolo<br />
Marchetto; La Corte dei Folli di Fossano (Cuneo)<br />
in Nel nome del padre di Luigi Lunari, regia di<br />
Stefano Sandroni.<br />
Un gran bel mix di generi, dunque, in questa<br />
nuova edizione che, dopo una prima scelta affidata<br />
ad una commissione di giornalisti di settore,<br />
vede come selezionatore finale Roberto Cuppone,<br />
drammaturgo e docente all’Università degli<br />
Studi di Genova (col quale abbiamo parlato della<br />
Maschera e non solo nel corso di un’intervista<br />
pubblicata nelle pagine a seguire), scelto per questo<br />
delicato incarico dopo la scomparsa, l’estate<br />
scorsa, di Luigi Lunari, a lungo selezionatore del<br />
festival e direttore artistico di Fita Veneto.<br />
Il calendario si snoderà dall’8 <strong>febbraio</strong> al 21 marzo,<br />
sempre il sabato sera alle 21. La serata di premiazioni<br />
- accompagnata dallo spettacolo fuori<br />
concorso A republica dei mati di Roberto Cuppone,<br />
messo in scena dalla compagnia trevigiana<br />
Il Satiro - si terrà sabato 28 marzo; ai premi per<br />
la compagnia vincitrice e ai riconoscimenti individuali<br />
e collettivi, si affiancheranno quello di<br />
critica La Scuola e il Teatro per gli studenti delle<br />
scuole superiori e il Premio Renato Salvato per la<br />
diffusione della cultura teatrale.<br />
In palio come sempre, da 26 anni a questa parte<br />
grazie alla collaborazione con Confartigianato<br />
Imprese Vicenza, c’è anche il palcoscenico del<br />
Teatro Olimpico di Vicenza: per i vincitori della<br />
Maschera, infatti, ci sarà il Premio Faber Teatro, riconoscimento<br />
che consente alla compagnia che<br />
lo conquista di esibirsi per una sera nel teatro coperto<br />
più antico del mondo.<br />
aschera d’Oro <strong>2020</strong><br />
7 marzo<br />
COMPAGNIA<br />
I PINGUINI<br />
Firenze<br />
14 marzo<br />
COMPAGNIA<br />
DELL’ORSO<br />
Lonigo (Vicenza)<br />
21 marzo<br />
LA CORTE<br />
DEI FOLLI<br />
Fossano (Cuneo)<br />
28 marzo<br />
SERATA DI GALA<br />
E PREMIAZIONI<br />
DEL FESTIVAL<br />
La colpa è del giardino, di<br />
Edward Albee per la regia di Pietro<br />
Venè, è il quinto spettacolo<br />
in programma. Jenny e Richard<br />
potrebbero essere una coppia<br />
felice, ma la congenita mancanza<br />
di denaro non aiuta. Mrs<br />
Toothe, una donna misteriosa<br />
e dai modi aristocratici, propone<br />
a Jenny un modo semplice<br />
e veloce per dare una sterzata<br />
in positivo al bilancio familiare.<br />
Una black comedy animata da<br />
personaggi cinici, superficiali e<br />
crudeli, specchio di una società<br />
che guarda solo all’apparenza.<br />
Paolo Marchetto è autore e<br />
regista de Le Chat Noir, penultima<br />
serata che racconta storie e<br />
personaggi di un bar, attraverso<br />
i quali toccare tutte le corde<br />
dell’anima, allegre o drammatiche,<br />
fra risate e momenti di<br />
riflessione. In quel fitto via via<br />
di vite che è Le Chat Noir ecco<br />
però entrare, all’improvviso, un<br />
personaggio inquietante, che<br />
mette gli avventori con le spalle<br />
al muro, obbligandoli a far<br />
uscire allo scoperto, una volta<br />
per tutte, la propria verità.<br />
Ma sarà davvero così?<br />
Ultimo spettacolo di quest’anno<br />
è Nel nome del padre di Luigi<br />
Lunari, per la regia di Stefano<br />
Sandroni. Un uomo e una donna<br />
si incontrano in una sorta<br />
di limbo. Entrambi hanno un<br />
passato pesante, dal quale devono<br />
liberarsi per poter andare<br />
oltre. In comune hanno avuto<br />
padri ingombranti, uomini politici<br />
schierati su fronti opposti.<br />
Insieme devono trovare una via<br />
d’uscita da quell’esperienza annichilente,<br />
un modo per trovare<br />
se stessi, la propria identità e<br />
la propria strada.<br />
La serata finale di quest’edizione,<br />
oltre alla cerimonia di premiazione,<br />
vedrà anche Il Satiro<br />
Teatro di Paese (Treviso) presentare<br />
il proprio spettacolo A<br />
republica dei mati, testo e regia<br />
di Roberto Cuppone. Nel 1948<br />
l’Italia sceglie di essere una repubblica.<br />
A quello storico voto,<br />
dopo la disperazione della seconda<br />
guerra mondiale, partecipano<br />
tutti, anche le donne.<br />
Ma non Ugo, “mato de guera”<br />
che però, dopo averne viste e<br />
subite tante, nella sua testa ha<br />
le idee molto chiare.<br />
7
INTERVISTA<br />
ROBERTO<br />
CUPPONE
L’amatoriale sia teatro di libertà<br />
FESTIVAL<br />
A colloquio con il nuovo selezionatore finale del festival Maschera d’Oro<br />
di Alessandra Agosti<br />
Roberto Cuppone, classe 1955,<br />
salentino di origine e veneto<br />
di adozione, attore, autore e<br />
regista, docente al Dipartimento<br />
di Italianistica, Romanistica,<br />
Antichistica, Arti e Spettacolo<br />
dell’Università di Genova, è il<br />
nuovo selezionatore finale del<br />
Festival nazionale Maschera<br />
d’Oro.<br />
Un ruolo importante e un’eredità<br />
altrettanto di alto livello,<br />
visto che Cuppone è stato<br />
chiamato a succedere a Luigi<br />
Lunari, drammaturgo, scrittore<br />
e saggista scomparso la scorsa<br />
estate, per molti anni selezionatore<br />
del festival.<br />
Per questo abbiamo voluto<br />
scambiare qualche battuta con<br />
lui all’indomani della sua prima<br />
esperienza alla Maschera,<br />
anche per conoscere meglio il<br />
suo rapporto con il teatro amatoriale,<br />
che peraltro frequenta<br />
da molto tempo.<br />
Come ha accolto la proposta<br />
di Fita Veneto?<br />
Ne sono stato molto contento,<br />
naturalmente. È una responsabilità,<br />
ma una bella responsabilità,<br />
perché la Maschera d’Oro<br />
è senz’altro il più importante<br />
festival di teatro amatoriale<br />
che c’è in Italia e presenta ogni<br />
anno delle novità che fanno<br />
bene al teatro in assoluto, non<br />
solo al teatro amatoriale.<br />
Questa prima selezione<br />
com’è andata?<br />
Prima di me ha agito un<br />
gruppo di quattro selezionatori<br />
che voglio ringraziare,<br />
perché hanno fatto una parte<br />
molto importante del lavoro,<br />
visto che delle oltre settanta<br />
candidature arrivate, per me<br />
ne hanno scelte venti. Il mio<br />
compito è stato decidere,<br />
all’interno di questa rosa, quali<br />
spettacoli potessero ambire ai<br />
sette posti della finale. Il mio,<br />
insomma, non è stato un lavoro<br />
solitario e ne sono felice,<br />
perché mi considero un uomo<br />
di squadra; e non l’ho vissuto<br />
neanche come un lavoro da<br />
“giudice”, quanto semmai da<br />
talent-scout: credo che questo<br />
Cuppone nella duplice veste di attore e autore per Pigafetta. Non si farà più tal viagio<br />
sia un concorso che cerca di<br />
dare spazio a idee, a proposte<br />
nuove, a cose che confortino la<br />
passione di chi fa teatro.<br />
Proposte nuove anche<br />
nell’affrontare un “classico”?<br />
Non ci sono stati e non ci<br />
saranno ostracismi né di autori,<br />
né di epoche, né di repertorio.<br />
Credo che il senso di un buon<br />
festival di teatro amatoriale<br />
non dovrà mai essere quello<br />
di premiare le compagnie che<br />
sentono di dover “assomigliare”<br />
al teatro professionistico<br />
e credo anche che vincolare<br />
l’idea del teatro amatoriale<br />
ad una certa epoca sia nocivo.<br />
Semmai dobbiamo cercare e<br />
valorizzare la specificità del<br />
teatro amatoriale: dobbiamo<br />
chiederci che cosa può fare<br />
questo teatro che non può fare<br />
nessun altro? La risposta penso<br />
sia sperimentare con coraggio,<br />
trovare strade alternative,<br />
scrivere cose proprie, testimoniare<br />
cose nuove... Quindi non<br />
è questione di essere moderni<br />
o essere antichi: è che, a parità<br />
di qualità complessiva, tra<br />
la proposta di un modello di<br />
imitazione, magari fatto bene<br />
(anche benissimo, in certi casi),<br />
e un testo nuovo, o un lavoro<br />
sviluppato con originalità, di<br />
certo preferisco una cosa che<br />
porti in sé l’emozione della<br />
novità.<br />
Su quali criteri si è basato<br />
nella scelta?<br />
Premesso che tutti i lavori che<br />
mi sono stati presentati erano<br />
di notevole qualità, ho cercato<br />
prima di tutto di fare una<br />
valutazione tecnica complessiva<br />
e di base del gruppo. Poi<br />
ho guardato la recitazione,<br />
anche in questo caso cercando<br />
soprattutto l’interazione fra<br />
gli attori e anche l’emozione<br />
trasmessa: non tanto quella<br />
(per carità, assolutamente<br />
legittima) del piacersi narcisistico<br />
del bravo attore, quanto<br />
quella dell’attore che si sente<br />
portatore di una scrittura, di<br />
un’idea nuova. Infine, terzo<br />
criterio (ma primo per me), è<br />
stato il senso globale dell’operazione:<br />
perché si è scelta una<br />
certa idea? perché si è deciso di<br />
scrivere un testo, di recuperarne<br />
uno, di adattarlo?<br />
Lei conosce il teatro amatoriale<br />
da molto tempo. Un<br />
pregio?<br />
Mi riallaccio a quanto ho detto<br />
prima per ribadire che il teatro<br />
amatoriale deve approfittare<br />
della sua libertà. Ci sono stati<br />
episodi nella storia in cui un<br />
teatro fatto non a scopi profes-<br />
sionali è stato un laboratorio<br />
eccezionale: penso alle improvvisazioni<br />
che faceva lo stesso<br />
Goldoni a Bagnoli o a Bologna<br />
con l’Albergati, e credo che<br />
la sua scrittura sarebbe stata<br />
diversa se non avesse vissuto<br />
queste esperienze; oppure, nel<br />
cuore dell’Ottocento, George<br />
Sand e altri romantici che avevano<br />
laboratori privati in case<br />
di campagna; o tanti altri che<br />
nel Novecento hanno portato<br />
avanti la ricerca, magari in<br />
gruppi di lavoro o in “comuni”,<br />
lontano dalla città... Insomma,<br />
la parola amatoriale è un po’<br />
riduttiva nell’accezione comune:<br />
diciamo che la possibilità<br />
di fare un teatro non vincolato<br />
ad una prestazione professionale<br />
è una grandissima risorsa<br />
per tutti, per il teatro e per la<br />
cultura. E poi c’è la lingua...<br />
Vale a dire?<br />
Per il teatro l’italiano è una<br />
lingua morta, difficile da gestire,<br />
mentre tutti i dialetti sono<br />
materia viva e quindi azione;<br />
per questo mi sono sempre<br />
interessato al teatro dialettale.<br />
Importante, quindi, è lo spazio<br />
che il mondo amatoriale ha<br />
sempre dato al teatro nelle<br />
lingue regionali, nel bene e nel<br />
male: nel male, per un certo<br />
compiacimento nostalgico; nel<br />
bene sperimentando contaminazioni<br />
linguistiche e tenendo<br />
viva anche una tradizione<br />
linguistica e lessicale.<br />
Un ricordo di Lunari?<br />
Un personaggio che ha avuto<br />
una grande storia, fin dagli<br />
anni in cui è stato nella stanza<br />
dei bottoni al Piccolo Teatro.<br />
Io l’ho sempre percepito come<br />
una persona di grande indipendenza<br />
intellettuale. Penso che<br />
non si sia adagiato in queste<br />
occasioni che la vita gli ha<br />
offerto proprio per spirito di<br />
indipendenza. Ho apprezzato<br />
molte sue pubblicazioni, sia<br />
come traduttore dei francesi,<br />
sia come divulgatore, e non<br />
ultimo, ovviamente, la sua opera<br />
come autore teatrale: era<br />
uno che scriveva per l’attualità,<br />
con l’attualità e con un grande<br />
senso dell’ironia.<br />
9
FOCUS<br />
Bertolt<br />
