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La Toscana Nuova Settembre 2020

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La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 8 - Settembre 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074


Un connubio di gusto, stile ed eleganza

nella magica cornice del

Piazzale Michelangelo

Ristorante La Loggia

Piazzale Michelangelo 1 - 50125 Firenze

+ 39 055 2342832

www.ristorantelaloggia.it



Sommario settembre 2020

I quadri del mese

Rosy Spoto, I girasoli, olio su tela, cm 120x95

rosy121923@yahoo.it

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A Venezia, la rassegna d’arte internazionale AqvArt

Paglia e bronzo nei quadri-scultura di Gabriel Diana

Oliviero Toscani, genio ribelle della fotografia italiana

Wanda Wulz, l’affascinante fotografa del Futurismo

MITA Academy, la scuola per i professionisti della moda

Intervista a Paolo Staccioli, maestro della ceramica

Un ricordo di Fedora Barbieri, a cento anni dalla nascita

Dentro ed oltre il ritratto con Enzo Mauri

L’Egitto di Tutankhamon a Palazzo Medici Riccardi

Benessere della persona: i profumi naturali della Toscana

Dimensione salute: quando essere buoni non conviene

Psicologia oggi: gelosia, paranoia travestita d’amore

Chiara Piccardi: la freschezza espressiva di una giovane artista

Gummo: il racconto lucido e spietato di Harmony Korine

Il docufilm di Lorenzo Borghini sul dramma delle morti stradali

La mostra di Emo Formichi all’Auditorium al Duomo di Firenze

I professionisti del teatro nell’intervista a Guglielmo Visibelli

Un quadro di Monica Giarrè al presidente Eugenio Giani

La grande mostra su Ottone Rosai a Montevarchi

Francesca Parrini: ritratto di una donna fotografa

I Racconti di fine estate di Simultanea Spazi d’Arte a Ravenna

La “Toscana nuova” di Eugenio Giani, candidato presidente alla Regione

Pyotr Ilyich Tchaikovsky a Firenze per amore della musica

Severino Gazzelloni, il più illustre flautista italiano

La natura “imbrigliata” nelle opere di Francesca Guetta

L’omaggio al femminile di Federica Garzella

Mauro Maris: l’arte come ricerca di senso della vita

I libri del mese: un diario di mamme e papà in tempo di quarantena

Il libro-intervista su Roberto Rossellini di Gabriella Izzi Benedetti

Sergio Rinaldelli, artista tra immagini e parole

Viviana Puello, la signora dell’arte contemporanea

Patricia Karen Gagic, artista dell’anno per ArtTour International

Kimberly Berg, un pittore dalla parte delle donne

L’universo femminile tra colori e simboli di Ric Conn

Guglielmo Braccesi scala “l’Everesting” per un’iniziativa benefica

Antonella Gori, l’insegnante del sorriso contro la pandemia

Storia delle religioni: riflessioni su Santa Teresa di Calcutta

Speciale Pistoia: il Cammino di San Bartolomeo

Toscana a tavola: la ribollita, ieri e oggi un piatto della tradizione

La scalata al mercato cinese della Casa Vinicola Dreolino

Stefano Fissi, poeta dell’anima

Il premio nazionale d'arte Il Ghibellino - Città di Empoli

Le opportunità del modello di viaggio Life Beyond Tourism

La sfida “global” di B&B Hotels Italia

La “cultura del buon bere” secondo Ernesto Molteni

Il fascino dei trattori d’epoca da Ditutto Dipiù

Mirella Biondi, Nudo in accademia, cm 48x68

mirellabiondi38@gmail.com

La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 8 - Settembre 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074

In copertina:

Michael Henry Ferrell

St. Mark's Basilica, Venice, olio su

tela, cm 90x90

Periodico di attualità, arte e cultura

La Nuova Toscana Edizioni

di Fabrizio Borghini

Viale F. Redi 75 - 50144 Firenze

Tel. 333 3196324

lanuovatoscanaedizioni@gmail.com

lanuovatoscanaedizioni@pec.it

Registrazione Tribunale di Firenze

n. 6072 del 12-01-2018

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Anno 3 - Numero 8

Settembre 2020

Poste Italiane SpA

Spedizione in Abbonamento Postale D.L.

353/2003 (conv. in L 27/02/2004 n, 46)

art.1 comma 1 C1/FI/0074

Direttore responsabile:

Daniela Pronestì

direzionelatoscananuova@gmail.com

Capo redattore:

Maria Grazia Dainelli

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Grafica e impaginazione:

Viola Petri

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Facebook e Instagram:

La Toscana nuova - Periodico di attualità,

arte e cultura

www.latoscananuova.it

Testi:

Ugo Barlozzetti

Giancarlo Bianchi

Doretta Boretti

Fabrizio Borghini

Lorenzo Borghini

Erika Bresci

Claudio Caioli

Diana Cardaci

Viktorija Carkina

Jacopo Chiostri

Nicola Crisci

Margherita Blonska Ciardi

Maria Grazia Dainelli

Massimo De Francesco

Aldo Fittante

Giuseppe Fricelli

Serena Gelli

Stefano Grifoni

Stefania Macrì

Elisabetta Mereu

Emanuela Muriana

Elena Maria Petrini

Daniela Pronestì

Viviana Puello

Valter Quagliarotti

Rosi Raneri

Lucia Raveggi

Yadira Roman

Barbara Santoro

Giorgio Segato

Michele Taccetti

Tiarra Tompkins

Franco Tozzi

Francesca Vivaldi

Foto:

Giancarlo Bianchi

Aldo Fittante

Studio Fuschi

Maurizio Mattei

Carlo Midollini

Francesca Parrini

Daniela Pronestì

Silvano Silvia

Oliviero Toscani

Wanda Wulz

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PERFORMANCE

del

24 luglio

alla

FORNACE

de'

MEDICI

tema:

LEONARDO

DA VINCI

visto da

POLA

CECCHI

Foto di CARLO MIDOLLINI

GIULIACARLA CECCHI

via Jacopo da Diacceto 14/Firenze - + 39 055.284269 o 335.437934 - polacecchi@gmail.com - www.giuliacarlacecchi.com

Atelier Giuliacarla Cecchi - ateliergiuliacarlacecchi


Nuove proposte dell’arte

contemporanea

AqvArt

A cura di

Margherita Blonska Ciardi

Dal 5 al 14 settembre la seconda edizione della rassegna internazionale di

arti visive nella storica sede della Scuola Grande di San Teodoro a Venezia

di Margherita Blonska Ciardi

Stephanie Holznecht, Solar System

Michal Ashkenasi, The bridge of hope

Krzysztof Konopka,

Traveling Venice

La mostra AqvArt, giunta quest’anno

alla seconda edizione presso

la Scuola Grande di San Teodoro

a Venezia, nasce dalla volontà

di sottolineare l’importanza che

da sempre l’acqua ha avuto nello

sviluppo urbanistico, economico

ed artistico della città lagunare

e in modo particolare nella cultura

e nella storia dell’artigianato veneto.

L’acqua è sempre stata un elemento

fondamentale per la scelta

dei luoghi dove costruire gli insediamenti

umani. Nella storia di Ve-

nezia, l’acqua ha giocato un ruolo

molto importante. La laguna non

forniva soltanto un’area di pesca

ricca e facili trasporti via mare, ma

con la sua distesa d’acqua ha spinto

l’uomo ad ingegnarsi per trovare

una tecnica costruttiva particolare

ed unica che ha permesso di creare

una città fondata su un sistema

di pali e suddivisa in canali al posto

delle strade. Il rapporto fra Venezia

e l’acqua si può vedere nel rispecchiarsi

dei palazzi e delle loro vetrate

che scintillano al riflesso delle

onde. A Venezia l’acqua ha influenzato

fortemente il tipico artigianato

locale con la produzione di specchi,

cristalli e la lavorazione del vetro

sull’isola di Murano. La mostra

AqvArt raccoglie i lavori di alcuni

artisti contemporanei internazionali

che si ispirano al fascino di Venezia,

al suo legame con l’acqua e

alle raffinate produzioni artigiane

della città. Nelle sale dello storico

complesso della Scuola Grande di

San Teodoro, sede anche dei Musici

Veneziani, sono esposti i nuovi

Karin Monschauer, Composizione 167 Michael Henry Ferrell, Basilica di San Marco Uri de Beer, Space city


Fredrik Olsen, The storm

lavori dell’astrattista americana

Stephanie Holznecht,

le originali composizioni realizzate

con la tecnica multifusion

dall’israeliana Michal

Ashkenasi, le opere della

corrente orapista ideata

dal polacco Krzysztof

Konopka, gli ultimi lavori

digitali della lussemburghese

Karin Monschauer,

gli interni delle basiliche del

londinese Michael Henry

Ferrell, le tele sul futuro della

città dell’architetto ed artista Uri

De Beer, i velieri dipinti dal lombardo

Cesare Triaca e dall’artista

surinamese Alma Sheik, le spettacolari

tempeste dello svedese Fredrik

Olsen, l’omaggio al ballo e

alla musica del venezuelano Jorge

Goncalves Romero. La mostra, inserita

nell’elenco degli eventi culturali

“Città d'Arte” e patrocinata

dal Comune di Venezia, ha avuto

come ospiti d’onore la contessa e

pittrice Orietta Rangoni Machiavelli,

con i suoi dipinti raffiguranti universi

marini, e la stilista fiorentina

di alta moda Pola Cecchi, che ha

presentato con una sfilata durante

l’evento inaugurale le sue ultime

creazioni ispirate alle opere degli

artisti. L’esposizione si è tenuta in

concomitanza con la regata di vele

storiche, evento di grande richiamo

in città, ed è stata inaugurata il

5 settembre alle ore 16.30 presso

la Scuola Grande di San Teodoro,

nelle immediate vicinanze del Ponte

di Rialto e di Piazza San Marco,

alla presenza della TV veneta.

Cesare Triaca, La vela

Orietta Rangoni Machiavelli, Pesce rosso

Jorge Goncalves Romero, Barlovento

Alma Sheik, La vela

Margherita Blonska, Vajont

Scuola Grande di San Teodoro

San Marco, 4810 (Campo San Salvador), Venezia


Ritratti

d’artista

Gabriel Diana

La leggerezza della paglia e la pesantezza del metallo

in opere dallo stile unico

di Lucia Raveggi

Tutti sono coscienti di quanto

sia pesante il bronzo e di quanto

leggera sia invece la paglia

che un soffio di vento solleva senza

fatica. Questo soffio di vita Gabriel

Diana lo ha immortalato nei suoi preziosi

quadri della serie Paglia e Bronzo

realizzati in collaborazione con la

specialista francese di quest’arte antica,

Dominique Beniza. Se coniugare

pittura e scultura non è una tecnica

ricorrente nell’universo artistico, realizzare

a quattro mani un’opera nella

quale la paglia diventa supporto del

bronzo è ancor più sorprendente. Tutto

cominciò circa una decina di anni

fa quando, seguendo l’estro della sua

inesauribile creatività, il demiurgo Gabriel

Diana iniziò a ricoprire di metallo

l’intera superficie

dei suoi quadri, applicando

fogli di

bronzo, ottone, alluminio,

argento e

a volte anche d’oro.

Il passo successivo

fu quello di integrare

a queste superfici

metalliche le sue

sculture di bronzo,

in modo da ottenere

un tutt’uno armonico.

Ingegnere di casa nella fucina

di Vulcano, è riuscito con facilità a

far giocare a nascondino la luce sotto

le forme di bronzo, per mettere ancora

più in risalto movimento e gesti

dei suoi personaggi. Qualche anno

Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio (trittico), taglio

laser ed intarsio di paglia, 1m 55x70 cm

fa Dominique Beniza, artista francese

specializzata nell’intarsio di paglia

di segala ed esperta antiquaria, fu invitata

dal maestro a “coltivare” sulle

superfici piane dei suoi quadri l’antico

giunco. Un’ulteriore innovazione

Dominique Beniza e Gabriel Diana con l’opera intitolata Vele realizzata a quattro mani

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GABRIEL DIANA


Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio, quadro full-metal con

taglio laser e intarsio di paglia, cm 60x120

nello stile del maestro

che sposa, sull’altare

della sua creatività,

due materiali completamente

diversi, agli

antipodi del loro peso

specifico. Così paglia

e bronzo hanno iniziato

a convivere nelle

opere di Diana, nel

felice contrasto tra la

leggerezza del giunco

e la pesantezza del

metallo. Questo ciclo

di quadri vede i due

artisti lavorare a quattro

mani con lunghi

tempi di realizzazione.

Queste opere preziose sono molto

apprezzate e richieste dai collezionisti

per l’assoluta ed esclusiva originalità

di questo linguaggio ibrido. Durante il

periodo di quarantena imposto dal Covid-19,

hanno visto la luce alcuni quadri

della serie Paglia e Bronzo dedicati a

Pinocchio. Opere innovative che prossimamente

saranno oggetto di una mostra

a Collodi, durante l’installazione

della scultura monumentale in bronzo

di Gabriel Diana, e successivamente al

museo di Pinocchio a Firenze.

Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio,

full metal painting con taglio laser ed intarsio di

paglia, cm 80x80

Il maestro Gabriel Diana e Pier Francesco Bernacchi, presidente della Fondazione Carlo Collodi, con la

scultura monumentale dedicata dall’artista a Pinocchio

Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio,

quadro full-metal con taglio laser ed intarsio di

paglia, cm 80x80

GABRIEL DIANA

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I grandi della

Fotografia

A cura di

Maria Grazia Dainelli

Oliviero Toscani

Intervista esclusiva a uno dei maggiori interpreti della

fotografia contemporanea

La sua forza caratteriale e l’irriverenza si esprimono da sempre nel mondo

della moda e della pubblicità attraverso una creatività innovativa

di Maria Grazia Dainelli / foto Oliviero Toscani

Come nasce Oliviero Toscani fotografo?

Ho scelto di seguire le orme di mio padre,

Fedele Toscani, primo fotoreporter

del Corriere della Sera. Per quanto

allora la professione di fotografo fosse

considerata poco qualificante, ho deciso

comunque di intraprenderla, senza

avere alcun privilegio per il fatto di

essere figlio d’arte. Ho studiato cinque

anni all’Università delle Arti di Zurigo,

per poi iniziare l’attività come fotografo

professionista. Non mi ritengo un

feticista della macchina fotografica, la

utilizzo quando ce n’è bisogno e solo

all’ultimo momento; non sono interessato

alla camera oscura, alle ottiche e

a tutti gli accessori tecnologici. Mi piace

definire la fotografia non come un’amante

ma come una moglie.

Cosa può dirci dell’incontro con Luciano

Benetton, sicuramente uno dei

più importanti nella sua carriera?

La collaborazione con Benetton è arrivata

dopo esperienze con altri committenti

come Fiorucci e con riviste come

Elle, Stern e Vogue. Luciano ha subito

capito che ero la persona giusta al

posto giusto per realizzare qualcosa di

nuovo e di diverso. Per questo motivo,

non ho mai voluto relazionarmi con l’ufficio

marketing dell’azienda ma ho sempre

lavorato direttamente con lui.

Qual è la sua idea di fotografia?

Utilizzo le immagini per rappresentare

la vita, documentare la condizione

umana, essere testimone del mio tempo.

Parallelamente all’arte, la fotogra-

fia esprime emozioni così come veicola

messaggi sociali e culturali. Ho sempre

Particolare di una mostra di Oliviero Toscani

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OLIVIERO TOSCANI


cercato di avere uno sguardo analitico

sulle cose, di raccontare la realtà con

senso critico, catturando con l’obiettivo

quello che pensavo fosse il momento

giusto nel posto giusto.

Nel 2007 ha realizzato una campagna

choc contro l’anoressia: da dove

è nata l’idea di affrontare un tema

così complesso e delicato?

Ho voluto raccontare le sofferenze fisiche

e psichiche dell’anoressia, che

per il mondo della moda era ed è ancora

oggi un tabù, con un’immagine sintetica,

drammatica e potente che non

lascia spazio ad interpretazioni. Tra le

tante ragazze affette da questa malattia,

ho scelto Isabelle Caro perché il suo

corpo denunciava in maniera evidente

gli effetti devastanti dell’anoressia e

il grido di dolore celato dietro questa

condizione.

Con il progetto intitolato Razza umana

ha immortalato circa settantamila

persone in giro per il mondo: perchè

questa scelta?

Da sempre oriento il mio interesse come

fotografo sulla figura umana e su

ciò che questa racconta in termini sociali

e culturali. Con questo progetto ho

voluto riflettere sul valore delle differenze

e sulla loro necessaria coesistenza

nella razza umana, sulle diverse etnie e

culture e su tutto ciò che contraddistingue

gli individui in termini di caratteri

somatici, espressioni, condizione sociale

e contesto culturale.

Che differenza c’è tra un professionista

e un autore?

Il vero fotografo deve essere anche un

autore. Per evolvere ad un livello superiore,

non devi solo scattare belle foto,

ma devi avere qualcosa da dire attraverso

il tuo punto di vista. Occorre coltivare

il dubbio, più che le pseudo certezze,

e l’autocritica, impegnandosi a trasformare

i sogni in realtà. Oggi tutti sanno

scrivere o leggere ma ciò non significa

essere poeti o scrittori.

Quant’è importante uno studio d’arte

specifico per scattare non una bella,

ma una buona fotografia?

Direi che è fondamentale intraprendere

un percorso culturale, intellettuale e introspettivo

prima di avvicinarsi alla fotografia.

Occorre studiare e sviluppare

una vasta cultura, un profondo senso

critico, un grande impegno e soprattutto

una grande immaginazione per stimolare

la propria capacità mentale.

Photoshop serve a dare un’impronta

personale?

Sono molto favorevole alla fotografia

digitale ma non all’utilizzo della

post-produzione come mezzo fotografico,

perché denuncia l’assenza di talento.

Anoressia

In questo periodo di Coronavirus, su

Instagram le sono pervenuti migliaia

di autoritratti, come intende utilizzarli?

Non sono contrario a questi mezzi di

comunicazione ma li ho utilizzati in questo

periodo perché non avevo di meglio

da fare; sicuramente con le migliaia di

foto ricevute realizzeremo una mostra.

Gran parte delle fotografie pubblicate

sui social sono mediocri perché motivate

soltanto dalla ricerca del consenso,

dal numero dei like e soprattutto dall’illusione

che basti questo per diventare

un fotografo famoso ed apprezzato.

Ragazzi

www.olivierotoscani.com

OLIVIERO TOSCANI

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Spunti di critica

Fotografica

A cura di

Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli

Wanda Wulz

L’affascinante fotografa del Futurismo

di Nicola Crisci / foto Wanda Wulz

FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK

www.universofoto.it

Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164

Wanda Wulz nasce a Trieste

nel 1903 (e vi muore

nel 1984), quando la città è

centro dell’irredentismo italiano e punto

nevralgico dell’impero austroungarico.

Il nonno Giuseppe Wulz apre lo

studio fotografico omonimo nel 1868,

dove lavorerà il figlio Carlo, al quale le

figlie Wanda e Marion si uniranno. Fotografe

e modelle nell’atelier di famiglia,

ricevono entrambe un’istruzione liceale

e conoscono artisti e letterati che frequentano

lo studio. Alla morte del padre

nel 1928, Wanda, allora venticinquenne,

ne assume la direzione che manterrà

con la sorella fino al 1981, continuando

la tradizione del ritratto, delle vedute

cittadine e dei servizi commissionati da

opifici e cantieri. Grazie al talento delle

sorelle Wulz, lo studio diventa un punto

d’incontro per artisti e scrittori triestini

negli anni Venti. Wanda

mostra particolare predilezione

per la ricerca fotografica

e, accanto alla

consueta attività lavorativa,

si cimenta in esperimenti

con fotomontaggi,

fotoplastiche e fotodinamiche

di ottima qualità e

grande effetto. Stupisce

l’eleganza formale con cui

costruisce i propri scatti,

concentrandosi soprattutto

sul corpo e sullo studio

dei movimenti e dei

tratti fisici. Uno stile innovativo

caratterizzato da

intensi giochi di luce e costruito

con soluzioni tecniche

sempre diverse,

campiture vuote e pulite in

cui le forme sono pienamente

leggibili pur nel sovrapporsi

dei movimenti;

utilizza, inoltre, la doppia piume (1930)

esposizione di un corpo

in movimento, come in Esercizio ginnico,

oppure la sovrapposizione di due

Io+gatto (1932) Exercise (1932)

Ritratto di una donna che indossa un cappello a rete e un boa di

immagini come nel famoso autoritratto

Io+gatto detto anche Catwoman esposto

al Metropolitan Museum

of Art di New York. Nel 1932

partecipa alla mostra di fotografia

futurista organizzata a

Trieste da Bruno Sanzin, ricevendo

gli apprezzamenti di

Marinetti e aderendo ufficialmente

al celebre movimento

artistico. La fase sperimentale

sarà tuttavia di breve durata e

nel corso di pochi anni tornerà

ad occuparsi esclusivamente

del lavoro in studio, diventando

famosa ed apprezzata soprattutto

per i ritratti in sala di

posa. L’intera sua produzione

è conservata negli archivi del

Museo Nazionale Alinari della

Fotografia, oltre che nelle collezioni

dei più importanti musei

al mondo.

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WANDA WULZ


Arte &

Mestieri

Da studenti a professionisti della moda

Con i prossimi corsi di formazione MITA Academy

di Elisabetta Mereu / foto courtesy MITA Academy

Competenza, specializzazione e innovazione:

parole cardine per i

giovani che sognano di lavorare

nel mondo della moda. Secondo

una recente statistica nazionale la

chiave che apre le porte per accedere

a questo settore è rappresentata dai

corsi proposti dagli Istituti Tecnici Superiori,

in grado di preparare professionisti

altamente qualificati. Da dieci

anni un esempio concreto a livello nazionale

è rappresentato dall’ITS MITA

di Scandicci, con quasi seicento allievi

formati ed inseriti al 100% nel mondo

del lavoro. Non li ha fermati nemmeno

il lockdown e, grazie alle lezioni online,

anche gli studenti dell’ultimo percorso

formativo hanno conquistato la

propria corona di alloro e un posto di

lavoro. «Abbiamo fatto le prove generali

per il 24° biennio dei corsi che

iniziano alla fine del mese prossimo e

termineranno a settembre del 2022 −

dice con soddisfazione Antonella Vitiello,

direttore del MITA Academy. Ai

giovani dai 18 ai 29 anni che entro il

16 di ottobre s’iscriveranno ai nostri

cinque nuovi corsi garantiamo tutte le

misure di sicurezza e prevenzione anti

Covid, sia presso la nostra sede al

Castello dell’Acciaiolo, sia per le ottocento

ore di stage in esterna». Negli

ultimi anni, i media non solo nazionali

hanno evidenziato i risultati ottenuti

da questa scuola. Qual è il segreto

del loro successo? A rispondere è an-

cora la direttrice Vitiello:

«In primis il modello

formativo che proponiamo,

estremamente

smart e contemporaneo,

sempre attento ai cambiamenti

che nel fashion

sono continui. L’altra nostra

carta vincente è che

in soli due anni si consegue

la EQF (Europe-

Antonella Vitiello, direttrice MITA Academy

an Qualification Framework), cioè la

quinta qualifica europea dell’apprendimento

permanente. Da noi escono alti

profili professionali pronti ad essere

inseriti in tutti i settori del comparto

moda, perché rispondenti alle più diverse

esigenze delle aziende con cui ci

confrontiamo, collaborando con i più

prestigiosi brand del lusso ma anche

piccole aziende, patrimonio della produzione

artigianale italiana».

Corsi I.T.S. MITA biennio 2020-2022:

1. S.T.A.R. for FASHION (Sales Textile

Advanced Revolution for FASHION): tecnico

di sviluppo di strategie marketing e

commerciali per il prodotto moda tessile.

2. M.A.D.E. IN MITA (Metal Accessories

Digital Evolution IN MITA): specializzazione

come tecnico superiore di processo,

prodotto e nuove tecnologie per

l’accessorio metallico moda 4.0.

3. B.I.U.N.I.Q.U.E. (Bags Industry Under

Innovation Quality Excellence): specializzazione

tecnica nella modellerìa e proto-

tipìa di accessori in pelle e materiale di

recupero, in collaborazione con Fondazione

ITS E.A.T. (Eccellenza Agroalimentare

Toscana) di Grosseto. Questi primi 3

percorsi formativi sono inseriti nell’ambito

del progetto della Regione Toscana

Giovanisì (www.giovanisi.it).

4. FA.MA. by MITA (Fashion in marketing

by MITA): tecnico di sviluppo di

strategie marketing e commerciali per il

prodotto moda tessile. Questo corso si

svolgerà a Lucca.

