La Toscana Nuova Settembre 2020
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La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 8 - Settembre 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Un connubio di gusto, stile ed eleganza
nella magica cornice del
Piazzale Michelangelo
Ristorante La Loggia
Piazzale Michelangelo 1 - 50125 Firenze
+ 39 055 2342832
www.ristorantelaloggia.it
Sommario settembre 2020
I quadri del mese
Rosy Spoto, I girasoli, olio su tela, cm 120x95
rosy121923@yahoo.it
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A Venezia, la rassegna d’arte internazionale AqvArt
Paglia e bronzo nei quadri-scultura di Gabriel Diana
Oliviero Toscani, genio ribelle della fotografia italiana
Wanda Wulz, l’affascinante fotografa del Futurismo
MITA Academy, la scuola per i professionisti della moda
Intervista a Paolo Staccioli, maestro della ceramica
Un ricordo di Fedora Barbieri, a cento anni dalla nascita
Dentro ed oltre il ritratto con Enzo Mauri
L’Egitto di Tutankhamon a Palazzo Medici Riccardi
Benessere della persona: i profumi naturali della Toscana
Dimensione salute: quando essere buoni non conviene
Psicologia oggi: gelosia, paranoia travestita d’amore
Chiara Piccardi: la freschezza espressiva di una giovane artista
Gummo: il racconto lucido e spietato di Harmony Korine
Il docufilm di Lorenzo Borghini sul dramma delle morti stradali
La mostra di Emo Formichi all’Auditorium al Duomo di Firenze
I professionisti del teatro nell’intervista a Guglielmo Visibelli
Un quadro di Monica Giarrè al presidente Eugenio Giani
La grande mostra su Ottone Rosai a Montevarchi
Francesca Parrini: ritratto di una donna fotografa
I Racconti di fine estate di Simultanea Spazi d’Arte a Ravenna
La “Toscana nuova” di Eugenio Giani, candidato presidente alla Regione
Pyotr Ilyich Tchaikovsky a Firenze per amore della musica
Severino Gazzelloni, il più illustre flautista italiano
La natura “imbrigliata” nelle opere di Francesca Guetta
L’omaggio al femminile di Federica Garzella
Mauro Maris: l’arte come ricerca di senso della vita
I libri del mese: un diario di mamme e papà in tempo di quarantena
Il libro-intervista su Roberto Rossellini di Gabriella Izzi Benedetti
Sergio Rinaldelli, artista tra immagini e parole
Viviana Puello, la signora dell’arte contemporanea
Patricia Karen Gagic, artista dell’anno per ArtTour International
Kimberly Berg, un pittore dalla parte delle donne
L’universo femminile tra colori e simboli di Ric Conn
Guglielmo Braccesi scala “l’Everesting” per un’iniziativa benefica
Antonella Gori, l’insegnante del sorriso contro la pandemia
Storia delle religioni: riflessioni su Santa Teresa di Calcutta
Speciale Pistoia: il Cammino di San Bartolomeo
Toscana a tavola: la ribollita, ieri e oggi un piatto della tradizione
La scalata al mercato cinese della Casa Vinicola Dreolino
Stefano Fissi, poeta dell’anima
Il premio nazionale d'arte Il Ghibellino - Città di Empoli
Le opportunità del modello di viaggio Life Beyond Tourism
La sfida “global” di B&B Hotels Italia
La “cultura del buon bere” secondo Ernesto Molteni
Il fascino dei trattori d’epoca da Ditutto Dipiù
Mirella Biondi, Nudo in accademia, cm 48x68
mirellabiondi38@gmail.com
La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 8 - Settembre 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
In copertina:
Michael Henry Ferrell
St. Mark's Basilica, Venice, olio su
tela, cm 90x90
Periodico di attualità, arte e cultura
La Nuova Toscana Edizioni
di Fabrizio Borghini
Viale F. Redi 75 - 50144 Firenze
Tel. 333 3196324
lanuovatoscanaedizioni@gmail.com
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Registrazione Tribunale di Firenze
n. 6072 del 12-01-2018
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Anno 3 - Numero 8
Settembre 2020
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arte e cultura
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Testi:
Ugo Barlozzetti
Giancarlo Bianchi
Doretta Boretti
Fabrizio Borghini
Lorenzo Borghini
Erika Bresci
Claudio Caioli
Diana Cardaci
Viktorija Carkina
Jacopo Chiostri
Nicola Crisci
Margherita Blonska Ciardi
Maria Grazia Dainelli
Massimo De Francesco
Aldo Fittante
Giuseppe Fricelli
Serena Gelli
Stefano Grifoni
Stefania Macrì
Elisabetta Mereu
Emanuela Muriana
Elena Maria Petrini
Daniela Pronestì
Viviana Puello
Valter Quagliarotti
Rosi Raneri
Lucia Raveggi
Yadira Roman
Barbara Santoro
Giorgio Segato
Michele Taccetti
Tiarra Tompkins
Franco Tozzi
Francesca Vivaldi
Foto:
Giancarlo Bianchi
Aldo Fittante
Studio Fuschi
Maurizio Mattei
Carlo Midollini
Francesca Parrini
Daniela Pronestì
Silvano Silvia
Oliviero Toscani
Wanda Wulz
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PERFORMANCE
del
24 luglio
alla
FORNACE
de'
MEDICI
tema:
LEONARDO
DA VINCI
visto da
POLA
CECCHI
Foto di CARLO MIDOLLINI
GIULIACARLA CECCHI
via Jacopo da Diacceto 14/Firenze - + 39 055.284269 o 335.437934 - polacecchi@gmail.com - www.giuliacarlacecchi.com
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Nuove proposte dell’arte
contemporanea
AqvArt
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Dal 5 al 14 settembre la seconda edizione della rassegna internazionale di
arti visive nella storica sede della Scuola Grande di San Teodoro a Venezia
di Margherita Blonska Ciardi
Stephanie Holznecht, Solar System
Michal Ashkenasi, The bridge of hope
Krzysztof Konopka,
Traveling Venice
La mostra AqvArt, giunta quest’anno
alla seconda edizione presso
la Scuola Grande di San Teodoro
a Venezia, nasce dalla volontà
di sottolineare l’importanza che
da sempre l’acqua ha avuto nello
sviluppo urbanistico, economico
ed artistico della città lagunare
e in modo particolare nella cultura
e nella storia dell’artigianato veneto.
L’acqua è sempre stata un elemento
fondamentale per la scelta
dei luoghi dove costruire gli insediamenti
umani. Nella storia di Ve-
nezia, l’acqua ha giocato un ruolo
molto importante. La laguna non
forniva soltanto un’area di pesca
ricca e facili trasporti via mare, ma
con la sua distesa d’acqua ha spinto
l’uomo ad ingegnarsi per trovare
una tecnica costruttiva particolare
ed unica che ha permesso di creare
una città fondata su un sistema
di pali e suddivisa in canali al posto
delle strade. Il rapporto fra Venezia
e l’acqua si può vedere nel rispecchiarsi
dei palazzi e delle loro vetrate
che scintillano al riflesso delle
onde. A Venezia l’acqua ha influenzato
fortemente il tipico artigianato
locale con la produzione di specchi,
cristalli e la lavorazione del vetro
sull’isola di Murano. La mostra
AqvArt raccoglie i lavori di alcuni
artisti contemporanei internazionali
che si ispirano al fascino di Venezia,
al suo legame con l’acqua e
alle raffinate produzioni artigiane
della città. Nelle sale dello storico
complesso della Scuola Grande di
San Teodoro, sede anche dei Musici
Veneziani, sono esposti i nuovi
Karin Monschauer, Composizione 167 Michael Henry Ferrell, Basilica di San Marco Uri de Beer, Space city
Fredrik Olsen, The storm
lavori dell’astrattista americana
Stephanie Holznecht,
le originali composizioni realizzate
con la tecnica multifusion
dall’israeliana Michal
Ashkenasi, le opere della
corrente orapista ideata
dal polacco Krzysztof
Konopka, gli ultimi lavori
digitali della lussemburghese
Karin Monschauer,
gli interni delle basiliche del
londinese Michael Henry
Ferrell, le tele sul futuro della
città dell’architetto ed artista Uri
De Beer, i velieri dipinti dal lombardo
Cesare Triaca e dall’artista
surinamese Alma Sheik, le spettacolari
tempeste dello svedese Fredrik
Olsen, l’omaggio al ballo e
alla musica del venezuelano Jorge
Goncalves Romero. La mostra, inserita
nell’elenco degli eventi culturali
“Città d'Arte” e patrocinata
dal Comune di Venezia, ha avuto
come ospiti d’onore la contessa e
pittrice Orietta Rangoni Machiavelli,
con i suoi dipinti raffiguranti universi
marini, e la stilista fiorentina
di alta moda Pola Cecchi, che ha
presentato con una sfilata durante
l’evento inaugurale le sue ultime
creazioni ispirate alle opere degli
artisti. L’esposizione si è tenuta in
concomitanza con la regata di vele
storiche, evento di grande richiamo
in città, ed è stata inaugurata il
5 settembre alle ore 16.30 presso
la Scuola Grande di San Teodoro,
nelle immediate vicinanze del Ponte
di Rialto e di Piazza San Marco,
alla presenza della TV veneta.
Cesare Triaca, La vela
Orietta Rangoni Machiavelli, Pesce rosso
Jorge Goncalves Romero, Barlovento
Alma Sheik, La vela
Margherita Blonska, Vajont
Scuola Grande di San Teodoro
San Marco, 4810 (Campo San Salvador), Venezia
Ritratti
d’artista
Gabriel Diana
La leggerezza della paglia e la pesantezza del metallo
in opere dallo stile unico
di Lucia Raveggi
Tutti sono coscienti di quanto
sia pesante il bronzo e di quanto
leggera sia invece la paglia
che un soffio di vento solleva senza
fatica. Questo soffio di vita Gabriel
Diana lo ha immortalato nei suoi preziosi
quadri della serie Paglia e Bronzo
realizzati in collaborazione con la
specialista francese di quest’arte antica,
Dominique Beniza. Se coniugare
pittura e scultura non è una tecnica
ricorrente nell’universo artistico, realizzare
a quattro mani un’opera nella
quale la paglia diventa supporto del
bronzo è ancor più sorprendente. Tutto
cominciò circa una decina di anni
fa quando, seguendo l’estro della sua
inesauribile creatività, il demiurgo Gabriel
Diana iniziò a ricoprire di metallo
l’intera superficie
dei suoi quadri, applicando
fogli di
bronzo, ottone, alluminio,
argento e
a volte anche d’oro.
Il passo successivo
fu quello di integrare
a queste superfici
metalliche le sue
sculture di bronzo,
in modo da ottenere
un tutt’uno armonico.
Ingegnere di casa nella fucina
di Vulcano, è riuscito con facilità a
far giocare a nascondino la luce sotto
le forme di bronzo, per mettere ancora
più in risalto movimento e gesti
dei suoi personaggi. Qualche anno
Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio (trittico), taglio
laser ed intarsio di paglia, 1m 55x70 cm
fa Dominique Beniza, artista francese
specializzata nell’intarsio di paglia
di segala ed esperta antiquaria, fu invitata
dal maestro a “coltivare” sulle
superfici piane dei suoi quadri l’antico
giunco. Un’ulteriore innovazione
Dominique Beniza e Gabriel Diana con l’opera intitolata Vele realizzata a quattro mani
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GABRIEL DIANA
Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio, quadro full-metal con
taglio laser e intarsio di paglia, cm 60x120
nello stile del maestro
che sposa, sull’altare
della sua creatività,
due materiali completamente
diversi, agli
antipodi del loro peso
specifico. Così paglia
e bronzo hanno iniziato
a convivere nelle
opere di Diana, nel
felice contrasto tra la
leggerezza del giunco
e la pesantezza del
metallo. Questo ciclo
di quadri vede i due
artisti lavorare a quattro
mani con lunghi
tempi di realizzazione.
Queste opere preziose sono molto
apprezzate e richieste dai collezionisti
per l’assoluta ed esclusiva originalità
di questo linguaggio ibrido. Durante il
periodo di quarantena imposto dal Covid-19,
hanno visto la luce alcuni quadri
della serie Paglia e Bronzo dedicati a
Pinocchio. Opere innovative che prossimamente
saranno oggetto di una mostra
a Collodi, durante l’installazione
della scultura monumentale in bronzo
di Gabriel Diana, e successivamente al
museo di Pinocchio a Firenze.
Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio,
full metal painting con taglio laser ed intarsio di
paglia, cm 80x80
Il maestro Gabriel Diana e Pier Francesco Bernacchi, presidente della Fondazione Carlo Collodi, con la
scultura monumentale dedicata dall’artista a Pinocchio
Gabriel Diana e Dominique Beniza, Pinocchio,
quadro full-metal con taglio laser ed intarsio di
paglia, cm 80x80
GABRIEL DIANA
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I grandi della
Fotografia
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Oliviero Toscani
Intervista esclusiva a uno dei maggiori interpreti della
fotografia contemporanea
La sua forza caratteriale e l’irriverenza si esprimono da sempre nel mondo
della moda e della pubblicità attraverso una creatività innovativa
di Maria Grazia Dainelli / foto Oliviero Toscani
Come nasce Oliviero Toscani fotografo?
Ho scelto di seguire le orme di mio padre,
Fedele Toscani, primo fotoreporter
del Corriere della Sera. Per quanto
allora la professione di fotografo fosse
considerata poco qualificante, ho deciso
comunque di intraprenderla, senza
avere alcun privilegio per il fatto di
essere figlio d’arte. Ho studiato cinque
anni all’Università delle Arti di Zurigo,
per poi iniziare l’attività come fotografo
professionista. Non mi ritengo un
feticista della macchina fotografica, la
utilizzo quando ce n’è bisogno e solo
all’ultimo momento; non sono interessato
alla camera oscura, alle ottiche e
a tutti gli accessori tecnologici. Mi piace
definire la fotografia non come un’amante
ma come una moglie.
Cosa può dirci dell’incontro con Luciano
Benetton, sicuramente uno dei
più importanti nella sua carriera?
La collaborazione con Benetton è arrivata
dopo esperienze con altri committenti
come Fiorucci e con riviste come
Elle, Stern e Vogue. Luciano ha subito
capito che ero la persona giusta al
posto giusto per realizzare qualcosa di
nuovo e di diverso. Per questo motivo,
non ho mai voluto relazionarmi con l’ufficio
marketing dell’azienda ma ho sempre
lavorato direttamente con lui.
Qual è la sua idea di fotografia?
Utilizzo le immagini per rappresentare
la vita, documentare la condizione
umana, essere testimone del mio tempo.
Parallelamente all’arte, la fotogra-
fia esprime emozioni così come veicola
messaggi sociali e culturali. Ho sempre
Particolare di una mostra di Oliviero Toscani
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OLIVIERO TOSCANI
cercato di avere uno sguardo analitico
sulle cose, di raccontare la realtà con
senso critico, catturando con l’obiettivo
quello che pensavo fosse il momento
giusto nel posto giusto.
Nel 2007 ha realizzato una campagna
choc contro l’anoressia: da dove
è nata l’idea di affrontare un tema
così complesso e delicato?
Ho voluto raccontare le sofferenze fisiche
e psichiche dell’anoressia, che
per il mondo della moda era ed è ancora
oggi un tabù, con un’immagine sintetica,
drammatica e potente che non
lascia spazio ad interpretazioni. Tra le
tante ragazze affette da questa malattia,
ho scelto Isabelle Caro perché il suo
corpo denunciava in maniera evidente
gli effetti devastanti dell’anoressia e
il grido di dolore celato dietro questa
condizione.
Con il progetto intitolato Razza umana
ha immortalato circa settantamila
persone in giro per il mondo: perchè
questa scelta?
Da sempre oriento il mio interesse come
fotografo sulla figura umana e su
ciò che questa racconta in termini sociali
e culturali. Con questo progetto ho
voluto riflettere sul valore delle differenze
e sulla loro necessaria coesistenza
nella razza umana, sulle diverse etnie e
culture e su tutto ciò che contraddistingue
gli individui in termini di caratteri
somatici, espressioni, condizione sociale
e contesto culturale.
Che differenza c’è tra un professionista
e un autore?
Il vero fotografo deve essere anche un
autore. Per evolvere ad un livello superiore,
non devi solo scattare belle foto,
ma devi avere qualcosa da dire attraverso
il tuo punto di vista. Occorre coltivare
il dubbio, più che le pseudo certezze,
e l’autocritica, impegnandosi a trasformare
i sogni in realtà. Oggi tutti sanno
scrivere o leggere ma ciò non significa
essere poeti o scrittori.
Quant’è importante uno studio d’arte
specifico per scattare non una bella,
ma una buona fotografia?
Direi che è fondamentale intraprendere
un percorso culturale, intellettuale e introspettivo
prima di avvicinarsi alla fotografia.
Occorre studiare e sviluppare
una vasta cultura, un profondo senso
critico, un grande impegno e soprattutto
una grande immaginazione per stimolare
la propria capacità mentale.
Photoshop serve a dare un’impronta
personale?
Sono molto favorevole alla fotografia
digitale ma non all’utilizzo della
post-produzione come mezzo fotografico,
perché denuncia l’assenza di talento.
Anoressia
In questo periodo di Coronavirus, su
Instagram le sono pervenuti migliaia
di autoritratti, come intende utilizzarli?
Non sono contrario a questi mezzi di
comunicazione ma li ho utilizzati in questo
periodo perché non avevo di meglio
da fare; sicuramente con le migliaia di
foto ricevute realizzeremo una mostra.
Gran parte delle fotografie pubblicate
sui social sono mediocri perché motivate
soltanto dalla ricerca del consenso,
dal numero dei like e soprattutto dall’illusione
che basti questo per diventare
un fotografo famoso ed apprezzato.
Ragazzi
www.olivierotoscani.com
OLIVIERO TOSCANI
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Spunti di critica
Fotografica
A cura di
Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli
Wanda Wulz
L’affascinante fotografa del Futurismo
di Nicola Crisci / foto Wanda Wulz
FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK
www.universofoto.it
Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164
Wanda Wulz nasce a Trieste
nel 1903 (e vi muore
nel 1984), quando la città è
centro dell’irredentismo italiano e punto
nevralgico dell’impero austroungarico.
Il nonno Giuseppe Wulz apre lo
studio fotografico omonimo nel 1868,
dove lavorerà il figlio Carlo, al quale le
figlie Wanda e Marion si uniranno. Fotografe
e modelle nell’atelier di famiglia,
ricevono entrambe un’istruzione liceale
e conoscono artisti e letterati che frequentano
lo studio. Alla morte del padre
nel 1928, Wanda, allora venticinquenne,
ne assume la direzione che manterrà
con la sorella fino al 1981, continuando
la tradizione del ritratto, delle vedute
cittadine e dei servizi commissionati da
opifici e cantieri. Grazie al talento delle
sorelle Wulz, lo studio diventa un punto
d’incontro per artisti e scrittori triestini
negli anni Venti. Wanda
mostra particolare predilezione
per la ricerca fotografica
e, accanto alla
consueta attività lavorativa,
si cimenta in esperimenti
con fotomontaggi,
fotoplastiche e fotodinamiche
di ottima qualità e
grande effetto. Stupisce
l’eleganza formale con cui
costruisce i propri scatti,
concentrandosi soprattutto
sul corpo e sullo studio
dei movimenti e dei
tratti fisici. Uno stile innovativo
caratterizzato da
intensi giochi di luce e costruito
con soluzioni tecniche
sempre diverse,
campiture vuote e pulite in
cui le forme sono pienamente
leggibili pur nel sovrapporsi
dei movimenti;
utilizza, inoltre, la doppia piume (1930)
esposizione di un corpo
in movimento, come in Esercizio ginnico,
oppure la sovrapposizione di due
Io+gatto (1932) Exercise (1932)
Ritratto di una donna che indossa un cappello a rete e un boa di
immagini come nel famoso autoritratto
Io+gatto detto anche Catwoman esposto
al Metropolitan Museum
of Art di New York. Nel 1932
partecipa alla mostra di fotografia
futurista organizzata a
Trieste da Bruno Sanzin, ricevendo
gli apprezzamenti di
Marinetti e aderendo ufficialmente
al celebre movimento
artistico. La fase sperimentale
sarà tuttavia di breve durata e
nel corso di pochi anni tornerà
ad occuparsi esclusivamente
del lavoro in studio, diventando
famosa ed apprezzata soprattutto
per i ritratti in sala di
posa. L’intera sua produzione
è conservata negli archivi del
Museo Nazionale Alinari della
Fotografia, oltre che nelle collezioni
dei più importanti musei
al mondo.
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WANDA WULZ
Arte &
Mestieri
Da studenti a professionisti della moda
Con i prossimi corsi di formazione MITA Academy
di Elisabetta Mereu / foto courtesy MITA Academy
Competenza, specializzazione e innovazione:
parole cardine per i
giovani che sognano di lavorare
nel mondo della moda. Secondo
una recente statistica nazionale la
chiave che apre le porte per accedere
a questo settore è rappresentata dai
corsi proposti dagli Istituti Tecnici Superiori,
in grado di preparare professionisti
altamente qualificati. Da dieci
anni un esempio concreto a livello nazionale
è rappresentato dall’ITS MITA
di Scandicci, con quasi seicento allievi
formati ed inseriti al 100% nel mondo
del lavoro. Non li ha fermati nemmeno
il lockdown e, grazie alle lezioni online,
anche gli studenti dell’ultimo percorso
formativo hanno conquistato la
propria corona di alloro e un posto di
lavoro. «Abbiamo fatto le prove generali
per il 24° biennio dei corsi che
iniziano alla fine del mese prossimo e
termineranno a settembre del 2022 −
dice con soddisfazione Antonella Vitiello,
direttore del MITA Academy. Ai
giovani dai 18 ai 29 anni che entro il
16 di ottobre s’iscriveranno ai nostri
cinque nuovi corsi garantiamo tutte le
misure di sicurezza e prevenzione anti
Covid, sia presso la nostra sede al
Castello dell’Acciaiolo, sia per le ottocento
ore di stage in esterna». Negli
ultimi anni, i media non solo nazionali
hanno evidenziato i risultati ottenuti
da questa scuola. Qual è il segreto
del loro successo? A rispondere è an-
cora la direttrice Vitiello:
«In primis il modello
formativo che proponiamo,
estremamente
smart e contemporaneo,
sempre attento ai cambiamenti
che nel fashion
sono continui. L’altra nostra
carta vincente è che
in soli due anni si consegue
la EQF (Europe-
Antonella Vitiello, direttrice MITA Academy
an Qualification Framework), cioè la
quinta qualifica europea dell’apprendimento
permanente. Da noi escono alti
profili professionali pronti ad essere
inseriti in tutti i settori del comparto
moda, perché rispondenti alle più diverse
esigenze delle aziende con cui ci
confrontiamo, collaborando con i più
prestigiosi brand del lusso ma anche
piccole aziende, patrimonio della produzione
artigianale italiana».
Corsi I.T.S. MITA biennio 2020-2022:
1. S.T.A.R. for FASHION (Sales Textile
Advanced Revolution for FASHION): tecnico
di sviluppo di strategie marketing e
commerciali per il prodotto moda tessile.
2. M.A.D.E. IN MITA (Metal Accessories
Digital Evolution IN MITA): specializzazione
come tecnico superiore di processo,
prodotto e nuove tecnologie per
l’accessorio metallico moda 4.0.
3. B.I.U.N.I.Q.U.E. (Bags Industry Under
Innovation Quality Excellence): specializzazione
tecnica nella modellerìa e proto-
tipìa di accessori in pelle e materiale di
recupero, in collaborazione con Fondazione
ITS E.A.T. (Eccellenza Agroalimentare
Toscana) di Grosseto. Questi primi 3
percorsi formativi sono inseriti nell’ambito
del progetto della Regione Toscana
Giovanisì (www.giovanisi.it).
4. FA.MA. by MITA (Fashion in marketing
by MITA): tecnico di sviluppo di
strategie marketing e commerciali per il
prodotto moda tessile. Questo corso si
svolgerà a Lucca.
5. F.A.B. MITA (Fashion Accessories &
Bags): tecnico superiore di processo,
prodotto, comunicazione e marketing
per il settore moda; sede del corso a
Piancastagnaio (SI).