Brecht<br />
(Bundesarchiv)<br />
L’antesignana<br />
(dichiaratamente)<br />
politica può essere<br />
la Commedia<br />
dell’Arte del ‘500<br />
TEATRO POL<br />
Quando i<br />
diventa<br />
Gli esempi sono veramente infi<br />
di Filippo Bordignon<br />
“Io mi ribello, dunque esisto” ebbe a dichiarare il filosofo e scrittore<br />
francese Albert Camus parafrasando la più celebre locuzione<br />
cartesiana “Cogito ergo sum”. Che la politica sia una formula non<br />
violenta per operare in seno alla società dei cambiamenti - talvolta<br />
persino delle rivoluzioni - è affare assodato e incontrovertibile.<br />
Così come è inequivocabile che ogni artista, il quale crea a partire<br />
dal proprio pensiero morale ed etico, è volente o nolente il megafono<br />
di un preciso pensiero politico. Ci si può dichiarare apertamente<br />
a-partitici ma il cosiddetto “pensiero a-politico” è una contraddizione<br />
di impossibile applicazione sotto il profilo teorico.<br />
Va da sé che, nella storia del teatro, sono infiniti e infinitamente<br />
diversificati gli esempi di drammaturghi attivamente schierati rispetto<br />
a un’ideologia o più semplicemente a un’idea forte, tanto<br />
che una lista che si professasse esaustiva sarebbe impossibile. Più<br />
ragionevole evidenziare alcuni esempi significativi che hanno contribuito,<br />
con la perspicacia del proprio pensiero, a fare dell’intrattenimento<br />
a forma di propaganda, poggiando sulla buona fede<br />
che un Credo abbracciato per l’interesse collettivo non possa che<br />
fruttificare azioni positive.<br />
L’antesignana del teatro (dichiaratamente) politico potrebbe venire<br />
identificata - per restare nella nostra Penisola - nella cinquecentesca<br />
Commedia dell’Arte, laddove gli spettacoli, parzialmente<br />
emancipatisi dallo svolgimento nei soli luoghi di culto e di corte,<br />
uscivano nelle strade caricandosi di una libertà fino a prima impensabile<br />
e meno soggetta alla sudditanza al potere costituito.<br />
Trattandosi di rappresentazioni rivolte a un pubblico popolare, la<br />
visione di fondo, mascherata in maniera da non attirare alla compagnia<br />
condanne di vario genere, prendeva le difese dei più deboli<br />
mettendo in scena vicende di sopraffazione che si risolvevano con<br />
il riscatto del buono nei confronti del malvagio.<br />
La funzione catartica nel “teatro dell’oppresso” - ben nota nelle più<br />
antiche manifestazioni della tragedia greca già teorizzate da Aristotele<br />
intorno al 330 a.C. - nella prima parte del Novecento cede<br />
invece il passo a una drammaturgia allegorica che, proprio perché<br />
non esplicita nei nomi e nei fatti storici o cronachistici, spesso nega<br />
allo spettatore il sollievo di un riscatto, dipingendo il ritratto di una<br />
società opprimente in cui il debole è schiacciato dagli ingranaggi<br />
dell’apparato statale. Tra i primi e certamente più originali esempi<br />
di teatro politico così teorizzato va riconosciuto quello del tede-<br />
10
ITICO<br />
l palcoscenico<br />
una barricata<br />
niti e infinitamente diversificati<br />
FOCUS<br />
sco naturalizzato austriaco Bertolt Brecht. Poeta e cantautore per<br />
diletto fin dall’adolescenza, egli pervenne a un ibrido di dramma<br />
grottesco, cabaret e teatro musicale percorso da una filosofia nichilista<br />
dell’esistenza. I suoi anti-eroi tentano disperatamente di<br />
ribellarsi al sistema finendo vittime dei propri sogni e aspirazioni.<br />
Seppellendo la figura dell’eroe romantico (si pensi alla fine ingloriosa<br />
del Baal datato 1923) e iniettando nella propria estetica dosi<br />
massicce di socialismo marxista, lo scrittore conferì alla sua drammaturgia<br />
più celebre, L’opera da tre soldi del 1928, uno spietato<br />
attacco alla società capitalista (ancor più oltranzista risultò, sei<br />
anni più tardi, il suo Romanzo da tre soldi che sfruttò lo stesso soggetto<br />
cavalcandone il favore del pubblico). In molti punti del testo,<br />
ambientato nella Londra vittoriana, i personaggi si rivolgono direttamente<br />
al pubblico, concretizzando così uno sfondamento della<br />
“quarta parete” e mettendo in pratica lo straniamento brecthiano<br />
in contrapposizione all’immedesimazione finora richiesta a teatro.<br />
Ciò pone un tassello imprescindibile per tutto il teatro politico a<br />
seguire e per il teatro di narrazione oggi sdoganato da personaggi<br />
noti quali Marco Paolini o Ascanio Celestini. Eppure già al tempo si<br />
palesò una situazione paradossale che tende a manifestarsi anche<br />
ai giorni nostri: L’opera da tre soldi doveva essere un lavoro a preciso<br />
appannaggio del proletariato che si dimostrò invece particolarmente<br />
freddo nell’accoglienzaa differenza della borghesia, che<br />
ne decretò il successo.<br />
Anche nel <strong>2020</strong> della crisi globale la partecipazione culturale a<br />
espressioni artistiche di dichiarata matrice politica non irretisce<br />
grandi numeri appartenenti alle classi disagiate, desiderose piuttosto<br />
di semplice svago e di un intrattenimento disimpegnato.<br />
Sono le classi più elevate, piuttosto, che, possedendo gli strumenti<br />
intellettuali per codificare i linguaggi di denuncia esposti sovente<br />
mediante escamotage e allegorie, possono fruire con maggiore<br />
Albert Camus (foto Robert Edwards)<br />
trasporto le opere di denuncia e critica sociale. A ciò si aggiunga il<br />
disinteresse quando non addirittura il fastidio, da parte del “proletariato”,<br />
nel veder esposta e “artisticizzata” la propria sofferenza.<br />
Con la seconda e terza rivoluzione industriale e l’avvento di fenomeni<br />
quali il sistema di fabbrica post-fordista andarono a modellarsi<br />
nuove maniere di intendere il lavoro. Le rivendicazioni sindacali<br />
innescate già a partire dai primi decenni dell’800 nella forma<br />
embrionale delle trade unions, presero una forma e una consapevolezza<br />
ben più consistente nella seconda metà del Novecento; la<br />
lotta di classe divenne così uno dei temi prediletti di certo teatro<br />
politico, che si propose lo scopo di sensibilizzare il proletariato raccontando<br />
le bassezze dei padroni, si trattasse della classe politica<br />
al governo o di altri depositari del cosiddetto “Potere”. Ogni nazione<br />
sviluppò perciò, facendo i conti con le specificità delle proprie<br />
tradizioni e della propria attualità, esempi di drammaturgia “impegnata”<br />
nell’ambito civile. In Italia una delle massime espressioni<br />
fu il premio Nobel per la Letteratura Dario Fo; in sinergia con<br />
l’attrice Franca Rame, per oltre sessant’anni egli scrisse e interpretò<br />
spettacoli passati alla storia quali Mistero buffo, Coppia aperta,<br />
quasi spalancata e Morte accidentale di un anarchico. Impiegando<br />
la farsa e, saltuariamente, un grammelot di derivazione giullaresca,<br />
la coppia Fo-Rame dipinse un ritratto dell’Italia acuto e mai<br />
accondiscendente, attirandosi le ire di certe fazioni politiche (so-<br />
11
FOCUS<br />
Dario Fo (foto CarassioJoel)<br />
prattutto di destra, quando ancora il mondo si divideva in due fazioni<br />
di pensiero sociale) come anche di quella ecclesiastica. Con<br />
Morte accidentale di un anarchico del 1970, il dito venne puntato<br />
su un ancor oggi irrisolto fatto di cronaca nera che riguardò la<br />
caduta e la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli da una finestra<br />
della Questura di Milano nel 1969. Pinelli era in un momento di<br />
pausa durante l’interrogatorio voluto dal commissario Luigi Calabresi<br />
per accertamenti su un eventuale coinvolgimento nella strage<br />
di Piazza Fontana quando “precipitò” dalla finestra dell’ufficio,<br />
schiantandosi al suolo. A partire da questa vicenda Fo costruì una<br />
narrazione che sposta la storia nella New York degli Anni ’20 con<br />
protagonista l’anarchico Andrea Salsedo. La ricostruzione operata<br />
da Fo non fece che enfatizzare il clima di tensione in un’Italia già<br />
minata da fatti di terrore provenienti da ambo le fasce estreme<br />
del pensiero politico, una tensione culminata nell’uccisione dello<br />
stesso Calabresi nel maggio del ‘72.<br />
Alla luce di questo conclamato omicidio, le pesanti critiche mosse<br />
dall’intellighenzia di destra ai firmatari di una lettera aperta sul<br />
caso Pinelli pubblicata da L’Espresso nel giugno del 1971 (vi figuravano<br />
nomi come quello di Fo ma anche l’architetto Gae Aulenti,<br />
il regista Marco Bellocchio, il giornalista Giorgio Bocca e il critico<br />
d’arte Gillo Dorfles, ben 757 personaggi autorevoli) destarono<br />
nell’opinione pubblica la sensazione che il Paese fosse paralizzato<br />
a causa di una “guerra interna”. Bastarono pochi anni e, con<br />
l’avvento del nuovo decennio, le fabbriche e le scuole occupate,<br />
i prezzi “politici” per i biglietti delle rappresentazioni teatrali e dei<br />
concerti, i dibattiti pubblici e i chilometrici cortei di protesta parvero<br />
ricordi di un’epoca lontanissima. Il boom economico venne cavalcato<br />
al di sopra delle reali possibilità dello Stivale e ben presto<br />
le compagnie indipendenti finirono con lo “stanziare” nei Centri<br />
Sociali autogestiti, sorta di “riserve” culturali, precludendosi così<br />
un dialogo efficace anche con quel pubblico non ancora persuaso<br />
della necessità di una democratizzazione sociale.<br />
Nonostante il clima apparentemente sfavorevole non mancarono<br />
certo la nascita, la crescita e la definitiva consacrazione di talenti di<br />
prim’ordine, come nel caso dell’irriverente e provocatoria comicità<br />
di Paolo Rossi, degno continuatore della blasonata formula artistica<br />
Fo-Rame.<br />
Impossibilitati dal processo di burocratizzazione a rimanere “autogestiti”,<br />
i Centri Sociali andarono man mano mutando la propria<br />
identità in quella di spazi poli-culturale dove tenere concerti di<br />
punk rock o presentazioni di libri di case editrici a bassissimo budget<br />
dichiaratesi astutamente “alternative” e la cassa di risonanza<br />
del teatro politico si ridusse ulteriormente nell’ambito di Feste<br />
dell’Unità e manifestazioni simili. Negli Anni ’90 la satira politica<br />
trovò però un nuovo spazio grazie a una generazione di attori che<br />
seppero bucare il piccolo schermo televisivo e colmare i teatri: i<br />
fratelli Sabina e Corrado Guzzanti sono uno degli esempi illustri di<br />
quel nuovo periodo aureo, azzoppato però, nel corso degli anni,<br />
dalla censura operata da rappresentanti di partito presenti nei<br />
consigli di amministrazione della televisione di Stato. Più recentemente<br />
l’opzione della stand up comedy ha conferito a mordaci<br />
monologhisti in tutto il mondo la possibilità di esprimere opinioni<br />
precise rispetto a questo o quel personaggio politico, corroborando<br />
di risate e sarcasmo al vetriolo spettatori che, ci si augura, anche<br />
grazie all’arte del teatro e dei suoi generi sapranno diventare<br />
elettori consapevoli e avveduti.<br />
TESTIMONI<br />
Le Scoasse<br />
Se il “civile”<br />
sceglie<br />
di far ridere<br />
Le Scoasse in un momento di “Godersela con manco”<br />
A.A. Il primo obiettivo del loro impegno civile<br />
lo portano impresso nel nome: Le Scoasse. La<br />
compagnia di cabaret di San Vito di Leguzzano<br />