5. F.A.B. MITA (Fashion Accessories &

Bags): tecnico superiore di processo,

prodotto, comunicazione e marketing

per il settore moda; sede del corso a

Piancastagnaio (SI).

Per info e iscrizioni: + 39 055 9335306

Segreteria Fondazione MITA presso Castello

dell’Acciaiolo, Via Pantin, Scandicci.

Dal lunedì al venerdì (ore 9/13).

www.mitacademy.it

MITA Academy mita.academy

MITA ACADEMY

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Incontri con

l’arte

A cura di

Viktorija Carkina

Paolo Staccioli

Memoria, realtà e sogno nelle sculture senza tempo di

un maestro della ceramica

di Viktorija Carkina

La storica dell’arte Ornella Casazza

ti ha definito “scultore

del silenzio e dell’attesa”. Aggiungo

che l’uomo, sempre al centro

delle tue opere, sembra solo e introduce

il tema dell’incomunicabilità. E’ un

rimando al mondo in cui viviamo?

Sicuramente sì. Le mie opere rispecchiano

sempre ciò che mi circonda e sono

lo specchio dei miei sentimenti. Infatti,

i personaggi che sono accompagnati

da una palla, simboleggiano la fatica del

vivere che incontra l’uomo ad una certa

età, sono i viaggiatori che affrontano

le prove della vita che a volte sono dure.

L’uomo nelle mie opere è anche frutto

dei miei ricordi. I cavalli con le ruote,

spesso presenti nella mia produzione,

traggono ispirazione da una fotografia

di famiglia che ho visto da bambino. In

quella foto erano raffigurati i miei nonni

e mio padre con un cavallino di legno.

Mia nonna, dopo poco tempo, sarebbe

morta a causa della pandemia spagnola,

e questa fotografia di cartone massiccio,

insieme a quel cavallo, si sono impressi

in maniera nostalgica nella mia memoria,

con il bambino che perse la mamma

all’età di quattro anni. Anche i miei

guerrieri rispecchiano le difficoltà della

vita e la necessità di difendersi. Infatti,

non hanno quasi mai la lancia, ma solo

lo scudo.

I guerrieri sembrano provare un sentimento

di nostalgia per un luogo dove

non sono mai stati, come se facessero

parte di un mondo surreale e metafisico.

Che rapporto hai con l’arte del

Novecento?

Sicuramente mi è vicina la metafisica di

Giorgio de Chirico, ma trovo anche molto

vicino Giacomo Manzù e il disegno e

le sculture di Alberto Giacometti.

Oltre ai rimandi all’arte contemporanea,

questi personaggi ricordano la

statuaria etrusca e la pittura rupestre.

Che ruolo ha avuto l’arte del passato

nel tuo percorso artistico?

Una volta sono stato a Tarquinia a visi-

www.florenceartgallery.com

tare il museo etrusco. In quell’occasione

ho visto un cavallino etrusco con le ruote

che mi ha ispirato molto. Anche se avevo

già realizzato opere simili, quell’opera

mi ha dato l’input per creare qualcosa

di nuovo. Anche se, devo ammettere, il

mio punto di partenza è l’arte italiana del

Rinascimento.

Quali sono gli artisti che più ti hanno

ispirato ad intraprendere questa strada?

Fu un quadro, la Battaglia di San Romano

di Paolo Uccello, che vidi alla Galleria

degli Uffizi. Facevo in proporzione questo

quadro a spatola. Fu molto importante

per la mia formazione artistica anche

In primo piano, Cavallo con angelo (2014), bronzo, h cm 150 e a sinistra Guerrieri (2017), bronzo, h cm 145 In due (2016), ceramica a lustro, h cm 57

14

PAOLO STACCIOLI


Carro (2017), ceramica a lustro, h cm 27 Busto di guerriera (2018), ceramica a lustro, h cm 57

una mostra degli anni Settanta a Palazzo

Vecchio dedicata ai disegni di cavalli di

Leonardo da Vinci. Comprai il catalogo e

copiai i cavalli esposti. Poi ho cominciato

a sperimentare forme d’espressione

personali, ma sicuramente Paolo Uccello

e i disegni di Leonardo sono stati degli

ottimi esercizi di stile. Inizialmente non

pensavo alla scultura, mi ispiravano i pittori

e sperimentavo, appunto, la pittura.

Poi sono passato alla ceramica. Ho fatto

tutto da autodidatta, con l’aiuto di alcuni

artigiani che mi hanno spiegato la tecnica

della scultura.

Antonio Paolucci sottolinea che la leggerezza,

la grazia e l’ironia sono i tratti

distintivi della tua scultura, come lo

è sicuramente anche la lucentezza.

Cosa ha favorito la tua ricerca linguistica?

Ho iniziato la mia produzione artistica

con la ceramica che è il mio punto di

partenza, ma dopo sono passato a materiali

più preziosi come il bronzo, che utilizzo

sempre per la creazione delle opere

destinate ad essere conservate all’esterno.

Il mio sogno è cominciare a dipingere

il bronzo ma devo ammettere che

il mio materiale preferito rimane ancora

oggi la ceramica.

Le forme dei personaggi sono spesso

sproporzionate, con i corpi ingranditi

oppure con le gambe tagliate, per

sottolineare l’importanza dei contenuti

interiori e non esteriori. Da dove

nasce questa particolare scelta

espressiva?

Non so spiegare perché i miei personaggi

siano sproporzionati, è una voce interna

che mi detta come devono essere. Infatti,

ho realizzato anche alcune opere con personaggi

ben proporzionati, ma perlopiù

preferisco i corpi esili, allungati, tendenti

verso l’alto e con la testa piccola.

Cornici Ristori Firenze

www.francoristori.com

Via F. Gianni, 10-12-5r, 50134 Firenze

Dondolo (2016), bronzo e acciaio corten, h cm 180

PAOLO STACCIOLI

15


Personaggi

Fedora Barbieri

Nel centenario della nascita, un ricordo della lunga e prestigiosa

carriera del grande mezzosoprano

di Ugo Barlozzetti

Ricordare Fedora Barbieri è avviare

il recupero della memoria

di una grande stagione del melodramma

e del ruolo di Firenze per la

formazione di una generazione di artisti

che si è rivelata il tramite della trasformazione

del teatro lirico da forma

d’arte condizionata anche da esigenze

di carattere nazional-popolare a componente

particolarmente significativa

di aspetti fondanti della cultura e della

civiltà d’Europa: Galliano Masini, Rolando

Panerai, Gino Bechi, Giulio Neri,

Ettore Bastianini, Mirto Picchi, Enzo

Mascherini, Mario Filippeschi, Paolo

Washington, Anna Maria Canali, Giuliana

Matteini, Cesy Broggini e la “oriunda”

Elena Souliotis. Firenze peraltro

ha prodotto come estremo sviluppo di

quella rivoluzione culturale che è stato

definito Rinascimento proprio il melodramma.

Le motivazioni per dedicare

uno spazio per il centenario della nascita

di una cantante che per sessant’anni

ha calcato le scene dei più importanti

teatri di tutto il mondo, dal 1940 al

2000, assume il valore di un omaggio

a un’esperienza eccezionale e al tempo

stesso a tutti coloro che hanno operato

nell’ambito di un’attività tanto creativa

quanto complessa e che può correre

il rischio di essere dimenticata o non

compresa, al di là di ristrette fasce di

pubblico. Fedora fu ammessa all’inizio

del 1940 al Centro di avviamento al teatro

lirico e pochi mesi dopo, il 4 novembre,

fu in grado di debuttare nella

stagione autunnale nella parte di Fidalma

nel Matrimonio segreto di Cimarosa,

ma quello che rese “folgorante” quel

debutto fu l’essere stata in grado di ottenere

il giorno dopo un grande successo

nel Trovatore come Azucena. Non è

certo facile sintetizzare una carriera di

sessant’anni di attività: dal 1940 al 2000

la partecipazione di Fedora Barbieri nelle

rappresentazioni teatrali documentate

è di milleduecentoventinove volte e

in settantacinque concerti. In Italia ha

cantato in sessantacinque città e settantaquattro

teatri, tra cui ottantaquattro

volte alla Scala (dal 1941 al 1981),

centosette al Comunale di Firenze (dal

1940 al 2000), al Teatro dell’Opera di

Fedora Barbieri nel ruolo di Amneris al Teatro

Covent Garden di Londra

Roma e alle Terme di Caracalla settantasette.

All’estero ha cantato in venticinque

paesi diversi, in ottantotto città e in

novanta teatri tra cui novantasei volte

al Metropolitan di New York e al Colòn

di Buenos Aires quarantanove volte nel

Con Arnoldo Foà al Teatro dell’Opera di Roma nel

1962 (ph. Studio Laboratorio Fuschi, Roma)

Con il maestro Arturo Toscanini; foto eseguita dal figlio del maestro e donata a Fedora insieme ad una foto

con dedica del 1951

16

FEDORA BARBIERI


periodo di maggiore importanza di quel

teatro, dal 1947 al 1951. Fedora Barbieri

è stata soprattutto un’interprete

verdiana per seicentoquarantaquattro

volte e si ricorda in Amneris per centoquarantaquattro

volte, in Azucena per

centodiciannove, in Quickly per duecentoventidue,

in Ulrica per quarantanove,

in Preziosilla per trentaquattro e in Eboli

per trentuno. Al 2005 erano documentate

centotrentadue registrazioni, dal vivo

o in studio, comprese le riedizioni,

oltre i VHS e i DVD, con case discografiche

come la Fonit Cetra, la RCA Victor,

la Columbia, la Voce del Padrone. Tra

i novantadue direttori di orchestra ha

avuto Toscanini, Gui, Serafin, De Sabata,

Bernstein, Von Karajan e Furtwaengler.

Ha interpretato quarantotto autori

in teatro da Monteverdi a Hans Werner

Henze e inoltre, solo in concerto, arie

di Vivaldi, Paisiello, Scarlatti, Carissimi

e Marcello. I primissimi anni, quelli

delle tre grandi tournèe del 1941, ’42

e ’43, sono arricchiti da una corrispondenza

con l’allora fidanzato Luigi Barlozzetti,

con cui si sposò nel settembre

del 1943. Con la fine della guerra e in un

periodo nel quale solo il cinema contendeva

all’opera – come brevemente veniva

definito il melodramma – la maggior

popolarità nell’ambito dello spettacolo

e le canzoni erano “musica leggera”,

Fedora Barbieri diventò rapidamente

una diva. Non solo, ben presto partecipò,

negli anni dal 1947 al 1953, alle

grandi stagioni dei più importanti teatri

dell’America Latina, con particolare

Con il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi

Con Maria Callas e Mario Del Monaco durante la Norma al Metropolitan di New York nel 1956

continuità con il Colòn di Buenos Aires

e il Municipal di San Paolo del Brasile

ma anche a La Plata, Porto Alegre,

Rio de Janeiro, Montevideo e Santiago

del Cile. Si trattava di rinsaldare anche

il prestigio della cultura italiana presso

le nostre comunità. Dal 1950 al 1957 la

sua presenza anche negli Stati Uniti, a

partire dal Metropolitan di New York, fu

costante, con successi clamorosi e incisioni

discografiche ormai considerate

storiche. Arturo Toscanini, nei suoi

ultimi anni, stimò particolarmente la

qualità della sua voce e ne richiese la

partecipazione a un’esecuzione della

Messa da Requiem di Verdi al Carneige

Hall il 27 gennaio 1951. In quello stesso

giorno fu anche Azucena al Metropolitan

e Toscanini la fece portare al luogo

del concerto con la propria automobile.

La registrazione dal vivo fu trasformata

in disco e nel 2001 fu distribuita in

CD con il giornale La Repubblica per ricordare

il centenario della morte di Giuseppe

Verdi. Quello che definitivamente

ha reso Fedora una cittadina di Firenze,

è stato il matrimonio con Luigi Barlozzetti,

direttore amministrativo del Teatro

Comunale di cui Piero Micheli ha ricordato

l’impegno per organizzare la “stagione”

a Firenze liberata, dall’autunno

del 1944, al Verdi, soprattutto per coloro

che lavoravano per il teatro e che a

causa dei danni al palcoscenico correvano

il rischio di non avere risorse. Le

istituzioni della Repubblica hanno riconosciuto

l’esemplare importanza della

carriera artistica di Fedora Barbieri Barlozzetti:

nel 1959 è stata insignita della

Commenda nell’Ordine al merito della

Repubblica e nel 2000 del Cavalierato

di Gran Croce nello stesso ordine e

quest’anno sarà emesso un francobollo

commemorativo; a Trieste le è stato

dedicato un giardino e al prestigioso roseto

Carla Fineschi una rosa. Nel 2012

a San Pietroburgo è stato organizzato

un concorso internazionale di canto per

la voce di mezzosoprano a lei dedicato.

FEDORA BARBIERI

17


Occhio

critico

A cura di

Daniela Pronestì

Enzo Mauri

Dentro ed oltre il ritratto

Immagini tratte dalla televisione diventano emblema della crisi

identitaria dell’uomo contemporaneo

di Daniela Pronestì

Se è vero che viviamo in una società

sempre più individualista,

dove l’unica comunità ancora

possibile è quella creata dai social

media, è altrettanto vero che il trionfo

della soggettività ha portato ad un indebolimento

del concetto di identità.

Nel mondo liquido di baumaniana memoria

l’assenza di punti di riferimento

stabili ha trasformato la costruzione

identitaria in un processo sottoposto

a costanti “fluttuazioni”. Oggi più che

mai, l’individuo è, per citare Pirandello,

“uno, nessuno e centomila”, soggiogato

com’è dalla ricerca ossessiva della

propria autorealizzazione. E’ a queste

personalità “zapping”, così definite da

alcuni sociologici per rimarcarne l’affinità

con l’attitudine compulsiva di chi

cambia continuamente canale, che si

riferiscono i ritratti di Enzo Mauri, realizzati,

non a caso, avvalendosi di immagini

estrapolate dalla televisione. Di

quest’artista si è già parlato sullo scor-

so numero de La Toscana Nuova, analizzandone

i lavori dedicati alla relazione

tra figura e paesaggio urbano. Lo ritroviamo

in questo caso con un gruppo di

opere che segnano il suo esordio figurativo,

mostrando una cifra stilistica vo-

18

ENZO MAURI


tata alla trasfigurazione del dato reale in

chiave espressionista. Al genere del ritratto

l’artista milanese chiede di farsi

tramite di un’indagine sociale sulla deriva

narcisistica dell’era post-moderna,

sull’apparire a tutti i costi come valore

giudicato irrinunciabile. Quelli raffigurati

sono personaggi celebri, star

della televisione o nomi illustri della politica,

volti emblematici di identità artefatte

destinate al consumo del pubblico

come fossero merce. Si direbbero più

ENZO MAURI

19


marionette che persone reali, maschere

sul palco di una commedia ridicola.

Non individui in carne ed ossa ma apparizioni

fantasmatiche offerte al nostro

sguardo un attimo prima di dissolversi.

E’ così che Mauri racconta gli effetti

disumanizzanti della cultura di massa,

la perdita di autenticità nelle relazioni

umane, l’assenza di modelli da seguire

in un panorama mediatico dove nomi e

facce si consumano velocemente. Il suo

è un ritratto del volto oscuro del progresso,

l’immagine tragica della “mutazione

antropologica” − così la definiva

Pasolini negli Scritti corsari − indotta

nel genere umano dalla dimensione

consumistica e spettacolare

della società. Concetti restituiti

in pittura con una tecnica che

se da un lato sottrae carattere di

realtà alla figura, simboleggiando

in questo modo la condizione

dell’uomo contemporaneo

sempre più assorbito dal mondo

fittizio dei media, dall’altro

esaspera la resa cromatica,

con colori acidi e antinaturalistici,

per intercettare i meccanismi

di un linguaggio, quello pubblicitario,

il cui intento è generare

nel consumatore veri e propri

shock visivi. Anche in questo

caso, come nelle opere di Mauri

già analizzate, la fotografia si

colloca all’origine della successiva

trasposizione pittorica. Un

passaggio di cui l’immagine dipinta

conserva le tracce nel taglio

stretto delle inquadrature, talvolta

con primi piani particolarmente ravvicinati,

e ancora di più nell’intensità luminosa

dei colori, tale da cancellare

alcune parti della figura come avviene

con la sovraesposizione in fotografia.

Confrontandoli con l’evoluzione del ritratto

nel Novecento, viene da dire che

questi dipinti raccolgono, reinterpretandola,

un’eredità complessa, nutrita

di suggestioni che vanno dalla visione

inquietante e deforme dell’umano

in Francis Bacon ai volti-copertina

di Andy Warhol, passando attraverso

lo scandaglio psicologico ed esistenziale

della figura in Lucien Freud. E’

soprattutto l’incontro con l’altro ad affascinare

Mauri, il mistero di un’alterità

impossibile da afferrare ma dalla cui

scoperta dipende anche la conoscenza

di noi stessi. Un’esperienza oggi sempre

più difficile, barricati come siamo

ciascuno nelle proprie opinioni, appartenenze,

convinzioni. Il volto dell’altro

− ci ricorda Mauri − è uno specchio

che parla anche di noi, di ciò che siamo

sia come singoli che come parte

della società. Non rinunciare a questo

incontro è il solo modo per rimanere

vivi, per continuare ad essere “umani”.

20 ENZO MAURI


Firenze

Mostre

Tutankhamon

L’Egitto del celebre farone a Palazzo Medici Riccardi

Una mostra immersiva per scoprire, anche grazie alla realtà

virtuale, il fascino di una cultura senza tempo

di Fabrizio Borghini

E’ stata prorogata fino al 31 ottobre,

nella Galleria delle Carrozze

di Palazzo Medici Riccardi, la

mostra Tutankhamon: Viaggio verso l’eternità,

a cura di Maria Cristina Guidotti,

già curatrice del Museo Egizio di Firenze,

e di Pasquale Barile, presidente della Ancient

World Society. Patrocinata dalla Città

Metropolitana e dal Comune di Firenze,

la mostra è promossa dalla Società Italiana

Discovery Time, in cooperazione con il

Ministero delle Antichità del Cairo e con

il supporto del Museo Archeologico Nazionale

di Firenze e del partner tecnologico

La macchina del tempo di Bologna.

Dopo essere stata già proposta con successo

in America e in varie capitali europee,

l’esposizione è arrivata a Firenze e

per due anni viaggerà nelle principali città

italiane con l’intento di far conoscere

al grande pubblico l’affascinante cultura

egizia. Un’esperienza resa particolarmente

coinvolgente grazie alla realtà virtuale

e alla tecnologia 3D che hanno permesso

di riprodurre fedelmente la tomba di

Tutankhamon e gli incredibili tesori destinati

ad accompagnare il giovane faraone

nel suo ultimo viaggio; in mostra anche

In questa e nell’altra foto due panoramiche della mostra (ph. courtesy rossorubino.tv)

reperti provenienti dal Cairo e dal Museo

Archeologico Nazionale di Firenze, alcuni

dei quali inediti.Scoperta il 4 novembre

del 1922 dall’archeologo e appassionato

acquarellista Howard Carter, la tomba

di Tutankhamon è la sola a permetterci

di sapere come venisse seppellito un faraone

e con quale tipo di corredo. Tra le

numerose riproduzioni in mostra, i vasi

canopi, la statua di Anubis, la cui funzione

era proteggere la camera del tesoro, il

trono d’oro e la splendida maschera aurea

che proteggeva il volto e le spalle della

mummia. Presenti anche reperti assolutamente

inediti, come il sarcofago ligneo

dipinto di Padihorpakhered, restaurato in

occasione di questo evento espositivo e

proveniente dai depositi della sezione egizia

del Museo Archeologico Nazionale di

Firenze, centoventi riproduzioni del tesoro

di Tutankhamon provenienti dal Cairo

sotto il benestare del Ministero delle

Antichità dell’Egitto, insieme a sessanta

pezzi originali del corredo funebre di personaggi

nobili. La visita virtuale, effettuata

indossando un visore e impugnando

due controller, permette di entrare in prima

persona nell’ambiente ricostruito e di

interagirvi, afferrando gli oggetti del corredo

e ascoltando, ad integrazione dell’esperienza

immersiva, le parole riportate

da Carter nelle pagine dei suoi diari.

Info, prenotazioni e visite guidate:

+ 39 392 0863434

Apertura con ingresso gratuito per residenti

nella Città Metropolitana di Firenze:

12 ottobre; prenotazione obbligatoria

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TUTANKAMON

21


Cosmetici Naturali e Biologici per il Benessere

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A cura di

Antonio Pieri

Benessere e cura

della persona

Porta a casa dalle vacanze i veri

profumi naturali della Toscana

di Antonio Pieri

Le vacanze sono finite e il momento

del ritorno a casa è sempre

un po’ traumatico. Da una parte

c’è la voglia di rimanere ancora in vacanza

rilassati a gustarsi profumi e paesaggi

del luogo, dall’altra c’è sempre un po’

di voglia di tornare a casa e ripartire con

energia dopo un periodo di relax. Se hai

avuto la fortuna di passare le vacanze nella

meravigliosa Toscana, hai la possibilità

di tornare a casa e alla vita lavorativa

portando con te la natura toscana e i suoi

profumi grazie ai diffusori naturali di Idea

Toscana.

PROFUMI NATURALI

I profumi per ambiente, con i bastoncini

di legno, gli spray o semplicemente alcune

gocce di essenze naturali, sono un

accessorio indispensabile per rendere la

nostra casa unica e personale. Ancora

meglio se sono completamente naturali

senza aggiunta di componenti chimici

e soprattutto senza ftalati. Questo fa sì

che anche un’esposizione prolungata non

provochi fastidi come pesantezza o mal di

testa.

QUALE SCEGLIERE?

La scelta del giusto profumatore è molto

importante in quanto non solo le note olfattive

sono diverse, ma ogni fragranza ha

proprietà benefiche differenti.

Il profumatore

Olivo è caratterizzato

da

Antonio

Pieri

fragranze fresche e balsamiche che si

associano a un profumo erbaceo e vivace

di rosmarino e menta, capace di rilassare

e ridurre lo stress. Questa fragranza

è consigliata per il soggiorno o zone di

relax, poiché riesce a rendere l’ambiente

sano, pulito e fresco. Portando benessere

al nostro corpo e alla nostra mente.

Il profumatore Agrumi ha una fragranza

più fresca e frizzante con note molto

evidenti di arancio, limone e bergamotto,

grazie alle quali dona all’ambiente un’atmosfera

vivace, energizzante, stimolante

e dinamica, favorendo così il buon umore

e migliorando la concentrazione. Per questo

motivo si consiglia di posizionarlo in

zone di studio o lavoro. E’ molto utile anche

in cucina per eliminare i cattivi odori.

Infine il profumatore alla Rosa sprigiona

gradualmente la sua elegante fragranza

di note fiorite e fresche di rosa turca,

foglie di geranio e lievi accenti fruttati di

melone. E’ una fragranza accogliente e rilassante

che consigliamo di posizionare

nell’ingresso oppure nelle zone notte e

di relax.

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I nostri diffusori ambiente spray sono ottimi

per essere utilizzati come profumatori

per l’auto. Due o tre spruzzate daranno

alla vostra auto un profumo naturale e duraturo.

Molto utili per disinfettare e profumare

le ancora utili mascherine facciali.

Nato a Firenze nel 1962, Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda

il Forte srl e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici

naturali per il benessere secondo la più alta tradizione manifatturiera toscana

che hanno come principio attivo principale l’olio extravergine di oliva toscano IGP

biologico. Esperto di cosmesi, profumeria ed erboristeria, svolge anche consulenze

di marketing per primarie aziende del settore. Molto legato al territorio toscano e

alle sue eccellenze, è somelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.

Per info:

antoniopieri@primaspremitura.it

Antonio Pieri

PROFUMI NATURALI

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Dimensione

Salute

A cura di

Stefano Grifoni

Quando essere buoni non conviene

di Stefano Grifoni

Oggi essere buoni non conviene,

attira le antipatie e l’invidia

della gente. In tutti i settori

sembra sia necessario sminuire la

bravura dell’altro magari per elevare

le proprie potenzialità. Secondo alcuni

questo fenomeno sarebbe messo

in campo per evitare che componenti

di spicco della società finiscano per

dominare il gruppo e suggerisce comportamenti

di sospetto nei confronti

dei più bravi o di quelli che vogliono

apparire migliori. L’idea che altri si diano

da fare più di noi non piace perché

rischia di far apparire noi stessi meno

bravi. E’ semplice mettere i bastoni

fra le ruote delle persone per far sì

che collaborino sempre di meno, fa-

cendolo apparire un modo per favorire

il sistema. Delegittimare gli altri può

essere una pratica rischiosa per chi

la persegue. Meglio essere buoni ma

non troppo. I buoni dormono meglio la

notte, ma i cattivi se la spassano più di

giorno. Le persone buone non sanno

vendicarsi, ma questa loro mancanza

fa più male di una vendetta.