Per info e iscrizioni: + 39 055 9335306
Segreteria Fondazione MITA presso Castello
dell’Acciaiolo, Via Pantin, Scandicci.
Dal lunedì al venerdì (ore 9/13).
www.mitacademy.it
MITA Academy mita.academy
MITA ACADEMY
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Incontri con
l’arte
A cura di
Viktorija Carkina
Paolo Staccioli
Memoria, realtà e sogno nelle sculture senza tempo di
un maestro della ceramica
di Viktorija Carkina
La storica dell’arte Ornella Casazza
ti ha definito “scultore
del silenzio e dell’attesa”. Aggiungo
che l’uomo, sempre al centro
delle tue opere, sembra solo e introduce
il tema dell’incomunicabilità. E’ un
rimando al mondo in cui viviamo?
Sicuramente sì. Le mie opere rispecchiano
sempre ciò che mi circonda e sono
lo specchio dei miei sentimenti. Infatti,
i personaggi che sono accompagnati
da una palla, simboleggiano la fatica del
vivere che incontra l’uomo ad una certa
età, sono i viaggiatori che affrontano
le prove della vita che a volte sono dure.
L’uomo nelle mie opere è anche frutto
dei miei ricordi. I cavalli con le ruote,
spesso presenti nella mia produzione,
traggono ispirazione da una fotografia
di famiglia che ho visto da bambino. In
quella foto erano raffigurati i miei nonni
e mio padre con un cavallino di legno.
Mia nonna, dopo poco tempo, sarebbe
morta a causa della pandemia spagnola,
e questa fotografia di cartone massiccio,
insieme a quel cavallo, si sono impressi
in maniera nostalgica nella mia memoria,
con il bambino che perse la mamma
all’età di quattro anni. Anche i miei
guerrieri rispecchiano le difficoltà della
vita e la necessità di difendersi. Infatti,
non hanno quasi mai la lancia, ma solo
lo scudo.
I guerrieri sembrano provare un sentimento
di nostalgia per un luogo dove
non sono mai stati, come se facessero
parte di un mondo surreale e metafisico.
Che rapporto hai con l’arte del
Novecento?
Sicuramente mi è vicina la metafisica di
Giorgio de Chirico, ma trovo anche molto
vicino Giacomo Manzù e il disegno e
le sculture di Alberto Giacometti.
Oltre ai rimandi all’arte contemporanea,
questi personaggi ricordano la
statuaria etrusca e la pittura rupestre.
Che ruolo ha avuto l’arte del passato
nel tuo percorso artistico?
Una volta sono stato a Tarquinia a visi-
www.florenceartgallery.com
tare il museo etrusco. In quell’occasione
ho visto un cavallino etrusco con le ruote
che mi ha ispirato molto. Anche se avevo
già realizzato opere simili, quell’opera
mi ha dato l’input per creare qualcosa
di nuovo. Anche se, devo ammettere, il
mio punto di partenza è l’arte italiana del
Rinascimento.
Quali sono gli artisti che più ti hanno
ispirato ad intraprendere questa strada?
Fu un quadro, la Battaglia di San Romano
di Paolo Uccello, che vidi alla Galleria
degli Uffizi. Facevo in proporzione questo
quadro a spatola. Fu molto importante
per la mia formazione artistica anche
In primo piano, Cavallo con angelo (2014), bronzo, h cm 150 e a sinistra Guerrieri (2017), bronzo, h cm 145 In due (2016), ceramica a lustro, h cm 57
14
PAOLO STACCIOLI
Carro (2017), ceramica a lustro, h cm 27 Busto di guerriera (2018), ceramica a lustro, h cm 57
una mostra degli anni Settanta a Palazzo
Vecchio dedicata ai disegni di cavalli di
Leonardo da Vinci. Comprai il catalogo e
copiai i cavalli esposti. Poi ho cominciato
a sperimentare forme d’espressione
personali, ma sicuramente Paolo Uccello
e i disegni di Leonardo sono stati degli
ottimi esercizi di stile. Inizialmente non
pensavo alla scultura, mi ispiravano i pittori
e sperimentavo, appunto, la pittura.
Poi sono passato alla ceramica. Ho fatto
tutto da autodidatta, con l’aiuto di alcuni
artigiani che mi hanno spiegato la tecnica
della scultura.
Antonio Paolucci sottolinea che la leggerezza,
la grazia e l’ironia sono i tratti
distintivi della tua scultura, come lo
è sicuramente anche la lucentezza.
Cosa ha favorito la tua ricerca linguistica?
Ho iniziato la mia produzione artistica
con la ceramica che è il mio punto di
partenza, ma dopo sono passato a materiali
più preziosi come il bronzo, che utilizzo
sempre per la creazione delle opere
destinate ad essere conservate all’esterno.
Il mio sogno è cominciare a dipingere
il bronzo ma devo ammettere che
il mio materiale preferito rimane ancora
oggi la ceramica.
Le forme dei personaggi sono spesso
sproporzionate, con i corpi ingranditi
oppure con le gambe tagliate, per
sottolineare l’importanza dei contenuti
interiori e non esteriori. Da dove
nasce questa particolare scelta
espressiva?
Non so spiegare perché i miei personaggi
siano sproporzionati, è una voce interna
che mi detta come devono essere. Infatti,
ho realizzato anche alcune opere con personaggi
ben proporzionati, ma perlopiù
preferisco i corpi esili, allungati, tendenti
verso l’alto e con la testa piccola.
Cornici Ristori Firenze
www.francoristori.com
Via F. Gianni, 10-12-5r, 50134 Firenze
Dondolo (2016), bronzo e acciaio corten, h cm 180
PAOLO STACCIOLI
15
Personaggi
Fedora Barbieri
Nel centenario della nascita, un ricordo della lunga e prestigiosa
carriera del grande mezzosoprano
di Ugo Barlozzetti
Ricordare Fedora Barbieri è avviare
il recupero della memoria
di una grande stagione del melodramma
e del ruolo di Firenze per la
formazione di una generazione di artisti
che si è rivelata il tramite della trasformazione
del teatro lirico da forma
d’arte condizionata anche da esigenze
di carattere nazional-popolare a componente
particolarmente significativa
di aspetti fondanti della cultura e della
civiltà d’Europa: Galliano Masini, Rolando
Panerai, Gino Bechi, Giulio Neri,
Ettore Bastianini, Mirto Picchi, Enzo
Mascherini, Mario Filippeschi, Paolo
Washington, Anna Maria Canali, Giuliana
Matteini, Cesy Broggini e la “oriunda”
Elena Souliotis. Firenze peraltro
ha prodotto come estremo sviluppo di
quella rivoluzione culturale che è stato
definito Rinascimento proprio il melodramma.
Le motivazioni per dedicare
uno spazio per il centenario della nascita
di una cantante che per sessant’anni
ha calcato le scene dei più importanti
teatri di tutto il mondo, dal 1940 al
2000, assume il valore di un omaggio
a un’esperienza eccezionale e al tempo
stesso a tutti coloro che hanno operato
nell’ambito di un’attività tanto creativa
quanto complessa e che può correre
il rischio di essere dimenticata o non
compresa, al di là di ristrette fasce di
pubblico. Fedora fu ammessa all’inizio
del 1940 al Centro di avviamento al teatro
lirico e pochi mesi dopo, il 4 novembre,
fu in grado di debuttare nella
stagione autunnale nella parte di Fidalma
nel Matrimonio segreto di Cimarosa,
ma quello che rese “folgorante” quel
debutto fu l’essere stata in grado di ottenere
il giorno dopo un grande successo
nel Trovatore come Azucena. Non è
certo facile sintetizzare una carriera di
sessant’anni di attività: dal 1940 al 2000
la partecipazione di Fedora Barbieri nelle
rappresentazioni teatrali documentate
è di milleduecentoventinove volte e
in settantacinque concerti. In Italia ha
cantato in sessantacinque città e settantaquattro
teatri, tra cui ottantaquattro
volte alla Scala (dal 1941 al 1981),
centosette al Comunale di Firenze (dal
1940 al 2000), al Teatro dell’Opera di
Fedora Barbieri nel ruolo di Amneris al Teatro
Covent Garden di Londra
Roma e alle Terme di Caracalla settantasette.
All’estero ha cantato in venticinque
paesi diversi, in ottantotto città e in
novanta teatri tra cui novantasei volte
al Metropolitan di New York e al Colòn
di Buenos Aires quarantanove volte nel
Con Arnoldo Foà al Teatro dell’Opera di Roma nel
1962 (ph. Studio Laboratorio Fuschi, Roma)
Con il maestro Arturo Toscanini; foto eseguita dal figlio del maestro e donata a Fedora insieme ad una foto
con dedica del 1951
16
FEDORA BARBIERI
periodo di maggiore importanza di quel
teatro, dal 1947 al 1951. Fedora Barbieri
è stata soprattutto un’interprete
verdiana per seicentoquarantaquattro
volte e si ricorda in Amneris per centoquarantaquattro
volte, in Azucena per
centodiciannove, in Quickly per duecentoventidue,
in Ulrica per quarantanove,
in Preziosilla per trentaquattro e in Eboli
per trentuno. Al 2005 erano documentate
centotrentadue registrazioni, dal vivo
o in studio, comprese le riedizioni,
oltre i VHS e i DVD, con case discografiche
come la Fonit Cetra, la RCA Victor,
la Columbia, la Voce del Padrone. Tra
i novantadue direttori di orchestra ha
avuto Toscanini, Gui, Serafin, De Sabata,
Bernstein, Von Karajan e Furtwaengler.
Ha interpretato quarantotto autori
in teatro da Monteverdi a Hans Werner
Henze e inoltre, solo in concerto, arie
di Vivaldi, Paisiello, Scarlatti, Carissimi
e Marcello. I primissimi anni, quelli
delle tre grandi tournèe del 1941, ’42
e ’43, sono arricchiti da una corrispondenza
con l’allora fidanzato Luigi Barlozzetti,
con cui si sposò nel settembre
del 1943. Con la fine della guerra e in un
periodo nel quale solo il cinema contendeva
all’opera – come brevemente veniva
definito il melodramma – la maggior
popolarità nell’ambito dello spettacolo
e le canzoni erano “musica leggera”,
Fedora Barbieri diventò rapidamente
una diva. Non solo, ben presto partecipò,
negli anni dal 1947 al 1953, alle
grandi stagioni dei più importanti teatri
dell’America Latina, con particolare
Con il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
Con Maria Callas e Mario Del Monaco durante la Norma al Metropolitan di New York nel 1956
continuità con il Colòn di Buenos Aires
e il Municipal di San Paolo del Brasile
ma anche a La Plata, Porto Alegre,
Rio de Janeiro, Montevideo e Santiago
del Cile. Si trattava di rinsaldare anche
il prestigio della cultura italiana presso
le nostre comunità. Dal 1950 al 1957 la
sua presenza anche negli Stati Uniti, a
partire dal Metropolitan di New York, fu
costante, con successi clamorosi e incisioni
discografiche ormai considerate
storiche. Arturo Toscanini, nei suoi
ultimi anni, stimò particolarmente la
qualità della sua voce e ne richiese la
partecipazione a un’esecuzione della
Messa da Requiem di Verdi al Carneige
Hall il 27 gennaio 1951. In quello stesso
giorno fu anche Azucena al Metropolitan
e Toscanini la fece portare al luogo
del concerto con la propria automobile.
La registrazione dal vivo fu trasformata
in disco e nel 2001 fu distribuita in
CD con il giornale La Repubblica per ricordare
il centenario della morte di Giuseppe
Verdi. Quello che definitivamente
ha reso Fedora una cittadina di Firenze,
è stato il matrimonio con Luigi Barlozzetti,
direttore amministrativo del Teatro
Comunale di cui Piero Micheli ha ricordato
l’impegno per organizzare la “stagione”
a Firenze liberata, dall’autunno
del 1944, al Verdi, soprattutto per coloro
che lavoravano per il teatro e che a
causa dei danni al palcoscenico correvano
il rischio di non avere risorse. Le
istituzioni della Repubblica hanno riconosciuto
l’esemplare importanza della
carriera artistica di Fedora Barbieri Barlozzetti:
nel 1959 è stata insignita della
Commenda nell’Ordine al merito della
Repubblica e nel 2000 del Cavalierato
di Gran Croce nello stesso ordine e
quest’anno sarà emesso un francobollo
commemorativo; a Trieste le è stato
dedicato un giardino e al prestigioso roseto
Carla Fineschi una rosa. Nel 2012
a San Pietroburgo è stato organizzato
un concorso internazionale di canto per
la voce di mezzosoprano a lei dedicato.
FEDORA BARBIERI
17
Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Enzo Mauri
Dentro ed oltre il ritratto
Immagini tratte dalla televisione diventano emblema della crisi
identitaria dell’uomo contemporaneo
di Daniela Pronestì
Se è vero che viviamo in una società
sempre più individualista,
dove l’unica comunità ancora
possibile è quella creata dai social
media, è altrettanto vero che il trionfo
della soggettività ha portato ad un indebolimento
del concetto di identità.
Nel mondo liquido di baumaniana memoria
l’assenza di punti di riferimento
stabili ha trasformato la costruzione
identitaria in un processo sottoposto
a costanti “fluttuazioni”. Oggi più che
mai, l’individuo è, per citare Pirandello,
“uno, nessuno e centomila”, soggiogato
com’è dalla ricerca ossessiva della
propria autorealizzazione. E’ a queste
personalità “zapping”, così definite da
alcuni sociologici per rimarcarne l’affinità
con l’attitudine compulsiva di chi
cambia continuamente canale, che si
riferiscono i ritratti di Enzo Mauri, realizzati,
non a caso, avvalendosi di immagini
estrapolate dalla televisione. Di
quest’artista si è già parlato sullo scor-
so numero de La Toscana Nuova, analizzandone
i lavori dedicati alla relazione
tra figura e paesaggio urbano. Lo ritroviamo
in questo caso con un gruppo di
opere che segnano il suo esordio figurativo,
mostrando una cifra stilistica vo-
18
ENZO MAURI
tata alla trasfigurazione del dato reale in
chiave espressionista. Al genere del ritratto
l’artista milanese chiede di farsi
tramite di un’indagine sociale sulla deriva
narcisistica dell’era post-moderna,
sull’apparire a tutti i costi come valore
giudicato irrinunciabile. Quelli raffigurati
sono personaggi celebri, star
della televisione o nomi illustri della politica,
volti emblematici di identità artefatte
destinate al consumo del pubblico
come fossero merce. Si direbbero più
ENZO MAURI
19
marionette che persone reali, maschere
sul palco di una commedia ridicola.
Non individui in carne ed ossa ma apparizioni
fantasmatiche offerte al nostro
sguardo un attimo prima di dissolversi.
E’ così che Mauri racconta gli effetti
disumanizzanti della cultura di massa,
la perdita di autenticità nelle relazioni
umane, l’assenza di modelli da seguire
in un panorama mediatico dove nomi e
facce si consumano velocemente. Il suo
è un ritratto del volto oscuro del progresso,
l’immagine tragica della “mutazione
antropologica” − così la definiva
Pasolini negli Scritti corsari − indotta
nel genere umano dalla dimensione
consumistica e spettacolare
della società. Concetti restituiti
in pittura con una tecnica che
se da un lato sottrae carattere di
realtà alla figura, simboleggiando
in questo modo la condizione
dell’uomo contemporaneo
sempre più assorbito dal mondo
fittizio dei media, dall’altro
esaspera la resa cromatica,
con colori acidi e antinaturalistici,
per intercettare i meccanismi
di un linguaggio, quello pubblicitario,
il cui intento è generare
nel consumatore veri e propri
shock visivi. Anche in questo
caso, come nelle opere di Mauri
già analizzate, la fotografia si
colloca all’origine della successiva
trasposizione pittorica. Un
passaggio di cui l’immagine dipinta
conserva le tracce nel taglio
stretto delle inquadrature, talvolta
con primi piani particolarmente ravvicinati,
e ancora di più nell’intensità luminosa
dei colori, tale da cancellare
alcune parti della figura come avviene
con la sovraesposizione in fotografia.
Confrontandoli con l’evoluzione del ritratto
nel Novecento, viene da dire che
questi dipinti raccolgono, reinterpretandola,
un’eredità complessa, nutrita
di suggestioni che vanno dalla visione
inquietante e deforme dell’umano
in Francis Bacon ai volti-copertina
di Andy Warhol, passando attraverso
lo scandaglio psicologico ed esistenziale
della figura in Lucien Freud. E’
soprattutto l’incontro con l’altro ad affascinare
Mauri, il mistero di un’alterità
impossibile da afferrare ma dalla cui
scoperta dipende anche la conoscenza
di noi stessi. Un’esperienza oggi sempre
più difficile, barricati come siamo
ciascuno nelle proprie opinioni, appartenenze,
convinzioni. Il volto dell’altro
− ci ricorda Mauri − è uno specchio
che parla anche di noi, di ciò che siamo
sia come singoli che come parte
della società. Non rinunciare a questo
incontro è il solo modo per rimanere
vivi, per continuare ad essere “umani”.
20 ENZO MAURI
Firenze
Mostre
Tutankhamon
L’Egitto del celebre farone a Palazzo Medici Riccardi
Una mostra immersiva per scoprire, anche grazie alla realtà
virtuale, il fascino di una cultura senza tempo
di Fabrizio Borghini
E’ stata prorogata fino al 31 ottobre,
nella Galleria delle Carrozze
di Palazzo Medici Riccardi, la
mostra Tutankhamon: Viaggio verso l’eternità,
a cura di Maria Cristina Guidotti,
già curatrice del Museo Egizio di Firenze,
e di Pasquale Barile, presidente della Ancient
World Society. Patrocinata dalla Città
Metropolitana e dal Comune di Firenze,
la mostra è promossa dalla Società Italiana
Discovery Time, in cooperazione con il
Ministero delle Antichità del Cairo e con
il supporto del Museo Archeologico Nazionale
di Firenze e del partner tecnologico
La macchina del tempo di Bologna.
Dopo essere stata già proposta con successo
in America e in varie capitali europee,
l’esposizione è arrivata a Firenze e
per due anni viaggerà nelle principali città
italiane con l’intento di far conoscere
al grande pubblico l’affascinante cultura
egizia. Un’esperienza resa particolarmente
coinvolgente grazie alla realtà virtuale
e alla tecnologia 3D che hanno permesso
di riprodurre fedelmente la tomba di
Tutankhamon e gli incredibili tesori destinati
ad accompagnare il giovane faraone
nel suo ultimo viaggio; in mostra anche
In questa e nell’altra foto due panoramiche della mostra (ph. courtesy rossorubino.tv)
reperti provenienti dal Cairo e dal Museo
Archeologico Nazionale di Firenze, alcuni
dei quali inediti.Scoperta il 4 novembre
del 1922 dall’archeologo e appassionato
acquarellista Howard Carter, la tomba
di Tutankhamon è la sola a permetterci
di sapere come venisse seppellito un faraone
e con quale tipo di corredo. Tra le
numerose riproduzioni in mostra, i vasi
canopi, la statua di Anubis, la cui funzione
era proteggere la camera del tesoro, il
trono d’oro e la splendida maschera aurea
che proteggeva il volto e le spalle della
mummia. Presenti anche reperti assolutamente
inediti, come il sarcofago ligneo
dipinto di Padihorpakhered, restaurato in
occasione di questo evento espositivo e
proveniente dai depositi della sezione egizia
del Museo Archeologico Nazionale di
Firenze, centoventi riproduzioni del tesoro
di Tutankhamon provenienti dal Cairo
sotto il benestare del Ministero delle
Antichità dell’Egitto, insieme a sessanta
pezzi originali del corredo funebre di personaggi
nobili. La visita virtuale, effettuata
indossando un visore e impugnando
due controller, permette di entrare in prima
persona nell’ambiente ricostruito e di
interagirvi, afferrando gli oggetti del corredo
e ascoltando, ad integrazione dell’esperienza
immersiva, le parole riportate
da Carter nelle pagine dei suoi diari.
Info, prenotazioni e visite guidate:
+ 39 392 0863434
Apertura con ingresso gratuito per residenti
nella Città Metropolitana di Firenze:
12 ottobre; prenotazione obbligatoria
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21
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A cura di
Antonio Pieri
Benessere e cura
della persona
Porta a casa dalle vacanze i veri
profumi naturali della Toscana
di Antonio Pieri
Le vacanze sono finite e il momento
del ritorno a casa è sempre
un po’ traumatico. Da una parte
c’è la voglia di rimanere ancora in vacanza
rilassati a gustarsi profumi e paesaggi
del luogo, dall’altra c’è sempre un po’
di voglia di tornare a casa e ripartire con
energia dopo un periodo di relax. Se hai
avuto la fortuna di passare le vacanze nella
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meglio se sono completamente naturali
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e soprattutto senza ftalati. Questo fa sì
che anche un’esposizione prolungata non
provochi fastidi come pesantezza o mal di
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è consigliata per il soggiorno o zone di
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sano, pulito e fresco. Portando benessere
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più fresca e frizzante con note molto
evidenti di arancio, limone e bergamotto,
grazie alle quali dona all’ambiente un’atmosfera
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e migliorando la concentrazione. Per questo
motivo si consiglia di posizionarlo in
zone di studio o lavoro. E’ molto utile anche
in cucina per eliminare i cattivi odori.
Infine il profumatore alla Rosa sprigiona
gradualmente la sua elegante fragranza
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foglie di geranio e lievi accenti fruttati di
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Antonio Pieri
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23
Dimensione
Salute
A cura di
Stefano Grifoni
Quando essere buoni non conviene
di Stefano Grifoni
Oggi essere buoni non conviene,
attira le antipatie e l’invidia
della gente. In tutti i settori
sembra sia necessario sminuire la
bravura dell’altro magari per elevare
le proprie potenzialità. Secondo alcuni
questo fenomeno sarebbe messo
in campo per evitare che componenti
di spicco della società finiscano per
dominare il gruppo e suggerisce comportamenti
di sospetto nei confronti
dei più bravi o di quelli che vogliono
apparire migliori. L’idea che altri si diano
da fare più di noi non piace perché
rischia di far apparire noi stessi meno
bravi. E’ semplice mettere i bastoni
fra le ruote delle persone per far sì
che collaborino sempre di meno, fa-
cendolo apparire un modo per favorire
il sistema. Delegittimare gli altri può
essere una pratica rischiosa per chi
la persegue. Meglio essere buoni ma
non troppo. I buoni dormono meglio la
notte, ma i cattivi se la spassano più di
giorno. Le persone buone non sanno
vendicarsi, ma questa loro mancanza
fa più male di una vendetta.
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Stefano
Grifoni
Nato a Firenze nel 1954, Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso
dell’Ospedale di Careggi e sempre presso la stessa struttura è direttore del Centro di riferimento regionale
toscano per la diagnosi e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Ha condotto numerosi
studi nel campo della medicina interna, della cardiologia, della malattie del SNC e delle malattie respiratorie e nell’ambito
della medicina di urgenza. Membro del consiglio nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza,
è vice presidente dell’associazione per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e
membro tecnico dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze. Ha pubblicato oltre 160 articoli su riviste
nazionali e internazionali nel settore della medicina interna e della medicina di urgenza e numerosi testi scientifici
sullo stesso argomento. Da molti anni collabora con RAI TRE Regione Toscana nell’ambito di programmi di medicina,
con il quotidiano La Nazione e da tre anni tiene una trasmissione radiofonica quotidiana sulla salute.