(Vicenza) nasce infatti nel 1990 come reazione<br />
ad un problema ambientale che all’epoca<br />
interessava il territorio. Nel 1998, dopo alcuni<br />
spettacoli presentati solo nel paese d’origine,<br />
la formazione decide di aprirsi ad argomenti<br />
più generali e di uscire dai confini locali. Lo<br />
fa con L’Otto Smarso: te la do io la mimosa,<br />
stigmatizzando quelle che, ancora oggi, sono<br />
due delle sue caratteristiche principali: l’essere<br />
un compagine prevalentemente al femminile;<br />
e l’usare il registro (intelligentemente) comico<br />
per parlare di cose serie. Ne abbiamo parlato<br />
con Lavinia Bortoli, co-fondatrice e autrice<br />
di questo gruppo “con un occhio attento<br />
alle incongruenze ed al ridicolo del mondo<br />
contemporaneo e del travagliato nord-est”.<br />
Fare teatro civile e farlo con la risata: da<br />
dove sono nate queste scelte?<br />
Non è che all’inizio pensassimo di fare una<br />
cosa del genere... Poi, però, la continua<br />
frequentazione di certi ambienti, la lettura di<br />
certi testi, l’impegno sociale e quello - breve -<br />
politico che ho avuto mi hanno portato a voler<br />
12
FOCUS<br />
fare qualcosa che potesse scuotere le coscienze:<br />
e siccome, salvo rare eccezioni, la gente<br />
preferisce divertirsi, allora abbiamo sempre<br />
puntato a proporre qualcosa che potesse far<br />
uscire da teatro le persone con un sorriso, ma<br />
anche con un pensiero in più.<br />
Nel tempo il vostro pubblico è cambiato?<br />
Si è alzata la fascia d’età. Per altre realtà magari<br />
sarà diverso, ma i nostri spettatori, in generale,<br />
hanno dai 40-45 anni in su e sono persone che<br />
cercano qualcosa di un po’ alternativo. Giovani<br />
pochi. Certo sarebbe più comodo prendere un<br />
testo, riadattarlo e metterlo in scena: ma mi<br />
annoierei a morte.<br />
Nel tempo avete affrontato diversi<br />
argomenti: dalle problematiche ambientali<br />
alla crisi del modello economico del nordest,<br />
dalla parità alla “decrescita felice”.<br />
Quando sente che è ora di affrontare un<br />
certo argomento?<br />
Quando lo sento mio. Adesso, ad esempio,<br />
stiamo pensando di riprendere Godersela con<br />
manco, rivedendolo in profondità. L’economia<br />
non può andare oltre i limiti a cui è arrivata,<br />
i giovani sono diventati molto attenti<br />
all’emergenza climatica... quindi adesso sarebbe<br />
ora di educare un po’ anche gli adulti.<br />
Un tema a voi molto caro fin dalla nascita del<br />
gruppo...<br />
Il business più grande della mafia e della mala<br />
è quello dei rifiuti. Il Veneto, in materia, ha<br />
grosse problematiche da affrontare, dai terreni<br />
inquinati ai Pfas. Lo spettacolo è nato nel 2013<br />
e l’emergenza è sempre più forte: penso sia<br />
importante battere questo chiodo ma stiamo<br />
pensando anche ad un altro lavoro possibile,<br />
dedicato agli anni democratico-cristiani.<br />
Fra tanti mezzi di comunicazione, il teatro<br />
può ancora essere uno strumento politico e<br />
civile?<br />
È sopravvissuto a guerre e carestie. Penso<br />
potrà sopravvivere anche all’invasione dei<br />
media. Passata questa follia dei social (che pure<br />
sono utili, se usati con misura e buonsenso),<br />
il rapporto personale e il guardarsi in faccia<br />
contano sempre e torneranno a contare sempre<br />
di più, ne sono certa. Le emozioni passano più<br />
sul palco che non in rete e credo ci sarà una<br />
riscoperta di questa dimensione. Basta guardare<br />
quanti corsi di teatro o di lettura espressiva ci<br />
sono, quante attività di gruppo nel territorio...<br />
La gente ha bisogno di ritrovarsi. Ad un certo<br />
punto si tornerà indietro. O almeno lo spero.<br />
Proposta<br />
Teatro<br />
Collettivo<br />
L’impegno<br />
Proposta Teatro Collettivo in “Macbett” di Ionesco<br />
F.B. Un teatro politicamente “impegnato” non<br />
prevede soltanto una forma di drammaturgia<br />
schierata sotto il profilo partitico o etico; si<br />
tratta di una maniera ben precisa di intendere<br />
l’intrattenimento che nel corso della storia si<br />
è appropriata di spazi solitamente estranei<br />
al teatro, quali fabbriche e scuole occupate<br />
o quartieri problematici a causa di tensioni<br />
sociali: un concetto di fare arte che richiede<br />
ai suoi “players” non solo di interpretare un<br />
ruolo ma di abbracciare un’ideologia con forza<br />
e convinzione. Giorgio Libanore, già dal 1975<br />
attore nella compagnia di Arquà Petrarca<br />
Proposta Teatro Collettivo e oggi attivo come<br />
regista per la stessa, racconta la sua esperienza.<br />
Che aria tirava negli Anni Settanta?<br />
In Italia durante gli Anni ’70 si percepiva un<br />
vento speciale che, come artisti, ci indirizzava<br />
in una precisa direzione; la nostra intenzione<br />
era quella di metterci insieme e costruire<br />
testi teatrali di senso compiuto secondo una<br />
logica specifica e, dunque, anche politica.<br />
Abbiamo affrontato le più disparate tematiche<br />
sociali; ricordo in particolare la questione<br />
della liberazione dei manicomi che ci portò a<br />
collaborare con l’istituto psichiatrico di Ferrara.<br />
Tra le opere più significative del tempo va<br />
ricordata la coseddetta Tetralogia del Potere,
FOCUS<br />
sviluppata tra il ’77 e l’81 e che comprendeva<br />
Classici come I due gemelli veneziani di Goldoni<br />
e il Macbett di Ionesco arrivando a lavori quali<br />
Il Bertoldo a corte di Massimo Dursi e Presa di<br />
potere di Antonio Porta.<br />
Pur trattandosi di lavori drammatici e spesso<br />
dolenti non mancava una componente ironica<br />
e divertente, che riusciva a stemperare agli<br />
occhi e orecchie del pubblico gli aspetti più<br />
claustrofobici della “macchina del Potere”.<br />
Negli Anni ’80 approfondimmo il rapporto tra<br />
cittadino e società attraverso un filo conduttore<br />
arrivato ai giorni nostri grazie a lavori come<br />
Donne in guerra della vicentina Sonia Residori.<br />
Esistono però delle differenze innegabili tra<br />
gli Anni ’70 e il secondo decennio del nuovo<br />
millennio: allora ci guidava una speranza<br />
di libertà molto forte e, mediante il teatro,<br />
sentivamo un grande senso di liberazione<br />
rispetto al decennio precedente; attualmente<br />
avverto un’atmosfera di commercializzazione<br />
poiché il teatro, anche l’amatoriale, deve fare<br />
i conti con ferree dinamiche economiche. Il<br />
senso di rivendicazione e di denuncia c’è ancora<br />
in alcune compagnie, in alcuni testi, in alcuni<br />
attori, ma non sento quell’anelito di libertà.<br />
Oggi è senso di denuncia e rivendicazione, ma<br />
non di libertà. Si è perso quel gusto di scovare<br />
nuovi linguaggi e anche gli esperimenti più arditi<br />
in poco tempo si fanno “maniera” venendo<br />
assorbiti dal sistema. Però un teatro politico o<br />
comunque impegnato ha ancora senso: ognuno<br />
di noi può avere una precisa funzione sociale,<br />
attirando a teatro persone diverse tra loro e<br />
lanciando il seme di una riflessione, un dibattito<br />
per rileggere determinati fatti storici del<br />
passato e, così, capire meglio anche il presente.<br />
Toni<br />
Andreetta<br />
Cooperative<br />
importanti<br />
Dall’impegno, il talento e talvolta il genio di<br />
alcuni protagonisti del teatro sono derivati<br />
sottogeneri oggi sdoganati al grande pubblico<br />
che pure tende a ignorarne le classificazioni.<br />
Sviluppando la modalità del monologo, ad<br />
esempio, è nato negli Anni ’80 il Teatro di<br />
Narrazione, formula che prevede, con la<br />
sola parola e rinunciando all’impiego attivo<br />
di scenografie, luci e costumi, il rivolgersi<br />
direttamente agli spettatori raccontando una<br />
storia. Quando la storia è realmente accaduta<br />
e concerne un fatto d’interesse pubblico,<br />
magari dimenticato ma che contiene in nuce<br />
un significato dal quale derivare una precisa<br />
coscienza morale, si parla solitamente di Teatro<br />
Civile. L’elevazione di un teatro eticamente<br />
impegnato ha assurto l’appellativo di Terzo<br />
Teatro, con nomi consegnati alla Storia come<br />
Jerzy Grotowski e Peter Brook. Con il Teatro<br />
Sociale s’intendono invece pratiche teatrali con<br />
metodologie attraverso le quali professionisti<br />
coinvolgono cittadini specifici (carcerati, ragazzi<br />
Toni Andreetta<br />
con famiglie difficili, portatori di handicap ecc.).<br />
Tante modalità per intendere una missione<br />
che non si limiti a intrattenere le persone ma<br />
ad ampliarne la consapevolezza e, con essa, le<br />
relazioni con gli altri esseri umani. E oggi che<br />
accade? Ne abbiamo parlato con Toni Andreetta,<br />
regista, attore e docente universitario padovano<br />
attivo già a partire dalla prima metà degli Anni<br />
’70 con Cooperativa Teatro Ora Zero.<br />
Le figure si sovrapponevano...<br />
Dal punto di vista teatrale il periodo che va dalla<br />
fine degli Anni ’70 a buona parte del decennio<br />
successivo si caratterizzò per un’organizzazione<br />
di tipo cooperativo; magari non c’erano veri<br />
e propri scritturati ma ognuno era allo stesso<br />
tempo capocomico, attore e altro. Attraverso<br />
il distaccamento padovano della compagnia<br />
Cooperativa Teatro Ora Zero, nata in realtà<br />
a Udine per volontà dell’attore friulano Luigi<br />
Candoli, potei sperimentare alcune opere che<br />
ebbero un’ampia eco nazionale come il Sigfrido<br />
a Stalingrado, basato sulla grande recitazione<br />
di Angela Cavo e Luigi Sportelli. Si trattava di<br />
una drammaturgia che, riprendendo l’estetica<br />
dell’assurdo portata ai massimi livelli da<br />
Ionesco, Arrabal come anche dal nostro Achille<br />
Campanile, veniva addirittura premiata anche<br />
a livello istituzionale dal Ministero del Turismo<br />
e della Cultura. La mia seconda esperienza di<br />
quegli anni iniziò nel 1977 a nome Teatro Citet,<br />
altra forma di cooperativa nella quale affrontai<br />
i lavori più entusiasmanti sotto il profilo della<br />
regia e produzione con titoli come Dieci giorni<br />
senza fare niente di Roberto Mazzucco (il padre<br />
della scrittrice Melania Mazzucco).<br />
Recentemente con Il male oscuro della<br />
democrazia lei ha attinto ad alcuni scritti<br />
di Giuseppe Berto nei quali si prevedeva<br />
il crollo della partitocrazia con 30 anni di<br />
anticipo.<br />
Fermo restando che ogni opera teatrale o<br />
letteraria è sempre stata ideata, da Dante a<br />
Shakespeare, tenendo l’impegno civile come<br />
perno centrale, ancora oggi possiamo vantare<br />
in Italia alcuni nomi dirompenti che pure sono<br />
il traslato degli Anni Settanta: basti pensare a<br />
realtà come Societas Raffaello Sanzio, Babilonia<br />
Teatri, Motus e Anagoor, compagnia trevigiana<br />
ormai celebre in tutto il mondo. Eppure non<br />
credo che oggi sia possibile operare una<br />
rivoluzione culturale mediante il teatro poiché<br />
lo spettatore si nutre da altri sportelli, sia per<br />
catarsi che per contenuti. In questo senso il<br />
teatro amatoriale potrebbe incarnare l’idea non<br />
di copiare/scimmiottare i professionisti ma di<br />
fare della sana sperimentazione. Non scordiamo<br />
che gente come Artaud e Stanislavskij erano<br />
dilettanti che divennero professionisti poiché<br />
non avevano la testa ingombrata di accademia<br />
ed espressività manierata.
