Archeomatica_2_2020
Tecnologie per i Beni Culturali
Tecnologie per i Beni Culturali
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rivista trimestrale, Anno XII - Numero 2 GIUGNO 2020
ArcheomaticA
Tecnologie per i Beni Culturali
Documentare l’archeologia
Modelli 3D e GIS per i Beni culturali
BIM: nuovo modello per i rilievi
Strategie digitali per la diffusione del patrimonio culturale
www.archeomatica.it
EDITORIALE
A Edda Bresciani
Chi ha conosciuto Edda Bresciani non riuscirà
a dimenticarla per sempre. Anche dopo
la sua scomparsa, avvenuta a Lucca il 29
novembre 2020. Non solo perché è stata e
sarà nel corso del tempo per molti, non solo
generazioni di studenti, senza esagerare,
più che un’interprete, la personificazione
dell’Egittologia, ma perché con la sua ironia
ha lasciato vivessimo la profondità di un
passato millenario senza alcun abbacinamento.
Non è possibile non parlare di Saqqara se
non in viaggio con lei, con le sue scoperte e con i suoi libri, che hanno costruito un pensiero scientifico
rifondatore in ogni parte del mondo della disciplina più magica della terra, prima e dopo le Piramidi,
quando Saqqara non c’era quasi più, consumata ed esaltata dal divismo di ogni stagione, partecipando alla
grammatica del ‘qui e ora’, la sintassi dell’esserci potendo sorridere dell’altrove, realizzando il sogno di
un umanesimo della scuola.
Così scopriamo la scienza nel suo metodo, che ci insegna il mondo intorno a noi non solo quando non
c’eravamo noi, ma quando il mondo c’è. Ci sei Edda, ci sei tra le Sfingi e i Leoni di Medinet Madi (fig1),
con il suo tempio consacrato all’allevamento di coccodrilli nell’oasi del Fayum, e le tue parole cadranno
da tutti gli scaffali anche nelle nostre mani. Ci sei, Edda, nella memoria dei capolavori dei Colossi
dell’Antico Egitto, che ha attraversato l’immaginazione di Roma e la suggestione del Rinascimento
italiano, che ha conquistato la coscienza storica dell’arte, dal secolo dei lumi al turismo attuale, che
non ha più dimenticato il ‘faraonico’ sgomento nella magnificenza della cultura egiziana, ultimo,
apotropaico baluardo, al gigantismo dei grandi mammiferi che, alla metà dell’Olocene, si sono estinti con
l’inaridimento climatico del continente africano.
Magnificenza raggiunta dai primi archeologi europei, tra cui l’italiano Giovanni Belzoni, il primo tecnologo
dello scavo in Egitto, inventore del giornale di scavo e delle macchine idrauliche per il trasporto delle
immani sculture esposte sull’immenso territorio ad ogni rischio, prima delle quali, a Luxor, il busto
troncato della statua di Ramses II (British Museum, Londra), idolatrata come il mitico Giovane Mèmnone.
Scoperta solo nei primi anni del Novecento quella del Colosso di Ramses II nell’Ancient Memphis Walking
Circuit, il Museo di Menfi, in gran parte all’aria aperta, inaugurato nel 2017.
È noto che Edda Bresciani abbia svelato la bellezza della scultura egizia, riscoperto al femminile le
fattezze della regina Tui, moglie di Amenofi III, un esemplare di granito che la ritrae è conservato anche
in Italia (Museo Gregoriano, Musei Vaticani), nel 1719 collocato nel cortile di Palazzo dei Conservatori
in Campidoglio con progetto di Alessandro Specchi, e i misteri dei rituali di imbalsamazione e
vestizione dei defunti con teli lintei dipinti, da lei scavati e portati in luce agli albori della sua carriera
accademica proprio a Saqqara. Ma forse non tutti sanno che, ed è un ricordo immancabile dalle pagine di
Archeomatica, Edda Bresciani ha stimolato e diretto gli studi progettuali e analitici di The North Saqqara
Archeological Site (2003), oltre che di Medinet Madi con Antonio Giammarusti, del Bando di Gara per la
realizzazione del Gem, Grande Museo Egiziano a Giza e gli approfondimenti sullo stato conservativo della
statua colossale di Ramses II, già situata nella piazza della Stazione Centrale del Cairo, dove era purtroppo
soggetta al danno antropico e, benché, alla sua scoperta, compagna del colosso di Menfi e custode del
Grande Tempio di Ptah a Menfi, nel 2018 trasportata ed eretta nel nuovo, smisurato, museo di Giza da
inaugurare: è stata, cioé, anche una grande tecnologa, al pari dei suoi più illustri predecessori come
Auguste Mariette, fondatore del Museo Egizio del Cairo, che, come lei, aveva intrapreso le sue esplorazioni
alla ricerca di manoscritti copti.
Buona lettura,
Francesca Salvemini
IN QUESTO NUMERO
DOCUMENTAZIONE
6 Rilievo
Aerofotogrammetrico
e Cartografia in Campo
Archeologico: Casi
Applicativi nel sito di
Uşakli Höyük (Turchia)
Vincenzo Regine, Riccardo Salvini,
Emanuele Tufarolo
In copertina l'immagine del Modello Digitale
di Elevazione (DEM) del sito archeologico di
Uşaklı Höyük.
24 Contestualizzare
l'Archeologia Forense
di Pier Matteo Barone
32 Il BIM: nuovo modello
imperativo per i
rilievi
di Maria Chiara Spezia
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ArcheomaticA
Tecnologie per i Beni Culturali
Anno XII, N° 2 - GIUGNO 202o
Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista
italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione
e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,
la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio
culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su
tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la
diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,
in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei
parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione
avanzata del web con il suo social networking e le periferiche
"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani
che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,
enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.
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MUSEI
14 Molise: una strategia
digitale per la divulgazione
del patrimonio culturale della
regione
di Lia Montereale, Leandro Ventura
RUBRICHE
28 AZIENDE E
PRODOTTI
Soluzioni allo Stato
dell'Arte
36 AGORÀ
Notizie dal mondo delle
Tecnologie dei Beni
Culturali
RIVELAZIONI
18 Modelli 3D e dati GIS: una loro integrazione per lo
studio e la valorizzazione dei beni culturali
37 RECENSIONE
42 EVENTI
di M. Canciani, M. Saccone,
G. Spadafora, S. Migliori,
M. Mongelli, M. Puccini,
A. Quintiliani, A. Gallia,
C. Masetti
INSERZIONISTI
CODEVINTEC 39
ARCHIMETER 43
ESRI 44
GEC SOFTWARE 2
GTER
GEOMAX 27
SKYLAB STUDIOS 35
STONEX 31
TEOREMA 42
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del 19 novembre 2009
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Data chiusura in redazione: 14 novembre 2020
DOCUMENTAZIONE
Rilievo Aerofotogrammetrico e
Cartografia in Campo Archeologico:
Casi Applicativi nel sito di Uşakli Höyük (Turchia)
di Vincenzo Regine, Riccardo Salvini, Emanuele Tufarolo
Fig. 1 – Comprensorio geografico di Uşaklı Höyük (Google Earth).
Ad oggi la fotogrammetria digitale rappresenta un valido strumento di rilievo
e modellazione 3D e, contestualmente a strumenti di analisi territoriale
(GIS), si applica a molteplici settori scientifici, ivi compreso l’ambito
archeologico. Il presente lavoro si propone di descrivere l’utilizzo di tecniche
di fotogrammetria digitale e GIS, applicato allo studio del sito archeologico di
Uşaklı Höyük, probabilmente la città ittita di Zippalanda (Anatolia Centrale,
Turchia). Il sito rappresenta un’interessante miniera di informazioni storiche
e archeologiche nel panorama degli studi del Vicino Oriente Antico a motivo
della sua storia millenaria che va dall’Età del Bronzo Antico al Medioevo e
al periodo Ottomano, e caratterizzata da una più intensa occupazione nel
corso dei periodi ittita e frigio (II-I mill. a.C.) e romano-bizantino (I sec. a.C.
- XII sec. d.C.). L’estensione e la complessità archeologica dell’höyük ben si
prestano a questo tipo di indagini, tese alla ricostruzione dell’antico assetto
insediativo mediante rilievi 3D e analisi geospaziali 1 .
Il presente lavoro si inserisce
nell’ambito della
Missione Italo-Turca in
Anatolia Centrale 2 condotta
dalle Università di Firenze,
Pisa, Yozgat Bozok e Siena
di cui fa parte il Centro di
Geotecnologie (CGT) di San
Giovanni Valdarno 3 . Dal 2008
a oggi, la Missione compie
studi interdisciplinari in ambito
archeologico, storico e
geoambientale, finalizzati
alla ricostruzione del tessuto
storico e insediativo del sito
di Uşaklı Höyük in rapporto
con l’ambiente 4 .
Grazie all’acquisizione e
all’elaborazione dei dati attraverso
software e algoritmi
Structure for Motion (Spetsakis
& Aloimonos, 1991) e
Multi-view stereo (Gallup et
al. 2007; Goesele et al. 2007;
Jancosek et al. 2009), è stato
possibile ricavare prodotti
fotogrammetrici e supporti
cartografici ad alta risoluzione
utili all’interpretazione
e all’approfondimento delle
informazioni archeologiche
ricavate dalle indagini
di scavo: modelli digitali di
elevazione (DEM), modelli 3D
texturizzati, una planimetria
del tempio ittita (Ed. II) in
scala 1:200 e un’ortofotocarta
dell’höyük in scala 1:500.
Le informazioni necessarie
per la comprensione del contesto
storico e archeologico
del sito sono state desunte
dalla letteratura scientifica
ad oggi nota sull’argomento
(Mazzoni & Pecchioli Daddi
2015; Mazzoni et al. 2017,
2019).
6 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 7
AREA DI INTERESSE
Il sito di Uşaklı Höyük è situato nel cuore dell’Altopiano Anatolico
Centrale, nella provincia di Yozgat, ad un’altitudine
di oltre 1000 m s.l.m. Dal punto di vista geomorfologico si
tratta di un höyük troncoconico alto circa 30 m che si estende
su una superficie di 2 ha ed è circondato a nord, ovest ed
est da una terrazza di 10 ha ca. (Fig. 1). L’Egri Öz Dere, il
principale sistema idrografico della regione, ha contribuito
favorevolmente alla nascita di varie comunità insediative le
cui tracce archeologiche si iscrivono nell’ampio arco cronologico
posto tra le fasi di primo insediamento dell’area
(IV-III mill. a.C.) e l’Età Tardo Antica e Ottomana.
Tra le attività dell’Uşaklı Höyük Archaeological Project
(UHAP) 5 , le operazioni di scavo si sono concentrate nei settori
centrali e settentrionali della terrazza Est (Area A, B e
C in Fig.2) e nel settore meridionale dell’höyük, lungo le sue
pendici (Area D). Le aree A e B sono note rispettivamente
per un ipotetico edificio templare di epoca tardo-ittita (Ed.
II) e un edificio di epoca tardo-antica (Ed. I). Nei settori C e
D, lungo le pendici orientali e meridionali dell’höyük, sono
stati rinvenuti i resti imponenti di un sofisticato sistema di
difesa dell’Età del Ferro. Nel settore D, al di sotto dei livelli
di occupazione del Ferro, si rilevano le fasi del Tardo Bronzo
di un grande edificio pubblico (Ed. III), probabile struttura
palatina.
STRUMENTI E METODOLOGIE DI LAVORO
Acquisizione dati
Durante la missione del 2018 sono stati realizzati due rilievi
aerofotogrammetrici con un drone (DJI Inspire 1) munito di
sensore GPS/INS e una fotocamera DJI FC550, con lunghezza
focale pari a 15 mm, e dimensioni del sensore 4608 X 3456
pixel. Un primo volo è stato eseguito sull’areale dell’höyük
acquisendo 6 fotogrammi ad un’altezza media di volo di 450
m e una risoluzione a terra di 10,5 cm/pix. Per l’occasione
non sono state predisposte mire topografiche e non sono
stati misurati punti di controllo (Ground Control Points,
CCPs) sul terreno. Il secondo volo è stato eseguito allo scopo
di rilevare l’area della terrazza orientale (0.0183 km 2 )
su cui sorge l’Ed. II, il cosiddetto tempio ittita. È stato predisposto
un piano di volo con strisciate longitudinali (mediamente
70% overlap Rl; 60% sidelap Rt) acquisendo 189
fotogrammi ad una quota media di 35,4 m e una risoluzione
a terra di 8,35 mm/pix (Fig. 3). In prossimità e all’interno
dell’Ed. II sono state uniformemente materializzate mire
topografiche misurate mediante ricevitori GNSS geodetici a
doppia frequenza Leica GS15 in modalità NRTK (1 minuto
di acquisizione) creando una base di riferimento virtuale
sul GCP n.1. I reference points sono stati stabiliti in base al
servizio TUSAGA-Aktif (Turkish CORS Network) nel sistema
di riferimento ITRF96, UTM 36 Nord (Yldirim et al. 2011).
Elaborazione dati
Per le fasi di elaborazione dei dati sono stati impiegati due
diversi software di fotogrammetria digitale.
Per la creazione dei prodotti utili nella realizzazione dell’ortofotocarta
dell’höyük è stata utilizzata la suite di Hexagon
Geospatial ERDAS IMAGINE Photogrammetry 2018 versione
16.5; per il rilievo aerofotogrammetrico dell’Edificio II – a
motivo del numero considerevole di fotogrammi da processare
– si è preferito l’uso di algoritmi Structure from Motion
e Multi-view stereo implementati in Agisoft Metashape Professional
versione 1.5.0.
I prodotti fotogrammetrici e i dati di scavo sono stati successivamente
gestiti, analizzati e organizzati in ambiente
Fig. 2 – Aree di scavo A, B, C, D.
GIS mediante il software QGIS 2019 versione 3.6.2. Per la
digitalizzazione delle evidenze archeologiche lineari, puntuali
e poligonali visibili sulle ortofoto, è stato impiegato il
software di disegno Autodesk AutoCAD 2019.
Aerofotogrammetria estesa dell’area dell’höyük
Le 6 immagini digitali acquisite con drone sull’area dell’höyük
di Uşaklı sono state processate con ERDAS IMAGINE
Photogrammetry creando un block file. Si è proceduto, di
conseguenza, al calcolo dell’Orientamento Interno (O.I.),
mediante la definizione del modello della camera fotografica,
e dell’Orientamento Esterno (O.E.) con le coordinate e
gli angoli dei centri di presa di ciascuna immagine.
Poiché in occasione del volo con drone non sono stati materializzati
sul terreno punti d’appoggio, i GCPs necessari
per l’orientamento assoluto dei fotogrammi sono stati determinati
sulla base dei rilievi topografici delle aree archeologiche
esistenti con tecniche integrate di fotogrammetria
indiretta. In particolare, sono stati stabiliti undici punti di
appoggio facendo riferimento ai limiti delle aree e/o dei
Fig. 3 – Schema grafico del piano di volo su Ed. II (Agisoft Metashape).
Fig. 4 – Area A, Ed. II: a-c) Nuvole di punti; d) Orientamento assoluto (Agisoft Metashape).
singoli saggi di scavo, elementi del paesaggio sia antropici
(incroci stradali, casolari) sia naturali (affioramenti di rocce,
delimitazione di campi, vegetazione, ecc.). Avviando
la procedura di O.E. assoluto, i GCPs sono stati posizionati
in ciascuna immagine e distinti in 7 Control Points e 4
Check Points nel sistema di riferimento scelto. Per irrobustire
il blocco fotogrammetrico sono stati calcolati automaticamente
25 punti di legame (Tie Points) consentendo di
effettuare la triangolazione aerea (TA) a stelle proiettive
(i.e. bundle adjustment), e di ottenere un RMSE (Root Mean
Square Error) di 0,4 pix ed un’accuratezza di 0,1 m sul terreno.
Tali risultati sono stati valutati positivamente in considerazione
di una scala media dei fotogrammi ≈ 1:30˙000.
Ultimata la TA, si è proceduto alla creazione di una nuvola
di punti tramite il modulo EAte (Enhanced Automatic Terrain
Extraction). Da essa, dopo opportuna verifica e editing,
è stato prodotto il DEM (Digital Elevation Model). Successivamente
attraverso una procedura di selezione delle classi
“Buildings” e “Ground” è stato generato il DTM (Digital
Terrain Model): in questo modo è stato possibile isolare gli
elementi antropici (Buildings) e vegetazionali da quelli a
terra (Ground) e ottenere importanti informazioni di natura
geomorfologica. Per completare il processo fotogrammetrico,
è stato generato l’ortofotomosaico utile nella fase di
fotointerpretazione archeologica e analisi geospaziale in
ambiente GIS.