24
ESSERE BUONI
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
Gelosia: una paranoia travestita d’amore
di Emanuela Muriana
Lo stereotipo è che la gelosia sia indice
di amore quando invece è indice
d’insicurezza patologica per
chi la prova ed è un sentimento non soltanto
negativo ma distruttivo. Fa soffrire sia
chi ne è tormentato sia chi ne diventa inevitabilmente
vittima. La gelosia può sussistere
ma, come la noce moscata sul cibo,
non deve farsi sentire. Perciò, se possibile,
dev’essere eliminata, se non è possibile,
dev’essere elaborata e, se non è possibile,
dev’essere curata. Il sentimento della
gelosia è a tutti noto, ma in alcune estremizzazioni
assume tratti patologici. Nella
“sindrome di Otello” il dubbio non esiste:
l’altro “è” infedele. La ricerca delle “prove”
non serve qui a dirimere un dubbio,
ma serve piuttosto a “inchiodare” il colpevole
ad una testimonianza inconfutabile:
«Ho le prove del tuo tradimento!». Così
c’è chi sottopone tutti i giorni il partner a
martellanti interrogatori, chi controlla minuziosamente
la castità del suo abbigliamento,
chi la corrispondenza e il telefono,
chi persino la biancheria intima alla ricerca
di indicatori di attività sessuali illecite. Costoro
non percepiscono la propria gelosia
come conseguenza del “modo di essere”
dell’altro, decodificato sempre a senso
unico. Come tutti i paranoici, anche i
gelosi patologici finiscono col costruire
esattamente ciò che temono, ovvero la realtà
che poi inevitabilmente subiscono. Di
fatto, rendono la vita durissima ai loro
partner e finiscono
col mi-
nare profondamente la relazione
amorosa. Spesso torturano a tal
punto l’altro che la relazione inevitabilmente
finisce per “sfinimento”
del partner. Partendo da
premesse errate (lui/lei potrebbe
tradirmi), attraverso una logica
stringente − suffragata da ricerche
di prove inconfutabili − il
sospettoso giunge a conclusioni
corrette dal suo punto di vista.
Così il geloso patologico si
muove al ritmo del Bolero di Ravel.
La gelosia inizia con una nota
appena udibile, ma sufficiente
ad aprire le porte al machiavellico
sospetto; poi, in un crescendo
di note, toni e strumenti, si arriva
all’happening finale dove tutta
l’orchestra suona ai toni più alti
e imperiosi. Non è però l’estasi
d’amore che va in scena, ma la
chiarezza del tradimento. Spesso accade
che la ricerca della verità porti ad un’escalation
nella relazione, con richieste sempre
più incalzanti, fino all’uso della violenza
per estorcere una confessione impossibile.
E l’esito può essere catastrofico, come
spesso testimoniato dai fatti di cronaca: il
geloso paranoico può diventare molto pericoloso
per gli altri, ma anche per se stesso.
Non dobbiamo tuttavia dimenticare
una salutare premessa: nessuno può essere
esente dal provare attrazione verso
qualcun altro che non sia il partner, così
come non si possono evitare fantasie conturbanti
o sogni erotici che includono altre
persone. Se tutto questo può apparire
inaccettabile, è certo che la sincerità assoluta
nella coppia è un segno conclamato
di legame basato sul mutuo soccorso e
non di complicità e passione. Il linguaggio
del geloso è lucido, l’ideazione è figlia
di Aristotele e segue una stringente logica
ipotetico-deduttiva. La tesi, che porta
alla sintesi, è impossibile da confutare
poiché quello che lui persegue sono soltanto
le prove a conferma di ciò che crede.
La gelosia è una paranoia travestita d’amore,
non è assolutamente amore.
Emanuela
Muriana
Emanuela Muriana vive e lavora prevalentemente a Firenze. E’ responsabile
dello Studio di Psicoterapia Breve Strategica di Firenze, dove svolge
attività clinica e di consulenza. E’ specializzata al Centro di Terapia Strategica
di Arezzo diretto da Giorgio Nardone e al Mental Reasearch Institute di
Palo Alto CA (USA) con Paul Watzlawick. Ricercatore e professore della scuola
di specializzazione quadriennale in Psicoterapia Breve Strategica (MIUR) dal
1994, insegna da anni ai master clinici in Italia e all’estero. E’ stata professore
alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, presso le Università di Siena (2007-2012) e
Firenze (2004-2015). Ha pubblicato tre libri e numerosi articoli consultabili sul
sito www.terapiastrategica.fi.it.
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055-242642 - 574344
Fax 055-580280
emanuela.muriana@virgilio.it
GELOSIA
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Stefania Pratesi
Gli scaffali del tempo
di Diana Cardaci
Le opere di Stefania Pratesi hanno
un gusto antico e allo stesso tempo
un profumo contemporaneo. I
suoi pannelli richiamano alla mente
la meraviglia di capolavori come
lo studiolo di Federico da Montefeltro
a Urbino. Sono opere in cui
il virtuosismo tecnico e l’omaggio
all’umanesimo rinascimentale
abbracciano un’atmosfera intima
e raccolta, nascondono un amore
segreto. Le opere della pittrice
fiorentina sono definibili come
trompe l’oeil, i quali permettono
di sbirciare dentro gli scaffali di
librerie verosimili e fantastiche, ,
spazi in cui lo spirito si rivela in
tutta la sua autenticità e carica immaginifica.
Non per nulla, è ben
in vista un volume intitolato Oltre
i confini, visto che l’intento
della pittrice sembra proprio questo:
scrutare oltre le contingenze,
andando ad attingere dall’energia
e dalla materia stessa della mente
e dello spirito attraverso i libri.
Del resto siamo portati a varcare
i confini di quegli scrigni-scaffali
che l’artista ci presenta, superando
gli schermi e i veli che ci pone
davanti la realtà, alla ricerca del
cuore pulsante delle cose, del loro
spirito.
Stefania Pratesi
Via Ardengo Soffici, 4 / 50060 (fraz. Leccio), Reggello (FI)
+39 055 8657653 / +39 3683227463
pratesi.stefania@gmail.com
Attraverso il passato (1995), sportellone originale
di finestra in legno, olio e foglie d’oro,
cm 42xh cm85
Il Cinquecentenario di Cosimo e Caterina de’
Medici (2019), anta sportello originale in
legno massello, cm 52x115
Effetto Estensionismo (2001), finestra con ante antiche e originali dipinte e intagliate con
tecnica mista, finestra cm 83xh80, ante cm 34x70
Manoscritti e oltre i confini (2016-2018),
sportelli originali in legno intarsiati e dipinti con
tecnica mista, cm 50x110
Ritratti
d’artista
Chiara Piccardi
La freschezza espressiva di una giovane artista
di Doretta Boretti
E’ veramente lusinghiero incontrare
una giovane come Chiara
Piccardi così innamorata del-
Grace Kelly, acrilico su tela, cm 50x40
la pittura tanto da vivere questa passione
fin dalla più tenera età: «Dipingo da
quando ero molto piccola − dichiara l’artista
−, frequentavo i primi anni delle
scuole elementari e fino a una certa
età ho dipinto come autodidatta». In
lei non si è mai spento il desiderio di
imparare; così ha iniziato a frequentare
numerosi corsi di pittura e in particolare
un corso con la pittrice Jeanne
Isabelle Cornière, artista e insegnante
d’arte a Firenze: «E’ stato il corso più
formativo tra tutti quelli che ho frequentato
in questi ultimi anni». Dopo
quell’esperienza, ha preso parte a
numerose mostre collettive: «Ho partecipato
a un concorso indetto dalla
Casa di Giotto a Vespignano e in un
secondo periodo ho aderito ad alcune
mostre organizzate dall’associazione
Toscana Cultura presieduta da Lucia
Raveggi». Chiara ama la ritrattistica
nella quale esprime tutta la sua giovinezza
e freschezza; con quell’impron-
ta, con quel tratto così personale, coglie
l’attimo di un sorriso o la quiete del sonno
di un fanciullo, per poi passare a paesaggi
cittadini e nature morte, senza mai
abbandonare quelle linee e quei colori
che la contraddistinguono e che permettono
di leggere la realtà attraverso i suoi
occhi. Riguardando la galleria dei suoi
quadri sul sito internet e su Facebook, è
possibile rilevare come la gioia e il dolore
siano sempre sublimati da un punto
luce che domina tutti i suoi lavori. Ed
è proprio grazie a quel punto luce, così
ben definito, che l’artista riesce a placare
la sofferenza e l’inquietudine del vivere
umano.
www.chiarapiccardi.it
arte@chiarapiccardi.it
+ 39 340/3029960
Chiara Piccardi Pittrice
chiarapiccardipittrice
Chiara Piccardi Pittrice
Relaxing time, acrilico su tela, cm 50x70
Piazza Duomo a Pistoia, acrilico su tela, cm 40x40
CHIARA PICCARDI
27
Il cinema
a casa
A cura di
Lorenzo Borghini
Gummo
Le inquietudini della società moderna nel racconto
lucido e spietato di Harmony Korine
di Lorenzo Borghini
Xenia, Ohio, Xenia, Ohio...
Qualche anno fa un tornado
si è abbattuto sul villag- «gio. In tanti sono rimasti uccisi, qui sono
morti cani, sono morti gatti, case spaccate
a metà, collane e braccialetti sopra
gli alberi... i morti avevano le ossa che
gli uscivano dalla testa, Oliver ha trovato
una gamba sul letto. Molti padri di famiglia
sono morti durante il grande tornado,
io ho visto una ragazza volare per
aria e gli ho guardato sotto la gonna. La
scuola è distrutta e sono morti dei bambini.
Il mio vicino è stato fatto a pezzi e
aveva una bici da corsa e un grande triciclo,
la sua testa non è mai stata trovata...
mi è sembrato divertente». Questo l’agghiacciante
incipit che ci fionda dritti nel
mondo amorale creato dall’allora ventiquattrenne
Harmony Korine. A narrare la
storia è Solomon, un bambino che guarda
le cose con occhi adulti e malati. La
sua è una voce cupa, quasi enciclopedica
nell'elencare tutto ciò che è successo
durante la tragedia passata. Solomon si
aggira per Xenia con il compagno di scorribande
Tummler, adolescente lasciato a
se stesso da un padre buono a nulla, bravo
solo a bere birra. Tutti gli adulti del
paese sono annientati dalla vita come il
padre di Tummler, vivono in stato catatonico,
giocano a braccio di ferro, bevono
birra e peggio ancora lasciano fare il bagno
ai propri figli in acque putride che al
solo guardarle verrebbe voglia di vomitare.
Gatti uccisi. Soldi. Colla da sniffare.
Gatti massacrati. Soldi. Puttane grasse
ritardate. Questo il trend abituale dei due
ragazzi che vendono le carcasse esanimi
di poveri gatti randagi al macellaio del
paese. Dopo poco vengono a conoscenza
che a Xenia c'è un concorrente in “affari”,
è il giovane Jarrod, che uccide gatti
avvelenandoli per pagare le spese mediche
della nonna. La loro storia è solo la
trama semplice di un film complesso che
mostra allo spettatore senza nessun filtro
etico brutalità all’ordine del giorno,
raccontate sotto forma di interviste o di
microstorie slegate dal racconto base.
Pedofilia, esperienze omosessuali, violenza
sugli animali, tutto viene mostrato
così com’è, senza moralismi, creando
un senso di straniamento nello spettatore
medio, abituato ad essere guidato per
mano durante la narrazione. Gummo è figlio
degli anni Novanta. E’ figlio di uno
stile vintage e senza fronzoli. E’ l’esor-
dio di una mente che si era già distinta
due anni prima (a soli ventidue anni) per
la sceneggiatura di Kids di Larry Clark.
Una mente turbata che ci proietta in tutte
le sue inquietudini, in tutte le inquietudini
della società moderna, in tutto ciò che
di malato ci circonda, colpendoci forte,
stordendoci dall’inizio alla fine con un
sabba di figure disturbate e disturbanti
che non dimenticheremo facilmente.
28
GUMMO
Arte e impegno
sociale
Strade interrotte
Il docufilm di Lorenzo Borghini sul dramma delle morti stradali
di Doretta Boretti / foto courtesy Lorenzo Borghini
Lorenzo Borghini, conosciuto
e affermato giovane scrittore
e regista, in questi ultimi mesi
si sta occupando di un tema veramente
spigoloso: quello degli incidenti stradali.
Che cosa ti ha spinto a pensare a un
documentario come Strade interrotte?
L’idea nasce da un mio caro amico, Andrea
Pampaloni, con cui ho scritto il
soggetto, esperto di strada che ha visto
morire tante persone ai vari raduni
di motociclisti a cui ha partecipato, fino
al giorno in cui ha deciso di vendere
la moto. Ho riflettuto sulle sue parole
e mi è tornato in mente Massimiliano,
un ragazzo che era nella classe accanto
alla mia alle superiori. Nell’estate
post diploma perse la vita in un grave
incidente stradale tornando da Viareggio.
Era trasportato, e il guidatore,
un suo amico, si è schiantato contro il
guardrail in autostrada a 210 chilometri
orari. Classica strage del sabato sera,
che però in quel caso coinvolse un
mio conoscente. Quindi ho iniziato ad
informarmi sull’argomento, a chiamare
amici di famiglia che hanno perso i figli
per causa di incidenti stradali e a scrivere
tutta la struttura del film, smontandola
e rimontandola più volte fino a
trovare un equilibrio.
Ho avuto il privilegio di vedere alcune
scene da te girate e mi sono sembrate
proprio “senza veli”.
Strade interrotte è un pugno nello stomaco,
un po’ come lo è stato Diaz di
Daniele Vicari. Con la differenza che
Diaz è un film di finzione, anche se tratto
da fatti realmente accaduti, mentre il
mio è un documentario, quindi, inevitabilmente
fa più male. Ho creato appositamente
anche delle parti di fiction
come incipit ad ognuno dei cinque capitoli
che compongono il film, per andare
a creare un immaginario comune in cui
chiunque può rispecchiarsi, dal genitore
che ha perso un figlio al responsabile
di un incidente stradale. Il tutto accompagnato
dalla coinvolgente voce dell’at-
tore Maurizio Lombardi.
Molti si sono già dedicati a realizzare
documentari e spot pubblicitari su
questo tema senza riuscire a smuovere
più di tanto le coscienze. Che
marcia in più ha il tuo progetto?
Viviamo in un mondo in cui la violenza
è alla portata di tutti. I giovani guardano
ogni giorno video cruenti: dagli incidenti
stradali su YouTube, ai video di
attentati terroristici, per finire con gag
di persone che si fanno male in maniere
assurde sui social. La “shock therapy”
con loro non funziona, sono troppo “viziati”
da queste immagini. In più, molte
delle serie tv proposte da Netflix hanno
un taglio estremamente dark. Quindi
ho pensato che la chiave di volta potesse
essere riuscire a toccare le corde
emotive degli spettatori. Per farlo sono
“entrato in casa” delle persone, cercando
di raccontare le loro storie, seguendoli
nel quotidiano e instaurandoci un
rapporto empatico. Ho anche pianto durante
un’intervista, quindi spero che le
emozioni che ho provato possano
raggiungere anche i giovani che si
mettono alla guida.
Chi sta collaborando con te alle riprese
e quando verrà ultimato per
poterlo finalmente vedere?
Al centro, di spalle, il regista Lorenzo Borghini durante le riprese
Il film è prodotto dalla mia società di
produzione, la Garden Film, e dalla
Keep Digging Production di Modena.
La troupe è solida, consolidata
ormai da anni. Il direttore della fotografia,
Tommaso Alvisi, lavora con
me da due anni, mentre con il montatore,
Theo Putzu, viviamo ormai
da tre anni in piena simbiosi artistica.
Non potrei montare più nessun
film senza Theo. Il 15 novembre
2020 il film uscirà al cinema, in occasione
della Giornata mondiale in
ricordo delle vittime della strada.
STRADE INTERROTTE
29
Firenze
Mostre
Emo Formichi
La fantasia al potere: dieci opere del maestro pientino
in mostra all’Auditorium al Duomo di Firenze
di Fabrizio Borghini / foto courtesy dell’artista
Da lunedì 24 agosto a domenica
6 settembre 2020 la mostra di
dieci importanti opere del maestro
Emo Formichi, esposte nella Sala
Borselli dell’Auditorium al Duomo di
via Cerretani a Firenze, ha rappresentato
una delle mete predilette di tanti fiorentini
e, anche se in numero minore per
le conseguenze del Coronavirus, di turisti
in visita nel capoluogo. L’artista pientino
è stato invitato da Lucia Raveggi, presidente
dall’associazione Toscana Cultura,
e dalla Fondazione Del Bianco come
ospite d’onore della mostra conclusiva
della grande rassegna d’arte contemporanea
inaugurata all’indomani della quarantena
che ha visto, per due mesi, oltre
duecentocinquanta artisti esporre ben
settecento opere per celebrare la ripresa
dell’attività espositiva nel centro storico
di Firenze. Formichi è tornato così
ad esporre nella città dove debuttò nel
2000 alla Galleria Mentana che coraggiosamente
propose opere in controtendenza
rispetto alla ormai consolidata linea
espositiva della galleria. Sicuramente ebbe
un ruolo determinante in quella scelta,
oltre al “fiuto” artistico della gallerista
Laura Adreani, l’avallo critico di Mario
Luzi che fortissimamente volle portare
nella sua città, un concittadino della sua
città d’adozione: Pienza. Il grande poeta,
infatti, da anni aveva scelto come buen
retiro la quattrocentesca cittadina della
Val d’Orcia e lì aveva avuto l’opportunità
di visitare la bottega d’arte di Formichi
rimanendo inizialmente folgorato e
successivamente ripetutamente sorpreso
dalle innumerevoli creazioni partorite
dalla fervida fantasia di un artista sui generis,
un autodidatta formatosi non sui
banchi di una scuola d’arte o di un’accademia
ma su quelli più scomodi della
scuola della vita, facendo il contadino,
lavorando in una draga sul fiume Orcia,
attraversando alla guida di un camion
quello straordinario territorio poi divenuto
patrimonio dell’umanità per volontà
Il maestro Emo Formichiintervistato dal giornalista Fabrizio Borghini
Il motociclista
dell’Unesco. «Mi sono fermato alla quinta
elementare – ha dichiarato Emo davanti
al pubblico quasi scusandosi – ma
ho continuato a studiare da autodidatta
la natura, le fasi della vita, le persone,
gli animali...e ne ho tratto ispirazione per
Pinocchio
creare quello che mi ha dettato la fantasia.
Come l’ho fatto? Riciclando e assemblando
tutto quello che la quotidianità mi
ha fatto incontrare ogni giorno: ferraglie
ed oggetti rifiutati dalla società, vuoti
a perdere nel senso di nessun valore
30
EMO FORMICHI
per gli altri ma non per me. Io li ho sempre
considerati una risorsa perché li ho
trasformati in qualcos’altro, uccelli palustri,
viandanti, celebrità come Charlot o il
Gobbo di Notre Dame, o una Ferrari o la
moto di Valentino Rossi». Il critico d’arte
Nino Petreni, nel presentare le opere
al pubblico dell’Auditorium al Duomo le
ha definite geniali, sorprendenti, intuitive
nel senso che a monte non hanno uno
studio preparatorio, ma nascono dal colpo
d’occhio, dalla fantasia e soprattutto
dalla voglia di comunicare l’inesauribile
amore verso la vita in tutte le sue declinazioni.
«Emo deve tantissimo a Mario
Luzi – ha sottolineato nel suo intervento
Petreni che è stato anche assessore alla
Cultura del Comune di Pienza − perché
se il nostro concittadino onorario non gli
avesse concesso la possibilità di avere la
visibilità che poi ha avuto, sarebbe rimasto
un artista di dimensione locale, periferico
rispetto alle grandi ribalte dell’arte.
Invece grazie a quello che nel tempo è divenuto
anche un suo amico fraterno, ha
potuto attirare l’attenzione di importanti
critici come Vittorio Sgarbi. E’ stato grazie
alle prestigiose recensioni di Luzi che
in seguito ha potuto essere preso in considerazione
da personaggi del calibro del
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
e di quello del Consiglio regionale
della Toscana Eugenio Giani». Anche il
professor Ugo Barlozzetti, nel presentare
la mostra, ha tessuto le lodi del novantatreenne
artista evidenziando quella che è
In questa e nelle altre foto lo studio dell’artista a Pienza
stata l’impresa più ardua raggiunta, quella
di riuscire a coniugare mirabilmente
il mondo naturale con quello artificiale
dando vita a un campionario di creazioni
che esprimono stupore, entusiasmo, genialità,
autoironia. In anteprima a Firenze
è stato esposto il Pinocchio in bronzo
che andrà ad impreziosire il Parco di Collodi.
La cerimonia di consegna e l’installazione
avrebbero dovuto tenersi lo
scorso 31 maggio in occasione del compleanno
del famoso burattino ma la pandemia
ci ha messo lo zampino e ha fatto
slittare l’evento al mese di settembre. Nel
frattempo un’opera di Emo,
insieme a quelle di altri trenta
artisti, è in una mostra di lunga
durata che si è inaugurata
a Pienza sabato 29 agosto; propone novantacinque
opere della qualificata collezione
del critico letterario Leone Piccioni,
altro cittadino onorario di Pienza, altro
grande amico ed estimatore di Emo, che
acquistò una sua pregevole Ballerina per
inserirla nella prestigiosa collezione che
andava componendo con opere di artisti
di livello internazionale. La figlia Gloria ha
voluto esporle come omaggio postumo
del padre alla città che ha amato, e dove
ha voluto essere sepolto, e agli artisti che
sono stati suoi compagni di vita.
Emo Formichi
Via secondo risorgimento italiano, 1
53026, Pienza
+ 39 0578 748692
EMO FORMICHI
31
Dal teatro al
sipario
A cura di
Doretta Boretti
I professionisti del teatro
Ne parliamo con il direttore di scena Guglielmo Visibelli
di Doretta Boretti
Ci sono alcune figure professionali,
a volte poco conosciute dai più,
senza le quali il sipario non potrebbe
aprirsi e lo spettacolo avere inizio.
A partire dal personale che igienizza l’ambiente,
alle persone del guardaroba, alle
maschere che permettono a chi entra
in teatro di assistere allo spettacolo in sicurezza,
per arrivare al personale tecnico
specializzato di cui ci riferirà un affermato
direttore di scena, conosciuto sia per la
sua professionalità che per la sua comprovata
esperienza: Guglielmo Visibelli.
Un ruolo, quello del direttore di scena,
che lei sta svolgendo da molti anni.
Sì, sul palcoscenico ho iniziato a lavorare
molti anni or sono. Ero studente universitario
di Storia della Musica, venivo da
una formazione culturale musicale e teatrale
ereditata da mio padre che cantava
nel coro del Teatro Comunale del Maggio e
anche nel Quintetto polifonico italiano Clemente
Terni. Inoltrai la domanda al Teatro
Comunale di Firenze per lavorare soltanto
la sera e il giorno studiare. Ma non è stato
così, perché il teatro ti “risucchia” e se poi
ti dà anche soddisfazione… Iniziai come
tecnico teatrale, macchinista, nel 1982; ho
fatto per la prima volta il direttore tecnico
per l’Opera di Barga, poi mi sono state offerte
delle tournée molto interessanti e nel
1984 ho iniziato a lavorare nel ruolo di direttore
di scena per il Teatro Regionale Toscano.
Il primo spettacolo come direttore
è stato La donna sul letto di Franco Brusati
con la regia di Brusati e Schlinkert, interpretata
da Edmonda Aldini, Paolo Graziosi,
Mauro Avogadro e Susanna Marcomeni.
L’anno successivo addirittura con Ronconi
in Commedia della seduzione, dove c’erano
da gestire ventidue attori e quattordici
tecnici, fu una bella impresa, con una
certa dose di incoscienza da parte mia; poi
ho continuato la collaborazione con il Teatro
Regionale Toscano. Ricordo, era il
1986, un altro spettacolo di Luca Ronconi
al Fabbricone di Prato, Ignorabimus di Arno
Holz, siamo stati chiusi dentro al Fabbricone
per due anni e mezzo. Aver potuto
frequentare dei mostri sacri così da vicino
è stata un’esperienza veramente unica.
So che lei è stato direttore tecnico per
diverso tempo anche del Teatro della
Compagnia, fino alla sua chiusura.
Successivamente, ha continuato il
suo rapporto con la signora Nunzi che
era la grande direttrice di produzione
del Teatro Regionale Toscano. I ruoli
da lei gestiti sono stati numerosi.
Avevo già una formazione diversa dagli
altri tecnici, poi mi piaceva svolgere tanti
altri ruoli. Il ruolo del tecnico, che sia elet-
Il Quintetto polifonico italiano Clemente Terni: Guglielmo Visibelli, il primo da sinistra
32
I PROFESSIONISTI DEL TEATRO
Luca Ronconi in Ignorabimus (ph. courtesy lucaronconi.it)
Franco Brusati
tricista, fonico o macchinista, non è una
specificità da poco. L’attrezzista è il “trovarobe”,
quello che riesce a individuare
gli oggetti oppure li costruisce, non le
scene grandi, ma piccoli oggetti come tavolini,
maschere, piccole sculture, quindi
l’attrezzista sembra un ruolo marginale invece
è un ruolo fondamentale e ha un rapporto
diretto con lo scenografo e il regista.
