GIOVANI MARCO FACCIN
INTERVISTA A.A. Marco Faccin, vent’anni ad aprile, con il teatro ha un rapporto speciale. Appena diciottenne è stato, per quanto narrano le cronache, il più giovane regista a debuttare sul cinquecentesco palcoscenico dell’Olimpico di Vicenza, teatro coperto più antico del mondo: lo ha fatto per il Festival Vicenza in Lirica, con l’adattamento del testo, la regia drammaturgica e l’impegno anche tra le voci recitanti del King Arthur di Henry Purcell (1659-1695), eseguito in forma di concerto a cura del progetto Crescere in Musica Baroque del Liceo “Corradini” di Thiene in collaborazione con il Conservatorio vicentino “Arrigo Pedrollo”. Ma insieme ad alcuni amici ha anche fondato una propria compagnia, Il Colore del Grano, e si è dedicato anche al teatro di prosa con la compagnia Teatroinsieme di Zugliano, guidata da Gabriella Loss. Anzi, è stata proprio lei a invitarlo a candidarsi, nel 2019, alla sesta edizione di ITAF (International Theater Academy of FITA), il percorso riservato ad un gruppo di giovani iscritti alla Federazione, diretto da Daniele Franci e articolato in alcune settimane residenziali da svolgere, nel corso dell’anno, tra la sede del Centro nazionale di formazione FITA a Reggio Emilia e il Creative College di Utrecht in Olanda. Nel 2019, dunque, Marco Faccin ha vissuto questa esperienza, che ha avuto anche una significativa appendice all’Università di Palermo, nel novembre scorso, con la partecipazione ad un seminario condiviso con una trentina di studenti del Dams dell’ateneo siciliano. Di tutto questo abbiamo parlato un po’ insieme, per rivivere le emozioni e il senso di questo percorso. Che cosa ti ha dato ITAF? Mi ha cambiato molto, migliorandomi come attore e come persona. Dal punto di vista teatrale, ti fa lavorare in profondità sul come metterti in scena, sull’autenticità del tuo essere lì. Necessita di un impegno costante, facendoti entrare in un teatro che ti fa mettere in gioco anche a livello fisico. Se uno deve trovare risposte, ITAF, con il lavoro su se stessi che richiede, Una fase del lavoro di ITAF 6 al Dams di Palermo, dove è stato riallestito lo spettacolo The Walls. A sinistra, Marco Faccin in una scena ITAF mi ha cambiato come attore e come persona. Se uno deve trovare delle risposte può servire. può servire. Anche per chi fa teatro classico tradizionale; per quello che mi riguarda, ho sempre fatto di tutto: lavori per bambini, teatro musicale, prosa tradizionale: perché fermarsi ad un genere? Insomma ITAF è molto più di una scuola di teatro: è una scuola di vita, ti fa scavare dentro di te. Per me è stato così, per le persone che ho incontrato, per le emozioni e le esperienze che ho vissuto... e Daniele Franci è un maestro meraviglioso. Perché avevi deciso di partecipare? Me lo aveva consigliato Gabriella Loss, la regista di Teatroinsieme con cui ho iniziato a collaborare nel 2016: mi ha detto “Perché no? Provaci”. Ero in quinta superiore e ho provato: non avevo aspettative, non pensavo di passare, ma era comunque un modo per vedere come funzionava. ITAF ti porta a confrontarti anche con persone di realtà diverse, come quella olandese... Con gli olandesi ho lavorato qui in Italia, quando sono venuti a Reggio Emilia, perché in Olanda non mi è stato possibile andare per un problema di salute. Abbiamo lavorato insieme una settimana. Con loro si usano molto il corpo e le immagini, mentre qui abbiamo più il parlato e la voce. Anch’io sto vedendo i vantaggi e gli svantaggi di tecniche diverse: mi ha fatto bene osservare l’interpretazione teatrale olandese e cerco di inserire questi spunti anche nei miei nuovi lavori. A Palermo com’è andata? Abbiamo lavorato con la prof. Anna Sica, docente molto nota per i suoi studi in ambito teatrale, e con tanti ragazzi del Dams, della triennale e della magistrale. Il nostro ruolo era quello di essere a disposizione degli studenti, mettendo a frutto quello che avevamo appreso durante il percorso: questa responsabilità nei confronti di un gruppo è stata molto bella, il poter lavorare con ragazzi che studiano teatro e far vedere loro come si sviluppa un lavoro; per noi è stata un’intensa esperienza di “insegnamento”. Il tuo rapporto con ITAF oggi? Da dicembre sto seguendo un corso con Etoile, associazione di Reggio Emilia che collabora strettamente con ITAF anche a livello internazionale, insieme ad allievi ed ex allievi anche di altri scuole. Stiamo sviluppando uno spettacolo che andrà in scena a Roma e parteciperà a eventi come FitaLab. Pensi che il teatro sarà la tua vita anche da un punto di vista professionale? Non so se sarà come attore – sono ancora giovane, voglio vedere - ma sicuramente mi sto prearando: studio Gestione delle attività culturali all’Università di Venezia. Che tipo di teatro vai a vedere da spettatore? Cerco e guardo di tutto, ci vado spesso, ma sono attratto soprattutto dalla riscrittura in generale: il classico puro non mi interessa molto, preferisco che sia cucito al nostro tempo. Qualche nome? Mi piacciono Marta Cuscunà, Giuliana Musso e il teatro di narrazione in genere: se dovessi continuare come attore, seguirei le loro orme. Amo molto anche il teatro-danza che ho iniziato a conoscere proprio grazie a ITAF. 19