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GIGAPIXEL ALLA GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA

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ivista trimestrale, Anno XIV - Numero I Marzo <strong>2022</strong><br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

GIGAPIXEL alla Galleria<br />

Nazionale dell'Umbria<br />

GlobaLID for archaeological metals<br />

Tecnologia al Museo Dante a Ravenna<br />

Mausoleo di Sant'Urbano sulla via Appia Antica<br />

Metal Detectors e prospezione archeologica<br />

www.archeomatica.it


Robotica e compatibilità<br />

EDITORIALE<br />

Cari lettori,<br />

solo nell’area archeologica delle tombe di Saqqara nel Basso Egitto a Il Cairo i risultati delle<br />

campagne di rilevamento, a partire dalle missioni italiane condotte da Edda Bresciani, di recente<br />

scomparsa, con tecnologie e metodi d’indagine cartografica hanno apportato, negli ultimi anni,<br />

un progresso reale ed un avanzamento tale da non avere confronti. Un progresso che è provato<br />

dall’ingente numero di reperti portati alla luce dalle tombe catalogate, come ormai quasi<br />

quotidianamente si legge nella cronaca, nei reportages e nei dossier internazionali. Non sarebbe<br />

improprio dire che le indagini archeologiche anche dall’anticipazione dell’esperienza di Saqqara<br />

si siano sempre più spesso estese ad un territorio e alle sue caratteristiche geomorfologiche e<br />

di antropizzazione. La mole di metadati vecchi e nuovi da archiviare e archiviati, nelle diverse<br />

condizioni e soprattutto nei componenti materiali non soltanto degli oggetti ritrovati, ma anche dei<br />

materiali di riproduzione e scansione, hanno sempre più affinato la capacità di immagazzinamento,<br />

collegamento e trasmissione dei codici che regolano l’oggettività e il funzionamento<br />

dell’accessione alla banca dati, rispondendo al linguaggio naturale ed all’informazione numerica<br />

trasmigrata o traslitterata. Non può stupire che la robotica attuale di droni, aerei e natanti da<br />

rilevamento, di sonde spaziali e di stazioni fisse e mobili, cosiddette autonome, di monitoraggio<br />

museale e archeologico seguano le impostazioni e i metodi ricettivi della comunicazione di uno<br />

smartphone, utilizzabili da chiunque.<br />

L’elettronica non ha mai smesso di lavorare, come i primi archeologi e storici, sulla concordanza<br />

dei rispettivi parametri di catalogazione dei documenti, sempre più spesso ancorati ad<br />

un’immagine diversificata nelle diverse discipline e tecnologie di profondità applicate, che non<br />

deve essere per forza omologata, ma il più possibile definita, perché non solo l’esperto, ma<br />

chiunque possa afferrarne l’oggetto.<br />

Eppure anche gli studiosi, i ricercatori, gli specialisti, i curatori, i periti, gli esperti e i visitatori<br />

e i lettori in genere affrontano ogni giorno le difficoltà delle differenze non solo dei dati di<br />

definizione, ma delle immagini risultanti di uno stesso oggetto quando provengono da differenti<br />

archivi e anche di uno stesso sistema che su base nazionale abbia adottato caratteristiche uniformi<br />

di comunicazione nel secolo scorso. Sistema in cui il copyright ha la funzione primaria di certificare<br />

l’oggetto in sua assenza e la proprietà del museo per la sua conservazione, come il perito di CTU<br />

che offra ad un giudice la propria esperienza di interprete: per chi non lo identifica e perché se ne<br />

possa parlare.<br />

Questo numero di <strong>Archeomatica</strong> si è occupato di esperienze disparate e localizzate che abbiano<br />

avuto il fine ultimo di reperibilità dell’opera catalogata dentro la memoria del robot, come a<br />

Pompei lo Spot, o la banca dati a questo collegata nei diversi formati e display di scorrimento,<br />

come al Museo Dante di Ravenna.<br />

Un robot di monitoraggio non del tutto dissimile dal Metal Detector, ancora oggi di uso<br />

generalizzato e del quale in questo numero di <strong>Archeomatica</strong> si legge un’interessante cronistoria<br />

dell’impiego dapprima in archeologia. Ma anche il robot che ha cominciato su Marte ad essere<br />

pensato come sonda di restituzione del dato e dell’immagine conoscitiva a tutti sconosciuta, non<br />

per questo irraggiungibile, conoscibile invece nella sua provenienza e perfino nel materiale grezzo<br />

di cui è fatta, da dove prelevato.<br />

Ogni analisi del trasporto effettivo su un nuovo supporto linguistico, materiale o alfanumerico si<br />

fonda, in termini informatici, sulla compatibilità, che non deve essere congelata strutturalmente<br />

ad un’identità presunta o ad un’idea, fisica o matematica, ma in quanto esistita commisurata<br />

all’oggetto, tanto all’impressione visiva che contiene e che esprime, quanto all’impulso che ha<br />

generato, sinergico, con tutti i suoi errori scientifici o opinabili di trasmissione al futuro, compresa<br />

l’immensità bibliografica che travalica i suoi confini naturali ed i sostrati intangibili di cui l’oggetto<br />

si compone e che solo un computer è in grado di restituire alla percezione, e di surrogarlo quando<br />

l’oggetto non c’è o ve ne siano altri al suo posto.<br />

Buona lettura,<br />

Francesca Salvemini


IN QUESTO NUMERO<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

6 Conoscenza e<br />

divulgazione del<br />

patrimonio culturale.<br />

Analisi e rilievo del<br />

Mausoleo di Sant’Urbano<br />

sulla via Appia Antica<br />

di Maria Grazia Cianci,<br />

Sara Colaceci<br />

Un nuovo modo di vedere l'arte con la tecnologia<br />

di Haltadefinizione. In copertina<br />

la ripresa 3D di Arnolfo di Cambio, Figura<br />

maschile, frammento della Fontana degli<br />

assetati, conservato presso la Galleria Nazionale<br />

dell’Umbria.<br />

28 “Metal Detectors”: la<br />

tecnologia<br />

attuale per la<br />

prospezione archeologica<br />

di Renato Di Cesare, Marco Lisi<br />

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ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Anno XIV, N° 1 - MARZO <strong>2022</strong><br />

<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />

italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />

e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />

la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />

culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />

tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />

diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />

in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />

parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />

avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />

"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />

che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />

enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />

Direttore<br />

Renzo Carlucci<br />

dir@archeomatica.it<br />

Direttore Responsabile<br />

Michele Fasolo<br />

michele.fasolo@archeomatica.it<br />

Comitato scientifico<br />

Giuseppe Ceraudo, Annalisa Cipriani, Maurizio<br />

Forte, Bernard Frischer, Giovanni Ettore<br />

Gigante, Mario Micheli, Stefano Monti,<br />

Luca Papi, Marco Ramazzotti,<br />

Antonino Saggio, Francesca Salvemini,<br />

Rodolfo Maria Strollo<br />

Redazione<br />

Maria Chiara Spezia<br />

redazione@archeomatica.it<br />

Matteo Serpetti<br />

matteo.serpetti@archeomatica.it<br />

Valerio Carlucci<br />

valerio.carlucci@archeomatica.it


MUSEI<br />

14 Tra innovazione e<br />

conservazione: i gigapixel in<br />

Galleria Nazionale dell’Umbria<br />

di Eleonora Ligas, Luca Ponzio,<br />

GUEST PAPER<br />

10 GlobaLID : A new<br />

database and interactive<br />

web tool for provenancing<br />

archaeological metals<br />

By Thomas Rose, Sabine Klein, Katrin<br />

J. Westner, Yiu-Kang Hsu<br />

RUBRICHE<br />

24 ARCHEOLOGIA<br />

FORENSE<br />

32 AZIENDE E<br />

PRODOTTI<br />

Soluzioni allo Stato<br />

dell'Arte<br />

36 AGORÀ<br />

Notizie dal mondo delle<br />

Tecnologie dei Beni<br />

Culturali<br />

42 EVENTI<br />

Anna Umattino<br />

INSERZIONISTI<br />

ASITA 19<br />

BMTA 27<br />

ESRI 43<br />

ISPRS 35<br />

NAIS 44<br />

28 Riqualificazione del Museo<br />

Dante a Ravenna in chiave<br />

tecnologica<br />

PLANETEK 2<br />

STONEX 13<br />

STRUMENTI TOPOGRAFICI 43<br />

TEOREMA 42<br />

di Touchwindow<br />

una pubblicazione<br />

Science & Technology Communication<br />

Science & Technology Communication<br />

Diffusione e Amministrazione<br />

Tatiana Iasillo<br />

diffusione@archeomatica.it<br />

MediaGEO soc. coop.<br />

Via Palestro, 95<br />

00185 Roma<br />

tel. 06.64.87.12.09<br />

fax. 06.62.20.95.10<br />

www.archeomatica.it<br />

Progetto grafico e impaginazione<br />

Daniele Carlucci<br />

daniele@archeomatica.it<br />

Editore<br />

MediaGEO soc. coop.<br />

<strong>Archeomatica</strong> è una testata registrata al<br />

Tribunale di Roma con il numero 395/2009<br />

del 19 novembre 2009<br />

ISSN 2037-2485<br />

Stampa<br />

System Graphic Srl<br />

Via di Torre Santa Anastasia 61 00134 Roma<br />

Condizioni di abbonamento<br />

La quota annuale di abbonamento alla rivista è di<br />

€ 45,00. Il prezzo di ciascun fascicolo compreso<br />

nell’abbonamento è di € 12,00.<br />

Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato è di<br />

€ 15,00. I prezzi indicati si intendono Iva inclusa.Per<br />

abbonarsi: www.archeomatica.it<br />

Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità<br />

dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale<br />

del contenuto di questo numero della Rivista<br />

in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento<br />

elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di<br />

archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto<br />

dell’editore.<br />

Data chiusura in redazione: 30 maggio <strong>2022</strong>


DOCUMENTAZIONE<br />

Conoscenza e divulgazione del patrimonio<br />

culturale. Analisi e rilievo del Mausoleo di<br />

Sant’Urbano sulla via Appia Antica<br />

di Maria Grazia Cianci, Sara Colaceci<br />

Fig. 1 - Pietro Rosa. Tavola seconda della via Appia e Tavola terza della via<br />