Ma non si può essere preparati a fondo su
tutto. Il direttore di scena è un demiurgo
dello spettacolo, media e organizza le intenzioni
artistiche del regista con la parte
tecnica e quindi deve conoscere tutti i
ruoli tecnici. Ma spesso oggi è tutta un’altra
cosa.
In che senso?
Oggi i teatri, costretti dalle ristrettezze
economiche, usufruiscono sempre più
di persone non completamente formate
come tecnici teatrali. Prima c’era una
preparazione maggiore, a volte, si dice,
si dà più risalto all’illuminazione che a
quello che si deve illuminare. Il ruolo dei
tecnici un tempo era riconosciuto anche
da un punto di vista economico, sia come
professionalità che come disponibilità.
Non dimentichiamo che il tecnico di
una compagnia entra la mattina alle 8 e
esce la notte alle 2. I teatri stabili, i teatri
lirici e i teatri di tradizione hanno degli
orari più precisi, una sindacalizzazione,
ma non c’è alcuna differenza economica
tra chi fa le sue otto ore giornaliere
e chi invece va in tournée con una diaria
che è soltanto un rimborso spese con
una disponibilità totale, giorni feriali, sabati,
domeniche, festività, a volte senza
alcuna pausa dalla mattina alla notte
e anche una reperibilità costante. Fino a
venti forse venticinque anni or sono veniva
riconosciuta economicamente mentre
adesso no, assolutamente no.
Allora non ci si arricchisce con questi
lavori?
Mai arricchirsi. Uno spettacolo che può
girare cinque/sei mesi oggi è molto raro.
In genere sono tutte tournée “asciutte”.
Gli spettacoli teatrali sono molto diversi
dagli spettacoli dal vivo, dai grandi eventi,
con sfarzo eccessivo di mezzi tecnici,
il pubblico è abituato a delle cose fantasmagoriche
con dei costi incredibili e
dei ricavi enormi. Il teatro di prosa
o quello lirico sono una cosa più
intima, per cui l’approccio dello
spettatore dovrebbe essere diverso
da quello che gli viene proposto
da questi grandi spettacoli; quindi
che sia prosa, lirica, concerto o
balletto, bisognerebbe pretendere
la qualità nel piccolo, non nell’esteriorità
e nella grandiosità, dovremmo
lavorare soltanto per la
qualità del prodotto in una cornice
essenziale. In questo modo forse i
costi diminuirebbero e ci sarebbero probabilmente
più introiti per tutti.
Cosa consiglierebbe a un giovane riguardo
al ruolo di direttore di scena?
Non saprei. La volontà di lavorare bene
e la disponibilità sono caratteristiche
individuali. Ci vuole passione, come per
qualsiasi altro lavoro. Questa professione
è un’avventura, bisogna vedere cosa
si aspetta un giovane dal teatro e soprattutto
quanto gli piace il teatro perché
io do tutta la mia professionalità per
avere a volte soddisfazione e altre volte
no. Se poi il riconoscimento deve essere
economico allora in questo momento
gli consiglierei di percorrere un’altra
strada. Ma domani tutto potrebbe cambiare
e allora...
Edmonda Aldini (ph. courtesy gettyimages.it)
I PROFESSIONISTI DEL TEATRO
33
KristiPo consegna al noto attore Massimo Boldi
l’opera che li ritrae insieme
Artista eclettica, pittrice, scultrice, poetessa, attrice
e regista, KristiPo è nata a Mosca e risiede
attualmente a Montecatini Terme. La sua formazione
è iniziata frequentando la scuola di cinema
e drammaturgia Sverdlovsk Film Studio a Ekaterinburg.
Ha seguito il corso accademico di arte
e lingua italiana all’Istituto Michelangelo e nel
2017 si è diplomata all’Accademia di Belle Arti
di San Pietroburgo. Amante della natura ed animalista
convinta, si dedica con eguale passione
alla pittura e alla poesia cimentandosi soprattutto
nel genere letterario giapponese dell’haiku.
Ha iniziato a scrivere
poesie all’età di quattro
anni e oggi unisce
il linguaggio poetico
alla pittura. Nel
2019 ha ricevuto un
premio per la prosa
realizzato in collaborazione
con l’emittente
televisiva Italia 7.
KristiPo
kristi_po_art_galleria
Eventi in
Toscana
Un quadro di Monica Giarrè a Eugenio Giani
La consegna è avvenuta alla Fornace de’ Medici durante
l’assegnazione del premio Francesco I al presidente
del Consiglio regionale
di Aldo Fittante / foto Carlo Midollini
Nella splendida cornice della Fornace
de’ Medici di Bivigliano,
commissionata nel 1569 da
Francesco I de’ Medici all’architetto Buontalenti
per fornire i materiali di cottura
della nascente Villa di Pratolino, si è tenuta
la prima edizione di un premio intitolato
proprio al secondo Granduca di
Toscana che volle edificare la sontuosa
magione, oggi purtroppo non più esistente,
per vivere la sua appassionata
storia d’amore con Bianca Cappello. La
manifestazione è stata promossa dall’associazione
Toscana Cultura ed impeccabilmente
organizzata dalla presidente
Lucia Raveggi in collaborazione con la
famiglia Ciatti che ha restaurato la storica
manifattura trasformandola in un
resort di lusso. L’onorificenza è stata attribuita
al presidente del Consiglio regionale
della Toscana Eugenio Giani per i
meriti acquisiti nel corso degli anni come
rappresentante delle istituzioni per la divulgazione
della storia della nobile casata
fiorentina. La realizzazione della medaglia,
raffigurante Francesco I, è stata affidata
al maestro orafo Paolo Penko che,
nel corso della serata, l’ha consegnata
personalmente al premiato. La giuria ha
deciso di assegnare, oltre alla medaglia
che simboleggerà il
premio anche nelle
future edizioni, un
ritratto che la pittrice
fiorentina Monica
Giarrè ha dedicato
a Francesco I; insieme
ad altri tredici
quadri fa parte del
corpus di opere della
mostra Gente di
casa. I Medici che
l'artista ha realizzato
dopo lunghi anni
di ricerche e lavoro. Questo impegnativo
confronto con le più rappresentative
figure medicee è stato coronato da due
mostre che hanno riscosso ampio consenso
sia di critica che di pubblico. La
prima si tenne nello storico Palazzo Nasi
di piazza de’ Mozzi a ridosso di Ponte
Vecchio nel 2017, ospitata dalla prestigiosa
Mirabili Arte con presentazione
della critica Daniela Pronestì; la seconda,
l’anno successivo, in un’altra dimora
nobiliare, il Palazzo Bastogi di via Cavour
che oggi è la sede del Consiglio regionale
della Toscana, dove approdò per esplicita
volontà del presidente Giani che la
presentò personalmente alla stampa e al
pubblico facendola accompagnare da un
prezioso catalogo pubblicato dalle Edizioni
del Consiglio. In occasione dell’evento,
Monica Giarrè ha voluto affiancare
al ritratto di Francesco I quelli raffiguranti
i suoi genitori ovvero Cosimo I e Eleonora
di Toledo, mettendo in forte imbarazzo
il premiato che, dovendo collocare l’opera
nella sala di presidenza del Consiglio
regionale, ha preferito optare per il ritratto
di Cosimo riconoscendogli il merito
storico di aver dato vita e conformazione
all’attuale Regione Toscana.
Io Re - Dux, Cosimo I (2017), tecnica mista su tela, cm 70x100
Il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani con la pittrice Monica Giarrè
durante la consegna del premio alla Fornace de’ Medici
PREMIO FRANCESCO I
35
Anteprima
Mostre
Ottone Rosai
Montevarchi celebra il maestro toscano con un’importante
mostra al Palazzo del Podestà
di Barbara Santoro
La mostra dedicata ad Ottone Rosai
(Firenze, 1895 - Ivrea, 1957)
che avrebbe dovuto inaugurare
ad aprile per festeggiare il centenario
della prima personale fiorentina dell’artista
nel 1920, a causa dell’emergenza
sanitaria aprirà i battenti a Montevarchi
il prossimo 25 ottobre fino al 31 gennaio
2021. Curata dal critico e storico
dell’arte Giovanni Faccenda, massimo
esperto di Rosai e curatore del catalogo
generale delle sue opere, la mostra riunisce
circa cinquanta lavori tra disegni
ed oli che raccontano un preciso momento
della storia dell’artista: il ventennio
fra le due grandi guerre, dal 1919 al
1932. Accanto ad opere già conosciute
saranno esposti anche capolavori inediti
emersi dalle accurate ricerche che
Giovanni Faccenda ha compiuto e continua
a compiere nelle collezioni private
e nelle raccolte di coloro che ebbero
rapporti con Rosai oppure con i suoi
galleristi o con gli eredi. La sensibilità
e l’attenzione che Faccenda rivolge da
sempre all’opera di Rosai gli hanno permesso
di scoprire una raccolta privata
romana, già esposta nel 1932 a Palazzo
Ferroni, dieci dipinti di fine anni Venti
e inizio anni Trenta ricercatissimi fino
ad ora. La sindaca di Montevarchi, Silvia
Chiassai Martini, è stata catturata
dalla grandiosa espressione di umanità
che emerge dalle opere del maestro
e ben felice ha accolto l’idea di ospitare
un’esposizione dei suoi capolavori nel
Palazzo del Podestà, luogo che, dopo
un accurato restauro, è tornato all’antica
bellezza. Sarà l’occasione per fare
conoscere al grande pubblico le opere
di un maestro che ho avuto il piacere
di incontrare quando ero bambina, insieme
a mio padre, nel suo studio in via
San Leonardo. Per il mio diciottesimo
compleanno, mio padre mi chiese se
regalarmi una pelliccetta di visone oppure
i disegni di Rosai con le facciate
delle chiese fiorentine. Com’è facile immaginare,
scelsi i disegni, che ancora
oggi conservo con affetto nella mia collezione
privata.
Piazza del Carmine (1922), olio su tela, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze
Autoritratto con Palazzo Vecchio
(1955), olio su tela, Museo del
Novecento, Firenze
36
OTTONE ROSAI
A cura di
Daniela Pronestì
Occhio
critico
Francesca Parrini
Ritratto di una donna fotografa
di Daniela Pronestì / foto Francesca Parrini
La tecnica da sola non basta per
scattare una buona fotografia.
Occorre avere cultura visiva,
sensibilità estetica ma soprattutto una
dote per niente scontata, ovvero quell'intuito
e non governabile, come lo definiva
Henri Cartier-Bresson, che guida la
mente e quindi anche l’occhio del fotografo
a riconoscere e a catturare, spesso
in corsa contro il tempo, un soggetto
interessante. E’ seguendo quest’intuito
che Francesca Parrini si è avvicinata
al mezzo fotografico, per trovare una
forma d’espressione che le consentisse
di fermare nel tempo le emozioni provate
a contatto con l’ambiente naturale
o nella vita quotidiana; uno strumento
per capire, raccontare e se necessario
anche protestare contro ciò che offende
la bellezza del mondo e la dignità
delle persone. Ad affascinarla è soprattutto
la possibilità di servirsi dell’obiettivo
come di un filtro attraverso il quale
trasfigurare la realtà, immaginando metamorfosi
impossibili e attribuendo nuovi
significati alle cose. E’ un vedere oltre
il visibile, avvalendosi della fantasia per
trasformare i fiori in corpi femminili,
i frutti in creature immaginarie, le rocce
in paesaggi lunari. Dettagli che con
l’ausilio della post-produzione generano
mondi “altri”, visioni in cui s’incarnano
pensieri, riflessioni, stati d’animo.
Occasioni, spesso, per offrire un’interpretazione
del femminile lontana dagli
stereotipi, soprattutto dai canoni estetici
che ingabbiano il corpo delle donne.
In questo caso, è come guardarsi allo
specchio, riconoscendo nella figura immortalata
parti nascoste di sé, dolori sopiti
dal tempo, desideri, contraddizioni e
quella voglia mai del tutto appagata di
mostrarsi liberamente per ciò che si è,
senza maschere né infingimenti. Bisogna
avere coraggio per amarsi, per accettare
se stessi, specie quando, come
nel caso delle donne, l’accettazione passa
attraverso lo sguardo altrui, il giudi-
zio di una società ancora troppo incline
alla discriminazione nei confronti del genere
femminile. La fotografia − sembra
dire Francesca Parrini − assomiglia alla
vita, non solo perché, proprio come la
vita, è fatta di istanti da cogliere e conservare
nel grande archivio della memoria,
ma anche perché della vita riflette
luci e ombre, carne e anima. Nel grande
interminabile gioco delle apparenze,
le interessa cercare qualcosa che duri,
un’essenza profonda, affinché l’immagine
non sia più soltanto documento ma
rivelazione del senso celato dietro le cose.
In altre parole, fotografare il mondo
fuori per far emergere il mondo dentro:
più che una sfida, un sentimento che accompagna
ogni suo scatto, consegnando
all’osservatore il racconto di uno
sguardo nitido e senza pregiudizi.
Francesca Parrini Photographer
lemiemozionivedono.wordpress.com
francesca.parrini@libero.it
La visibilità va scelta
Vissuta di imperfezioni, perfettamente dotate
FRANCESCA PARRINI
37
Mostre in
Italia
Racconti di fine estate
La mostra di Simultanea Spazi d’Arte al Terme Beach
Resort di Punta Marina
di Serena Gelli / foto Daniela Pronestì
Dal 25 agosto al 19 settembre
2020, Simultanea Spazi d’Arte
propone la mostra Racconti
di fine estate al Terme Beach Resort
di Punta Marina a Ravenna, splendida
location sul lungomare ravennate che
da diversi anni ospita nella propria elegante
ed ampia hall la rassegna di arti
visive Arte&Vacanze curata da Andrea
Petralia. Simultanea Spazi d’Arte, associazione
artistico-culturale nata a Firenze
nel 2011 e diretta dalle storiche e
critiche d’arte Roberta Fiorini e Daniela
Pronestì, propone in questa occasione
artisti italiani e stranieri con i quali collabora
da sempre, ciascuno nella propria
peculiare espressività e tecnica in
ambito pittorico e fotografico, in un
percorso che va dal realismo all’astrazione
gestuale e materica, passando
dalle tecniche tradizionali ad opere più
sperimentali e polimateriche. Alla figura
umana e al paesaggio fanno da controcanto
lavori maggiormente concettuali
che spaziano dalla trasposizione in
chiave astratta di suggestioni naturalistiche
a vere e proprie composizioni
dedicate alla tematica ambientalista.
L’approccio ad una pluralità di linguaggi
artistici contraddistingue da sempre
la vocazione associativa di Simultanea,
che si propone di dar voce alla creatività
in tutte le sue forme e declinazioni
per offrire, come in questa mostra,
un panorama estetico e concettuale di
grande suggestione visiva e motivazione
cognitiva. Gli artisti sono: Simonetta
Fontani, Alessandro e Jacopo Gori,
Francesca Guetta, Nicole Guillon, Ro-
Una panoramica delle opere in mostra
berto Loreto, Franco Margari, Mauro
Martin, Miya Ozaki, Francesca Parrini,
Milvio Sodi, Enzo Verdelli. Oltre che nella
sede espositiva del resort, la mostra
si svolgerà anche sul sito www.mecenate.online,
piattaforma per la vendita
di opere d’arte online ideata da Antonino
Petralia e rivolta al mercato internazionale.
Tutte le opere in mostra, infatti,
saranno visibili anche sulla piattaforma
38
RACCONTI DI FINE ESTATE
visitando direttamente il sito oppure accedendovi
attraverso il QR code attribuito
ad ogni opera nella sede espositiva.
Arte e innovazione tecnologica si sposano
quindi in un evento che ambisce
nella pluralità di cifre stilistiche proposte
ad intercettare i gusti di un pubblico
eterogeneo tra i tanti turisti e ospiti
della struttura termale luogo dell’esposizione.
La rassegna si avvale del patrocinio
del Comune di Ravenna.
Inquadra il QR code per visualizzare le
opere in mostra sulla piattaforma
Mecenate.online
Evento promosso da: In collaborazione con: Con il patrocinio di:
RACCONTI DI FINE ESTATE
39
Personaggi
Alla vigilia dalle elezioni regionali, Aldo Fittante
intervista Eugenio Giani, candidato del centrosinistra
per la sfida a governatore della Regione Toscana
Testo e foto di Aldo Fittante
Candidato del centrosinistra per la
sfida a governatore della Regione
Toscana, in questa intervista
Eugenio Giani racconta la sua “Toscana
nuova” concentrandosi soprattutto sui
seguenti punti: lavoro, economia, ambiente,
infrastrutture, formazione e ricerca.
Un’attenzione particolare anche al
brand Made in Tuscany come opportunità
per lo sviluppo delle imprese toscane,
al fine di valorizzare le loro autentiche
produzioni artigianali ed il grande appeal
che la Toscana può evocare ai fini promozionali
nel mercato mondiale.
Lavoro ed economia sono certamente
focus strategico per il rilancio della
nostra regione, quali sono le innovazioni
contenute nel suo programma
su tali delicati temi?
Il tema del lavoro è cruciale per il futuro
della Toscana, un’indiscussa priorità. Il
mio programma propone una svolta sul
tema dell’occupazione, con una sinergia
di interventi tra i quali il potenziamento
degli incentivi per la crescita dell’imprenditoria
giovanile e lo sviluppo dei
centri per l’impiego. Solo così potrà realizzarsi
il nostro ambizioso progetto della
Toscana del lavoro. Sul piano dell’economia
ci proponiamo di attrarre investimenti
con un’azione decisa e sinergica
che passa attraverso quattro direttrici:
anzitutto una politica di promozione ed
incubazione di startup innovative, finalizzata
a stimolare l’imprenditorialità nei
nostri giovani, valorizzando la loro formazione
particolarmente vocata all’innovazione
digitale. Il luogo simbolo per
generare l’incubatore che fisicamente
convogli questi giovani può essere Villa
Basilewsky a Firenze, immobile di proprietà
regionale che vedrei popolato da
centinaia di menti concentrate sull’innovazione,
così come avviene nelle capitali
europee o in aree vocate alla tecnologia
come Regno Unito, Israele, Corea,
Stati Uniti, Singapore, Cina.
Altra direttrice della politica economica
nel nostro programma è
quella che ci proponiamo di realizzare
attraverso una riforma
normativa sui protocolli insediativi,
in modo da favorire l’afflusso
di investimenti in siti produttivi
diffusi per la Toscana, sull’esempio
del progetto di investimento
da 150 milioni di euro da parte di
Menarini nel nuovo stabilimento
dell’Area Longinotti a Sesto Fiorentino,
la cui realizzazione porterà duecentocinquanta
nuovi posti di lavoro ed altrettanti
nell’indotto, un progetto alla cui realizzazione
ha contribuito molto anche il nostro
Consiglio regionale. In terzo luogo,
un’azione speciale per i siti industriali da
convertire, a partire dalla nuova frontiera
con cui rigenerare il polo siderurgico
Jindal collegato al nuovo porto di Piombino.
Quarta direttrice della politica industriale
che ci candidiamo a portare avanti
è il sostegno indiretto delle manifatture
dei distretti toscani con la formazione
di forza lavoro. Penso alla carta nell’area
lucchese, alla pelle nel comprensorio
del cuoio, al tessile e alla moda di Prato
e Scandicci, all’industria farmaceutica
diffusa, alla meccanica della Val d’Elsa e
Chianti, alla nautica sulla costa, alla robotica
nell’area pisana e dell’Arno Valley.
Sul piano delle politiche ambientali,
dall’economia circolare ai rifiuti, la
“Toscana nuova” di Giani su cosa intende
puntare?
Eugenio Giani, attuale presidente del Consiglio regionale
toscano (ph. courtesy La Nazione)
Ritengo che l’economia circolare sia un
vero e proprio motore della Toscana del
futuro. La centralità che l’economia circolare
deve rivestire sul piano delle politiche
ambientali nei prossimi anni è
evidente: le risorse che l’Unione Europea
ha stabilito nella fase post Covid si riferiscono
principalmente alle questioni ambiente
e salute che sono le più urgenti e
trovano proprio nei progetti di economia
circolare la loro migliore attuazione. Nei
miei programmi per la Toscana del futuro,
l’economia circolare ha un orizzonte
strategico per una decisa ripartenza della
nostra regione, fondata sulla sostenibilità
e capace di interpretare al meglio la
transizione ecologica della nostra epoca.
L’obiettivo è portare la Toscana ad essere
la prima regione con un programma
fondato su di uno sviluppo pienamente
sostenibile, sul modello degli accordi
di Parigi, in particolare puntando su
geotermia, pannelli fotovoltaici, mobilità
sostenibile e difesa del suolo, il tutto
nella cornice del ciclo virtuoso destinato
ad autoalimentarsi all’infinito che l’economia
circolare è in grado di innescare
quale obiettivo programmatico 2020-
2030.
E sulle infrastrutture toscane, quali
sono gli interventi cui è riservata una
priorità nel suo programma?
La Tirrenica, il potenziamento del Porto
di Livorno, la manutenzione straordinaria
della Fi-Pi-Li, sono certamente prioritarie
ed immediatamente cantierabili. Del
resto, anche piccoli grandi interventi come
i ponti sull’Arno da Signa a Lastra a
Signa e da Limite a Montelupo, il com-
40
EUGENIO GIANI
pletamento della Due Mari e del Cipressino
che porta all’Amiata nella provincia
di Grosseto, la complanare di Lucca tra
Capannori e Ponte a Moriano e altri interventi
ferroviari a partire dalla Empoli
- Siena, saranno impegno dal primo minuto.
A questo aggiungo anche il metrotram
Prato-Firenze (Pecci-Peretola) che
risolverebbe gran parte dei problemi di
traffico tra le due città. Quanto all’Aeroporto
di Firenze, mi piace chiamarlo
Aeroporto della Toscana: ritengo che
realizzare la pista parallela sia obiettivo
fondamentale per garantire sicurezza,
migliori collegamenti e sostenibilità
ambientale. Il lavoro che cercherò di fare
è di arrivarci con dialogo, confronto
e coinvolgimento delle amministrazioni
comunali interessate, da Prato alla Piana
fiorentina.
Si parla di un brand regionale come
marchio di qualità per valorizzare le
imprese toscane, di cosa si tratta?
Ritengo prioritario implementare la
diffusione del marchio regionale del-
la Toscana, un progetto già avviato
a disposizione degli imprenditori toscani
che intendano promuovere le
loro produzioni in Italia e nel mondo,
sfruttando la grande rinomanza
del Made in Tuscany. La nostra regione
evoca da sempre bellezza, eccellenza
ed indiscussa qualità delle
più autentiche produzioni toscane. Si
tratta di un progetto trasversale che
intende rivolgersi alle imprese dei diversi
comparti produttivi, accomunati
dall’essere espressione veritiera di
quella artigianalità che – dalle tradizionali
botteghe fiorentine ad oggi –
vede nei toscani veri e propri maestri.
Molti i settori per i quali il marchio
Made in Tuscany potrebbe costituire
un volano di crescita del business
dei nostri imprenditori, ad iniziare dal
settore agroalimentare: il vino toscano
è, agli occhi dei consumatori di
tutto il mondo, la perla dell’economia
locale, dell’export e del racconto della
Toscana nel mondo. In tanti territori
della nostra regione il vino crea valore
aggiunto, in simbiosi con la storia,
la cultura ed il paesaggio. Penso al
Chianti Classico e al riconoscimento
che merita da parte dell’Unesco. Penso
alla creazione di un museo del vino
in Toscana, sull’esempio di quanto
realizzato da altre realtà internazionali
in grado di vantare da due a tre milioni
di visitatori all’anno. Il Made in
Tuscany e la valorizzazione dell’appeal
che la nostra regione può garantire
alle produzioni toscane nell’agone
del mercato mondiale, costituiscono
un’opportunità davvero unica che non
può e non deve sfuggirci. La Toscana
può contare su di un patrimonio di
eccellenze produttive di valore inestimabile,
espressione di altissima qualità
e di un saper fare artigianale che
affonda le proprie radici in tradizioni
antiche, legate alla cultura e all’identità
del territorio: il legame inscindibile
territorio-storia-cultura è una sicura
chiave del successo delle produzioni
toscane nel mondo e deve essere valorizzato
e rilanciato con ogni sforzo
per una ripresa del sistema-Toscana
stabile e duratura.