Ph. courtesy northernnatalcourier.co.za

Stefano

Grifoni

Nato a Firenze nel 1954, Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso

dell’Ospedale di Careggi e sempre presso la stessa struttura è direttore del Centro di riferimento regionale

toscano per la diagnosi e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Ha condotto numerosi

studi nel campo della medicina interna, della cardiologia, della malattie del SNC e delle malattie respiratorie e nell’ambito

della medicina di urgenza. Membro del consiglio nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza,

è vice presidente dell’associazione per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e

membro tecnico dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze. Ha pubblicato oltre 160 articoli su riviste

nazionali e internazionali nel settore della medicina interna e della medicina di urgenza e numerosi testi scientifici

sullo stesso argomento. Da molti anni collabora con RAI TRE Regione Toscana nell’ambito di programmi di medicina,

con il quotidiano La Nazione e da tre anni tiene una trasmissione radiofonica quotidiana sulla salute.

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ESSERE BUONI


A cura di

Emanuela Muriana

Psicologia

oggi

Gelosia: una paranoia travestita d’amore

di Emanuela Muriana

Lo stereotipo è che la gelosia sia indice

di amore quando invece è indice

d’insicurezza patologica per

chi la prova ed è un sentimento non soltanto

negativo ma distruttivo. Fa soffrire sia

chi ne è tormentato sia chi ne diventa inevitabilmente

vittima. La gelosia può sussistere

ma, come la noce moscata sul cibo,

non deve farsi sentire. Perciò, se possibile,

dev’essere eliminata, se non è possibile,

dev’essere elaborata e, se non è possibile,

dev’essere curata. Il sentimento della

gelosia è a tutti noto, ma in alcune estremizzazioni

assume tratti patologici. Nella

“sindrome di Otello” il dubbio non esiste:

l’altro “è” infedele. La ricerca delle “prove”

non serve qui a dirimere un dubbio,

ma serve piuttosto a “inchiodare” il colpevole

ad una testimonianza inconfutabile:

«Ho le prove del tuo tradimento!». Così

c’è chi sottopone tutti i giorni il partner a

martellanti interrogatori, chi controlla minuziosamente

la castità del suo abbigliamento,

chi la corrispondenza e il telefono,

chi persino la biancheria intima alla ricerca

di indicatori di attività sessuali illecite. Costoro

non percepiscono la propria gelosia

come conseguenza del “modo di essere”

dell’altro, decodificato sempre a senso

unico. Come tutti i paranoici, anche i

gelosi patologici finiscono col costruire

esattamente ciò che temono, ovvero la realtà

che poi inevitabilmente subiscono. Di

fatto, rendono la vita durissima ai loro

partner e finiscono

col mi-

nare profondamente la relazione

amorosa. Spesso torturano a tal

punto l’altro che la relazione inevitabilmente

finisce per “sfinimento”

del partner. Partendo da

premesse errate (lui/lei potrebbe

tradirmi), attraverso una logica

stringente − suffragata da ricerche

di prove inconfutabili − il

sospettoso giunge a conclusioni

corrette dal suo punto di vista.

Così il geloso patologico si

muove al ritmo del Bolero di Ravel.

La gelosia inizia con una nota

appena udibile, ma sufficiente

ad aprire le porte al machiavellico

sospetto; poi, in un crescendo

di note, toni e strumenti, si arriva

all’happening finale dove tutta

l’orchestra suona ai toni più alti

e imperiosi. Non è però l’estasi

d’amore che va in scena, ma la

chiarezza del tradimento. Spesso accade

che la ricerca della verità porti ad un’escalation

nella relazione, con richieste sempre

più incalzanti, fino all’uso della violenza

per estorcere una confessione impossibile.

E l’esito può essere catastrofico, come

spesso testimoniato dai fatti di cronaca: il

geloso paranoico può diventare molto pericoloso

per gli altri, ma anche per se stesso.

Non dobbiamo tuttavia dimenticare

una salutare premessa: nessuno può essere

esente dal provare attrazione verso

qualcun altro che non sia il partner, così

come non si possono evitare fantasie conturbanti

o sogni erotici che includono altre

persone. Se tutto questo può apparire

inaccettabile, è certo che la sincerità assoluta

nella coppia è un segno conclamato

di legame basato sul mutuo soccorso e

non di complicità e passione. Il linguaggio

del geloso è lucido, l’ideazione è figlia

di Aristotele e segue una stringente logica

ipotetico-deduttiva. La tesi, che porta

alla sintesi, è impossibile da confutare

poiché quello che lui persegue sono soltanto

le prove a conferma di ciò che crede.

La gelosia è una paranoia travestita d’amore,

non è assolutamente amore.

Emanuela

Muriana

Emanuela Muriana vive e lavora prevalentemente a Firenze. E’ responsabile

dello Studio di Psicoterapia Breve Strategica di Firenze, dove svolge

attività clinica e di consulenza. E’ specializzata al Centro di Terapia Strategica

di Arezzo diretto da Giorgio Nardone e al Mental Reasearch Institute di

Palo Alto CA (USA) con Paul Watzlawick. Ricercatore e professore della scuola

di specializzazione quadriennale in Psicoterapia Breve Strategica (MIUR) dal

1994, insegna da anni ai master clinici in Italia e all’estero. E’ stata professore

alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, presso le Università di Siena (2007-2012) e

Firenze (2004-2015). Ha pubblicato tre libri e numerosi articoli consultabili sul

sito www.terapiastrategica.fi.it.

Studio di Terapia Breve Strategica

Viale Mazzini 16, Firenze

+ 39 055-242642 - 574344

Fax 055-580280

emanuela.muriana@virgilio.it

GELOSIA

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Stefania Pratesi

Gli scaffali del tempo

di Diana Cardaci

Le opere di Stefania Pratesi hanno

un gusto antico e allo stesso tempo

un profumo contemporaneo. I

suoi pannelli richiamano alla mente

la meraviglia di capolavori come

lo studiolo di Federico da Montefeltro

a Urbino. Sono opere in cui

il virtuosismo tecnico e l’omaggio

all’umanesimo rinascimentale

abbracciano un’atmosfera intima

e raccolta, nascondono un amore

segreto. Le opere della pittrice

fiorentina sono definibili come

trompe l’oeil, i quali permettono

di sbirciare dentro gli scaffali di

librerie verosimili e fantastiche, ,

spazi in cui lo spirito si rivela in

tutta la sua autenticità e carica immaginifica.

Non per nulla, è ben

in vista un volume intitolato Oltre

i confini, visto che l’intento

della pittrice sembra proprio questo:

scrutare oltre le contingenze,

andando ad attingere dall’energia

e dalla materia stessa della mente

e dello spirito attraverso i libri.

Del resto siamo portati a varcare

i confini di quegli scrigni-scaffali

che l’artista ci presenta, superando

gli schermi e i veli che ci pone

davanti la realtà, alla ricerca del

cuore pulsante delle cose, del loro

spirito.

Stefania Pratesi

Via Ardengo Soffici, 4 / 50060 (fraz. Leccio), Reggello (FI)

+39 055 8657653 / +39 3683227463

pratesi.stefania@gmail.com

Attraverso il passato (1995), sportellone originale

di finestra in legno, olio e foglie d’oro,

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Il Cinquecentenario di Cosimo e Caterina de’

Medici (2019), anta sportello originale in

legno massello, cm 52x115

Effetto Estensionismo (2001), finestra con ante antiche e originali dipinte e intagliate con

tecnica mista, finestra cm 83xh80, ante cm 34x70

Manoscritti e oltre i confini (2016-2018),

sportelli originali in legno intarsiati e dipinti con

tecnica mista, cm 50x110


Ritratti

d’artista

Chiara Piccardi

La freschezza espressiva di una giovane artista

di Doretta Boretti

E’ veramente lusinghiero incontrare

una giovane come Chiara

Piccardi così innamorata del-

Grace Kelly, acrilico su tela, cm 50x40

la pittura tanto da vivere questa passione

fin dalla più tenera età: «Dipingo da

quando ero molto piccola − dichiara l’artista

−, frequentavo i primi anni delle

scuole elementari e fino a una certa

età ho dipinto come autodidatta». In

lei non si è mai spento il desiderio di

imparare; così ha iniziato a frequentare

numerosi corsi di pittura e in particolare

un corso con la pittrice Jeanne

Isabelle Cornière, artista e insegnante

d’arte a Firenze: «E’ stato il corso più

formativo tra tutti quelli che ho frequentato

in questi ultimi anni». Dopo

quell’esperienza, ha preso parte a

numerose mostre collettive: «Ho partecipato

a un concorso indetto dalla

Casa di Giotto a Vespignano e in un

secondo periodo ho aderito ad alcune

mostre organizzate dall’associazione

Toscana Cultura presieduta da Lucia

Raveggi». Chiara ama la ritrattistica

nella quale esprime tutta la sua giovinezza

e freschezza; con quell’impron-

ta, con quel tratto così personale, coglie

l’attimo di un sorriso o la quiete del sonno

di un fanciullo, per poi passare a paesaggi

cittadini e nature morte, senza mai

abbandonare quelle linee e quei colori

che la contraddistinguono e che permettono

di leggere la realtà attraverso i suoi

occhi. Riguardando la galleria dei suoi

quadri sul sito internet e su Facebook, è

possibile rilevare come la gioia e il dolore

siano sempre sublimati da un punto

luce che domina tutti i suoi lavori. Ed

è proprio grazie a quel punto luce, così

ben definito, che l’artista riesce a placare

la sofferenza e l’inquietudine del vivere

umano.

www.chiarapiccardi.it

arte@chiarapiccardi.it

+ 39 340/3029960

Chiara Piccardi Pittrice

chiarapiccardipittrice

Chiara Piccardi Pittrice

Relaxing time, acrilico su tela, cm 50x70

Piazza Duomo a Pistoia, acrilico su tela, cm 40x40

CHIARA PICCARDI

27


Il cinema

a casa

A cura di

Lorenzo Borghini

Gummo

Le inquietudini della società moderna nel racconto

lucido e spietato di Harmony Korine

di Lorenzo Borghini

Xenia, Ohio, Xenia, Ohio...

Qualche anno fa un tornado

si è abbattuto sul villag- «gio. In tanti sono rimasti uccisi, qui sono

morti cani, sono morti gatti, case spaccate

a metà, collane e braccialetti sopra

gli alberi... i morti avevano le ossa che

gli uscivano dalla testa, Oliver ha trovato

una gamba sul letto. Molti padri di famiglia

sono morti durante il grande tornado,

io ho visto una ragazza volare per

aria e gli ho guardato sotto la gonna. La

scuola è distrutta e sono morti dei bambini.

Il mio vicino è stato fatto a pezzi e

aveva una bici da corsa e un grande triciclo,

la sua testa non è mai stata trovata...

mi è sembrato divertente». Questo l’agghiacciante

incipit che ci fionda dritti nel

mondo amorale creato dall’allora ventiquattrenne

Harmony Korine. A narrare la

storia è Solomon, un bambino che guarda

le cose con occhi adulti e malati. La

sua è una voce cupa, quasi enciclopedica

nell'elencare tutto ciò che è successo

durante la tragedia passata. Solomon si

aggira per Xenia con il compagno di scorribande

Tummler, adolescente lasciato a

se stesso da un padre buono a nulla, bravo

solo a bere birra. Tutti gli adulti del

paese sono annientati dalla vita come il

padre di Tummler, vivono in stato catatonico,

giocano a braccio di ferro, bevono

birra e peggio ancora lasciano fare il bagno

ai propri figli in acque putride che al

solo guardarle verrebbe voglia di vomitare.

Gatti uccisi. Soldi. Colla da sniffare.

Gatti massacrati. Soldi. Puttane grasse

ritardate. Questo il trend abituale dei due

ragazzi che vendono le carcasse esanimi

di poveri gatti randagi al macellaio del

paese. Dopo poco vengono a conoscenza

che a Xenia c'è un concorrente in “affari”,

è il giovane Jarrod, che uccide gatti

avvelenandoli per pagare le spese mediche

della nonna. La loro storia è solo la

trama semplice di un film complesso che

mostra allo spettatore senza nessun filtro

etico brutalità all’ordine del giorno,

raccontate sotto forma di interviste o di

microstorie slegate dal racconto base.

Pedofilia, esperienze omosessuali, violenza

sugli animali, tutto viene mostrato

così com’è, senza moralismi, creando

un senso di straniamento nello spettatore

medio, abituato ad essere guidato per

mano durante la narrazione. Gummo è figlio

degli anni Novanta. E’ figlio di uno

stile vintage e senza fronzoli. E’ l’esor-

dio di una mente che si era già distinta

due anni prima (a soli ventidue anni) per

la sceneggiatura di Kids di Larry Clark.

Una mente turbata che ci proietta in tutte

le sue inquietudini, in tutte le inquietudini

della società moderna, in tutto ciò che

di malato ci circonda, colpendoci forte,

stordendoci dall’inizio alla fine con un

sabba di figure disturbate e disturbanti

che non dimenticheremo facilmente.

28

GUMMO


Arte e impegno

sociale

Strade interrotte

Il docufilm di Lorenzo Borghini sul dramma delle morti stradali

di Doretta Boretti / foto courtesy Lorenzo Borghini

Lorenzo Borghini, conosciuto

e affermato giovane scrittore

e regista, in questi ultimi mesi

si sta occupando di un tema veramente

spigoloso: quello degli incidenti stradali.

Che cosa ti ha spinto a pensare a un

documentario come Strade interrotte?

L’idea nasce da un mio caro amico, Andrea

Pampaloni, con cui ho scritto il

soggetto, esperto di strada che ha visto

morire tante persone ai vari raduni

di motociclisti a cui ha partecipato, fino

al giorno in cui ha deciso di vendere

la moto. Ho riflettuto sulle sue parole

e mi è tornato in mente Massimiliano,

un ragazzo che era nella classe accanto

alla mia alle superiori. Nell’estate

post diploma perse la vita in un grave

incidente stradale tornando da Viareggio.

Era trasportato, e il guidatore,

un suo amico, si è schiantato contro il

guardrail in autostrada a 210 chilometri

orari. Classica strage del sabato sera,

che però in quel caso coinvolse un

mio conoscente. Quindi ho iniziato ad

informarmi sull’argomento, a chiamare

amici di famiglia che hanno perso i figli

per causa di incidenti stradali e a scrivere

tutta la struttura del film, smontandola

e rimontandola più volte fino a

trovare un equilibrio.

Ho avuto il privilegio di vedere alcune

scene da te girate e mi sono sembrate

proprio “senza veli”.

Strade interrotte è un pugno nello stomaco,

un po’ come lo è stato Diaz di

Daniele Vicari. Con la differenza che

Diaz è un film di finzione, anche se tratto

da fatti realmente accaduti, mentre il

mio è un documentario, quindi, inevitabilmente

fa più male. Ho creato appositamente

anche delle parti di fiction

come incipit ad ognuno dei cinque capitoli

che compongono il film, per andare

a creare un immaginario comune in cui

chiunque può rispecchiarsi, dal genitore

che ha perso un figlio al responsabile

di un incidente stradale. Il tutto accompagnato

dalla coinvolgente voce dell’at-

tore Maurizio Lombardi.

Molti si sono già dedicati a realizzare

documentari e spot pubblicitari su

questo tema senza riuscire a smuovere

più di tanto le coscienze. Che

marcia in più ha il tuo progetto?

Viviamo in un mondo in cui la violenza

è alla portata di tutti. I giovani guardano

ogni giorno video cruenti: dagli incidenti

stradali su YouTube, ai video di

attentati terroristici, per finire con gag

di persone che si fanno male in maniere

assurde sui social. La “shock therapy”

con loro non funziona, sono troppo “viziati”

da queste immagini. In più, molte

delle serie tv proposte da Netflix hanno

un taglio estremamente dark. Quindi

ho pensato che la chiave di volta potesse

essere riuscire a toccare le corde

emotive degli spettatori. Per farlo sono

“entrato in casa” delle persone, cercando

di raccontare le loro storie, seguendoli

nel quotidiano e instaurandoci un

rapporto empatico. Ho anche pianto durante

un’intervista, quindi spero che le

emozioni che ho provato possano

raggiungere anche i giovani che si

mettono alla guida.

Chi sta collaborando con te alle riprese

e quando verrà ultimato per

poterlo finalmente vedere?

Al centro, di spalle, il regista Lorenzo Borghini durante le riprese

Il film è prodotto dalla mia società di

produzione, la Garden Film, e dalla

Keep Digging Production di Modena.

La troupe è solida, consolidata

ormai da anni. Il direttore della fotografia,

Tommaso Alvisi, lavora con

me da due anni, mentre con il montatore,

Theo Putzu, viviamo ormai

da tre anni in piena simbiosi artistica.

Non potrei montare più nessun

film senza Theo. Il 15 novembre

2020 il film uscirà al cinema, in occasione

della Giornata mondiale in

ricordo delle vittime della strada.

STRADE INTERROTTE

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Firenze

Mostre

Emo Formichi

La fantasia al potere: dieci opere del maestro pientino

in mostra all’Auditorium al Duomo di Firenze

di Fabrizio Borghini / foto courtesy dell’artista

Da lunedì 24 agosto a domenica

6 settembre 2020 la mostra di

dieci importanti opere del maestro

Emo Formichi, esposte nella Sala

Borselli dell’Auditorium al Duomo di

via Cerretani a Firenze, ha rappresentato

una delle mete predilette di tanti fiorentini

e, anche se in numero minore per

le conseguenze del Coronavirus, di turisti

in visita nel capoluogo. L’artista pientino

è stato invitato da Lucia Raveggi, presidente

dall’associazione Toscana Cultura,

e dalla Fondazione Del Bianco come

ospite d’onore della mostra conclusiva

della grande rassegna d’arte contemporanea

inaugurata all’indomani della quarantena

che ha visto, per due mesi, oltre

duecentocinquanta artisti esporre ben

settecento opere per celebrare la ripresa

dell’attività espositiva nel centro storico

di Firenze. Formichi è tornato così

ad esporre nella città dove debuttò nel

2000 alla Galleria Mentana che coraggiosamente

propose opere in controtendenza

rispetto alla ormai consolidata linea

espositiva della galleria. Sicuramente ebbe

un ruolo determinante in quella scelta,

oltre al “fiuto” artistico della gallerista

Laura Adreani, l’avallo critico di Mario

Luzi che fortissimamente volle portare

nella sua città, un concittadino della sua

città d’adozione: Pienza. Il grande poeta,

infatti, da anni aveva scelto come buen

retiro la quattrocentesca cittadina della

Val d’Orcia e lì aveva avuto l’opportunità

di visitare la bottega d’arte di Formichi

rimanendo inizialmente folgorato e

successivamente ripetutamente sorpreso

dalle innumerevoli creazioni partorite

dalla fervida fantasia di un artista sui generis,

un autodidatta formatosi non sui

banchi di una scuola d’arte o di un’accademia

ma su quelli più scomodi della

scuola della vita, facendo il contadino,

lavorando in una draga sul fiume Orcia,

attraversando alla guida di un camion

quello straordinario territorio poi divenuto

patrimonio dell’umanità per volontà

Il maestro Emo Formichiintervistato dal giornalista Fabrizio Borghini

Il motociclista

dell’Unesco. «Mi sono fermato alla quinta

elementare – ha dichiarato Emo davanti

al pubblico quasi scusandosi – ma

ho continuato a studiare da autodidatta

la natura, le fasi della vita, le persone,

gli animali...e ne ho tratto ispirazione per

Pinocchio

creare quello che mi ha dettato la fantasia.

Come l’ho fatto? Riciclando e assemblando

tutto quello che la quotidianità mi

ha fatto incontrare ogni giorno: ferraglie

ed oggetti rifiutati dalla società, vuoti

a perdere nel senso di nessun valore

30

EMO FORMICHI


per gli altri ma non per me. Io li ho sempre

considerati una risorsa perché li ho

trasformati in qualcos’altro, uccelli palustri,

viandanti, celebrità come Charlot o il

Gobbo di Notre Dame, o una Ferrari o la

moto di Valentino Rossi». Il critico d’arte

Nino Petreni, nel presentare le opere

al pubblico dell’Auditorium al Duomo le

ha definite geniali, sorprendenti, intuitive

nel senso che a monte non hanno uno

studio preparatorio, ma nascono dal colpo

d’occhio, dalla fantasia e soprattutto

dalla voglia di comunicare l’inesauribile

amore verso la vita in tutte le sue declinazioni.

«Emo deve tantissimo a Mario

Luzi – ha sottolineato nel suo intervento

Petreni che è stato anche assessore alla

Cultura del Comune di Pienza − perché

se il nostro concittadino onorario non gli

avesse concesso la possibilità di avere la

visibilità che poi ha avuto, sarebbe rimasto

un artista di dimensione locale, periferico

rispetto alle grandi ribalte dell’arte.

Invece grazie a quello che nel tempo è divenuto

anche un suo amico fraterno, ha

potuto attirare l’attenzione di importanti

critici come Vittorio Sgarbi. E’ stato grazie

alle prestigiose recensioni di Luzi che

in seguito ha potuto essere preso in considerazione

da personaggi del calibro del

Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

e di quello del Consiglio regionale

della Toscana Eugenio Giani». Anche il

professor Ugo Barlozzetti, nel presentare

la mostra, ha tessuto le lodi del novantatreenne

artista evidenziando quella che è

In questa e nelle altre foto lo studio dell’artista a Pienza

stata l’impresa più ardua raggiunta, quella

di riuscire a coniugare mirabilmente

il mondo naturale con quello artificiale

dando vita a un campionario di creazioni

che esprimono stupore, entusiasmo, genialità,

autoironia. In anteprima a Firenze

è stato esposto il Pinocchio in bronzo

che andrà ad impreziosire il Parco di Collodi.

La cerimonia di consegna e l’installazione

avrebbero dovuto tenersi lo

scorso 31 maggio in occasione del compleanno

del famoso burattino ma la pandemia

ci ha messo lo zampino e ha fatto

slittare l’evento al mese di settembre. Nel

frattempo un’opera di Emo,

insieme a quelle di altri trenta

artisti, è in una mostra di lunga

durata che si è inaugurata

a Pienza sabato 29 agosto; propone novantacinque

opere della qualificata collezione

del critico letterario Leone Piccioni,

altro cittadino onorario di Pienza, altro

grande amico ed estimatore di Emo, che

acquistò una sua pregevole Ballerina per

inserirla nella prestigiosa collezione che

andava componendo con opere di artisti

di livello internazionale. La figlia Gloria ha

voluto esporle come omaggio postumo

del padre alla città che ha amato, e dove

ha voluto essere sepolto, e agli artisti che

sono stati suoi compagni di vita.

Emo Formichi

Via secondo risorgimento italiano, 1

53026, Pienza

+ 39 0578 748692

EMO FORMICHI

31


Dal teatro al

sipario

A cura di

Doretta Boretti

I professionisti del teatro

Ne parliamo con il direttore di scena Guglielmo Visibelli

di Doretta Boretti

Ci sono alcune figure professionali,

a volte poco conosciute dai più,

senza le quali il sipario non potrebbe

aprirsi e lo spettacolo avere inizio.

A partire dal personale che igienizza l’ambiente,

alle persone del guardaroba, alle

maschere che permettono a chi entra

in teatro di assistere allo spettacolo in sicurezza,

per arrivare al personale tecnico

specializzato di cui ci riferirà un affermato

direttore di scena, conosciuto sia per la

sua professionalità che per la sua comprovata

esperienza: Guglielmo Visibelli.

Un ruolo, quello del direttore di scena,

che lei sta svolgendo da molti anni.

Sì, sul palcoscenico ho iniziato a lavorare

molti anni or sono. Ero studente universitario

di Storia della Musica, venivo da

una formazione culturale musicale e teatrale

ereditata da mio padre che cantava

nel coro del Teatro Comunale del Maggio e

anche nel Quintetto polifonico italiano Clemente

Terni. Inoltrai la domanda al Teatro

Comunale di Firenze per lavorare soltanto

la sera e il giorno studiare. Ma non è stato

così, perché il teatro ti “risucchia” e se poi

ti dà anche soddisfazione… Iniziai come

tecnico teatrale, macchinista, nel 1982; ho

fatto per la prima volta il direttore tecnico

per l’Opera di Barga, poi mi sono state offerte

delle tournée molto interessanti e nel

1984 ho iniziato a lavorare nel ruolo di direttore

di scena per il Teatro Regionale Toscano.