Consolidare<br />
e progredire<br />
Mauro Dalla Villa, presidente regionale<br />
FITA Veneto, propone un bilancio degli<br />
ultimi quattro anni, fra rappresentanza,<br />
servizi, manifestazioni, giovani e scuola<br />
VITA ASSOCIATIVA<br />
Con l’avvicinarsi delle elezioni<br />
in casa FITA a tutti i livelli, il<br />
presidente regionale Mauro<br />
Dalla Villa traccia un bilancio<br />
dei quattro anni trascorsi,<br />
toccando tematiche quali il<br />
ruolo della rappresentanza,<br />
la relazione con i giovani<br />
e il mondo della scuola,<br />
l’attività artistica di comitati<br />
e compagnie e l’impegno per<br />
la crescita qualitativa delle<br />
proposte spettacolari.<br />
Guardando a questi quattro<br />
anni appena trascorsi, come<br />
sta Fita Veneto?<br />
Il “sistema Veneto” tiene bene<br />
su tutti i fronti, a cominciare<br />
dal numero degli iscritti,<br />
fisso su livelli consistenti, che<br />
portano la nostra regione al<br />
primo posto in Italia nel grande<br />
mondo FITA.<br />
Come nuovo direttivo che<br />
andava a sostituire un comitato<br />
consolidato, ci eravamo<br />
proposti come obiettivo di<br />
riuscire a mantenere la (buona)<br />
situazione esistente. Ci siamo<br />
senz’altro riusciti: abbiamo<br />
confermato tutte le iniziative<br />
storicamente proposte, ma<br />
abbiamo anche cercato di<br />
capire e soddisfare nuove<br />
esigenze e modalità d’azione,<br />
intervenendo nella gestione<br />
complessiva con azioni<br />
magari in apparenza piccole<br />
ma comunque significative:<br />
come esempio, porto il<br />
concorso Teatro dalla Scuola,<br />
di cui abbiamo modificato le<br />
modalità di svolgimento per<br />
poter venire incontro alle<br />
scuole.<br />
Altro fronte su cui abbiamo<br />
agito è stato quello di aprirci<br />
ancora di più a realtà culturali<br />
significative del territorio,<br />
creando collaborazioni e<br />
convenzioni, come quelle con<br />
il Teatro La Fenice di Venezia<br />
e lo Stabile del Veneto, con<br />
agevolazioni a beneficio dei<br />
nostri associati per le stagioni<br />
del “Verdi” di Padova e del<br />
“Goldoni” di Venezia.<br />
Un momento della premiazione del Liceo «Giuseppe Veronese – Guglielmo Marconi» di<br />
Chioggia (Venezia), che con lo spettacolo Rane da Aristofane ha vinto l’edizione 2019 di<br />
“Teatro dalla Scuola”, la 59ª in assoluto e la 27ª a livello regionale<br />
Grande attenzione è stata<br />
riservata anche al dialogo<br />
con gli enti locali, a tutti i<br />
livelli...<br />
Ogni elemento della nostra<br />
Federazione presente<br />
nel territorio ha un ruolo<br />
importante per far sì che FITA e<br />
la sua attività siano conosciute<br />
e riconosciute. Questo<br />
vale a partire dalle singole<br />
compagnie associate, che<br />
interagiscono con le istituzioni<br />
a livello locale, così come<br />
per i Comitati provinciali che<br />
devono rappresentare questo<br />
15
mondo artistico e agevolarne<br />
l’attività e per il Comitato<br />
regionale, che ha lo stesso<br />
ruolo ad un livello ancora più<br />
ampio. La nostra azione di<br />
rappresentanza ha ricadute<br />
pratiche rilevanti, che credo<br />
sia importante sottolineare.<br />
Pensiamo al Registro regionale<br />
dell’associazionismo, ad<br />
esempio: come FITA Veneto<br />
facciamo da sportello di<br />
ricevimento per le domande<br />
e le veicoliamo, nella forma<br />
richiesta dalla Regione,<br />
agli uffici preposti; se<br />
ogni compagnia dovesse<br />
arrangiarsi, invece, certamente<br />
avrebbe un bel po’ di problemi<br />
in più... Ecco, questa è una cosa<br />
che di per sé non sembra così<br />
eclatante, ma in realtà facilita<br />
la vita alle compagnie e questo<br />
è uno dei nostri obiettivi. E<br />
se possiamo farlo è perché<br />
abbiamo creato e coltivato,<br />
negli anni, un rapporto di<br />
dialogo e fiducia con la<br />
Regione.<br />
In effetti, con la Regione del<br />
Veneto il dialogo è aperto da<br />
anni. Su quali basi?<br />
Il rapporto è consolidato<br />
e molto produttivo, ma<br />
questo non significa che<br />
possiamo dormire sugli<br />
allori. Relazionarsi con<br />
l’amministrazione pubblica<br />
richiede una cura continua,<br />
perché le persone e le<br />
situazioni cambiano ed è<br />
fondamentale mantenere<br />
sempre il dialogo aperto. Se<br />
continuiamo da anni ad essere<br />
riconosciuti come partner<br />
affidabili da una Regione<br />
grande e complessa come<br />
il Veneto è perché abbiamo<br />
lavorato e continuiamo a<br />
lavorare bene, con serietà e<br />
concretezza.<br />
Relazionarsi<br />
con l’amministrazione<br />
pubblica richiede<br />
una cura continua.<br />
È fondamentale<br />
mantenere sempre<br />
il dialogo aperto.<br />
in generale, studenti e non.<br />
La risposta potrebbe essere<br />
migliore, e il motivo non<br />
sta certamente nel fatto<br />
che non vengono informati<br />
sulle opportunità a loro<br />
disposizione: tra Facebook,<br />
newsletter, comunicazioni<br />
attraverso i presidenti di<br />
compagnia e altro ancora<br />
le informazioni vengono<br />
date, ma evidentemente,<br />
in mezzo ai tanti input che<br />
ricevono da più parti, finiscono<br />
con non porre sufficiente<br />
attenzione alla sostanza dei<br />
messaggi. Peccato, perché<br />
perdono opportunità davvero<br />
preziose, tra l’altro con tutte le<br />
agevolazioni che assicuriamo<br />
loro (a partire dal costo, dato<br />
che cerchiamo sempre di<br />
rendere gli appuntamenti per i<br />
giovani gratuiti o quasi).<br />
E con il mondo della scuola<br />
come sono i rapporti?<br />
Quando si parla di giovani,<br />
il rapporto con il mondo<br />
della scuola è naturalmente<br />
fondamentale. Guardando ai<br />
soli quattro anni del nostro<br />
mandato, ci sono stati<br />
risultati importanti come<br />
il Programma Operativo<br />
Nazionale (PON) condotto<br />
con l’Istituto Comprensivo<br />
di Villadose (Rovigo) come<br />
capofila, dal titolo Per la scuola<br />
- Competenze e ambienti per<br />
l’apprendimento, finanziato<br />
dal Fondo Sociale Europeo<br />
e volto all’inclusione e alla<br />
lotta al disagio. FITA Veneto è<br />
stata coinvolta come partner,<br />
accanto ai Comuni di Villadose<br />
e San Martino di Venezze e<br />
alla compagnia di FITA Rovigo<br />
Briciole d’Arte. Un bell’esempio<br />
di sinergia tra Federazione,<br />
mondo della scuola ed<br />
enti locali. Ma accanto a<br />
tante situazioni positive,<br />
nel rapporto con il mondo<br />
della scuola non mancano le<br />
difficoltà...<br />
Che genere di difficoltà?<br />
Abbiamo sempre più conferma<br />
A Villadose (Rovigo) FITA Veneto ha collaborato al PON “Per la scuola - Competenze e ambienti per l’apprendimento”<br />
Altro fronte d’azione<br />
importante è quello dei<br />
giovani. Qual è la situazione?<br />
Fita Veneto ha uno sguardo<br />
privilegiato verso i giovani<br />
16
che a fare la differenza,<br />
anche nella scuola, sono le<br />
persone: se in un istituto<br />
c’è un insegnante referente<br />
appassionato di teatro o che<br />
comunque ne riconosce il<br />
fondamentale ruolo nella<br />
crescita dei ragazzi, allora il<br />
teatro in quella scuola entra,<br />
altrimenti le speranze sono<br />
quasi nulle, nonostante i<br />
reiterati tentativi di aprire<br />
un dialogo: o, peggio, di<br />
“riaprirlo”, magari dopo anni<br />
di produttiva collaborazione,<br />
per il semplice fatto che<br />
l’insegnante in questione<br />
si è trasferito o è andato in<br />
pensione. Indubbiamente le<br />
nostre principali proposte per<br />
la scuola - come il concorso<br />
per laboratori Teatro dalla<br />
Scuola o il concorso di critica<br />
La Scuola e il Teatro, legato<br />
al festival Maschera d’Oro -<br />
ottengono un’ottima risposta;<br />
ma questo non fa che rendere<br />
ancora più incomprensibile<br />
l’atteggiamento di chiusura di<br />
certi istituti.<br />
Un progetto di grande<br />
successo nel 2019 è stato<br />
Fondamenta. Com’è andata?<br />
Fondamenta - Una rete di<br />
giovani per il sociale è stato<br />
un progetto eccezionale, nato<br />
dalla Federazione nazionale:<br />
ha coinvolto tutte le realtà<br />
territoriali; ha riguardato la<br />
nostra materia principale,<br />
cioé il teatro, ma non solo<br />
quello, approfondendo il suo<br />
ruolo sociale; è stato rivolto<br />
ai giovani e al volontariato<br />
sociale, di cui facciamo parte.<br />
Insomma, è stato fortemente<br />
costruttivo, e ha portato<br />
risultati significativi. In Veneto<br />
ne abbiamo proposto due<br />
edizioni, una ad Adria, in<br />
provincia di Rovigo, e una<br />
a Monticello Conte Otto,<br />
in provincia di Vicenza, in<br />
collaborazione con le rispettive<br />
Amministrazioni comunali<br />
e con realtà del territorio<br />
attive nel sociale. Siamo<br />
Un momento di Fondamenta a Monticello Conte Otto (Vicenza) e, in alto, ad Adria (Rovigo)<br />
soddisfatti della risposta dei<br />
partecipanti, molto coinvolti<br />
e attivi. E siamo soddisfatti di<br />
come abbiamo organizzato<br />
questi due appuntamenti<br />
residenziali occupandoci di<br />
tutto, dalla ricerca dei partner<br />
alla gestione amministrativa,<br />
fino alla cura prestata<br />
all’accoglienza dei corsisti.<br />
Passiamo al fronte artistico<br />
e di spettacolo e cominciamo<br />
con il festival nazionale<br />
Maschera d’Oro, che<br />
quest’anno compie 32 anni...<br />
La Maschera d’Oro è il festival<br />
che meglio ci rappresenta,<br />
conosciuto e apprezzato<br />
in tutta Italia e da 26 anni<br />
legato al Premio Faber<br />
Teatro di Confartigianato<br />
Imprese Vicenza: un esempio<br />
luminoso di come mondo<br />
imprenditoriale e mondo<br />
dell’arte possano creare grandi<br />
cose, operando in sinergia.<br />
Per il festival mettiamo in<br />
