SPIRITUALITA FRANCESCANA IN COSTIERA AMALFITANA di Gennaro Esposito
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dell’Arte Nautica” in Maiori e proponeva di imporre una tassa annua per tal fine ai proprietari di cartiere, ai
padroni di barche e ai manifatturieri di pasta. In effetti, la comunità francescana maiorese, non risultando
composta da dodici religiosi, fu soppressa. Il triste congedo si verificò il 13 novembre 1811, giorno in cui il p.
Guardiano Giov. Battista Squitieri da Sarno adoperò la consegna della chiesa e del convento al Sig. Can.
Andrea Luci bello, Vicario Generale e Delegato dell’Arcivescovo. Il decreto del 29/02/1814 assegnava i locali
del convento al Comune di Maiori, mentre il vigneto e tutto il resto del giardino divennero proprietà della
mensa Arcivescovile. Le innumerevoli suppliche dei pescatori maioresi e dello stesso Arcivescovo permisero
alla chiesa di rimanere aperta al culto essendo affidata ad un “rettore Curato”. Il regno di Ferdinando I di
Borbone fu propizio per le trattative di riapertura del convento, ardentemente richiesta dai maioresi e dalle
stesse autorità, pratica che si protrasse per circa venticinque anni e avviata a conclusione solo grazie al
nuovo Arcivescovo Mons. Mariano Bianco. Addirittura, nel marzo 1837 il Sindaco aveva suggerito di
ripristinare il soppresso convento con una comunità di PP Alcantarini, iniziativa dallo scopo ben definito,
nella lettera che Filippo Cerasoli, a nome dell’amministrazione comunale, aveva scritto all’Arcivescovo. Si
leggeva che i Padri Alcantarini erano in attesa della successiva buona stagione per recarsi a Maiori e non
avevano potuto effettuare il trasferimento nell’autunno precedente a causa delle solite calamità naturali.
Inoltre, si argomentava l’inutilità di un convento dello stesso ordine di quello dei Cappuccini appena
ripristinato ad Amalfi e sembrava inevitabile un dualismo tra le famiglie dello stesso ordine a riguardo della
questua. Dunque, era esplicita la propensione del Sindaco e della popolazione per la venuta degli
Alcantarini, istituiti da S. Pietro d’Alcantara e sorti come altra diramazione dei Francescani Osservanti. Dopo
altri cinque anni, nel settembre 1842, si ebbe la deliberazione del Decurionato di Maiori che decise la
riapertura del convento alla comunità francescana. Il 1 agosto 1844, il re Ferdinando II autorizzava il
comune di Maiori a cedere il locale del soppresso convento dei Minori Osservanti in modo da ripristinare
tale ordine. Finalmente, dopo innumerevoli insidie e ostacoli, la Provvidenza Divina accompagnò il 10
settembre il ritorno dei frati al convento, che rischiarono con la soppressione del 7 luglio 1866 di essere
ancora una volta spodestati, ma il pericolo fu sventato grazie al benefico impegno del Sindaco Beniamino
Cimini, essenziale nel salvaguardare ai frati il loro luogo di meditazione religiosa. Purtroppo, le forze
naturali avevano preso gusto nel distruggere tale convento, infatti, il 24 ottobre 1910 si abbatté un
nubifragio su tutta la costiera amalfitana, causando rovine e morti e tra queste rovine, non potevano
mancare quelle del convento e della chiesa. Nuovi lavori presero il via per la restaurazione, a cui il Comune
venne incontro concedendo un fitto eccezionale di ventinove anni. Soltanto nel 1933 i frati ebbero modo di
avere dal Comune parte dei locali, e nel 1935 anche la parte occidentale. Nel corso del XX secolo, il
convento ha conosciuto ulteriori restauri e ampliamenti per dare la possibilità ai francescani di poter essere
occupati anche in opere sociali di apostolato e soprattutto di intensificare ancor più la loro missione
ecclesiastica secondo l’ammirabile e nobile esempio del “Poverello di Assisi”.
La fiaccola dello spirito religioso abbagliava energicamente gli occhi degli abitanti di Maiori e testimonianza
di tale dato di fatto è senza dubbio la fondazione del Convento di S.Francesco nel XV secolo, a cui si
aggiunge anche la fondazione di un monastero per fanciulle del ceto nobile dell’Ordine di S.Francesco dei
Minori Osservanti. Codesta fondazione deve essere ricondotta alla pietà religiosa del dottore fisico Luca
Staibano, che il 27 settembre 1515 fece testamento lasciando un agglomerato di case con giardino site
nella terra di Maiori nella contrada “S.Johannis de Campulo subtus et supra cum apothecis”, con l’obbligo
per il Comune di Maiori di finanziare la costruzione di un “Monasterium de dicto edificio de Donne de lo
Ordine di S.Francesco de Observantia”. Il benefattore si riservava anche il diritto di nominare l’abbadessa,
la quale doveva appartenere alla famiglia Staibano, senza opposizioni da parte delle monache e
dell’Universitas maiorese altrimenti l’elezione di un'altra abbadessa “sub maledictione eterna erit”. Fissò,
inoltre, due anni come termine per la costruzione e precisò che nessuna donna della famiglia Staibano