Appia Antica, 1849 (ASR, Stragr. 301 tav. 2 e Stragr. 301 tav. 3).<br />

Fig. 2 - Il Mausoleo di Sant’Urbano con la domus<br />

Marmeniae in primo piano, foto Alinari, 1910.<br />

Le metodologie di rilievo<br />

integrato, costituite da<br />

acquisizioni con laser<br />

scanner, fotogrammetria<br />

terrestre ed aerea, applicate<br />

al Mausoleo di Sant’Urbano<br />

al IV miglio della via Appia<br />

Antica, consentiranno di<br />

mettere in atto un processo<br />

di conoscenza finalizzato<br />

alla valorizzazione e alla<br />

divulgazione.<br />

INQUADRAMENTO DELLA RICERCA<br />

Il Mausoleo di Sant’Urbano, al IV miglio della via Appia<br />

Antica, è stato acquisito dallo Stato italiano nel 2021,<br />

entrando così a far parte del Parco Archeologico dell’Appia<br />

Antica.<br />

Tale occasione ha permesso di stipulare un accordo di<br />

collaborazione scientifica tra il medesimo parco, il Dipartimento<br />

di Architettura dell’Università degli Studi Roma<br />

Tre e il Dipartimento di Studi umanistici, filosofici e di<br />

Storia dell’arte dell’Università degli Studi di Roma Tor<br />

Vergata.<br />

Gli intenti prefissati mirano all’attuazione di attività di<br />

studio, di rilievo e di analisi del manufatto. In particolare,<br />

il Dipartimento di Architettura si occuperà del rilevamento<br />

architettonico attraverso metodologie integrate<br />

strumentali e fotogrammetriche, nell’ambito di un processo<br />

più vasto finalizzato alla conoscenza, alla valorizzazione<br />

e alla divulgazione del patrimonio culturale.<br />

Tali tematiche inducono ad un’ampia riflessione sul patrimonio<br />

culturale, sul ruolo che esso assume all’interno<br />

della città contemporanea, le misure di tutela, le modalità<br />

di fruizione e le strategie di valorizzazione.<br />

Per attuare efficaci criteri di tutela e adeguate procedure<br />

di valorizzazione dei beni materiali è necessario saper<br />

identificare strumenti e metodologie in grado di fornire<br />

dati e promuovere analisi indispensabili per affrontare i<br />

differenti processi connessi alla conoscenza.<br />

6 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />

IL CONTESTO<br />

Partendo dal concetto di sistema storico-ambientale, secondo<br />

il quale “Le risorse e i caratteri fisico-naturalistici<br />

e quelli storici – considerati come sistema e nella loro reciproca<br />

interrelazione – siano da assumere come elemento<br />

primario e prioritario, ordinatore e qualificatore nella riorganizzazione<br />

fisica, funzionale e formale del territorio<br />

antropizzato” (Calzolari 1999), è indispensabile considerare<br />

i contesti in cui viviamo come l’interrelazione di componenti<br />

naturali e di componenti antropiche.<br />

È d’obbligo, dunque, analizzare gli ambiti fisico-naturalistici<br />

per comprendere il nesso che i manufatti costruiti<br />

instaurano con il luogo.<br />

Il mausoleo è parte integrante del sistema storico-ambientale<br />

dell’Appia Antica, quindi occorrerà tener conto<br />

dell’oggetto e del contesto in cui esso si inserisce (Bonamico,<br />

Colini & Fidenzoni 1968) (Canina 1853) (Spera 1999).<br />

L’area è caratterizzata, dal punto di vista geo-morfologico,<br />

dal pianoro vulcanico compreso tra il fosso dell’Almone<br />

e il fosso di Grotta Perfetta caratterizzato, a sua volta,<br />

dalla colata lavica di Capo di Bove. Il pianoro deriva, infatti,<br />

dalle eruzioni dell’antico Vulcano dei Colli Albani, il<br />

quale ha avuto un ruolo fondamentale e determinante per<br />

la formazione e per la costituzione del territorio romano<br />

(Parotto 2008).<br />

I numerosi pianori vulcanici, provenienti dal centro eruttivo<br />

e discendenti verso la piana alluvionale del Tevere, sono<br />

solcati da valli con i rispettivi fossi che arrivano al fiume.<br />

Le valli incise dai corsi d’acqua sono state formate dai<br />

complessi ed articolati fenomeni di erosione delle acque<br />

durante le fasi geologiche.<br />

Tali condizioni geo-morfologiche hanno condizionato la nascita<br />

e lo sviluppo della città di Roma (Funiciello, Grant,<br />

De Rita & Parotto 2006). L’intima relazione tra fisicità e<br />

antropizzazione è evidente leggendo il sistema storicoambientale<br />

dell’Appia Antica.<br />

Sul pianoro alle quote più alte, infatti, si impianta l’infrastruttura<br />

antropica lineare viaria, la quale traeva vantaggio<br />

dell’essere tracciato di crinale poiché sfruttava una<br />

particolare porzione fisica, aveva maggiore visibilità, aveva<br />

maggiore sicurezza ed era lontana dalle acque.<br />

Accanto a tale tracciato di percorrenza dal valore di strutturazione<br />

territoriale di crinale, furono costruite numerose<br />

strutture antropiche dalle funzioni variegate (fig. 1).<br />

Ai lati di essa, infatti, insistono le strutture antropiche<br />

puntiformi di carattere sepolcrale, le strutture abitative<br />

con valenza produttiva, i complessi cimiteriali cristiani e<br />

i casali agricoli.<br />

Tale ricchezza, insieme al sistema vegetazionale del settore<br />

meridionale della città di Roma, costituisce un patrimonio<br />

culturale ancora da valorizzare pienamente (Tomassetti<br />

1975) (Bortolotti 1988).<br />

È manifesta, pertanto, la valenza di sistema, quale interrelazione<br />

di componenti, che coinvolge le stratificazioni<br />

naturali e le sovrapposizioni antropiche (fig. 2).<br />

IL RILEVAMENTO INTEGRATO DELL’ARCHITETTURA PER LA<br />

CONOSCENZA DEL MANUFATTO<br />

Il sito presso il quale si trova il Mausoleo di Sant’Urbano è<br />

un’area tra la via Appia antica e via dei Lugari. Allo stato<br />

attuale, si accede tramite due ingressi posti ognuno su entrambe<br />

le vie. Il mausoleo si trova nella parte meridionale<br />

dell’area e un breve tracciato con basolato, di cui una<br />

porzione ancora visibile, lo congiunge alla Regina Viarum.<br />

Alberi, prevalentemente pini, e arbusti punteggiano l’a-<br />

Fig. 3 – Stato di fatto del Mausoleo di Sant’Urbano dopo l’acquisizione da<br />

parte del Parco Archeologico dell’Appia Antica e prima degli interventi di<br />

ripulitura, luglio 2021.<br />

rea verde, alcuni dei quali situati in aiuole realizzate dalla<br />

proprietà precedente (figg. 3-4).<br />

Il rilevamento, inteso come operazione di lettura del manufatto<br />

architettonico da attuarsi con metodo scientifico,<br />

è una fase fondamentale e imprescindibile per costruire<br />

quel processo di conoscenza indispensabile per ogni tipo<br />

di indagine e punto di riferimento costante per le analisi<br />

generali e puntuali (Docci & Maestri 2009).<br />

Esso consente la definizione di un modello geometricodimensionale<br />

del mausoleo corretto in ogni sua parte, il<br />

quale permette non soltanto una comprensione generale<br />

della configurazione spaziale tridimensionale e dell’articolazione<br />

strutturale, bensì costituisce la base per le successive<br />

indagini.<br />

In tale ottica, in effetti, esso favorisce il monitoraggio<br />

dello stato di fatto, il controllo della stabilità strutturale,<br />

l’individuazione delle patologie di degrado, la progettazione<br />

di interventi per il restauro e la pianificazione della<br />

gestione del sito.<br />

È possibile effettuare un rilevamento completo del mausoleo<br />

se si applicano metodi integrati, ossia l’interazione<br />

di più metodologie distinte in maniera tale da compensare<br />

le criticità di ciascun metodo ottimizzando i vantaggi di<br />

ognuno (Bianchini, Inglese & Ippolito 2016).<br />

Il progetto di rilievo del mausoleo prevede una fase di acquisizione<br />

dati con laser scanner 3d e con fotogrammetria<br />

digitale terrestre e aerea.<br />

Con il laser scanner ci si prefigge di acquisire la maggior<br />

parte dei dati metrici, interni ed esterni, che consentiranno<br />

di restituire l’articolazione architettonico-volumetrica.<br />

Considerata la situazione attuale del sito in cui sorge il<br />

mausoleo, caratterizzato dalla presenza di numerosi alberi,<br />

si predisporranno le posizioni dei punti di stazione<br />

per le acquisizioni con il laser scanner in maniera tale da<br />

ridurre le zone d’ombra causate dai tronchi e dalle parti<br />

inferiori delle chiome (fig. 5).<br />

La fotogrammetria digitale sarà utilizzata non soltanto per<br />

contenere ed uniformare le zone d’ombra che si potrebbero<br />

determinare durante la scansione laser, ma soprattutto<br />

per acquisire le parti superiori inaccessibili tramite tecni-


Fig. 4 – Resti della scalinata d’accesso nella parete frontale, luglio 2021.<br />

ca strumentale (Cianci & Colaceci 2017). Tale metodo di<br />

rilevamento sarà preceduto da un progetto di ripresa finalizzato<br />

alla corretta acquisizione di immagini fotografiche,<br />

con l’obiettivo di garantire l’adeguata sovrapposizione<br />

delle medesime per ricavare un valido modello numerico<br />

per punti (Russo 2020). Il rilievo aerofotogrammetrico<br />

del mausoleo tramite SAPR (sistemi aeromobili a pilotaggio<br />

Fig. 5 – Progetto di rilievo con evidenziate le posizioni delle stazioni da cui acquisire con il laser scanner.<br />