campo un’organizzazione<br />
“millimetrica”, un meccanismo<br />
di assoluta garanzia e certezza<br />
di cui siamo giustamente<br />
orgogliosi come gruppo, visto<br />
che le decisioni, benché ci sia il<br />
coordinamento di una persona<br />
di grande esperienza, sono<br />
condivise dall’intero consiglio<br />
federale regionale.<br />
La Maschera è il fiore<br />
all’occhiello di un’attività<br />
di spettacolo dai numeri<br />
davvero eccezionali. Qualche<br />
dato?<br />
Promuoviamo direttamente<br />
o tramite le compagnie<br />
associate più di un centinaio<br />
di manifestazioni annue. Le<br />
nostre compagnie effettuano<br />
più di 5 mila spettacoli all’anno.<br />
Coinvolgiamo oltre 1 milione<br />
e 600 mila spettatori. Si va<br />
dai festival più blasonati alle<br />
rassegne di paese e ogni<br />
singolo evento ha una sua<br />
valenza nel territorio in cui<br />
si colloca; soprattutto quelli<br />
promossi dalle compagnie<br />
hanno un valore sociale<br />
strabiliante, proprio perché<br />
agiscono profondamente nelle<br />
comunità, anche in quelle più<br />
piccole.<br />
Che posto occupa per FITA<br />
Veneto la crescita della<br />
qualità delle compagnie?<br />
Un posto di primissimo<br />
piano. Soprattutto in questi<br />
ultimi anni, abbiamo cercato<br />
di dare un forte impulso<br />
in questo senso. Abbiamo<br />
cercato di sollecitare le<br />
compagnie ad operare le<br />
proprie scelte di repertorio<br />
con sempre maggiore<br />
cura e consapevolezza,<br />
indipendentemente dal<br />
genere di teatro che scelgono<br />
di praticare.<br />
È servito? Io credo di sì: se<br />
tante nostre compagnie<br />
vengono segnalate o premiate<br />
in occasione di concorsi<br />
e festival e propongono<br />
repertori di tutto rispetto,<br />
forse sarà anche perché<br />
abbiamo detto, scritto,<br />
consigliato a tutte loro di<br />
andare oltre, ricercando un<br />
po’ di più e andando al di<br />
là della superficie. Gli stessi<br />
nostri congressi regionali non<br />
sono solo assemblee delle<br />
associazioni, ma momenti<br />
di autentico scambio e<br />
formazione, nei quali non<br />
abbiamo mai perso l’occasione<br />
di sottolineare l’importanza<br />
della qualità nelle proposte<br />
con le quali le compagnie si<br />
presentano al pubblico.<br />
17
GIOVANI<br />
MARCO<br />
FACCIN
INTERVISTA<br />
A.A. Marco Faccin, vent’anni<br />
ad aprile, con il teatro ha un<br />
rapporto speciale.<br />
Appena diciottenne è stato,<br />
per quanto narrano le<br />
cronache, il più giovane regista<br />
a debuttare sul cinquecentesco<br />
palcoscenico dell’Olimpico<br />
di Vicenza, teatro coperto<br />
più antico del mondo: lo ha<br />
fatto per il Festival Vicenza in<br />
Lirica, con l’adattamento del<br />
testo, la regia drammaturgica<br />
e l’impegno anche tra<br />
le voci recitanti del King<br />
Arthur di Henry Purcell<br />
(1659-1695), eseguito in<br />
forma di concerto a cura del<br />
progetto Crescere in Musica<br />
Baroque del Liceo “Corradini”<br />
di Thiene in collaborazione<br />
con il Conservatorio vicentino<br />
“Arrigo Pedrollo”. Ma<br />
insieme ad alcuni amici ha<br />
anche fondato una propria<br />
compagnia, Il Colore del<br />
Grano, e si è dedicato anche<br />
al teatro di prosa con la<br />
compagnia Teatroinsieme di<br />
Zugliano, guidata da Gabriella<br />
Loss. Anzi, è stata proprio lei<br />
a invitarlo a candidarsi, nel<br />
2019, alla sesta edizione di<br />
ITAF (International Theater<br />
Academy of FITA), il percorso<br />
riservato ad un gruppo di<br />
giovani iscritti alla Federazione,<br />
diretto da Daniele Franci e<br />
articolato in alcune settimane<br />
residenziali da svolgere,<br />
nel corso dell’anno, tra la<br />
sede del Centro nazionale<br />
di formazione FITA a Reggio<br />
Emilia e il Creative College di<br />
Utrecht in Olanda.<br />
Nel 2019, dunque, Marco<br />
Faccin ha vissuto questa<br />
esperienza, che ha avuto anche<br />
una significativa appendice<br />
all’Università di Palermo,<br />
nel novembre scorso, con<br />
la partecipazione ad un<br />
seminario condiviso con una<br />
trentina di studenti del Dams<br />
dell’ateneo siciliano. Di tutto<br />
questo abbiamo parlato un<br />
po’ insieme, per rivivere le<br />
emozioni e il senso di questo<br />
percorso.<br />
Che cosa ti ha dato ITAF?<br />
Mi ha cambiato molto,<br />
migliorandomi come attore e<br />
come persona. Dal punto di<br />
vista teatrale, ti fa lavorare in<br />
profondità sul come metterti<br />
in scena, sull’autenticità del<br />
tuo essere lì. Necessita di un<br />
impegno costante, facendoti<br />
entrare in un teatro che ti<br />
fa mettere in gioco anche<br />
a livello fisico. Se uno deve<br />
trovare risposte, ITAF, con il<br />
lavoro su se stessi che richiede,<br />
Una fase del lavoro di ITAF 6 al Dams di Palermo, dove è stato riallestito lo spettacolo The Walls. A sinistra, Marco Faccin in una scena<br />
ITAF mi ha cambiato<br />
come attore e come<br />
persona. Se uno deve<br />
trovare delle risposte<br />
può servire.<br />
può servire. Anche per chi fa<br />
teatro classico tradizionale;<br />
per quello che mi riguarda,<br />
ho sempre fatto di tutto:<br />
lavori per bambini, teatro<br />
musicale, prosa tradizionale:<br />
perché fermarsi ad un genere?<br />
Insomma ITAF è molto più di<br />
una scuola di teatro: è una<br />
scuola di vita, ti fa scavare<br />
dentro di te. Per me è stato<br />
così, per le persone che ho<br />
incontrato, per le emozioni e<br />
le esperienze che ho vissuto...<br />
e Daniele Franci è un maestro<br />
meraviglioso.<br />
Perché avevi deciso di<br />
partecipare?<br />
Me lo aveva consigliato<br />
Gabriella Loss, la regista di<br />
Teatroinsieme con cui ho<br />
iniziato a collaborare nel<br />
2016: mi ha detto “Perché<br />
no? Provaci”. Ero in quinta<br />
superiore e ho provato:<br />
non avevo aspettative, non<br />
pensavo di passare, ma era<br />
comunque un modo per<br />
vedere come funzionava.<br />
ITAF ti porta a confrontarti<br />
anche con persone di<br />
realtà diverse, come quella<br />
olandese...<br />
Con gli olandesi ho lavorato<br />
qui in Italia, quando sono<br />
venuti a Reggio Emilia,<br />
perché in Olanda non mi<br />
è stato possibile andare<br />
per un problema di salute.<br />
Abbiamo lavorato insieme una<br />
settimana. Con loro si usano<br />
molto il corpo e le immagini,<br />
mentre qui abbiamo più il<br />
parlato e la voce. Anch’io<br />
sto vedendo i vantaggi e gli<br />
svantaggi di tecniche diverse:<br />
mi ha fatto bene osservare<br />
l’interpretazione teatrale<br />
olandese e cerco di inserire<br />
questi spunti anche nei miei<br />
nuovi lavori.<br />
A Palermo com’è andata?<br />
Abbiamo lavorato con la prof.<br />
Anna Sica, docente molto<br />
nota per i suoi studi in ambito<br />
teatrale, e con tanti ragazzi del<br />
Dams, della triennale e della<br />
magistrale. Il nostro ruolo era<br />
quello di essere a disposizione<br />
degli studenti, mettendo a<br />
frutto quello che avevamo<br />
appreso durante il percorso:<br />
questa responsabilità nei<br />
confronti di un gruppo è stata<br />
molto bella, il poter lavorare<br />
con ragazzi che studiano<br />
teatro e far vedere loro come<br />
si sviluppa un lavoro; per noi è<br />
stata un’intensa esperienza di<br />
“insegnamento”.<br />
Il tuo rapporto con ITAF<br />
oggi?<br />
Da dicembre sto seguendo un<br />
corso con Etoile, associazione<br />
di Reggio Emilia che collabora<br />
strettamente con ITAF anche<br />
a livello internazionale,<br />
insieme ad allievi ed ex allievi<br />
anche di altri scuole. Stiamo<br />
sviluppando uno spettacolo<br />
che andrà in scena a Roma<br />
e parteciperà a eventi come<br />
FitaLab.<br />
Pensi che il teatro sarà la<br />
tua vita anche da un punto di<br />
vista professionale?<br />
Non so se sarà come attore –<br />
sono ancora giovane, voglio<br />
vedere - ma sicuramente<br />
mi sto prearando: studio<br />
Gestione delle attività culturali<br />
all’Università di Venezia.<br />
Che tipo di teatro vai a<br />
vedere da spettatore?<br />
Cerco e guardo di tutto, ci<br />
vado spesso, ma sono attratto<br />
soprattutto dalla riscrittura in<br />
generale: il classico puro non<br />
mi interessa molto, preferisco<br />
che sia cucito al nostro tempo.<br />
Qualche nome? Mi piacciono<br />
Marta Cuscunà, Giuliana Musso<br />
e il teatro di narrazione in<br />
genere: se dovessi continuare<br />
come attore, seguirei le loro<br />
orme. Amo molto anche il<br />
teatro-danza che ho iniziato<br />
a conoscere proprio grazie a<br />
ITAF.<br />
19
TERRITORIO<br />
Tra marzo e<br />
maggio cinque<br />
gli spettacoli:<br />
due in carcere,<br />
tre in residenze<br />
per anziani<br />
Con FITA Rovigo il teatro<br />
si spinge “Oltre la scena”<br />
“Oltre la scena - Il teatro amatoriale entra in<br />
carcere e nelle case di riposo” è il titolo del<br />
progetto in corso di realizzazione per iniziativa<br />
di FITA Rovigo e grazie alla collaborazione<br />
dell’associazione L’Età della Saggezza<br />
Onlus Senior.<br />
Cinque gli spettacoli in programma, tra<br />
marzo e maggio: due nella Casa Circondariale<br />
di Rovigo e tre in altrettante residenze<br />
per anziani della provincia (CSA Adria, Casa<br />
Serena di Rovigo e Casa del Sorriso di Badia<br />
Polesine).<br />
“Siamo fortemente convinti - dichiara Rober-<br />
ta Benedetto, presidente di FITA Rovigo - del<br />
valore dello strumento teatrale in contesti<br />
difficili, seppure per motivi molto diversi,<br />
quali le case circondariali e le case di riposo,<br />
nei quali la dimensione dello spettacolo dal<br />
vivo rappresenta un’occasione importante di<br />
condivisione, riflessione e svago: un ‘ponte’<br />
verso il mondo esterno alla struttura che<br />