Il primo spettacolo come direttore

è stato La donna sul letto di Franco Brusati

con la regia di Brusati e Schlinkert, interpretata

da Edmonda Aldini, Paolo Graziosi,

Mauro Avogadro e Susanna Marcomeni.

L’anno successivo addirittura con Ronconi

in Commedia della seduzione, dove c’erano

da gestire ventidue attori e quattordici

tecnici, fu una bella impresa, con una

certa dose di incoscienza da parte mia; poi

ho continuato la collaborazione con il Teatro

Regionale Toscano. Ricordo, era il

1986, un altro spettacolo di Luca Ronconi

al Fabbricone di Prato, Ignorabimus di Arno

Holz, siamo stati chiusi dentro al Fabbricone

per due anni e mezzo. Aver potuto

frequentare dei mostri sacri così da vicino

è stata un’esperienza veramente unica.

So che lei è stato direttore tecnico per

diverso tempo anche del Teatro della

Compagnia, fino alla sua chiusura.

Successivamente, ha continuato il

suo rapporto con la signora Nunzi che

era la grande direttrice di produzione

del Teatro Regionale Toscano. I ruoli

da lei gestiti sono stati numerosi.

Avevo già una formazione diversa dagli

altri tecnici, poi mi piaceva svolgere tanti

altri ruoli. Il ruolo del tecnico, che sia elet-

Il Quintetto polifonico italiano Clemente Terni: Guglielmo Visibelli, il primo da sinistra

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I PROFESSIONISTI DEL TEATRO


Luca Ronconi in Ignorabimus (ph. courtesy lucaronconi.it)

Franco Brusati

tricista, fonico o macchinista, non è una

specificità da poco. L’attrezzista è il “trovarobe”,

quello che riesce a individuare

gli oggetti oppure li costruisce, non le

scene grandi, ma piccoli oggetti come tavolini,

maschere, piccole sculture, quindi

l’attrezzista sembra un ruolo marginale invece

è un ruolo fondamentale e ha un rapporto

diretto con lo scenografo e il regista.

Ma non si può essere preparati a fondo su

tutto. Il direttore di scena è un demiurgo

dello spettacolo, media e organizza le intenzioni

artistiche del regista con la parte

tecnica e quindi deve conoscere tutti i

ruoli tecnici. Ma spesso oggi è tutta un’altra

cosa.

In che senso?

Oggi i teatri, costretti dalle ristrettezze

economiche, usufruiscono sempre più

di persone non completamente formate

come tecnici teatrali. Prima c’era una

preparazione maggiore, a volte, si dice,

si dà più risalto all’illuminazione che a

quello che si deve illuminare. Il ruolo dei

tecnici un tempo era riconosciuto anche

da un punto di vista economico, sia come

professionalità che come disponibilità.

Non dimentichiamo che il tecnico di

una compagnia entra la mattina alle 8 e

esce la notte alle 2. I teatri stabili, i teatri

lirici e i teatri di tradizione hanno degli

orari più precisi, una sindacalizzazione,

ma non c’è alcuna differenza economica

tra chi fa le sue otto ore giornaliere

e chi invece va in tournée con una diaria

che è soltanto un rimborso spese con

una disponibilità totale, giorni feriali, sabati,

domeniche, festività, a volte senza

alcuna pausa dalla mattina alla notte

e anche una reperibilità costante. Fino a

venti forse venticinque anni or sono veniva

riconosciuta economicamente mentre

adesso no, assolutamente no.

Allora non ci si arricchisce con questi

lavori?

Mai arricchirsi. Uno spettacolo che può

girare cinque/sei mesi oggi è molto raro.

In genere sono tutte tournée “asciutte”.

Gli spettacoli teatrali sono molto diversi

dagli spettacoli dal vivo, dai grandi eventi,

con sfarzo eccessivo di mezzi tecnici,

il pubblico è abituato a delle cose fantasmagoriche

con dei costi incredibili e

dei ricavi enormi. Il teatro di prosa

o quello lirico sono una cosa più

intima, per cui l’approccio dello

spettatore dovrebbe essere diverso

da quello che gli viene proposto

da questi grandi spettacoli; quindi

che sia prosa, lirica, concerto o

balletto, bisognerebbe pretendere

la qualità nel piccolo, non nell’esteriorità

e nella grandiosità, dovremmo

lavorare soltanto per la

qualità del prodotto in una cornice

essenziale. In questo modo forse i

costi diminuirebbero e ci sarebbero probabilmente

più introiti per tutti.

Cosa consiglierebbe a un giovane riguardo

al ruolo di direttore di scena?

Non saprei. La volontà di lavorare bene

e la disponibilità sono caratteristiche

individuali. Ci vuole passione, come per

qualsiasi altro lavoro. Questa professione

è un’avventura, bisogna vedere cosa

si aspetta un giovane dal teatro e soprattutto

quanto gli piace il teatro perché

io do tutta la mia professionalità per

avere a volte soddisfazione e altre volte

no. Se poi il riconoscimento deve essere

economico allora in questo momento

gli consiglierei di percorrere un’altra

strada. Ma domani tutto potrebbe cambiare

e allora...

Edmonda Aldini (ph. courtesy gettyimages.it)

I PROFESSIONISTI DEL TEATRO

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KristiPo consegna al noto attore Massimo Boldi

l’opera che li ritrae insieme

Artista eclettica, pittrice, scultrice, poetessa, attrice

e regista, KristiPo è nata a Mosca e risiede

attualmente a Montecatini Terme. La sua formazione

è iniziata frequentando la scuola di cinema

e drammaturgia Sverdlovsk Film Studio a Ekaterinburg.

Ha seguito il corso accademico di arte

e lingua italiana all’Istituto Michelangelo e nel

2017 si è diplomata all’Accademia di Belle Arti

di San Pietroburgo. Amante della natura ed animalista

convinta, si dedica con eguale passione

alla pittura e alla poesia cimentandosi soprattutto

nel genere letterario giapponese dell’haiku.

Ha iniziato a scrivere

poesie all’età di quattro

anni e oggi unisce

il linguaggio poetico

alla pittura. Nel

2019 ha ricevuto un

premio per la prosa

realizzato in collaborazione

con l’emittente

televisiva Italia 7.

KristiPo

kristi_po_art_galleria


Eventi in

Toscana

Un quadro di Monica Giarrè a Eugenio Giani

La consegna è avvenuta alla Fornace de’ Medici durante

l’assegnazione del premio Francesco I al presidente

del Consiglio regionale

di Aldo Fittante / foto Carlo Midollini

Nella splendida cornice della Fornace

de’ Medici di Bivigliano,

commissionata nel 1569 da

Francesco I de’ Medici all’architetto Buontalenti

per fornire i materiali di cottura

della nascente Villa di Pratolino, si è tenuta

la prima edizione di un premio intitolato

proprio al secondo Granduca di

Toscana che volle edificare la sontuosa

magione, oggi purtroppo non più esistente,

per vivere la sua appassionata

storia d’amore con Bianca Cappello. La

manifestazione è stata promossa dall’associazione

Toscana Cultura ed impeccabilmente

organizzata dalla presidente

Lucia Raveggi in collaborazione con la

famiglia Ciatti che ha restaurato la storica

manifattura trasformandola in un

resort di lusso. L’onorificenza è stata attribuita

al presidente del Consiglio regionale

della Toscana Eugenio Giani per i

meriti acquisiti nel corso degli anni come

rappresentante delle istituzioni per la divulgazione

della storia della nobile casata

fiorentina. La realizzazione della medaglia,

raffigurante Francesco I, è stata affidata

al maestro orafo Paolo Penko che,

nel corso della serata, l’ha consegnata

personalmente al premiato. La giuria ha

deciso di assegnare, oltre alla medaglia

che simboleggerà il

premio anche nelle

future edizioni, un

ritratto che la pittrice

fiorentina Monica

Giarrè ha dedicato

a Francesco I; insieme

ad altri tredici

quadri fa parte del

corpus di opere della

mostra Gente di

casa. I Medici che

l'artista ha realizzato

dopo lunghi anni

di ricerche e lavoro. Questo impegnativo

confronto con le più rappresentative

figure medicee è stato coronato da due

mostre che hanno riscosso ampio consenso

sia di critica che di pubblico. La

prima si tenne nello storico Palazzo Nasi

di piazza de’ Mozzi a ridosso di Ponte

Vecchio nel 2017, ospitata dalla prestigiosa

Mirabili Arte con presentazione

della critica Daniela Pronestì; la seconda,

l’anno successivo, in un’altra dimora

nobiliare, il Palazzo Bastogi di via Cavour

che oggi è la sede del Consiglio regionale

della Toscana, dove approdò per esplicita

volontà del presidente Giani che la

presentò personalmente alla stampa e al

pubblico facendola accompagnare da un

prezioso catalogo pubblicato dalle Edizioni

del Consiglio. In occasione dell’evento,

Monica Giarrè ha voluto affiancare

al ritratto di Francesco I quelli raffiguranti

i suoi genitori ovvero Cosimo I e Eleonora

di Toledo, mettendo in forte imbarazzo

il premiato che, dovendo collocare l’opera

nella sala di presidenza del Consiglio

regionale, ha preferito optare per il ritratto

di Cosimo riconoscendogli il merito

storico di aver dato vita e conformazione

all’attuale Regione Toscana.

Io Re - Dux, Cosimo I (2017), tecnica mista su tela, cm 70x100

Il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani con la pittrice Monica Giarrè

durante la consegna del premio alla Fornace de’ Medici

PREMIO FRANCESCO I

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Anteprima

Mostre

Ottone Rosai

Montevarchi celebra il maestro toscano con un’importante

mostra al Palazzo del Podestà

di Barbara Santoro

La mostra dedicata ad Ottone Rosai

(Firenze, 1895 - Ivrea, 1957)

che avrebbe dovuto inaugurare

ad aprile per festeggiare il centenario

della prima personale fiorentina dell’artista

nel 1920, a causa dell’emergenza

sanitaria aprirà i battenti a Montevarchi

il prossimo 25 ottobre fino al 31 gennaio

2021. Curata dal critico e storico

dell’arte Giovanni Faccenda, massimo

esperto di Rosai e curatore del catalogo

generale delle sue opere, la mostra riunisce

circa cinquanta lavori tra disegni

ed oli che raccontano un preciso momento

della storia dell’artista: il ventennio

fra le due grandi guerre, dal 1919 al

1932. Accanto ad opere già conosciute

saranno esposti anche capolavori inediti

emersi dalle accurate ricerche che

Giovanni Faccenda ha compiuto e continua

a compiere nelle collezioni private

e nelle raccolte di coloro che ebbero

rapporti con Rosai oppure con i suoi

galleristi o con gli eredi. La sensibilità

e l’attenzione che Faccenda rivolge da

sempre all’opera di Rosai gli hanno permesso

di scoprire una raccolta privata

romana, già esposta nel 1932 a Palazzo

Ferroni, dieci dipinti di fine anni Venti

e inizio anni Trenta ricercatissimi fino

ad ora. La sindaca di Montevarchi, Silvia

Chiassai Martini, è stata catturata

dalla grandiosa espressione di umanità

che emerge dalle opere del maestro

e ben felice ha accolto l’idea di ospitare

un’esposizione dei suoi capolavori nel

Palazzo del Podestà, luogo che, dopo

un accurato restauro, è tornato all’antica

bellezza. Sarà l’occasione per fare

conoscere al grande pubblico le opere

di un maestro che ho avuto il piacere

di incontrare quando ero bambina, insieme

a mio padre, nel suo studio in via

San Leonardo. Per il mio diciottesimo

compleanno, mio padre mi chiese se

regalarmi una pelliccetta di visone oppure

i disegni di Rosai con le facciate

delle chiese fiorentine. Com’è facile immaginare,

scelsi i disegni, che ancora

oggi conservo con affetto nella mia collezione

privata.

Piazza del Carmine (1922), olio su tela, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze

Autoritratto con Palazzo Vecchio

(1955), olio su tela, Museo del

Novecento, Firenze

36

OTTONE ROSAI


A cura di

Daniela Pronestì

Occhio

critico

Francesca Parrini

Ritratto di una donna fotografa

di Daniela Pronestì / foto Francesca Parrini

La tecnica da sola non basta per

scattare una buona fotografia.

Occorre avere cultura visiva,

sensibilità estetica ma soprattutto una

dote per niente scontata, ovvero quell'intuito

e non governabile, come lo definiva

Henri Cartier-Bresson, che guida la

mente e quindi anche l’occhio del fotografo

a riconoscere e a catturare, spesso

in corsa contro il tempo, un soggetto

interessante. E’ seguendo quest’intuito

che Francesca Parrini si è avvicinata

al mezzo fotografico, per trovare una

forma d’espressione che le consentisse

di fermare nel tempo le emozioni provate

a contatto con l’ambiente naturale

o nella vita quotidiana; uno strumento

per capire, raccontare e se necessario

anche protestare contro ciò che offende

la bellezza del mondo e la dignità

delle persone. Ad affascinarla è soprattutto

la possibilità di servirsi dell’obiettivo

come di un filtro attraverso il quale

trasfigurare la realtà, immaginando metamorfosi

impossibili e attribuendo nuovi

significati alle cose. E’ un vedere oltre

il visibile, avvalendosi della fantasia per

trasformare i fiori in corpi femminili,

i frutti in creature immaginarie, le rocce

in paesaggi lunari. Dettagli che con

l’ausilio della post-produzione generano

mondi “altri”, visioni in cui s’incarnano

pensieri, riflessioni, stati d’animo.

Occasioni, spesso, per offrire un’interpretazione

del femminile lontana dagli

stereotipi, soprattutto dai canoni estetici

che ingabbiano il corpo delle donne.

In questo caso, è come guardarsi allo

specchio, riconoscendo nella figura immortalata

parti nascoste di sé, dolori sopiti

dal tempo, desideri, contraddizioni e

quella voglia mai del tutto appagata di

mostrarsi liberamente per ciò che si è,

senza maschere né infingimenti. Bisogna

avere coraggio per amarsi, per accettare

se stessi, specie quando, come

nel caso delle donne, l’accettazione passa

attraverso lo sguardo altrui, il giudi-

zio di una società ancora troppo incline

alla discriminazione nei confronti del genere

femminile. La fotografia − sembra

dire Francesca Parrini − assomiglia alla

vita, non solo perché, proprio come la

vita, è fatta di istanti da cogliere e conservare

nel grande archivio della memoria,

ma anche perché della vita riflette

luci e ombre, carne e anima. Nel grande

interminabile gioco delle apparenze,

le interessa cercare qualcosa che duri,

un’essenza profonda, affinché l’immagine

non sia più soltanto documento ma

rivelazione del senso celato dietro le cose.

In altre parole, fotografare il mondo

fuori per far emergere il mondo dentro:

più che una sfida, un sentimento che accompagna

ogni suo scatto, consegnando

all’osservatore il racconto di uno

sguardo nitido e senza pregiudizi.

Francesca Parrini Photographer

lemiemozionivedono.wordpress.com

francesca.parrini@libero.it

La visibilità va scelta

Vissuta di imperfezioni, perfettamente dotate

FRANCESCA PARRINI

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Mostre in

Italia

Racconti di fine estate

La mostra di Simultanea Spazi d’Arte al Terme Beach

Resort di Punta Marina

di Serena Gelli / foto Daniela Pronestì

Dal 25 agosto al 19 settembre

2020, Simultanea Spazi d’Arte

propone la mostra Racconti

di fine estate al Terme Beach Resort

di Punta Marina a Ravenna, splendida

location sul lungomare ravennate che

da diversi anni ospita nella propria elegante

ed ampia hall la rassegna di arti

visive Arte&Vacanze curata da Andrea

Petralia. Simultanea Spazi d’Arte, associazione

artistico-culturale nata a Firenze

nel 2011 e diretta dalle storiche e

critiche d’arte Roberta Fiorini e Daniela

Pronestì, propone in questa occasione

artisti italiani e stranieri con i quali collabora

da sempre, ciascuno nella propria

peculiare espressività e tecnica in

ambito pittorico e fotografico, in un

percorso che va dal realismo all’astrazione

gestuale e materica, passando

dalle tecniche tradizionali ad opere più

sperimentali e polimateriche. Alla figura

umana e al paesaggio fanno da controcanto

lavori maggiormente concettuali

che spaziano dalla trasposizione in

chiave astratta di suggestioni naturalistiche

a vere e proprie composizioni

dedicate alla tematica ambientalista.

L’approccio ad una pluralità di linguaggi

artistici contraddistingue da sempre

la vocazione associativa di Simultanea,

che si propone di dar voce alla creatività

in tutte le sue forme e declinazioni

per offrire, come in questa mostra,

un panorama estetico e concettuale di

grande suggestione visiva e motivazione

cognitiva. Gli artisti sono: Simonetta

Fontani, Alessandro e Jacopo Gori,

Francesca Guetta, Nicole Guillon, Ro-

Una panoramica delle opere in mostra

berto Loreto, Franco Margari, Mauro

Martin, Miya Ozaki, Francesca Parrini,

Milvio Sodi, Enzo Verdelli. Oltre che nella

sede espositiva del resort, la mostra

si svolgerà anche sul sito www.mecenate.online,

piattaforma per la vendita

di opere d’arte online ideata da Antonino

Petralia e rivolta al mercato internazionale.

Tutte le opere in mostra, infatti,

saranno visibili anche sulla piattaforma

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RACCONTI DI FINE ESTATE


visitando direttamente il sito oppure accedendovi

attraverso il QR code attribuito

ad ogni opera nella sede espositiva.

Arte e innovazione tecnologica si sposano

quindi in un evento che ambisce

nella pluralità di cifre stilistiche proposte

ad intercettare i gusti di un pubblico

eterogeneo tra i tanti turisti e ospiti

della struttura termale luogo dell’esposizione.

La rassegna si avvale del patrocinio

del Comune di Ravenna.

Inquadra il QR code per visualizzare le

opere in mostra sulla piattaforma

Mecenate.online

Evento promosso da: In collaborazione con: Con il patrocinio di:

RACCONTI DI FINE ESTATE

39


Personaggi

Alla vigilia dalle elezioni regionali, Aldo Fittante

intervista Eugenio Giani, candidato del centrosinistra

per la sfida a governatore della Regione Toscana

Testo e foto di Aldo Fittante

Candidato del centrosinistra per la

sfida a governatore della Regione

Toscana, in questa intervista

Eugenio Giani racconta la sua “Toscana

nuova” concentrandosi soprattutto sui

seguenti punti: lavoro, economia, ambiente,

infrastrutture, formazione e ricerca.

Un’attenzione particolare anche al

brand Made in Tuscany come opportunità

per lo sviluppo delle imprese toscane,

al fine di valorizzare le loro autentiche

produzioni artigianali ed il grande appeal

che la Toscana può evocare ai fini promozionali

nel mercato mondiale.

Lavoro ed economia sono certamente

focus strategico per il rilancio della

nostra regione, quali sono le innovazioni

contenute nel suo programma

su tali delicati temi?

Il tema del lavoro è cruciale per il futuro

della Toscana, un’indiscussa priorità. Il

mio programma propone una svolta sul

tema dell’occupazione, con una sinergia

di interventi tra i quali il potenziamento

degli incentivi per la crescita dell’imprenditoria

giovanile e lo sviluppo dei

centri per l’impiego. Solo così potrà realizzarsi

il nostro ambizioso progetto della

Toscana del lavoro. Sul piano dell’economia

ci proponiamo di attrarre investimenti

con un’azione decisa e sinergica

che passa attraverso quattro direttrici:

anzitutto una politica di promozione ed

incubazione di startup innovative, finalizzata

a stimolare l’imprenditorialità nei

nostri giovani, valorizzando la loro formazione

particolarmente vocata all’innovazione

digitale. Il luogo simbolo per

generare l’incubatore che fisicamente

convogli questi giovani può essere Villa

Basilewsky a Firenze, immobile di proprietà

regionale che vedrei popolato da

centinaia di menti concentrate sull’innovazione,

così come avviene nelle capitali

europee o in aree vocate alla tecnologia

come Regno Unito, Israele, Corea,

Stati Uniti, Singapore, Cina.

Altra direttrice della politica economica

nel nostro programma è

quella che ci proponiamo di realizzare

attraverso una riforma

normativa sui protocolli insediativi,

in modo da favorire l’afflusso

di investimenti in siti produttivi

diffusi per la Toscana, sull’esempio

del progetto di investimento

da 150 milioni di euro da parte di

Menarini nel nuovo stabilimento

dell’Area Longinotti a Sesto Fiorentino,

la cui realizzazione porterà duecentocinquanta

nuovi posti di lavoro ed altrettanti

nell’indotto, un progetto alla cui realizzazione

ha contribuito molto anche il nostro

Consiglio regionale. In terzo luogo,

un’azione speciale per i siti industriali da

convertire, a partire dalla nuova frontiera

con cui rigenerare il polo siderurgico

Jindal collegato al nuovo porto di Piombino.

Quarta direttrice della politica industriale

che ci candidiamo a portare avanti

è il sostegno indiretto delle manifatture

dei distretti toscani con la formazione

di forza lavoro. Penso alla carta nell’area

lucchese, alla pelle nel comprensorio

del cuoio, al tessile e alla moda di Prato

e Scandicci, all’industria farmaceutica

diffusa, alla meccanica della Val d’Elsa e

Chianti, alla nautica sulla costa, alla robotica

nell’area pisana e dell’Arno Valley.

Sul piano delle politiche ambientali,

dall’economia circolare ai rifiuti, la

“Toscana nuova” di Giani su cosa intende

puntare?

Eugenio Giani, attuale presidente del Consiglio regionale

toscano (ph. courtesy La Nazione)

Ritengo che l’economia circolare sia un

vero e proprio motore della Toscana del

futuro. La centralità che l’economia circolare

deve rivestire sul piano delle politiche

ambientali nei prossimi anni è

evidente: le risorse che l’Unione Europea

ha stabilito nella fase post Covid si riferiscono

principalmente alle questioni ambiente

e salute che sono le più urgenti e

trovano proprio nei progetti di economia

circolare la loro migliore attuazione. Nei

miei programmi per la Toscana del futuro,

l’economia circolare ha un orizzonte

strategico per una decisa ripartenza della

nostra regione, fondata sulla sostenibilità

e capace di interpretare al meglio la

transizione ecologica della nostra epoca.

L’obiettivo è portare la Toscana ad essere

la prima regione con un programma

fondato su di uno sviluppo pienamente

sostenibile, sul modello degli accordi

di Parigi, in particolare puntando su

geotermia, pannelli fotovoltaici, mobilità

sostenibile e difesa del suolo, il tutto

nella cornice del ciclo virtuoso destinato

ad autoalimentarsi all’infinito che l’economia

circolare è in grado di innescare

quale obiettivo programmatico 2020-

2030.

E sulle infrastrutture toscane, quali

sono gli interventi cui è riservata una

priorità nel suo programma?

La Tirrenica, il potenziamento del Porto

di Livorno, la manutenzione straordinaria

della Fi-Pi-Li, sono certamente prioritarie

ed immediatamente cantierabili. Del

resto, anche piccoli grandi interventi come

i ponti sull’Arno da Signa a Lastra a

Signa e da Limite a Montelupo, il com-

40

EUGENIO GIANI


pletamento della Due Mari e del Cipressino

che porta all’Amiata nella provincia

di Grosseto, la complanare di Lucca tra

Capannori e Ponte a Moriano e altri interventi

ferroviari a partire dalla Empoli

- Siena, saranno impegno dal primo minuto.

A questo aggiungo anche il metrotram

Prato-Firenze (Pecci-Peretola) che

risolverebbe gran parte dei problemi di

traffico tra le due città. Quanto all’Aeroporto

di Firenze, mi piace chiamarlo

Aeroporto della Toscana: ritengo che

realizzare la pista parallela sia obiettivo

fondamentale per garantire sicurezza,

migliori collegamenti e sostenibilità

ambientale. Il lavoro che cercherò di fare

è di arrivarci con dialogo, confronto

e coinvolgimento delle amministrazioni

comunali interessate, da Prato alla Piana

fiorentina.

Si parla di un brand regionale come

marchio di qualità per valorizzare le

imprese toscane, di cosa si tratta?

Ritengo prioritario implementare la

diffusione del marchio regionale del-

la Toscana, un progetto già avviato

a disposizione degli imprenditori toscani

che intendano promuovere le

loro produzioni in Italia e nel mondo,

sfruttando la grande rinomanza

del Made in Tuscany. La nostra regione

evoca da sempre bellezza, eccellenza

ed indiscussa qualità delle

più autentiche produzioni toscane. Si

tratta di un progetto trasversale che

intende rivolgersi alle imprese dei diversi

comparti produttivi, accomunati

dall’essere espressione veritiera di

quella artigianalità che – dalle tradizionali

botteghe fiorentine ad oggi –

vede nei toscani veri e propri maestri.