Rilievo aerofotogrammetrico del tempio ittita (Ed. II)
L’elaborazione fotogrammetrica dell’Ed. II in Agisoft Metashape
ha richiesto la selezione di 112 fotogrammi al fine
di ottenere una copertura ottimale della zona del tempio e
un buon overlap.
I fotogrammi sono stati preliminarmente sottoposti al controllo
qualitativo della nitidezza e contrasto e, successivamente,
allineati per la generazione della Sparse Cloud (Fig.
4 a). Per l’allineamento delle immagini si è scelto un livello
di accuratezza alto (High) ed è stata impostata l’opzione
Reference preselection, considerando le coordinate X, Y e Z
contenute nei metadata dei fotogrammi (EXIF) nel sistema
di riferimento geografico WGS84 (EPSG: 4326). Tale procedura
ha consentito di ottenere l’orientamento relativo del
blocco fotogrammetrico (oltre a una prima approssimazione
dell’orientamento assoluto). L’orientamento assoluto è
stato ricavato mediante il posizionamento di 22 GCPs e 4
Check Points uniformemente distribuiti sulla superficie della
scena e dalla cui ottimizzazione si è ottenuto un RMSE di
0,5 pix corrispondente a un’accuratezza di 2 cm al suolo.
Tale risultato è stato giudicato positivamente in base a una
scala media dei fotogrammi di 1:2˙500 e un GSD (Ground
Sampling Distance) di 8.53 mm/pix (Fig. 4 d).
La nuvola di punti densa (Dense Cloud) è stata realizzata
impostando un livello qualitativo alto (High) e un Depth
filtering di tipo Aggressive al fine di eliminare tutti i punti
erroneamente individuati dal software (outliers). Prima
di procedere alla generazione del modello tridimensionale
texturizzato e del DEM, la nuvola è stata ulteriormente pulita
dai punti sparsi non considerati dal filtro Aggressive e
sottoposta ad una classificazione in base a elementi fisici
(suolo e vegetazione) e antropici (evidenze archeologiche)
(Fig. 4 b-c).
Il modello tridimensionale è stato generato in formato Mesh
con una struttura fatta di 82˙015 poligoni, 41˙270 vertici
e una risoluzione della texture di 2˙048 x 4 (Fig. 5 a-b). Il
DEM (Fig. 5c) è stato calcolato sulla base della Dense Cloud
8 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 9
Fig. 5 – Area A, Ed. II: a) Mesh; b) Modello 3D texturizzato; c) DEM; d) Ortofotomosaico (Agisoft Metashape).
Fig. 6 – DTM dell’area geografica di Uşaklı Höyük e digitalizzazione degli elementi fisici e antropici (da ESRI ArcScene)
Fig. 7 – Analisi spaziali e geomorfologiche: a) Hillshade; b) Slope; c) Contour (ESRI ArcScene).
nel sistema di riferimento planimetrico del modello fotogrammetrico
con una risoluzione di 1.71 cm/pix: l’opzione
di interpolazione ha consentito di colmare le eventuali
lacune di punti presenti nei dati-sorgente (nuvola densa).
Successivamente si è avviata la procedura di generazione
dell’ortofotomosaico con una risoluzione spaziale di 8,53
mm/pix (Fig. 5d).
I prodotti ottenuti sono stati esportati e caricati in ESRI
ArcGISPRO per la visualizzazione del modello tridimensionale
del tempio. Infine, per una lettura più immediata delle
Unità Stratigrafiche (US) documentate al momento dello
scavo, sono stati importati nel programma gli shapefiles lineari
creati in AutoCad e classificati in base alle rispettive
caratteristiche tipologiche.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Ortofotocarta dell’höyük
L’ortofotomosaico dell’höyük è stato impiegato in ambiente
GIS come base raster dei dati vettoriali relativi a tutte le
evidenze archeologiche rinvenute dal 2013 al 2017, così da
ottenere un’ortofotocarta comprendente: i) l’Area A pertinente
al grande tempio ittita del Tardo Bronzo (Ed. II), ii)
l’Area B con strutture di epoca romana (Ed. I), iii) l’Area C
inerente ad una porzione del sistema difensivo dell’acropoli
nell’Età del Ferro e, iv) l’Area D con i resti del palazzo
ittita del Tardo Bronzo (Ed. III). Le strutture archeologiche
non ancora scavate, ma note grazie alle indagini geofisiche
condotte in precedenti campagne, sono state individuate e
tracciate sulla carta mediante shapefiles lineari (Ed. IV-VIII)
al fine di avere un’idea più precisa del contesto insediativo
del sito in un così esteso arco temporale. La Fig. 6a mostra
il DTM in vista prospettica da sud-est con evidenziate le
aree di scavo.
L’analisi geomorfologica dell’area ha permesso di definire
le caratteristiche del territorio in rapporto alle evidenze archeologiche:
in particolare, sfruttando le informazioni delle
altezze dei singoli punti nel DTM, è stato possibile ottenere
l’illuminazione solare relativa (Hillshade), le pendenze
(Slope) e le curve di livello (Contour lines) del modello.
L’Hillshade (dato ombreggiato) è stato creato allo scopo di
enfatizzare gli elementi del microrilievo della terrazza e
dell’höyük (Fig. 7c). Il modello ombreggiato mostra i lineamenti
geomorfologici dell’höyük costituito da un monticolo
troncoconico (30 m ca.) e da un’ampia terrazza visibile lungo
i lati est, nord e ovest. La pendenza delle zone elevate
è stata ottenuta mediante il calcolo dello Slope (Fig. 7d):
è evidente come i pendii tendano ad essere più ripidi in
corrispondenza del declivio del monticolo, dove i livelli di
accumulo antropici sono più consistenti, e più attenuati in
corrispondenza dei limiti della terrazza che digradano dolcemente
verso la pianura.
Le curve di livello sono state calcolate con un’equidistanza
di 1 m a partire dal DTM (Digital Terrain Model) dell’höyük
(Fig. 7b).
Complessivamente, si può notare un modello insediativo
formato da tre settori (Tavv. i-ii). Un primo settore è occupato
dalla terrazza orientale (città bassa) sede del tempio
ittita (Ed. II) e di alcune strutture di periodo romano che in
parte obliterano i resti più antichi (Ed. I). In corrispondenza
del pendio nord-orientale della terrazza, si pongono gli Ed.
IV e V, rilevati mediante indagine geofisica, che potrebbero
aver costituito parte di un sistema di fortificazione con
varchi d’accesso e strutture a casematte laterali da datare,
sulla base dei reperti recuperati nell’area, tra la Media e la
Tarda Età del Bronzo. Un secondo settore è costituito dalle
pendici del monticolo con i resti delle fortificazioni dell’Età
del Ferro che nel settore meridionale insistono sul palazzo
del Tardo Bronzo (Ed. III). Un terzo settore, infine, è collocabile
sulla sommità del monticolo (acropoli) con i resti di
una struttura semicircolare (Str. VIII) di incerta attribuzione
cronologica ma che, in base alla tecnica edilizia, potrebbe
rimontare ad Età Tardo-Romana.
Modello tridimensionale e rilievo planimetrico del tempio
ittita
Del tempio ittita è stato effettuato un accurato rilievo aerofotogrammetrico
che ha permesso di ottenere un modello
10 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 11
Tav. i – DTM dell’höyük con evidenze archeologiche 2013-2017 (QGIS).
Tav. ii – Ortofotocarta di Uşaklı Höyük (QGIS).
tridimensionale e un rilievo planimetrico di dettaglio (Tav. iii).
L’importazione dell’ortofotocarta e dei rispettivi elementi
vettoriali in QGIS ha consentito di ottenere il rilievo planimetrico
dell’edificio opportunamente editato mediante un
layout di stampa con simbologia degli elementi archeologici
noti. Dall’osservazione della pianta del tempio sono emerse
una serie di informazioni utili per la comprensione delle
tecniche edilizie, la definizione degli spazi e l’interpretazione
delle fasi costruttive dell’edificio.
L’edificio occupa un’area della terrazza orientale pari a
2˙025 m 2 con una lunghezza di 45 m per lato e si articola in
16 ambienti racchiusi in poderose mura di massi in granito
spesse più di 2 m. Da un punto di vista conservativo, il monumentale
edificio consta delle sole fondazioni e parte degli
Tav. iii – Planimetria Area A, Ed. II: fasi cronologiche (QGIS); interpretazione dei resti architettonici basata sulle immagini fotografiche.
12 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 13
alzati murari giacché numerosi blocchi sono stati dilapidati
e reimpiegati nella costruzione di edifici più tardi.
Di notevole interesse risulta la tecnica costruttiva impiegata
nelle fondazioni ed evidenziata nel rilievo planimetrico:
le possenti fondazioni in tecnica megalitica poggiano
su sotto-fondazioni più o meno profonde costituite da vari
corsi di pietre irregolari di media e piccola grandezza. Tali
corsi sono ben visibili nella planimetria dell’edificio in quanto
sporgono leggermente rispetto alla zoccolatura del muro
sovrastante.
Da un punto di vista planimetrico, è possibile osservare
un’articolazione dell’edificio in più unità architettoniche
composte da ambienti di piccole e grandi dimensioni a pianta
prevalentemente rettangolare. Di seguito si riportano
gli elementi planimetrici più significativi: i) gli ambienti
paralleli stretti e allungati rinvenuti nell’unità nord-occidentale
sono interpretabili come magazzini; ii) nel corpo
centrale sono visibili ambienti rettangolari di medie e grandi
dimensioni che rappresenterebbero corti a cielo aperto,
secondo una tipologia architettonica ben nota in tutte le
infrastrutture palatine e templari del Vicino Oriente antico;
iii) nell’unità nord-orientale sono stati rinvenuti blocchi
squadrati di grandi dimensioni che farebbero pensare all’esistenza
di una struttura turrita, un elemento non inverosimile
in un edificio monumentale di questo tipo, sebbene
le evidenze non consentano per ora una lettura univoca.
All’interno dell’edificio sono stati rinvenuti i resti di strutture
irregolari più tarde edificate in una fase in cui l’edificio
era stato dismesso. Pertanto, sono state definite due fasi
cronologiche: una prima fase di epoca ittita della Tarda Età
del Bronzo, a cui risale l’edificio templare, e una fase di
rioccupazione post-abbandono di Età Tardo-Antica.
CONCLUSIONI
Quanto emerso dal presente lavoro ha consentito di valutare
molto positivamente l’impiego della fotogrammetria
digitale nel caso di studio trattato. Si è potuto constatare
come l’integrazione dei dati topografico-fotogrammetrici di
acquisizione, elaborazione e analisi territoriale (GIS) abbia
permesso di ottenere i risultati prefissati inerenti al sito
archeologico di Uşaklı Höyük. In particolare, di notevole
utilità è risultata la generazione dell’ortofoto dell’höyük,
dalla quale è derivata un’ortofotocarta in scala 1:500, che
ha aiutato a geolocalizzare e visualizzare tutti i dati archeologici
vettoriali rilevati dal 2013 ad oggi (Aree A, B, C e D).
La risoluzione di 10,5 cm/pix dell’ortofotomosaico e le opportune
analisi geomorfologiche effettuate sul DTM hanno
permesso di apprezzare in maniera soddisfacente i risultati
rendendo palesi forma, dimensione e distribuzione degli
edifici, sia lungo le pendici del monticolo dell’höyük (Aree
C-D) sia sulla terrazza orientale (Aree A-B). In tal modo, è
stato possibile visualizzare, in un unico ambiente di lavoro,
i dati relativi ai vari assetti insediativi documentati a Uşaklı
Höyük nel lungo arco cronologico, dalle fasi di occupazione
ittite e frigie (II-I millennio a.C.) alla Tarda-Antichità.
La necessità di poter disporre di un valido strumento di supporto
e conoscenza della totalità dei dati di interesse archeologico
ha reso indispensabile la creazione di un geodatabase
che consentisse di organizzare, analizzare e interpretare
i dati di scavo al fine di ottenere importanti informazioni
circa la cronologia, la destinazione d’uso degli ambienti e
le modalità di esecuzione tecnica delle strutture. Non meno
significante, in tal senso, si è rivelato l’accurato rilievo aerofotogrammetrico
effettuato sul monumentale Ed. II, il
tempio ittita risalente al Tardo-Bronzo (II mill. a.C.). Grazie
all’elevata accuratezza metrica del prodotto finale (2
cm/pix) è stato possibile ricavare importanti informazioni
riguardanti la planimetria generale della struttura, l’articolazione
e la distribuzione dei singoli ambienti, le misure
planimetriche degli spazi e dei resti murari, ecc. Un progetto
GIS così concepito, oltre che essere una fonte preziosa di
conoscenza e analisi, vuole fungere da opportuno strumento
di intervento e pianifica di nuovi scavi archeologici.
Bibliografia
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Note
1 Le immagini e le planimetrie presenti nel seguente articolo sono
parte dell’archivio dell’Uşaklı Höyük Archaeological Project (UHAP).
2 http://usaklihoyuk.org/
3 http://www.geotecnologie.unisi.it/
4 Le prime ricerche recenti a Uşaklı Höyük sono state condotte
nell’ambito del Kerkenes Project di G.D. e M.E.F. Summers e K.
Ahmet (1995) tra il 1993 e il 1994 (https://sciences.ucf.edu/).
5 Le attività sul sito di Uşaklı Höyük hanno riguardato approfondite
prospezioni archeologiche, 2008-2012 (D’Agostino & Orsi 2015), geofisiche,
2008-2011 (Mazzoni 2015) e scavi, 2013 ad oggi (Mazzoni
et al. 2019) al fine di documentare l’assetto storico e insediativo
dell’höyük.
Abstract
This paper examines the use of digital photogrammetry and terrain data management
within GIS applied to Archaeology, i.e. the study and reconstruction
of the settlement layout of Uşaklı Höyük (Central Anatolia, Turkey) during the
Hittite period, through 3D surveys and geo-spatial analyses.
Thanks to the data acquisition and processing using algorithms software, i.e.
Structure for Motion and Multi-view stereo, it was possible to create highresolution
photogrammetric products and cartographic maps valuable for
interpreting and further examining archaeological evidence collected during
excavations. These products include: i) Digital Elevation Models (DEM), ii) 3D
textured models, iii) aerial photogrammetric survey of the Hittite temple
(Building II) at a scale of 1:200 and, iv) the orthophoto map of the höyük at
a scale of 1:500.
Parole chiave
Fotogrammetria da drone; Modellazione 3D; GIS; Cartografia archeologica
Autore
Dott. Vincenzo Regine
vincenzoregine1990@gmail.com
Centro di Geotecnologie (CGT), Arezzo
MUSEI
Molise: una strategia digitale per
la divulgazione del patrimonio
culturale della regione
di Lia Montereale, Leandro Ventura
Fig. 1 - Santuario Italico di Pietrabbondante (IS). Foto di Lia Montereale.
La dimensione culturale odierna è stata investita
da un notevole numero di cambiamenti e trasformazioni
concernenti la fruizione del patrimonio
culturale, anche grazie al ruolo sempre più centrale
svolto dalla tecnologia nelle sue molteplici
sfaccettature (siti web, app per telefoni e tablet,
realtà aumentata, realtà virtuale, videogames
dedicati alla cultura, social network, etc.). I luoghi
della cultura devono affrontare nuove tipologie
di visitatori con nuove esigenze e nuovi bisogni,
visitatori che hanno bisogno di reperire, in maniera
veloce e immediata, una quantità sempre maggiore
di informazioni. Con l’avvento di internet si
è assistito, nel corso degli anni, ad uno sviluppo
sempre più intenso di siti web (che soprattutto nei
Paesi anglosassoni sono dei veri e propri portali
della cultura), ad un uso sempre maggiore dei
social network come piattaforme per descrivere le
proprie attività, comunicare con i cittadini e condividere
contenuti ed informazioni. Le tecnologie
hanno dunque indotto alla nascita di un marketing
culturale digitale. Esso può sia sostituirsi completamente
a quello tradizionale, dunque puntando
su una fruizione virtuale dell’offerta culturale, sia
affiancarlo, tanto puntando a predisporre strumenti
di supporto, miglioramento e incentivazione alla
fruizione in presenza nonché prodotti autonomi ma
funzionali alla fruizione concreta (con fini di replica,
approfondimento, consolidamento e memoria
dell’esperienza svolta), quanto usando i canali digitali
per creare e migliorare le condizioni di visita.