Aldo Fittante ed Eugenio Giani in occasione della consegna a quest’ultimo del Premio Francesco I alla Fornace de’ Medici lo scorso luglio
EUGENIO GIANI
41
Artisti stranieri in
Toscana
A cura di
Massimo De Francesco
Pyotr Ilyich Tchaikovsky
Il celebre compositore russo a Firenze per amore della
musica italiana
di Massimo De Francesco
Pyotr Ilyich Tchaikovsky nasce a
Kamslo-Votkinsk, cittadina russa
sui monti Urali, da una famiglia
di classe media: il padre, Ilya, è ispettore
minerario, oltre ad essere stato tenente
colonnello per il ministero delle miniere;
la madre, Alexandra Andreyvna d’Assier,
nobile di origini francesi e tedesche e
seconda moglie di Ilya, è una donna dotta
specialmente nella sfera della musica.
Secondo di sei figli, Pyotr inizia a studiare
pianoforte all’età di cinque anni. A
quel tempo, l’impero russo non offriva
la possibilità di studiare musica e la famiglia
del futuro compositore lo iscrive
alla Scuola imperiale di Giurisprudenza,
un collegio per ragazzi dove trascorre
nove anni e si distingue come studente
modello. Durante l’ultimo anno di accademia,
il padre, vista la vocazione del
figlio per la musica, ingaggia il maestro
di origine tedesche Rudolph Kündinger
per fargli studiare pianoforte. All’età di
diciassette anni Tchaikovsky viene seguito
dal maestro italiano di canto Luigi
Piccioli, che riconosce ed apprezza
il talento del giovane. Nel 1861 viaggia
all’estero per la prima volta, visitando
Germania, Francia e Inghilterra. Nell’autunno
del 1862 si iscrive al conservatorio
di San Pietroburgo, scegliendo così
di dedicarsi totalmente alla carriera musicale.
Nel 1864 compone il suo primo
lavoro, l’overture in mi minore L’uragano,
nel 1866 la sinfonia n.1 in sol minore
Sogni d’inverno e nel 1868 l’opera
Voyevoda. Il 1876 è l’anno del celebre
lago dei cigni e l’anno successivo sposa
Antonina Milyukova, giovane studentessa
di musica, dalla quale però fugge
poco dopo, recandosi a Firenze nel febbraio
del 1878. Nell’ottobre dello stesso
anno, Nadezda Von Meck, amica carissima
del compositore, lo invita a Villa
Oppenheim sul fiorentino viale dei Colli,
dove Tchaikovsky
inizia l’opera La fanciulla
di Orleans. Il
musicista raggiunge
l’apice del successo
soprattutto grazie ai
balletti La bella addormentata
del 1889
e Lo schiaccianoci
del 1892. Nel 1891
è invitato a dirigere
l’orchestra in occasione dell’inaugurazione
della prestigiosa Carnegie Hall
a New York, da dove si sposta prima a
Philadelphia e poi Baltimora. I suoi tour
europei e mondiali lo consacrano nel
novero dei grandi e nel 1893 viene insignito
della laurea ad honorem all’Università
di Cambridge. Si spegne il 6
novembre del 1893 a San Pietroburgo
a seguito di un’epidemia di colera, sebbene
sussistano dubbi sulle reali cause
della sua morte, lasciando spazio a ipotesi
di suicidio. E’ sepolto nel cimitero
Tichvin a San Pietroburgo, dove si trovano
anche le tombe dei famosi compositori
Modest Mussorgsky e Nikolai
Rimsky-Korsakov.
La targa sulla casa in via Leonardo a Firenze dove soggiornò il celebre compositore
russo nel 1878 (ph. courtesy firenzeneidettagli.blogspot)
Pyotr Ilyich Tchaikovsky in una foto degli anni Settanta
42
PYOTR ILYICH TCHAIKOVSKY
A cura di
Giuseppe Fricelli
Concerto in
salotto
Severino Gazzelloni
Invito all’ascolto del più illustre flautista italiano
di Giuseppe Fricelli
Severino Gazzelloni
Un giorno, l’amico Roberto Fabbriciani,
grande flautista con
cui ho tenuto moltissimi concerti
in varie parti del mondo, mi telefonò
per chiedermi di suonare con lui e
Severino Gazzelloni in veste di clavicembalista.
Avremmo eseguito due concerti
di Vivaldi per due flauti, clavicembalo
ed orchestra d’archi. L’esecuzione si sarebbe
tenuta ad Arezzo nella Sala del
Principe, uno spazio polivalente diretto
dal maestro Assuero Verdelli. Avrebbe
partecipato al concerto l’orchestra da
camera diretta dall’amico Giovanni Tanzini
e formata da vari strumentisti del
Maggio. Il giorno della manifestazione
giunse per una prova il mitico Severino
Gazzelloni. Tutti devono rispetto ed
ammirazione a questo grande musicista
che ha fatto conoscere il flauto come
strumento solistico e concertistico.
La maggior parte del pubblico, prima
del maestro Gazzelloni, ignorava il repertorio
e la bellezza di questo magico
strumento. Fu una grande gioia suonare
con Severino, Roberto, Giovanni e l’or-
chestra. Una vera festa della musica che
mi arricchì molto. Vi invito ad ascoltare
i CD in commercio del nostro più grande
flautista italiano.
SEVERINO GAZZELLONI
43
GALLERIA D’ARTE MENTANA FIRENZE
Presenta
Pitturando la storia
Opere dell’artista cinese Ding Tan
La morte di Antigone (2018), olio su tela, cm 50x70
L’artista esegue ritratti su commissione;
per informazioni:
galleriamentana@galleriamentana.it
Inaugurazione: sabato 19 settembre 2020 ore 18
La mostra si protrarrà fino al 7 ottobre 2020
Maestri del Novecento:
Sergio Benvenuti
Opera in permanenza alla Galleria Mentana
La musa Tersicore, bassorilievo policromo, cm 80x80
Orari: tutti i giorni 11-13 / 16-19.30, esclusi domenica e festivi
GALLERIA D’ARTE MENTANA
Via della Mosca 5r - 50122 (FI)
+39.055.211984 - www.galleriamentana.it
galleriamentana@galleriamentana.it
Sito web: www.galleriamentana.it - Vendita online: www.galleriamentana.it/it/negozio
Facebook : www.facebook.com/galleriamentanafirenze
A cura di
Daniela Pronestì
Occhio
critico
Francesca Guetta
La natura “imbrigliata”
Un messaggio per riscoprire il rapporto tra uomo e ambiente
di Daniela Pronestì
Umiliata, violata, ridotta a mero
scarico di rifiuti: così è la natura
a cui le opere di Francesca
Guetta si riferiscono per narrarne
il dramma e immaginare al contempo
un futuro diverso. Una presa d’atto
capace di rompere i vincoli entro cui
l’ambiente naturale si trova “imbrigliato”,
come uno schiavo ridotto in catene
dall’arroganza dell’uomo. Creazioni
complesse, quelle della Guetta, stratificate
nei significati così come nella
varietà di materiali recuperati ed assemblati
dall’artista a simboleggiare,
proprio attraverso un’ardua elaborazione
formale, quanto difficile sia sensibilizzare
la coscienza collettiva sulla
questione ambientale. I primi ad essere
“imbrigliati” nella trama che avvolge
l’opera − frammenti di corteccia, alluminio
e colore composti in modo da ricordare
zolle di terra e specchi d’acqua
− siamo noi, ciascuno di noi, ogniqualvolta
assumiamo comportamenti dannosi
per l’ambiente, incuranti del danno
arrecato anzitutto a noi stessi. “Imbrigliata”
è la natura, prigioniera, com’è,
degli effetti di uno sfruttamento selvaggio,
vittima di continui abusi che innescano
un processo senza ritorno. Un
tema più che mai attuale con cui l’artista
da tempo si confronta prestando l’esperienza
maturata negli anni in pittura
alla formulazione di un linguaggio ibrido,
connubio di forma e colore, recupero
e combinazione di materiali naturali
e artificiali riuniti insieme a significare
l’azione dell’uomo contrapposta alla libera
creatività della natura. Opere da
percorrere con lo sguardo, seguendo il
filo rosso che intrappola e al contempo
preserva questi frammenti di natura da
ogni aggressione esterna. La funzione
di questo elemento espressivo, infatti, è
ambivalente: da un lato, evoca ciò che
nega e soffoca la vita, l’abbraccio mortale
di una forza distruttiva; dall’altro,
protegge il corpo dell’opera e lo vivifica
come fosse linfa. Lo ritroviamo in tutte
le opere della serie La natura imbrigliata,
come a sancire la continuità concettuale
e stilistica di un progetto in cui si
condensano, giungendo a maturazione,
gran parte delle sperimentazioni fin qui
condotte dall’artista integrando diversi
medium e codici espressivi. In questo
caso, il ricorso alla forma ibrida del
quadro-scultura le permette di ottenere
effetti di verosimiglianza volti ad evidenziare
la mistificazione del concetto
di natura in una società che sempre più
confonde verità e artificio, autenticità e
finzione. Per Francesca Guetta non ci
sono altre strade da intraprendere, dunque,
se non quella che conduce a ritrovare
un contatto profondo con se stessi
e con l’ambiente circostante per ripristinare
l’indissolubile ed arcaico legame
tra uomo e natura.
Fino al prossimo 19 settembre alcune
opere della serie La natura imbrigliata
sono esposte al Terme Beach Resort
di Punta Marina (Ravenna) nell’ambito
della mostra Racconti di fine estate a
cura di Simultanea Spazi d’Arte.
www.francescaguetta.com
La natura imbrigliata III (2019), polimaterico su tela, cm 30x30
La natura imbrigliata IV (2019), polimaterico su tela, cm 30x30
FRANCESCA GUETTA
45
Sculture da
indossare
S
S
Angela Tagani
Angela Tagani "Le sculture da indossare"
Gigarte.com/angelatagani/galleria
angelatagani@gmail.com
+393498043418
Ritratti
d’artista
Federica Garzella
Una pittura omaggio al femminile
di Jacopo Chiostri
Le opere di Federica Garzella offrono
lo spunto per una domanda
(e una riflessione): la
pittura oggi è donna? Una questione
che può apparire marginale, ma certo
non lo è se si pensa alla storia dell’arte,
tutta declinata al maschile fino ad
epoche recentissime. E la risposta, a
parere dell’estensore di queste righe
sulla base di esperienze attuali, testi e
mostre, è senz’altro affermativa e confortante.
L’arte, insomma, sembra un
campo dove parità di genere e emancipazione
soffrono meno rispetto ad
altri ambiti, e non è solo una questione
di numeri ma soprattutto di innovazione,
punto cardine in quest’epoca
così asfittica di idee e nuovi orizzonti.
E nessun’altra artista lo esprime meglio
della Garzella, la quale, all’interno
di una nota a proposito del significato
della sua pittura, afferma: «In una società
dove prevalgono la sfida e l’arrivismo,
stimo le donne complici tra loro,
le donne che insieme aspirano, desiderano
e vivono sostenendosi a vicenda».
Detto questo, è bene chiarire che
le opere della Garzella non si esauriscono
in un significato, per così dire,
ideologico. A questo si aggiunge, infatti,
la qualità della pittura, frutto di
esperienza, sensibilità e formazione.
Pittura fortemente orientata alla rappresentazione
simbolica di concetti
universali, con particolare riferimento
alla sensualità come parte fondante
dell’identità femminile. L’incontro e
la fusione di elementi sensoriali e spirituali,
visti da un occhio attento e selettivo,
sono la base delle opere di questa
pittrice. Non sono lavori di immediata
e facile lettura, ma una volta imparatone
il linguaggio ed elaborato il postulato
che propongono, si è ricompensati
con emozioni che crescono con l’osservazione
minuta della rappresentazione.
Il colore è intenso, allusivo e
raffinato; non è colorazione buona per
tutte le stagioni, ma lo stimolo sensoriale
che se ne ricava offre un groviglio
di significati e di conseguenza di
possibili rifrazioni personali; il segno
è sicuro e deciso. La donna, elemento
centrale della sua poetica, è restituita
lontana da ogni rappresentazione stereotipata
e appare, in un’inedita proposta
scenica, assieme autorevole e
delicata; sempre, comunque, consapevole
e mai autocelebrativa. I racconti
della Garzella, fossero versi poetici, la
collocherebbero tra gli “ermetici” per
più motivi: il valore salvifico dell’arte,
l’essenzialità formale evidente nella
composizione delle opere, negli sfondi,
nelle figure, l’intensa carica allusiva
e analogica, tutte caratteristiche peculiari
della poesia ermetica. Nata a Pisa,
l’artista vive a Cascina; dopo aver
vinto una borsa di studio, ha frequentato
il Liceo artistico Russoli dove si è
diplomata a pieni voti; gli esordi della
sua attività artistica risalgono ai primi
anni Novanta. Di sé dice: «In un mondo
in cui la realtà è sempre modellata
dall’occhio dell’uomo e i canoni della
femminilità sono imposti dalle sue preferenze,
il mio primo istinto è quello di
rivendicare me stessa, il mio corpo, la
mia sessualità».
fgarzella@yahoo.it
Il vivere ferisce L’albero della vita Imperituro desiderio
FEDERICA GARZELLA
47
Ritratti
d’artista
Mauro Maris
L’arte come ricerca di senso della vita
di Doretta Boretti
Nelle numerose esposizioni, a
partire dalla galleria d’arte La
Medicea in Mugello, alle Giubbe
Rosse, per poi approdare al Gruppo
Donatello con una personale nel
2012, e ancora alle mostre organizzate
dall’associazione Toscana Cultura
oppure tenutesi all’estero, Mauro Mari,
in arte Maris, ha sempre riscosso
numerosi consensi da parte del pubblico
e della critica. L’esperienza professionale
di oltre quarant’anni di
carriera, molti vissuti a fianco del ma-
estro Mario Schifano del quale è stato
amico oltre che allievo, sono stati
determinanti per la sua vita artistica e
personale. Nei suoi quadri dominano
colori molto vivaci e veramente decisi,
pennellate che scavano nella mente
per esprimere una realtà che trascende
l’immaginario e che provoca domande
ineluttabili. Uno stile, il suo, che si potrebbe
definire “astrattismo cosmico”,
come se tutto l’universo fosse dominato
da forze che vanno oltre l’essere
umano, o meglio che governano l’ori-
gine e il prosieguo dell’esistere e dalle
quali l’individuo è dominato. Svelando
attraverso l’opera la propria interiorità
e la personalissima visione escatologico-apocalittica
della vita, Mauro Maris
dona all’osservatore la possibilità di
conoscerlo nel profondo come uomo
e artista, un vero e proprio traguardo
per un pittore, al di là di ogni consenso
critico.
www.mauromaris.it
mauromaris@yahoo.it
MAURO MARIS
49
I libri del
Mese
Nasce un piccolo diario di mamme
e papà in tempo di quarantena
di Erika Bresci
Ci sono parole che hanno più
forza di altre e riescono a fissare
nell’inchiostro sensazioni
e stati d’animo. Ci sono pensieri che
volano liberi e incontrano immagini ed
istantanee che fanno scattare il flusso
delle emozioni che scorre senza fermarsi
anche nel tempo sospeso della
quarantena. Queste parole compongono
delle lettere che nascono, scavando
nell’anima, dal cuore di madri e
padri, rivolte a figli e figlie che non ci
sono più. Si intersecano e si intrecciano
come tessere fino a comporre un
piccolo “mosaico” della vita come lo
può essere un diario. E’ nato, infatti,
un piccolo diario che attraversa un’epoca,
quella vissuta con il lockdown
dettato dal Covid-19, che da Firenze
passa per Mantova fino ad arrivare ad
Amatrice e a Rieti. Parole come coraggio,
speranza, forza, amicizia, ricordo
e voglia di riprendere in mano la vita
raccontano un passato recente e mostrano
uno slancio per il futuro. Le
mamme autrici dei testi sono le stesse
che hanno scritto anche le lettere
ai figli scomparsi raccolte nel libro
Lettere senza confini (ADV Edizioni).
Si tratta di: Paola Alberti, Giovanna
Carboni, Stefania Ciriello,
Laura Cozzi,
Mario Sanna e Gaia
Simonetti. La loro
raccolta è stata depositata
presso l’Archivio
diaristico di
Pieve Santo Stefano,
in provincia di
Arezzo. Il diario ha
il cuore di Laura,
mamma di Mantova,
che scrive alla figlia
Ela: «Durante i primi
giorni mi sono immersa
ancora di più
nella ricerca delle
tue tracce. Ho voluto
utilizzare il tempo di
reclusione in casa per mettere in ordine
degli scatoloni. Erano quelli contenenti
le tue cassette, i tuoi DVD e i
tuoi CD… Troppi ricordi! Ma poi mi
sono tuffata nel tuo mondo e ne sono
uscita alleggerita». E’ anche il cuore
dei genitori di Filippo, che ha perso la
vita nel terremoto di Amatrice. Mamma
Stefania scrive: «Ma il senso di
ansia e di ineluttabile dolore che evocano
le immagini e il distacco dagli
affetti ti propongono altro, un ritorno
al passato. E’ il mio cuore il paese
più straziato dice Ungaretti, ed è
così. Non servono parole, lo conosco
bene il dolore che ti penetra nella carne».
Mario, papà del giovane, traccia
sul foglio il suo pensiero: «La nostra
famiglia si è allargata, ha accolto altre
persone. Oggi sono per noi fratelli e
figli indissolubilmente legati nel nome
di Filippo che è con noi nelle cose di
tutti i giorni, anche se quell’abbraccio
che le sue braccia forti sapevano darti
non lo sentiremo più». Ed ancora,
c’è la riflessione di Gaia sulla “pausa”
forzata imposta dalla pandemia:
«Ci ha fermati nella corsa, ma ci invita
a compiere un viaggio dentro di
noi. “Indosso” un sorriso per donarlo
ai miei genitori che, con il peso degli
anni sulle spalle, si scambiano paure,
incertezze, timori. Inizia un nuovo
tempo. Sapremo coglierlo?». Mamma
Giovanna scrive del suo coraggio
al figlio Mauro: «Dare il meglio di sé
anche quando si presentano delle difficoltà.
Apprezzare quello che ci circonda
e tirar fuori tutto quello che
c’è di bello. Sono ripartita da qui».
Mamma Paola, infine, si pone un interrogativo
nel pensiero rivolto alla
figlia Michela: «Mi domando spesso
se tu fossi qui… quanti bei momenti
avremmo passato nonostante la reclusione
forzata. Poi il pensiero va a
coloro che hanno o stanno perdendo
persone care; l’angoscia di non poterli
vedere né dare loro l’ultimo saluto,
e il tormento mi assale». Gli scritti sono
stati letti in un video postato sulla
pagina Facebook dell’associazione
Il Sorriso di Filippo, dedicata a Filippo
Sanna. Questo diario è un piccolo
“custode” di speranza, quella “cosa
piumata” descritta da Emily Dickinson
che serve per ripartire. Ogni giorno.
Per visualizzare il video:
Associazione Il Sorriso di Filippo
50
UN PICCOLO DIARIO
I libri del
Mese
Oltre il Neorealismo
Il libro-intervista di Gabriella Izzi Benedetti su
Roberto Rossellini
di Erika Bresci
Ho dedicato tutta la mia esistenza
per tentare di fare
del Cinema un’arte utile «agli uomini». Si apre così l’ultima lettera
– che è anche un testamento – rivolta da
Roberto Rossellini al figlio Renzo. Ecco
che allora il titolo del bel libro di Gabriella
Izzi Benedetti già racchiude in sé tutto
il senso di questo progetto editoriale accolto
nella collana Libro verità (anch’esso
spia di un messaggio da seguire) dell’editore
Pagliai. Non un semplice libro biografia,
anche se di Rossellini e della sua
arte si batte il tempo del metronomo per
tutte le prime cento pagine. Non un saggio
sul cinema italiano (e non solo), anche
se se ne seguono le tappe e gli umori
e i manifesti. L’anima del libro sembra appunto
partire da questi noccioli tematici e
spingersi “oltre”. Farsi breccia e approdare,
accomodarsi in quella del lettore. Per
poi scavare. Una intervista-chiacchierata
proprio con Renzo – intima ma al contempo
seria e contrassegnata, impreziosita,
dalle tante pause nelle quali il tempo
di vita di Rossellini si allarga a pennellare
in breve la storia dell’Italia e del mondo
dall’immediato dopoguerra fino agli anni
Settanta – dalla quale emerge tutta la
grandezza di un uomo che ha vissuto il
proprio lavoro come una missione. «La
mia estetica – riporta Izzi Benedetti le parole
del maestro – non è l’estetica del bello
ma l’estetica del giusto e di ciò che è
utile alle teste degli esseri umani per liberarli
dalla retorica e dal banale». Una missione,
si diceva. Operata per tutta la vita
e in diverse forme. Da Roma città aperta,
che dette avvio alla corrente e alla stagione
del Neorealismo italiano, ai successivi
film che ne fanno “il cantore dell’epica di
un tempo antiepico”, ai documentari con
chiaro intento didascalico e che mirano
a quella educazione integrale dalla quale
sola può partire il riscatto dell’umanità
(«per pensare bisogna sapere») e alla finale
curiosità per la televisione – trasformatasi
poi in cocente delusione – quale
strumento innovativo e dalle infinite potenzialità
comunicative ed educative. Fino
al progetto lasciato nelle mani del
figlio Renzo, quell’Enciclopedia universale
audiovisiva che puntava a seguire le
impronte e raccontare le tappe evolutive
della società occidentale. Ma non solo.
Perché – ed ecco il guizzo vero di godibile
originalità di Oltre il Neorealismo, tra
le tante pagine già scritte su Rossellini e
il suo lavoro – è interessante constatare
quanto quell’arte, quell’ispirazione sia
stata vissuta appieno dal grande regista
anche a livello domestico, familiare. Padre
amatissimo (come si scopre dalla testimonianza
dello stesso Renzo e della
sorellastra Isabella), compagno indimenticabile
anche dopo il divorzio (così sarà
per la prima moglie Marcella e poi per Ingrid
Bergman), Rossellini ha la capacità
di trasmettere a chi gli sta accanto questa
passione tracimante, questo desiderio di
partecipazione alla storia dell’umanità, lasciando
comunque che ciascuno intraprenda
il proprio personale percorso per
renderla concreta. Ne è esempio folgorante
proprio Renzo, stessi ideali paterni,
anch’egli votato alla cinefilia ma dall’indole
decisamente più combattiva. Di cui
è possibile seguire, in parallelo, nel libro
esperienza di vita e d’arte. Roberto amante
del dialogo, da una parte, Renzo incline
all’azione, dall’altra. Entrambi comunque
convinti della funzione sociale del proprio
lavoro, dell’“utilità” come valore culturale
imprescindibile.