Molti i settori per i quali il marchio

Made in Tuscany potrebbe costituire

un volano di crescita del business

dei nostri imprenditori, ad iniziare dal

settore agroalimentare: il vino toscano

è, agli occhi dei consumatori di

tutto il mondo, la perla dell’economia

locale, dell’export e del racconto della

Toscana nel mondo. In tanti territori

della nostra regione il vino crea valore

aggiunto, in simbiosi con la storia,

la cultura ed il paesaggio. Penso al

Chianti Classico e al riconoscimento

che merita da parte dell’Unesco. Penso

alla creazione di un museo del vino

in Toscana, sull’esempio di quanto

realizzato da altre realtà internazionali

in grado di vantare da due a tre milioni

di visitatori all’anno. Il Made in

Tuscany e la valorizzazione dell’appeal

che la nostra regione può garantire

alle produzioni toscane nell’agone

del mercato mondiale, costituiscono

un’opportunità davvero unica che non

può e non deve sfuggirci. La Toscana

può contare su di un patrimonio di

eccellenze produttive di valore inestimabile,

espressione di altissima qualità

e di un saper fare artigianale che

affonda le proprie radici in tradizioni

antiche, legate alla cultura e all’identità

del territorio: il legame inscindibile

territorio-storia-cultura è una sicura

chiave del successo delle produzioni

toscane nel mondo e deve essere valorizzato

e rilanciato con ogni sforzo

per una ripresa del sistema-Toscana

stabile e duratura.

Aldo Fittante ed Eugenio Giani in occasione della consegna a quest’ultimo del Premio Francesco I alla Fornace de’ Medici lo scorso luglio

EUGENIO GIANI

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Artisti stranieri in

Toscana

A cura di

Massimo De Francesco

Pyotr Ilyich Tchaikovsky

Il celebre compositore russo a Firenze per amore della

musica italiana

di Massimo De Francesco

Pyotr Ilyich Tchaikovsky nasce a

Kamslo-Votkinsk, cittadina russa

sui monti Urali, da una famiglia

di classe media: il padre, Ilya, è ispettore

minerario, oltre ad essere stato tenente

colonnello per il ministero delle miniere;

la madre, Alexandra Andreyvna d’Assier,

nobile di origini francesi e tedesche e

seconda moglie di Ilya, è una donna dotta

specialmente nella sfera della musica.

Secondo di sei figli, Pyotr inizia a studiare

pianoforte all’età di cinque anni. A

quel tempo, l’impero russo non offriva

la possibilità di studiare musica e la famiglia

del futuro compositore lo iscrive

alla Scuola imperiale di Giurisprudenza,

un collegio per ragazzi dove trascorre

nove anni e si distingue come studente

modello. Durante l’ultimo anno di accademia,

il padre, vista la vocazione del

figlio per la musica, ingaggia il maestro

di origine tedesche Rudolph Kündinger

per fargli studiare pianoforte. All’età di

diciassette anni Tchaikovsky viene seguito

dal maestro italiano di canto Luigi

Piccioli, che riconosce ed apprezza

il talento del giovane. Nel 1861 viaggia

all’estero per la prima volta, visitando

Germania, Francia e Inghilterra. Nell’autunno

del 1862 si iscrive al conservatorio

di San Pietroburgo, scegliendo così

di dedicarsi totalmente alla carriera musicale.

Nel 1864 compone il suo primo

lavoro, l’overture in mi minore L’uragano,

nel 1866 la sinfonia n.1 in sol minore

Sogni d’inverno e nel 1868 l’opera

Voyevoda. Il 1876 è l’anno del celebre

lago dei cigni e l’anno successivo sposa

Antonina Milyukova, giovane studentessa

di musica, dalla quale però fugge

poco dopo, recandosi a Firenze nel febbraio

del 1878. Nell’ottobre dello stesso

anno, Nadezda Von Meck, amica carissima

del compositore, lo invita a Villa

Oppenheim sul fiorentino viale dei Colli,

dove Tchaikovsky

inizia l’opera La fanciulla

di Orleans. Il

musicista raggiunge

l’apice del successo

soprattutto grazie ai

balletti La bella addormentata

del 1889

e Lo schiaccianoci

del 1892. Nel 1891

è invitato a dirigere

l’orchestra in occasione dell’inaugurazione

della prestigiosa Carnegie Hall

a New York, da dove si sposta prima a

Philadelphia e poi Baltimora. I suoi tour

europei e mondiali lo consacrano nel

novero dei grandi e nel 1893 viene insignito

della laurea ad honorem all’Università

di Cambridge. Si spegne il 6

novembre del 1893 a San Pietroburgo

a seguito di un’epidemia di colera, sebbene

sussistano dubbi sulle reali cause

della sua morte, lasciando spazio a ipotesi

di suicidio. E’ sepolto nel cimitero

Tichvin a San Pietroburgo, dove si trovano

anche le tombe dei famosi compositori

Modest Mussorgsky e Nikolai

Rimsky-Korsakov.

La targa sulla casa in via Leonardo a Firenze dove soggiornò il celebre compositore

russo nel 1878 (ph. courtesy firenzeneidettagli.blogspot)

Pyotr Ilyich Tchaikovsky in una foto degli anni Settanta

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PYOTR ILYICH TCHAIKOVSKY


A cura di

Giuseppe Fricelli

Concerto in

salotto

Severino Gazzelloni

Invito all’ascolto del più illustre flautista italiano

di Giuseppe Fricelli

Severino Gazzelloni

Un giorno, l’amico Roberto Fabbriciani,

grande flautista con

cui ho tenuto moltissimi concerti

in varie parti del mondo, mi telefonò

per chiedermi di suonare con lui e

Severino Gazzelloni in veste di clavicembalista.

Avremmo eseguito due concerti

di Vivaldi per due flauti, clavicembalo

ed orchestra d’archi. L’esecuzione si sarebbe

tenuta ad Arezzo nella Sala del

Principe, uno spazio polivalente diretto

dal maestro Assuero Verdelli. Avrebbe

partecipato al concerto l’orchestra da

camera diretta dall’amico Giovanni Tanzini

e formata da vari strumentisti del

Maggio. Il giorno della manifestazione

giunse per una prova il mitico Severino

Gazzelloni. Tutti devono rispetto ed

ammirazione a questo grande musicista

che ha fatto conoscere il flauto come

strumento solistico e concertistico.

La maggior parte del pubblico, prima

del maestro Gazzelloni, ignorava il repertorio

e la bellezza di questo magico

strumento. Fu una grande gioia suonare

con Severino, Roberto, Giovanni e l’or-

chestra. Una vera festa della musica che

mi arricchì molto. Vi invito ad ascoltare

i CD in commercio del nostro più grande

flautista italiano.

SEVERINO GAZZELLONI

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GALLERIA D’ARTE MENTANA FIRENZE

Presenta

Pitturando la storia

Opere dell’artista cinese Ding Tan

La morte di Antigone (2018), olio su tela, cm 50x70

L’artista esegue ritratti su commissione;

per informazioni:

galleriamentana@galleriamentana.it

Inaugurazione: sabato 19 settembre 2020 ore 18

La mostra si protrarrà fino al 7 ottobre 2020

Maestri del Novecento:

Sergio Benvenuti

Opera in permanenza alla Galleria Mentana

La musa Tersicore, bassorilievo policromo, cm 80x80

Orari: tutti i giorni 11-13 / 16-19.30, esclusi domenica e festivi

GALLERIA D’ARTE MENTANA

Via della Mosca 5r - 50122 (FI)

+39.055.211984 - www.galleriamentana.it

galleriamentana@galleriamentana.it

Sito web: www.galleriamentana.it - Vendita online: www.galleriamentana.it/it/negozio

Facebook : www.facebook.com/galleriamentanafirenze


A cura di

Daniela Pronestì

Occhio

critico

Francesca Guetta

La natura “imbrigliata”

Un messaggio per riscoprire il rapporto tra uomo e ambiente

di Daniela Pronestì

Umiliata, violata, ridotta a mero

scarico di rifiuti: così è la natura

a cui le opere di Francesca

Guetta si riferiscono per narrarne

il dramma e immaginare al contempo

un futuro diverso. Una presa d’atto

capace di rompere i vincoli entro cui

l’ambiente naturale si trova “imbrigliato”,

come uno schiavo ridotto in catene

dall’arroganza dell’uomo. Creazioni

complesse, quelle della Guetta, stratificate

nei significati così come nella

varietà di materiali recuperati ed assemblati

dall’artista a simboleggiare,

proprio attraverso un’ardua elaborazione

formale, quanto difficile sia sensibilizzare

la coscienza collettiva sulla

questione ambientale. I primi ad essere

“imbrigliati” nella trama che avvolge

l’opera − frammenti di corteccia, alluminio

e colore composti in modo da ricordare

zolle di terra e specchi d’acqua

− siamo noi, ciascuno di noi, ogniqualvolta

assumiamo comportamenti dannosi

per l’ambiente, incuranti del danno

arrecato anzitutto a noi stessi. “Imbrigliata”

è la natura, prigioniera, com’è,

degli effetti di uno sfruttamento selvaggio,

vittima di continui abusi che innescano

un processo senza ritorno. Un

tema più che mai attuale con cui l’artista

da tempo si confronta prestando l’esperienza

maturata negli anni in pittura

alla formulazione di un linguaggio ibrido,

connubio di forma e colore, recupero

e combinazione di materiali naturali

e artificiali riuniti insieme a significare

l’azione dell’uomo contrapposta alla libera

creatività della natura. Opere da

percorrere con lo sguardo, seguendo il

filo rosso che intrappola e al contempo

preserva questi frammenti di natura da

ogni aggressione esterna. La funzione

di questo elemento espressivo, infatti, è

ambivalente: da un lato, evoca ciò che

nega e soffoca la vita, l’abbraccio mortale

di una forza distruttiva; dall’altro,

protegge il corpo dell’opera e lo vivifica

come fosse linfa. Lo ritroviamo in tutte

le opere della serie La natura imbrigliata,

come a sancire la continuità concettuale

e stilistica di un progetto in cui si

condensano, giungendo a maturazione,

gran parte delle sperimentazioni fin qui

condotte dall’artista integrando diversi

medium e codici espressivi. In questo

caso, il ricorso alla forma ibrida del

quadro-scultura le permette di ottenere

effetti di verosimiglianza volti ad evidenziare

la mistificazione del concetto

di natura in una società che sempre più

confonde verità e artificio, autenticità e

finzione. Per Francesca Guetta non ci

sono altre strade da intraprendere, dunque,

se non quella che conduce a ritrovare

un contatto profondo con se stessi

e con l’ambiente circostante per ripristinare

l’indissolubile ed arcaico legame

tra uomo e natura.

Fino al prossimo 19 settembre alcune

opere della serie La natura imbrigliata

sono esposte al Terme Beach Resort

di Punta Marina (Ravenna) nell’ambito

della mostra Racconti di fine estate a

cura di Simultanea Spazi d’Arte.

www.francescaguetta.com

La natura imbrigliata III (2019), polimaterico su tela, cm 30x30

La natura imbrigliata IV (2019), polimaterico su tela, cm 30x30

FRANCESCA GUETTA

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Sculture da

indossare

S

S

Angela Tagani

Angela Tagani "Le sculture da indossare"

Gigarte.com/angelatagani/galleria

angelatagani@gmail.com

+393498043418


Ritratti

d’artista

Federica Garzella

Una pittura omaggio al femminile

di Jacopo Chiostri

Le opere di Federica Garzella offrono

lo spunto per una domanda

(e una riflessione): la

pittura oggi è donna? Una questione

che può apparire marginale, ma certo

non lo è se si pensa alla storia dell’arte,

tutta declinata al maschile fino ad

epoche recentissime. E la risposta, a

parere dell’estensore di queste righe

sulla base di esperienze attuali, testi e

mostre, è senz’altro affermativa e confortante.

L’arte, insomma, sembra un

campo dove parità di genere e emancipazione

soffrono meno rispetto ad

altri ambiti, e non è solo una questione

di numeri ma soprattutto di innovazione,

punto cardine in quest’epoca

così asfittica di idee e nuovi orizzonti.

E nessun’altra artista lo esprime meglio

della Garzella, la quale, all’interno

di una nota a proposito del significato

della sua pittura, afferma: «In una società

dove prevalgono la sfida e l’arrivismo,

stimo le donne complici tra loro,

le donne che insieme aspirano, desiderano

e vivono sostenendosi a vicenda».

Detto questo, è bene chiarire che

le opere della Garzella non si esauriscono

in un significato, per così dire,

ideologico. A questo si aggiunge, infatti,

la qualità della pittura, frutto di

esperienza, sensibilità e formazione.

Pittura fortemente orientata alla rappresentazione

simbolica di concetti

universali, con particolare riferimento

alla sensualità come parte fondante

dell’identità femminile. L’incontro e

la fusione di elementi sensoriali e spirituali,

visti da un occhio attento e selettivo,

sono la base delle opere di questa

pittrice. Non sono lavori di immediata

e facile lettura, ma una volta imparatone

il linguaggio ed elaborato il postulato

che propongono, si è ricompensati

con emozioni che crescono con l’osservazione

minuta della rappresentazione.

Il colore è intenso, allusivo e

raffinato; non è colorazione buona per

tutte le stagioni, ma lo stimolo sensoriale

che se ne ricava offre un groviglio

di significati e di conseguenza di

possibili rifrazioni personali; il segno

è sicuro e deciso. La donna, elemento

centrale della sua poetica, è restituita

lontana da ogni rappresentazione stereotipata

e appare, in un’inedita proposta

scenica, assieme autorevole e

delicata; sempre, comunque, consapevole

e mai autocelebrativa. I racconti

della Garzella, fossero versi poetici, la

collocherebbero tra gli “ermetici” per

più motivi: il valore salvifico dell’arte,

l’essenzialità formale evidente nella

composizione delle opere, negli sfondi,

nelle figure, l’intensa carica allusiva

e analogica, tutte caratteristiche peculiari

della poesia ermetica. Nata a Pisa,

l’artista vive a Cascina; dopo aver

vinto una borsa di studio, ha frequentato

il Liceo artistico Russoli dove si è

diplomata a pieni voti; gli esordi della

sua attività artistica risalgono ai primi

anni Novanta. Di sé dice: «In un mondo

in cui la realtà è sempre modellata

dall’occhio dell’uomo e i canoni della

femminilità sono imposti dalle sue preferenze,

il mio primo istinto è quello di

rivendicare me stessa, il mio corpo, la

mia sessualità».

fgarzella@yahoo.it

Il vivere ferisce L’albero della vita Imperituro desiderio

FEDERICA GARZELLA

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Ritratti

d’artista

Mauro Maris

L’arte come ricerca di senso della vita

di Doretta Boretti

Nelle numerose esposizioni, a

partire dalla galleria d’arte La

Medicea in Mugello, alle Giubbe

Rosse, per poi approdare al Gruppo

Donatello con una personale nel

2012, e ancora alle mostre organizzate

dall’associazione Toscana Cultura

oppure tenutesi all’estero, Mauro Mari,

in arte Maris, ha sempre riscosso

numerosi consensi da parte del pubblico

e della critica. L’esperienza professionale

di oltre quarant’anni di

carriera, molti vissuti a fianco del ma-

estro Mario Schifano del quale è stato

amico oltre che allievo, sono stati

determinanti per la sua vita artistica e

personale. Nei suoi quadri dominano

colori molto vivaci e veramente decisi,

pennellate che scavano nella mente

per esprimere una realtà che trascende

l’immaginario e che provoca domande

ineluttabili. Uno stile, il suo, che si potrebbe

definire “astrattismo cosmico”,

come se tutto l’universo fosse dominato

da forze che vanno oltre l’essere

umano, o meglio che governano l’ori-

gine e il prosieguo dell’esistere e dalle

quali l’individuo è dominato. Svelando

attraverso l’opera la propria interiorità

e la personalissima visione escatologico-apocalittica

della vita, Mauro Maris

dona all’osservatore la possibilità di

conoscerlo nel profondo come uomo

e artista, un vero e proprio traguardo

per un pittore, al di là di ogni consenso

critico.

www.mauromaris.it

mauromaris@yahoo.it

MAURO MARIS

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I libri del

Mese

Nasce un piccolo diario di mamme

e papà in tempo di quarantena

di Erika Bresci

Ci sono parole che hanno più

forza di altre e riescono a fissare

nell’inchiostro sensazioni

e stati d’animo. Ci sono pensieri che

volano liberi e incontrano immagini ed

istantanee che fanno scattare il flusso

delle emozioni che scorre senza fermarsi

anche nel tempo sospeso della

quarantena. Queste parole compongono

delle lettere che nascono, scavando

nell’anima, dal cuore di madri e

padri, rivolte a figli e figlie che non ci

sono più. Si intersecano e si intrecciano

come tessere fino a comporre un

piccolo “mosaico” della vita come lo

può essere un diario. E’ nato, infatti,

un piccolo diario che attraversa un’epoca,

quella vissuta con il lockdown

dettato dal Covid-19, che da Firenze

passa per Mantova fino ad arrivare ad

Amatrice e a Rieti. Parole come coraggio,

speranza, forza, amicizia, ricordo

e voglia di riprendere in mano la vita

raccontano un passato recente e mostrano

uno slancio per il futuro. Le

mamme autrici dei testi sono le stesse

che hanno scritto anche le lettere

ai figli scomparsi raccolte nel libro

Lettere senza confini (ADV Edizioni).

Si tratta di: Paola Alberti, Giovanna

Carboni, Stefania Ciriello,

Laura Cozzi,

Mario Sanna e Gaia

Simonetti. La loro

raccolta è stata depositata

presso l’Archivio

diaristico di

Pieve Santo Stefano,

in provincia di

Arezzo. Il diario ha

il cuore di Laura,

mamma di Mantova,

che scrive alla figlia

Ela: «Durante i primi

giorni mi sono immersa

ancora di più

nella ricerca delle

tue tracce. Ho voluto

utilizzare il tempo di

reclusione in casa per mettere in ordine

degli scatoloni. Erano quelli contenenti

le tue cassette, i tuoi DVD e i

tuoi CD… Troppi ricordi! Ma poi mi

sono tuffata nel tuo mondo e ne sono

uscita alleggerita». E’ anche il cuore

dei genitori di Filippo, che ha perso la

vita nel terremoto di Amatrice. Mamma

Stefania scrive: «Ma il senso di

ansia e di ineluttabile dolore che evocano

le immagini e il distacco dagli

affetti ti propongono altro, un ritorno

al passato. E’ il mio cuore il paese

più straziato dice Ungaretti, ed è

così. Non servono parole, lo conosco

bene il dolore che ti penetra nella carne».

Mario, papà del giovane, traccia

sul foglio il suo pensiero: «La nostra

famiglia si è allargata, ha accolto altre

persone. Oggi sono per noi fratelli e

figli indissolubilmente legati nel nome

di Filippo che è con noi nelle cose di

tutti i giorni, anche se quell’abbraccio

che le sue braccia forti sapevano darti

non lo sentiremo più». Ed ancora,

c’è la riflessione di Gaia sulla “pausa”

forzata imposta dalla pandemia:

«Ci ha fermati nella corsa, ma ci invita

a compiere un viaggio dentro di

noi. “Indosso” un sorriso per donarlo

ai miei genitori che, con il peso degli

anni sulle spalle, si scambiano paure,

incertezze, timori. Inizia un nuovo

tempo. Sapremo coglierlo?». Mamma

Giovanna scrive del suo coraggio

al figlio Mauro: «Dare il meglio di sé

anche quando si presentano delle difficoltà.

Apprezzare quello che ci circonda

e tirar fuori tutto quello che

c’è di bello. Sono ripartita da qui».

Mamma Paola, infine, si pone un interrogativo

nel pensiero rivolto alla

figlia Michela: «Mi domando spesso

se tu fossi qui… quanti bei momenti

avremmo passato nonostante la reclusione

forzata. Poi il pensiero va a

coloro che hanno o stanno perdendo

persone care; l’angoscia di non poterli

vedere né dare loro l’ultimo saluto,

e il tormento mi assale». Gli scritti sono

stati letti in un video postato sulla

pagina Facebook dell’associazione

Il Sorriso di Filippo, dedicata a Filippo

Sanna. Questo diario è un piccolo

“custode” di speranza, quella “cosa

piumata” descritta da Emily Dickinson

che serve per ripartire. Ogni giorno.

Per visualizzare il video:

Associazione Il Sorriso di Filippo

50

UN PICCOLO DIARIO


I libri del

Mese

Oltre il Neorealismo

Il libro-intervista di Gabriella Izzi Benedetti su

Roberto Rossellini

di Erika Bresci

Ho dedicato tutta la mia esistenza

per tentare di fare

del Cinema un’arte utile «agli uomini». Si apre così l’ultima lettera

– che è anche un testamento – rivolta da

Roberto Rossellini al figlio Renzo. Ecco

che allora il titolo del bel libro di Gabriella

Izzi Benedetti già racchiude in sé tutto

il senso di questo progetto editoriale accolto

nella collana Libro verità (anch’esso

spia di un messaggio da seguire) dell’editore

Pagliai. Non un semplice libro biografia,

anche se di Rossellini e della sua

arte si batte il tempo del metronomo per

tutte le prime cento pagine. Non un saggio

sul cinema italiano (e non solo), anche

se se ne seguono le tappe e gli umori

e i manifesti. L’anima del libro sembra appunto

partire da questi noccioli tematici e

spingersi “oltre”. Farsi breccia e approdare,

accomodarsi in quella del lettore. Per

poi scavare. Una intervista-chiacchierata

proprio con Renzo – intima ma al contempo

seria e contrassegnata, impreziosita,

dalle tante pause nelle quali il tempo

di vita di Rossellini si allarga a pennellare

in breve la storia dell’Italia e del mondo

dall’immediato dopoguerra fino agli anni

Settanta – dalla quale emerge tutta la

grandezza di un uomo che ha vissuto il

proprio lavoro come una missione. «La

mia estetica – riporta Izzi Benedetti le parole

del maestro – non è l’estetica del bello

ma l’estetica del giusto e di ciò che è

utile alle teste degli esseri umani per liberarli

dalla retorica e dal banale». Una missione,

si diceva. Operata per tutta la vita

e in diverse forme. Da Roma città aperta,

che dette avvio alla corrente e alla stagione

del Neorealismo italiano, ai successivi

film che ne fanno “il cantore dell’epica di

un tempo antiepico”, ai documentari con

chiaro intento didascalico e che mirano

a quella educazione integrale dalla quale

sola può partire il riscatto dell’umanità

(«per pensare bisogna sapere») e alla finale

curiosità per la televisione – trasformatasi

poi in cocente delusione – quale

strumento innovativo e dalle infinite potenzialità

comunicative ed educative. Fino

al progetto lasciato nelle mani del

figlio Renzo, quell’Enciclopedia universale

audiovisiva che puntava a seguire le

impronte e raccontare le tappe evolutive

della società occidentale. Ma non solo.

Perché – ed ecco il guizzo vero di godibile

originalità di Oltre il Neorealismo, tra

le tante pagine già scritte su Rossellini e

il suo lavoro – è interessante constatare

quanto quell’arte, quell’ispirazione sia

stata vissuta appieno dal grande regista

anche a livello domestico, familiare. Padre

amatissimo (come si scopre dalla testimonianza

dello stesso Renzo e della

sorellastra Isabella), compagno indimenticabile

anche dopo il divorzio (così sarà

per la prima moglie Marcella e poi per Ingrid

Bergman), Rossellini ha la capacità

di trasmettere a chi gli sta accanto questa

passione tracimante, questo desiderio di

partecipazione alla storia dell’umanità, lasciando

comunque che ciascuno intraprenda

il proprio personale percorso per

renderla concreta. Ne è esempio folgorante

proprio Renzo, stessi ideali paterni,

anch’egli votato alla cinefilia ma dall’indole

decisamente più combattiva. Di cui

è possibile seguire, in parallelo, nel libro

esperienza di vita e d’arte. Roberto amante

del dialogo, da una parte, Renzo incline

all’azione, dall’altra. Entrambi comunque

convinti della funzione sociale del proprio

lavoro, dell’“utilità” come valore culturale

imprescindibile.