IL PATRIMONIO CULTURALE DEL MOLISE
In base all’articolo 2 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) il patrimonio
culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici,
da intendersi i primi come tutti quei beni mobili e
immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico,
etnoantropologico, archivistico e bibliografico e gli
altri beni individuati dalla legge o in base alla legge quali testimonianze
aventi valore di civiltà, mentre i secondi sono da
intendersi come l’insieme degli immobili e delle aree di cui
all’articolo 134 del Codice dei beni culturali e del paesaggio
costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali,
morfologici ed estetici del territorio, comprensivo degli altri
beni individuati dalla legge o in base alla legge. Inoltre,
rientrano nel concetto di patrimonio culturale anche le specificità
locali di tipo immateriale come le tradizioni, le minoranze
linguistiche, i saperi e le abilità legati alla produzione
artigianale o di tipo enogastronomico, tutti aspetti che hanno
notevolmente ampliato la portata del patrimonio culturale.
Il Molise, regione italiana del centro-sud Italia, possiede un
immenso patrimonio culturale materiale (figura 1) e immateriale
(figura 2) che attraversa una storia millenaria dalla preistoria
all’epoca contemporanea. La regione vanta la presenza
di castelli, aree archeologiche, complessi monumentali,
musei archeologici, musei demo-etnoantropologici e chiese,
a cui si aggiungono paesaggi, feste, riti e tradizioni, anche
enogastronomiche, che rendono il Molise una terra unica e
genuina, dove è ancora possibile rivivere forme di turismo
lento e autentico.
14 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 15
I musei archeologici e le aree archeologiche statali costituiscono
le testimonianze più importanti delle civiltà e della
storia del Molise. Il patrimonio archeologico presente nella
regione è infatti costituito da siti e musei testimoni di una
storia che inizia durante l’età del Paleolitico, attraversa l’epoca
dei Sanniti e dei Romani, fino a raggiungere il Medioevo.
Per quanto riguarda i musei archeologici, il Museo Nazionale
del Paleolitico di Isernia espone reperti di tipo paleontologico,
il Museo Sannitico di Campobasso raccoglie evidenze archeologiche
risalenti dalla tarda preistoria fino al Medioevo, e
il Museo Archeologico di Venafro custodisce antichità romane
e medievali. Ai musei si aggiungono le imponenti aree archeologiche
quali Altilia-Sepino, il Santuario Italico di Pietrabbondante
e il complesso monumentale medievale dell’abbazia di
San Vincenzo al Volturno, la quale, grazie ai privilegi concessi
da Carlo Magno nell’anno 787 d.C., divenne una delle più importanti
d’Europa.
Dal punto di vista paesaggistico, il Molise si caratterizza per
la vastità della natura e dei paesaggi (figura 3) montani, collinari,
lacuali e marini, di cui fanno parte le vie tratturali e i
borghi (figura 4).
Anche il suo patrimonio culturale demoetnoantropologico e
immateriale presenta proprie caratteristiche e aspetti specifici.
Ne fanno parte feste e riti che per colori, costumi e
scenografia, diventano quasi delle vere e proprie rappresentazioni
teatrali (come la processione dei Misteri che si svolge
il giorno del Corpus Domini a Campobasso). In alcuni casi
sono di natura ancestrale, come il rito dell’Uomo Cervo a
Castelnuovo al Volturno che si svolge l’ultima domenica di
Carnevale, in altri sono forme di ringraziamento ai Santi
protettori (come la festa del grano che celebra Sant’Anna
per aver protetto Jelsi dal terremoto che colpì il Molise il 26
luglio 1805), o si tratta di riti per festeggiare l’arrivo della
nuova stagione, come la festa del Maje, celebrata il 1 Maggio
in diverse località abitate dalle storiche comunità di lingua
croata, tra cui Fossalto e Acquaviva Collecroce, per dare il
benvenuto al nuovo mese; per l’occasione, la Pagliara, che
personifica Maggio, decorata con fronde verdi, rami e fiori
freschi, sfila per le strade portando fortuna, abbondanza e
buoni auspici. Fanno parte del patrimonio culturale immateriale
del Molise anche i costumi tradizionali, testimonianza di
un popolo contadino dedito prevalentemente all’agricoltura
e alla pastorizia. Si distinguevano per il borgo di provenienza
e indicavano lo status di chi li indossava. Le stesse minoranze
linguistiche, tra cui quella croata già ricordata, sono ancora
oggi presenti in alcune zone molisane, risalgono al XV secolo
d.C. e sono anch’esse espressione della storia del Molise e
della sua identità. La cucina molisana, a sua volta, ricca e
variegata, è influenzata da fattori storici e geografici e costituisce
elemento di appartenenza e di identità culturale. Molti
piatti sono legati alla pastorizia e sono a base di latticini e
formaggi, ma molte sono anche le pietanze a base di carne e
quelle legate ai prodotti della terra. Il tartufo, nella versione
bianca e nera, a sua volta costituisce una parte consistente
della produzione enogastronomica molisana, come testimoniato
dai numerosi eventi e sagre a esso dedicati. La Tintilia,
vitigno autoctono molisano, fu introdotto nella seconda metà
del Settecento dai Borbone, già radicati anche in Spagna. La
Tintilia deriva infatti il suo nome dal castigliano tinto, col quale
si indica il vino rosso. Profondamente collegato alla storia
e alla tradizione della civiltà contadina pastorale, costituisce
l’espressione autentica dell’enologia molisana. L’olivicoltura
costituisce anch’essa un tratto caratteristico del patrimonio
enogastronomico del Molise. Le innovazioni più significative
nel campo dell’olivicoltura vennero introdotte dai monaci
Benedettini nell’Alto Medioevo. Una zona in cui è particolarmente
presente è quella di Larino (Basso Molise). Già durante
Fig. 2 - Natale ad Agnone o ‘Ndocciata. Foto appartenente all’Archivio Fotografico
dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del MiBACT.
il periodo classico si narra della presenza di coltivazioni di
questo tipo. Cicerone, nel suo Pro Cluentia, celebra la laboriosità
e la dedizione dei Larinati e le qualità di una terra
fertile e produttiva. Livio, negli Annales, racconta della presenza
di coltivazioni di olivo nell’area frentana. Le tipologie
di olive autoctone più coltivate sono la Gentile di Larino, la
Rosciola, l’oliva nera di Colletorto, la Curina, la Olivastra e la
Cerasa di Montenero. La Gentile di Larino rappresenta circa
un terzo dell’olivicoltura molisana. Anche nell’area intorno a
Venafro è presente una delle maggiori produzioni olearie del
Molise, documentata fin dall’età romana. Le fonti narrano infatti
della coltivazione di un olio particolarmente apprezzato
dai Romani. La produzione di olio continuò fino all’età moderna,
come testimoniato abbondantemente da atti e studi
di viaggiatori e funzionari del Regno di Napoli.
LA STRATEGIA DIGITALE DEL SEGRETARIATO
REGIONALE MIBACT PER IL MOLISE
Negli anni 2018, 2019, 2020, il Segretariato Regionale per il
Molise, articolazione territoriale del Ministero per i beni e le
attività culturali e per il turismo, ha inteso rinnovare la propria
strategia di promozione e comunicazione del patrimonio
culturale indirizzandosi verso un’offerta culturale che, accanto
ai tradizionali strumenti di divulgazione del patrimonio
culturale, rispondesse alle nuove esigenze del suo pubblico di
visitatori. In quest’ottica, si è partiti dal presupposto che il
Fig. 3 - Macchia Valfortore(CB). Foto di Donato D'Alessandro
Fig. 4 - Pesche (IS). Foto di Lia Montereale.
turista che si accinge a visitare una qualsivoglia località e il
suo patrimonio culturale e paesaggistico, prima di acquistare
un biglietto per il treno o per un volo aereo, o un biglietto
di ingresso ad un luogo della cultura, avrà inizialmente un
approccio di tipo digitale e ricercherà informazioni e notizie
sui siti web.
Il Segretariato Regionale per il Molise ha dunque ritenuto di
riconfigurare e aggiornare il proprio sito web (nel layout e
nei contenuti) www.molise.beniculturali.it secondo le linee
guida fornite dall’Agid, per renderlo più organizzato e facile
da consultare nella ricerca delle informazioni. Inoltre è
responsive e consultabile sia da computer che da dispositivi
mobili. Successivamente sono state realizzate nove mappe
tematiche interattive (figura 5), disponibili sul nuovo sito
web, che raccolgono, aggiornano e consentono di divulgare le
informazioni e i dati concernenti il patrimonio culturale del
Molise. Lo scopo è stato quello di eliminare la frammentarietà
e la disorganicità delle fonti di informazione e comunicazione
e contribuire ad accrescere la consapevolezza delle
risorse culturali presenti sul territorio, viste anche nella loro
integrazione e nei loro legami reciproci. Il Segretariato Regionale
intende infatti contribuire al potenziamento di forme
di turismo lento e non convenzionale che prediligano la conoscenza
della regione, delle sue origini e della sua identità. Le
Mappe Tematiche raccontano l’intero patrimonio culturale
del Molise, materiale e immateriale, fornendo testi, link di
approfondimento e immagini. Sono interattive, costruite su
piattaforma Google di cui sfruttano le potenzialità offerte
(es. vista satellite, condivisione, indicazioni stradali etc.),
sono dedicate ognuna ad uno specifico tema del patrimonio
Fig. 5 - Esempio di mappa tematica interattiva.
culturale del Molise e sono utilizzabili sia da dispositivo fisso
che mobile. Si tratta di: Aree Archeologiche, Arte, Borghi,
Enogastronomia, Feste e Tradizioni, Minoranze Linguistiche,
Musei Archeologici, Musei Locali e Tratturi.
Per favorire la conoscenza del patrimonio culturale del Molise
e attirare un pubblico più distante, meno curioso e meno interessato
alla cultura, è stato realizzato un fumetto digitale
C’era una volta Molise. Il progetto mette insieme immagini e
uno stile comunicativo più conversazionale, comprensibile e
accattivante. Il protagonista della storia è un frate, Fra’ Giuseppe,
personaggio di fantasia, che ha il blocco dello scrittore
e non sa come riempire le pagine del suo manoscritto.
Decide così di lasciare la sua abbazia e recarsi in Molise. Il
Molise è una regione ancora poco esplorata e sicuramente
troverà ispirazione e idee per il suo libro. Attraverso le sue
avventure, Fra’ Giuseppe ci racconta l’identità e i luoghi più
suggestivi e autentici del Molise. Per approcciare pubblici di
diverse nazionalità, il testo è stato tradotto in lingua inglese
e spagnola.
Un ulteriore progetto realizzato ha visto la collaborazione del
Segretariato Regionale per il Molise con Rai Molise. Il prodotto
finale è stato il video-spot Molise Terra di Meraviglie.
Racconta la storia di una ragazza che si perde con la sua macchina.
Nel tentativo di ritrovare la strada del ritorno, inizia
un viaggio che la porterà a conoscere le ricchezze culturali
e paesaggistiche della regione. Questo spot intende promuovere
un turismo lento e non convenzionale che è ancora possibile
in una regione tanto piccola quanto autentica come il
Molise. Nel video sono presentati monumenti, borghi storici,
scorci paesaggistici e riti riconducibili al patrimonio immateriale
regionale.
È stata inoltre realizzata una collana editoriale dal titolo Prospettive.
I luoghi della cultura del Molise, scaricabile sia dal
sito web del Segretariato Regionale per il Molise che dal sito
web della Direzione Regionale Musei Molise. La collana ha
inteso raccontare i luoghi della cultura del Molise. Per l’occasione,
tre volumi sono stati dedicati ai luoghi della cultura
locali di appartenenza non statale a carattere prevalentemente
etnografico.
A seguito del diffondersi dell’epidemia COVID-19, l’uso delle
piattaforme online e della tecnologia ha subito un incremento
senza precedenti. Tutto il mondo della cultura si è attivato
per rendere disponibili online le proprie collezioni, i propri
cataloghi ed in generale i propri progetti. Il Ministero per i
beni e le attività culturali e per il turismo ha aderito a L’Italia
Chiamò, la campagna nata spontaneamente sulla rete
che vede molti artisti, giornalisti, musei e istituzioni culturali
impegnati in un grande evento finalizzato alla raccolta fondi
per la Protezione Civile. L’iniziativa rientra nella campagna
#iorestoacasa, diffusa su diverse piattaforme social, la quale
invitava i cittadini italiani a ridurre gli spostamenti per
combattere la diffusione del Coronavirus. L’Italia Chiamò ha
quindi reso disponibili le iniziative virtuali di musei, siti archeologici,
biblioteche, archivi, nonché i prodotti digitali di
spettacolo, cinema, audiovisivo e musica, grazie ai contributi
delle istituzioni culturali, statali e non, che hanno aderito.
In tale ambito, il Segretariato regionale per il Molise ha dato
il proprio contributo alla campagna rilanciando una serie
di progetti tra cui le mappe tematiche, il fumetto digitale
e il video realizzato con la RAI, utilizzando anche i canali
nazionali del Mibact (sito web nazionale e canale YouTube)
per dare una maggiore visibilità ai progetti e raggiungere un
pubblico più ampio.
Inoltre, in collaborazione con la Direzione Regionale Musei
Molise, è stata lanciata il 14 aprile 2020 la campagna di
comunicazione istituzionale Quanto conosci il Molise. Tutti
sono stati invitati a usare l’hashtag ufficiale #quantoconosciilmolise
e a pubblicare foto dei luoghi del Molise più amati,
16 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 17
anche tra i meno conosciuti. Lo scopo infatti è stato quello
di promuovere l’immagine del Molise in Italia e all’estero, e
raccontare in pillole il patrimonio culturale in esso presente,
valorizzando e diffondendo la conoscenza sia dei luoghi della
cultura statali che dei musei più piccoli, ma altrettanto
importanti e rappresentativi. È stato creato uno storytelling
che alterna i testi e gli approfondimenti visibili sui siti web
del Segretariato Regionale e della Direzione Regionale Musei
alle descrizioni più coinvolgenti e partecipative presenti sui
canali social della Direzione Regionale Musei Molise (Facebook,
Instagram e Twitter). Per la campagna è stato scelto
un logo ufficiale (figura 6) costituito dalla forma geografica
del Molise al cui interno, sulla destra, è visibile la Fortezza,
una delle quattro virtù cardinali appartenente ad un affresco
del Castello di Capua a Gambatesa in provincia di Campobasso.
A sinistra invece, una parte del territorio in provincia di
Isernia è visibile dal teatro di Pietrabbondante. La campagna
ha riscosso un buon risultato e il sito web del Segretariato
regionale ha incrementato il traffico dei visitatori online. A
gennaio e febbraio 2020 il traffico verso il sito web del Segretariato
Regionale ammontava, per ciascuno, a 1200 visitatori,
a marzo a 1700, per arrivare poi ai 2700 visitatori di aprile
(mese di inizio della campagna di comunicazione) e ai 3200
di maggio. Un risultato altrettanto soddisfacente si è ottenuto
sui canali social della Direzione Regionale Musei Molise,
in particolare su Instagram e Twitter che, in occasione della
campagna, sono stati riattivati dopo circa due anni che erano
fermi. Twitter, ad esempio, da una situazione di partenza di
120 followers ha raggiunto nelle prime settimane i 200 utenti
(un incremento di circa 2/3). Discreta è stata anche l’interazione
con la community, comprensiva di commenti, retweet
e citazioni. Questa situazione emergenziale non solo ha incentivato
il mondo della cultura a rafforzare l’offerta culturale
digitale per consentire ai propri consumatori di fruire dei
prodotti culturali anche da remoto in una circostanza in cui
sono state attuate drastiche misure di distanziamento sociale
e di chiusura delle attività non essenziali, ma ha costituito sicuramente
motivo di riflessione ai fini di rendere permanente
l’offerta digitale all’interno del portfolio dei servizi culturali
realizzati e di investire su piattaforme e strumenti tecnologici,
su esperienze virtuali e storytelling digitale e sulla
formazione di nuove figure.