OLTRE IL NEOREALISMO
51
Uno spazio ideale per mostre, eventi, conferenze,
presentazioni di libri
Il Quadrivio - Galleria d’Arte / Viale Sonnino, 100 Grosseto
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info@galleriailquadrivio.it
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grosseto
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A cura di LUCIA RAVEGGI
A cura di LUCIA RAVEGGI
GALLERIA il Quadrivio
VIAle Sonnino, 100 - Grosseto
GALLERIA il Quadrivio
ORARIO 16.30-19.30
dal lunedì al sabato
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Espongono
SONIA
Espongono
AMBROSO
CATIA ANDREINI
JOANNA
SONIA AMBROSO
ASTON
ALBERTO
CATIA ANDREINI
BERNARDINI
DAVID
JOANNA
BERTI
ASTON
MIRELLA
ALBERTO
BIONDI
BERNARDINI
MAURO
DAVID BERTI
BONINSEGNI
RITA
MIRELLA
BRUCALASSI
BIONDI
ROBERTO
MAURO BONINSEGNI
BRUNETTI
ANTONIO
RITA BRUCALASSI
BRUNO
JULIUS
ROBERTO
CAMILLETTI
BRUNETTI
ALICE
ANTONIO
CAPPELLARI
BRUNO
GABRIELLA
JULIUS CAMILLETTI
CAPPELLETTI
LORETTA
ALICE CAPPELLARI
CASALVALLI
SONIA
GABRIELLA
CECCONI
CAPPELLETTI
SILVANA
LORETTA
CIPRIANI
CASALVALLI
TIZIANA
SONIA CECCONI
FACCENDI
MARIA
SILVANA
GRAZIA
CIPRIANI
FUSI
ELVIRA
TIZIANA
GABBI
FACCENDI
PATRIZIA
MARIA GRAZIA
GABELLINI
FUSI
FRANCO
ELVIRA GABBI
GIOMINI
ANTONELLA
PATRIZIA GABELLINI
GIORDANO
MASSIMO
FRANCO GIOMINI
GOZZI
GIUSI
ANTONELLA
GRAMIGNI
GIORDANO
RAFFAELLA
MASSIMO GOZZI
GUARDUCCI
ANGELA
GIUSI GRAMIGNI
MARIA GUITTO
ALESSANDRO
RAFFAELLA GUARDUCCI
LOMBARDI
ROBERTO
ANGELA MARIA
LORETO
GUITTO
ALESSANDRO LOMBARDI
ROBERTO LORETO
NICOLETTA MACCHIONE
TIZIANA MACCIONI
GIUSEPPINA
NICOLETTA MACCHIONE
MAESTRELLI ( PEPPETTA)
STEFANIA
TIZIANA MACCIONI
MAFFEI
CARMEN
GIUSEPPINA
MANCA
MAESTRELLI ( PEPPETTA)
ROBERTO
STEFANIA
MARTIGNONI
MAFFEI
MAURIZIO
CARMEN MANCA
MASINI
ANTONELLA
ROBERTO MARTIGNONI
MEZZANI
ELENA
MAURIZIO
MIGLIORINI
MASINI
MANUELA
ANTONELLA
MORANDINI
MEZZANI
IVANA
ELENA
NICCOLAI
MIGLIORINI
ANNA
MANUELA
NIGRO
MORANDINI
LUCA
IVANA
NOSSAN
NICCOLAI
LUCIANO
ANNA NIGRO
PANCANI
LUCIO
LUCA NOSSAN
PARIGI
CHIARA
LUCIANO
PICCARDI
PANCANI
CINZIA
LUCIO PARIGI
PISTOLESI
CKRISTINA
CHIARA PICCARDI
POPLITSKAIA ( KRISTIPO)
ANNA
CINZIA
RICCERI
PISTOLESI
GUICCIARDINI
MARCO
CKRISTINA
ROSADONI
POPLITSKAIA ( KRISTIPO)
MARIELLA
ANNA RICCERI
ROSSI
GUICCIARDINI
TONELLI
RICCARDO
MARCO ROSADONI
SALUSTI
CLAUDIO
MARIELLA
SECCIANI
ROSSI TONELLI
LAURA
RICCARDO
SPETTU
SALUSTI
ROSY
CLAUDIO
SPOTO
SECCIANI
SIMONA
LAURA SPETTU
TESI
VALTER
ROSY SPOTO
VIANI
SIMONA TESI
VALTER VIANI
22 SETTEMBRE
4 OTTOBRE 2020
22 SETTEMBRE
4 OTTOBRE 2020
INAUGURAZIONE
sabato
26 SETTEMBRE
ORE sabato 11.00
26 SETTEMBRE
ORE
Presenta:
11.00
INAUGURAZIONE
Fabrizio Borghini
Presenta:
Fabrizio Borghini
Riprese televisive
Riprese televisive
Ritratti
d’artista
Sergio Rinaldelli
Un artista tra immagini e parole
Testo e foto di Giancarlo Bianchi
Del pittore e mio caro
amico Sergio Rinaldelli
ricordo le
illustrazioni grafiche per le
edizioni di Hellas, di cui sono
stato segretario di redazione,
le copertine per Il
giornale del Cennatoio, le
prime testate della rivista
Feeria e il logo che ha disegnato
per la collana di Novecentopoesia:
L’altana creata
e diretta da Franco Manescalchi.
La sua intensa attività
è documentata presso
il Kunsthistorisches Institut
di Firenze, la Biblioteca
nazionale centrale, l’Istituto
olandese di Storia dell’Arte
a Firenze, la Biblioteka Jagielonska
di Cracovia (Polonia)
e la Biblioteca Marucelliana. Di
recente ho potuto leggere le sue ultime
fatiche: due libri pubblicati da una
casa editrice raffinatissima, la Petite
plaisance (www.petiteplaisance.it)
di Pistoia, proprio come il nome della
casa di legno appartenuta a Marguerite
Yourcenar sulle rive dell’Oceano
Pacifico a Mount Desert Island. Non
ho resistito e ho letto subito d’un fiato
le centoventisette pagine del primo
diario che vanno dal 2000 al 2018, un
viaggio nelle profondità della sua anima,
un dono prezioso dal titolo Come
una foglia a primavera. Pagine di diario
2000-2018, per poi leggere successivamente
Vento di sogni. Note di pittura
1976-2012, un volume dedicato interamente
alla pittura, un magico risveglio
in una luce nuova, gemme purissime,
con in copertina una sua opera ad olio
realizzata su faesite dal titolo Vento di
sogni sulla parete antica, una parete,
aggiungo io, forse del suo hortus conclusus.
Riporto di seguito brevi stralci
tratti dal primo volume: (...) gli abeti
piantati a rimboschire quel tratto sono
talmente alti e folti da ombreggiare
Giancarlo Bianchi e Sergio Rinaldelli con l’opera Alba indiana (1992) dipinta da quest’ultimo
quasi tutto il sentiero, prima in pieno
sole, creando una gradevole frescura
(pag.12); (...) del mio passaggio terreno
lascerò un’esile traccia in dipinti e
scritti di valore certo trascurabile, ma
ben più importante sarà il lavoro a essi
sotteso, che avrò fatto per la mia anima
soltanto (pag. 95); (...) a sera, nello
studio inondato dell’ultima luce, il gregoriano
sereno e sublime del “Veni creator
spiritus” mi strappa calde lacrime
(pag.105); (...) vivere appartati, secondo
il precetto del filosofo, nella vita come
nell’arte. Un motto che è divenuto
pian piano prassi quotidiana. Non so se
mi abbia più favorito che danneggiato,
ma ho potuto conservare la cosa più
importante, la mia libertà (pag.112).
Come una foglia a primavera è un libro
prezioso che giunge puntuale e
con una copertina raffinatissima, Giardino
giapponese, un suo olio su tavola
esposto alla galleria La soffitta di Sesto
Fiorentino nella recente personale
dal titolo Eleganti armonie. Oggi, Sergio
Rinaldelli ha abbandonato il figurativo
per approdare ad una pittura di
tipo simbolico - astratto; ne ha fatta di
strada, una strada lunga nel tempo. Riporto
di seguito un breve stralcio tratto
da un intervento che scrissi per un suo
catalogo del 2007 curato dall’architetto
Giampaolo Trotta: «Riaffiorano come
per incanto, nelle sue opere, colori
eterni giunti insieme a sacra brezza, la
stessa che muove il cosmo infinito, i
messaggi, sempre attuali nelle loro varianti,
sono dono gratuito di colui che
dimora fin dalla notte dei tempi nella
nostra parte incorruttibile». Come
lo stesso Sergio scrive a pagina 9 del
secondo volume: «Tutto parlava di un
qualcosa di più grande, di un’idea sublime
calata nella forma, di un anelito
a un mondo lontano, forse irraggiungibile».
Ma, aggiungo io, che egli oggi ha
raggiunto in maniera egregia. Concludo
con le parole di James Hillman: «L’anima
media gli eventi, è quella componente
sconosciuta che rende possibile il
significato. Che trasforma gli eventi in
esperienze e che rende i significati densi,
amabili ed emozionanti. E’ il crogiuolo
di ogni fantasia, è la fucina dei sogni».
Proprio come la sua pittura, da sempre
in contatto con l’anima del mondo.
SERGIO RINALDELLI
55
ArtTour
International
Viviana Puello
Fondatrice di ArtTour International e del premio ATIM’S
Top 60 Masters, è tra i personaggi più influenti nel
mondo dell’arte contemporanea internazionale
di Tyler Pensce (traduzione dell̓ articolo già pubblicato su Kivo Daily)
Viviana Puello
Molte persone pensano all’arte
come ad una forma di svago.
C’è chi come Viviana Puello e
il suo team dimostrano invece che l’arte
ha una funzione ben più seria di quella
ricreativa; è un mezzo per promuovere
iniziative da cui possono scaturire cambiamenti
importanti per la collettività.
Viviana Puello è fondatrice e CEO di
ArtTour International, società multimediale
che offre agli artisti di tutto il mondo
una piattaforma dove promuovere le
proprie opere. Oltre al sito web e alle pagine
social, ArtTour International si avvale
di una rivista e di una trasmissione
televisiva che va in onda ogni giovedì alle
17:30 a New York, attraverso MNN-HD
Spectrum 1993, raggiungendo il pubblico
di oltre quaranta paesi del mondo,
con più di dieci milioni di spettatori ogni
settimana. Anche la rivista vanta grandi
numeri, con due milioni di persone abbonate
alle versioni digitale e cartacea.
Per quanto riguarda invece i profili social,
sono duecentomila e più i follower
raggiunti negli anni. La lunga esperienza
maturata da Viviana Puello con ArtTour
ha portato alla nascita di una pubblicazione
annuale intitolata ATIM’S Top 60
Masters, che riunisce sessanta artisti di
diverse nazioni per promuovere la pace
nel mondo. Diretto da Viviana Puello e
da Alan Grimandi, pluripremiato cineasta
italiano suo partner lavorativo oltre
che marito, il Top 60 Masters di ATIM è
diventato uno dei premi più prestigiosi
dell’arte internazionale. Quest’anno si è
svolta la nona edizione con opere selezionate
tra oltre tremiladuecento artisti,
avendo come tema la discriminazione
razziale e il sostegno al movimento Black
Lives Matter, che ha subito un’accelerazione
dopo l’ingiustizia commessa dalla
polizia nei confronti di George Floyd.
La copertina del numero di quest’anno
è dedicata all’artista Patricia Karen Gagic
con l’opera astratta intitolata Fuga verso
la realtà, mentre all’interno è recensita
l’opera di artisti come LeRoi, Cher Anderson,
ALBY ed altri. Di Viviana Puello
e della sua attività hanno parlato CBS
News, Medium, ABC, Fox, The NY Weekly,
The Washington Post, LA Wire, NY
Wire, The American Reporter e molti altri
canali televisivi e riviste. Lo scorso mese,
il New York Weekly l’ha inserita nella
lista dei venti più influenti personaggi da
seguire su Instagram nel 2020.
www.vivianapuello.com
www.arttourinternational.com
56
VIVIANA PUELLO
ArtTour
International
Patricia Karen Gagic
Artista dell’anno 2020 secondo la rivista ArtTour International
di Viviana Puello
Twilight zone, acrilico, cm 48x60
Nell’ultimo numero della rivista
ArtTour International è
stato reso noto il nome della
vincitrice del premio Artist of the Year
2020, ormai diventato uno dei riconoscimenti
più prestigiosi nel mondo
dell’arte internazionale di cui hanno
parlato importanti organi di informazione
negli Stati Uniti come New York
Weekly, NBC, Fox, The USA Reporter.
Quest’anno il premio è stato assegnato
a Patricia Karen Gagic, artista internazionale
impegnata in ambito umanitario
ed apprezzata per lo stile astratto da
lei definito “rivoluzione karmica”. I suoi
dipinti riflettono l’intensa connessione
con il mondo che la circonda e, in particolare,
con l’ambiente naturale, grazie
soprattutto all’impatto emotivo del
colore. L’opera di Gagic si fonda sull’equilibrio
tra intense tavolozze di colori
audaci e toni neutri che rendono ogni
suo dipinto potente e rilassante allo
stesso tempo, permeato da un silenzio
profondo che è possibile sperimentare
soltanto in natura. Artista di fama internazionale,
con numerose mostre nel
mondo, le è stata conferita la medaglia
per la pace YMCA ed è stata riconosciuta
da WXN (Women’s Executive
Network) come una delle cento donne
più potenti del Canada. Ha ricevuto il
premio BMO Arts and Communication
nel 2015, il Royal Bank Champion nel
2016 e il BMO Arts and Communication
nel 2017. Nel 2018, è stata inserita
nella WXN Hall of Fame. Nel 2007 ha
fatto parte della commissione d’onore
alla Biennale di Venezia per rappresentare
l’opera di Adi Da Samraj. In quanto
vincitrice del premio Artist of the Year
2020, il suo nome è stato inserito
nell’ArtTour International’s Top 60 Masters
list dell’anno.
www.atimtop60masters.com
www.patriciakarengagic.com
Cosmic moment, acrilico, cm 48x60
Impermanence, acrilico, cm 48x60
PATRICIA KAREN GAGIC
57
ArtTour
International
Kimberly Berg
Un pittore dalla parte delle donne
di Yadira Roman
Mandala, pastello
Kimberly Berg è un artista
americano che evidenzia
il potere e la grazia della
donna attraverso immagini sorprendenti.
Si serve della figurazione
come strumento per comunicare
le sue convinzioni e la sua presa
di posizione in difesa dei diritti
delle donne. Le opere di Berg sono
prevalentemente figurative e incorporano
un disegno realistico che
funge da spina dorsale della composizione;
inoltre, l’assenza di uno
sfondo sovraccarico rende la figura
unica protagonista dell’opera. La
tavolozza si concentra su toni scuri
e freddi che esaltano l’atmosfera
mistica, uno degli elementi principali
del suo lavoro, insieme alla
ricerca dell’essenza femminile radicata
nell’essere umano. Di sé parla definendosi
un “artista femminista” che
desidera esprimere sia la bellezza della
donna che il misticismo connesso
simbolicamente al femminile. Del colore
si serve per collegare l’osservatore
agli elementi naturali rappresentati
nei suoi dipinti. Con grande maestria
e conoscenza della tecnica, raffigura
la donna mostrandola sensuale, libera,
consapevole di se stessa e del proprio
ruolo nella storia e nella società.
Un modo per onorare il femminile in
tutta la sua magnificenza.
Per informazioni:
http://www.isisrising.net/berg_html/
Berg_contact.html
Genesis III, pastello
Mandala, pastello e inchiostro
58
KIMBERLY BERG
ArtTour
International
Ric Conn
L’universo femminile tra colori e simboli
di Tiarra Tompkins
Ric Conn, pluripremiato pittore
americano stilisticamente
legato all’Espressionismo
sia tradizionale che contemporaneo,
si avvale della luce per conferire alle
immagini una dimensione simbolica
legata all’universo femminile. Il suo
obiettivo è comunicare l’essenza del
coraggio e della bellezza delle donne,
contro la disuguaglianza e i pregiudizi
che le donne ancora oggi devono affrontare
nella società contemporanea.
L’artista pone in rapporto realtà e percezione,
utilizzando una tecnica relativamente
“convenzionale” con colori
acrilici e ad olio, inchiostri, gouaches
e carboncino. Spesso nei suoi dipinti
sono presenti figure di animali da interpretare
in chiave simbolica, mentre
le donne, ritratte vividamente con
le loro silhouette, incarnano emozioni
profonde e la connessione universale
tra gli individui. Conn si serve di ombra,
luce e profondità per rappresentare
vari punti di vista ed espressioni
della sessualità, con l’intento di smascherare
gli stereotipi che le donne devono
“rispettare” per essere accettate
dalla società. «Credo nell’uguaglianza
− afferma l’artista − e voglio che il mio
lavoro lo rifletta. Le storie nei miei dipinti
sono situazioni che possono capitare
a chiunque. Le dipingo dal punto
di vista femminile perché, purtroppo,
le donne sono ancora maltrattate. Dato
che sono un uomo e i soggetti dei miei
quadri sono le donne, cerco di sottolineare
il valore della parità di genere
parlando anche di storie che mi sono
accadute personalmente».
www.ricconn.com
Phoenix, tecnica mista, cm 36x24
Woman in blue, tecnica mista, cm 40x30
RIC CONN
59
Simone Masetto Maghe
L’artista del velluto protagonista da
Degusta ad Ortimino
Opere dallo stile inconfondibile prossimamente
in mostra anche a Firenze
di Serena Gelli
Inaugurato a fine luglio in via Volterrana
Sud 94 a Ortimino, Degusta è un locale
che nasce come vendita diretta di vini, salumi
e olio extra vergine dell’azienda agricola
Le Fonti a San Giorgio di Montespertoli (via
Colle San Lorenzo 16). Oltre ai classici taglieri
di salumi e formaggi, è possibile personalizzare il panino o la schiacciata con affettati, formaggi,
salse e verdure biologiche sempre prodotte in loco. Per gli amanti dei piatti tipici toscani, c’è anche
il panino con lampredotto o trippa. Non manca una proposta di dolci, tra cui cantucci fatti in casa,
torte e crostate. Insieme agli ampi spazi interni, il locale si compone anche di un cortile esterno con
tavolini, divanetti, botti e sgabelli, in una cornice in pieno stile toscano che si integra perfettamente
con le campagne di Montespertoli.
Da settembre Degusta ospita per
la prima volta una mostra di arte
contemporanea. Un modo per
ampliare l’esperienza sensoriale
dei clienti invitandoli ad immergersi
nei dipinti su velluto dell’artista
veneto Simone Masetto Maghe.
La peculiarità del velluto di catturare
la luce, la consistenza e l’effetto
della sua qualità tattile aiutano l’artista
a creare movimento in seguito
alla decolorazione e alla successiva
applicazione di foglie oro, argento,
rame e acrilici iridescenti,
Foglia (2017), acrilico e candeggina su velluto, cm 80x40
con il ricorso anche ad abrasioni
e spray. Una tecnica che modifica
forma e colore del tessuto per
dare luogo a movimenti che fanno
pensare allo spazio cosmico, alle
galassie, alle costellazioni. Nelle
opere di Simone Masetto Maghe,
materia e memoria si fondono
per liberare i limiti dello sguardo
e farlo dialogare con la natura. Il
velluto diventa così metafora
di un territorio spirituale, luogo
dove tempo e spazio si annullano
e tutto decade per tornare all’origine.
Non più tessuto “elitario”,
quindi, ma medium espressivo
immerso nella contemporaneità,
mescolando influenze dell’espressionismo
astratto, della fiberart e
della street art. Nell’elegante con-
Divano Maghe, progetto per l'azienda Alessandro Bini Tessuti d'Italia
Cielo e Terra, dittico (2016), cm 40 e cm 40x50
Simone Masetto Maghe
trasto di colori e materia rivive, infatti, il dualismo dei nostri giorni, tra ciò che viviamo in modo
veloce e i rari attimi che riusciamo a isolare e assaporare lentamente.
Artista di grande talento e potenzialità, Masetto Maghe si distingue oltre che per le capacità tecniche
e la scelta di valorizzare un tessuto pregiato che fa parte della tradizione Made in Italy, anche per la
sua ricerca spirituale: per lui la materia è solo una forma in cui si riflette una parte di un tutto che
non riusciamo a visualizzare e contenere. «Nel processo di decolorazione del velluto inteso come
luogo di transizione tra finito e infinito − afferma l’artista − cerco il primordiale legame tra uomo e
dimensione spaziale.
Il passaggio dalla pittura alla decolorazione su velluto è avvenuto in un momento preciso del suo
percorso ed è sintesi di molteplici esperienze maturate nel tempo.
Dopo un decennio trascorso a Milano, nel 2017 si trasferisce
a Montespertoli, sui colli fiorentini. Qui, ispirato dal paesaggio
toscano e dalle opere dei maestri rinascimentali, inizia a dipingere
sul velluto elementi naturali, quali alberi, piante, foglie, fiori
e insetti, simboli nei quali scrutare il significato della vita. Collabora
con alcune aziende fiorentine molto attente alla fusione
tra arte, moda e interior design, come Alessandro Bini Tessuti
d’Italia a Montespertoli
Degusta
Via Volterrana Sud 94, 50025, Località
Ortimino-Montespertoli (FI)
+ 39 0571 674326
degusta.lefonti
Simone Masetto Maghe
+ 39 3398239178
simonemasettomaghe@gmail.com
Simon Masetto Maghe
simon_maghe_vellutoitaliano
https://issuu.com/simonemasettomaghe
Per visualizzare le opere dell’artista,
inquadrare i QR code:
e la pelletteria artigiana
BisBag a Scandicci. Allievo
del maestro d’arte
Giuseppe Pope Galli, è
diplomato in Tessitura
all’Istituto d’Arte di Venezia
e all’Accademia
di Belle Arti di Brera alla
cattedra dei maestri di
pittura Nicola Salvatore
e Omar Galliani. Tiene
percorsi di crescita
personale e laboratori
esperienziali artistici
per bambini e adulti.
Iusus Naturae n°1 (2017), acrilici e candeggina
su velluto, cm100x150
Profili Social Velvet in Motion 2020
Dal 19 settembre al 3 ottobre 2020,
le opere di Simone Masetto Maghe
saranno in mostra presso la galleria
di arte moderna e contemporanea La
Fonderia di Niccolò Mannini in via
della Fonderia 42r a Firenze.
+ 39 055 221758, www.galleriafonderia.com
Sport e
solidarietà
Guglielmo Braccesi
Il ciclista mugellano supera la sfida dell’Everesting per
un’iniziativa benefica
di Aldo Fittante / foto courtesy Guglielmo Braccesi
Epoi decidi di provare
a superare un limite,
un’asticella virtuale «(…)
che ti sei imposto. Decidi di farlo per tua
soddisfazione personale, non lo nego,
ma soprattutto per far “rumore” e per
incitare le persone a fare una piccola o
grande donazione in favore dell’Ospedale
del Mugello, per portare un piccolo
contributo a chi, infaticabilmente, lavora
per tutti noi, in favore di chi ha vissuto
due mesi di lockdown senza tutti gli adeguati
presidi sanitari che gli avrebbero
garantito per lo meno la propria salute.
Pensi che le tue 20-24 ore di estenuante
pedalata siano nulla in confronto agli
estenuanti due mesi di lavoro che hanno
affrontato gli angeli della sanità. E allora
metti su la tua macchina organizzativa, ti
prepari nei mesi del lockdown pedalando
sui rulli in terrazza e dopo, una volta
riaperte le strade ai ciclisti, vai su e giù
per l’Appennino, cercando ogni volta di
fare giri sempre più lunghi». E’ così che
il ciclista mugellano Guglielmo Braccesi,
nella vita geologo, descrive l’impresa
che lo ha visto protagonista lo scorso
agosto: scalare in solitaria e in bicicletta
un dislivello pari all’altezza dell’Everest
per raccogliere fondi da destinare all’Ospedale
del Mugello. Una sfida sportiva,
quindi, ma anche un’iniziativa benefica
alla quale Braccesi ha pensato in seguito
non solo all’emergenza sanitaria ma
anche ad alcune esperienze personali,
come lui stesso racconta: «Nell’ultimo
anno, a causa di due brutti incidenti in
bicicletta, sono stato ospite del “nostro”
ospedale, dove ho trovato del personale
competente, gentile e instancabile che
non ho avuto modo di ringraziare abbastanza
per l’impegno. In questo periodo
di pandemia un caro amico e compagno
di pedalate purtroppo è stato colpito dalla
malattia e, nel suo trascorso ospedaliero,
mi ha raccontato delle sue tante
sofferenze e della paura vissuta. Spero
che questo gesto generi un’ulteriore ondata
di generosità nella gente, nel popolo
mugellano, per aiutare alla fine se stesso».
Quanto al percorso scelto − 222 km
da percorrere, 9000 metri di dislivello e
circa 22 ore per portarlo a termine − il
ciclista chiarisce invece: «L’Everesting è
una manifestazione riconosciuta in tutto
il mondo attraverso un’associazione
internazionale che prevede la scalata in
solitaria con la bicicletta di un dislivello
uguale all’altezza dell’Everest (8848 m),
da compiersi in un’unica uscita non stop.