restituisce, anche se per poco, una ‘normalità’.<br />
Per quanto ci riguarda, il progetto<br />
costituisce un’opportunità unica di mettere<br />
la nostra passione e le competenze acquisite<br />
al servizio del bene comune”.<br />
A.A. Oltre ad essere la direttrice<br />
della Casa Circondariale di<br />
Rovigo, Romina Taiani è un’appassionata<br />
del teatro e una<br />
convinta sostenitrice del ruolo<br />
che esso può rivestire nella<br />
crescita personale di ciascuno.<br />
Tutto questo ha certamente<br />
giocato un ruolo rilevante nella<br />
scelta di aderire al progetto<br />
Oltre la scena - Il teatro amatoriale<br />
entra in carcere e nelle<br />
case di riposo, promosso da<br />
FITA Rovigo.<br />
ROMINA TAIANI direttrice della Casa Circondariale di Rovigo<br />
Il teatro nelle carceri<br />
contro l’appiattimento<br />
Dottoressa Taiani, quale spazio<br />
ha il teatro nelle attività<br />
della Casa Circondariale di<br />
Rovigo?<br />
Quella con il mondo del teatro<br />
è una collaborazione che<br />
continua grazie ai colleghi che<br />
mi hanno preceduto, e che mi<br />
auguro si possa arricchire ulteriormente.<br />
Personalmente, appena<br />
ho saputo che qui c’erano<br />
atttività in questo senso ne<br />
sono stata molto contenta,<br />
perché sono molto aperta verso<br />
tutte le attività che aiutano<br />
ad uscire dal contingente, e<br />
trovo che il teatro sia uno dei<br />
più importanti strumenti per<br />
farlo, per liberarsi dal tempo e<br />
dallo spazio che ci circondano.<br />
Ha avuto esperienze positive<br />
in questo senso?<br />
Ho avuto modo tante volte di<br />
osservare detenuti impegnati<br />
in laboratori di teatro: ha<br />
davvero un effetto catartico,<br />
perché una persona esce dalla<br />
sua dimensione e si confronta<br />
con altro, cerca di immaginarsi<br />
in altro, il che non significa<br />
semplicemente vestire i panni<br />
di un personaggio ma entrare<br />
in un’altra dimensione.<br />
E questo in carcere ha certamente<br />
un significato molto<br />
profondo.<br />
Aiuta molto, agisce sulla<br />
crescita personale. Ho notato<br />
che chi partecipa a progetti<br />
teatrali poi tende ad assumere<br />
un atteggiamento migliore nei<br />
confronti della vita di tutti i<br />
giorni, anche spesa qui dentro.<br />
Viviamo in un’istituzione che<br />
certamente non è più “tota-<br />
le” ma comunque tende ad<br />
appiattire, semplicemente per<br />
un’esigenza organizzativa di<br />
ordine, perché un carcere è<br />
una comunità complessa che<br />
insiste in un’organizzazione<br />
altrettanto complessa: questa<br />
valvola di sfogo, fosse anche<br />
per pochi detenuti, è una<br />
grande cosa.<br />
In questo senso il teatro è<br />
utile sia che lo si viva come<br />
attori che come spettatori...<br />
Certamente, proprio come<br />
avviene nella società civile. E<br />
lo dico da spettatrice io stessa,<br />
La dottoressa Romina Taiani<br />
dirige la casa Circondariale di Rovigo<br />
perché proprio come l’attore<br />
anche lo spettatore entra in<br />
un’altra dimensione: quindi<br />
fare lo spettacolo e godere<br />
dello spettacolo teatrale<br />
sono due facce della stessa<br />
medaglia. In questo senso la<br />
20
collaborazione con FITA aiuterà<br />
certamente a portare un intrattenimento<br />
che vogliamo sia sì<br />
piacevole e in grado di regalare<br />
un momento di leggerezza ma<br />
anche, come fa sempre il teatro,<br />
che lasci dentro allo spettatore<br />
qualcosa per renderlo<br />
migliore: un pensiero critico,<br />
una riflessione, qualche parola<br />
sullo spettacolo scambiata con<br />
i compagni sono tutti risultati<br />
importanti.<br />
Applausi nazionali<br />
COMPAGNIE<br />
per due formazioni<br />
Nella scelta dei titoli, quali<br />
altri elementi state considerando<br />
con FITA Rovigo?<br />
Il target di riferimento, naturalmente.<br />
I nostri detenuti sono<br />
per il 75 per cento extracomunitari,<br />
certamente integrati<br />
e talvolta di seconda generazione;<br />
conoscono l’italiano e<br />
magari vivono nel territorio<br />
da parecchio tempo... ma<br />
ci rivolgiamo comunque a<br />
culture diverse e con un livello<br />
di scolarizzazione in generale<br />
piuttosto basso, per cui è importante<br />
proporre spettacoli<br />
che possano essere compresi<br />
con una certa facilità.<br />
La partecipazione dei detenuti<br />
come è gestita?<br />
È su base volontaria. Si tratta di<br />
proposte che l’amministrazione<br />
fa, ma poi sta al detenuto<br />
decidere a quali partecipare.<br />
L’adesione dipende molto da<br />
quello che si riesce a veicolare:<br />
lo spettacolo, come ogni<br />
attività, va presentato, spiegato,<br />
riempito di contenuto e<br />
reso interessante. Di questa<br />
comunicazione si occupano gli<br />
educatori, perché appartiene<br />
all’area pedagogica, come il<br />
lavoro e la scuola. Certamente<br />
veicolare con efficacia una proposta<br />
teatrale non è mai semplice,<br />
perché si pensa subito<br />
ad un’attività più impegnativa,<br />
piena di contenuti... come nella<br />
società civile, d’altra parte.<br />
Il primo spettacolo si svolgerà<br />
venerdì 27 marzo, Giornata<br />
Mondiale del Teatro, ma<br />
anche del Teatro in Carcere.<br />
Una coincidenza voluta?<br />
Sì, per noi è importante essere<br />
presenti, nel nostro piccolo,<br />
insieme a tanti altri istituti,<br />
alcuni dei quali sono addirittura<br />
realtà teatrali d’avanguardia.<br />
Un progetto per l’attività nel<br />
nostro istituto? Ci auguriamo di<br />
riuscire a dare una configurazione<br />
più teatrale a quella che<br />
attualmente è solo una grande<br />
sala con un palco, perché per<br />
lo spettatore è importante calarsi<br />
in quella scatola nera nella<br />
quale perdersi per entrare in<br />
un altro tempo e in un altro<br />
luogo. Speriamo di farcela già<br />
nel corso di quest’anno.<br />
C’è anche una compagnia veneta<br />
fra le cinque vincitrici<br />
del Premio Fitalia, il concorso<br />
promosso dalla Federazione<br />
Italiana Teatro Amatori (FITA)<br />
che, giunto alla sua 32ª edizione,<br />
si trasforma quest’anno in<br />
una rassegna dal vivo a tutti gli<br />
effetti: la compagnia Soggetti<br />
Smarriti di Treviso è infatti<br />
salita sul gradino più alto nella<br />
categoria Tragedia, convincendo<br />
la giuria con il suo Tramonto,<br />
di Renato Simoni, per la regia<br />
di Franco De Maestri. Una bella<br />
soddisfazione per la formazione<br />
della Marca, che lo scorso<br />
anno aveva già vinto, tra l’altro,<br />
il Festival nazionale Maschera<br />
d’Oro, kermesse promossa da<br />
FITA Veneto, la cui 32ª edizione<br />
è al via dall’8 <strong>febbraio</strong> al San<br />
Marco di Vicenza.<br />
Le altre formazioni premiate<br />
dal Fitalia sono: l’associazione<br />
CarMa di Reggio Calabria per<br />
1861 La brutale verità (vincitrice<br />
per la categoria Teatro di narrazione);<br />
la compagnia Quanta<br />
brava gente di Taranto, per la<br />
commedia Una volta nella vita<br />
di Gianni Clementi, per la regia<br />
di Carlo Dilonardo (categoria<br />
Comico/Brillante); 70cento di<br />
Bari per Il giorno della tartaruga<br />
di Garinei e Giovannini (categoria<br />
Commedia musicale/<br />
Musical); e il Nuovo Teatro<br />
Stabile Mascalucia di Catania<br />
per Cyrano di Edmond Rostand<br />
(categoria Classico). Grazie alla<br />
vittoria, la compagnia Soggetti<br />
Smarriti parteciperà alla rassegna<br />
dal vivo che, per la prima<br />
volta nella lunga storia del premio<br />
nazionale, ne presenterà al<br />
pubblico i vincitori. A ospitare la<br />
cinquina sarà la Campania, tra<br />
marzo e maggio, coinvolgendo<br />
i Comuni di Pompei, Torre Annunziata,<br />
Ercolano, Boscoreale<br />
e San Vitaliano, con il patrocinio<br />
della Città Metropolitana di Napoli.<br />
Per FITA si tratta di un gradito<br />
ritorno nella regione, dopo<br />
il successo della prima edizione<br />
live di un altro suo storico concorso:<br />
il Gran Premio del Teatro<br />
Amatoriale, che nella primavera<br />
del 2019 si era mosso nel triangolo<br />
archeologico di Napoli, fra<br />
Soggetti Smarriti in una scena di Tramonto, Premio Fitalia<br />
Pompei, Torre Annunziata ed<br />
Ercolano.<br />
In quell’occasione, FITA Veneto<br />
era stata rappresentata dalla<br />
compagnia padovana Teatro<br />
del Corvo (con Tre sull’altalena<br />
di Luigi Lunari), in quanto vincitrice<br />
del Gran Premio regionale<br />
abbinato al concorso nazionale;<br />
nell’edizione attualmente<br />
in corso a Lamezia Terme, in<br />
Calabria, la stessa “responsabilità”<br />
è toccata alla compagnia<br />
La Moscheta, di Colognola ai<br />
Colli (Verona), che con Ben Hur<br />
di Gianni Clementi si è esibita al<br />
Teatro Grandinetti il 28 dicembre<br />
scorso. Il nome dei vincitori<br />
del Gran Premio si conoscerà il<br />
29 marzo.<br />
Selfie dietro le quinte del Teatro Grandinetti di Lamezia Terme<br />
per La Moscheta, portabandiera di Fita Veneto al Gran Premio<br />
21
COMPAGNIE
COMPAGNIE<br />
Cinque anni di lavoro, spinti da<br />
una grande determinazione<br />
e da una passione altrettanto<br />
grande. Tanto ci è voluto alla<br />
compagnia La Nogara di Cogollo<br />
di Tregnago, nel Veronese,<br />
per realizzare il proprio sogno:<br />
un teatro che non c’era e che<br />
ora c’è, costruito recuperando<br />
la palestra della locale scuola<br />
elementare, chiusa circa otto<br />
anni fa.<br />
Con i suoi centocinquanta<br />
posti, attrezzatura tecnica e<br />
camerini, il Teatro “Al Santo” è<br />
pronto ad ospitare, tra qualche<br />
mese, la sua prima rassegna di<br />
spettacolo.<br />
Ne abbiamo parlato con Paolo<br />
Cracco, anima di questo progetto<br />
che testimonia quanto si<br />
possa riuscire a fare mettendo<br />
insieme buona volontà, generosità<br />