CONCLUSIONI
I musei archeologici e le aree archeologiche statali costituiscono
quindi le testimonianze più importanti delle civiltà e
della storia del Molise. La conservazione delle identità territoriali
e delle radici culturali delle sue comunità svolge un
ruolo centrale per lo sviluppo sociale e per il rilancio, anche
economico, del territorio.
Il paesaggio del Molise e la sua morfologia sono l’espressione
dei valori storici e culturali che lo hanno caratterizzato e trasformato
nel corso dei secoli.
È fondamentale dunque riuscire a comunicare e divulgare un
patrimonio culturale così imponente che rischierebbe altrimenti
di non essere compreso o conosciuto. La creazione di
una strategia digitale si rileva quindi essenziale per raggiungere
pubblici e turisti, distanti sia geograficamente che culturalmente
dai beni culturali e paesaggistici della regione.
Aver creato un sito web strutturato e responsive ha senza
dubbio facilitato la comunicazione e il dialogo con gli utenti e
la loro ricerca di notizie e informazioni. Le mappe tematiche
interattive, a loro volta, hanno avuto il vantaggio di organizzare
su un’unica piattaforma, i dati e le informazioni riguardanti
il patrimonio culturale del Molise, sfruttando allo stesso
tempo le potenzialità e l’interattività Google. Allo stesso
modo, il fumetto digitale C’era una volta Molise ha voluto
raccontare, in chiave grafica e con un linguaggio più sempli-
ce, un intenso e ricco patrimonio culturale, successivamente
ripreso e descritto, in maniera più scientifica e dettagliata,
dalla collana editoriale Prospettive. Il patrimonio culturale
del Molise, e disponibile su http://www.molise.beniculturali.it
e http://www.musei.molise.beniculturali.it.
Si è cercato, talvolta con buon successo, di attivare una
rete con le altre istituzioni presenti sul territorio, per creare
un’immagine unitaria da trasmettere all’esterno. In questo
senso infatti il video Molise Terra di Meraviglie è stato il prodotto
della collaborazione tra il Segretariato Regionale Mi-
BACT per il Molise e Rai Molise. Sarà però importante avviare
forme di collaborazione territoriale più strette con le varie
comunità e le istituzioni locali, che però spesso operano in
una sorta di aureo isolamento che dovrà essere superato in
un’ottica di crescita comune, anche con la creazione di cooperative
di comunità che, possibilmente in rete tra loro e
in collaborazione con gli uffici del MiBACT e della Regione
Molise, possano indirizzare lo sviluppo dei vari territori, anche
con il fine di limitare lo spopolamento dei piccoli borghi.
La sfida è perciò quella di creare un equilibrio tra passato
e presente, usando strategie organizzative nuove, linguaggi
contemporanei e i più recenti strumenti digitali e tecnologi,
per comunicare un patrimonio culturale ultra-millenario
come quello presente in Molise.
Fig. 6 - Logo ufficiale campagna istituzionale Quanto Conosci il Molise.
Abstract
This document is divided into four sections. The first section, the introduction,
analyses the transformations that the cultural sector has been undergoing
in recent years driven by the development of digital tools and accelerated
by Covid-19. The second section describes the cultural heritage of Molise
in terms of both its tangible and intangible components. The third section
shows the digital strategy developed by the Regional Secretariat for Molise in
order to spread the knowledge of the cultural heritage of Molise. Included is
the description of the new website www.molise.beniculturali.it, of the nine
interactive maps, of the digital comic book Once upon a time in Molise, of the
video Molise Land of Wonders, and of a series of online books. The fourth section
is dedicated to the conclusions which stress the way in which the projects
discussed have contributed to the spread of Molise’s cultural heritage and
opened the way to further future transformations).
Parole Chiave
Digitale; patrimonio; diffusione; fruizione; cultura; turismo; molise
Autore
Lia Montereale
lia.montereale@beniculturali.it
già funzionario per la promozione e comunicazione presso il Segretariato
Regionale Mibact per il Molise
Leandro Ventura
leandro.ventura@beniculturali.it
già Segretario Regionale per il Molise e Direttore Regionale Musei Molise
RIVELAZIONI
Modelli 3D e dati GIS: una loro
integrazione per lo studio e la
valorizzazione dei beni culturali
di M. Canciani, M. Saccone, G. Spadafora, S. Migliori, M. Mongelli, M. Puccini,A. Quintiliani, A. Gallia, C. Masetti
Fig. 1 - Schema dell'integrazione reciproca tra i dati disponibili.
Le tecnologie digitali rappresentano uno strumento sempre più
indispensabile per condividere contenuti relativi al patrimonio
culturale volti a favorirne la comunicazione con diverse finalità,
spesso trasversali ed aperte ad un’utenza eterogenea, con
competenze distinte, ma talvolta integrabili. È fondamentale
disporre di un’infrastruttura ICT Open Source connessa in rete che,
nell’ottica dei principi FAIR (Findable, Accessible, Interoperable,
Reusable), permetta di archiviare i dati dei modelli 3D di realtà
virtuale e aumentata (ovvero immagini, video, metadati o
altro relativi ai modelli di singole opere d’arte, di complessi
architettonici, siti archeologici ecc.) in formati standard e di far sì
che questi siano in grado di interoperare. Ciò velocizza la fruizione
e conseguentemente lo scambio di informazioni tra studiosi e
ricercatori che operano nel settore, consentendo agli enti gestori
dei beni, di arricchire la propria documentazione e parimenti
di offrire servizi web aperti al pubblico. Il paper presenta un
approccio in linea con i principi FAIR (per l’utilizzo integrato di
alcuni strumenti) applicato a due casi studio volti a evidenziarne
l’interoperabilità, la scalabilità, la versatilità.
Il binomio dati 3D e patrimonio culturale
è divenuto inscindibile negli
ultimi anni non solo nella fase di conoscenza,
diagnostica e documentazione
dei beni ma anche nei programmi
messi in atto per la loro valorizzazione,
fruizione e gestione. L’utilizzo dei modelli
3D, siano essi ottenuti da tecnologie
speditive e low-cost (fotogrammetria)
o da scansioni con strumentazioni
ad alta precisione (laser scanner, luce
strutturata ecc.), rappresenta un valido
supporto nel monitoraggio e nella
diagnostica per la conservazione e la
protezione del patrimonio culturale,
nella gestione e programmazione degli
interventi manutentivi, nonché nella
valorizzazione di elementi del patrimonio
artistico non facilmente accessibili.
La possibilità di realizzare progetti di
realtà aumentata e virtuale, promuove
la diffusione della conoscenza con una
maggiore capillarità ed inclusività, andando
a interessare una platea di utenti
sempre più diversificata.
I principi FAIR (https://www.go-fair.
org/fair-principles/) stabiliscono un
insieme di linee guida per favorire lo
scambio e la diffusione di dati digitali,
in particolare scientifici. Gli oggetti e
i dati digitali riferiti ai beni culturali
hanno una valenza scientifica in quanto
completi di informazioni sullo stato di
conservazione dei beni sulle grandezze
misurabili. L’adozione di principi
che possano aiutare la veicolazione di
informazioni può rappresentare dunque
un’utile prassi anche in questo
settore. In quest’ottica si muovono i
Linked Open Data (LOD), ovvero dati
strutturati, leggibili da una macchina
e interconnessi per mezzo di ontologie
comuni che ne consentono una ricerca
semantica, libera ed accessibile. La descrizione
di modelli 3D mediante metadati
di questo tipo estende e potenzia
alcuni strumenti per la loro fruizione,
18 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 19
quali ad esempio i visualizzatori di modelli
3D e quelli di dati GIS. A questo
proposito, nell’ambito della ricerca
condotta da chi scrive, all’interno del
progetto Ecodigit, è stata progettata
una procedura e sviluppata l’estensione
e l’integrazione di strumenti informatici
per la fruizione di modelli 3D e
dati GIS, organizzando i dati secondo i
principi FAIR, utilizzando la metadatazione
basata sulle ontologie ArCo [Carriero
et al, 2019].
L’IMPORTANZA DEL DATO
In molti settori è la quantità di dati
(Big Data) a costituire un importante
valore aggiunto per l’attività. Nel settore
dei Beni Culturali, invece, è soprattutto
la qualità a giocare un ruolo
fondamentale, ovvero quanto il dato
sia completo, ricco, ben strutturato ed
in grado di interagire con quanto già
presente o con quale potenziale possa
rappresentare un’opportunità per futuri
sviluppi e ricerche.
Proprio per questo, il cuore della nostra ricerca, nata
all’interno del progetto Ecodigit ma destinata a svilupparsi
in nuovi progetti di ricerca, è stato orientato a fornire
strumenti e metodi per integrare, nel sistema Anagrafe
(https://dtclazio.it/anagrafe-delle-competenze), nuove tipologie
di dato, come ad esempio modelli 3D o dati georiferiti
provenienti da elaborazioni GIS (Figura 1).
I PRINCIPI FAIR
I principi FAIR nascono da una pubblicazione sulla rivista
Scientific Data nel 2016, ad opera di un consorzio di scienziati
[Wilkinson et al., 2016]. Da questa pubblicazione ha
preso vita la GO FAIR Initiative che si impegna nella diffusione
di tali principi, ormai fatti propri dalla Commissione
Europea. L’impatto stimato [EU Commission, 2019] nell’adottare
questi principi è pari a circa il 78% dei finanziamenti
Horizon 2020.
Descriviamo in maniera sintetica i principi FAIR, acronimo
di:
4 Findable, ovvero reperibile. Ci si riferisce
alla necessità di reperire facilmente
un dato. In tal senso, i metadati
digitali strutturati secondo standard
che li rendano leggibili dal più ampio
spettro di tecnologie software si muovono
in questa direzione.
4Accessible, ovvero accessibile. I dati
e relativi metadati devono poter essere,
una volta trovati in una ricerca,
accessibili e consultabili. Deve quindi
essere chiaro al ricercatore quali siano
gli strumenti, i protocolli e le necessarie
autenticazioni per accedere al
dato. Per questo viene promossa l’adozione
di protocolli aperti, liberi e
universalmente implementabili.
4Interoperable, ossia interoperabile.
Poiché i (meta)dati devono poter interagire
fra di loro e con applicazioni
e processi, devono essere organizzati
Fig. 2 - L’uso della funzione hotspot per l’arricchimento dei contenuti.
secondo linguaggi e standard per la rappresentazione delle
conoscenze, che consentano questa interazione.
4Reusable, ovvero riutilizzabili. I (meta)dati devono essere
rilasciati con licenze chiare e accessibili, nel rispetto degli
standard delle comunità cui ci si riferisce.
È importante sottolineare che questi principi si riferiscono
sia ai dati e metadati che alle infrastrutture che li gestiscono/organizzano/archiviano.
Potenziando e arricchendo gli strumenti software, si sviluppano
e si ampliano anche le opportunità che le loro applicazioni
possono offrire ai Beni Culturali. Far propri questi
principi significa adottare standard riconosciuti e aperti per
i dati e metadati, per la la loro trasmissione e comunicazione,
e per i software utilizzati, e mettere a disposizione
del resto della comunità scientifica e degli studiosi i propri
dati e risultati ottenuti, in modo regolamentato, tutelando
i diritti di attribuzione e favorendone la diffusione e lo
scambio.
Fig. 3 - Interfaccia con alcune funzionalità del visualizzatore in sviluppo.
Fig. 4 - Il collegamento tra dati GIS e modelli 3D nel caso di Porta Latina, Roma.
COSA SONO E PERCHÉ SONO UTILI I LOD PER I BC
LOD sta per Linked Open Data, ovvero dati aperti e collegati
fra loro. Per aperti si intende che sono leggibili e interpretabili
da una macchina ma anche, a seconda dei formati adottati
con diversi gradi di intelligibilità, dall’uomo. Il collegamento
reciproco cui si fa riferimento, invece, riguarda il
fatto di avere delle informazioni, organizzate in campi, che
rimandano da un dato all’altro. Questo implica l’adozione
di campi comuni che siano in grado di generalizzare a livello
semantico tali informazioni descrittive (le ontologie). Organizzare
i propri dati descrivendoli attraverso il loro uso
significa porli de facto in correlazione con altri dati. Fondamentale
diventa dunque l’adozione di standard riconosciuti.
Anche nel settore dei Beni Culturali questo approccio
rappresenta un utile strumento che consente di potenziare
il valore scientifico delle singole ricerche, delle ricostruzioni,
delle pubblicazioni e di ogni genere di prodotto digitale,
riferito o riferibile al patrimonio culturale.
Uno dei primi risultati raggiunti in Ecodigit è stata la definizione
dei campi che costituiscono l’insieme di metadati utili
a descrivere i modelli 3D, partendo dalla mappatura delle
loro caratteristiche distintive rispetto alle funzionalità implementabili
nel visualizzatore.
VISUALIZZAZIONE DEI MODELLI 3D
Dopo una prima fase di ricognizione sui principali strumenti
di visualizzazione 3D open source, è stato individuato il
software 3DHOP (3D Heritage Online Presenter) [Potenziani
et al., 2015], realizzato dal team di sviluppatori e ricercatori
dell’ISTI-CNR di Pisa. 3DHOP è un pacchetto software
open source per la creazione di presentazioni web interattive
di modelli 3D ad alta risoluzione, orientato al settore
dei beni culturali, che offre un elevato numero di funzionalità
e personalizzazioni. La caratteristica di essere open
source lo rende, oltre che conforme ai principi FAIR, anche
estremamente versatile dal momento che si può lavorare
direttamente con e sul codice sorgente.
Come primo passo sono stati studiati il visualizzatore, le sue
funzioni, la logica e le informazioni necessarie per poter
gestire e rendere i modelli. Successivamente, si è passati
alla compilazione di un albero logico delle informazioni per
strutturarle in termini di chiave/valore e funzioni di queste,
in modo che si potesse costruire un insieme di ontologie da
aggiungere alle già citate ArCo.
Attraverso l’uso di questa versione di 3DHOP l’utente della
piattaforma può manipolare un modello 3D, fare operazioni
di misura e di sezione, visualizzare e interagire con singole
parti laddove il modello sia costituito da più elementi e,
soprattutto, utilizzare la funzione hotspot per arricchire di
contenuti, immagini, dati e significati il modello 3D, fornendo
informazioni supplementari, puntuali e di dettaglio, legate
a una porzione specifica del monumento (Figura 2).
Nell’ultima fase, è stata sviluppata l’estensione di 3DHOP,al
fine di renderlo uno strumento automatizzato che possa es-
Fig. 5 - Il modello del Trono Corsini a) e quello di Porta Latina b) nella versione per Ecodigit del visualizzatore 3DHOP
20 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 21
Fig. 6 - Il dettaglio che mostra lo strumento di misura con le opportune unità di misura scelte automaticamente per il Trono Corsini a) e la Porta Latina b)
sere usato come componente software out of the box sopra
un archivio di dati. Lo sviluppo di questo e di altri componenti
del progetto Ecodigit è avvenuto avvalendosi della
piattaforma Github, largamente diffusa tra gli sviluppatori
e che consente il lavoro collaborativo direttamente sul
codice sorgente, con un sistema in grado di mantenere le
versioni e che dunque contribuisce, anche in questo caso,
al rispetto dei principi FAIR. Da sottolineare la scelta di sviluppare
questa componente come un oggetto indipendente,
un container, che lo rende facilmente integrabile con altri
servizi e piattaforme.
L’AUTOMAZIONE DEL VISUALIZZATORE 3DHOP
Come già detto, il visualizzatore 3DHOP è una collezione di
funzioni che utilizzano librerie Open Source per la visualizzazione
di modelli tridimensionali.
3DHOP prevede di default la costruzione di una pagina web
relativa ad ogni modello. In questa modalità, seppur offrendo
una grande elasticità di utilizzo, questo strumento costringe
a scrivere manualmente una pagina per ogni modello.
Il risultato ottenuto è stato quello di automatizzare lo strumento
in modo che si potesse adattare ad ogni modello. A
questo scopo, è stata progettata un’opportuna architettura
software comprensiva di componenti software indipendenti
per la ricerca sul database e l’assemblaggio della pagina.