remoto), comunemente detto drone, georeferenziato con<br />

rete topografica di ancoraggio, sarà necessario per acquisire<br />

immagini ad alta risoluzione dall’alto.<br />

Questo permetterà di acquisire: lo stato di fatto delle coperture<br />

del mausoleo, laddove siano ancora presenti e laddove<br />

siano crollate come nella camera principale, il tracciato<br />

con basolato che congiungeva il mausoleo alla via<br />

Appia Antica, i resti della scalinata frontale d’accesso e la<br />

situazione generale del sito. L’acquisizione di dati dall’alto<br />

del mausoleo, inoltre, è indispensabile per le analisi<br />

planimetriche sul rapporto che esso stabilisce con la via<br />

Appia Antica, sulla relazione con la domus Marmeniae attualmente<br />

interrata.<br />

Si comprende, dunque, come sia indispensabile ottenere<br />

un modello che permetta di arrivare alla conoscenza profonda<br />

del manufatto, basata non soltanto sulla mole dei<br />

dati acquisiti ma soprattutto alla qualità dell’informazione,<br />

che è sia stazionale, sia metrica, sia dimensionale, sia<br />

cromatica. Ciò impone una corretta capacità di lettura del<br />

dato, una competenza disciplinare e una consapevole interpretazione<br />

delle componenti dell’architettura.<br />

Dunque, l’obiettivo di avere informazioni tridimensionali<br />

complete, fondate sulla quantità e sulla qualità dei dati,<br />

impone l’integrazione di molteplici metodi di rilevamento.<br />

Tali operazioni sono finalizzate ad una piena conoscenza<br />

del patrimonio culturale permettendone la sua lettura<br />

multidisciplinare.<br />

VALORIZZAZIONE E COMUNICAZIONE DEL BENE CULTURALE<br />

Il rilievo strumentale con laser scanner consente l’acquisizione<br />

di dati metrici, e non solo, in tempi rapidi, grazie<br />

alla produzione del modello numerico per punti (ossia la<br />

nuvola di punti).<br />

La scansione laser ha la caratteristica di associare il dato<br />

metrico ad un valore RGB. Il primo corrisponde al valore<br />

X, Y, Z di ogni punto rispetto ad un unico sistema di rifermento<br />

basandosi su principi di acquisizione di coordinate<br />

polari. Il secondo è ottenuto dalle riprese fotografiche di<br />

una macchina interna al laser scanner.<br />

Tale caratteristica permette di considerare<br />

la nuvola di punti secondo<br />

una duplice valenza: da una parte, la<br />

valenza oggettiva dell’informazione<br />

metrica; dall’altra parte, la valenza<br />

di simulazione del reale dal forte impatto<br />

visuale.<br />

Questa fase può essere sviluppata<br />

tramite la componente relativa agli<br />

aspetti visuali e alla simulazione del<br />

reale del modello numerico per punti<br />

del mausoleo navigabile ed esplorabile,<br />

oppure tramite la ricostruzione<br />

del modello virtuale NURBS. Lo scopo<br />

mira a ridurre la quantità elevata<br />

dei dati in un modello che, tramite<br />

enti geometrici definiti, consenta una<br />

adeguata corrispondenza con il manufatto<br />

reale grazie ad ottimali livelli di<br />

discretizzazione.<br />

Questo modello può essere interattivo,<br />

sperimentando ed applicando<br />

modalità immersive con tecniche di<br />

realtà virtuale e realtà aumentata<br />

(VR/AR) e rispondendo, in tal modo,<br />

alle nuove esigenze richieste dai Beni<br />

Culturali. Le modalità di fruizione virtuale,<br />

a volte, sono l’unica possibilità<br />

8 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />

per consentire condizioni di divulgazione.<br />

Ulteriore campo di ricerca è la possibilità di creare database<br />

associati ai modelli tridimensionali, in maniera tale da<br />

determinare dei modelli informatizzati provvisti dell’apparato<br />

grafico, dell’apparato geometrico-dimensionale e<br />

dell’apparato descrittivo-informativo.<br />

Il modello virtuale digitale diventa, così, il fulcro della<br />

raccolta di dati sia metrici che informativi del manufatto e<br />

del contesto storico, archeologico e materico, utile a facilitare<br />

l’insieme delle strategie di osservazione, di ricerca<br />

e di esplorazione.<br />

Tali operazioni, basandosi sull’interazione dei saperi, favoriscono<br />

tutti quei processi volti alla gestione e al monitoraggio<br />

del singolo manufatto e all’amministrazione<br />

dell’area.<br />

L’importanza del rilievo del mausoleo si colloca, pertanto,<br />

anche all’interno della digitalizzazione del patrimonio<br />

culturale per favorirne la valorizzazione, la divulgazione e<br />

la fruizione.<br />

In tal senso, esso è propedeutico alla costruzione di modelli<br />

interattivi per la comprensione e la ricezione del bene<br />

da parte dei visitatori interessati alle trasformazioni del<br />

manufatto e dell’area in cui esso si colloca. Esso sostiene<br />

l’approfondimento dell’architettura esistente nella sua<br />

componente spaziale e nella sua percezione immersiva. La<br />

consapevolezza della multidimensionalità dei fenomeni è<br />

condizione basilare per poter attuare simili procedure.<br />

La digitalizzazione del patrimonio culturale, architettonico-archeologico,<br />

è uno dei punti HORIZON EUROPE, ed è<br />

strettamente legato alle direttive della Carta di Londra e<br />

della Carta di Atene, che configurano gli aspetti essenziali<br />

da seguire per la rappresentazione digitale dell’architettura<br />

e dell’archeologia.<br />

I vantaggi e le problematiche degli strumenti e delle tecniche<br />

digitali per la documentazione e la condivisione dei<br />

dati costituiscono tematiche attuali nel campo della comunicazione<br />

e della fruizione del patrimonio culturale.<br />

L’obiettivo ambizioso mira a sfruttare le potenzialità delle<br />

tecniche digitali per mettere a sistema dati eterogenei<br />

provenienti da strumenti e processi di acquisizione ed elaborazione<br />

differenti.<br />

Esso, inoltre, punta a riconquistare organicità, oltre che<br />

fruibilità, del bene inserito in un contesto più ampio, recuperando<br />

quel legame esistente tra l’ambito territoriale e<br />

l’ambito architettonico, considerati come parte integrande<br />

del sistema storico-ambientale.<br />

Le procedure e le strategie descritte, attuabili attraverso<br />

la fase di acquisizione dei dati con differenti strumenti<br />

tra loro integrati, la fase di elaborazione con applicativi<br />

specifici e la fase di restituzione tramite molteplici output<br />

grafici, offrono la possibilità di restituzione grafica<br />

digitale e la possibilità di esposizione museale immersiva<br />

virtuale. A tal proposito, gli obiettivi di documentazione/<br />

monitoraggio, da un lato, e gli obiettivi di valorizzazione/<br />

divulgazione, dall’altro lato, possono essere condotti simultaneamente.<br />

L’attuale esigenza nel campo dei Beni Culturali riguardante<br />

la conoscenza, la valorizzazione e la comunicazione del<br />

patrimonio culturale sollecita ampi filoni di ricerca, teorici<br />

e applicativi, e richiede saperi disciplinari multipli. La<br />

collaborazione di ricercatori afferenti a settori disciplinari<br />

diversi è punto di forza nel condurre i processi di indagine,<br />

in cui ogni contributo permette di affrontare problematiche,<br />

materiali e immateriali, da punti di vista diversi.<br />

Gli istituti culturali e gli enti di ricerca, soprattutto in<br />

seguito all’emergenza pandemica, saranno sempre più<br />

impegnati a trovare nuovi sistemi di conoscenza, di valorizzazione<br />

e di divulgazione del patrimonio culturale. In<br />

tale scenario, in cui il settore dell’ICT vedrà una maggiore<br />

crescita, è necessario sperimentare metodi innovativi di<br />

conoscenza delle aree archeologiche e paesaggistiche attraverso<br />

modelli interattivi e fruibili da diverse tipologie<br />

di utenti.<br />

Bibliografia<br />

Bianchini C, Inglese C. & Ippolito A. (2016) I teatri del Mediterraneo<br />

come esperienza di rilevamento integrato. Roma:<br />

Sapienza Università Editrice<br />

Bonamico S., Colini A.M. & Fidenzoni P. (a cura di) (1968) La<br />

carta storico-monumentale dell’Agro Romano. Capitolium,<br />

(11-12), 1-25<br />

Bortolotti L. (1988) Roma fuori le mura. Bari-Roma: Laterza<br />

Calzolari V. (1999) Storia e natura come sistema. Roma: Argos<br />

Canina L. (1853) La prima parte della Via Appia dalla Porta<br />

Capena a Boville, vol. 1. Roma<br />

Cianci M. G. & Colaceci S. (2017) The methodology of interpreting<br />

and promoting historical heritage: the Maxentius complex<br />

on the Appia Antica. Disegnarecon, vol. 10 (19), 1-18.<br />

Docci M. & Maestri D. (2009) Manuale di rilevamento architettonico<br />

e urbano. Bari-Roma: Laterza<br />

Funiciello R., Grant H., De Rita D. & Parotto M. (2006). I sette<br />

colli. Guida geologica a una Roma mai vista. Milano: Raffaello<br />

Cortina Editore<br />

Parotto M. (2008). Evoluzione paleogeografica dell’area romana:<br />

una breve sintesi. In Funiciello R. (a cura di). La geologia<br />

di Roma dal centro storico alla periferia. Firenze: Istituto Poligrafico<br />

e Zecca dello Stato, 25-38<br />

Russo M. (2020) La fotomodellazione in ambito archeologico.<br />

Potenzialità, limiti e prospettive. In Asciutti M. (a cura di).<br />

Storia-Restauro. Ricerche a Roma e nel Lazio. Roma: GBE /<br />

Ginevra Bentivoglio EditoriA, 133-147<br />

Spera L. (1999) Il paesaggio suburbano di Roma dall’antichità<br />

al Medioevo. Roma: L’Erma di Bretschneider<br />

Tomassetti G. (1975) La campagna romana antica, medievale e<br />

moderna. Nuova edizione aggiornata (a cura di) Chiumenti L.<br />

& Bilancia F. Firenze: Leo S. Olschki<br />

Abstract<br />

The paper focuses on the basilica in Contrada S. Salvatore and the epigean The<br />

Mausoleum of Sant’Urbano is located on the IV mile of the Via Appia Antica.<br />

The Italian State acquired the mausoleum in 2021, which became part of the<br />

Appia Antica Archaeological Park. This opportunity made it possible to enter<br />

into a scientific collaboration agreement between the park, the Department<br />

of Architecture of the University of Roma Tre and the Department of Humanities,<br />

Philosophy and History of Art of the University of Rome Tor Vergata. The<br />

objectives aim at the implementation of study, survey and analysis activities<br />

of the artifact.<br />

Parole Chiave<br />

Rilievo; Archeologia; Mausoleo di Sant’Urbano; Parco Archeologico Appia<br />

Antica; rilevamento; divulgazione; valorizzazione; conoscenza; patrimonio<br />

culturale; AR/VR; Laser scanner<br />

Autore<br />

Maria Grazia Cianci<br />

mariagrazia.cianci@uniroma3.it<br />

Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre<br />

Sara Colaceci<br />

sara.colaceci@uniroma1.it<br />

Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura, Sapienza<br />

Università di Roma


GUEST PAPER<br />

GlobaLID: A new database and<br />

interactive web tool for<br />

provenancing archaeological metals<br />

By Thomas Rose, Sabine Klein, Katrin J. Westner, Yiu-Kang Hsu<br />

Lead isotopes are an<br />

everyday method to reconstruct<br />

the raw material origin<br />

of metal objects by comparison<br />

of sample data with<br />

reference data. Until this<br />

point, no global and open<br />

infrastructure exists that<br />

collects and provides access<br />

to such reference data. GlobaLID<br />

aims to provide such an<br />

infrastructure.<br />

Reconstructing the raw material<br />

source of archaeological<br />

objects can provide valuable<br />

insights into past exchange<br />

networks. Usually a range of<br />

scientific methods like petrography,<br />

elemental analyses, and<br />

isotope analyses is used for this<br />

task. In most cases, the data of<br />

the archaeological materials are<br />

compared to reference data, i.e.<br />

data acquired from source materials<br />

than can be firmly linked to<br />

a geographic location, like metal<br />

ores of known deposits (Wilson<br />

and Pollard 2001).<br />

For tracing sources of metal in<br />

copper, lead, and silver artifacts,<br />

the analysis of their lead isotope<br />

ratios is a standard method nowadays.<br />

Lead isotopes are a radiogenic<br />

isotope system and hence<br />

their ratios change with time.<br />

Formation of an ore deposit stops<br />

this clock because the radioactive<br />

parent isotopes are separated<br />

from the lead. Consequently no<br />

further radiogenic growth of lead<br />

can occur. Lead isotopes are thus<br />

an indicator for the formation<br />

ages of the ore deposits. Ores<br />

for archaeological metal artifacts<br />

usually contain traces of lead,<br />

which are incorporated into the<br />

finished products during the metalworking<br />

processes. The isotopic<br />

signature is not altered during<br />

smelting, allowing to directly link<br />

the metal to its ore. The latter is<br />

what makes lead isotopes particu-<br />

10 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />

Fig. 2 - The plot area to create and customize plots and inspect data from the database more closely.<br />

larly well suited for the raw material reconstruction (Killick<br />

et al. 2020).<br />

An extensive reference database is indispensable for a successful<br />

reconstruction of the raw material origin using lead<br />

isotopes. If ore deposits are not represented in the database,<br />

either because they were not sampled, all ore was<br />

mined in the past or the mine is not recognised as such<br />

anymore, it will be impossible to link the metal object to<br />

this deposit. Another problem is that ore deposits can form<br />

at the same time and hence will have widely overlapping<br />

isotope signatures. Conversely, multiple ore-forming stages<br />

can occur in the same deposit and result in different<br />

lead isotope signatures for each stage. Hence, it is often<br />

necessary to include additional information in the database<br />

like the geology and mineralogy of the deposits or for which<br />

metal(s) it was exploited in the past (Baron et al. 2014).<br />

Lead isotope reference data are currently scattered across<br />

publications of all kinds and vary in their quality and amount<br />

of additional information. Consequently, each group has to<br />

build its own reference database, facing in one way or another<br />

the same problems: (1) findability and accessibility of<br />

the respective publications, (2) comparability of the data<br />

and especially their meta-information, (3) and language<br />

barriers. Moreover, the published lists are necessarily static<br />

and therefore quickly become outdated.<br />

It was more than 20 years ago that the Oxford group made<br />

a first attempt to overcome at least the first obstacle by<br />

publishing their reference database OXALID in open access<br />

(Stos-Gale and Gale 2009). It gained wide popularity over<br />

the years because it was only until the last couple of years<br />

that similar databases became available (e. g. Artioli et al.<br />

2016; García de Madinabeitia et al. 2021). Nevertheless, a<br />

central repository for lead isotope data that would overcome<br />

all the above-listed obstacles and provide a common<br />

interface to lead isotope reference data is still missing.<br />

GlobaLID aims not only to provide such a repository but also<br />

to design an infrastructure that facilitates the interaction<br />

with lead isotope data (Klein et al. <strong>2022</strong>). The Global Lead<br />

Isotope Database (https://globalid.dmt-lb.de/) consists of<br />

two parts: a database (Westner et al. 2021) and an interactive<br />

web application (GlobaLID Core Team 2021). The<br />

database is the core of GlobaLID. It stores all the reference<br />

data, their meta-information and the original reference of<br />

the publication it is taken from. A lot of effort is made to<br />

harmonise the additional information (e.g. reconstruction<br />

of geographical locations) and to ensure that all data are<br />

available in the highest possible quality. The second part is<br />

an interactive web application (Fig. 1) that allows an easy<br />

Fig. 3 - Example plots exported from the GlobaLID web application.


Fig. 4 - The current coverage of the GlobaLID web application.<br />

access to the database through a web browser and to compare<br />

one’s own data with the database (Fig. 2). The functionality<br />

of the web application includes the most common<br />

tasks in raw material reconstructions with lead isotope<br />

data: various filters to interact with the database; a map<br />

to inspect the geolocations; various plotting options (e. g.<br />

histograms, density estimates, scatter plots) with different<br />

axes (lead isotope ratios, parameters of different lead isotope<br />

age models); customisation of the plots; download of<br />

publication-ready plots (Fig. 3), the references from which<br />

the data in the respective plot is taken from, and of the<br />

reference data itself. The interface of the web application<br />

was kept intentionally simple to provide easy access for all<br />

users, including researchers without detailed knowledge in<br />

lead isotope geochemistry. The database can also be downloaded<br />

and used independently from the web application to<br />

e. g. carry out more advanced data analyses than currently<br />

possible with the web application.<br />

Database and web application are published in open access<br />

and open source and are free to use without a registration.<br />

Both are under constant development to include more reference<br />

data (Fig. 4), to design them closer to the needs and<br />

expectations of the users, and to include additional features.<br />

Stable versions of the database (published with a DOI)<br />

are further available in a certified repository (Westner et al.<br />

2021) while all working versions are available on the Github<br />

pages of the database (https://github.com/archmetalDBM/<br />

GlobaLID-database) and web application (https://github.<br />

com/archmetalDBM/GlobaLID-App).<br />

The aim of GlobaLID cannot be reached without the support<br />

of the community (Klein et al. <strong>2022</strong>). A high quality of the<br />

reference data can only be achieved with expertise in different<br />

scientific disciplines such as ore geology, mineralogy,<br />

and isotope geochemistry. Of particular importance is the<br />

contribution from local experts who specialize in ore deposit<br />

geologies of certain regions. Additionally, the core team<br />

neither has access to all lead isotope publication nor can it<br />

read all non-English publications. Hence, the web application<br />

also includes the option to upload data for the database.<br />

These data will be checked for their consistency by the<br />

core team and enriched with additional meta-information<br />

before being made available in the database. Each contributor<br />

is mentioned in the web application and wherever<br />

possible.<br />

Similarly, everybody is invited to get involved in the development<br />

of the web application by providing feedback,<br />

suggesting features etc. on its GitHub page – the web application<br />

can only be as good as it meets the needs of its users<br />

and we are firmly committed to make it as good as possible.<br />

Bibliografia<br />

Artioli G, Angelini I, Nimis P, Villa IM (2016) A lead-isotope database of<br />

copper ores from the Southeastern Alps: A tool for the investigation of<br />

prehistoric copper metallurgy. J. Archaeol. Sci. 75:27–39. https://doi.<br />

org/10.1016/j.jas.2016.09.005<br />

Baron S, Tămaş CG, Le Carlier C (2014) How Mineralogy and Geochemistry<br />

Can Improve the Significance of Pb Isotopes in Metal Provenance Studies.<br />

Archaeometry 56:665–680. https://doi.org/10.1111/arcm.12037<br />

García de Madinabeitia S, Gil Ibarguchi JI, Santos Zalduegui, J. F. (2021)<br />

IBERLID: A lead isotope database and tool for metal provenance and<br />

ore deposits research. Ore Geology Reviews 137:104279. https://doi.<br />

org/10.1016/j.oregeorev.2021.104279<br />

GlobaLID Core Team (2021) GlobaLID web application: V. 1.0, database<br />

status: 15 November 2021. https://globalid.dmt-lb.de/<br />

Killick DJ, Stephens JA, Fenn TR (2020) Geological constraints on the use of<br />

lead isotopes for provenance in archaeometallurgy. Archaeometry 62:86–<br />

105. https://doi.org/10.1111/arcm.12573<br />

Klein S, Rose T, Westner KJ, Hsu Y-K (<strong>2022</strong>) From OXALID to GlobaLID:<br />