Con la bicicletta da corsa l’hanno fatta in
molti, pedalando instancabilmente per
15-20 o più ore di seguito. In mountain
bike invece no, perché un percorso fuoristrada
è molto più impegnativo di uno su
strada, sia in termini di pendenze, sia in
termini di sicurezza. Ovviamente la mia
scelta è ricaduta sulla mountain bike,
sia perché mi piacciono le sfide, sia perché
la mountain bike è stato il mio primo
amore a pedali, sia perché il Monte Giovi,
che è sopra casa mia, è percorribile
solo in fuoristrada». Braccesi è riuscito
nella sua impresa circondato dall’affetto
e dal supporto di quanti, amici o sem-
Guglielmo Braccesi
plici sconosciuti, lo hanno sostenuto in
questa iniziativa: «Ringrazio l’infaticabile
Stefania Bartolozzi, Hidde Heydendael,
Raffaello Braccesi, Suphamat Belli, Marta
Carlesi e Vittorio Braccesi, tutte persone
che hanno passato la notte svegli per
seguirmi durante la prova e, più in generale,
ringrazio tutti coloro che per sostenere
la mia causa benefica si sono privati
di un caffè o di una pizza. So che qualcuno
si è privato di molto di più. Ma non è
la cifra che fa l’importanza del gesto, ma
il gesto in sé. Un ringraziamento a tutti
i gruppi ciclistici mugellani e non solo,
che oltre a fornirmi una loro maglia a dimostrazione
dell’unione nell’importanza
degli intenti, si sono adoperati per aiutarmi
a raccogliere qualche soldino. Infine
un ringraziamento speciale a tutti quelli
che hanno passato due giorni insieme a
me, regalandomi la possibilità di portare
a termine questa prova».
Per donazioni all'Ospedale di
Borgo San Lorenzo:
IBAN IT18A0306902887100000046034
Causale: DONAZIONE EMERGENZA CO-
VID -19 - EVERESTING
62
GUGLIELMO BRACCESI
Musica &
solidarietà
Antonella Gori
L’insegnante del sorriso contro la pandemia
di Serena Gelli
Antonella Gori, cinquantacinquenne
empolese insegnante di
yoga della risata, in questi mesi
della pandemia ha ideato una filastrocca
animata diventata virale sui social
che spiega ai bambini cos’è il Coronavirus
e quali sono le regole da rispettare.
Il suo obiettivo è ridare il sorriso
ai bambini attraverso immagini e parole
che facciano capire loro in maniera
semplice come affrontare la pandemia.
A questo proposito spiega: «Ho pensato
di creare una filatrocca fatta di immagini
divertenti perchè i bambini sono
i soggetti più colpiti da questa situazione.
Ho voluto quindi servirmi della fantasia
per sdrammatizzare quanto sta
accadendo». Antonella coltiva l’amore
per il disegno fin da piccola: «Quando
da bambina c’era qualcosa che mi
faceva sentire a disagio − racconta −,
correvo in camera mia e mi mettevo a
disegnare; l’arte mi aiutava a sentirmi
meno sola e a trasferire le mie emozioni
sul foglio». Anche per questo motivo
ha voluto essere al fianco dei bambini,
cercando di restituire loro il sorriso.
Oltre al disegno, altra sua passione
è l’insegnamento dello yoga della risata.
«Ho incontrato questo tipo di yoga in
un momento particolare della mia vita,
quando il mio corpo mi stava dando dei
segnali di dolore. Non capivo bene cosa
mi stesse succedendo e cosa mi volesse
comunicare il mio corpo. Una mattina,
mentre facevo colazione, mi colpì
un articolo che parlava dello yoga della
risata; iniziai a leggere e più andavo
avanti più vedevo scorrermi davanti agli
occhi tutta la mia vita, mi rividi bambina
con una gran voglia di ridere come tutti
i bambini, ma obbligata a non farlo perchè
ridere non era una cosa lecita, corretta
e decorosa». Da allora, ha seguito
dei corsi ed è diventata insegnante di
questa disciplina che fa capire alle persone
l’importanza e il valore terapeutico
della risata. «Ridere fa bene al fisico
e alla mente − chiarisce Antonella −, ed
è proprio questo che cerco di insegnare
con lo yoga della risata».
Antonella Gori laughtercoach
Smile freeeee
Antonella Gori
ANTONELLA GORI
63
Storia delle
Religioni
A cura di
Stefano Marucci
Riflessioni su Santa Teresa di Calcutta
di Valter Quagliarotti
2^ parte
L’opera di Santa Teresa di Calcutta
rappresenta la risposta all’amore
di Gesù Cristo; può essere
considerata l’icona della missione del
XXI secolo e l’esempio della Chiesa dopo
il Concilio: tenere insieme contemplazione
di Cristo e azione nel mondo,
tradizione e sviluppo. La spiritualità delle
Missionarie della Carità, così com’è
stata sviluppata da Madre Teresa, è essenzialmente
cristocentrica. Infatti, sulle
orme di Gesù, le Missionarie della Carità
portano la buona novella dell’amore di
Dio agli uomini; come Gesù, esse vanno
in giro facendo del bene e in cerca dei
Santa Teresa di Calcutta
bisognosi. Nel suo insegnamento spirituale,
la Madre pone in risalto l’umiltà di
Gesù, che non solo dona, ma giunge anche
a chiedere, come nell’episodio della
Samaritana. Cristo è l’esempio perfetto
d’amore che le suore devono cercare di
imitare. Quando si recò a Cambridge per
ricevere dal principe Filippo la laurea honoris
causa in Teologia, un giornalista le
chiese: «Cos’è che l’ha indotta ad iniziare
la sua missione, che l’ha ispirata e sostenuta
durante tutti questi anni?». La
Madre rispose: «Gesù». Il giornalista rimase
sconcertato. Ma per lei questa sola
parola era sufficiente per riassumere
tutta la sua vita, a spiegare la sua fede e
le sue imprese. Tutto era dovuto a Gesù,
ogni suo sforzo e ogni sacrificio erano
per lui. E’ nell’eucaristia che Madre Teresa
vede la suprema manifestazione
d’umiltà da parte di Gesù: «Il significato
dell’eucaristia − afferma la santa − è
nella comprensione dell’amore. Cristo
ha compreso che abbiamo una terribile
fame di Dio, ha compreso che siamo
stati creati per essere amati». Nell’eucaristia,
quindi, Cristo ci mostra ciò che
dobbiamo essere e ci dà la sua grazia
per diventare come lui ci vuole. La Madre
ha scelto una povertà molto rigida,
proprio ad imitazione di Gesù. Le Missionarie
della Carità, infatti, non possiedono
nulla, vivono di ciò che ricevono,
sono pronte a mendicare quando hanno
bisogno di cibo per sé e per i poveri.
La povertà le unisce a Gesù, le rende
simili a lui. Possiedono soltanto due sari,
uno da indossare e l’altro per il cambio;
per spostarsi vanno a piedi o usano
i mezzi più economici, come tram o bus.
In altre parole, vivono in assoluta povertà,
nello spirito del Vangelo e ad imitazione
di San Francesco. Anche per questo
motivo Madre Teresa è stata definita la
“santa dei poveri“. Nessuno più di lei ha
toccato da vicino, in tutte le periferie del
mondo, emarginazione, miseria e disperazione.
Più volte, la santa ha definito il
bambino non ancora nato e minacciato
di essere abortito come “il più povero tra
i poveri“. Quando nel 1985 parlò all’Assemblea
generale delle Nazioni Unite
disse: «Il più grande distruttore della pace
oggi è l’aborto, perché è una guerra
diretta, un omicidio commesso dalla madre
stessa. Se accettiamo che una madre
possa sopprimere il frutto del suo seno,
che cosa ci resta? L’aborto mette in pericolo
la pace nel mondo». Occorre notare
che l’espressione “se accettiamo”
sta a significare che il male supremo non
è quello della madre che abortisce, ma
della società che considera l’aborto come
un segno di emancipazione e civiltà.
64
SANTA TERESA DI CALCUTTA
A cura di
Laura Belli
Speciale
Pistoia
Il Cammino di San Bartolomeo
Un percorso tra natura e storia da Fiumalbo a Pistoia
di Laura Belli
Il Cammino di San Bartolomeo è un
percorso di circa cento chilometri
quasi interamente sulla montagna pistoiese
e si snoda da Fiumalbo a Pistoia
per lo più lungo sentieri o strade bianche.
Non presenta particolari difficoltà e, con
prudenza, è fruibile anche da famiglie con
bambini. Si tratta di un itinerario ricco di
suggestioni paesaggistiche e testimonianze
storiche e religiose che unisce due luoghi
dedicati al culto di San Bartolomeo.
Inizia, infatti, in Emilia, a Fiumalbo, davanti
alla parrocchia dedicata al santo, attraversa
i territori di Abetone, Cutigliano, Piteglio,
San Marcello e si conclude a Pistoia
di fronte alla splendida chiesa di San Bartolomeo
in Pantano. Fu inaugurato il 24
agosto 2015, festa di San Bartolomeo, ma
l’idea di valorizzare questo percorso, che
in buona parte del tracciato ricalca la via
Romea Longobarda, è nato dal rinnovato
interesse per i cammini ispirati al celebre
cammino di Santiago di Compostela e
alla rivalutazione del pellegrinaggio come
metodo di ricerca interiore e strumento di
pace e incontro, indipendentemente dalle
convinzioni religiose. Il percorso si sviluppa
in cinque tappe lungo le quali si possono
trovare punti di accoglienza, ristoro
e pernottamento: prima tappa, Fiumalbo-Cutigliano,
sei ore, ventitré chilometri;
seconda tappa, Cutigliano-Ponte di
Castruccio, quattro ore, quattordici chilometri;
terza tappa, Piteglio-Pontepetri, sei
ore, venti chilometri; quarta tappa, Pontepetri-Spedaletto,
quattro ore, quattordici
chilometri; quinta tappa, Spedaletto-Pistoia,
sei ore, ventiquattro chilometri. Il logo
del Cammino si ispira a un elemento decorativo
della facciata della chiesa di San
Bartolomeo in Pantano e ricorda il simbolo
del labirinto. Nell’antichità il labirinto
simboleggiava il caos e la necessità di
imporgli un ordine. Occorrono coraggio
e intelligenza nel percorrere quella via sinuosa
dall’inizio alla fine che da sempre
nelle diverse culture parla della rischiosa
complessità del mondo, di bene e male,
di perdizione e redenzione. Per il devoto
percorrere il labirinto significa compiere
un viaggio intensamente spirituale. San
Bartolomeo fu uno dei dodici apostoli e si
tende ad identificarlo con Natanaele, nativo
di Cana in Galilea. Dopo la resurrezione
di Gesù, Bartolomeo iniziò con gli altri
apostoli la missione evangelizzatrice. Subì
il martirio intorno al 60 d.C. ad Albanopolis
in Armenia: la tradizione più diffusa
vuole che egli sia stato spellato vivo; infatti,
nell’iconografia classica appare tenendo
in mano la propria pelle sanguinante
come nell’immagine dipinta da Michelangelo
nella Cappella Sistina. Fu venerato in
particolar modo dai Longobardi e le sue
reliquie hanno avuto una storia molto movimentata
e non del tutto certa. Furono recuperate
dal principe longobardo Sicardo,
che nell’838 le fece trasportare a Benevento,
dove un progetto ambizioso vorrebbe
far terminare in futuro il cammino. E’ importante
notare che fu proprio un nobile
longobardo, Gaidoaldo a iniziare la costruzione
della chiesa di San Bartolomeo in
Pantano a Pistoia dove tuttora, nel giorno
dedicato al santo, si celebra la festa della
benedizione dei bambini, particolarmente
cara ai pistoiesi che per l’occasione mettono
al collo dei loro piccoli la “corona di
San Bartolomeo” realizzata con grossi biscotti
di pasta frolla chiamati “pippi”, alternati
a confetti e cioccolatini. Una golosità
tipicamente pistoiese.
www.camminodisanbartolomeo.com
La chiesa di San Bartolomeo
in Pantano a Pistoia
La “corona di San Bartolomeo” realizzata con biscotti di pasta
frolla chiamati “pippi” e indossata dai bambini durante la festa
dedicata al santo a Pistoia (ph. courtesy discoverpistoia.it)
Una delle tappe con il segnavia recante il
logo-simbolo del Cammino di San Bartolomeo
(ph. courtesy camminiditalia.org)
IL CAMMINO DI SAN BARTOLOMEO
65
presentano
Artigianato è Arte
Mostra di
pittura, scultura e artigianato artistico
11 - 15 settembre 2020
Vecchia Propositura - Scarperia
La mostra resterà aperta ad ingresso
libero tutti i giorni con orario:
9,30 - 13,00 e 14,30 - 20,00
Claudio Barbugli
Valentino Bini
Fiorella Braccini Del Lungo
Beatrice Brandini
Atelier Giuliacarla Cecchi
Alfredo Correani
Renzo Del Lungo
Antonella Lucchini
Espongono:
Marco Maffei
Mario Meoni
Miriana Paolucci (allieve Laboratorio Arte Achillea)
Roberto Romoli
Omero Soffici
Achillea Spaccazocchi Bianchi
Maria Teresa Tronfi
Raniero Vettori
Curatore e organizzatore della mostra: Renzo Del Lungo
Collaboratore e supporto all’organizzazione: Alessandro Belli
A cura di
Franco Tozzi
Toscana
a tavola
La ribollita, ieri e oggi un piatto
della tradizione toscana
di Franco Tozzi
Le origini della ribollita si perdono
nella notte dei tempi delle campagne
della Tuscia e la versione
attuale è frutto di continue modifiche ed
alterazioni, legate all’arrivo, nel corso dei
secoli, di nuovi prodotti. Troppe persone
oggi confondono la minestra di pane con
la ribollita; in verità la minestra di pane
nostrana alla contadina è la madre della
ribollita, diciamo ne è la base, va da sé
che poi ogni autore abbia elaborato una
sua teoria che va dalle focacce posate su
taglieri ed usate come piatto nelle mense
dei signori, messe dai servi in un paiolo
insieme alle verdure facendo ribollire
il tutto fino alla più semplice ipotesi che
è quella della più antica zuppa mangiata
dai contadini toscani, sempre sul fuoco,
pasto strettamente legato ai ritmi delle
stagioni ed ai prodotti della terra. Certamente
quella di allora non sarebbe così
gradita ai nostri palati come lo è quella
di oggi, pensate agli ingredienti origina-
li: pane raffermo, ma non quello bianco
o quello di oggi cosiddetto scuro, allora
era scuro davvero, fatto con abbondante
crusca, orzo, segale, miglio ed altre granaglie
e poco grano, riservato al pane per
signori e cittadini; aggiungetevi gli scarti
del cavolo (o se avevate fortuna un cavolo
intero), i fagioli con l’occhio o fagiolo
dorico (giunti dalla Grecia al tempo dei
romani, perché i famosi cannellini, base
dell’odierna ribollita arriveranno dalle
Americhe alla metà del Cinquecento, così
come le patate ed i pomodori). Quindi, vi
rendete conto di quanto fosse diversa, e
forse per noi immangiabile, questa ribollita.
Invece per i contadini era il piatto base
ed andava bene sia come primo pasto
della giornata che come pasto serale. La
ricetta che vi darò è nella versione arcaica,
poi quella moderna con ingredienti
diversi rendendola attuale e assai gradevole;
in entrambi i casi, ricordatevi che
per essere la vera ribollita deve essere
fatta nel tegame di “coccio” come facciamo
noi, all’Accademia del Coccio; poi nei
giorni successivi per scaldarla e servirla
dovrà essere passata nella vecchia padella
in ferro (quella per i fritti).
La ribollita nella versione “antica”…
…e “moderna”:
500gr. di fagioli con l’occhio
500 gr. di pane ai cinque cereali
o di segale
400gr. di cavolo nero
2 spicchi di aglio
3 costole di sedano
olio d’oliva
sale grosso
ph. courtesy papilleclandestine.it
La sera prima mettete a mollo
i fagioli in acqua fredda, poi al
mattino, lessateli e fateli cuocere
a fuoco lento, salate alla
fine. Intanto in un’altra pentola mettete
tutti gli ortaggi, puliti e fatti a pezzi
e fatele cuocere per almeno mezz’ora,
in caso di bisogno aggiungete acqua
calda per non far perdere la temperatura
di cottura. Nel tegame di coccio
fate soffriggere la cipolla. Unite i fagioli
con il loro liquido alle verdure lessate
ed al soffritto, mischiate il tutto; fate
delle fette di pane dello spessore di un
dito e fate degli strati sui quali di volta
in volta, versate la zuppa. Lasciate riposare
il tutto nel tegame per una notte. Il
giorno dopo mettere il tegame sul fuoco,
cominciate a rigirare lentamente la
zuppa in modo da amalgamare tutti gli
400 gr di pane bianco raffermo,
meglio se cotto a legna
300gr. di cannellini
250 gr. di cavolo verza
250 gr. di cavolo nero
150 gr. di bietola
100 gr. di patate
3 pomodori maturi
3 carote
3 costole di sedano
4 spicchi di aglio, una cipolla
un ciuffo di pepolino, sale e olio
ingredienti ed aggiungete olio in buona
quantità. Quando sarà ben calda e “cremosa”
portate in tavola e servite, per i
giorni successivi, scaldatela in un tegame
di alluminio, prende velocemente
calore ed è subito pronta.
www.accademiadelcoccio.it
LA RIBOLLITA
67
Eccellenze toscane
in Cina
A cura di
Michele Taccetti
Casa Vinicola Dreolino
Un’eccellenza del vino toscano alla conquista del mercato cinese
di Michele Taccetti
Nel cuore della Toscana, alle
porte del Mugello, si trova
la Casa Vinicola Dreolino che,
fin dal 1939, produce e vende vino tipico
della zona: il Chianti Rufina. L’azienda
è nota per essere il fornitore delle più
importanti trattorie storiche di Firenze,
ma anche per la sua presenza affermata
sui mercati esteri, in particolare negli
Stati Uniti e in Giappone. Dopo il primo
ventennio di attività, l’azienda ha sviluppato
la sua rete commerciale negli anni
Sessanta con la costruzione della nuova
cantina nel cuore del paese, progettata
con una concezione moderna tuttora
valida: la catena di imbottigliamento
interno garantisce rapidità ed elasticità
nella produzione e la posizione strategica
sulla strada alle porte del paese
permette l’accesso ad ogni tipo di mezzo
di trasporto. A tutto ciò si aggiunge
un magazzino di merce per pronta
consegna (che permette di avere sempre
merce disponibile) e la possibilità di
personalizzare le etichette delle bottiglie
(particolarmente apprezzata dai clienti),
il tutto accompagnato da un servizio rapido
e efficiente. La garanzia di genuinità
e qualità del prodotto è comprovata
dal gradimento riscosso su scala nazionale
e internazionale e, soprattutto,
dai numerosi clienti storici che da oltre
trent’anni acquistano con regolarità
il vino della Casa Vinicola Dreolino.
Il Chianti DOCG è il prodotto più venduto,
non solo per l’imbattibile rapporto
qualità/prezzo, ma anche perché la
Casa Vinicola Dreolino è uno dei pochi
produttori rimasti in Toscana a fornire
in modo regolare il vino anche nel tradizionale
fiasco toscano. I più importanti
ristoranti toscani prediligono il fiasco
come eccellente biglietto da visita della
cultura locale da presentare alla propria
clientela internazionale e la storica bottiglia
ben curata contiene un vino bene
equilibrato e facile da bere che accompagna
i piatti della tradizione
regionale. La vera anima
della produzione è comunque
rappresentata dal Chianti
Rufina e dal Chianti Rufina
Riserva (che passa due anni
in barrique per affinare e valorizzare
quei profumi e sapori
tipici dell’area alle porte
del Mugello), ma gli intenditori
del settore apprezzano
anche il Super Tuscany,
di grande qualità. Una cura
particolare è riservata alla
scelta delle bottiglie e alla
qualità dei tappi di sughero,
e ogni prodotto ha una bottiglia
di riferimento che ne caratterizza
l’offerta e lo rende
unico. Il Chianti Rufina Dreolino,
come abbiamo detto,
è molto apprezzato anche
all’estero e dal prossimo
68
CASA VINICOLA DREOLINO
mese di settembre, nonostante i problemi
e i rallentamenti commerciali creati
dal Covid-19, la Casa Vinicola Dreolino
ha deciso di investire per affrontare
in modo deciso il mercato cinese. Dopo
un’esperienza breve (ma di grande
successo) nelle vendite avvenuta qualche
anno fa, la proprietà ha deciso di
concentrarsi sul mercato cinese in un
programma a medio lungo termine per
creare una presenza stabile in un mercato
che ha dimostrato di apprezzare in
modo chiaro e deciso il prodotto Dreolino.
Affidandosi all’esperienza e alla
presenza in Cina
della società
China 2000, la Casa Vinicola Dreolino
ha deciso di fare uno sforzo commerciale
per aumentare la propria visibilità
e presenza in Cina, concordando una
serie di iniziative promozionali che dovrebbero
portare nei prossimi mesi alla
definizione di accordi commerciali con
distributori diretti. La presenza in Cina
servirà, altresì, a rafforzare l’immagine
e la presenza internazionale dell’azienda,
confermando così la volontà di
continuare nella tradizione familiare iniziata
nel lontano 1939. Il mercato cinese
del vino è altamente concorrenziale,
dominato dallo strapotere dei vini francesi,
presenti da oltre trent’anni in modo
significativo sia nella promozione
che nell’investimento: è per il difetto di
questi ultimi due strumenti di marketing
che l’Italia oggi si trova dietro molti
paesi nella classifica dei vini più venduti
in Cina. La richiesta di vini italiani
in Cina sta, tuttavia, crescendo e la Casa
Vinicola Dreolino vuole farsi trovare
pronta proponendo qualità, tradizione
e presenza internazionale come garanzia
per i buyer cinesi che hanno già mostrato
interesse per i suoi prodotti.
Casa Vinicola Dreolino
Via Fiorentina 5/6 - 50068 Rufina (FI)
+ 39 0558397021
Michele
Taccetti
Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici Italia/
Cina ed erede della propria famiglia operante con il grande paese asiatico
fin dal 1946, assiste da oltre vent’anni le aziende italiane interessate
ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare, alla promozione
del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia di
marketing ed internazionalizzazione ed è stato consulente per il Ministero dello
Sviluppo Economico.
Per info:
michele.taccetti@china2000.it
China 2000 srl
@Michele Taccetti
taccetti_dr_michele
Michele Taccetti
CASA VINICOLA DREOLINO
69
La voce
dei poeti
Stefano Fissi, poeta dell’anima
di Stefano Fissi
La finestra aperta
Le ante aperte della disattenzione
da dove sei volata per l’immenso
non ti ho chiuso in una gabbia dorata
ora ti libri libera nel cielo.
Le solite adusate circostanze
tedio di scorrere tutti i giorni eguali
le carezze che si perdono di nerbo
diventano sospiri di stanchezza.
Così ho lasciato che tu te ne andassi
non ti ho seguita nel tuo errabondare
non condivido un cammino ramingo
alla cerca d’improbabili glorie.
Ora so che sei a vagare pel mondo
nuovi abbracci ti conducono al sonno
nelle notti di provvidi segreti
a un altro apri il tuo cuore e le coperte.
Mi resta il tuo profumo sulla pelle
gli scherzi che agghindavano al sorriso
tutto si fugge anche le tenerezze
di giorni andati a raccoglier le fole.
Resto sospeso aperta la finestra
in fondo spero che tu ci ritorni
a riempire con lo scroscio di gioie
il diafano impalpabile del vuoto.
Ma non sei tu che dirigi i tuoi voli
le brezze che ti portano alle nubi
decideranno se finire il tragitto
nelle amichevoli quieti del porto.
Autunno
Il fremito delle ali di un colombo
si slancia tra le brezze del mattino.
Si perdono nel nulla i ricordi
traversata nel tempo senza un eco.
Ho lasciato la mia vita a una fermata
non c’è posto per fantasmi e miraggi
troppo stanco di strascicare i sogni
in carrozze arrugginite da intemperie.
Cadon le foglie ai refoli autunnali
più azzardoso si fa il ricominciare
quando la fibra ogni giorno tradisce
stanca di ascese e impervie rampicate.
Attendo che si disfi il desiderio
che mi dimentichi delle risate
e passi in prescrizione ogni promessa
che ci scambiammo in euforie d’estate.