Sostanzialmente questi componenti si frappongono tra
l’interfaccia utente e il sistema di archiviazione, consentendo
l’automazione delle operazioni, mantenendo distinte
le operazioni di ricerca nel database da quelle di assemblaggio
della pagina. Cosi facendo, il sistema è ulteriormente
espandibile sviluppando diversi componenti di ricerca per
differenti tipi di database. Sono ancora in fase progettuale
delle espansioni che permettano di incrementare le funzionalità
di interazione (Figura 3).
VISUALIZZAZIONE DEI DATI GIS
Tra i dati messi a disposizione dai partner del progetto sono
emerse diverse tipologie di dati georiferiti che hanno richiesto
l’integrazione di un visualizzatore Web-GIS. La ricerca
di visualizzatori disponibili ha individuato il software Openlayers
(https://openlayers.org/) come soluzione ideale per
le necessità del progetto. La scelta di questo visualizzatore
è stata dettata da una serie di fattori tra cui: la natura
open source del progetto; la possibilità di inserire le mappe
all’interno della pagina web e di caricare file vettoriali (nel
formato KML) con dati provenienti dai progetti GIS dei partner
del progetto Ecodigit. La mappa di base è una ortofoto
che utilizza il servizio WMS, messo a disposizione dal Geoportale
Nazionale. Sovrapposta alla mappa-base il visualizzatore
consente di importare dati KML di tipo puntuale,
lineare o areale che conservano le caratteristiche grafiche
della simbolizzazione, così come definita all’interno dei software
GIS dall’utente. In particolare, nell’esempio mostrato
e che si riferisce a un caso di studio (Figura 4), il file KML
mostra il circuito delle Mura Aureliane e pone in evidenza
una delle features 2D, che mette in collegamento il tratto
di Porta Latina con il rispettivo modello 3D.
INTEGRAZIONE 3D – GIS
Tra i trend topic della ricerca nel settore dell’ICT per
beni culturali vi è sicuramente il tema del Data Fusion e
in particolare molti ricercatori lavorano da diversi anni
sull’integrazione di dati 3D e dati GIS in molti campi di applicazione
[Landeschi, 2019].
Lo studio delle Mura Aureliane rappresenta un chiaro esempio
della necessità di strumenti in grado di lavorare a
scale differenti, da quella territoriale a quella del singolo
monumento. Proprio per venire incontro a queste necessità
uno dei risultati del progetto Ecodigit è stata la realizzazione
di una procedura che consentisse di collegare tra loro
queste diverse tipologie di dato attraverso metadatazione
e link diretti.
Per favorire l’integrazione reciproca dei dati sono state
introdotte alcune misure, sia nei processi dei loro inserimenti,
sia nelle descrizioni dell’uso dei due visualizzatori.
Queste misure consentono il passaggio tra i dati GIS e quelli
3D, di fatto costituite da due classi di hotspot: 2D e 3D.
Gli hotspot 2D sono link inseriti nel visualizzatore GIS attraverso
chiavi specifiche del file KML e legano il singolo oggetto
mappale (es.: tratto di mura, torre o porta) a un contenuto
3D. Gli hotspot 3D, come già illustrato, sono superfici
nello spazio del modello che consentono l’attivazione di
collegamenti con altri contenuti tra cui anche i dati GIS con
la loro georeferenziazione.
Pertanto, quando si effettua una ricerca sul database del
progetto Ecodigit e si ottengono classi di risultati differenti
in ambito 3D o GIS, è possibile passare dagli uni agli altri sia
agendo direttamente sugli hotspot, sia utilizzando il pannello
dei risultati della ricerca, che accompagna l’utente
nelle varie interfacce di navigazione.
DUE CASI STUDIO
Al fine di mostrare l’efficacia della versione automatizzata
del visualizzatore 3DHOP, sono state usate due applicazioni
completamente diverse: il Trono Corsini, esposto presso la
Galleria Corsini, e alcuni macroelementi del complesso delle
Mura Aureliane in corrispondenza di Porta Latina. L’obiettivo
è stato quello di mostrare il funzionamento del sistema
Fig. 7- Un
momento della
scansione a luce
strutturata del
Trono Corsini alle
Gallerie Corsini-
Barberini.
descritto precedentemente. Le due ricostruzione 3D differiscono
principalmente per il fatto che, mentre il Trono è un
unico oggetto 3D, la Porta Latina è il risultato dell’assemblaggio
di più parti che la compongono. Oltretutto, su questo
elemento delle Mura, in corrispondenza di una zona in
particolare, sono stati inseriti degli hotspot, ossia contenuti
collegati al modello grazie a una superficie selezionabile. Il
sistema è dunque in grado di restituire la corretta visualizzazione
a partire da una ricerca dell’oggetto sul database,
come mostrato nella Figura 5 a) e b).
Nelle Figura 6 a) e b) viene presentato il dettaglio dello
strumento di misura, che automaticamente viene configurato
con le unità di misura corrette, ovvero quelle caratteristiche
del modello che si sta visualizzando.
Il Trono Corsini, ritrovato nel 1732 durante gli scavi per la
costruzione della Cappella Corsini in San Giovanni in Laterano
e attualmente esposto presso la Galleria Corsini, rappresenta
un unicum nella produzione scultorea antica. In
particolare, le decorazioni lo ricondurrebbero ai troni funerari
etruschi, comunemente realizzati in bronzo o in terracotta,
ma l’uso del marmo e il luogo nel quale fu rinvenuto
lo riportano all’epoca romana e, in particolare, al I sec. d.C.
Fu probabilmente realizzato per glorificare e nobilitare le
origini della famiglia dei Plautii, legata per vie matrimoniali
a celebri discendenti etruschi (come la nobildonna Urgulania).
Allo scopo di favorire la lettura dei due bassorilievi, di
migliorare la visibilità dell’opera d’arte nel suo insieme e di
arricchire la documentazione del Museo, sono stati realizzati
alcuni modelli 3D da fotogrammetria e da scansioni a
luce strutturata (Figura 7) ad alta risoluzione .
Porta Latina rappresenta una delle porte meglio conservate
di tutto il circuito delle Mura Aureliane alle quali appartiene,
sebbene abbia avuto vari restauri e rimaneggiamenti.
Le Mura rappresentano il monumento esistente più grande
al mondo, costituito originariamente da una cinta muraria
lunga quasi 19 km, 381 torri e 14 porte. Realizzate tra il
271 e il 279 d. C. da Aureliano e completate da Onorio tra
il 401 e 403 d. C.. La porta è composta da due livelli: il
primo relativo al fornice di accesso, realizzato al tempo di
Aureliano, e il secondo alla camera di manovra della chiusura
a saracinesca della porta, realizzato da Onorio. Ai lati
della parete esterna della porta, realizzata da blocchi di
travertino, sono disposte due torri semicircolari in mattoni.
Un camminamento di guardia coperto, disposto all’altezza
della camera di manovra e sul quale si aprono varie feritoie,
percorre l’intero tratto murario.
Il modello 3D della Porta Latina è frutto delle ricerche condotte
dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli
Studi di Roma Tre in collaborazione con la Sovrintendenza
Capitolina ai Beni Culturali.
CONCLUSIONI
Il lavoro svolto con il progetto Ecodigit, giunto ad un Proof
of Concept, getta le basi, a nostro avviso, per futuri sviluppi
nella direzione di progettare e sviluppare una piattaforma
modulare che possa esporre un insieme di strumenti utili a
chi deve gestire un bene appartenente al patrimonio culturale.
Nel mondo dell’ICT, grazie a nuovi processi e paradigmi
di sviluppo software, si sono moltiplicate le capacità di
rispondere in modo elastico alle necessità più disparate. Il
settore dei Beni Culturali dal canto suo rappresenta un terreno
altamente eterogeneo e ad alta complessità. Eppure,
affrontando il problema con un approccio simile a quello
presentato, si possono trovare molti punti di ricaduta comuni.
Grazie alle moderne tecniche di sviluppo citate, i tre
gruppi di ricerca, da un lato l’Enea DTE-ICT e dall’altro il
Dipartimento di Architettura e quello di Studi Umanistici
dell'Università Roma Tre stanno progettando di costruire
uno strumento multipurpose per i Beni Culturali, assemblando
diversi servizi indipendenti a seconda delle specificità
richieste. Seguendo l’esempio dei risultati esposti
nell'articolo e della metodologia adottata, si può replicare
ad altri tipi di servizi avanzati, come strumenti per la realtà
aumentata e la realtà virtuale, arricchendo il set di moduli
e dunque le possibilità di tale strumento di rispondere alle
diverse esigenze.
RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano le Gallerie Nazionali Corsini-Barberini e
l’associazione CIVITA per il supporto ricevuto.
22 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 23
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Abstract
Digital technologies represent an increasingly indispensable tool for sharing content related to
cultural heritage aimed at promoting communication with different purposes, often transversal and
open to heterogeneous users, with distinct but sometimes integrable skills. It is essential to have an
ICT Open Source infrastructure connected to the network which, in view of the FAIR principles
(Findable, Accessible, Interoperable, Reusable), allows you to store the data of 3D virtual and
augmented reality models (i.e. images, videos, metadata or other related to the models of individual
works of art, architectural complexes, archaeological sites etc.) in standard formats and to
ensure that they are able to interoperate. This speeds up the use and consequently the exchange of
information between scholars and researchers operating in the sector, allowing the entities managing
the assets to enrich their documentation and likewise to offer web services open to the public.
The paper presents an approach in line with FAIR principles (for the integrated use of some tools)
applied to two case studies aimed at highlighting their interoperability, scalability, versatility.
Parole chiave
modelli 3D; ICT; fruizione; tecnologie digitali; GIS; Digital Heritage;
Open Data
Autore
M. Canciani
M. Saccone
G. Spadafora
Dipartimento di Architettura, Università Roma Tre
S. Migliori
M. Mongelli
marialuisa.mongelli@enea.it
M. Puccini
A. Quintiliani
Dipartimento Tecnologie Energetiche Divisione ICT, ENEA
A. Gallia
C. Masetti
Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi Roma Tre
DOCUMENTAZIONE
Contestualizzare l'Archeologia Forense
Una riflessione su quali sono gli effettivi campi di azione
dell’Archeologia Forense alla luce delle nuove direttive europee
di Pier Matteo Barone
L'Archeologia Forense integra un
processo di ricerca archeologico
con le nozioni di criminologia e
criminalistica. Di conseguenza,
l'archeologo forense dovrà
dimostrare capacità di analisi,
interpretazione e ricostruzione
contestualmente sia del
comportamento umano/
criminale sia dei processi
naturali che si sono formati e
che hanno modificato la scena
del crimine indagata. In questo
articolo, saranno
delineati i confini di questa
disciplina per aiutare a capire
meglio chi sono gli archeologi
forensi e in cosa consiste il loro
lavoro.
Fig. 1 - Una tipica scena del crimine dove l’archeologo forense non solo è in grado di individuare
la presenza di corpi occultati nel sottosuolo attraverso strumenti geofisici come il
georadar (in alto a sinistra), ma anche di riportare alla luce i resti obliterati per mezzo di metodiche
stratigrafiche (in alto destra), documentando il tutto mediante una piattaforma GIS.
L'
archeologia forense si riferisce generalmente all'uso di metodi e tecniche archeologiche
in un contesto legale (Groen et al. 2015; Barone & Groen 2018). Di conseguenza, la letteratura
archeologica forense tende a concentrarsi sull'applicazione della metodologia
del campo archeologico a contesti forensi e/o medico-legali. Pertanto, l'archeologia forense
deve essere ridefinita come una disciplina archeologica che combina il quadro archeologico con
la teoria e la metodologia della criminalistica e della criminologia nel contesto del diritto (perlopiù
penale). L'obiettivo dell'archeologia forense non dovrebbe essere solo quello di svolgere
24 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 25
Fig. 2 - Un esempio in cui l’archeologo forense si vede impegnato nel ricostruire le dinamiche inerenti un caso di archeologia
clandestina all’interno di un’area sottoposto a vincolo archeologico.
indagini a posteriori, ma anche e soprattutto quello di
condurre investigazioni a supporto dell’autorità giudiziaria.
L'archeologia forense può evolvere scientificamente
e metodologicamente solo se si allarga oltre i confini generali
dell'indagine tecnica. Se la pratica archeologica
forense viene ridefinita come un processo scientifico ciclico,
l'introduzione del ciclo di ricerca geoarcheologica,
dei modelli di formazione della scena del crimine, delle
trasformazioni tafonomiche e del concetto di conoscenze
di base e di assemblaggi forensi nell'archeologia forense
aiuterà senza dubbio a localizzare le prove fisiche che
possono discriminare tra ipotesi induttive e deduttive rilevanti
dal punto di vista forense (Groen et al. 2015; Barone
& Groen 2018; Barone & Di Maggio 2019b).
Pertanto, l'archeologia forense deve essere definita come
una disciplina scientifica che utilizza la teoria e la metodologia
geoarcheologica nel contesto legale per localizzare,
documentare e interpretare reperti pedologici,
ecologici e osteologici, tracce e modelli sulla scena di un
crimine o sul luogo di un incidente. Ciò consente lo sviluppo
di una sequenza ordinata cronologicamente delle attività
naturali e umane sulla scena del crimine o sul luogo
dell'incidente, fornendo un contesto per la comprensione
delle prove fisiche, compresi i resti umani. Scene del
crimine che non necessariamente sono da individuare in
occultamenti di cadaveri o similari, ma anche contesti di
archeologia clandestina (Barone & Di Maggio 2019a; Barone
& Groen 2018).
In accordo anche con le recenti disposizioni ENFSI (European
Network of Forensic Science Institutes) le indagini
archeologiche forensi comprendono quanto segue (Groen
et al. 2015; Barone & Groen 2018; Barone 2016; Barone
& Di Maggio 2018; Barone & Di Maggio 2019c; Di Maggio
& Barone 2017; Di Maggio & Barone 2019; Pensieri et al.
2020):
1. Supporto alle Forze dell’Ordine, tra cui:
- Rilevamento a distanza di possibili scene del crimine
(con l'aiuto di immagini satellitari, drone, GIS,
geofisica e profilazione geografica);
- Valutazione delle ossa (umane vs. non umane) e
del loro valore forense (con il supporto eventuale di
antropologi forensi);
- Datazione contestuale agli oggetti sepolti ed ai resti
umani;
- Datazione di resti umani senza contesto;
- Indagine sul campo per resti umani e/o oggetti
scomparsi e presumibilmente sepolti clandestinamente;
- mappatura della (sotto)superficie e recupero di
resti umani sparsi e/o frammentati e dei reperti associati
(con l'aiuto eventuale di geofisici ed antropologi
forensi);
- mappatura della (sotto)superficie e recupero dei
resti umani cremati e dei reperti associati;
- localizzazione non distruttiva, scavo e recupero di
resti umani sepolti clandestinamente e relativi reperti
(con l'aiuto eventuale di geofisici ed esperti
forensi di telerilevamento);
- esumazione di resti umani sepolti in cimiteri per
un'indagini forensi e medico-legali.
2. Sostegno in caso di incidenti mortali di massa (DVI);
3. Indagini sulle violazioni dei diritti umani per la localizzazione,
il recupero delle vittime, il riconoscimento
legale e la rivelazione delle atrocità commesse;
4. Indagini sulle violazioni dei diritti umani in ambito
umanitario, per lo più legate ai governi oppressivi
del secolo scorso e/o alle organizzazioni paramilitari.
Questo tipo di indagini è legato alla localizzazione e
al recupero delle vittime la cui scomparsa è stata una
diretta conseguenza della violenza politica, al riconoscimento
legale e alla rivelazione delle atrocità commesse;
5. Esumazioni di corpi in sepolture convenzionali presso
cimiteri regolari a scopo di campionamento e/o analisi
al di fuori di ambienti criminali, medico-legali o
umanitari, ad esempio per l'identificazione di individui
sconosciuti attraverso il test del DNA e/o metodi antropologici
fisici;
6. Indagini umanitarie volte al recupero, al rimpatrio e
al riconoscimento legale del personale militare scomparso
nei conflitti militari del secolo scorso;
7. Indagini relative alla distruzione o al danneggiamento
di siti archeologici e monumenti, scavi illeciti e saccheggi
di manufatti, in particolare per valutare i danni
finanziari e archeologici causati dalla distruzione e dal
saccheggio e per esaminare le possibilità di identificare
i responsabili dei danni;
8. Indagini per aiutare a stabilire la provenienza di antichità
che possono essere state acquisite illegalmente;
9. Assistenza per stabilire la data o la provenienza di
oggetti sospettati di essere stati falsificati sia in termini
di cronologia che di materiale, come gli oggetti
realizzati illegalmente in avorio;
10. Indagini archeologiche nell'ambito del diritto civile,
ad esempio, durante le controversie sui confini o la
ricerca di una tomba mancante in un normale cimitero.