OLTRE IL NEOREALISMO

51


Uno spazio ideale per mostre, eventi, conferenze,

presentazioni di libri

Il Quadrivio - Galleria d’Arte / Viale Sonnino, 100 Grosseto

www.galleriailquadrivio.it

info@galleriailquadrivio.it

patrizia.zuccherini@alice.it

+ 39 339. 2357824


MOSTRA

DI MOSTRA ARTE

CONTEM DI ARTE

PORANEA

CONTEM

artisti PORANEA a

grosseto

artisti a

grosseto

A cura di LUCIA RAVEGGI

A cura di LUCIA RAVEGGI

GALLERIA il Quadrivio

VIAle Sonnino, 100 - Grosseto

GALLERIA il Quadrivio

ORARIO 16.30-19.30

dal lunedì al sabato

VIAle Sonnino, 100 - Grosseto

ORARIO 16.30-19.30

dal lunedì al sabato

Espongono

SONIA

Espongono

AMBROSO

CATIA ANDREINI

JOANNA

SONIA AMBROSO

ASTON

ALBERTO

CATIA ANDREINI

BERNARDINI

DAVID

JOANNA

BERTI

ASTON

MIRELLA

ALBERTO

BIONDI

BERNARDINI

MAURO

DAVID BERTI

BONINSEGNI

RITA

MIRELLA

BRUCALASSI

BIONDI

ROBERTO

MAURO BONINSEGNI

BRUNETTI

ANTONIO

RITA BRUCALASSI

BRUNO

JULIUS

ROBERTO

CAMILLETTI

BRUNETTI

ALICE

ANTONIO

CAPPELLARI

BRUNO

GABRIELLA

JULIUS CAMILLETTI

CAPPELLETTI

LORETTA

ALICE CAPPELLARI

CASALVALLI

SONIA

GABRIELLA

CECCONI

CAPPELLETTI

SILVANA

LORETTA

CIPRIANI

CASALVALLI

TIZIANA

SONIA CECCONI

FACCENDI

MARIA

SILVANA

GRAZIA

CIPRIANI

FUSI

ELVIRA

TIZIANA

GABBI

FACCENDI

PATRIZIA

MARIA GRAZIA

GABELLINI

FUSI

FRANCO

ELVIRA GABBI

GIOMINI

ANTONELLA

PATRIZIA GABELLINI

GIORDANO

MASSIMO

FRANCO GIOMINI

GOZZI

GIUSI

ANTONELLA

GRAMIGNI

GIORDANO

RAFFAELLA

MASSIMO GOZZI

GUARDUCCI

ANGELA

GIUSI GRAMIGNI

MARIA GUITTO

ALESSANDRO

RAFFAELLA GUARDUCCI

LOMBARDI

ROBERTO

ANGELA MARIA

LORETO

GUITTO

ALESSANDRO LOMBARDI

ROBERTO LORETO

NICOLETTA MACCHIONE

TIZIANA MACCIONI

GIUSEPPINA

NICOLETTA MACCHIONE

MAESTRELLI ( PEPPETTA)

STEFANIA

TIZIANA MACCIONI

MAFFEI

CARMEN

GIUSEPPINA

MANCA

MAESTRELLI ( PEPPETTA)

ROBERTO

STEFANIA

MARTIGNONI

MAFFEI

MAURIZIO

CARMEN MANCA

MASINI

ANTONELLA

ROBERTO MARTIGNONI

MEZZANI

ELENA

MAURIZIO

MIGLIORINI

MASINI

MANUELA

ANTONELLA

MORANDINI

MEZZANI

IVANA

ELENA

NICCOLAI

MIGLIORINI

ANNA

MANUELA

NIGRO

MORANDINI

LUCA

IVANA

NOSSAN

NICCOLAI

LUCIANO

ANNA NIGRO

PANCANI

LUCIO

LUCA NOSSAN

PARIGI

CHIARA

LUCIANO

PICCARDI

PANCANI

CINZIA

LUCIO PARIGI

PISTOLESI

CKRISTINA

CHIARA PICCARDI

POPLITSKAIA ( KRISTIPO)

ANNA

CINZIA

RICCERI

PISTOLESI

GUICCIARDINI

MARCO

CKRISTINA

ROSADONI

POPLITSKAIA ( KRISTIPO)

MARIELLA

ANNA RICCERI

ROSSI

GUICCIARDINI

TONELLI

RICCARDO

MARCO ROSADONI

SALUSTI

CLAUDIO

MARIELLA

SECCIANI

ROSSI TONELLI

LAURA

RICCARDO

SPETTU

SALUSTI

ROSY

CLAUDIO

SPOTO

SECCIANI

SIMONA

LAURA SPETTU

TESI

VALTER

ROSY SPOTO

VIANI

SIMONA TESI

VALTER VIANI

22 SETTEMBRE

4 OTTOBRE 2020

22 SETTEMBRE

4 OTTOBRE 2020

INAUGURAZIONE

sabato

26 SETTEMBRE

ORE sabato 11.00

26 SETTEMBRE

ORE

Presenta:

11.00

INAUGURAZIONE

Fabrizio Borghini

Presenta:

Fabrizio Borghini

Riprese televisive

Riprese televisive



Ritratti

d’artista

Sergio Rinaldelli

Un artista tra immagini e parole

Testo e foto di Giancarlo Bianchi

Del pittore e mio caro

amico Sergio Rinaldelli

ricordo le

illustrazioni grafiche per le

edizioni di Hellas, di cui sono

stato segretario di redazione,

le copertine per Il

giornale del Cennatoio, le

prime testate della rivista

Feeria e il logo che ha disegnato

per la collana di Novecentopoesia:

L’altana creata

e diretta da Franco Manescalchi.

La sua intensa attività

è documentata presso

il Kunsthistorisches Institut

di Firenze, la Biblioteca

nazionale centrale, l’Istituto

olandese di Storia dell’Arte

a Firenze, la Biblioteka Jagielonska

di Cracovia (Polonia)

e la Biblioteca Marucelliana. Di

recente ho potuto leggere le sue ultime

fatiche: due libri pubblicati da una

casa editrice raffinatissima, la Petite

plaisance (www.petiteplaisance.it)

di Pistoia, proprio come il nome della

casa di legno appartenuta a Marguerite

Yourcenar sulle rive dell’Oceano

Pacifico a Mount Desert Island. Non

ho resistito e ho letto subito d’un fiato

le centoventisette pagine del primo

diario che vanno dal 2000 al 2018, un

viaggio nelle profondità della sua anima,

un dono prezioso dal titolo Come

una foglia a primavera. Pagine di diario

2000-2018, per poi leggere successivamente

Vento di sogni. Note di pittura

1976-2012, un volume dedicato interamente

alla pittura, un magico risveglio

in una luce nuova, gemme purissime,

con in copertina una sua opera ad olio

realizzata su faesite dal titolo Vento di

sogni sulla parete antica, una parete,

aggiungo io, forse del suo hortus conclusus.

Riporto di seguito brevi stralci

tratti dal primo volume: (...) gli abeti

piantati a rimboschire quel tratto sono

talmente alti e folti da ombreggiare

Giancarlo Bianchi e Sergio Rinaldelli con l’opera Alba indiana (1992) dipinta da quest’ultimo

quasi tutto il sentiero, prima in pieno

sole, creando una gradevole frescura

(pag.12); (...) del mio passaggio terreno

lascerò un’esile traccia in dipinti e

scritti di valore certo trascurabile, ma

ben più importante sarà il lavoro a essi

sotteso, che avrò fatto per la mia anima

soltanto (pag. 95); (...) a sera, nello

studio inondato dell’ultima luce, il gregoriano

sereno e sublime del “Veni creator

spiritus” mi strappa calde lacrime

(pag.105); (...) vivere appartati, secondo

il precetto del filosofo, nella vita come

nell’arte. Un motto che è divenuto

pian piano prassi quotidiana. Non so se

mi abbia più favorito che danneggiato,

ma ho potuto conservare la cosa più

importante, la mia libertà (pag.112).

Come una foglia a primavera è un libro

prezioso che giunge puntuale e

con una copertina raffinatissima, Giardino

giapponese, un suo olio su tavola

esposto alla galleria La soffitta di Sesto

Fiorentino nella recente personale

dal titolo Eleganti armonie. Oggi, Sergio

Rinaldelli ha abbandonato il figurativo

per approdare ad una pittura di

tipo simbolico - astratto; ne ha fatta di

strada, una strada lunga nel tempo. Riporto

di seguito un breve stralcio tratto

da un intervento che scrissi per un suo

catalogo del 2007 curato dall’architetto

Giampaolo Trotta: «Riaffiorano come

per incanto, nelle sue opere, colori

eterni giunti insieme a sacra brezza, la

stessa che muove il cosmo infinito, i

messaggi, sempre attuali nelle loro varianti,

sono dono gratuito di colui che

dimora fin dalla notte dei tempi nella

nostra parte incorruttibile». Come

lo stesso Sergio scrive a pagina 9 del

secondo volume: «Tutto parlava di un

qualcosa di più grande, di un’idea sublime

calata nella forma, di un anelito

a un mondo lontano, forse irraggiungibile».

Ma, aggiungo io, che egli oggi ha

raggiunto in maniera egregia. Concludo

con le parole di James Hillman: «L’anima

media gli eventi, è quella componente

sconosciuta che rende possibile il

significato. Che trasforma gli eventi in

esperienze e che rende i significati densi,

amabili ed emozionanti. E’ il crogiuolo

di ogni fantasia, è la fucina dei sogni».

Proprio come la sua pittura, da sempre

in contatto con l’anima del mondo.

SERGIO RINALDELLI

55


ArtTour

International

Viviana Puello

Fondatrice di ArtTour International e del premio ATIM’S

Top 60 Masters, è tra i personaggi più influenti nel

mondo dell’arte contemporanea internazionale

di Tyler Pensce (traduzione dell̓ articolo già pubblicato su Kivo Daily)

Viviana Puello

Molte persone pensano all’arte

come ad una forma di svago.

C’è chi come Viviana Puello e

il suo team dimostrano invece che l’arte

ha una funzione ben più seria di quella

ricreativa; è un mezzo per promuovere

iniziative da cui possono scaturire cambiamenti

importanti per la collettività.

Viviana Puello è fondatrice e CEO di

ArtTour International, società multimediale

che offre agli artisti di tutto il mondo

una piattaforma dove promuovere le

proprie opere. Oltre al sito web e alle pagine

social, ArtTour International si avvale

di una rivista e di una trasmissione

televisiva che va in onda ogni giovedì alle

17:30 a New York, attraverso MNN-HD

Spectrum 1993, raggiungendo il pubblico

di oltre quaranta paesi del mondo,

con più di dieci milioni di spettatori ogni

settimana. Anche la rivista vanta grandi

numeri, con due milioni di persone abbonate

alle versioni digitale e cartacea.

Per quanto riguarda invece i profili social,

sono duecentomila e più i follower

raggiunti negli anni. La lunga esperienza

maturata da Viviana Puello con ArtTour

ha portato alla nascita di una pubblicazione

annuale intitolata ATIM’S Top 60

Masters, che riunisce sessanta artisti di

diverse nazioni per promuovere la pace

nel mondo. Diretto da Viviana Puello e

da Alan Grimandi, pluripremiato cineasta

italiano suo partner lavorativo oltre

che marito, il Top 60 Masters di ATIM è

diventato uno dei premi più prestigiosi

dell’arte internazionale. Quest’anno si è

svolta la nona edizione con opere selezionate

tra oltre tremiladuecento artisti,

avendo come tema la discriminazione

razziale e il sostegno al movimento Black

Lives Matter, che ha subito un’accelerazione

dopo l’ingiustizia commessa dalla

polizia nei confronti di George Floyd.

La copertina del numero di quest’anno

è dedicata all’artista Patricia Karen Gagic

con l’opera astratta intitolata Fuga verso

la realtà, mentre all’interno è recensita

l’opera di artisti come LeRoi, Cher Anderson,

ALBY ed altri. Di Viviana Puello

e della sua attività hanno parlato CBS

News, Medium, ABC, Fox, The NY Weekly,

The Washington Post, LA Wire, NY

Wire, The American Reporter e molti altri

canali televisivi e riviste. Lo scorso mese,

il New York Weekly l’ha inserita nella

lista dei venti più influenti personaggi da

seguire su Instagram nel 2020.

www.vivianapuello.com

www.arttourinternational.com

56

VIVIANA PUELLO


ArtTour

International

Patricia Karen Gagic

Artista dell’anno 2020 secondo la rivista ArtTour International

di Viviana Puello

Twilight zone, acrilico, cm 48x60

Nell’ultimo numero della rivista

ArtTour International è

stato reso noto il nome della

vincitrice del premio Artist of the Year

2020, ormai diventato uno dei riconoscimenti

più prestigiosi nel mondo

dell’arte internazionale di cui hanno

parlato importanti organi di informazione

negli Stati Uniti come New York

Weekly, NBC, Fox, The USA Reporter.

Quest’anno il premio è stato assegnato

a Patricia Karen Gagic, artista internazionale

impegnata in ambito umanitario

ed apprezzata per lo stile astratto da

lei definito “rivoluzione karmica”. I suoi

dipinti riflettono l’intensa connessione

con il mondo che la circonda e, in particolare,

con l’ambiente naturale, grazie

soprattutto all’impatto emotivo del

colore. L’opera di Gagic si fonda sull’equilibrio

tra intense tavolozze di colori

audaci e toni neutri che rendono ogni

suo dipinto potente e rilassante allo

stesso tempo, permeato da un silenzio

profondo che è possibile sperimentare

soltanto in natura. Artista di fama internazionale,

con numerose mostre nel

mondo, le è stata conferita la medaglia

per la pace YMCA ed è stata riconosciuta

da WXN (Women’s Executive

Network) come una delle cento donne

più potenti del Canada. Ha ricevuto il

premio BMO Arts and Communication

nel 2015, il Royal Bank Champion nel

2016 e il BMO Arts and Communication

nel 2017. Nel 2018, è stata inserita

nella WXN Hall of Fame. Nel 2007 ha

fatto parte della commissione d’onore

alla Biennale di Venezia per rappresentare

l’opera di Adi Da Samraj. In quanto

vincitrice del premio Artist of the Year

2020, il suo nome è stato inserito

nell’ArtTour International’s Top 60 Masters

list dell’anno.

www.atimtop60masters.com

www.patriciakarengagic.com

Cosmic moment, acrilico, cm 48x60

Impermanence, acrilico, cm 48x60

PATRICIA KAREN GAGIC

57


ArtTour

International

Kimberly Berg

Un pittore dalla parte delle donne

di Yadira Roman

Mandala, pastello

Kimberly Berg è un artista

americano che evidenzia

il potere e la grazia della

donna attraverso immagini sorprendenti.

Si serve della figurazione

come strumento per comunicare

le sue convinzioni e la sua presa

di posizione in difesa dei diritti

delle donne. Le opere di Berg sono

prevalentemente figurative e incorporano

un disegno realistico che

funge da spina dorsale della composizione;

inoltre, l’assenza di uno

sfondo sovraccarico rende la figura

unica protagonista dell’opera. La

tavolozza si concentra su toni scuri

e freddi che esaltano l’atmosfera

mistica, uno degli elementi principali

del suo lavoro, insieme alla

ricerca dell’essenza femminile radicata

nell’essere umano. Di sé parla definendosi

un “artista femminista” che

desidera esprimere sia la bellezza della

donna che il misticismo connesso

simbolicamente al femminile. Del colore

si serve per collegare l’osservatore

agli elementi naturali rappresentati

nei suoi dipinti. Con grande maestria

e conoscenza della tecnica, raffigura

la donna mostrandola sensuale, libera,

consapevole di se stessa e del proprio

ruolo nella storia e nella società.

Un modo per onorare il femminile in

tutta la sua magnificenza.

Per informazioni:

http://www.isisrising.net/berg_html/

Berg_contact.html

Genesis III, pastello

Mandala, pastello e inchiostro

58

KIMBERLY BERG


ArtTour

International

Ric Conn

L’universo femminile tra colori e simboli

di Tiarra Tompkins

Ric Conn, pluripremiato pittore

americano stilisticamente

legato all’Espressionismo

sia tradizionale che contemporaneo,

si avvale della luce per conferire alle

immagini una dimensione simbolica

legata all’universo femminile. Il suo

obiettivo è comunicare l’essenza del

coraggio e della bellezza delle donne,

contro la disuguaglianza e i pregiudizi

che le donne ancora oggi devono affrontare

nella società contemporanea.

L’artista pone in rapporto realtà e percezione,

utilizzando una tecnica relativamente

“convenzionale” con colori

acrilici e ad olio, inchiostri, gouaches

e carboncino. Spesso nei suoi dipinti

sono presenti figure di animali da interpretare

in chiave simbolica, mentre

le donne, ritratte vividamente con

le loro silhouette, incarnano emozioni

profonde e la connessione universale

tra gli individui. Conn si serve di ombra,

luce e profondità per rappresentare

vari punti di vista ed espressioni

della sessualità, con l’intento di smascherare

gli stereotipi che le donne devono

“rispettare” per essere accettate

dalla società. «Credo nell’uguaglianza

− afferma l’artista − e voglio che il mio

lavoro lo rifletta. Le storie nei miei dipinti

sono situazioni che possono capitare

a chiunque. Le dipingo dal punto

di vista femminile perché, purtroppo,

le donne sono ancora maltrattate. Dato

che sono un uomo e i soggetti dei miei

quadri sono le donne, cerco di sottolineare

il valore della parità di genere

parlando anche di storie che mi sono

accadute personalmente».

www.ricconn.com

Phoenix, tecnica mista, cm 36x24

Woman in blue, tecnica mista, cm 40x30

RIC CONN

59


Simone Masetto Maghe

L’artista del velluto protagonista da

Degusta ad Ortimino

Opere dallo stile inconfondibile prossimamente

in mostra anche a Firenze

di Serena Gelli

Inaugurato a fine luglio in via Volterrana

Sud 94 a Ortimino, Degusta è un locale

che nasce come vendita diretta di vini, salumi

e olio extra vergine dell’azienda agricola

Le Fonti a San Giorgio di Montespertoli (via

Colle San Lorenzo 16). Oltre ai classici taglieri

di salumi e formaggi, è possibile personalizzare il panino o la schiacciata con affettati, formaggi,

salse e verdure biologiche sempre prodotte in loco. Per gli amanti dei piatti tipici toscani, c’è anche

il panino con lampredotto o trippa. Non manca una proposta di dolci, tra cui cantucci fatti in casa,

torte e crostate. Insieme agli ampi spazi interni, il locale si compone anche di un cortile esterno con

tavolini, divanetti, botti e sgabelli, in una cornice in pieno stile toscano che si integra perfettamente

con le campagne di Montespertoli.

Da settembre Degusta ospita per

la prima volta una mostra di arte

contemporanea. Un modo per

ampliare l’esperienza sensoriale

dei clienti invitandoli ad immergersi

nei dipinti su velluto dell’artista

veneto Simone Masetto Maghe.

La peculiarità del velluto di catturare

la luce, la consistenza e l’effetto

della sua qualità tattile aiutano l’artista

a creare movimento in seguito

alla decolorazione e alla successiva

applicazione di foglie oro, argento,

rame e acrilici iridescenti,

Foglia (2017), acrilico e candeggina su velluto, cm 80x40

con il ricorso anche ad abrasioni

e spray. Una tecnica che modifica

forma e colore del tessuto per

dare luogo a movimenti che fanno

pensare allo spazio cosmico, alle

galassie, alle costellazioni. Nelle

opere di Simone Masetto Maghe,

materia e memoria si fondono

per liberare i limiti dello sguardo

e farlo dialogare con la natura. Il

velluto diventa così metafora

di un territorio spirituale, luogo

dove tempo e spazio si annullano

e tutto decade per tornare all’origine.

Non più tessuto “elitario”,

quindi, ma medium espressivo

immerso nella contemporaneità,

mescolando influenze dell’espressionismo

astratto, della fiberart e

della street art. Nell’elegante con-

Divano Maghe, progetto per l'azienda Alessandro Bini Tessuti d'Italia


Cielo e Terra, dittico (2016), cm 40 e cm 40x50

Simone Masetto Maghe

trasto di colori e materia rivive, infatti, il dualismo dei nostri giorni, tra ciò che viviamo in modo

veloce e i rari attimi che riusciamo a isolare e assaporare lentamente.

Artista di grande talento e potenzialità, Masetto Maghe si distingue oltre che per le capacità tecniche

e la scelta di valorizzare un tessuto pregiato che fa parte della tradizione Made in Italy, anche per la

sua ricerca spirituale: per lui la materia è solo una forma in cui si riflette una parte di un tutto che

non riusciamo a visualizzare e contenere. «Nel processo di decolorazione del velluto inteso come

luogo di transizione tra finito e infinito − afferma l’artista − cerco il primordiale legame tra uomo e

dimensione spaziale.

Il passaggio dalla pittura alla decolorazione su velluto è avvenuto in un momento preciso del suo

percorso ed è sintesi di molteplici esperienze maturate nel tempo.

Dopo un decennio trascorso a Milano, nel 2017 si trasferisce

a Montespertoli, sui colli fiorentini. Qui, ispirato dal paesaggio

toscano e dalle opere dei maestri rinascimentali, inizia a dipingere

sul velluto elementi naturali, quali alberi, piante, foglie, fiori

e insetti, simboli nei quali scrutare il significato della vita. Collabora

con alcune aziende fiorentine molto attente alla fusione

tra arte, moda e interior design, come Alessandro Bini Tessuti

d’Italia a Montespertoli

Degusta

Via Volterrana Sud 94, 50025, Località

Ortimino-Montespertoli (FI)

+ 39 0571 674326

degusta.lefonti

Simone Masetto Maghe

+ 39 3398239178

simonemasettomaghe@gmail.com

Simon Masetto Maghe

simon_maghe_vellutoitaliano

https://issuu.com/simonemasettomaghe

Per visualizzare le opere dell’artista,

inquadrare i QR code:

e la pelletteria artigiana

BisBag a Scandicci. Allievo

del maestro d’arte

Giuseppe Pope Galli, è

diplomato in Tessitura

all’Istituto d’Arte di Venezia

e all’Accademia

di Belle Arti di Brera alla

cattedra dei maestri di

pittura Nicola Salvatore

e Omar Galliani. Tiene

percorsi di crescita

personale e laboratori

esperienziali artistici

per bambini e adulti.

Iusus Naturae n°1 (2017), acrilici e candeggina

su velluto, cm100x150

Profili Social Velvet in Motion 2020

Dal 19 settembre al 3 ottobre 2020,

le opere di Simone Masetto Maghe

saranno in mostra presso la galleria

di arte moderna e contemporanea La

Fonderia di Niccolò Mannini in via

della Fonderia 42r a Firenze.

+ 39 055 221758, www.galleriafonderia.com


Sport e

solidarietà

Guglielmo Braccesi

Il ciclista mugellano supera la sfida dell’Everesting per

un’iniziativa benefica

di Aldo Fittante / foto courtesy Guglielmo Braccesi

Epoi decidi di provare

a superare un limite,

un’asticella virtuale «(…)

che ti sei imposto. Decidi di farlo per tua

soddisfazione personale, non lo nego,

ma soprattutto per far “rumore” e per

incitare le persone a fare una piccola o

grande donazione in favore dell’Ospedale

del Mugello, per portare un piccolo

contributo a chi, infaticabilmente, lavora

per tutti noi, in favore di chi ha vissuto

due mesi di lockdown senza tutti gli adeguati

presidi sanitari che gli avrebbero

garantito per lo meno la propria salute.

Pensi che le tue 20-24 ore di estenuante

pedalata siano nulla in confronto agli

estenuanti due mesi di lavoro che hanno

affrontato gli angeli della sanità. E allora

metti su la tua macchina organizzativa, ti

prepari nei mesi del lockdown pedalando

sui rulli in terrazza e dopo, una volta

riaperte le strade ai ciclisti, vai su e giù

per l’Appennino, cercando ogni volta di

fare giri sempre più lunghi». E’ così che

il ciclista mugellano Guglielmo Braccesi,

nella vita geologo, descrive l’impresa

che lo ha visto protagonista lo scorso

agosto: scalare in solitaria e in bicicletta

un dislivello pari all’altezza dell’Everest

per raccogliere fondi da destinare all’Ospedale

del Mugello. Una sfida sportiva,

quindi, ma anche un’iniziativa benefica

alla quale Braccesi ha pensato in seguito

non solo all’emergenza sanitaria ma

anche ad alcune esperienze personali,

come lui stesso racconta: «Nell’ultimo

anno, a causa di due brutti incidenti in

bicicletta, sono stato ospite del “nostro”

ospedale, dove ho trovato del personale

competente, gentile e instancabile che

non ho avuto modo di ringraziare abbastanza

per l’impegno. In questo periodo

di pandemia un caro amico e compagno

di pedalate purtroppo è stato colpito dalla

malattia e, nel suo trascorso ospedaliero,

mi ha raccontato delle sue tante

sofferenze e della paura vissuta. Spero

che questo gesto generi un’ulteriore ondata

di generosità nella gente, nel popolo

mugellano, per aiutare alla fine se stesso».