Pioggia estiva
Profumo d’aria fresca di pioggia
m’incanta nella sera tumefatta
un temporale effimero d’estate
ha ripulito ogni angolo di cielo.
Or l’arsura di luglio si è placata
ci lasciamo accarezzare riemersi
dai dardi martellanti del solleone
ci rinvoltiamo in umori benedetti.
Vapori sopra il monte a mezza costa
una cortina segnano di nebbie
dove si appoggiano i passi ansimanti
di chi segue i sentieri per le stelle.
Sulle foglie diademi di diamanti
vezzi di perle nelle ragnatele
per il gala la natura agghindata
si posa in fronte la falce di luna.
A ricevere dorate profferte
da creature variegate al tramonto
grate di uno scrosciare tempestoso
che ha rinfrescato le anime accaldate.
Attimo d’estasi
Accarezzarsi qual brezze suasive
sotto il gorgheggio di una capinera
il rintocco che scardina la quiete
tra il tubare insistente de’colombi.
Si desta il mattino in occhi di volpe
attenti a perlustrare la radura
in cerca di movenze sprovvedute
su cui avventare i balzi di predona.
L’incombenza del giorno che si inizia
mi sorprende svagato e titubante
ma è domenica e non ci si arrabatta
con gl’insulsi ammennicoli di stenti.
Mentre nel cielo le nubi impazienti
tien sospese uno zefiro perplesso
coi sospiri fa vibrare le corde
che dal profondo si espandono al creato.
Attimo d’estasi vola per l’aria
non si decide a raccogliersi in terra
volteggia tra le nubi di bambagia
finché lucida mente lo sorprende.
Stefano Fissi
Psichiatra e psicoterapeuta junghiano,
aderente al Centro Italiano
di Psicologia analitica,
Stefano Fissi cerca nella poesia una
strada per esprimere i contenuti dell’anima.
A questo proposito, l’autore
afferma: «La poesia cura i mali dell’anima,
è tutt’uno con l’autoconoscenza,
la psicoterapia, l’evoluzione interiore e
la mistica».
www.trasmutazioni.com
70
STEFANO FISSI
Eventi in
Toscana
Il premio nazionale d’arte Il Ghibellino - Città di Empoli
Testo e foto di Claudio Caioli
Un momento della cerimonia di premiazione: da sinistra, Silvano Salvadori, presidente del Circolo Amatori Arti
Figurative, il consigliere regionale Enrico Sostegni e l’assessore alla Cultura del Comune di Empoli Giulia Terreni.
La nona edizione del concorso
nazionale d’arte Il Ghibellino,
Città di Empoli ha visto la partecipazione
di circa sessanta artisti con
cento opere. La giuria, composta da Jacopo
Chiostri, Filippo Lotti e Daniela
Pronestì, ha assegnato il primo premio
a Michele De Nicolò, secondo è risultato
Maurizio Biagioni, terzo Alberto Vignoli.
Altre attestazioni di merito sono state
attribuite a Lello Negozio, Marco Beconcini,
Fabrizio Filippi, Euro Elmi, Lorella
Consorti, Francesca De Nicolò, Beppe
Calvetti e Renzo Bastianelli. La premiazione,
dopo l’esposizione nelle sale del
Circolo Amatori Arti Figurative nel Palazzo
Ghibellino, si è tenuta in Piazza Farinata
degli Uberti sabato 18 luglio alle
ore 17,30. L’assessore alla Cultura Giulia
Terreni ha confermato l’importanza
del ruolo del Circolo nel promuovere
incontri fra artisti e nel proporre iniziative
culturali. Il presidente Silvano
Salvadori si è rivolto al consigliere regionale
Enrico Sostegni ringraziandolo
per aver promosso la bella mostra
dei soci in Regione Toscana, documentata
con la stampa di un elegante catalogo.
Salvadori ha poi presentato le
future proposte culturali che sono in fase
di attuazione, fra cui, per ringraziare
i partecipanti al concorso, due collettive
scaglionate per tutti i candidati non
premiati. Hanno partecipato gli artisti:
Dea J. Babic, Rinaldo Barnini, Renzo
Bastianelli, Marco Beconcini, Claudio
Bernardeschi, Elisabetta Bertocci, Piero
Bettarini, Maurizio Biagioni, Mariapaola
Bianchi, Vittorio Braccesi, Beppe
Calvetti, Patrizio Carlesi, Emilio Cavani,
Tommaso Cerrito, Camilla Ciampalini,
Edi Cioli, Cristian Colella, Lorella
Consorti, Matilda Cresci, Francesca De
Nicolò, Michele De Nicolò, Daniela Del
Sarto, Giacomo Di Dio, Grazia Di Napoli,
Luigi Dimitrio, Cosetta Dipietrantonio,
Elisabetta Donati, Euro Elmi, Alfonso
Fantuzzi, Silvana Fedi, Fabrizio Filippi,
Alma Francesca, Francesca Gheri, Maria
Rosa Giuliani, Letizia Lazzeretti, Caterina
Lorenzo, Katayoun Maleky, Rossana
Mannini, Vera Martino, Sandra Masoni,
Giuseppe Matera, Elena Migliorini,
Alessandra Mollica, Giuseppe Morena,
Roberto Morotti, Lello Negozio, Luana
Nesti, Fulvio Persia, Paola Pini, Franco
Ramerini, Simone Ristori, Simone Rocchi,
Marcello Russo Krauss, Saura Simoni,
Natalia Sololeva, Silvano Sordi,
Gabriella Tatini, Ilaria Terzigli, Lorenzo
Terreni, Elisa Tosi, Alberto Vignoli, Gerardina
Zaccagnino, Elisabetta Zappino.
Michele De Nicolò, primo classificato
Maurizio Biagioni, secondo classificato
Alberto Vignoli, terzo classificato
IL GHIBELLINO
71
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel
to Dialogue per lo sviluppo dei territori
Cogliere le opportunità del modello di viaggio Life Beyond Tourism
per attrarre viaggiatori virtuosi e far ripartire l’economia
di Stefania Macrì
velli, portano avanti la cultura dei luoghi
stessi, come i residenti.
Come si sviluppa l’azione del Movimento
LBT-TTD e come funziona il modello
di Viaggio Life Beyond Tourism?
Sono sei gli elementi su cui si basa il modello
di viaggio Life Beyond Tourism ® :
1. il viaggio
2. l’ospitalità
3. l’accoglienza
4. le espressioni culturali
5. il patrimonio, culturale e naturale
6. la difesa del pianeta Terra
Tutto parte dal viaggio che il viag-
Il Movimento Life Beyond
Tourism Travel to Dialogue
(LBT-TTD) è una realtà
dinamica e in continua
evoluzione, sempre al passo
con i tempi e alla ricerca
dei servizi più innovativi
per i propri affiliati e per la
valorizzazione delle espressioni
culturali dei territori.
Questi sono i veri e propri
protagonisti dell’etica Life
Beyond Tourism ® , elementi
fondanti dei luoghi che conservano
tradizioni tramandate di generazione
in generazione, un “saper fare” tipico
e proprio del territorio che rappresenta
un elemento di continuità e un anello
di congiunzione tra passato, presente
e futuro. Il Movimento Life Beyond Tourism
Travel to Dialogue (LBT-TTD), attraverso
il suo lavoro quotidiano, vuol
fare in modo che il grande patrimonio
dei territori possa essere preservato e
trasmesso a un pubblico di viaggiatori
attenti e sensibili alla sua valorizzazione
e diffusione. I protagonisti di questo
modo di agire sono i territori e le loro
espressioni culturali, vale a dire aziende,
istituzioni e i soggetti che, a vari ligiatore
decide di intraprendere per
scoprire il patrimonio culturale e naturale
di un territorio. Il viaggio rappresenta
quindi uno strumento prezioso di
conoscenza e dialogo che apre a molte
opportunità di crescita, personale e comunitaria.
La conoscenza del territorio è
favorita dall’ospitalità nei confronti del
viaggiatore che verrà accolto dagli operatori
del settore turistico che svolgono
un ruolo molto importante: essendo
infatti il primo contatto del viaggiatore
all’interno del territorio, imprimono un
elemento indelebile nei suoi ricordi futuri.
Il momento dell’accoglienza è fondamentale
per presentare il territorio al
meglio, con il suo patrimonio e le sue
espressioni culturali, da visitare, valorizzare,
salvaguardare e da trasmettere
al di fuori del territorio stesso. L’esperienza
del viaggio deve potersi trasformare
in un momento di riflessione del
viaggiatore, per far sì che possa impegnarsi
nella difesa del pianeta Terra in
tutte le sue espressioni. In questo contesto
rientra l’azione del Movimento
Life Beyond Tourism Travel to Dialogue
che aiuta i territori a raccontarsi
in maniera autentica ed inclusiva
attraverso una qualificata visibilità in-
72 MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
ternazionale delle aziende e istituzioni
che sono al suo interno. Parallelamente
i viaggiatori trovano una serie di contenuti
interessanti e una selezione di
espressioni culturali da annotare e costruire
così il proprio itinerario di
viaggio Life Beyond Tourism, autentico
e unico.
Cosa possono fare le istituzioni e le
aziende dei territori per usufruire dei
servizi del Movimento Life Beyond
Tourism Travel to Dialogue (LBT-TTD)
e creare delle opportunità di sviluppo
e ripartenza economica?
Il primo passo da compiere è quello
di affiliarsi al Movimento Life Beyond
Tourism Travel to Dialogue (LBT-T-
TD) sul sito www.lifebeyondtourism.
org scegliendo il profilo più adatto tra
quelli proposti, all’interno della sezione
Registrati adesso. Successivamente
è fondamentale creare la pagina relativa
alla propria espressione culturale
(azienda, istituzione, artista) e
inserire le informazioni più rilevanti che
inizieranno ad essere veicolate a livello
internazionale. In parallelo si ha l’opportunità
di accedere a una serie di
servizi di formazione al modello di
viaggio Life Beyond Tourism grazie ai
corsi, disponibili anche in modalità e-learning,
dove apprendere i princìpi e le
tecniche-base per costruire un piano di
marketing territoriale in linea con le esigenze
del mercato attraverso strumenti
promozionali concreti. In questo modo
i viaggiatori potranno cogliere il massimo
dall’esperienza del viaggio, diventeranno
residenti temporanei del luogo
e, come tali, contribuiranno all’economia
del territorio visitato perché comprenderanno
il valore reale delle sue
espressioni culturali. Di conseguenza, i
sei elementi del modello Life Beyond
Tourism, ben coordinati tra loro, consentiranno
al viaggiatore di raccontare
il territorio ad altri potenziali
viaggiatori creando un circolo virtuoso
di valorizzazione dei territori e di
sviluppo economico.
Per conoscere i dettagli del modello di
viaggio Life Beyond Tourism, approfondire
le informazioni relative al Movimento
LBT-TTD ed entrare in questo
mondo di opportunità basta collegarsi
al sito https://www.lifebeyondtourism.
org/it/promozione-territori/
oppure scannerizzare il
codice QR qui accanto
con la fotocamera del
proprio telefonino.
Per contattare il Movimento LBT-TTD
scrivete a info@lifebeyondtourism.org
oppure chiamate il numero 055-290730.
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue
Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®, ideati dalla
Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere e comunicare il
patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme alle sue espressioni
culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che custodiscono, dando risalto
a residenti, viaggiatori, istituzioni culturali, pubbliche amministrazioni, aziende,
artigiani, artisti e tutti coloro che rappresentano la cultura dei vari territori, a livello
nazionale e internazionale. La società si sta trasformando in società Benefit/B Corp.
Per info:
+ 39 055 284722
info@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
73
B&B Hotels
Italia
B&B Hotels non si ferma e annuncia
l’ingresso della Germania sulla
piattaforma globale
di Francesca Vivaldi
B&B Hotels, catena internazionale
di alberghi con più di
cinquecento hotel in Europa
e quarantuno sul territorio nazionale,
riconferma ancora una volta
la forte attenzione al mondo digitale
con l’ingresso delle strutture tedesche
sul sito globale hotelbb.com,
dove da oggi è possibile prenotare anche
i centoventotto B&B Hotels in Germania,
oltre a quelli di Italia, Francia e
Spagna. Una costante crescita, quella di
B&B Hotels, che nel 2019 ha chiuso l’esercizio
con un fatturato di sessantatré
milioni solo in Italia. Un anno ricco di
novità, che ha visto in primo piano l’apertura
del cinquecentesimo hotel della
catena nel capoluogo siciliano, il B&B
Hotel Palermo, l’acquisizione da parte
del Gruppo Goldman Sachs e il lancio
della nuova piattaforma globale. «L’ingresso
della Germania − afferma Fabrice
Collet, CEO di B&B Hotels Group
− è un risultato straordinario ottenuto
grazie al lavoro, all’impegno e alla collaborazione
tra tutte le countries, in un’ottica
sempre più globale e sfidante. Sono
incredibilmente fiero di tutti coloro che
hanno partecipato alla realizzazione di
questo importante passo avanti, nonostante
le limitazioni imposte dallo
smart working. Siamo una squadra
vincente e questo progetto stabilisce un
nuovo standard per tutti noi». L’obiettivo
di questa implementazione è quello
di diventare la catena di riferimento per
il segmento smart hotel in Europa, permettendo
ai propri clienti di poter accedere
a tutte le informazioni, le strutture
e a tutti servizi attraverso un’unica piattaforma
globale. La piattaforma di B&B
Hotels è totalmente mobile first e user
friendly e grazie a un aggiornamento
Anche i vantaggi del B&B Hotels
Club diventano sempre più “global”.
Il programma fedeltà della catena, che
oggi conta più di oltre trentamila iscritti,
dà diritto a speciali promozioni tutto
l’anno e permette di avere sempre
il 10% di sconto sulla tariffa standard
e il 5% sulle tariffe promozionali. Ogni
Valerio Duchini, presidente e AD di B&B Hotels Italia
del motore di ricerca predittivo,
gli utenti possono trovare le destinazioni
e gli hotel con più facilità
e più velocemente attraverso la
funzione di geolocalizzazione. E’
possibile inoltre inviare domande
relative al soggiorno direttamente
dal sito tramite una gestione innovativa
del backoffice supportato
dal migliore CRM del mercato Salesforce.
Inoltre, grazie ad un accordo
siglato con TrustYou, uno
dei principali player della certificazione
sulla soddisfazione della
clientela in hotel, sul sito sono
pubblicate solo le recensioni verificate
di clienti autentici che hanno
soggiornato in un B&B Hotel.
«Sono molto orgoglioso di questo
importante sviluppo della nostra
piattaforma − commenta
Valerio Duchini presidente e AD
di B&B Hotels Italia −; un unico
sito con più di cinquecento ho-
tel rappresenta per noi un ulteriore e
importante passo in avanti per rendere
sempre più globale e riconoscibile il
nostro brand. Il prossimo obiettivo sarà
quello di introdurre tutti i paesi in cui
B&B Hotels è presente sotto un unico
portale per permettere ai nostri clienti
di scoprire nuove destinazioni a prezzi
sempre più competitivi con i servizi di
qualità che ci distinguono».
soggiorno in una struttura del gruppo
permette, inoltre, di accumulare cento
punti Club che possono essere convertiti
in voucher da usare in hotel. Uno
sviluppo importante e costante che entro
il 2021 prevede il raggiungimento di
cinquanta hotel in Italia e oltre seicentocinquanta
a livello globale. L’obiettivo è
quello di approdare a nuove destinazioni
e rafforzare la presenza in quelle già
presidiate, tutte scelte tra le mete primarie
del panorama turistico italiano, ma
anche in quelle secondarie, estremamente
potenziali se si pensa al patrimonio
artistico e culturale che l’Italia offre
nelle città medio-piccole. Un modello di
business vincente basato su servizi di
elevata qualità, confortevoli e all’avanguardia,
dove la tecnologia gioca un
74
B&B HOTELS ITALIA
B&B Hotel Treviso
ruolo chiave, per un’esperienza
sempre più connessa.
Dal design moderno e
funzionale con bagno spazioso
privato e soffione XL,
le camere B&B Hotels dispongono
di Wi-Fi superveloce
gratuito, Smart TV
con canali Sky e satellitari
e Chromecast integrata
per condividere in streaming
contenuti audio e video
proprio come a casa.
In quest’ottica globale il tema
della sicurezza è oggi
al centro di tutte le strategie
operative nelle diverse
County di B&B Hotels.
In particolare, B&B Hotels
Italia ha realizzato, in
collaborazione con BCO
Consulting e Rentokil-Initial
Italia, un protocollo
di sanificazione che prevede
la messa in sicurezza
di tutti gli ambienti e si
accompagna ad un dettagliato processo
operativo sviluppato a tutela degli
ospiti e dello staff delle strutture, garantito
dal Safety Label High Quality
Anti Covid-19. Questi provvedimenti
permettono la continuità del servizio e
il mantenimento dei consueti alti standard
qualitativi per un soggiorno in piena
sicurezza. A supporto dell’operatività
sono state individuate 8 Golden Rules
“Help us Helping You” che il personale
in hotel e i clienti sono invitati a seguire.
«Sono fiducioso che grazie a questo
forte senso di responsabilità, partecipazione
e collaborazione che ci contraddistingue
− prosegue Valerio Duchini −,
siamo in grado di offrire ai viaggiatori,
sia business sia leisure, un vantaggio
concreto a tariffe super competitive
ed alti standard qualitativi, in linea con
i nostri valori e la nostra filosofia Only
For Everyone».
Per maggiori informazioni sulle novità,
sulle promozioni e sulle misure di sicurezza
visita hotelbb.com e scopri tutte
le strutture aperte.
B&B Hotel Milano
B&B HOTELS ITALIA
75
Arte e
gusto
A cura di
Elena Maria Petrini
Ernesto Molteni
La “cultura del buon bere” secondo il presidente di ABI Professional
di Elena Maria Petrini / Foto Maurizio Mattei e courtesy Ernesto Molteni
Ernesto Molteni ha iniziato la
sua carriera di barman nel
1978, partendo da un ristorante
stellato in Val d’Aosta; ha proseguito
poi come maître, sommelier
e docente di Tecnica della degustazione
per associazioni di sommellerie
e bartender, sempre continuando
a fare il barman nei migliori locali italiani
ma anche in proprio. Pluricampione
italiano nel 1991 e nel 2001 e
una decina di volte nei concorsi interregionali
ed esteri, ha potuto, grazie
a questi ultimi, perfezionare a Londra
la lingua straniera. Ha completato
la sua formazione diventando assaggiatore
di grappa e acquavite (ANAG).
Per quattordici anni è stato fiduciario
e vice-fiduciario di AIBES per la
Val d’Aosta e ha poi fondato, insieme
ad altri, l’Associazione Barmen
Italiani (ABI Professional) di cui oggi
è presidente e che annovera tra i
suoi iscritti i migliori protagonisti nel
mondo del bartending in Italia e all’estero.
Sull’importanza e sugli obiettivi
dell’associazione afferma: «E’ un ente
no profit nato come supporto per i
barman professionisti, per migliorarne
la crescita professionale, lavorativa
e deontologica, creando una rete
efficace a livello regionale e nazionale
per qualificare la preparazione dei
bartender e offrire occasioni di crescita
e confronto. La professione del
barman è sempre stata un fiore all’occhiello
delle strutture turistico-ricettive
per quanto riguarda l’accoglienza
del cliente. Le qualità professionali
sono svariate: savoir-faire, educazione,
cortesia, capacità comunicative
anche in varie lingue straniere, pazienza,
umiltà, onestà, stile e classe.
Infine, capacità creative con
ottima conoscenza dell’enogastronomia
e delle degustazioni sensoriali e
gusto-olfattive; tutto ciò senza dimenticare
la discrezione. Il nostro setto-
re vive in perenne cambiamento e
nei vari decenni ha subito l’influenza
di nuove mode, com’è accaduto per
il flair bartending negli anni Novanta
e la Mixology dal 2000 fino ad oggi.
Dobbiamo essere sempre pronti al
cambiamento, senza però dimenticare
gli insegnamenti della scuola classica,
con i suoi oltre centocinquanta
anni di esperienza». Molto importante
per il presidente Molteni è far capire
al pubblico chi è il barman, distinguendo
tra chi lavora dietro al bancone
con grande passione e con le
qualità sopra elencate e chi invece
fa il manager nel settore del bartending.
Molteni sottolinea, inoltre, l’importanza
della cultura del bere con il
suo motto “bere poco e bere bene”,
spiegando quanto sia importante anche
alimentarsi correttamente visto
che i cibi sono sempre più ricchi di
zuccheri e carboidrati dannosi almeno
quanto l’alcol se consumati in dosi
eccessive. L’associazione ABI Professional
organizza eventi di beneficenza
per trasmettere il messaggio della
“cultura del buon bere”, proponendo
aperitivi analcolici e centrifugati di
frutta e verdura di stagione da prepare
anche casa. Eccone due esempi:
Fragolissima
• fragole fresche frullate
• zucchero
• limone
Red passion
• fragole fresche frullate
• spremuta di arancia fresca
• crodino
76
ERNESTO MOLTENI
Visto che apparteniamo ad uno dei
primi paesi al mondo produttori di
amari, per i nostri lettori Molteni conclude
l’intervista con un suo cavallo
di battaglia che propone ancora oggi
nella struttura in cui lavora, il Resort
Valle dell’Erica in Sardegna. Si
tratta del cocktail Espresso Negroni,
molto piacevole e cremoso, con caffè
aromatizzato al liquore alla liquirizia e
con sapore di affumicato.
Espresso Negroni
• liquore tipico italiano al
rabarbaro
• bitter
• un goccio di scotch whisky
• caffè espresso italiano
aromatizzato con qualche
goccia di liquore al liquirizia
calabrese oppure sardo
Ernesto Molteni
Un’altra creazione di Ernesto Molteni
Challenge on ice
• 4 cl vodka vanil stoli
• 2 cl genepì
• 2,5 cl succo Lime
• 2 cl succo di aloe
• 1, 5 cl miele mille fiori
• un cucchiaino di bianco d’uovo
• mezzo peperoncino fresco
ERNESTO MOLTENI
77
Il fascino dei trattori d’epoca da Ditutto Dipiù
di Claudio Caioli
portante per i successivi esperimenti,
come l’introduzione del motore Diesel
che prese il nome dal suo inventore
Rudolf Diesel. Oggi sono molti gli
amanti e i collezionisti di trattori d'epoca
che organizzano mostre e raduni
in tutta Italia. Fra le tante offerte e curiosità
che Ditutto Dipiù offre ai suoi
visitatori e clienti ci sono anche molte
di queste macchine agricole che hanno
rivoluzionato l’agricoltura, fra cui
La storia del trattore inizia nel
1770 circa, quando l’ingegnere
inglese Nicolas Cugnot costruì
il primo trattore alimentato a
vapore. L’esperimento fallì clamorosamente
e il prototipo andò distrutto.
In seguito, vennero fatti altri tentativi,
fra cui anche quello dell’italiano Cesare
Costa, ma fu il tedesco Otto Nicolas
che, perfezionando il motore a scoppio
a quattro tempi, segnò una svolta imanche
un rarissimo trattore Farfa a
“testa calda”, un tipo di motore monocilindrico
ad iniezione cosiddetto perché
l'accensione è ottenuta mediante
il riscaldamento del “muso” del trattore
utilizzando una fiamma alimentata
con petrolio o benzina. Da Ditutto Dipiù,
nel settore dedicato alle macchine
agricole, possiamo ammirare anche
una splendida Jeep americana, residuato
della seconda guerra mondiale.
Via del Lavoro, 6, Montelupo Fiorentino (FI)
Dal lunedì alla domenica;
giorno di chiusura: lunedì mattina
Orario di apertura: 9.30/13.00 - 15.30/19.30
www.dituttodipiu.net
Ditutto Dipiu Mercatino Dell'usato
ditutto.dipiu
dituttodipiu
78
DITUTTO DIPIÙ
GRAN CAFFÈ SAN MARCO
Un locale nuovo e poliedrico, con orari che coprono tutto l’arco della giornata.
Perfetto sia per un pranzo di lavoro che per una cena romantica o per qualche
ricorrenza importante
Piazza San Marco 11/R - 50121 Firenze
+ 3 9 0 5 5 2 1 5 8 3 3
www.grancaffesanmarco.it
Una banca coi piedi
per terra, la tua.
www.bancofiorentino.it