e concretezza.<br />
Come è nata questa iniziativa?<br />
L’idea è partita cinque anni fa<br />
dalla compagnia, che sentiva<br />
l’esigenza di avere una sede.<br />
Fino al 2010, infatti, c’era un<br />
teatro, ma quasi inagibile; poi<br />
per dieci anni ci siamo trovati<br />
costretti a fare le prove di tutti<br />
i nostri spettacoli (tra i quali anche<br />
un musical) nella mansarda<br />
di casa mia: per fortuna anche<br />
mia moglie recita nella compagnia,<br />
altrimenti credo che sarei<br />
stato buttato fuori...<br />
Quindi avete pensato di recuperare<br />
questo spazio?<br />
Sette-otto anni fa erano state<br />
chiuse le Scuole elementari<br />
e questo stabile, di proprietà<br />
dell’Opera Pia Santa Teresa,<br />
era rimasto lì, non utilizzato.<br />
Qualche anno fa al primo piano<br />
è stato aperto il Circolo Noi.<br />
Allora abbiamo pensato di<br />
recuperare il piano terra, dove<br />
un tempo c’era la palestra,<br />
trasformandola in una sala<br />
principalmente teatrale. Abbiamo<br />
chiesto all’Opera Pia se<br />
ci concedeva lo spazio, mentre<br />
noi avremmo messo i soldi...<br />
che non avevamo.<br />
Ma poi siete riusciti a recuperare<br />
anche quelli.<br />
Pian piano abbiamo trovato un<br />
paio di ditte disposte ad aiutarci,<br />
altro è arrivato dalla Comunità<br />
Montana e naturalmente<br />
tutte le entrate della nostra<br />
compagnia abbiamo deciso<br />
di investirle nel nuovo teatro.<br />
Infine, all’inizio di quest’anno<br />
nel progetto è entrato anche<br />
Cinque anni di lavoro<br />
e la compagnia<br />
La Nogara<br />
ha realizzato<br />
il proprio sogno<br />
Il Comune, che ha preso in<br />
affitto lo stabile dall’Opera Pia<br />
per dare una sede alle varie<br />
associazioni del territorio.<br />
Qual è stato l’ostacolo maggiore<br />
che avete incontrato?<br />
Le carte che servono per un<br />
intervento di questo tipo. Per<br />
fortuna ci ha dato una grande<br />
mano Chiara Bonamini, che<br />
ha fatto parte della nostra<br />
compagnia ed è architetto.<br />
Ha elaborato gratuitamente<br />
il progetto e si è occupata<br />
della burocrazia. Ci abbiamo<br />
messo cinque anni, perché era<br />
praticamente tutto da fare: il<br />
pavimento, il soffitto, le pareti,<br />
l’insonorizzazione della sala, il<br />
palco, le porte, i bagni, lo scivolo<br />
e i servizi per i disabili...<br />
Cosa avete provato quando i<br />
lavori sono finiti?<br />
Un grande sollievo. Non si<br />
vedeva mai la fine. Ci siamo<br />
riusciti grazie a tanto volontariato,<br />
a tante persone che si<br />
sono date da fare: tutto quello<br />
che potevamo fare da soli lo<br />
abbiamo fatto.<br />
E adesso?<br />
Adesso a maggio proporremo<br />
la prima rassegna: cinque<br />
spettacoli, il sabato sera. A fine<br />
mese ci saremo anche noi, con<br />
il debutto della nostra nuova<br />
commedia Paolo meti la cotola,<br />
da un testo di Loredana Cont<br />
(ormai siamo abbonati al suo<br />
teatro), in dialetto come da<br />
nostro statuto.<br />
Una gioia per voi, ma anche<br />
per l’intera comunità...<br />
Un concerto si potrà fare lì, o il<br />
saggio dei ragazzi, o una serata<br />
culturale... Sì, questa iniziativa<br />
ha sicuramente un senso importante<br />
per la comunità.
CULTURA<br />
KLAUS KINSKI<br />
SUL PALCO
CULTURA<br />
E Gesù sguainò la spada<br />
In Jesus Christus Erloser un condensato della sua arte<br />
di Filippo Bordignon<br />
Se sono ben noti al grande pubblico,<br />
in Italia come all’estero,<br />
molti dei ruoli di “cattivo” interpretati<br />
dall’attore tedesco<br />
Klaus Kinski lungo una carriera<br />
durata quarantacinque anni, la<br />
sua avventura teatrale è meno<br />
nota ma in grado di rivelarci alcuni<br />
aspetti fondamentali del<br />
suo peculiare stile attoriale.<br />
Gli esordi furono, fresco di liberazione<br />
da due anni di prigionia<br />
al termine del secondo conflitto<br />
mondiale, in una piccola<br />
compagnia di Offenburg dove<br />
adottò il nome d’arte “Klaus<br />
Kinski”. Poco tempo dopo venne<br />
ingaggiato dal prestigioso<br />
Schlosspark-Theater di Berlino<br />
ma presto licenziato a causa<br />
del suo carattere instabile e collerico.<br />
Nel 1950 il tentativo di<br />
strangolamento di una donna<br />
gli aprì le porte dell’ospedale<br />
psichiatrico, dove gli fu riscontrata<br />
una seria psicopatia che lo<br />
condusse a un paio di falliti tentativi<br />
di suicidio. Nel ’55 divise<br />
per tre mesi un appartamento<br />
con la famiglia di Werner Herzog,<br />
tra i massimi registi del cinema<br />
tedesco moderno, allora<br />
poco meno che adolescente. I<br />
ricordi delle stranezze di Kinski<br />
verranno riportati da Herzog<br />
nel commovente documentario<br />
biografico del 1999 Kinski - il<br />
mio nemico più caro. L’anno successivo<br />
è a teatro con un ruolo<br />
nel Torquato Tasso di Goethe<br />
ma la sua instabilità gli precluse<br />
la stipula di un contratto, una<br />
costante che si ripeterà spesso<br />
in Germania e che lo porterà<br />
a trasferirsi a Vienna reinventandosi<br />
come monologhista.<br />
In queste vesti egli rileggerà<br />
in monologhi allucinati alcune<br />
opere in prosa e versi di Oscar<br />
Wilde, William Shakespeare e<br />
Francois Villon, imbarcandosi<br />
in turbolente tournée che<br />
toccarono l’Austria, la Svizzera<br />
e lo riportarono in Germania.<br />
La più significativa - oggi finalmente<br />
disponibile con discreti<br />
sottotitoli in italiano anche su<br />
YouTube - è il suo Jesus Christus<br />
Erloser (Gesù Cristo Salvatore)<br />
portato in scena con grande<br />
sdegno dell’opinione pubblica<br />
nel 1971. La pellicola diretta da<br />
Peter Geyer e presentata uffi-<br />
Attore cult dalla fama maledetta<br />
Nato il 18 ottobre 1925 a Sopot, nell’allora Città Libera di<br />
Danzica, Klaus Günter Karl Nakszynski si trasferì nel 1931 a<br />
Berlino insieme ai fratelli e ai genitori, il padre un ex cantante<br />
d’opera divenuto farmacista e la madre un’infermiera figlia<br />
d’un pastore religioso, in cerca d’una migliore condizione<br />
economica. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale<br />
venne ritenuto abile e, diciassettenne, spedito nei Paesi Bassi<br />
dove fu fatto prigioniero nel 1944 dagli inglesi. Rilasciato<br />
nel ’46 tornò a Berlino dove seppe della morte dei genitori.<br />
È in questo periodo che ha inizio la sua carriera teatrale con<br />
il nome d’arte di Klaus Kinski; il suo primo ruolo cinematografico<br />
arriverà due anni più tardi, una piccola parte nella<br />
pellicola Morituri diretta da Eugen York. Da allora in avanti<br />
saranno il grande e piccolo schermo i suoi “palchi” principali,<br />
grazie a una carriera altalenante densa di decine e decine di<br />
ruoli da caratterista in B movie così come in una serie di film<br />
d’autore che lo hanno reso, nel corso dei decenni, attore cult<br />
dalla fama maledetta. Egli compare in titoli oggi consegnati<br />
alla storia quali Il dottor Zivago di David Lean e Per qualche<br />
dollaro in più di Sergio Leone, finendo per partecipare in Italia<br />
a un numero imprecisato di spaghetti western ricoprendo<br />
il ruolo del reietto e dell’antagonista. Di ben altro spessore<br />
fu invece la collaborazione col regista tedesco Werner Herzog,<br />
che volle Kinski protagonista di alcune delle sue opere<br />
più memorabili come Nosferatu (rifacimento della pellicola<br />
omonima diretta cinquantasei anni prima dal genio di Friedrich<br />
Wilhelm Murnau), Woyzeck (dal capolavoro teatrale del<br />
drammaturgo Georg Büchner), Fitzcarraldo e Cobra verde. Il<br />
suo testamento artistico è una controversa pellicola sperimentale<br />
di cui è attore protagonista e regista, il Paganini del<br />
1989. Morì per un arresto cardiaco nel 1991 in California; al<br />
suo funerale prese parte solo uno dei suo tre figli: Nicolai. Le<br />
altre due figlie, Pola e l’attrice Nastassja, ebbero a descriverlo<br />
come un padre tirannico e imprevedibile.<br />
cialmente solo nel 2008, ritrae<br />
un’esibizione berlinese che ben<br />
riassume il disturbante carisma<br />
per cui era conosciuto l’attore.<br />
Il Gesù si svolge in un’imprecisata<br />
struttura coperta colmata<br />
da un variegato pubblico in cui<br />
è possibile distinguere hippy<br />
dell’ultima ora e un discreto<br />
dispiegamento di forze dell’ordine.<br />
Kinski sale sul palco agghindato<br />
secondo la moda del<br />
tempo: pantaloni di velluto blu<br />
aderenti sui fianchi e svolazzante<br />
camicia a pois bianchi e<br />
blu. I lunghi e liscissimi capelli<br />
incorniciano il viso di un quarantaseienne<br />
già scavato da<br />
una vita tormentata; gli occhi<br />
azzurri, pur sgranati e fissati<br />
apparentemente sulla videocamera,<br />
non tradiscono alcuna<br />
emozione o coinvolgimento. Il<br />
volto è rugoso, la pelle stanca è<br />
impietosamente solcata da accentuate<br />
rughe d’espressione.<br />
Il testo attacca definendo Gesù<br />
un “ricercato”, quasi si trattasse<br />
di un pistolero assassino sbucato<br />
da un western di serie B. La<br />
figura del Cristo viene disegnata<br />
come quella di un pericoloso<br />
rivoluzionario, alleatosi con gli<br />
emarginati della società e dunque,<br />
con una scelta drammaturgica<br />
che attualizza la vicenda,<br />
non solo con perseguitati,<br />
prostitute o mendicanti ma anche<br />
zingari, hippy, disoccupati,<br />
tossicodipendenti, comunisti e<br />
renitenti alla leva. Al pari di un<br />
qualsiasi senzatetto, del Cristo<br />
le autorità ignorano nazionalità<br />
e domicilio permanente e viene<br />
identificato dai suoi adepti con<br />
diversi nomi che vanificano il<br />
tentativo di stilarne un’identità<br />
univoca: è conosciuto infatti<br />