Nonostante la sua struttura peculiare e capillare, l'archeologia
forense è utilizzata solo in alcuni paesi del Nord
Europa (come Danimarca, Francia, Paesi Bassi e Regno
Unito) e solo raramente è utilizzata nel resto d'Europa (ad
esempio, in Italia). Inoltre, la maggior parte dei professionisti
europei sulla scena del crimine percepiscono l'archeologia
forense come un metodo di indagine altamente
tecnico che può essere appreso frequentando un corso
di formazione o un workshop. Questo "metodo tecnico"
dell'archeologia forense limita fortemente il suo potenziale
e, quindi, non è una pratica sostenibile (Di Maggio &
Barone 2019; Groen et al. 2015; Barone & Groen 2018). Le
indagini archeologiche forensi odierne utilizzano una metodologia
sistematica e affidabile per gestire, controllare
ed eseguire la mappatura 3D e la documentazione delle
scene del crimine (Barone & Di Maggio 2019c). La metodologia
forense archeologica si basa su principi scientifici
ed è sviluppata per cercare sistematicamente e registrare
in modo affidabile il contesto di tracce, reperti e caratteristiche
rilevanti dal punto di vista forense (le prove empiriche)
e per limitare e controllare le distorsioni durante
le fasi investigative e valutative. Il quadro interpretativo
utilizza, perciò, scenari ed ipotesi di stampo probabilistico
fornendo un quadro completo ed olistico a fini investigativi
(Barone & Groen 2018).
Bibliografia
Barone, P.M. Understanding Buried Anomalies: A Practical Guide to GPR;
LAP LAMBERT Academic Publishing: Saarbrücken, Germany, 2016; ISBN
978-3-659-93579-4.
Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. Forensic Investigations of Geohazards: The
Norcia 2016 Earthquake, Geosciences, 2018, 8, 316. doi: 10.3390/geosciences8090316
Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. Dealing with Different Forensic Targets:
Geoscientists at Crime Scenes, Geological Society, Special Publications:
London, 2019, 492. DOI: 10.1144/SP492-2017-274.
Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. Forensic Geophysics: Ground Penetrating
Radar (GPR) Techniques and Missing Persons Investigations. Forensic Sci.
Res., 2019, 4, 337–340. doi: 10.1080/20961790.2019.1675353
Barone, P.M.; Di Maggio, R.M. Low-Cost CSI Using Forensic GPR, 3D Reconstruction,
and GIS. J. Geogr. Inf. Syst. 2019, 11, 493–499, doi: 10.4236/
jgis.2019.115030
Barone, P.M.; Groen, W.J.M. Multidisciplinary Approaches to Forensic Archaeology:
Topics discussed During the European Meetings on Forensic
Archaeology (EMFA); Springer, 2018; ISBN 978-3-319-94397-8.
Di Maggio, R.M., Barone, P.M. (eds.) Geoscientists at Crime Scenes: A
Companion to Forensic Geoscience; Soil Forensics; Springer International
Publishing, 2017; ISBN 978-3-319-58047-0.
Di Maggio, R.M.; Barone, P.M. Geoforensics in Italy: Education and Research
Standards, Geological Society, Special Publications: London, 2019,
492. doi: 10.1144/SP492-2017-273
Groen, W.J.M.; Marquez-Grant, N.; Janaway, R. Forensic Archaeology: A
Global Perspective; Wiley, 2015; ISBN 978-1-118-74598-4.
Pensieri, M.G.; Garau, M.; Barone, P.M. Drones as an Integral Part of Remote
Sensing Technologies to Help Missing People. Drones, 2020, 4, 15.
doi: 10.3390/drones4020015
Abstract
A forensic archaeological framework integrates an archaeological process and a research cycle
with criminalistic and criminological knowledge. By doing so, forensic archaeology must analyze,
interpret and reconstruct human/criminal behavior and the natural processes that have formed and
modified an investigated crime scene. In this commentary, the boundaries of this discipline will be
highlighted to help better understand who forensic archaeologists are and what their job entails.
Parole chiave
Archeologia forense; Geoarcheologia forense; Geofisica forense; Telerilevamento;
GIS; Archeologia clandestina; Tutela del patrimonio culturale.
Autore
Pier Matteo Barone
p.barone@aur.edu
Archaeology and Classics Program, The American University of Rome, Via P. Roselli,
4 – 00153 Roma, Italia
Geoscienze Forensi Italia -Forensic Geoscience, Rome, Italy
26 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 47
Tecnologie per i Beni Culturali 27
AZIENDE E PRODOTTI
menti presentano ornamenti floreali e iscrizioni finissimi
e dettagliati che sono stati scansionati efficacemente
dallo Spectrum, con lo scopo di generare successivamente
contenuti multimediali per i tour virtuali e per realizzare
stampe 3D utili a scopi commerciali o di divulgazione
culturale.
Vuoi provare lo scanner RangeVision Spectrum? MicroGeo
propone anche demo online: prenota la tua dimostrazione
scrivendo a info@microgeo.it
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MICROGEO PRESENTA RANGEVISION SPECTRUM 3D
PER I BENI CULTURALI E ARCHEOLOGICI
Le tecnologie di scansione 3D, infatti, vengono utilizzate
già da molto tempo nello studio dei manufatti
storici. Una delle aree di utilizzo principali è la creazione
di esposizioni virtuali. Alcuni musei del mondo
offrono già tour virtuali, con l'aiuto del quale gli utenti
hanno la possibilità di conoscere la storia del paese o
della regione. I motivi che spingono molti visitatori a
scegliere un tour virtuale sono molteplici: mancanza
di tempo per viaggiare o il desiderio di conoscere l'esposizione
del museo prima di visitarlo. Inoltre, alcuni
musei possono essere situati in luoghi remoti o difficili
da raggiungere; in tali casi, una visita virtuale diventa
un mezzo alternativo per studiarne i contenuti e ammirarne
le opere d’arte.
A differenza di quello fisico, lo spazio virtuale consente
di esporre un numero maggiore di mostre, il che rende
appetibili quei musei con spazi espositivi limitati.
Lo strumento che propone MicroGeo come soluzione di
rilievo nell’ambito dei Beni Culturali e Archeologici è lo
scanner 3D Spectrum della Società RangeVision.
RangeVision Spectrum è uno scanner 3D ad alta risoluzione
a luce strutturata che combina le capacità tecniche
degli scanner 3D professionali e la semplicità di
una soluzione desktop. Spectrum ha 3 aree di scansione
ed è dotato di telecamere industriali a colori da 3.1
Mpix. Questo scanner 3D è progettato specificamente
per rilevare geometrie complesse e i più piccoli dettagli
di oggetti di piccole, medie e grandi dimensioni,
con una risoluzione e una precisione molto elevate.
RangeVision Spectrum è dotato di uno speciale design
per l'elaborazione rapida dei risultati di scansione
tramite software. Il programma è sempre incluso nel
costo dell'attrezzatura e consente di ottenere un modello
3D di alta qualità esportabile in tutti i programmi
CAD/CAM e in ambienti di modellazione virtuale 3D
(Solidworks, Autocad, 3Ds Max, Maya, Rhinoceros e non
solo).
Lo scanner RangeVision Spectrum è stato utilizzato per
la scansione 3D di molti reperti storici di materiale vario,
quali legno, ferro e ceramica. Alcuni di questi ele-
LA NUOVA SOLUZIONE DJI PER I RILIEVI AREEI REALIZZA-
TI CON TECNOLOGIA LIDAR
DJI ha recentemente presentato due nuovi sensori per
il Matrice 300 RTK, la sua esclusiva piattaforma aerea
aziendale, destinati alle missioni dei rilievi aerei più
complessi. DJI Zenmuse P1 e DJI Zenmuse L1 offrono una
maggiore efficienza e nuove prospettive ad un costo abbordabile,
senza comprometterne in alcun modo qualità
e precisione dei dati raccolti.
“Grazie ai due nuovi carichi, offriamo una soluzione completa
integrata ai nostri clienti aziendali dediti all’acquisizione
di dati geospaziali”, ha dichiarato Arjun Menon,
Engineering Manager presso DJI negli USA. “La disponibilità
di un LiDAR buono ed economico pienamente integrato
nei nostri droni commerciali migliori è un sogno
divenuto realtà per i professionisti del settore.
Essi potranno vedere, coprire e comprendere il contesto
geospaziale da un punto di vista del tutto nuovo, grazie
ad un alto livello di precisione e qualità dei dati raccolti
da questi strumenti aerei”.
DJI Zenmuse L1 - La prima soluzione LiDAR di DJI per i
rilievi aerei
Nel settore dei rilievi aerei, la tecnologia LiDAR svolge
un ruolo cruciale quando si tratte di rilevare e realizzare
modelli digitali accurati ed affadibili. In condizioni di
scarsa luminosità e nelle zone caratterizzate da una fitta
vegetazione, ove i metodi di fotogrammetria tradizionale
si rivelano poco efficaci, il LiDAR è in grado di fornire
rapidamente modelli di nuvole di punti true‐color precisi
di strutture complesse. Zenmuse L1 è la prima soluzione
LiDAR di DJI per i rilievi aerei oltre che un importante
passo in avanti nel rendere la tecnologia LiDAR di facile
utilizzo e accessibile.
Zenmuse L1 integra un modulo Livox LiDAR potente e al
contempo ultra-leggero dotato di FOV di 70 °, una IMU ad
alta precisione e una fotocamera da 20 MP dotata di sensore
CMOS da 1 pollice e un otturatore meccanico su uno
stabilizzatore a 3 assi. Zenmuse L1 è in grado di generare
modelli di nuvole di punti true‐color in tempo reale, o
acquisire un’area estesa sino a 2 km2 in un unico volo.
Grazie a una frequenza di 240.000 punti al secondo e ad
un campo di rilevamento di 450 metri, la semplicità e la
velocità di acquisizione del Zenmuse non ha precedenti.
Il modulo supporta una modalità di scansione lineare e
non ripetitiva, una tecnologia unica sviluppata da Livox.
Ciò assicurerà la copertura completa dell’area interes-
28 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 29
sata con intervalli di tempo molto brevi, consentendo al
sensore di acquisire dati in qualsiasi direzione, piuttosto
che lungo un piano definito.
Quando utilizzato con Matrice 300 RTK, l’esclusiva piattaforma
aerea aziendale di DJI e il software per rilievi
DJI Terra, diventa una soluzione completa e versatile che
offre continuamente all’utente dati 3D in tempo reale,
acquisendo i dettagli di strutture complesse e creando
modelli di ricostruzioni ad alta precisione. Grazie alla
Protezione IP44, Zenmuse L1 supporta l’uso in ambienti
piovosi o con nebbia, mentre il metodo di scansione attiva
del modulo LiDAR consente di volare in condizioni di
scarsa luminosità.
Il processo di scansione non ripetitiva esclusivo di Livox
LiDAR consente al sensore di acquisire dati in qualsiasi
direzione, funzione essenziale per le applicazioni di
mappatura. La soluzione Zenmuse L1 LiDAR è in grado di
penetrare facilmente nella vegetazione e nel fogliame.
I responsabili agricoli e forestali trarranno vantaggio da
informazioni come la larghezza, la densità, l’estensione,
il volume e le tendenze di crescita della vegetazione. Gli
addetti alle operazioni di soccorso possono ottenere informazioni
utili per mezzo di nuvole di punti true‐color,
acquisire consapevolezza sulla situazione e raccogliere
dati forensi in tempo reale, per poter prendere decisioni
informate. È possibile usare Zenmuse L1 in ambienti asset-intensive,
ad alto rischio e pericolosi, come petrolio
e gas, industria estrattiva, infrastrutture, telecomunicazioni
ed elettricità.
DJI Zenmuse P1 - Fotogrammetria Full Frame - Il nuovo
benchmark per i rilievi aerei
Nel corso degli ultimi anni, DJI Enterprise si è impegnata
a fondo verso i professionisti dell’architettura, dell’ingegneria,
dell’edilizia e dei rilievi. Gli esperti hanno adottato
la tecnologia dei droni e si sono rivolti naturalmente
alla capacità di DJI P4 RTK di acquisire dati per creare
mappe e modelli dalla precisione centimetrica per diverse
applicazioni, dai rilievi catastali ai modelli per il patrimonio
naturale dell’umanità.
Oggi, DJI spinge i confini della sua visione del settore,
elevando la fotogrammetria aerea a un livello di accuratezza,
prestazioni e lavoro ad alta precisione senza
precedenti. Il nuovo DJI Zenmuse P1 offre il sensore per
fotocamera DJI più efficiente, destinato all’acquisizione
di dati geospaziali. Integra un sensore ad alta sensibilità
e dal rumore ridotto full‐frame da 45 megapixel, che
offre una visualizzazione flessibile, grazie a obiettivi a
fuoco fisso da 24/35/50 mm intercambiabili su uno stabilizzatore
a 3 assi.
DJI Zenmuse P1 offre alta precisione senza Punti di
controllo a terra (3 cm in orizzontale/5 cm in verticale)
e un’alta efficienza, in quanto è in grado di coprire
3 km2 in un singolo volo. Dotato di un otturatore meccanico
e del nuovissimo sistema TimeSync 2.0, che sincronizza
il tempo tra i moduli a livello di microsecondi,
Zenmuse P1 consente di acquisire dati centimetrici combinati
alla tecnologia di posizione in tempo reale e di
compensazione dell’orientamento.
La funzione Smart Oblique Capture migliora drasticamente
l’efficienza, imitando una fotocamera obliqua multisensore
e acquisendo esclusivamente le foto essenziali
per la ricostruzione al bordo delle aree di mappatura.
L’adozione di DJI Zenmuse P1 offrirà innovazione ai
professionisti della fotogrammetria, consentendo loro
di lavorare più rapidamente, grazie alle sue funzionalità
esclusive. Essi potranno svolgere missioni complesse
che necessitano di orto-mosaici 2D e immagini oblique
per la modellazione 3D dalla precisione centimetrica, e
acquisire dati immagine ad alta risoluzione di superficie
verticali od orizzontali da una distanza sicura, in grado di
ricreare fedelmente texture, strutture e caratteristiche
sottili ai fini di ricostruzioni dettagliate, rilievi geologici,
conservazione del patrimonio dell’umanità, ingegneria
idraulica e altro ancora. Le squadre saranno inoltre in
grado di lavorare a missioni di mappatura in tempo reale,
grazie alla raccolta di informazioni geografiche con DJI
Terra.
ANALISI DEL RISCHIO SISMICO NELLA CAPPELLA DEGLI
SCROVEGNI
Tra il 27 e il 29 ottobre 2020, nell’area dell’anfiteatro
romano che ospita la Cappella degli Scrovegni, è stato
realizzato un eccezionale esperimento con una nuova sofisticata
tecnologia non invasiva. Grazie a una recente
collaborazione scientifica tra il Comune di Padova – Assessorato
alla cultura e il Ciba (Centro interdipartimentale
di ricerca “Studio e conservazione dei beni archeologici,
architettonici e storico-artistici”) dell’Università
TELERILEVAMENTO
AZIENDE E PRODOTTI
degli Studi di Padova, con il prezioso contributo della
Stryde limited, i ricercatori di geofisica applicata del Dipartimento
dei beni culturali e del Dipartimento di geoscienze,
hanno condotto un test per acquisire dati sismici
passivi e attivi.
Stryde limited ha messo a disposizione del Ciba circa
1500 sensori sismici indipendenti (nodi) di ultima generazione,
che hanno permesso di monitorare per circa 24
ore tutte le vibrazioni che sollecitano i due monumenti
ed eseguire un’acquisizione sismica 3D per onde superficiali
in due aree a cavallo dell’anfiteatro romano e in
prossimità della Cappella degli Scrovegni.
I sensori utilizzati nascono per acquisire dati sismici nel
mondo dell’esplorazione petrolifera. Lavorano secondo
nodi indipendenti con un’autonomia di 28 giorni senza
l’ausilio di cavi e misurano frequenze in un intervallo
compreso tra 1 Hz e 125 Hz, consentendo di registrare
sia segnali passivi (rumore) a bassissima frequenza, che
segnali indotti da sollecitazioni meccaniche controllate,
entrambi di estremo interesse ed utilità.