Introducing a modern and FAIR lead isotope database with an interactive<br />

application. Archaeometry. https://doi.org/10.1111/arcm.12762<br />

Stos-Gale ZA, Gale NH (2009) Metal provenancing using isotopes and the<br />

Oxford archaeological lead isotope database (OXALID). Archaeol Anthropol<br />

Sci 1:195–213. https://doi.org/10.1007/s12520-009-0011-6<br />

Westner KJ, Rose T, Klein S, Hsu Y-K (2021) GlobaLID – Global Lead Isotope<br />

Database: V. 1.0. GFZ Data Services<br />

Wilson L, Pollard AM (2001) The provenance hypothesis. In: Brothwell DR,<br />

Pollard AM (eds) Handbook of archaeological sciences. Wiley, Chichester,<br />

New York, pp 507–517.<br />

Abstract<br />

Lead isotope signatures of non-ferrous metals are a well-established approach<br />

to tracing ore sources, which can provide important information to reconstruct<br />

past exchange networks. Like many other provenancing methods, the<br />

usefulness of lead isotopes in provenance studies relies heavily on a comprehensive<br />

reference database. GlobaLID aims to provide an infrastructure<br />

for a central storage of lead isotope data. It consists of a comprehensively<br />

evaluated database with extensive geological and contextual information and<br />

of a web application that provides an intuitive interface to interact with the<br />

database, options for comparison with own sample data, and to design and<br />

download publication-ready lead isotope plots.<br />

Parole chiave<br />

Lead isotopes; exchange networks; archaeometallurgy; provenance; open access<br />

Autore<br />

Thomas Rose, Thomas.Rose@bergbaumuseum.de<br />

Sabine Klein, Sabine.Klein@bergbaumuseum.de<br />

Yiu-Kang Hsu, yiu-kang.hsu@bergbaumuseum.de<br />

Deutsches Bergbau-Museum Bochum<br />

Leibniz-Forschungsmuseum für Georessourcen<br />

Am Bergbaumuseum 31<br />

44791 Bochum<br />

Katrin J. Westner<br />

katrin.westner@ens-lyon.fr<br />

Laboratoire de Géologie de Lyon : Terre, Planètes, Environnement<br />

UMR CNRS 5276 (CNRS, ENS, Université Lyon1, UJM)<br />

Ecole Normale Supérieure de Lyon<br />

46, Allée d'Italie 69364 Lyon cedex 07 France<br />

12 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />

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MUSEI<br />

Tra innovazione e conservazione:<br />

i gigapixel in Galleria Nazionale dell’Umbria<br />

di Eleonora Ligas, Luca Ponzio, Anna Umattino<br />

Fig. 1 - Digitalizzazione FlyBy-O, Polittico di San Francesco al prato, Taddeo di Bartolo. Galleria Nazionale dell’Umbria.<br />

Gigapixel, 3D e indagini diagnostiche:<br />

parole chiave per<br />

narrare l’ambizioso progetto<br />

di digitalizzazione messo<br />

in campo dalla Galleria<br />

Nazionale dell’Umbria, con<br />

la collaborazione di Haltadefinizione,<br />

in occasione<br />

del riallestimento del museo<br />

perugino.<br />

Conservare, valorizzare, divulgare, tutelare la memoria del<br />

passato per trasmetterla in una nuova forma, sono solo alcune<br />

delle opportunità che oggi l’evoluzione tecnologica applicata<br />

ai beni culturali offre ai musei e agli enti preposti alla conservazione.<br />

Copie digitali di opere d’arte, cloni fisici ottenuti attraverso<br />

la mappatura e la stampa 3D sono i nuovi strumenti su cui possono<br />

contare le realtà museali per valorizzare le loro collezioni.<br />

Le nuove modalità di fruizione permettono infatti di proporre l’opera<br />

attraverso strumenti in grado non solo di accrescere l’esperienza<br />

dal vivo all’interno di un percorso museale, ma anche di essere utili<br />

per la comunicazione e la divulgazione online, per supportare le<br />

attività di restauro o per dare vita a esperienze immersive.<br />

Il riallestimento della Galleria Nazionale dell’Umbria è un eccellente<br />

‘caso’ per indagare la relazione tra arte e tecnologia.<br />

Accanto ai lavori, la Direzione ha scelto di condurre una ambiziosa<br />

campagna di digitalizzazione su cento opere d’arte tra dipinti,<br />

statue, sculture, pale d’altare e arredi, affidata ad Haltadefinizione,<br />

tech company della casa editrice Franco Cosimo Panini S.p.a.,<br />

specializzata nell’acquisizione di beni culturali con tecnologie in-<br />

14 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />

novative.<br />

Tra i capolavori selezionati vi sono importanti<br />

opere del Medioevo e del Rinascimento di artisti<br />

quali Arnolfo di Cambio, Nicola e Giovanni Pisano,<br />

Duccio, Gentile da Fabriano, Beato Angelico,<br />

Benozzo Gozzoli, Giovanni Boccati e Piero della<br />

Francesca e artisti umbri tra cui Benedetto Bonfigli,<br />

Bartolomeo Caporali, Fiorenzo di Lorenzo,<br />

Perugino, Pinturicchio e ai loro allievi e seguaci.<br />

UN NUOVO MODO DI VEDERE L’ARTE CON LA<br />

TECNOLOGIA DI HALTADEFINIZIONE<br />

Dal 2017 tech company della casa editrice Franco<br />

Cosimo Panini, Haltadefinizione nasce nel<br />

2004 come azienda indipendente concentrando<br />

le proprie attività sulle immagini d’arte in altissima<br />

definizione e sulle tecnologie di acquisizione<br />

in gigapixel. Sin dall’inizio, infatti, si è<br />

dedicata esclusivamente al mondo dei beni culturali<br />

e alla loro conservazione e valorizzazione<br />

attraverso le tecnologie digitali, al cui sviluppo<br />

ha contribuito grazie alla collaborazione con il<br />

partner tecnologico Memooria.<br />

Già nel 2007, infatti, Haltadefinizione aveva pubblicato la più<br />

grande immagine in gigapixel disponibile all’epoca, l’Ultima<br />

Cena di Leonardo da Vinci (un’immagine da 16.1 gigapixel) –<br />

per alcuni anni la più grande foto panoramica in gigapixel mai<br />

pubblicata. In seguito, ha continuato a sviluppare software e<br />

tecnologie per l’acquisizione di immagini in gigapixel, collaborando<br />

al contempo con le più importanti istituzioni culturali<br />

italiane e straniere, mettendo al loro servizio il know-how<br />

via via sviluppato. Se da un lato è stato ideato un nuovo modo<br />

di vedere le opere d’arte, allo stesso tempo Haltadefinizione<br />

ha garantito alle istituzioni una collaborazione costante<br />

basata sulla fornitura delle più aggiornate tecnologie per la<br />

conservazione, la tutela e lo studio di capolavori quali il già<br />

citato Cenacolo di Leonardo, la Cappella degli Scrovegni a Padova<br />

o numerose opere della Pinacoteca di Brera, degli Uffizi<br />

o delle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma. Sono oltre<br />

700 le opere digitalizzate e fruibili gratuitamente nell’image<br />

bank, la galleria virtuale disponibile sul sito, tra cui lo<br />

Sposalizio della Vergine o la Fornarina di Raffaello, il Bacio<br />

di Hayez, la Nascita di Venere o la Primavera di Botticelli,<br />

il Bacco o la Vocazione di San Matteo di Caravaggio, il Tondo<br />

Doni di Michelangelo o l’Annunciazione e<br />

l’Adorazione dei Magi di Leonardo, solo per<br />

citarne alcuni.<br />

Da sempre impegnata nell’attività di promozione<br />

di un approccio innovativo alla valorizzazione<br />

delle opere d’arte e dei beni culturali<br />

attraverso la gestione di un percorso creativo<br />

che parte dall’acquisizione digitale di<br />

immagini in altissima definizione (gigapixel)<br />

e 3D, per arrivare alla diffusione di contenuti<br />

di eccezionale qualità tramite una piattaforma<br />

software appositamente sviluppata che<br />

permette di gestire l’incredibile risoluzione<br />

delle immagini digitali.<br />

Fig.2 - Allestimento scanner FlyBy-O presso la Galleria Nazionale dell’Umbria.<br />

IL PROGETTO DI DIGITALIZZAZIONE DELLA<br />

GALLERIA<br />

NAZIONALE DELL’UMBRIA<br />

Dal mese di marzo presso la Galleria Nazionale<br />

dell’Umbria è in corso una intensa campagna<br />

di digitalizzazione. L’obiettivo finale<br />

è fornire al museo un archivio digitale di immagini<br />

in altissima definizione per soddisfare tutte le esigenze<br />

di valorizzazione digitale online e offline, di catalogazione, di<br />

riproduzione, di documentazione dello stato di conservazione<br />

e di studio. L’acquisizione digitale delle opere viene effettuata<br />

con diversi sistemi hardware e restituita con metodi software<br />

di elaborazione sviluppati da Haltadefinizione, i quali consentono<br />

di raggiungere risoluzioni molto elevate, mantenendo un<br />

ottimo livello di nitidezza, bassissimi valori di distorsione e<br />

colori fedeli, grazie anche all’utilizzo di target cromatici specifici.<br />

In passato queste tecnologie sono state utilizzate per i<br />

progetti portati avanti, tra i tanti, con la Galleria degli Uffizi e<br />

la Galleria dell’Accademia di Firenze, la Pinacoteca di Brera,<br />

il Cenacolo Vinciano e la Pinacoteca Ambrosiana di Milano. La<br />

stessa tecnologia è stata utilizzata per realizzare l’immagine<br />

più grande e dettagliata esistente in altissima definizione del<br />

Telo della Sindone, per la cui realizzazione nel 2008 la Santa<br />

Sede ha autorizzato una apertura straordinaria del sistema di<br />

conservazione della Reliquia.<br />

Per pianificare ad hoc la campagna è stato fondamentale effettuare<br />

un sopralluogo per studiare gli spazi e l’allestimento,<br />

Fig.3 - Ripresa 3D, Arnolfo di Cambio, Figura maschile, frammento della Fontana degli assetati,<br />

Galleria Nazionale dell’Umbria.


Fig. 4 - Modello 3D, Agostino di Duccio, Madonna con Bambino in terracotta, Galleria Nazionale dell’Umbria.<br />

tenendo in considerazione non solo le caratteristiche delle<br />

opere, in particolar modo le dimensioni, la presenza di vetri<br />

conservativi, la possibilità, o talvolta l’impossibilità, di movimentare<br />

un’opera dalla sua collocazione, ma anche gli spazi a<br />

disposizione, le fonti di luce presenti e la necessità di operare<br />

in modo assolutamente sicuro per le opere e per i tecnici preposti.<br />

Un attento studio preliminare delle condizioni di lavoro<br />

ha permesso al team di Haltadefinizione di progettare le attività<br />

da svolgere fin nel più piccolo dettaglio, consentendo così<br />

un’esecuzione del lavoro veloce, sicura per le opere e scarsamente<br />

invasiva anche per la Galleria.<br />

TECNICHE DI ACQUISIZIONE<br />

Digitalizzazione con macchina di ripresa nodale<br />

La tecnica nodale permette l’acquisizione di formati grandi<br />

e piccoli da un unico punto di ripresa con risoluzioni che possono<br />

superare i 1000 ppi a seconda del formato e prevede la<br />

Fig. 5 e 6 - Acquisizione gigapixel, Maestro del Crocifisso di Roncione, Crocifisso di Roncione, Galleria Nazionale dell’Umbria.<br />