Quanto al percorso scelto − 222 km

da percorrere, 9000 metri di dislivello e

circa 22 ore per portarlo a termine − il

ciclista chiarisce invece: «L’Everesting è

una manifestazione riconosciuta in tutto

il mondo attraverso un’associazione

internazionale che prevede la scalata in

solitaria con la bicicletta di un dislivello

uguale all’altezza dell’Everest (8848 m),

da compiersi in un’unica uscita non stop.

Con la bicicletta da corsa l’hanno fatta in

molti, pedalando instancabilmente per

15-20 o più ore di seguito. In mountain

bike invece no, perché un percorso fuoristrada

è molto più impegnativo di uno su

strada, sia in termini di pendenze, sia in

termini di sicurezza. Ovviamente la mia

scelta è ricaduta sulla mountain bike,

sia perché mi piacciono le sfide, sia perché

la mountain bike è stato il mio primo

amore a pedali, sia perché il Monte Giovi,

che è sopra casa mia, è percorribile

solo in fuoristrada». Braccesi è riuscito

nella sua impresa circondato dall’affetto

e dal supporto di quanti, amici o sem-

Guglielmo Braccesi

plici sconosciuti, lo hanno sostenuto in

questa iniziativa: «Ringrazio l’infaticabile

Stefania Bartolozzi, Hidde Heydendael,

Raffaello Braccesi, Suphamat Belli, Marta

Carlesi e Vittorio Braccesi, tutte persone

che hanno passato la notte svegli per

seguirmi durante la prova e, più in generale,

ringrazio tutti coloro che per sostenere

la mia causa benefica si sono privati

di un caffè o di una pizza. So che qualcuno

si è privato di molto di più. Ma non è

la cifra che fa l’importanza del gesto, ma

il gesto in sé. Un ringraziamento a tutti

i gruppi ciclistici mugellani e non solo,

che oltre a fornirmi una loro maglia a dimostrazione

dell’unione nell’importanza

degli intenti, si sono adoperati per aiutarmi

a raccogliere qualche soldino. Infine

un ringraziamento speciale a tutti quelli

che hanno passato due giorni insieme a

me, regalandomi la possibilità di portare

a termine questa prova».

Per donazioni all'Ospedale di

Borgo San Lorenzo:

IBAN IT18A0306902887100000046034

Causale: DONAZIONE EMERGENZA CO-

VID -19 - EVERESTING

62

GUGLIELMO BRACCESI


Musica &

solidarietà

Antonella Gori

L’insegnante del sorriso contro la pandemia

di Serena Gelli

Antonella Gori, cinquantacinquenne

empolese insegnante di

yoga della risata, in questi mesi

della pandemia ha ideato una filastrocca

animata diventata virale sui social

che spiega ai bambini cos’è il Coronavirus

e quali sono le regole da rispettare.

Il suo obiettivo è ridare il sorriso

ai bambini attraverso immagini e parole

che facciano capire loro in maniera

semplice come affrontare la pandemia.

A questo proposito spiega: «Ho pensato

di creare una filatrocca fatta di immagini

divertenti perchè i bambini sono

i soggetti più colpiti da questa situazione.

Ho voluto quindi servirmi della fantasia

per sdrammatizzare quanto sta

accadendo». Antonella coltiva l’amore

per il disegno fin da piccola: «Quando

da bambina c’era qualcosa che mi

faceva sentire a disagio − racconta −,

correvo in camera mia e mi mettevo a

disegnare; l’arte mi aiutava a sentirmi

meno sola e a trasferire le mie emozioni

sul foglio». Anche per questo motivo

ha voluto essere al fianco dei bambini,

cercando di restituire loro il sorriso.

Oltre al disegno, altra sua passione

è l’insegnamento dello yoga della risata.

«Ho incontrato questo tipo di yoga in

un momento particolare della mia vita,

quando il mio corpo mi stava dando dei

segnali di dolore. Non capivo bene cosa

mi stesse succedendo e cosa mi volesse

comunicare il mio corpo. Una mattina,

mentre facevo colazione, mi colpì

un articolo che parlava dello yoga della

risata; iniziai a leggere e più andavo

avanti più vedevo scorrermi davanti agli

occhi tutta la mia vita, mi rividi bambina

con una gran voglia di ridere come tutti

i bambini, ma obbligata a non farlo perchè

ridere non era una cosa lecita, corretta

e decorosa». Da allora, ha seguito

dei corsi ed è diventata insegnante di

questa disciplina che fa capire alle persone

l’importanza e il valore terapeutico

della risata. «Ridere fa bene al fisico

e alla mente − chiarisce Antonella −, ed

è proprio questo che cerco di insegnare

con lo yoga della risata».

Antonella Gori laughtercoach

Smile freeeee

Antonella Gori

ANTONELLA GORI

63


Storia delle

Religioni

A cura di

Stefano Marucci

Riflessioni su Santa Teresa di Calcutta

di Valter Quagliarotti

2^ parte

L’opera di Santa Teresa di Calcutta

rappresenta la risposta all’amore

di Gesù Cristo; può essere

considerata l’icona della missione del

XXI secolo e l’esempio della Chiesa dopo

il Concilio: tenere insieme contemplazione

di Cristo e azione nel mondo,

tradizione e sviluppo. La spiritualità delle

Missionarie della Carità, così com’è

stata sviluppata da Madre Teresa, è essenzialmente

cristocentrica. Infatti, sulle

orme di Gesù, le Missionarie della Carità

portano la buona novella dell’amore di

Dio agli uomini; come Gesù, esse vanno

in giro facendo del bene e in cerca dei

Santa Teresa di Calcutta

bisognosi. Nel suo insegnamento spirituale,

la Madre pone in risalto l’umiltà di

Gesù, che non solo dona, ma giunge anche

a chiedere, come nell’episodio della

Samaritana. Cristo è l’esempio perfetto

d’amore che le suore devono cercare di

imitare. Quando si recò a Cambridge per

ricevere dal principe Filippo la laurea honoris

causa in Teologia, un giornalista le

chiese: «Cos’è che l’ha indotta ad iniziare

la sua missione, che l’ha ispirata e sostenuta

durante tutti questi anni?». La

Madre rispose: «Gesù». Il giornalista rimase

sconcertato. Ma per lei questa sola

parola era sufficiente per riassumere

tutta la sua vita, a spiegare la sua fede e

le sue imprese. Tutto era dovuto a Gesù,

ogni suo sforzo e ogni sacrificio erano

per lui. E’ nell’eucaristia che Madre Teresa

vede la suprema manifestazione

d’umiltà da parte di Gesù: «Il significato

dell’eucaristia − afferma la santa − è

nella comprensione dell’amore. Cristo

ha compreso che abbiamo una terribile

fame di Dio, ha compreso che siamo

stati creati per essere amati». Nell’eucaristia,

quindi, Cristo ci mostra ciò che

dobbiamo essere e ci dà la sua grazia

per diventare come lui ci vuole. La Madre

ha scelto una povertà molto rigida,

proprio ad imitazione di Gesù. Le Missionarie

della Carità, infatti, non possiedono

nulla, vivono di ciò che ricevono,

sono pronte a mendicare quando hanno

bisogno di cibo per sé e per i poveri.

La povertà le unisce a Gesù, le rende

simili a lui. Possiedono soltanto due sari,

uno da indossare e l’altro per il cambio;

per spostarsi vanno a piedi o usano

i mezzi più economici, come tram o bus.

In altre parole, vivono in assoluta povertà,

nello spirito del Vangelo e ad imitazione

di San Francesco. Anche per questo

motivo Madre Teresa è stata definita la

“santa dei poveri“. Nessuno più di lei ha

toccato da vicino, in tutte le periferie del

mondo, emarginazione, miseria e disperazione.

Più volte, la santa ha definito il

bambino non ancora nato e minacciato

di essere abortito come “il più povero tra

i poveri“. Quando nel 1985 parlò all’Assemblea

generale delle Nazioni Unite

disse: «Il più grande distruttore della pace

oggi è l’aborto, perché è una guerra

diretta, un omicidio commesso dalla madre

stessa. Se accettiamo che una madre

possa sopprimere il frutto del suo seno,

che cosa ci resta? L’aborto mette in pericolo

la pace nel mondo». Occorre notare

che l’espressione “se accettiamo”

sta a significare che il male supremo non

è quello della madre che abortisce, ma

della società che considera l’aborto come

un segno di emancipazione e civiltà.

64

SANTA TERESA DI CALCUTTA


A cura di

Laura Belli

Speciale

Pistoia

Il Cammino di San Bartolomeo

Un percorso tra natura e storia da Fiumalbo a Pistoia

di Laura Belli

Il Cammino di San Bartolomeo è un

percorso di circa cento chilometri

quasi interamente sulla montagna pistoiese

e si snoda da Fiumalbo a Pistoia

per lo più lungo sentieri o strade bianche.

Non presenta particolari difficoltà e, con

prudenza, è fruibile anche da famiglie con

bambini. Si tratta di un itinerario ricco di

suggestioni paesaggistiche e testimonianze

storiche e religiose che unisce due luoghi

dedicati al culto di San Bartolomeo.

Inizia, infatti, in Emilia, a Fiumalbo, davanti

alla parrocchia dedicata al santo, attraversa

i territori di Abetone, Cutigliano, Piteglio,

San Marcello e si conclude a Pistoia

di fronte alla splendida chiesa di San Bartolomeo

in Pantano. Fu inaugurato il 24

agosto 2015, festa di San Bartolomeo, ma

l’idea di valorizzare questo percorso, che

in buona parte del tracciato ricalca la via

Romea Longobarda, è nato dal rinnovato

interesse per i cammini ispirati al celebre

cammino di Santiago di Compostela e

alla rivalutazione del pellegrinaggio come

metodo di ricerca interiore e strumento di

pace e incontro, indipendentemente dalle

convinzioni religiose. Il percorso si sviluppa

in cinque tappe lungo le quali si possono

trovare punti di accoglienza, ristoro

e pernottamento: prima tappa, Fiumalbo-Cutigliano,

sei ore, ventitré chilometri;

seconda tappa, Cutigliano-Ponte di

Castruccio, quattro ore, quattordici chilometri;

terza tappa, Piteglio-Pontepetri, sei

ore, venti chilometri; quarta tappa, Pontepetri-Spedaletto,

quattro ore, quattordici

chilometri; quinta tappa, Spedaletto-Pistoia,

sei ore, ventiquattro chilometri. Il logo

del Cammino si ispira a un elemento decorativo

della facciata della chiesa di San

Bartolomeo in Pantano e ricorda il simbolo

del labirinto. Nell’antichità il labirinto

simboleggiava il caos e la necessità di

imporgli un ordine. Occorrono coraggio

e intelligenza nel percorrere quella via sinuosa

dall’inizio alla fine che da sempre

nelle diverse culture parla della rischiosa

complessità del mondo, di bene e male,

di perdizione e redenzione. Per il devoto

percorrere il labirinto significa compiere

un viaggio intensamente spirituale. San

Bartolomeo fu uno dei dodici apostoli e si

tende ad identificarlo con Natanaele, nativo

di Cana in Galilea. Dopo la resurrezione

di Gesù, Bartolomeo iniziò con gli altri

apostoli la missione evangelizzatrice. Subì

il martirio intorno al 60 d.C. ad Albanopolis

in Armenia: la tradizione più diffusa

vuole che egli sia stato spellato vivo; infatti,

nell’iconografia classica appare tenendo

in mano la propria pelle sanguinante

come nell’immagine dipinta da Michelangelo

nella Cappella Sistina. Fu venerato in

particolar modo dai Longobardi e le sue

reliquie hanno avuto una storia molto movimentata

e non del tutto certa. Furono recuperate

dal principe longobardo Sicardo,

che nell’838 le fece trasportare a Benevento,

dove un progetto ambizioso vorrebbe

far terminare in futuro il cammino. E’ importante

notare che fu proprio un nobile

longobardo, Gaidoaldo a iniziare la costruzione

della chiesa di San Bartolomeo in

Pantano a Pistoia dove tuttora, nel giorno

dedicato al santo, si celebra la festa della

benedizione dei bambini, particolarmente

cara ai pistoiesi che per l’occasione mettono

al collo dei loro piccoli la “corona di

San Bartolomeo” realizzata con grossi biscotti

di pasta frolla chiamati “pippi”, alternati

a confetti e cioccolatini. Una golosità

tipicamente pistoiese.

www.camminodisanbartolomeo.com

La chiesa di San Bartolomeo

in Pantano a Pistoia

La “corona di San Bartolomeo” realizzata con biscotti di pasta

frolla chiamati “pippi” e indossata dai bambini durante la festa

dedicata al santo a Pistoia (ph. courtesy discoverpistoia.it)

Una delle tappe con il segnavia recante il

logo-simbolo del Cammino di San Bartolomeo

(ph. courtesy camminiditalia.org)

IL CAMMINO DI SAN BARTOLOMEO

65


presentano

Artigianato è Arte

Mostra di

pittura, scultura e artigianato artistico

11 - 15 settembre 2020

Vecchia Propositura - Scarperia

La mostra resterà aperta ad ingresso

libero tutti i giorni con orario:

9,30 - 13,00 e 14,30 - 20,00

Claudio Barbugli

Valentino Bini

Fiorella Braccini Del Lungo

Beatrice Brandini

Atelier Giuliacarla Cecchi

Alfredo Correani

Renzo Del Lungo

Antonella Lucchini

Espongono:

Marco Maffei

Mario Meoni

Miriana Paolucci (allieve Laboratorio Arte Achillea)

Roberto Romoli

Omero Soffici

Achillea Spaccazocchi Bianchi

Maria Teresa Tronfi

Raniero Vettori

Curatore e organizzatore della mostra: Renzo Del Lungo

Collaboratore e supporto all’organizzazione: Alessandro Belli


A cura di

Franco Tozzi

Toscana

a tavola

La ribollita, ieri e oggi un piatto

della tradizione toscana

di Franco Tozzi

Le origini della ribollita si perdono

nella notte dei tempi delle campagne

della Tuscia e la versione

attuale è frutto di continue modifiche ed

alterazioni, legate all’arrivo, nel corso dei

secoli, di nuovi prodotti. Troppe persone

oggi confondono la minestra di pane con

la ribollita; in verità la minestra di pane

nostrana alla contadina è la madre della

ribollita, diciamo ne è la base, va da sé

che poi ogni autore abbia elaborato una

sua teoria che va dalle focacce posate su

taglieri ed usate come piatto nelle mense

dei signori, messe dai servi in un paiolo

insieme alle verdure facendo ribollire

il tutto fino alla più semplice ipotesi che

è quella della più antica zuppa mangiata

dai contadini toscani, sempre sul fuoco,

pasto strettamente legato ai ritmi delle

stagioni ed ai prodotti della terra. Certamente

quella di allora non sarebbe così

gradita ai nostri palati come lo è quella

di oggi, pensate agli ingredienti origina-

li: pane raffermo, ma non quello bianco

o quello di oggi cosiddetto scuro, allora

era scuro davvero, fatto con abbondante

crusca, orzo, segale, miglio ed altre granaglie

e poco grano, riservato al pane per

signori e cittadini; aggiungetevi gli scarti

del cavolo (o se avevate fortuna un cavolo

intero), i fagioli con l’occhio o fagiolo

dorico (giunti dalla Grecia al tempo dei

romani, perché i famosi cannellini, base

dell’odierna ribollita arriveranno dalle

Americhe alla metà del Cinquecento, così

come le patate ed i pomodori). Quindi, vi

rendete conto di quanto fosse diversa, e

forse per noi immangiabile, questa ribollita.

Invece per i contadini era il piatto base

ed andava bene sia come primo pasto

della giornata che come pasto serale. La

ricetta che vi darò è nella versione arcaica,

poi quella moderna con ingredienti

diversi rendendola attuale e assai gradevole;

in entrambi i casi, ricordatevi che

per essere la vera ribollita deve essere

fatta nel tegame di “coccio” come facciamo

noi, all’Accademia del Coccio; poi nei

giorni successivi per scaldarla e servirla

dovrà essere passata nella vecchia padella

in ferro (quella per i fritti).

La ribollita nella versione “antica”…

…e “moderna”:

500gr. di fagioli con l’occhio

500 gr. di pane ai cinque cereali

o di segale

400gr. di cavolo nero

2 spicchi di aglio

3 costole di sedano

olio d’oliva

sale grosso

ph. courtesy papilleclandestine.it

La sera prima mettete a mollo

i fagioli in acqua fredda, poi al

mattino, lessateli e fateli cuocere

a fuoco lento, salate alla

fine. Intanto in un’altra pentola mettete

tutti gli ortaggi, puliti e fatti a pezzi

e fatele cuocere per almeno mezz’ora,

in caso di bisogno aggiungete acqua

calda per non far perdere la temperatura

di cottura. Nel tegame di coccio

fate soffriggere la cipolla. Unite i fagioli

con il loro liquido alle verdure lessate

ed al soffritto, mischiate il tutto; fate

delle fette di pane dello spessore di un

dito e fate degli strati sui quali di volta

in volta, versate la zuppa. Lasciate riposare

il tutto nel tegame per una notte. Il

giorno dopo mettere il tegame sul fuoco,

cominciate a rigirare lentamente la

zuppa in modo da amalgamare tutti gli

400 gr di pane bianco raffermo,

meglio se cotto a legna

300gr. di cannellini

250 gr. di cavolo verza

250 gr. di cavolo nero

150 gr. di bietola

100 gr. di patate

3 pomodori maturi

3 carote

3 costole di sedano

4 spicchi di aglio, una cipolla

un ciuffo di pepolino, sale e olio

ingredienti ed aggiungete olio in buona

quantità. Quando sarà ben calda e “cremosa”

portate in tavola e servite, per i

giorni successivi, scaldatela in un tegame

di alluminio, prende velocemente

calore ed è subito pronta.

www.accademiadelcoccio.it

LA RIBOLLITA

67


Eccellenze toscane

in Cina

A cura di

Michele Taccetti

Casa Vinicola Dreolino

Un’eccellenza del vino toscano alla conquista del mercato cinese

di Michele Taccetti

Nel cuore della Toscana, alle

porte del Mugello, si trova

la Casa Vinicola Dreolino che,

fin dal 1939, produce e vende vino tipico

della zona: il Chianti Rufina. L’azienda

è nota per essere il fornitore delle più

importanti trattorie storiche di Firenze,

ma anche per la sua presenza affermata

sui mercati esteri, in particolare negli

Stati Uniti e in Giappone. Dopo il primo

ventennio di attività, l’azienda ha sviluppato

la sua rete commerciale negli anni

Sessanta con la costruzione della nuova

cantina nel cuore del paese, progettata

con una concezione moderna tuttora

valida: la catena di imbottigliamento

interno garantisce rapidità ed elasticità

nella produzione e la posizione strategica

sulla strada alle porte del paese

permette l’accesso ad ogni tipo di mezzo

di trasporto. A tutto ciò si aggiunge

un magazzino di merce per pronta

consegna (che permette di avere sempre

merce disponibile) e la possibilità di

personalizzare le etichette delle bottiglie

(particolarmente apprezzata dai clienti),

il tutto accompagnato da un servizio rapido

e efficiente. La garanzia di genuinità

e qualità del prodotto è comprovata

dal gradimento riscosso su scala nazionale

e internazionale e, soprattutto,

dai numerosi clienti storici che da oltre

trent’anni acquistano con regolarità

il vino della Casa Vinicola Dreolino.

Il Chianti DOCG è il prodotto più venduto,

non solo per l’imbattibile rapporto

qualità/prezzo, ma anche perché la

Casa Vinicola Dreolino è uno dei pochi

produttori rimasti in Toscana a fornire

in modo regolare il vino anche nel tradizionale

fiasco toscano. I più importanti

ristoranti toscani prediligono il fiasco

come eccellente biglietto da visita della

cultura locale da presentare alla propria

clientela internazionale e la storica bottiglia

ben curata contiene un vino bene

equilibrato e facile da bere che accompagna

i piatti della tradizione

regionale. La vera anima

della produzione è comunque

rappresentata dal Chianti

Rufina e dal Chianti Rufina

Riserva (che passa due anni

in barrique per affinare e valorizzare

quei profumi e sapori

tipici dell’area alle porte

del Mugello), ma gli intenditori

del settore apprezzano

anche il Super Tuscany,

di grande qualità. Una cura

particolare è riservata alla

scelta delle bottiglie e alla

qualità dei tappi di sughero,

e ogni prodotto ha una bottiglia

di riferimento che ne caratterizza

l’offerta e lo rende

unico. Il Chianti Rufina Dreolino,

come abbiamo detto,

è molto apprezzato anche

all’estero e dal prossimo

68

CASA VINICOLA DREOLINO


mese di settembre, nonostante i problemi

e i rallentamenti commerciali creati

dal Covid-19, la Casa Vinicola Dreolino

ha deciso di investire per affrontare

in modo deciso il mercato cinese. Dopo

un’esperienza breve (ma di grande

successo) nelle vendite avvenuta qualche

anno fa, la proprietà ha deciso di

concentrarsi sul mercato cinese in un

programma a medio lungo termine per

creare una presenza stabile in un mercato

che ha dimostrato di apprezzare in

modo chiaro e deciso il prodotto Dreolino.

Affidandosi all’esperienza e alla

presenza in Cina

della società

China 2000, la Casa Vinicola Dreolino

ha deciso di fare uno sforzo commerciale

per aumentare la propria visibilità

e presenza in Cina, concordando una

serie di iniziative promozionali che dovrebbero

portare nei prossimi mesi alla

definizione di accordi commerciali con

distributori diretti. La presenza in Cina

servirà, altresì, a rafforzare l’immagine

e la presenza internazionale dell’azienda,

confermando così la volontà di

continuare nella tradizione familiare iniziata

nel lontano 1939. Il mercato cinese

del vino è altamente concorrenziale,

dominato dallo strapotere dei vini francesi,

presenti da oltre trent’anni in modo

significativo sia nella promozione

che nell’investimento: è per il difetto di

questi ultimi due strumenti di marketing

che l’Italia oggi si trova dietro molti

paesi nella classifica dei vini più venduti

in Cina. La richiesta di vini italiani

in Cina sta, tuttavia, crescendo e la Casa

Vinicola Dreolino vuole farsi trovare

pronta proponendo qualità, tradizione

e presenza internazionale come garanzia

per i buyer cinesi che hanno già mostrato

interesse per i suoi prodotti.

Casa Vinicola Dreolino

Via Fiorentina 5/6 - 50068 Rufina (FI)

+ 39 0558397021

Michele

Taccetti

Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici Italia/

Cina ed erede della propria famiglia operante con il grande paese asiatico

fin dal 1946, assiste da oltre vent’anni le aziende italiane interessate

ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare, alla promozione

del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia di

marketing ed internazionalizzazione ed è stato consulente per il Ministero dello

Sviluppo Economico.

Per info:

michele.taccetti@china2000.it

China 2000 srl

@Michele Taccetti

taccetti_dr_michele

Michele Taccetti

CASA VINICOLA DREOLINO

69


La voce

dei poeti

Stefano Fissi, poeta dell’anima

di Stefano Fissi

La finestra aperta

Le ante aperte della disattenzione

da dove sei volata per l’immenso

non ti ho chiuso in una gabbia dorata

ora ti libri libera nel cielo.

Le solite adusate circostanze

tedio di scorrere tutti i giorni eguali

le carezze che si perdono di nerbo

diventano sospiri di stanchezza.

Così ho lasciato che tu te ne andassi

non ti ho seguita nel tuo errabondare

non condivido un cammino ramingo

alla cerca d’improbabili glorie.

Ora so che sei a vagare pel mondo

nuovi abbracci ti conducono al sonno

nelle notti di provvidi segreti

a un altro apri il tuo cuore e le coperte.

Mi resta il tuo profumo sulla pelle

gli scherzi che agghindavano al sorriso

tutto si fugge anche le tenerezze

di giorni andati a raccoglier le fole.

Resto sospeso aperta la finestra

in fondo spero che tu ci ritorni

a riempire con lo scroscio di gioie

il diafano impalpabile del vuoto.

Ma non sei tu che dirigi i tuoi voli

le brezze che ti portano alle nubi

decideranno se finire il tragitto

nelle amichevoli quieti del porto.

Autunno

Il fremito delle ali di un colombo

si slancia tra le brezze del mattino.

Si perdono nel nulla i ricordi

traversata nel tempo senza un eco.

Ho lasciato la mia vita a una fermata

non c’è posto per fantasmi e miraggi

troppo stanco di strascicare i sogni

in carrozze arrugginite da intemperie.

Cadon le foglie ai refoli autunnali

più azzardoso si fa il ricominciare

quando la fibra ogni giorno tradisce

stanca di ascese e impervie rampicate.