I sensori sono stati infissi manualmente nel terreno per
pochi centimetri nelle aree di interesse secondo una
maglia regolare, georeferenziando i singoli punti. Una
volta attivati e sino al loro spegnimento, i nodi hanno
registrato autonomamente sia i segnali passivi, sia quelli
generati artificialmente in punti prestabiliti con una sorgente
controllata. L’intera operazione è stata monitorata
grazie all’uso di un sensore sismico passivo indipendente
posizionato all’esterno della Cappella degli Scrovegni.
I dati così raccolti nell’area dell’anfiteatro romano-Cappella
degli Scrovegni con i sensori Stryde verranno elaborati
nei prossimi mesi per restituire un modello 3D del
comportamento meccanico del sottosuolo e forniranno
importanti nuove informazioni sulla natura e complessità
delle aree indagate, utili sia dal punto di vista archeologico
e storico che dal punto di vista geotecnico, per la
conoscenza e tutela di questo sito unico al mondo.
I risultati di queste indagini non invasive saranno fondamentali
anche in un’ottica di monitoraggio del rischio del
patrimonio culturale, uno tra gli aspetti più importanti
richiesti in particolare per i siti candidati a far parte della
Lista del patrimonio mondiale Unesco, come la Cappella
degli Scrovegni, monumento principale di Padova
Urbs picta.
MONITORAGGIO 3D
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30 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
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DOCUMENTAZIONE
Il BIM: nuovo modello imperativo per i rilievi
Palazzo San Giorgio di Genova l’antichità
al passo con la nuova era digitale
di Maria Chiara Spiezia
Le nuove tecnologie di rilievo
applicate ai beni culturali in
particolare, la metodologia
BIM per comprendere al
meglio gli impatti della
pianificazione di dettaglio. La
Geomar, azienda competente
in rilievi architettonici e
topografici, testimonia come
un rilievo all’avanguardia può
rendere sempre più agevole
la divulgazione del patrimonio
costruito.
CENNI STORICI SU PALAZZO SAN GIORGIO
Palazzo San Giorgio, al centro dell’arco portuale medievale, fu il primo edificio pubblico di Genova.
S’impone alla vista dello spettatore come il Dio bifronte Giano: la parte medievale e la parte
rinascimentale. La parte antica è ancor adesso riconoscibile grazie ai restauri del D’Andrade di fine
Ottocento. Il prospetto rivolto verso il porticato di Sottoripa è costituito da pietra grigia squadrata
nel piano terra e mattoni nel paramento dei piani superiori con ampie polifore. La parte rinascimentale
è invece rivolta verso il mare, frutto dell’ampliamento realizzato in diverse fasi, fu interamente
affrescata nel 1590 da Andrea Semino, gli affreschi furono rifatti poco tempo dopo e affidati a
Lazzaro Tavarone. Conservati per quasi tre secoli, nei primi anni del Novecento, D’Andrade incaricò
Ludovico Pogliaghi, per il rifacimento della decorazione sulla base e lo studio di quanto rimaneva
visibile, riprendendo l’iconografia e l’impaginazione seicentesca. Il primo rinnovamento della decorazione
dipinta, fu completata nel 1913. Il Palazzo costruito tra il 1257 e il 1260 su commissione
del Capitano del Popolo Guglielmo Boccanegra fu assegnato a Frate Oliviero, monaco dell’abbazia di
Sant’Andrea di Sestri Ponente.
In seguito, divenne sede di magistrature di controllo dei traffici portuali, attraverso l’insediamento
della dogana e gli uffici denominati Compere. Nel 1407 quest’ultime furono accorpate sotto un'uni-
32 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 33
ca gestione: la Casa delle Compere e dei banchi di San
Giorgio, la prima istituzione bancaria nata nell’Italia dei
Comuni. Dal 1903 ospita gli uffici dell’autorità portuale
di Genova.
Di notevole rilievo artistico e culturale, nonché emblema
della Repubblica Marinara e della potenza commerciale
ed economica durante il Medioevo, Palazzo San
Giorgio è segnato dal tempo,
le superfici con tracce duecentesche, cinquecentesche,
seicentesche e modifiche ottocentesche e novecentesche
affiorano alla vista dello spettatore sovrapposte.
Lo scorrere dei secoli infatti ha vergato pietre, mattoni
ed intonaci sotto forma sia di patine di naturale invecchiamento
dei materiali, sia di modifiche apportate alle
strutture per meglio adeguarle alle successive necessità
di utilizzo degli spazi. Il suo duplice aspetto rievoca
anche il mito stesso di Genova e della sua etimologia
bifronte di porta tra la Padania e il Mediterraneo.
Attualmente le tecnologie per il rilievo di edifici storici
esistenti e per la modellazione digitale sono molto
avanzate, in un epoca dove è necessario sempre più recuperare
il patrimonio immobiliare esistente, il rilievo
puntuale è alla base di qualsiasi tipo di manutenzione.
Conoscere con esattezza i dettagli di una struttura, di
una facciata, di un sito permette di attuare interventi
oculati e meticolosi. Quello che manca oggi è un ampia
diffusione dell’utilizzo di tali strumenti, una capillare
propagazione porterebbe invece notevoli vantaggi, tra
tutti la restituzione integrale dell’intero ciclo di vita
di immobili pregni di memorie storiche. Tuttavia in Italia
non sono poche le aziende private che utilizzano
codeste tecnologie. Basti solo notare come Palazzo San
Giorgio di Genova colmo di elementi architettonici ed
artistici, per la sua manutenzione non poteva non essere
supportato e affrancato da tecnologie d’avanguardia.
Con lo scopo verifica sismica dell’edificio è stata indetta
una gara pubblica da parte dell’Autorità Portuale
di Genova, vinta rispettivamente da SO.IN.G. Strutture
e Ambiente SRL, CMR e dall’azienda GEOMAR distintasi
per l’applicazione di nuove tecnologie, nel campo
dell’architettura e della topografia. GEOMAR si è occupata,
principalmente, del rilievo dell’edifico, da Agosto
a Settembre 2019.
METODOLOGIA E STRUMENTAZIONE IMPIEGATE PER
IL RILIEVO DI PALAZZO SAN GIORGIO
Inizialmente è stato effettuato il Rilievo metrico: data
la moltitudine di dettagli architettonici e strutturali
presenti sulla facciata, la metodologia applicata è stata
quella fotogrammetrica unita al laser scanner, metodologia
che ha garantito oltre ad una maggiore efficienza
anche flussi di lavoro più elastici.
Una serie di scansioni laser ha permesso di acquisire le
informazioni tridimensionali dell’oggetto con una elevata
risoluzione. Per ciascuna scansione sono stati misurati
circa 40.000.000 di punti con coordinate x,y,z e un
valore RGB in funzione della riflettanza del materiale.
Dati che hanno consentito di visualizzare il rilievo di una
scansione sotto forma di un’immagine tridimensionale
a 360° in scala di grigi misurabile. Ciascuna scansione
è stata geo-riferita in un sistema di riferimento agganciato
ad una poligonale compensata. L’insieme delle
scansioni-distribuite secondo un progetto complessivo-
ha consentito di coprire tutte le parti dell’edificio
costituendo un modello completo, dotato di tutte le informazioni
geometriche, utili alle successive fasi di rilievo.
Contestualmente al rilievo metrico a mezzo laser
scanner è stato realizzato un rilievo fotografico. Inoltre
attraverso una specifica elaborazione delle nuvole di
punti e delle riprese fotografiche è stato fornito alla
committenza uno strumento che consente, tramite navigazione
web, di ravvisare ciò che vedeva lo strumento
informatico al momento della scansione. Strumento che
ha permesso di misurare, commentare e rilevare anche
una completa informazione dal punto di vista colorimetrico
sia dell’oggetto che del suo ambito circostante. Di
notevole interesse è senza dubbio la metodologia BIM
(Building Information Modeling), utilizzata per l’edificio
in questione.
Il BIM adottato nel rilievo, rappresenta la prima connessione
con la realtà ed è molto differente da una modellazione
progettuale. I principi applicativi sono gli
stessi ma, lo “scan to BIM” richiede il collegamento con
il rilievo effettuato al laser scanner. Il modello si interfaccia
essenzialmente con quattro elementi: la nuvola
di punti, gli elaborati CAD, le ortofoto e il truview, un
sistema di navigazione interattiva che rende misurabili
le fotografie a 360° delle stanze. L’H-BIM (Heritage
BIM) è un tema molto attuale ed è destinato a diventare
sempre più un solido punto di partenza nella odierna
progettazione per interventi su edifici storici. Nel caso
specifico del palazzo San Giorgio, il modello interattivo
ha permesso l’applicazione di texture di facciata e di
famiglie contenenti le documentazioni sulle analisi visive
e le prove diagnostiche. I tipi di famiglie caricabili
come ad esempio le finestre con inferriate, sono state
realizzate prendendo in considerazione l’eventuale incremento
di LOD (Level Of Definition) futuro. I piani di
riferimento sono stati aggiunti e i tipi di famiglie distinti
secondo le loro caratteristiche peculiari anche laddove
la geometria non è stata modellata. Le volte, sono state
configurate come famiglie parametriche di solidi di
sottrazione all’interno della categoria di famiglie solai.
Inoltre tutte le informazioni disponibili sono state digitalizzate
e consultabili in un unico modello. Le indagini
diagnostiche e visive sui materiali sono state poste poi
come collegamenti a famiglie caricabili all’interno del
programma. Il modello contiene quindi al suo interno le
informazioni derivate dai rilievi: i file dwg dei rilievi finiti,
le nuvole di punti e le informazioni sui rilievi visivi
e sui materiali. Una perfetta base per qualsiasi intervento,
con la possibilità di computazione di ogni elemento.
MODELLO BIM
La potenzialità del modello BIM risiede nella possibilità
di raccogliere, unificare e combinare l’insieme dei dati
inerenti a pianificazione e progettazione dell’edificio.
L’ingresso di questa metodologia che risale all’incirca al
2014, ma è andata in attuazione solo dopo le disposizioni
di cui al D.M. 560 del 1/12/2017. Queste hanno consentito
di definire le condizioni e i tempi della progressiva
introduzione obbligatoria da parte delle stazioni appaltanti,
delle amministrazioni concedenti e degli operatori
economici, dei metodi e degli strumenti elettronici
specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le
infrastrutture, nelle fasi di progettazione, costruzione
e gestione delle opere con relative verifiche. Il BIM è
un processo che gestisce informazioni nel corso della
progettazione, dalla nascita del concept, alla manutenzione
dell’edificio stesso per tutto il suo ciclo di vita
utile. L’adozione del BIM nella progettazione è quindi
preferibile a quella di un CAD perché le informazioni
vengono gestite e aggiornate durante tutto il processo
rendendo il lavoro versatile e più facile da condividere
e modificare. Molteplici sono i vantaggi come: la riduzione
delle tempistiche di lavoro, riduzione dei costi,
controllo della modellazione in tempo reale, resa del
progetto qualitativamente più alta sia per le analisi e i
controlli che si possono effettuare e l’interoperabilità
tra operatori e strumenti. Circa quest’ ultimo vantaggio
il BIM, difatti, riguarda il lavoro integrato di più professionisti,
in quanto quello che prima era un processo lineare,
dove al massimo si tornava sui propri passi per apportare
modifiche o per correggere errori con l’avvento
del BIM diventa un processo circolare e contemporaneo
in cui tutto può avvenire in tempo reale. In definitiva è
un processo che riguarda lo sviluppo, l’analisi e la manutenzione
di un modello digitale non è solamente una
rappresentazione geometrica e multidimensionale di un
edificio. Una metodologia che rende agevole non solo il
confronto, ma anche la conservazione dei dati inerenti
all’intero ciclo vita di un edificio. Un capillare controllo
che riduce e previene gli errori e che deve esser
sempre più preso in considerazione, per la potenzialità
delle tecnologie applicate in questo ambito specifico e
innanzi tutto per una tutela efficiente del patrimonio
storico-artistico. L’uso del BIM è teso a migliorare ogni
disciplina.
Abstract
The new relevant technologies applied to cultural heritage - in particular the application
of the BIM methodology - allow to better understand the impacts of detailed planning.
Geomar, a competent company in architectural and topographical surveys, testifies how a
cutting-edge survey can make the dissemination of built heritage ever easier.
Keywords
BIM; rilievi; beni culturali
Author
Maria Chiara Spezia
34 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali 35
AGORÀ
Ricostruzione 3D del volto di
Raffaelo Sanzio – Dopo secoli di
.
dissidi, la tecnologia ha 'localizzato'
i resti di Raffaello Sanzio. Le
ricerche sono state condotte dal
Centro di Antropologia molecolare
per lo studio del DNA antico,
Dipartimento di Biologia dell’Università
degli studi di Roma “Tor
Vergata” che, in collaborazione
con la Fondazione Vigamus e l’Accademia
Raffaello di Urbino, ha
realizzato una ricostruzione tridimensionale
computerizzata del
volto di Raffaello Sanzio in età
matura, per accertare l’identità
dei resti custoditi nella tomba del
Pantheon.
Finora – ha dichiarato Mattia Falconi,
professore associato di Biologia
molecolare a Tor Vergata –
nonostante l’accuratezza delle
indagini svolte nel 1833 dall’anatomista
Antonio Trasmondo, principale
artefice dell’ultima riesumazione
di Raffello (eseguita con
i metodi non risolutivi del tempo,
ma all’avanguardia per l’epoca)
non vi era alcuna certezza che
i resti ritrovati e conservati nel
Pantheon fossero realmente quelli
del Sanzio. Per dissipare dubbi è
stato utilizzato un calco in gesso
del cranio del pittore, realizzato
dal formatore Camillo Torrenti
nel 1833. Nella prima fase è stato
determinato il profilo biologico
dell’individuo in esame. In seguito,
la ricostruzione è stata realizzata
manualmente al calcolatore,
con un procedimento molto flessibile,
come se fosse scolpita manualmente,
e che ha portato alla
realizzazione di un prodotto realistico
con molteplici possibilità di
rendering - spiega una nota stampa
dell’Università di Tor Vergata.
Inoltre, la ricostruzione è stata
confrontata con gli autoritratti di
Raffaello e con dipinti di altri autori,
al fine di valutare la possibilità
che il pittore fosse il soggetto
rappresentato. La ricostruzione
facciale rappresenta una tecnica
interdisciplinare in grado di ricreare
con buona approssimazione,
basandosi esclusivamente sulla
morfologia del cranio, il volto di
una persona al momento della
sua morte. Questa procedura è
stata ampiamente utilizzata per
svelare i volti di resti craniali di
rilevanza archeologica e storica,
nonché per l'identificazione quando
utilizzata in ambito forense,
sottolineano Cristina Martinez-Labarga,
professoressa associata di
Antropologia forense a Tor Vergata,
e Raoul Carbone, professore di
Grafica 3D Applicata alle Scienze
Forensi e presidente della Fondazione
Vigamus.
Se vengono messi a confronto il
celebre ritratto realizzato da Raffaello
tra il 1504 e il 1506, conservato
agli Uffizi di Firenze e la ricostruzione
3D, nel rendering vengono
messi in risalto i tratti del volto
molto pronunciati, mentre nel suo
autoritratto emergono lineamenti
gentili, delicati. E’ giusto soffermarsi
sulle affinità tra il rendering
e l’autoritratto?
36 36 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie
Tecnologie
per
per
i
i
Beni
Beni
Culturali
Culturali 37
RECENSIONE
I Musei e le forme dello
Storytelling digitale
a cura di Aracne Editrice
AUTORE: ELISA BONACINI
EDITORE: ARACNE EDITRICE
PAGINE: 308
PREZZO: 28 €
ISBN: 978-88-255-3369-9
Il nuovo volume di Elisa Bonacini, I Musei e le forme
dello Storytelling digitale (Aracne Editrice 2020), si inserisce
in un ampio dibattito, reso ancora più stringente
in seguito alla pandemia COVID-19, che ha messo
al centro dell’attenzione il mondo della cultura e dei
musei, soprattutto, in rapporto al digitale.
