SPIRITUALITA FRANCESCANA IN COSTIERA AMALFITANA di Gennaro Esposito
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Ascalesi, innalzato alla porpora cardinalizia da Papa Benedetto XV 25 , fermo oppositore della Primo Conflitto
Mondiale. Dopo aver ricoperto degnamente la carica di Alto Prelato presso Campagna, Don Giuseppe che,
con una costante predicazione e scritti pastorali solidi e chiari cercava di rinvigorire la fede, i costumi ed il
senso cristiano della vita in tutti i suoi diocesani, morì il 23 marzo 1961, al termine delle Funzioni del
Venerdì Santo. Coma abbiamo pocanzi accennato, la missione del Padre francescano fu parallela a quella
del nipote Giovanni che, definito lo “Schindler Italiano”, fece ricorso all’autorità dello zio Vescovo per
salvare dalla deportazione e dallo sterminio un gran numero di ebrei.
L’attività umanitaria del presule cattolico, che durante il suo apostolato a Campagna ridestò nel clero e nei
fedeli la devozione ed il culto di S. Maria di Avigliano 26 , era sostenuta dalla Santa Sede, come documentato
da una lettera firmata il 29 novembre 1940 dal Sostituto alla Segreteria di Stato, Mons. Giovanni Battista
Montini 27 , con la quale veniva concessa la somma di diecimila lire da utilizzare per gli ebrei internati nella
Diocesi del Mezzogiorno. Si tratta, dunque, di un Francescano, di un Vescovo Incomparabile, ma prima
ancora di un uomo che debba fungere per noi da esempio degno di ammirazione ed imitazione. Fornito di
eccellenti doti fisiche, intellettuali e morali, decoroso di persona, acuto di mente, energico di volontà,
vivace di spirito, incline alla pietà ed alla preghiera, è una personalità che non deve e non può essere
dimenticata, ma deve essere riproposta ai chierici e ai sacerdoti delle nostre parrocchie, che spesso
dimenticano la loro VERA MISSIONE.
Altro frate minore conventuale, che lasciò la sua scia nella città di Amalfi, è fra’ Landolfo Caracciolo de’
Rossi, trasferito alla Cattedra Metropolita di Amalfi il 20 Settembre 1331 da Papa Giovanni XXII 28 , che
assegna contemporaneamente all’arcidiacono amalfitano Andrea d’Alagno 29 , jam consacratus apud sedem
apostolicam, la Cattedra di Castellammare di Stabia. Nato a Napoli, con ogni probabilità nell'ultimo quarto
del XIII secolo, fra’ Landolfo apparteneva al ramo Rossi della famiglia Caracciolo. Suo padre Giovanni, creato
cavaliere da Carlo I nel 1275, aveva fatto carriera nell'amministrazione angioina, ricoprendo tra l'altro le
cariche di capitano di Amalfi (1300) e tesoriere regio (1303). Mons. Caracciolo, sacre theologie doctor et
regni Sicilie logotheta 30 et protonotarius 31 , reggerà la cattedra metropolita per venti anni, dal 1331, anno
della suo insediamento, fino al 1351, quando sorella morte lo accolse tra le sue braccia per ricongiungerlo
al Padre Nostro, che è nei Cieli. Ricevuta la vocazione spirituale, entrò nell’Ordine dei Frati Minori Convent.,
nel quale per il biennio 1324-1325 ricoprì la carica di Ministro Provinciale per la provinciale religiosa di
Terra di Lavoro. Conseguito il titolo di Maestro di Teologia a Parigi nel 1305, nel 1314 fu Nunzio speciale e
Protonotario Apostolico al matrimonio di Beatrice, figlia di Carlo II, detto lo Zoppo. L’anno seguente istituì
la prima cattedra scotista nel Mezzogiorno d’Italia per celebrare la dottrina del maestro Giovanni Duns
Scoto. Rientrato a Parigi nel 1317, il francescano vi rimase fino al 1327 circa quando, più in virtù delle sue
qualità personali, che per la sua appartenenza alla nobiltà a quel tempo vivaio, fucina di vescovi, venne
elevato alla dignità Episcopale in Castellammare. Tenuto in grande considerazione da Papa Giovanni XXII, gli
fu concesso il pallio attraverso l’autorità di Pietro Borbelli, minorita nonché Vescovo di Sulmona. Il Pastore
Amalfitano, che viveva in tutta umiltà nel Convento dei Frati Minori di S. Maria degli Angeli ( attuale Hotel
Luna), fu apprezzato da papi e regnanti tanto da essere nominato dal re di Sicilia Ludovico d’Aragona
protonotario e luogotenente del regno. Il dotto e umile francescano, generoso e zelante tanto da affermare
maledictus homo qui opus suum facit negligenter, era un chierico che indirizzò la sua vita alla santità ed alla
rettitudine di vita. Pastore buono che amò le anime e non lo scettro del potere, così come aveva sorbito dal
Messaggio del Padre Serafico S. Francesco, fu tenuto in grande considerazione anche da Clemente VI, che
gli indirizzò la bolla “In praecelso throno” del 22 maggio 1342, e da Giovanna I, che non solo lo inviò quale
suo ambasciatore presso la Sede Pontificia Avignonese, ma lo nominò anche ambasciatore del Regno di
Sicilia in occasione delle trattative per la pace con Luigi I, re d’Ungheria. Mons. Caracciolo, che nel 1340
presenzia alla consacrazione della Chiesa di S. Chiara in Napoli fatta costruire dal re Roberto e dalla regina