16 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />

realizzazione di scatti multipli successivamente montati per<br />

ottenere un’immagine in gigapixel. La ripresa viene effettuata<br />

con l’utilizzo di illuminanti privati della radiazione ultravioletta,<br />

dannosa per le opere. Questa tecnica consente<br />

di ottenere immagini ad alta risoluzione con grande fedeltà<br />

nella riproduzione del colore. Nel caso delle opere della<br />

Galleria la risoluzione di acquisizione sarà di circa 600 ppi<br />

sulla misura reale degli oggetti.<br />

Digitalizzazione con macchina Fly By-O<br />

La macchina Fly By-O utilizza una tecnica di ripresa automatica<br />

a matrice, lavora in modalità orizzontale ed è utile per<br />

riprendere dipinti, arazzi e documenti di grande dimensione<br />

come mappe e carte di grandissimi formati che necessitano<br />

di un appoggio orizzontale. Il carrello mobile del macchinario<br />

orizzontale può essere esteso fino a consentire la scansione<br />

di formati alti 150 cm e con lunghezze notevoli, come<br />

ad esempio rotoli manoscritti o stampati su supporti eterogenei.<br />

Anche in questo caso la zona illuminata è circoscritta<br />

all’area fotografata, limitando al minimo l’esposizione alla<br />

luce ed eliminando la possibilità che vi siano radiazioni termiche<br />

causate dalle lampade. Gli illuminanti sono filtrati<br />

in maniera da eliminare la radiazione UV. L’applicazione di<br />

questa tecnologia viene eseguita attraverso molteplici scatti<br />

di dettaglio successivamente ricomposti digitalmente a<br />

formare un’unica immagine in altissima definizione del singolo<br />

oggetto. Vengono così realizzate immagini con risoluzioni<br />

ottiche compresa tra i 400 e i 2000 ppi calcolati sulla<br />

misura reale dei documenti, con livelli di accuratezza e di<br />

dettaglio molto elevati, nel rispetto dei parametri A della<br />

ISO/TS19264-1, che consentono di fruire in maniera semplice<br />

e rapida di immagini digitali di qualità, che permettono<br />

un’analisi estremamente approfondita dell’oggetto ripreso.<br />

Inoltre, il Fly By-O dispone di un modulo aggiuntivo robotizzato<br />

per realizzare acquisizioni 3D, utile per eseguire la<br />

fotogrammetria rapida dei dipinti.<br />

di conservazione preventiva e alerting (semi) automatico su<br />

situazioni di criticità.<br />

Per l’acquisizione 3D il sistema manuale è stato affiancato,<br />

nei casi in cui si è ritenuto più efficace, da un sistema combinato<br />

di laser scanner e scansione a luce strutturata, la nuova<br />

frontiera degli scanner 3D ibridi portatili a luce strutturata che<br />

combinano le migliori tecnologie di scansione 3D e diverse sorgenti<br />

luminose.<br />

DOCUMENTAZIONE PER FINALITÀ DIAGNOSTICHE<br />

Il Fly By-O e il sistema nodale dispongono di un modulo aggiuntivo<br />

per realizzare acquisizioni diagnostiche con UV e IR.<br />

La ripresa con fluorescenza visibile indotta da radiazione UV<br />

(365 nm) con illuminazione led con spettro di emissione 365-<br />

370 nm, fornisce la possibilità di osservare il comportamento<br />

degli strati più superficiali dell’opera (vernici, strati filmogeni<br />

protettivi) e il riconoscimento di alcuni pigmenti, leganti, adesivi<br />

e prodotti di restauro. Nel caso di opere di tipo cartaceo<br />

può aiutare a distinguere eventuali pattern di deterioramento<br />

e per la migliore lettura delle aree in cui l’inchiostro risulta<br />

sbiadito, prezioso aiuto in fase di restauri digitali dei documenti.<br />

Attraverso la riflettografia del vicino infrarosso (780 - 950 nm)<br />

è possibile descrivere contestualmente elementi della pellicola<br />

pittorica e appartenenti a porzioni stratigraficamente inferiori<br />

come, ad esempio, il disegno preparatorio realizzato con<br />

materiali carboniosi sulla preparazione.<br />

Nel caso della campagna di digitalizzazione presso la Galleria<br />

Digitalizzazione Pano 360<br />

Nelle due sale della Galleria in cui sono presenti affreschi<br />

sono state utilizzate tecniche di ripresa su testa nodale in<br />

grado di acquisire l’intera stanza a 360°, che successivamente<br />

potrà essere fruita con visori appositi.<br />

Attraverso i visori sarà possibile ammirare gli affreschi nella<br />

loro collocazione originaria con un visore multimediale a<br />

360° che consentirà di ingrandire l’immagine decine di volte<br />

senza mai perdere definizione.<br />

Digitalizzazione 3D<br />

Nel caso di statue e arredi sono state utilizzate tecniche di<br />

ripresa fotogrammetriche manuali macro per l’acquisizione<br />

3D. I risultati saranno modelli tridimensionali sotto forma di<br />

mesh colorate .obj con risoluzione fino a 0,5mm. L’acquisizione<br />

fotogrammetrica prevede la realizzazione di una rete<br />

di fotografie del soggetto, acquisite da più punti di vista,<br />

che permettono così di effettuare una triangolazione spaziale<br />

degli elementi ripresi. Tale triangolazione permette di<br />

rappresentare una nuvola di punti aventi coordinate spaziali<br />

(X, Y, Z) e cromatiche (L, A, B) accurate, metriche e confrontabili<br />

nel tempo.<br />

La scansione fotogrammetrica, pertanto, è particolarmente<br />

efficace nella riproduzione affidabile del colore per ogni<br />

punto nello spazio e permette di ottenere una immagine<br />

metrica ortorettificata (senza distorsioni prospettiche)<br />

dell’opera.<br />

Tali dati saranno particolarmente utili per indagini di tipo<br />

conservativo e monitoraggio periodico dello stato di conservazione<br />

del bene, e consentiranno la definizione di politiche


Nazionale dell’Umbria sono stati valutati i singoli scenari e per<br />

alcune opere si è proceduto con l’esecuzione di analisi diagnostiche<br />

focalizzate solo su alcune zone e non sull’intera opera.<br />

Tra le opere oggetto di indagine possono essere citati il Polittico<br />

dei Domenicani di Beato Angelico, la Pala della Sapienza<br />

Nuova di Benozzo Gozzoli.<br />

LA RESTITUZIONE DEI CAPOLAVORI IN DIGITALE<br />

I capolavori digitalizzati saranno restituiti alla Galleria Nazionale<br />

dell’Umbria attraverso la piattaforma evoluta per la gestione<br />

delle immagini (Coosmo) di Haltadefinizione.<br />

Dal momento che le immagini gigapixel sono costituite da file<br />

di grandissime dimensioni, misurabili nell’ordine di decine di<br />

Gigabyte, la piattaforma online appositamente sviluppata agevola<br />

la gestione e la fruizione dei file stessi.<br />

La piattaforma includerà l’accesso riservato per l’Ente alle<br />

proprie opere in gigapixel con visualizzazione in tempo reale<br />

dell’immagine, un’infrastruttura in grado di erogare le immagini<br />

gigapixel e 360 verso terzi (ad esempio il sito della Gallerie<br />

Nazionale dell’Umbria) in modo facile e veloce, senza che sia<br />

necessario disporre di server particolari o di una banda particolarmente<br />

potente per la trasmissione dei dati.<br />

Le immagini inoltre possono essere protette con filigrana visibile,<br />

personalizzabile e multilivello per garantire la massima<br />

protezione del contenuto, o con filigrana invisibile attraverso<br />

un algoritmo che inserisce nell’immagine un codice invisibile e<br />

rintracciabile successivamente sui file digitali.<br />

CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI<br />

Durante questi mesi tre set up hanno lavorato contemporaneamente<br />

per portare avanti nel più breve tempo possibile la<br />

campagna di acquisizione che ha interessato cento opere della<br />

Galleria Nazionale dell’Umbria, un progetto che sintetizza<br />

perfettamente come le tecnologie sviluppate da Haltadefinizione<br />

possono essere applicate agilmente a qualsiasi tipologia<br />

di opera d’arte ottenendo la massima qualità possibile. Le tecniche<br />

di acquisizione fotografica adottate sono state validate<br />

dall’Istituto Centrale per il Restauro, il quale ha constatato<br />

la completa non invasività e dannosità per gli oggetti fotografati,<br />

una garanzia molto importante per i musei e gli enti che<br />

decidano di intraprendere un percorso di digitalizzazione di<br />

singole opere o di intere collezioni. Il ramo ricerca e sviluppo<br />

di Haltadefinizione è costantemente impegnato nella studio<br />

e nella progettazione di nuove tecnologie custom applicabili<br />

all’acquisizione e alla fruizione di immagini di altissima qualità,<br />

sia con tecnologia gigapixel che 3D, per garantire risultati<br />

eccellenti in ogni condizione di ripresa.<br />

Per quanto riguarda l'archiviazione dei fotogrammi i metadati<br />

associati alle immagini sono compatibili con le specifiche ICCD<br />

OA/O3.<br />

Abstract<br />

The rennovation of the National Gallery of Umbria is an excellent case study<br />

of the relationship between art and technology. Beside the construction work,<br />

Haltadefinizione conducted an ambitious digitization project involving more<br />

than one hundred works of art, including paintings, statues, altarpieces and<br />

furnishings. Ultra-high definition 3D digitization delivers a digital archive to<br />

the museum, which supports enhanced uses online and offline, including cataloging,<br />