come “Figlio dell’uomo”, “Messaggero<br />
di pace”, “Luce del<br />
mondo” e “Salvatore”. L’atmosfera<br />
costruita dall’attore con<br />
una lentezza esasperante getta<br />
l’amo a un pubblico desideroso<br />
di partecipazione attiva e, dopo<br />
una manciata di minuti, cominciano<br />
a piovere le prime grida<br />
di protesta. Il monologo è così<br />
già divenuto happening grazie<br />
a un meccanismo elementare<br />
in cui ogni frase è pronunciata<br />
con una concentrazione assoluta;<br />
la parola (il Verbo?) è la sola<br />
protagonista del Jesus Christus<br />
Erloser. Alle spalle di Kinski nessuna<br />
scenografia, solo un buio<br />
totale che ammanta i gravi<br />
lineamenti dell’attore rendendolo<br />
una maschera grottesca e<br />
paurosa. Egli stringe l’asta del<br />
microfono al pari di un cantante<br />
rock suggerendo la grandiosità<br />
del Cristo come quella di un<br />
manipolatore di masse capace<br />
25
di rivoltarle contro l’ordine costituito.<br />
Un paio di incauti contestatori<br />
ottengono dunque di<br />
salire sul palco per dire la propria,<br />
sottolineando con modi<br />
pacati che il tono minaccioso<br />
adottato dal protagonista mal<br />
si sposa con quello del Figlio di<br />
Dio. A queste parole Kinski reagisce<br />
d’impulso con un guizzo<br />
di genio strappando violentemente<br />
di mano il microfono al<br />
malcapitato e sbraitando come<br />
un folle che il vero Gesù, al suo<br />
posto, non avrebbe esitato a<br />
impugnare la frusta “per spaccare<br />
la faccia” ai suoi detrattori.<br />
Questa uscita apparentemente<br />
blasfema e provocatoria si rifà<br />
in realtà alle stesse parole di<br />
Gesù di Nazareth il quale, nel<br />
Vangelo secondo Matteo (traduzione<br />
approvata dalla Cei)<br />
spiega ai suoi ascoltatori: “Non<br />
crediate che io sia venuto a portare<br />
pace sulla terra; non sono<br />
venuto a portare pace, ma una<br />
spada. Sono venuto infatti a<br />
separare il figlio dal padre, la<br />
figlia dalla madre, la nuora dalla<br />
suocera e i nemici dell’uomo<br />
saranno quelli della sua casa”.<br />
A questo punto Kinski getta<br />
a terra l’asta del microfono e<br />
abbandona il palco in preda<br />
all’ira minacciando il pubblico<br />
di non farvi ritorno a meno che<br />
non siano allontanati i “disturbatori”.<br />
La situazione si fa tesa<br />
ma, dopo alcuni minuti, l’attore<br />
torna e riprende da capo<br />
il monologo, sfoggiando un<br />
tono ancora più lento e basso.<br />
Poi ancora un abbandono e un<br />
nuovo ritorno. Alcuni spettatori<br />
abbandonano la sala. Kinski ha<br />
le lacrime agli occhi ma prosegue<br />
apparentemente animato<br />
da una missione invisibile ai più.<br />
Dalle sue labbra le parole del<br />
Cristo risuonano marziali, caricate<br />
di un’energia travolgente<br />
e distruttiva. Kinski non tollera<br />
il teatro “partecipativo” tipico<br />
di quegli anni, in cui il pubblico<br />
si sentiva in diritto di criticare<br />
sonoramente l’opera in cartellone<br />
allestendo talvolta dibattiti<br />
strampalati. Eppure il malcontento<br />
lo elettrizza, ricarica<br />
una rabbia animale contenuta<br />
appena in quel volto che pare<br />
sul punto di scoppiare. Dopo<br />
quasi due ore di spettacolo (la<br />
versione video taglia naturalmente<br />
i buchi in cui l’attore ha<br />
abbandonato il palco) si esce<br />
estenuati da un’esperienza di<br />
grande attorialità, scottati da<br />
un magnetismo inspiegabile<br />
che vanta pochi altri esempi<br />
nella storia del teatro. Quando<br />
l’arte si fa somma deve rinunciare<br />
spesso alla piacevolezza<br />
e immolarsi sull’altare dell’immortalità<br />
con fiducia e spirito<br />
di sacrificio.<br />
Giornata Mondiale<br />
del Teatro <strong>2020</strong><br />
Un portale internazionale per gli eventi FITA<br />
Il 27 marzo è la Giornata Mondiale<br />
del Teatro, istituita nel<br />
1961 dall’International Theatre<br />
Institute (Iti) dell’Unesco e celebrata<br />
dal 1962, con Jean Cocteau<br />
come primo testimonial.<br />
Obiettivo dell’evento è quello<br />
di sostenere il teatro, soprattutto<br />
tra i giovani e come strumento<br />
di dialogo tra i popoli.<br />
Per incentivare la diffusione di<br />
questo messaggio, l’Association<br />
Internationale du Théâtre<br />
Amateur - International Amateur<br />
Theatre Association (AITA-<br />
IATA), fondata a Bruxelles nel<br />
1952, mette a disposizione di<br />
FITA, come sua aderente, e di<br />
tutti i suoi iscritti un portale dedicato<br />
alla Giornata Mondiale<br />
del Teatro, nel quale i Comitati<br />
e le associazioni artistiche regolarmente<br />
iscritte per il <strong>2020</strong><br />
possono segnalare i propri appuntamenti<br />
in cartellone il 27<br />
marzo o intorno a quella data.<br />
Come inserire i propri eventi<br />
Per registrare un evento è sufficiente<br />
collegarsi al sito www.<br />
aitaiata.net (disponibile in inglese,<br />
oltre che in francese e<br />
spagnolo, ma di facile utilizzo)<br />
e cliccare sulla sezione AITA/<br />
IATA Worls Theatre Day” presente<br />
in alto a destra nella barra<br />
del menu. Si può quindi accedere<br />
all’area Register your event<br />
(Registra il tuo evento) attraverso<br />
due strade: dalla barra<br />
del menu in alto, cliccando su<br />
Events e scegliendo l’opzione<br />
Register an event; oppure cliccando<br />
sull’icona Register your<br />
event visibile al centro della pagina,<br />
facendo scorrere leggermente<br />
il cursore verso il basso.<br />
Entrambe le strade portano ad<br />
un format (Submit your event)<br />
nel quale vengono chiesti,<br />
nell’ordine, il nome dell’evento<br />
e la data e l’ora di inizio e di fine<br />
dello stesso; dopo tre opzioni<br />
speciali (evento che dura un intero<br />
giorno, evento che non ha<br />
un’ora precisa di conclusione<br />
ed evento che si ripete), viene<br />
chiesta una breve descrizione<br />
dell’appuntamento segnalato,<br />
che può essere inserita solo in<br />
italiano o, se lo si desidera, anche<br />
in inglese. A seguire, vanno<br />
indicati il luogo dell’evento (cliccando<br />
sul pulsante Create new,<br />
sotto la voce Event Location<br />
Fields, e indicandone nome e indirizzo<br />
e ancora, ma solo se lo si<br />
desidera, coordinate e link), un<br />
eventuale link per informazioni<br />
e, infine, il proprio nome (quello<br />
dell’associazione artistica) e il<br />
proprio indirizzo email.<br />
Una volta completato il format,<br />
si clicca sul tasto di conferma,<br />
dando così il via alla registrazione<br />
dell’evento che, se tutto è<br />
in ordine, compare nel portale<br />
dopo qualche giorno.<br />
Trattandosi di un servizio reso<br />
alle organizzazioni aderenti, le<br />
associazioni artistiche dovranno<br />
indicare la propria appartenenza<br />
a FITA - ITALIA, anche<br />
semplicemente aggiungendo<br />
“- FITA ITALIA” o “(FITA ITALIA)”<br />
nel titolo, accanto al nome della<br />
propria compagnia e nella<br />
descrizione dell’evento.<br />
Una piccola curiosità<br />
Dal 1962, quando il primo artista a scrivere il<br />
messaggio per la Giornata Mondiale del Teatro<br />
fu Jean Cocteau, solo tre italiani hanno avuto<br />
questo onore: nel 1973 il regista Luchino Visconti<br />
(foto), nel 1995 l’attore Umberto Orsini<br />
(che da Visconti era stato diretto nel 1969 in<br />
La caduta degli dei e nel 1972 in Ludwig) e il<br />
drammaturgo e attore Dario Fo nel 2013, già<br />
premio Nobel per la Letteratura nel 1997.<br />
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COMITATO REGIONALE VENETO<br />
Stradella delle Barche, 7 - 36100 Vicenza<br />
Tel. 0444 324907<br />
fitaveneto@fitaveneto.org<br />
www.fitaveneto.org<br />
Comitato di Padova<br />
Via Gradenigo, 10 - 35121 Padova<br />
c/o Centro Servizi per il Volontariato<br />
Tel. 049 8686849<br />
fitapadova@libero.it<br />
Comitato di Rovigo<br />
Viale Marconi, 5 - 45100 Rovigo<br />
Cell. 349 4297231<br />
fitarovigo@gmail.com<br />
Comitato di Treviso<br />
Sede operativa Via Calmaggiore 10/4<br />
(Palazzo del Podestà) - 31100 Treviso<br />
Cell. 334 7177900<br />
info@fitatreviso.org<br />
www.fitatreviso.org<br />
Comitato di Venezia<br />
Cannaregio, 483/B - 30121 Venezia<br />
Tel. 041 0993768 - Cell. 340 5570051<br />
fitavenezia@libero.it<br />
Comitato di Verona<br />
Via Santa Chiara, 7/B - 37129 Verona<br />
Cell. 328 2263682<br />
verona.fita@gmail.com<br />
Comitato di Vicenza<br />
Stradella delle Barche, 7/a - 36100 Vicenza<br />
Tel. 0444 323837<br />
fitavicenza@libero.it<br />
I «numeri» di Fita Veneto<br />
Conta al proprio interno:<br />
- 1 Comitato regionale<br />
- 6 Comitati Provinciali<br />
- 235 compagnie<br />
- 4.578 soci<br />
Organizza il Festival Nazionale Maschera d’Oro<br />
Partecipa all’organizzazione del Premio Faber Teatro<br />
Promuove direttamente o tramite le compagnie associate<br />
più di un centinaio di manifestazioni annue<br />
Le compagnie associate effettuano più di 5.000 spettacoli<br />
annui, molti dei quali rivolti al mondo della scuola, alla<br />
solidarietà e in luoghi dove solitamente è esclusa l’attività<br />
professionistica<br />
Coinvolge più di 1.600.000 spettatori<br />
Per gli studenti delle scuole superiori organizza il concorso<br />
di critica “La Scuola e il Teatro” e il premio per laboratori<br />
teatrali “Teatro dalla Scuola”<br />
Organizza stages, seminari, incontri, corsi di formazione<br />
Pubblica il trimestrale online <strong>Fitainforma</strong> e il volume annuale<br />
Fitainscena con il repertorio delle compagnie<br />
Svolge un servizio di editoria specifica teatrale e gestisce<br />
una biblioteca di testi e una videoteca<br />
Gestisce il sito internet www.fitaveneto.org<br />
e una pagina Facebook<br />
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