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SPIRITUALITA FRANCESCANA IN COSTIERA AMALFITANA di Gennaro Esposito

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intenzionata a prendere il voto avrebbe dovuto pagare. Il nuovo complesso monastico, iniziato il 1519, fu

completato dopo un anno e già nel 1670 fu inaugurato da un incendio che distrusse un gran numero di vasi

sacri e la ricca suppellettile appartenente alla Chiesa Collegiata e conservata momentaneamente nel nuovo

convento per lavori di restauro della Chiesa Madre. La comunità adottò come regola quella francescana di

S.Chiara, che divenne anche patrona e titolare del Monastero insieme a S. Luca Evangelista, in memoria del

benefattore Luca Staibano. Questi elementi conferirono al nuovo edificio religioso la denominazione di

“Monasterium S.Lucae seu Marie Pietatis ordinis S.Francisci Observantiae”, affidato all’amministrazione dei

Padri dell’Osservanza. Ogni anno, l’8 settembre, giorno di ricorrenza della Natività della Beata Vergine

Maria, il Padre provinciale era solito recarsi insieme ad altri frati presso il Monastero per un comunitario

festeggiamento della Madonna, nitida occasione per informarsi del rispetto dell’osservanza e della regola.

La prima visita fu registrata il 16 agosto 1599: i protagonisti furono l’Arcivescovo Rossini con il Vicario

generale, prevosto della Collegiata di Maiori, Giannotto Ferrigno, con alcuni sacerdoti e laici maioresi e con

il Ministro dell’Ordine. La relazione post-visita dell’Arcivescovo presentava alcuni accorgimenti da attuare:

egli puntualizzava sulla posizione del dormitorio, situato “in plano” e “discoperto”, per cui le monache

erano viste dalle case vicine. A tal proposito, ordinava di costruire un muro alto che non avesse consentito

la vista e di demolire due case attigue al convento che comunicavano con il giardino con la possibilità di

accesso. Dopo aver visitato il coro, avendo trovato che le grate non erano sufficientemente atte a

nascondere la vista delle monache, ordinò l’aggiunta di un’altra grata e la chiusura della porta d’ingresso

con tre chiavi. Il 24 giugno 1632 il nuovo monastero fu visitato dall’Arcivescovo Teodolo, il 19 gennaio 1658

da Mons. Stefano Quaranta e ancora il 25 maggio del 1661 dallo stesso Arcivescovo. Proprio in quest’ultima

visita, l’ecclesiastico diede mandato al Sig. Prevosto della Collegiata e ad altre persone di dare avvio alla

revisione dei conti. Anche Mons. Simplicio Caravita visitò il luogo sacro il 6 agosto 1698, che interveniva con

l’ordine della costruzione di un muro. Tra il 1698 e il 1700, il Monastero conobbe un periodo di crisi, fino a

godere, in seguito, un certo benessere economico ed un aumento di vocazioni religiose, che costrinsero nel

giugno 1700 la superiora a scrivere all’Arcivescovo per ottenere l’autorizzazione per l’ampliamento ed il

completamento dell’edificio, limitato a causa delle ridotte dimensioni. Nello stesso periodo, si appellava

anche alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Religiosi affinché potessero entrare nel Monastero anche

ragazze provenienti da altre città. In un documento del 1723 si leggeva che nel monastero vi erano

ventiquattro religiose ed una sola educanda, che pagava venti ducati annui a fronte dei trecento ducati

necessari per la monacazione di una donna cittadina e quattrocento per quella di una forestiera. Nel 1722 e

nel 1786 fu la volta di Mons. Puoti nella visita al convento, che lasciò traccia per ulteriori perfezionamenti

dati al monastero. In particolare, aveva fatto assicurare la grata del parlatorio con una grata ferrea in modo

da evitare che la mano “alterius hominis” si fosse potuta introdurre e aveva provveduto anche all’aggiunta

di un’altra grata alla finestra del confessionile, ad alzare almeno di quattro palmi i muri che si trovavano

“prope turrim versus viam publicam”; altri suggerimenti riguardavano l’osservanza della regola e le norme

che dovevano regolare i rapporti con i visitatori, i parenti e i forestieri. Nel 1806 si contavano diciannove

monache. Il re Ferdinando IV stabilì con un decreto del 1 gennaio 1816 che l’amministrazione del

monastero doveva essere affidata alla Superiora con le Discrete, sotto il controllo dell’Ordinario Diocesano.

Un documento del 1845, invece, ci rende noti i movimenti economici di tale monastero, specificando che il

totale delle entrate ammontava a 1552,31 ducati e le uscite a 650. Nel 1820, si ravvisarono dei lavori di

ampliamento e di restauro interno ed esterno mentre in una circolare del 12 settembre 1866, il ministro

Guardasigilli dava alcune disposizioni pungenti: tutte le persone ammesse a vita comune nei Monasteri in

seguito alla soppressione e con professione di voti o con abito monacale avrebbero dovuto sgombrare nel

termine di dieci giorni dalla comunicazione, dopodiché, in caso di mancato sgombero, si sarebbe passati ad

usare le maniere forti. Tal ordine spinse tutti i monasteri a dare l’elenco delle religiose, condizione che

sommate ad altre limitarono lo stesso monastero femminile maiorese, che ai primi del novecento passò alle

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