reproductions, documentation of conservation status and scholarship.<br />

Parole Chiave<br />

Musei; digitale; tecnologie beni culturali; tutela; gigapixel<br />

Autore<br />

Eleonora Ligas, Storica dell’arte<br />

eleonora.ligas@haltadefinizione.com<br />

Luca Ponzio, Fondatore di Haltadefinizione<br />

luca.ponzio@haltadefinizione.com<br />

Anna Umattino, Conservation scientist<br />

18 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


MUSEI<br />

Riqualificazione del Museo Dante<br />

a Ravenna in chiave tecnologica<br />

di Touchwindow<br />

Il museo è un luogo del tempo nel<br />

tempo, dove l’interattività e la multimedialità<br />

si uniscono al prestigio di<br />

reperti storici di inestimabile valore.<br />

Proiezioni immersive e nuovi applicativi<br />

software per il Museo Dante<br />

di Ravenna, un allestimento contemporaneo<br />

e fruibile per consolidare la<br />

valorizzazione della poesia di Dante.<br />

L’Amministrazione Comunale ha affidato<br />

il progetto per la riqualifica globale<br />

del museo all’azienda Touchwindow<br />

pionieri dell’innovazione digitale.<br />

In occasione delle celebrazioni dell’anno dantesco il Comune<br />

di Ravenna ha omaggiato l’illustre poeta con la scelta<br />

di rinnovare e riqualificare in chiave tecnologica il Museo<br />

Dante. Sito all’interno del complesso conventuale francescano<br />

a pochi passi dalla tomba del poeta lo spazio che in passato<br />

era deposito di cimeli comunali danteschi si trasforma<br />

oggi in spazio interattivo. Richiamando le parole di Dante:<br />

“e quindi uscimmo a riveder le stelle”,(canto XXXIV dell’Inferno,<br />

verso 139), il comune di Ravenna ha commissionato il<br />

totale refitting tecnologico delle sale espositive all’azienda<br />

Touchwindow, professionisti nella creazione, progettazione,<br />

produzione, attivazione e gestione di spazi altamente interattivi.<br />

Un vero e proprio viaggio, lungo le diverse sale dove<br />

vengono rivissute le opere e i giorni, la vita e la memoria del<br />

poeta più conosciuto al mondo.<br />

CONCEPT<br />

Touchwindow ha reso i diversi ambienti più attrattivi per i<br />

visitatori rivoluzionando completamente la customer experience<br />

attraverso percorsi immersivi dagli effetti audio-visivi<br />

e software capaci di veicolare le informazioni in modalità<br />

interattiva. Sin dai primi incontri per la definizione del<br />

nuovo allestimento del museo l’azienda ha individuato due<br />

precise aree di lavoro: da un lato rendere fruibili le informazioni<br />

storiche, artistiche e letterarie attraverso software<br />

e strumenti audiovisivi altamente innovativi, dall’altro creare<br />

aree immersive di forte impatto che potessero dare al<br />

visitatore la possibilità di ripercorrere gli episodi più intensi<br />

della vita di Dante Alighieri o di vivere la suggestiva atmosfera<br />

dei canti della Divina Commedia. Il dipartimento grafico,<br />

i visual artist e gli sviluppatori software hanno messo in<br />

atto un’intensa attività di ricerca per individuare le migliori<br />

modalità di presentazione dei contenuti sia didascalici che<br />

grafici, focalizzandosi sull’obiettivo di sorprendere il visitatore<br />

e coinvolgerlo nelle dinamiche di attivazione delle diverse<br />

installazioni audiovisive, senza mai perdere di vista la<br />

funzione divulgativa e formativa del museo. In parallelo il<br />

dipartimento tecnico ha sviluppato materialmente la vision<br />

dei creativi, attraverso la scelta di strumentazioni e materiali<br />

che potessero massimizzare la resa dei contenuti e gli effetti<br />

scenografici, integrandosi perfettamente all’estetica delle<br />

varie sale del museo, nel totale rispetto del valore storico<br />

dell’edificio e del progetto globale di restyling.<br />

20 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />

PROGETTAZIONE<br />

L’intervento è stato inquadrato all’interno di una più ampia<br />

opera di totale rinnovamento funzionale ed impiantistico del<br />

museo che ha richiesto una stretta e costante collaborazione<br />

con gli architetti, attraverso la quale sono state definite le<br />

linee guida estetiche, gestione dell’immagine coordinata, la<br />

rivalorizzazione di tutti i suoi spazi e la rielaborazione del<br />

marchio del museo. L’allestimento fisico dei device e delle<br />

strumentazioni così come i contenuti caricati sui software e le<br />

immagini proiettate, sono stati sviluppati in totale conformità<br />

del concept e dell’allestimento scenografico globale progettato<br />

assieme agli architetti. Trattandosi di un edificio dall’inestimabile<br />

valore storico l’azienda ha operato nel massimo<br />

rispetto della struttura preesistente, minimizzando l’impatto<br />

degli interventi sulle pareti e sui soffitti, ricercando materiali<br />

funzionali, leggeri e flessibili. Difatti sono state create strutture<br />

ad hoc per sostenere il peso delle installazioni, senza mai<br />

perdere di vista l’estetica di ogni elemento. Ogni sala ha conservato<br />

intatta la propria antica bellezza risaltata rispettosamente<br />

dalle tecnologie di Touchwindow . Grazie all'esperienza<br />

di system integrator e alla collaborazione con Crestron è<br />

stato sviluppato parallelamente un capillare sistema di<br />

controllo delle sale che tramite un touch panel permette al<br />

personale del museo di gestire in maniera automatizzata<br />

l’accensione e lo spegnimento di tutti i dispositivi connessi<br />

alla rete, di controllare singolarmente ogni sala e di<br />

scegliere la modalità di fruizione dei contenuti a seconda che<br />

siano presenti utenti singoli o gruppi guidati. In questo modo<br />

è possibile monitorare in maniera non invasiva ogni angolo<br />

del museo, garantendone la tutela ed il corretto<br />

funzionamento.<br />

PRODUZIONE<br />

L’ intervento ha interessato tutte le otto sale che compongono<br />

il Museo Dante nelle quale è stato messo in campo il completo<br />

know-how dell’azienda: dalla programmazione software alla<br />

creazione di contenuti, dalle installazioni audiovisive al controllo<br />

automatizzato degli ambienti. Il viaggio del visitatore<br />

inizia nella “Sala del tempo” in cui è presente una duplice<br />

installazione. Lungo la parete è stata realizzata una timeline<br />

tramite la proiezione di sfere fluttuanti sulle quali sono<br />

riportate le date più significative della vita di Dante. Grazie<br />

ai sensori di prossimità, quando il visitatore si avvicina ad un<br />

determinato punto della timeline, la stessa reagisce con una<br />

vera e propria esplosione di immagini ed informazioni completata<br />

dai relativi contenuti audio, fruibili tramite le cuffie<br />

single-cup installate a parete.<br />

Nella parte opposta della sala sono invece stati installati degli<br />

schermi circolari olografici da retroproiezione sui quali il visitatore<br />

può osservare immagini relative alla vita di Dante mentre<br />

ascolta gli approfondimenti provenienti dalle campane sonore<br />

che si attivano assieme alla proiezione tramite i sensori<br />

di presenza. Nella “Sala del volto” è stata creata una proiezione<br />

tramite video mapping su tre sculture in gesso raffiguranti<br />

il volto di Dante, rivalorizzate diventando veri e propri display<br />

dinamici. La parete opposta è stata adibita alla proiezione di<br />

alcuni versi del Boccaccio, in cui vengono descritti i lineamenti<br />

del poeta, udibili in contemporanea tramite diffusione audio.<br />

Nella “Sala Montevideo” riccamente affrescata e custode<br />

di alcuni preziosi cimeli, sono stati installati 4 QR-code che<br />

reindirizzano i visitatori ad approfondimenti e dettagli inerenti<br />

agli oggetti presenti nella sala, consultabili su smartphone e<br />

tablet. Nella “Sala del culto”, così come all’ingresso, è stato<br />

fatto un totale restyling dei contenuti e del software dei tavoli<br />

interattivi preesistenti. Il software Touchviewer, tramite<br />

la sua interfaccia intuitiva e alla sua struttura a cartelle ha<br />

permesso di predisporre numerosi approfondimenti legati alla<br />

presenza di Dante a Ravenna, accessibili tramite un semplice<br />

tocco. È stato possibile inoltre creare una mappa del museo<br />

e della città di Ravenna, sulle quali, grazie alla funzione POI<br />

(point of interest), il visitatore può selezionare i luoghi evi-


denziati e scoprire anteprime e spunti per proseguire la visita.<br />

Nella “Sala della fama” si offre un’esperienza immersiva<br />

nel mondo della pop art, grazie alle proiezioni su tre pareti<br />

verticali di locandine, francobolli e prodotti commerciali in<br />

cui è raffigurato Dante Alighieri le quali, tramite un software<br />

custom sviluppato ad hoc, si ingrandiscono e rimpiccioliscono<br />

creando un effetto fortemente suggestivo. Il percorso termina<br />

con le ultime sale dedicate alle tre cantiche della Divina Commedia,<br />

dove la vera protagonista è la customer experience.<br />

Grazie a una successione di schermi olografici in policarbonato<br />

che sembrano sospesi a mezz’aria, le proiezioni dei passaggi<br />

più significativi prendono vita e diventano tridimensionali, i<br />

colori variano a seconda dell’angolazione e l’audio completa il<br />

quadro creando una dimensione parallela nella quale il visitatore<br />

ripercorre l’esperienza di Dante, incontrando i personaggi<br />

più celebri della Divina Commedia. Circondato da immagini<br />

e suoni suggestivi il visitatore può inoltre dedicarsi agli approfondimenti<br />

presso le dodici postazioni di ascolto composte da<br />

altrettanti pannelli informativi e cuffie single-cup. Il prestigioso<br />

progetto, tracciato da un Comitato Scientifico (in base<br />

alle convenzione del Nov.2018 stilata tra Comune di Ravenna,<br />

Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e Centro Dantesco<br />

dei frati minori conventuali) ha previsto numerosi interventi,<br />

realizzati nel massimo rispetto della struttura preesistente,<br />

ed ha richiesto una stretta e costante collaborazione tra tutti<br />

i professionisti coinvolti e lo staff del Comune di Ravenna,<br />

un gruppo di lavoro composto da professionalità dell’ufficio<br />

cultura e della Biblioteca Classense che ha realizzato l’imponente<br />

lavoro di redazione dei testi e la selezione delle oltre<br />

quattrocento immagini fruibili attraverso le installazioni interattive<br />

che accompagnano i visitatori in tutte e nove le sale<br />

del museo.<br />

ATTIVAZIONE E MANUTENZIONE<br />

Nell’ottica di rendere il museo un vero e proprio polo culturale<br />

non solo per la divulgazione dell’incredibile eredità culturale<br />

di Dante, ma anche per la valorizzazione e la promozione di<br />

tutto l’immenso patrimonio culturale della città di Ravenna,<br />

Touchwindow è riuscita a rappresentare il passato in chiave futuristica.<br />

Utilizzando il potere evocativo delle immagini -come<br />

lo stesso Dante ricorda: “Pigliare occhi, per aver la mente”<br />

(canto XXVII del Paradiso)- e potenziandolo con strumenti tecnologici<br />

d’avanguardia, ha permesso di creare un allestimento<br />

coinvolgente, ipnotico, contemporaneo ed educativo in grado<br />

22 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 23<br />

di partecipare ai visitatori di ogni età un percorso che punta<br />

dritto al cuore della Divina Commedia e di Dante stesso.<br />

Museo Dante di Ravenna è un luogo del tempo nel tempo, in<br />

cui il visitatore non può far altro che immergersi, un percorso<br />

fisico e immaginifico vero e proprio, concepito per offrire<br />

anche ai turisti un’esperienza emozionale ed educativa, attraverso<br />

un progetto pensato in chiave contemporanea, dove<br />

l’interattività e la multimedialità del nostro tempo si uniscono<br />

al prestigio di reperti storici di inestimabile valore.<br />

Abstract<br />

The Municipality of Ravenna has commissioned the total technological refitting<br />

of the exhibition rooms of the Dante Museum to the company Touchwindow,<br />

professionals in the creation, design, production, activation and<br />

management of highly interactive spaces. Touchwindow has made the different<br />

environments more attractive to visitors, completely revolutionizing the<br />

customer experience through immersive paths with audio-visual effects and<br />

software capable of conveying information in interactive mode.<br />

Parole Chiave<br />

Digitalizzazione; musei; innovazione; allestimento multimediale; multimedialità;<br />

esperienze digitali; interactive experience; parete Interattiva; multiutente;<br />

system integrator; digital environment<br />

Autore<br />

Touchwindow<br />

info@touchwindow.it -<br />

Digital Experience & Interaction: Touchwindow<br />

Allestimento a cura di Comune di Ravenna ai sensi della convenzione tra Comune<br />

di Ravenna, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e Centro dantesco dei<br />

frati minori conventuali.


ARCHEOLOGIA FORENSE<br />

L'Archeologia Forense tra etica e deontologia<br />

L’etica e la deontologia dell’archeologo forense:<br />

tra rispetto delle norme e coscienza morale e professionale<br />

di Pier Matteo Barone<br />

Negli ultimi anni, sempre più spesso il professionista archeologo viene incaricato dai Tribunali<br />

civili e penali dello svolgimento di consulenze tecniche d'ufficio (CTU) e perizie. Lo sviluppo<br />

della professione dell’archeologo in ambito forense può essere collegato ad un principale fattore:<br />

i magistrati si stanno rendendo conto, sempre di più, quanto la consulenza archeologica<br />

sia assolutamente necessaria per far luce in molti casi di illeciti civili e penali.<br />

In ambito sia civile che penale, il Giudice ha<br />

facoltà di incaricare un professionista, un esperto<br />

o un tecnico come suo ausiliario, quando occorre<br />

redimere questioni tecniche complesse, svolgere<br />

indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono<br />

specifiche competenze tecniche, scientifiche o<br />

artistiche (art. 221 c.p.p. e art. 61 c.p.c.).<br />

Il ruolo dell’esperto incaricato non è solo di riferire<br />

al Giudice, ma piuttosto di fornirgli una conoscenza<br />

che non può possedere, una regola scientifica o una<br />

tecnica che può essere necessaria, nel corso di un<br />

procedimento, per accertare e/o per valutare una<br />

situazione o una problematica.<br />

In tale inquadramento il professionista incaricato dal<br />

Giudice svolge un’attività in funzione del processo<br />

e nel superiore interesse della giustizia, quindi, la<br />

sua relazione tecnica deve essere per sua natura<br />

neutra, non classificabile né a carico né a discarico<br />

dell’imputato o delle parti, sottratta al potere<br />

dispositivo delle parti e rimessa essenzialmente al<br />

potere discrezionale del Giudice. Per tale motivo<br />

l’ausiliario del giudice, sia in ambito civile che penale,<br />

in sede di conferimento dell’incarico, deve prestare<br />

giuramento “di bene e fedelmente adempiere le<br />

funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere<br />

ai giudici la verità” (art. 193 c.p.c.). Il giuramento<br />

obbliga l’ausiliario del giudice a determinate<br />

responsabilità ed a rispettare strettamente le norme<br />

deontologiche e morali.<br />

È opportuno precisare che il professionista iscritto<br />

Fig. 1 - Alcuni requisiti essenziali che il consulente dovrebbe possedere.<br />

24 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 25<br />

all’albo dei Consulenti tecnici del Tribunale civile e/o<br />

all›albo dei Periti del Tribunale penale non può rifiutarsi<br />

di adempiere al mandato assegnato dal Giudice, (art. 63<br />

c.p.c. e 221 c.p.p.), salvo nei casi in cui ricorrano i motivi<br />

di astensione tassativamente previsti dalla legge (art.<br />

51 c.p.c. e 36 c.p.p.), nel qual caso il professionista ha<br />

l'obbligo di dichiararlo. La domanda di iscrizione ai suddetti<br />

albi costituisce infatti una sorta di consenso preventivo del<br />

consulente/perito ad esercitare tali funzioni.<br />

Di seguito viene illustrata la distinzione degli incarichi<br />

conferiti in ambito civile e penale al fine di definire<br />

successivamente le responsabilità relative.<br />

INCARICO AL CTU<br />

In ambito civile il professionista incaricato dal Giudice è<br />

definito Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), la cui nomina è<br />