La ricerca vuole illustrare le molteplici espressioni con
cui, in questi anni della rivoluzione digitale, si è espresso
lo storytelling. La pratica del “raccontare storie”,
come si può semplicemente tradurre questo inglesismo
ormai più che abusato, si è trasformata, attraverso le
nuove tecnologie, in una branca della comunicazione
e valorizzazione fondamentale oggi, nel campo culturale
e museale. Il volume analizza molteplici esperienze
adottate nel campo dello storytelling digitale, con
casi sia nazionali che internazionali, con lo scopo (per
la prima volta in questo campo) di “fare ordine” nella
stessa definizione di storytelling digitale, e di orientare
le scelte future di soluzioni digitali narrative.
Elisa Bonacini, analizzando numerose best practices,
ha tracciato un quadro non solo dell’evoluzione stessa
dello storytelling digitale, ma delle diversificate
soluzioni attraverso cui esso è stato ed è declinato.
L’autrice ha individuato e analizzato ben 14 tipologie
di storytelling digitale (orale, scritto, video, visuale,
animato, interattivo, immersivo, social media storytelling,
partecipativo, generativo, geo-storytelling, multimedia
mobile storytelling, crossmediale e transmediale),
ma in alcuni casi (storytelling visuale, animato,
interattivo e immersivo) sono state distinte ulteriori
sottocategorie, nel tentativo di non escludere alcuna
soluzione possibile.
Il volume si presenta, dunque, come un vero e proprio
manuale operativo sullo storytelling digitale, che vuole
restituire un quadro il più possibile completo di come
queste forme di storytelling digitale si siano sviluppate
e si stiano tuttora sviluppando in molteplici varianti
ed espressioni, sulla base dell’evoluzione e della differente
applicazione delle nuove tecnologie digitali nella
creazione, nella comunicazione, nella visualizzazione e
nella fruizione di tali contenuti.
Sin dall’Introduzione e, lungo tutto il corso del volume,
l’autrice esprime la sua nuova visione di museo; un
modello che ha voluto definire museo di connessione o
di narrazione connessa. Tale modello da un lato assorbe
in sé le esperienze museologiche precedenti, che si
sono sempre più allontanate dal museo ottocentesco di
collezione, dall’altro spinge sulla funzione connettiva
del museo con la società attraverso le tecnologie e lo
storytelling.
AGORÀ
Tecnologia Micro-SORS: nuovo
metodo per analizzare i dipinti
più in profondità. – Le scienze
applicate ai beni culturali, anche
se il suo raggio d’azione è il passato,
è un campo in continua evoluzione,
con (anche) lo scopo di
ottenere metodi e meno distruttivi
per i materiali. Quest’anno la
Coblentz Society ha scelto di conferire
il Craver Award alla dottoressa
Claudia Conti, ricercatrice
dell’Istituto di Scienze del Patrimonio
Culturale (ISPC) per il CNR
proprio per il suo recente sviluppo
della tecnologia Micro-SORS. Questa
tecnologia è un notevole passo
in avanti nello studio delle belle
arti, perché permetterà di analizzare
gli strati più profondi di quadri
e tessuti senza dover prelevare
dei campioni.
La dottoressa Claudia Conti ha
messo a punto con il suo team di
ricerca negli ultimi anni la tecnica
di analisi Micro-SORS, ossia
uno sviluppo della tecnica SORS
estendendo il suo raggio di azione
dalla scala millimetrica a quella
micrometrica (> 1 micrometro =
> 0,001 millimetro). Il SORS (Spatially
Offset Raman Spectroscopy)
è una variante della microscopia
RAMAN, sviluppata dai ricercatori
inglesi del laboratorio Central Laser
Facility di Oxfordshire, in cui
il campione da analizzare viene
spostato gradualmente dal fuoco
geometrico individuato dall’obiettivo
del microscopio. Questo
metodo consente di effettuare
delle analisi chimiche estremamente
accurate di strati posti al
di sotto di superfici opache, quali
tessuti o rivestimenti, e riveste un
campo di applicazione nella sicurezza
aeroportuale e in medicina,
nell’individuazione dei tumori.
Il Micro-SORS estende l’efficacia
di questa tecnica sulla scala dei
micrometri, permettendo in questo
modo di analizzare gli strati
meno superficiali dei materiali
e ottenere così informazioni sulla
presenza di pigmenti nascosti,
prodotti di decomposizione e strati
di preparazione sparsi su diversi
substrati. Questo metodo permette
per la prima volta di conoscere
la composizione molecolare
di composti organici, inorganici,
cristallini e amorfi, che finora non
era pienamente possibile usando
altre tecniche non invasive (ad
esempio l’imaging multispettrale
o la radiografia a raggi X). Questo
nuovo strumento di analisi, ha affermato
la dottoressa Conti, “ha
prodotto una scoperta metodologica,
andando oltre i risultati specifici
raggiunti sulle opere analizzate”.
La tecnica Micro-SORS è già stata
applicata in due casi studio. Il
primo è l’analisi delle prestigiose
sculture policrome in terracotta
rinascimentali dei “Sacri Monti”,
che sono state ridipinte più volte
nel tempo, mostrando come queste
opere abbiano una stratigrafia
complessa, composta da strati
pittorici sovrapposti di grandezza
micrometrica. Il secondo caso ha
interessato l’analisi di una cartolina
pubblicitaria del XIX secolo,
identificando i diversi strati di
pittura e preparazione dell’opera
ed ottenendo così informazioni
importanti per la comprensione
dell’artista e la conservazione.
Il lavoro è valso quest’anno alla
dottoressa Conti il premio Craver
Award. Il premio è conferito ogni
anno dalla Coblentz Society al fine
di riconoscere gli sforzi dei giovani
studiosi che hanno contribuito
in modo significativo allo sviluppo
della spettroscopia.
Questo metodo è senz’altro sorprendente
e trova numerose applicazioni
nel campo delle belle
arti. Sarebbe interessante vedere
prossimamente delle sperimentazioni
pubblicate anche su altre
tipologie di manufatti di periodi
storici e da territori geografici diversi,
per analizzare le differenze
tra i diversi risultati ottenuti
e fare delle analisi diacroniche e
multi-territoriali che potrebbero
aumentare la comprensione e la
conoscenza per la salvaguardia
dei beni culturali.
38 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali
39
Le mappe considerate segreto
di Stato nel nuovo sito web della
Biblioteca Estense di Modena
– Le collezioni digitalizzate della
Biblioteca Estense di Modena includono
molte mappe d'epoca che
hanno segnato momenti particolari
della nostra storia. In particolare
ce ne sono alcune per le quali si
narra un furto epico eseguito con
successo. All'inizio del XVI secolo
la conoscenza nautica era potere.
Durante il XV e il XVI secolo
i portoghesi furono in prima linea
in questa conoscenza, aprendo la
strada all'esplorazione oltremare
e alla creazione di rotte commerciali
mercantili.
Uno dei compiti più importanti
delle spedizioni oltremare era creare
carte nautiche accurate. Durante
questo periodo i cartografi
portoghesi completavano enormi
carte nautiche che mappavano le
coste, i venti dominanti e importanti
conoscenze commerciali. Per
proteggere questa importante
conoscenza
queste mappe furono
considerate segreti di
stato. Segreti di Stato
che altri paesi cercavano
disperatamente
di rubare.
In effetti la mappa è
nota con il nome di Alberto
Cantino, l'inviato
del Duca di Ferrara
che fortunosamente
la ottenne dai portoghesi
per la raccolta
estense, che con successo "acquisì"
la mappa dai portoghesi per il
duca di Ferrara.
Il Planisfero Cantino è ora di proprietà
della Biblioteca Estense di
Modena, in Italia, e si può esplorare
una versione interattiva della
mappa utilizzando il nuovo sito
Web delle raccolte digitali della
biblioteca. Il Planisfero di Cantino
è una mappa notevole per
molte ragioni. La mappa include
una rappresentazione della costa
brasiliana, che Cabral aveva appena
scoperto e include anche le
conoscenze acquisite dal viaggio
di Vasco de Gama in India e dai
viaggi di Colombo nelle Indie occidentali.
Le nuove collezioni sono disponibili
nella Estense Digital Library
(https://edl.beniculturali.it/)
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per indagini pre-scavo
e profili 3D del sottosuolo
AGORÀ
Il pigmento ritrovato: il blu egizio
negli affreschi di Raffaello a
Villa Farnesina. – Gli Egizi diedero
vita al primo colore di origine
non naturale della storia, vale a
dire il “blu egizio”, chiamato così
proprio in onore del popolo che
lo inventò, ma che ebbe grande
diffusione e ampio utilizzo anche
presso altre popolazioni, quali gli
Etruschi, i Greci e i Romani. Soprattutto
grazie ai Romani siamo
a conoscenza di alcuni dettagli
importanti: infatti, all’interno
del “De Architectura” di Vitruvio,
in cui il blu egizio viene chiamato
caeruleum, vi è la descrizione
del procedimento e gli ingredienti
per prepararlo.
Questo particolare pigmento dal
colore blu intenso ha un discreto
potere coprente ed è, nella
sua composizione chimica, un
doppio silicato di rame e calcio
ottenuto dal riscaldamento della
silice, malachite, carbonato
di calcio e carbonato di sodio. In
passato vi erano sicuramente svariati
modi per comporlo, ma con
il finire dell’epoca romana il blu
egizio cadde in disuso. Si pensa
proprio che questo pigmento sia
stato riportato in auge grazie alla
riscoperta e rivalutazione delle
culture antiche, tipica dell’animo
degli intellettuali nel periodo
rinascimentale.
La passione di Raffaello per il
mondo classico, unita al suo genio
creativo, lo portarono ad approfondire
le tecniche pittoriche
antiche, prendendo nuovamente
in considerazione quel colore
che la storia aveva dimenticato.
Il grande pittore scelse di utilizzare
questo particolare pigmento
blu per dipingere il cielo, il mare
e gli occhi di Galatea nell’affresco
raffigurante “Il trionfo di Galatea”,
che tutt’oggi possiamo
osservare all’interno di Villa Farnesina
a Roma. La raffigurazione
di una scena mitologica ha fatto
desumere che la scelta del blu
egizio sia stata fatta intenzionalmente
da Raffaello, il quale usa
una tecnica pittorica antica che
ben si colloca nel tempo di narrazione
della scena stessa. Fino
a questa meravigliosa scoperta,
gli studiosi del genio di Raffaello
conoscevano la sua passione per
l’antico principalmente attraverso
testimonianze documentali,
mentre ora sappiamo che egli decise
di avvicinarsi al mondo classico
proprio con l’uso dei colori,
esaltandone la materialità e la
tecnica, come è perfettamente
testimoniato da questo caso specifico.
Il collegamento diretto dell’artista
è ben riuscito: dal periodo
antico, da Vitruvio e i Romani
in particolare, si crea un ponte
che termina nel 1512, anno in
cui Raffaello dipinse la Loggia di
Galatea. Tutto ciò è stato scoperto
e studiato dal Laboratorio di
Diagnostica per i Beni Culturali di
Spoleto incaricato dall’Accademia
Nazionale dei Lincei di analizzare
l’affresco tramite le più
aggiornate strumentazioni diagnostiche
portatili e non invasive
presenti in Italia.
Le indagini fatte dal Laboratorio
sull’affresco di Villa Farnesina
sono state effettuate da Michela
Azzarelli e Manuela Vagnini,
all’interno del gruppo coordinato
dall’accademico Antonio Sgamellotti
e composto da Claudio
Seccaroni (ENEA), Chiara Anselmi
(IRET-CNR), Roberto Alberti, Tommaso
Frizzi (XGLab-Bruker). Dopo
quasi un anno di sospensione dei
lavori, il Laboratorio di Diagnostica
per i Beni Culturali di Spoleto
ha ripreso l’attività con interventi
su progetti nazionali e anche
internazionali, di apertura verso
il territorio umbro e non solo. Il
fine ultimo del LABDIA (acronimo
del Laboratorio) è quello di sostenere
attività di tutela e di ricerca,
salvaguardando il patrimonio
artistico e monumentale italiano,
con particolare attenzione al
territorio regionale, avvalendosi
della collaborazione con la comunità
scientifica umbra.
40 ArcheomaticA N°2 giugno 2020
Tecnologie per i Beni Culturali
41
Analisi forensi sugli ostraka di
Arad aprono un nuovo filone di
ricerca – Le analisi forensi poliziesche,
unite ad algoritmi computeriali,
hanno gettato nuova luce su
un corpus di frammenti ceramici
di 2.500 anni fa, ritrovati nel sito
di Arad durante gli scavi degli anni
’60. L’articolo riguardante il corpus
è stato recentemente pubblicato
da un gruppo di ricercatori
dell’Università di Tel Aviv e dagli
esperti della polizia forense. Le
analisi dei 18 testi inscritti nei 16
ostraka (frammenti ceramici con
delle iscrizioni a inchiostro) hanno
permesso ai ricercatori di individuare
vari autori. Le analisi calligrafiche
sono state condotte da
un sistema di analisi computeriale
che ha consentito di riconoscere
e selezionare, autonomamente,
i gruppi di frammenti ceramici
scritti dagli stessi autori.
Il sito di Arad, localizzato nella
valle di Beer-Sheba, nel VI-V secolo
era una piccola fortezza militare
in cui, durante gli scavi condotti
negli anni ’60, vennero ritrovati
più di 100 ostraka. I testi sono di
natura amministrativa, come ad
esempio delle liste di nomi o dispacci
per la guarnigione di Arad
dai vertici militari, in cui si trovano
accenni al Tempio di Gerusalemme
o a delle unità mercenarie
greche. Un gruppo importante
sono le “lettere di Eliashib”, identificato
come il comandante della
guarnigione di Arad, probabilmente
delle note spese riguardo le attività
di un mese. Questi ostraka
sono dei manufatti molto importanti
poiché offrono delle informazioni
riguardo la vita quotidiana
dei militari che difficilmente
verrebbe tramandata nelle fonti
letterarie storiche.
Questi ostraka sono molto famosi
nell’archeologia e diversi studi
sono stati condotti su di essi, in
particolare dal 2017 diverse analisi
multispettrali hanno rivelato
informazioni sugli strati scrittori
meno visibili. L’ultimo appena
compiuto e pubblicato agli inizi di
settembre di quest’anno, è il primo
nel suo genere, non solo per
l’epigrafia semitica ma in generale
per lo studio dei testi antichi.
L’originalità di questo studio sta
principalmente nel metodo: dopo
una prima fase di analisi da parte
di uno specialista di calligrafia
forense, i dati raccolti sono stati
inseriti in database di analisi con
due nuovi algoritmi avanzati di
identificazione degli autori, che
hanno permesso di incrociare tra
loro le informazioni e fare più di
150 valutazioni, ottenendo dei risultati
sorprendenti.
In totale sono stati individuati dai
4, 5 o 7 autori diversi per le iscrizioni,
di cui alcuni individuati già
dallo studio dei testi come il figlio
di Eliashib. In campo archeologico
è un risultato importante perché
permette di capire che l'alfabetizzazione
all'epoca era abbastanza
diffusa a livello amministrativo,
almeno tra i ranghi militari meno
alti. Oltre a questo, la novità del
metodo di studio presentato in
questo articolo è di grande rilevanza
e fa da perfetto apripista
per un nuovo filone di ricerca e
analisi dei reperti epigrafici che,
soprattutto per il Vicino Oriente,
potrà fornire nuove informazioni.
Un buon lavoro si riconosce non
solo dalle risposte che fornisce,
ma anche dalle domande che solleva
e in questo caso la curiosità
scientifica porta a domandarsi se
uno studio di questo genere possa
essere applicato anche su supporti
scrittori di altri tipi, ad esempio
le tavolette in argilla, e quali modifiche
dovrebbero essere apportate.
EVENTI
19 – 22 GENNAIO 2021
X Congresso Annuale AIUCD
2021 (Digital Humanities)
Pisa (Italy)
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8 - 11 APRILE 2021
Borsa Mediterranea del
Turismo Archeologico
Paestum (Italy)
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5 – 7 MAGGIO 2021
Dronitaly “Working with
Drones” 2021
Bologna (Italy)
www.dronitaly.it
27 – 30 SETTEMBRE 2021
GIScience 2021
Poznan (Poland)
www.giscience.org
12 – 13 MARZO 2021
DIGITAL TECHNOLOGY AND
HERITAGE - CHALLENGES
AND ISSUES
Parigi (France)
https://rb.gy/ppmfwb
26 – 28 APRILE 2021
ARQUEOLÓGICA 2.0 &
GEORES
Valencia (Spain)
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