Attendo che si disfi il desiderio

che mi dimentichi delle risate

e passi in prescrizione ogni promessa

che ci scambiammo in euforie d’estate.

Pioggia estiva

Profumo d’aria fresca di pioggia

m’incanta nella sera tumefatta

un temporale effimero d’estate

ha ripulito ogni angolo di cielo.

Or l’arsura di luglio si è placata

ci lasciamo accarezzare riemersi

dai dardi martellanti del solleone

ci rinvoltiamo in umori benedetti.

Vapori sopra il monte a mezza costa

una cortina segnano di nebbie

dove si appoggiano i passi ansimanti

di chi segue i sentieri per le stelle.

Sulle foglie diademi di diamanti

vezzi di perle nelle ragnatele

per il gala la natura agghindata

si posa in fronte la falce di luna.

A ricevere dorate profferte

da creature variegate al tramonto

grate di uno scrosciare tempestoso

che ha rinfrescato le anime accaldate.

Attimo d’estasi

Accarezzarsi qual brezze suasive

sotto il gorgheggio di una capinera

il rintocco che scardina la quiete

tra il tubare insistente de’colombi.

Si desta il mattino in occhi di volpe

attenti a perlustrare la radura

in cerca di movenze sprovvedute

su cui avventare i balzi di predona.

L’incombenza del giorno che si inizia

mi sorprende svagato e titubante

ma è domenica e non ci si arrabatta

con gl’insulsi ammennicoli di stenti.

Mentre nel cielo le nubi impazienti

tien sospese uno zefiro perplesso

coi sospiri fa vibrare le corde

che dal profondo si espandono al creato.

Attimo d’estasi vola per l’aria

non si decide a raccogliersi in terra

volteggia tra le nubi di bambagia

finché lucida mente lo sorprende.

Stefano Fissi

Psichiatra e psicoterapeuta junghiano,

aderente al Centro Italiano

di Psicologia analitica,

Stefano Fissi cerca nella poesia una

strada per esprimere i contenuti dell’anima.

A questo proposito, l’autore

afferma: «La poesia cura i mali dell’anima,

è tutt’uno con l’autoconoscenza,

la psicoterapia, l’evoluzione interiore e

la mistica».

www.trasmutazioni.com

70

STEFANO FISSI


Eventi in

Toscana

Il premio nazionale d’arte Il Ghibellino - Città di Empoli

Testo e foto di Claudio Caioli

Un momento della cerimonia di premiazione: da sinistra, Silvano Salvadori, presidente del Circolo Amatori Arti

Figurative, il consigliere regionale Enrico Sostegni e l’assessore alla Cultura del Comune di Empoli Giulia Terreni.

La nona edizione del concorso

nazionale d’arte Il Ghibellino,

Città di Empoli ha visto la partecipazione

di circa sessanta artisti con

cento opere. La giuria, composta da Jacopo

Chiostri, Filippo Lotti e Daniela

Pronestì, ha assegnato il primo premio

a Michele De Nicolò, secondo è risultato

Maurizio Biagioni, terzo Alberto Vignoli.

Altre attestazioni di merito sono state

attribuite a Lello Negozio, Marco Beconcini,

Fabrizio Filippi, Euro Elmi, Lorella

Consorti, Francesca De Nicolò, Beppe

Calvetti e Renzo Bastianelli. La premiazione,

dopo l’esposizione nelle sale del

Circolo Amatori Arti Figurative nel Palazzo

Ghibellino, si è tenuta in Piazza Farinata

degli Uberti sabato 18 luglio alle

ore 17,30. L’assessore alla Cultura Giulia

Terreni ha confermato l’importanza

del ruolo del Circolo nel promuovere

incontri fra artisti e nel proporre iniziative

culturali. Il presidente Silvano

Salvadori si è rivolto al consigliere regionale

Enrico Sostegni ringraziandolo

per aver promosso la bella mostra

dei soci in Regione Toscana, documentata

con la stampa di un elegante catalogo.

Salvadori ha poi presentato le

future proposte culturali che sono in fase

di attuazione, fra cui, per ringraziare

i partecipanti al concorso, due collettive

scaglionate per tutti i candidati non

premiati. Hanno partecipato gli artisti:

Dea J. Babic, Rinaldo Barnini, Renzo

Bastianelli, Marco Beconcini, Claudio

Bernardeschi, Elisabetta Bertocci, Piero

Bettarini, Maurizio Biagioni, Mariapaola

Bianchi, Vittorio Braccesi, Beppe

Calvetti, Patrizio Carlesi, Emilio Cavani,

Tommaso Cerrito, Camilla Ciampalini,

Edi Cioli, Cristian Colella, Lorella

Consorti, Matilda Cresci, Francesca De

Nicolò, Michele De Nicolò, Daniela Del

Sarto, Giacomo Di Dio, Grazia Di Napoli,

Luigi Dimitrio, Cosetta Dipietrantonio,

Elisabetta Donati, Euro Elmi, Alfonso

Fantuzzi, Silvana Fedi, Fabrizio Filippi,

Alma Francesca, Francesca Gheri, Maria

Rosa Giuliani, Letizia Lazzeretti, Caterina

Lorenzo, Katayoun Maleky, Rossana

Mannini, Vera Martino, Sandra Masoni,

Giuseppe Matera, Elena Migliorini,

Alessandra Mollica, Giuseppe Morena,

Roberto Morotti, Lello Negozio, Luana

Nesti, Fulvio Persia, Paola Pini, Franco

Ramerini, Simone Ristori, Simone Rocchi,

Marcello Russo Krauss, Saura Simoni,

Natalia Sololeva, Silvano Sordi,

Gabriella Tatini, Ilaria Terzigli, Lorenzo

Terreni, Elisa Tosi, Alberto Vignoli, Gerardina

Zaccagnino, Elisabetta Zappino.

Michele De Nicolò, primo classificato

Maurizio Biagioni, secondo classificato

Alberto Vignoli, terzo classificato

IL GHIBELLINO

71


Movimento

Life Beyond Tourism

Travel To Dialogue

Il Movimento Life Beyond Tourism Travel

to Dialogue per lo sviluppo dei territori

Cogliere le opportunità del modello di viaggio Life Beyond Tourism

per attrarre viaggiatori virtuosi e far ripartire l’economia

di Stefania Macrì

velli, portano avanti la cultura dei luoghi

stessi, come i residenti.

Come si sviluppa l’azione del Movimento

LBT-TTD e come funziona il modello

di Viaggio Life Beyond Tourism?

Sono sei gli elementi su cui si basa il modello

di viaggio Life Beyond Tourism ® :

1. il viaggio

2. l’ospitalità

3. l’accoglienza

4. le espressioni culturali

5. il patrimonio, culturale e naturale

6. la difesa del pianeta Terra

Tutto parte dal viaggio che il viag-

Il Movimento Life Beyond

Tourism Travel to Dialogue

(LBT-TTD) è una realtà

dinamica e in continua

evoluzione, sempre al passo

con i tempi e alla ricerca

dei servizi più innovativi

per i propri affiliati e per la

valorizzazione delle espressioni

culturali dei territori.

Questi sono i veri e propri

protagonisti dell’etica Life

Beyond Tourism ® , elementi

fondanti dei luoghi che conservano

tradizioni tramandate di generazione

in generazione, un “saper fare” tipico

e proprio del territorio che rappresenta

un elemento di continuità e un anello

di congiunzione tra passato, presente

e futuro. Il Movimento Life Beyond Tourism

Travel to Dialogue (LBT-TTD), attraverso

il suo lavoro quotidiano, vuol

fare in modo che il grande patrimonio

dei territori possa essere preservato e

trasmesso a un pubblico di viaggiatori

attenti e sensibili alla sua valorizzazione

e diffusione. I protagonisti di questo

modo di agire sono i territori e le loro

espressioni culturali, vale a dire aziende,

istituzioni e i soggetti che, a vari ligiatore

decide di intraprendere per

scoprire il patrimonio culturale e naturale

di un territorio. Il viaggio rappresenta

quindi uno strumento prezioso di

conoscenza e dialogo che apre a molte

opportunità di crescita, personale e comunitaria.

La conoscenza del territorio è

favorita dall’ospitalità nei confronti del

viaggiatore che verrà accolto dagli operatori

del settore turistico che svolgono

un ruolo molto importante: essendo

infatti il primo contatto del viaggiatore

all’interno del territorio, imprimono un

elemento indelebile nei suoi ricordi futuri.

Il momento dell’accoglienza è fondamentale

per presentare il territorio al

meglio, con il suo patrimonio e le sue

espressioni culturali, da visitare, valorizzare,

salvaguardare e da trasmettere

al di fuori del territorio stesso. L’esperienza

del viaggio deve potersi trasformare

in un momento di riflessione del

viaggiatore, per far sì che possa impegnarsi

nella difesa del pianeta Terra in

tutte le sue espressioni. In questo contesto

rientra l’azione del Movimento

Life Beyond Tourism Travel to Dialogue

che aiuta i territori a raccontarsi

in maniera autentica ed inclusiva

attraverso una qualificata visibilità in-

72 MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE


ternazionale delle aziende e istituzioni

che sono al suo interno. Parallelamente

i viaggiatori trovano una serie di contenuti

interessanti e una selezione di

espressioni culturali da annotare e costruire

così il proprio itinerario di

viaggio Life Beyond Tourism, autentico

e unico.

Cosa possono fare le istituzioni e le

aziende dei territori per usufruire dei

servizi del Movimento Life Beyond

Tourism Travel to Dialogue (LBT-TTD)

e creare delle opportunità di sviluppo

e ripartenza economica?

Il primo passo da compiere è quello

di affiliarsi al Movimento Life Beyond

Tourism Travel to Dialogue (LBT-T-

TD) sul sito www.lifebeyondtourism.

org scegliendo il profilo più adatto tra

quelli proposti, all’interno della sezione

Registrati adesso. Successivamente

è fondamentale creare la pagina relativa

alla propria espressione culturale

(azienda, istituzione, artista) e

inserire le informazioni più rilevanti che

inizieranno ad essere veicolate a livello

internazionale. In parallelo si ha l’opportunità

di accedere a una serie di

servizi di formazione al modello di

viaggio Life Beyond Tourism grazie ai

corsi, disponibili anche in modalità e-learning,

dove apprendere i princìpi e le

tecniche-base per costruire un piano di

marketing territoriale in linea con le esigenze

del mercato attraverso strumenti

promozionali concreti. In questo modo

i viaggiatori potranno cogliere il massimo

dall’esperienza del viaggio, diventeranno

residenti temporanei del luogo

e, come tali, contribuiranno all’economia

del territorio visitato perché comprenderanno

il valore reale delle sue

espressioni culturali. Di conseguenza, i

sei elementi del modello Life Beyond

Tourism, ben coordinati tra loro, consentiranno

al viaggiatore di raccontare

il territorio ad altri potenziali

viaggiatori creando un circolo virtuoso

di valorizzazione dei territori e di

sviluppo economico.

Per conoscere i dettagli del modello di

viaggio Life Beyond Tourism, approfondire

le informazioni relative al Movimento

LBT-TTD ed entrare in questo

mondo di opportunità basta collegarsi

al sito https://www.lifebeyondtourism.

org/it/promozione-territori/

oppure scannerizzare il

codice QR qui accanto

con la fotocamera del

proprio telefonino.

Per contattare il Movimento LBT-TTD

scrivete a info@lifebeyondtourism.org

oppure chiamate il numero 055-290730.

Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue

Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®, ideati dalla

Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere e comunicare il

patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme alle sue espressioni

culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che custodiscono, dando risalto

a residenti, viaggiatori, istituzioni culturali, pubbliche amministrazioni, aziende,

artigiani, artisti e tutti coloro che rappresentano la cultura dei vari territori, a livello

nazionale e internazionale. La società si sta trasformando in società Benefit/B Corp.

Per info:

+ 39 055 284722

info@lifebeyondtourism.org

www.lifebeyondtourism.org

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

73


B&B Hotels

Italia

B&B Hotels non si ferma e annuncia

l’ingresso della Germania sulla

piattaforma globale

di Francesca Vivaldi

B&B Hotels, catena internazionale

di alberghi con più di

cinquecento hotel in Europa

e quarantuno sul territorio nazionale,

riconferma ancora una volta

la forte attenzione al mondo digitale

con l’ingresso delle strutture tedesche

sul sito globale hotelbb.com,

dove da oggi è possibile prenotare anche

i centoventotto B&B Hotels in Germania,

oltre a quelli di Italia, Francia e

Spagna. Una costante crescita, quella di

B&B Hotels, che nel 2019 ha chiuso l’esercizio

con un fatturato di sessantatré

milioni solo in Italia. Un anno ricco di

novità, che ha visto in primo piano l’apertura

del cinquecentesimo hotel della

catena nel capoluogo siciliano, il B&B

Hotel Palermo, l’acquisizione da parte

del Gruppo Goldman Sachs e il lancio

della nuova piattaforma globale. «L’ingresso

della Germania − afferma Fabrice

Collet, CEO di B&B Hotels Group

− è un risultato straordinario ottenuto

grazie al lavoro, all’impegno e alla collaborazione

tra tutte le countries, in un’ottica

sempre più globale e sfidante. Sono

incredibilmente fiero di tutti coloro che

hanno partecipato alla realizzazione di

questo importante passo avanti, nonostante

le limitazioni imposte dallo

smart working. Siamo una squadra

vincente e questo progetto stabilisce un

nuovo standard per tutti noi». L’obiettivo

di questa implementazione è quello

di diventare la catena di riferimento per

il segmento smart hotel in Europa, permettendo

ai propri clienti di poter accedere

a tutte le informazioni, le strutture

e a tutti servizi attraverso un’unica piattaforma

globale. La piattaforma di B&B

Hotels è totalmente mobile first e user

friendly e grazie a un aggiornamento

Anche i vantaggi del B&B Hotels

Club diventano sempre più “global”.

Il programma fedeltà della catena, che

oggi conta più di oltre trentamila iscritti,

dà diritto a speciali promozioni tutto

l’anno e permette di avere sempre

il 10% di sconto sulla tariffa standard

e il 5% sulle tariffe promozionali. Ogni

Valerio Duchini, presidente e AD di B&B Hotels Italia

del motore di ricerca predittivo,

gli utenti possono trovare le destinazioni

e gli hotel con più facilità

e più velocemente attraverso la

funzione di geolocalizzazione. E’

possibile inoltre inviare domande

relative al soggiorno direttamente

dal sito tramite una gestione innovativa

del backoffice supportato

dal migliore CRM del mercato Salesforce.

Inoltre, grazie ad un accordo

siglato con TrustYou, uno

dei principali player della certificazione

sulla soddisfazione della

clientela in hotel, sul sito sono

pubblicate solo le recensioni verificate

di clienti autentici che hanno

soggiornato in un B&B Hotel.

«Sono molto orgoglioso di questo

importante sviluppo della nostra

piattaforma − commenta

Valerio Duchini presidente e AD

di B&B Hotels Italia −; un unico

sito con più di cinquecento ho-

tel rappresenta per noi un ulteriore e

importante passo in avanti per rendere

sempre più globale e riconoscibile il

nostro brand. Il prossimo obiettivo sarà

quello di introdurre tutti i paesi in cui

B&B Hotels è presente sotto un unico

portale per permettere ai nostri clienti

di scoprire nuove destinazioni a prezzi

sempre più competitivi con i servizi di

qualità che ci distinguono».

soggiorno in una struttura del gruppo

permette, inoltre, di accumulare cento

punti Club che possono essere convertiti

in voucher da usare in hotel. Uno

sviluppo importante e costante che entro

il 2021 prevede il raggiungimento di

cinquanta hotel in Italia e oltre seicentocinquanta

a livello globale. L’obiettivo è

quello di approdare a nuove destinazioni

e rafforzare la presenza in quelle già

presidiate, tutte scelte tra le mete primarie

del panorama turistico italiano, ma

anche in quelle secondarie, estremamente

potenziali se si pensa al patrimonio

artistico e culturale che l’Italia offre

nelle città medio-piccole. Un modello di

business vincente basato su servizi di

elevata qualità, confortevoli e all’avanguardia,

dove la tecnologia gioca un

74

B&B HOTELS ITALIA


B&B Hotel Treviso

ruolo chiave, per un’esperienza

sempre più connessa.

Dal design moderno e

funzionale con bagno spazioso

privato e soffione XL,

le camere B&B Hotels dispongono

di Wi-Fi superveloce

gratuito, Smart TV

con canali Sky e satellitari

e Chromecast integrata

per condividere in streaming

contenuti audio e video

proprio come a casa.

In quest’ottica globale il tema

della sicurezza è oggi

al centro di tutte le strategie

operative nelle diverse

County di B&B Hotels.

In particolare, B&B Hotels

Italia ha realizzato, in

collaborazione con BCO

Consulting e Rentokil-Initial

Italia, un protocollo

di sanificazione che prevede

la messa in sicurezza

di tutti gli ambienti e si

accompagna ad un dettagliato processo

operativo sviluppato a tutela degli

ospiti e dello staff delle strutture, garantito

dal Safety Label High Quality

Anti Covid-19. Questi provvedimenti

permettono la continuità del servizio e

il mantenimento dei consueti alti standard

qualitativi per un soggiorno in piena

sicurezza. A supporto dell’operatività

sono state individuate 8 Golden Rules

“Help us Helping You” che il personale

in hotel e i clienti sono invitati a seguire.

«Sono fiducioso che grazie a questo

forte senso di responsabilità, partecipazione

e collaborazione che ci contraddistingue

− prosegue Valerio Duchini −,

siamo in grado di offrire ai viaggiatori,

sia business sia leisure, un vantaggio

concreto a tariffe super competitive

ed alti standard qualitativi, in linea con

i nostri valori e la nostra filosofia Only

For Everyone».

Per maggiori informazioni sulle novità,

sulle promozioni e sulle misure di sicurezza

visita hotelbb.com e scopri tutte

le strutture aperte.

B&B Hotel Milano

B&B HOTELS ITALIA

75


Arte e

gusto

A cura di

Elena Maria Petrini

Ernesto Molteni

La “cultura del buon bere” secondo il presidente di ABI Professional

di Elena Maria Petrini / Foto Maurizio Mattei e courtesy Ernesto Molteni

Ernesto Molteni ha iniziato la

sua carriera di barman nel

1978, partendo da un ristorante

stellato in Val d’Aosta; ha proseguito

poi come maître, sommelier

e docente di Tecnica della degustazione

per associazioni di sommellerie

e bartender, sempre continuando

a fare il barman nei migliori locali italiani

ma anche in proprio. Pluricampione

italiano nel 1991 e nel 2001 e

una decina di volte nei concorsi interregionali

ed esteri, ha potuto, grazie

a questi ultimi, perfezionare a Londra

la lingua straniera. Ha completato

la sua formazione diventando assaggiatore

di grappa e acquavite (ANAG).

Per quattordici anni è stato fiduciario

e vice-fiduciario di AIBES per la

Val d’Aosta e ha poi fondato, insieme

ad altri, l’Associazione Barmen

Italiani (ABI Professional) di cui oggi

è presidente e che annovera tra i

suoi iscritti i migliori protagonisti nel

mondo del bartending in Italia e all’estero.

Sull’importanza e sugli obiettivi

dell’associazione afferma: «E’ un ente

no profit nato come supporto per i

barman professionisti, per migliorarne

la crescita professionale, lavorativa

e deontologica, creando una rete

efficace a livello regionale e nazionale

per qualificare la preparazione dei

bartender e offrire occasioni di crescita

e confronto. La professione del

barman è sempre stata un fiore all’occhiello

delle strutture turistico-ricettive

per quanto riguarda l’accoglienza

del cliente. Le qualità professionali

sono svariate: savoir-faire, educazione,

cortesia, capacità comunicative

anche in varie lingue straniere, pazienza,

umiltà, onestà, stile e classe.

Infine, capacità creative con

ottima conoscenza dell’enogastronomia

e delle degustazioni sensoriali e

gusto-olfattive; tutto ciò senza dimenticare

la discrezione. Il nostro setto-

re vive in perenne cambiamento e

nei vari decenni ha subito l’influenza

di nuove mode, com’è accaduto per

il flair bartending negli anni Novanta

e la Mixology dal 2000 fino ad oggi.

Dobbiamo essere sempre pronti al

cambiamento, senza però dimenticare

gli insegnamenti della scuola classica,

con i suoi oltre centocinquanta

anni di esperienza». Molto importante

per il presidente Molteni è far capire

al pubblico chi è il barman, distinguendo

tra chi lavora dietro al bancone

con grande passione e con le

qualità sopra elencate e chi invece

fa il manager nel settore del bartending.

Molteni sottolinea, inoltre, l’importanza

della cultura del bere con il

suo motto “bere poco e bere bene”,

spiegando quanto sia importante anche

alimentarsi correttamente visto

che i cibi sono sempre più ricchi di

zuccheri e carboidrati dannosi almeno

quanto l’alcol se consumati in dosi

eccessive. L’associazione ABI Professional

organizza eventi di beneficenza

per trasmettere il messaggio della

“cultura del buon bere”, proponendo

aperitivi analcolici e centrifugati di

frutta e verdura di stagione da prepare

anche casa. Eccone due esempi:

Fragolissima

• fragole fresche frullate

• zucchero

• limone

Red passion

• fragole fresche frullate

• spremuta di arancia fresca

• crodino

76

ERNESTO MOLTENI


Visto che apparteniamo ad uno dei

primi paesi al mondo produttori di

amari, per i nostri lettori Molteni conclude

l’intervista con un suo cavallo

di battaglia che propone ancora oggi

nella struttura in cui lavora, il Resort

Valle dell’Erica in Sardegna. Si

tratta del cocktail Espresso Negroni,

molto piacevole e cremoso, con caffè

aromatizzato al liquore alla liquirizia e

con sapore di affumicato.

Espresso Negroni

• liquore tipico italiano al

rabarbaro

• bitter

• un goccio di scotch whisky

• caffè espresso italiano

aromatizzato con qualche

goccia di liquore al liquirizia

calabrese oppure sardo

Ernesto Molteni

Un’altra creazione di Ernesto Molteni

Challenge on ice

• 4 cl vodka vanil stoli

• 2 cl genepì

• 2,5 cl succo Lime

• 2 cl succo di aloe

• 1, 5 cl miele mille fiori

• un cucchiaino di bianco d’uovo

• mezzo peperoncino fresco

ERNESTO MOLTENI

77


Il fascino dei trattori d’epoca da Ditutto Dipiù

di Claudio Caioli

portante per i successivi esperimenti,

come l’introduzione del motore Diesel

che prese il nome dal suo inventore

Rudolf Diesel. Oggi sono molti gli

amanti e i collezionisti di trattori d'epoca

che organizzano mostre e raduni

in tutta Italia. Fra le tante offerte e curiosità

che Ditutto Dipiù offre ai suoi

visitatori e clienti ci sono anche molte

di queste macchine agricole che hanno

rivoluzionato l’agricoltura, fra cui

La storia del trattore inizia nel

1770 circa, quando l’ingegnere

inglese Nicolas Cugnot costruì

il primo trattore alimentato a

vapore. L’esperimento fallì clamorosamente

e il prototipo andò distrutto.

In seguito, vennero fatti altri tentativi,

fra cui anche quello dell’italiano Cesare

Costa, ma fu il tedesco Otto Nicolas

che, perfezionando il motore a scoppio

a quattro tempi, segnò una svolta imanche

un rarissimo trattore Farfa a

“testa calda”, un tipo di motore monocilindrico

ad iniezione cosiddetto perché

l'accensione è ottenuta mediante

il riscaldamento del “muso” del trattore

utilizzando una fiamma alimentata

con petrolio o benzina. Da Ditutto Dipiù,

nel settore dedicato alle macchine

agricole, possiamo ammirare anche

una splendida Jeep americana, residuato

della seconda guerra mondiale.

Via del Lavoro, 6, Montelupo Fiorentino (FI)

Dal lunedì alla domenica;

giorno di chiusura: lunedì mattina

Orario di apertura: 9.30/13.00 - 15.30/19.30

www.dituttodipiu.net

Ditutto Dipiu Mercatino Dell'usato

ditutto.dipiu

dituttodipiu

78

DITUTTO DIPIÙ


GRAN CAFFÈ SAN MARCO

Un locale nuovo e poliedrico, con orari che coprono tutto l’arco della giornata.

Perfetto sia per un pranzo di lavoro che per una cena romantica o per qualche

ricorrenza importante

Piazza San Marco 11/R - 50121 Firenze

+ 3 9 0 5 5 2 1 5 8 3 3

www.grancaffesanmarco.it


Una banca coi piedi

per terra, la tua.

www.bancofiorentino.it

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