normata principalmente dagli articoli 61 e 191 c.p.c. Il CTU<br />

deve essere scelto tra i soggetti iscritti nell’apposito Albo<br />

dei Consulenti tecnici istituito presso ogni Tribunale civile.<br />

Il giudice non è tenuto in modo vincolante ad operare una<br />

scelta esclusivamente sulla base del suddetto albo; infatti,<br />

egli può nominare un consulente iscritto nell’albo di un<br />

tribunale diverso rispetto a quello di causa o può scegliere<br />

un esperto non iscritto in alcun albo.<br />

All’udienza fissata per la raccolta del giuramento e il<br />

conferimento dell’incarico del CTU, il giudice, oltre a<br />

ricordare al consulente l’importanza delle funzioni e a<br />

ricevere il giuramento di rito, assume ulteriori provvedimenti<br />

quali: determina, insieme al CTU, la data, l’ora e il luogo<br />

d’inizio delle operazioni peritali; espone il quesito e<br />

delimita i poteri di indagine del consulente; autorizza il<br />

CTU al ritiro dei fascicoli di parte ovvero copia di atti del<br />

fascicolo d’ufficio ove ciò è necessario; assegna un termine<br />

per la consegna della bozza di relazione tecnica alle parti<br />

e per il deposito della relazione tecnica finale; conferisce<br />

l’incarico al fine di esperire il tentativo di conciliazione tra<br />

le parti; provvede sulla richiesta di proroga, ove il termine<br />

non sia già scaduto, del termine per la nomina dei consulenti<br />

di parte; autorizza eventuali richieste del CTU (l’uso del<br />

mezzo proprio, la collaborazione di coadiutori, accesso a<br />

luoghi, acconto spese, ecc.).<br />

L’elaborazione della consulenza tecnica d’ufficio si articola<br />

in tre fasi:<br />

1. la relazione del CTU, in bozza ma già completa, viene<br />

inviata alle Parti nel termine disposto dal giudice durante<br />

l’udienza di affidamento dell’incarico;<br />

2. le Parti trasmettono al consulente le proprie osservazioni<br />

sulla relazione di consulenza tecnica entro l’ulteriore<br />

termine fissato dal giudice;<br />

3. nell’ulteriore termine assegnato dal giudice, il consulente<br />

deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni<br />

delle parti e una sintetica valutazione conclusiva sulle<br />

stesse.<br />

Quindi, il CTU, a conclusione del proprio lavoro, deve<br />

tener conto delle osservazioni di parte dandone atto nel<br />

corpo della relazione finale, fornendo eventuali risposte o<br />

chiarimenti.<br />

Una volta depositata la consulenza tecnica d’ufficio, il<br />

Giudice non è strettamente vincolato alle conclusioni<br />

a cui è pervenuto il CTU. Infatti, il giudice può: aderire<br />

alle conclusioni della CTU senza particolare motivazione;<br />

discostarsene, dando adeguata motivazione; aderire alla<br />

CTU dandone motivazione, se la consulenza tecnica d’ufficio<br />

non abbia dato risposta alle critiche di una consulenza<br />

tecnica di parte.<br />

INCARICO AL PERITO<br />

In ambito penale, il professionista incaricato dal giudice è<br />

definito Perito, la cui nomina è normata dagli articoli da<br />

220 a 232 e 508 c.p.p. Il Perito deve essere scelto tra i<br />

soggetti iscritti nell’apposito Albo dei Periti istituito presso<br />

ogni Tribunale penale e, solo in via meramente sussidiaria,<br />

può essere scelto tra persone particolarmente competenti<br />

nella materia.<br />

La perizia può essere disposta in diverse fasi del processo<br />

penale: in incidente probatorio; in udienza preliminare; nel<br />

giudizio abbreviato; in dibattimento; nel procedimento di<br />

esecuzione; nel giudizio di revisione.<br />

All’udienza fissata per il conferimento dell’incarico al<br />

perito, il giudice, accertate le generalità del Perito, gli<br />

chiede se si trova in una delle condizioni di incapacità o<br />

incompatibilità previste dalla legge, lo avverte degli obblighi<br />

e delle responsabilità previste dalla legge penale (tra cui<br />

rispettare il segreto nello svolgimento delle operazioni<br />

peritali) e lo invita a giurare la seguente dichiarazione:<br />

“consapevole della responsabilità morale e giuridica che<br />

assumo nello svolgimento dell’incarico, mi impegno ad<br />

adempiere al mio ufficio senza altro scopo che quello di far<br />

conoscere la verità”. Inoltre, nella stessa sede, il Giudice:<br />

formula i quesiti, sentiti il Perito, i Consulenti tecnici di<br />

parte, il Pubblico Ministero e i Difensori presenti; autorizza<br />

il Perito a prendere visione degli atti, dei documenti e<br />

delle cose prodotti dalle parti, dei quali la legge prevede<br />

l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento; determina<br />

che il Perito debba procedere immediatamente ai necessari<br />

accertamenti e rispondere ai quesiti con parere messo a<br />

verbale e/o concede un termine (del quale devono essere<br />

avvertiti le parti e i consulenti tecnici), che non può<br />

superare i novanta giorni e può essere prorogato dal giudice;<br />

autorizza eventuali richieste del Perito (assistere all’esame<br />

delle parti e all’assunzione di prove, servirsi di ausiliari di<br />

sua fiducia, ecc.). Riguardo l’opera dei collaboratori del<br />

Perito, la normativa indica specificatamente che essa debba<br />

essere limitata solo allo svolgimento di attività materiali,<br />

non implicanti apprezzamenti e valutazioni, e ad analisi di<br />

laboratorio (art. 228 c.p.p.).<br />

L’art. 227 c.p.p. stabilisce che il parere peritale debba<br />

essere espresso in forma orale, con dichiarazioni raccolte<br />

a verbale, e solo eccezionalmente mediante il deposito<br />

di una relazione scritta. Anche se nella pratica la seconda<br />

modalità di esplicitazione dei risultati dell’attività peritale<br />

costituisce la regola, il deposito della relazione scritta<br />

rimane un elemento accessorio rispetto all’esposizione orale<br />

del parere da parte del Perito. La lettura della relazione<br />

peritale, quindi, è disposta solo dopo l’esame orale del<br />

Perito, che è condizione necessaria ai fini dell’acquisizione<br />

della prova (art. 511 c.p.p.); infatti, secondo la normativa<br />

(art. 501 c.p.p.) l’esame orale del perito in dibattimento<br />

rientra nelle disposizioni dettate in tema di esame dei<br />

testimoni, e il suo mancato svolgimento determina<br />

l’inutilizzabilità della prova o per lo meno, produce una<br />

nullità a regime intermedio per violazione dei diritti di<br />

difesa delle parti.<br />

APPROCCIO DEONTOLOGICO E RESPONSABILITÀ<br />

DEL CTU E DEL PERITO<br />

Il consulente archeologo forense deve possedere alcuni<br />

requisiti essenziali sintetizzati nella Figura 1.<br />

Le consulenze tecniche d’ufficio, le perizie e le operazioni<br />

svolte dal CTU e/o dal Perito devono essere inattaccabili sul<br />

piano della forma. Si sottolinea che il compito dell’ausiliario<br />

del giudice non è quello di fornire valutazioni di tipo


giuridico o attribuire responsabilità, ma solo di sviluppare<br />

gli elementi tecnici sui quali si fonderà il giudizio del<br />

magistrato competente.<br />

I CTU ed i Periti, nell’adempimento delle proprie funzioni,<br />

possono incorrere in tre tipologie di responsabilità: la<br />

responsabilità disciplinare, la responsabilità civile e la<br />

responsabilità penale.<br />

La responsabilità disciplinare dei consulenti tecnici e periti<br />

viene valutata dal presidente del Tribunale e interessa i<br />

seguenti aspetti: non aver tenuto una “condotta morale<br />

specchiata” (riguardanti casi non necessariamente riferiti a<br />

violazioni dell’incarico di CTU); non aver ottemperato agli<br />

obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti (art. 19 disp. att.<br />

c.p.c. e artt.69 e 70 disp. att. c.p.p.). Le sanzioni disciplinari<br />

applicabili ai CTU ed ai Periti sono: l’avvertimento; la<br />

sospensione dall’albo per un tempo non superiore a un<br />

anno; la cancellazione dall’albo (art. 20 disp. att. c.p.c. e<br />

art. 70 disp. att. c.p.p.).<br />

La responsabilità civile obbliga il CTU o il Perito a risarcire i<br />

danni arrecati alle parti a causa della propria condotta, per<br />

violazione dei doveri di diligenza e correttezza e per infedele<br />

o cattivo espletamento dell’incarico. Ciò trova fondamento<br />

nell’art. 64 c.p.c. secondo il quale “il consulente tecnico<br />

che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli<br />

sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con<br />

l’ammenda fino a 10.329 euro . . .. In ogni caso è dovuto il<br />

risarcimento dei danni causati alle parti”.<br />

La responsabilità penale del CTU e/o del Perito è dovuta al<br />

fatto che esso, in quanto ausiliario del giudice, riveste la<br />

qualifica di pubblico ufficiale conforme alla definizione data<br />

all’art. 357 c.p., secondo il quale “agli effetti della legge<br />

penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una<br />

pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa”.<br />

All’ausiliare del Giudice, quindi, si applicano le fattispecie<br />

di reato collegate a questa peculiare qualifica (es. peculato,<br />

concussione, corruzione, abuso d’ufficio, falsità in atti sia<br />

materiale che ideologica, ecc). In tabella 1 vengono riportate<br />

le tipologie di reati penali maggiormente ricorrenti in tema<br />

di CTU e perizie.<br />

Tra i reati indicati in tabella 1, merita un approfondimento il<br />

reato per falsa perizia, normato dall’art.373 c.p., secondo il<br />

quale “Il perito o l’interprete, che, nominato dall’Autorità<br />

giudiziaria dà parere o interpretazioni mendaci, o afferma<br />

fatti non conformi al vero, soggiace alle pene stabilite<br />

nell’articolo precedente 1 . La condanna importa, oltre<br />

l’interdizione dai pubblici uffici, l’interdizione dalla<br />

professione o dall’arte”.<br />

È da sottolineare che il perito incorre nel reato di falsa<br />

perizia quando: nasconda la sua incompetenza; nasconda<br />

la sua incapacità naturale o legale nel redigere la perizia;<br />

taccia sulla sua condizione di incompatibilità; non si attivi<br />

nelle indagini necessarie; non fornisca determinati elementi<br />

di valutazione o fornisca interpretazioni compendiate in<br />

affermazioni non rispondenti al vero.<br />

Generalmente, per casi in cui sia da accertare un reato<br />

penale compiuto da un CTU o un Perito, il giudice si riserva<br />

di nominare un proprio Perito. È naturale che il Perito<br />

incaricato a stabilire la sussistenza di un reato penale<br />

nell’attività, la consulenza o la perizia di un altro Perito o CTU<br />

debba necessariamente esercitare la stessa professione del<br />

perito indagato. Questo aspetto, particolarmente delicato,<br />

determina la scelta da parte del Giudice di nominare come<br />

Perito un professionista che non sia iscritto nello stesso Albo<br />

professionale regionale del perito indagato.<br />

CONCLUSIONI<br />

Appare evidente come nello svolgimento di Consulenze<br />

Tecniche d’Ufficio e Perizie, l’aspetto etico e deontologico<br />

del tecnico incaricato sia di primaria importanza, non<br />

solo per evitare di incorrere in “spiacevoli incidenti” che<br />

possono minare la pratica della professione, ma anche per<br />

poter fornire all’organo giudicante un mezzo, corretto sia<br />

nella forma che nella sostanza, che possa essere utile alla<br />

giustizia e quindi alla società.<br />

La famosa “regola 702” (dedotta dalle sentenze Freye<br />

e Daubert) afferma che un testimone esperto deve: i)<br />

presentare fatti e dati sufficienti; ii) ricostruire gli eventi sulla<br />

Reato Esempio di condotta Pena<br />

Reclusione fino a 6 mesi o multa<br />

Art.366 c.p.<br />

Rifiuto di uffici<br />

legalmente dovuti.<br />

Art.328 c.p.<br />

Omissione di atti<br />

d’ufficio.<br />

Art.373 c.p.<br />

Falsa Perizia<br />

Art.374 c.p.<br />

Frode processuale<br />

Il CTU/Perito non si presenta all’udienza per assumere<br />

l’incarico e prestare il giuramento, oppure fornisce false<br />

giustificazioni per essere sostituito.<br />

Il CTU/Perito ritarda il deposito della relazione senza<br />

addurre alcuna valida giustificazione; oppure si rifiuta di<br />

adempiere all’incarico assunto senza giustificato motivo.<br />

Il CTU/Perito fornisce dolosamente un parere falso o<br />

afferma l’esistenza di fatti non veri e da ciò deriva una<br />

condanna per la parte che subisce la falsità.<br />

Il CTU/Perito modifica artificiosamente lo stato dei luoghi o<br />

delle cose su cui si deve svolgere la consulenza.<br />

da 30 a 516 euro.<br />

Pena accessoria: interdizione<br />

dall’esercizio della professione<br />

Reclusione fino a 1 anno o multa<br />

fino a 1.032 euro.<br />

Pena accessoria: interdizione<br />

dall’esercizio della professione<br />

Reclusione da 2 a 6 anni.<br />

Pena accessoria: interdizione<br />

dall’esercizio della professione<br />

Reclusione da 6 mesi a 3 anni.<br />

Pena accessoria: interdizione<br />

dall’esercizio della professione<br />

Tab. 1 - Principali tipologie di reati penali ricorrenti in tema di CTU e perizie.<br />

26 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 27<br />

base di principi e metodi affidabili; e 3) applicare in modo<br />

affidabile i principi e i metodi al caso. In Daubert, la Corte<br />

non aveva ancora sottolineato il principio dell’accettazione<br />

generale da parte della comunità scientifica, ma ha posto<br />

l’onere su un giudice di determinare l’ammissibilità di<br />

nuove prove sulla base della valutazione critica del giudice<br />

dell’affidabilità dei metodi e delle procedure utilizzate<br />

da un esperto. Questa valutazione deve essere condotta<br />

considerando principi come la possibilità di sottoporre la<br />

teoria o la tecnica scientifica ad un’analisi empirica per<br />

verificarla o confutarla; l’esistenza di una revisione critica<br />

da parte di esperti del settore; un’indicazione del margine<br />

di errore noto o potenziale; e l’esistenza di standard relativi<br />

all’uso della tecnica impiegata. Da quel caso, la “regola<br />

702” è diventata un punto di riferimento per la valutazione<br />

delle prove scientifiche. Questa sentenza ha reso i giudici<br />

i custodi della legge e ha ribadito che essi hanno l’ultima<br />

parola sulla validità delle conoscenze presentate al<br />

processo. Anche se una parte riconosce di aver bisogno della<br />

scienza per far luce su questioni particolarmente complesse<br />

per le quali un giudice non possiede gli strumenti necessari<br />

all’interpretazione, il giudice si riserva comunque il diritto<br />

di decidere a chi riconoscere il titolo di scienziato.<br />

Note<br />

1 Art. 372 c.p. Falsa testimonianza: chiunque, deponendo come testimone innanzi all’autorità<br />

giudiziaria o alla Corte penale internazionale afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in<br />

tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da<br />

due a sei anni.<br />

Abstract<br />

In recent years, more and more often the professional archaeologist is commissioned<br />

by civil and criminal courts to carry out technical consultations and expert<br />

reports. The development of the archaeological profession in the forensic field<br />

can be linked to two main factors: the justice system is realizing, more and more,<br />

how much the archaeological consultancy is absolutely necessary to shed light on<br />

many cases of civil and criminal offences.<br />

Bibliografia<br />

Buckles, T. Crime Scene Investigation, Criminalistics, and The<br />

Law, 2006, Cengage Learning. ISBN: 978-1401859299<br />

Dixon, L., Gill, B. Changes in the Standards for Admitting Expert<br />

Evidence in Federal Civil Cases Since the Daubert Decision,<br />

RAND Institute for Civil Justice, 2002.<br />

Morgan, R.M. Bull, P.A., Forensic geoscience and crime detection,<br />

Minerva Med. Leg., 127, 2007, pp. 73-89.<br />

Barone, P.M. Contestualizzare l’Archeologia Forense; <strong>Archeomatica</strong><br />

- Tecnologie per i Beni Culturali, Anno XII - Numero 2 Giugno 2020<br />

Barone, P.M. Legal Consultancy in Forensic Archaeology: An Introduction<br />

to Italian Regulations and Professional Ethics. Glob<br />

J of Forensic Sci & Med 1(3): 2019. GJFSM.MS.ID.000511.<br />

Barone, P.M.; Groen, W.J.M. Multidisciplinary Approaches to Forensic<br />

Archaeology: Topics discussed During the European Meetings<br />

on Forensic Archaeology (EMFA); Springer, 2018; ISBN 978-3-<br />

319-94397-8.<br />

Di Maggio, R.M., Barone, P.M. (eds.) Geoscientists at Crime Scenes:<br />

A Companion to Forensic Geoscience; Soil Forensics; Springer International<br />

Publishing, 2017; ISBN 978-3-319-58047-0.<br />

Parole chiave<br />

Archeologia forense; Deontologia; Etica; Consulenza<br />

Autore<br />

Pier Matteo Barone<br />

matteo.barone@ntu.ac.uk<br />

Archaeology and Classics Program, The American University of Rome, Via P. Roselli,<br />

4 – 00153 Roma, Italia<br />

Geoscienze Forensi Italia® -Forensic Geoscience, Italy, Rome, Italy<br />

ORCID: 0000-0002-8232-4935<br />

(P.M. Barone)<br />

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DOCUMENTAZIONE<br />

“Metal Detectors”: la tecnologia<br />

attuale per la prospezione archeologica<br />

di Renato Di Cesare, Marco Lisi<br />

Il “metal detector” (in italiano, cercametalli)<br />

è uno strumento che utilizza alcune<br />

proprietà elettromagnetiche dei metalli<br />

per rilevare la presenza di oggetti metallici<br />

sepolti nel terreno.<br />

Originariamente sviluppati per applicazioni<br />

militari, più precisamente per<br />

bonificare i campi minati, i cercametalli<br />

trovano uso in molte altre applicazioni:<br />

dalla rilevazione di armi sui passeggeri<br />

negli aeroporti alle ricerche geologiche e<br />

(con molte riserve) archeologiche, ovvero,<br />

più banalmente, all’individuazione di<br />

cavi elettrici o tubi metallici interrati o<br />

nelle pareti di edifici.<br />

Parlando più specificatamente di archeologia,<br />

i cercametalli hanno svolto e svolgono tuttora<br />

un ruolo significativo come strumento nella ricerca<br />

di reperti archeologici sepolti. Purtroppo sono<br />

spesso associati, soprattutto in Italia, ad una nomea<br />

negativa, che li associa ai “tombaroli” e ad attività in<br />

generale poco legali.<br />

Rispettando la legislazione vigente e le regole del<br />

buon senso e della buona creanza, questi strumenti<br />

possono tuttavia essere un ausilio utilissimo ad una<br />

ricerca archeologica professionalmente condotta.<br />

Il dibattito sul loro uso è tuttavia molto acceso, non<br />

solo in Italia. Prestigiosi quotidiani americani, come<br />

il New York Times, sono arrivati ad esaltare l’uso dei<br />

“metal detectors” come valido ausilio all’archeologia.<br />

In Gran Bretagna il “metal detecting” è un hobby<br />

diffusissimo, spesso assurto agli onori della cronaca<br />

per ritrovamenti archeologici importanti, tanto che<br />

si è resa necessaria una regolamentazione “ad hoc”,<br />

gestita dal British Museum. Lo scopo è quello di evitare<br />

gli abusi di un uso indiscriminato ed illegale dei<br />

cercametalli, documentando al contempo i ritrovamenti<br />

e dando loro un significato storico e scientifico.<br />

In Italia, a parte le leggi dello Stato, che però rischiano,<br />

con un’eccessiva semplificazione, di equiparare<br />

hobbisti con “tombaroli”, molto dipende in pratica<br />

dai regolamenti delle singole Regioni.<br />

Piuttosto che entrare in una discussione di principio<br />

sull’utilizzo dei cercametalli, lo scopo del presente<br />

articolo vuole essere quello di descrivere da un punto<br />

di vista prettamente tecnico la loro tecnologia,<br />

con la convinzione che essi possano svolgere un ruolo<br />

utile nell’ambito della prospezione archeologica del<br />

sottosuolo.<br />

BREVE STORIA DEL “METAL DETECTOR”<br />

I primi esperimenti sull’uso dell’elettromagnetismo<br />

per individuare oggetti metallici cominciarono alla<br />

fine del diciannovesimo secolo, mentre un primo rudimentale<br />

(e molto ingombrante) modello di “metal<br />

detector” fu utilizzato in Francia, nel 1919, per trovare<br />

bombe inesplose dopo la Prima Guerra Mondiale<br />

(fig. 1).<br />

Il moderno sviluppo dei cercametalli cominciò tuttavia<br />

negli anni ’20, con i primi brevetti di apparati<br />

portatili. Uno degli inventori, l’americano Shirl Herr,<br />

prestò la sua consulenza durante il rinvenimento delle<br />

galee romane dell’imperatore Caligola nel lago di<br />

Nemi, nell’agosto del 1929.<br />

28 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />

Il merito di aver migliorato in modo decisivo le prestazioni<br />

del “metal detector” è universalmente attribuito ad un ingegnere<br />

polacco, Józef Stanisław Kosacki, negli anni della<br />

Seconda Guerra mondiale.<br />

Kosacki, ingegnere e professore, aveva resistito come ufficiale<br />

all’invasione della Polonia da parte dei Tedeschi.<br />

Fatto prigioniero, era riuscito a fuggire in Inghilterra, continuando<br />

a servire come ufficiale dell’esercito polacco in<br />

esilio. Nel 1941 egli perfezionò un suo precedente progetto<br />

e lo offrì all’esercito inglese il quale, sotto il nome di<br />

“Polish Mine Detector”, lo produsse immediatamente e ne<br />

inviò cinquecento esemplari all’ Ottava Armata britannica<br />

del generale Montgomery ad El Alamein (figure 2 e 3), per<br />

bonificare i campi minati lasciati dalle truppe del generale<br />

Rommel.<br />

Durante il resto della guerra furono prodotte oltre centomila<br />

unità del modello. Adottato anche dagli Americani, esso<br />

fu utilizzato praticamente su tutti i fronti della guerra, in<br />

Europa come nel Pacifico (fig. 4). Un modello molto simile<br />

all’originale è stato utilizzato in Gran Bretagna fino al 1995.<br />

Rimandando ad un successivo paragrafo la descrizione tecnica<br />

del cercametalli “polacco”, vale la pena ricordare che<br />

l’apparato funzionava a valvole ed era alimentato con batterie,<br />

raggiungendo un peso complessivo di 14 chilogrammi.<br />

Dagli anni ’40 ad oggi sia la ricerca che la tecnologia hanno<br />

messo a disposizione, dei militari e dei civili, una grande<br />

varietà di apparati basati su differenti principi fisici, con<br />

soluzioni circuitali sempre più miniaturizzate e di avanguardia.<br />

PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI “METAL DETECTORS”<br />

Limitandoci alle applicazioni civili, i “metal detectors”, nel<br />

senso stretto del termine, trovano ampia applicazione nella<br />

rilevazione di piccoli oggetti metallici in terreni ove è probabile<br />

che siano presenti.<br />

L’utilità di un metal detector è abbastanza intuitiva e con<br />

esso è possibile effettuare delle prospezioni che mediamente<br />

possono arrivare anche ad un metro di profondità o,<br />

più realisticamente, intorno ai 20 ÷ 30 cm per piccole monetine<br />

isolate o oggetti metallici di dimensioni equivalenti.<br />

In prima analisi, da profani, tali prestazioni sembrerebbero<br />

limitative ma, invece, sono di tutto rispetto se l’apparato<br />

riesce a segnalare la presenza di questi oggetti in maniera<br />

deterministica e, cioè, con una bassa probabilità di errore<br />

e di inutili scavi.<br />

È utile definire quali sono le caratteristiche principali che,<br />

se soddisfatte, fanno di un apparato un oggetto professionale.<br />

Tali caratteristiche, elencate in ordine di importanza,<br />

sono:<br />

• Stabilità relativa;<br />

• Esclusione automatica del suolo o bilanciamento<br />

automatico;<br />

• Eliminazione automatica di oggetti da ritenere inquinanti;<br />

• Regolazione della sensibilità;<br />

• Discriminazione dei metalli.<br />

Un buon metal detector deve assicurare, oltre ad una buona<br />

sensibilità, la reiezione dell’“effetto terreno” e una discreta<br />

stabilità della catena amplificatrice (cioè dell’elettronica)<br />

in modo da non costringere a continui ritocchi della<br />

stessa.<br />

In genere i cercametalli commerciali di classe economica<br />

attualmente disponibili in commercio sono dotati di buona<br />

sensibilità, ma raramente sono in grado di minimizzare<br />

in maniera significativa l’influenza negativa del suolo,<br />

Fig. 1 - Cercametalli “portatile” usato in Francia dopo la Prima Guerra<br />

Mondiale<br />

non permettendo, quindi, la rilevazione di piccoli oggetti<br />

metallici in terreni non “omogenei”. Inoltre richiedono la<br />

massima attenzione dell’operatore per mantenere costante<br />

la distanza della bobina di ricerca dalla superficie sottostante.<br />

Anche i cercamine militari, utilizzati nel secondo conflitto<br />

mondiale, erano affetti da tali problemi, ma solitamente il<br />

loro utilizzo era orientato alla ricerca di ordigni metallici<br />

di dimensioni molto più significative di una moneta. Eventuali<br />

segnalazioni di “falsi bersagli” erano ovviamente ben<br />

accette, mentre il contrario avrebbe rappresentato il “disastro”<br />

e la probabile morte dell’operatore.<br />

Un’altra caratteristica soddisfatta in quasi tutti i modelli<br />

professionali, è la discriminazione della tipologia di metallo<br />

(cioè la possibile reiezione di manufatti non “nobili”) che,<br />

però, può considerarsi veramente efficace solo se indipendente<br />

dalla forma, dalle dimensioni e dalla profondità di<br />

interramento dell’oggetto.<br />

PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO E POSSIBILI CONFIGURAZIONI<br />

Tutte le possibili architetture di “metal detectors” si basano,<br />

in un modo o nell’altro, sul comportamento dei materiali<br />

metallici in presenza di un campo magnetico, fisso o<br />

variabile nel tempo.<br />

In particolare alcuni materiali, quali appunto il ferro (ma<br />

anche il nickel e molti tipi di acciaio), rispondono ad un<br />

campo magnetico esterno magnetizzandosi essi stessi, e<br />

sono detti “ferromagnetici”. Altri, detti “diamagnetici”,<br />

generano all’opposto un campo magnetico che si oppone al<br />

campo magnetico esterno. Appartengono a questa categoria<br />

molti materiali, anche non metallici, quali il rame, l’argento,<br />

il mercurio, l’oro, il bismuto e il carbonio (negli stati<br />

Fig. 2 - Cercametalli britannico nel deserto di El Alamein.


Fig. 3 - Mina anticarro metallica.<br />

di diamante o di grafite). Questa distinzione dei materiali<br />

sulla base della loro interazione con i campi magnetici (ed<br />

elettromagnetici) è molto importante al fine di comprendere<br />

le tecniche di ricerca.<br />

La configurazione più antica di cercametalli è quella definita<br />

con l’acronimo BFO (Beat Frequency Oscillation) in<br />

relazione alla soluzione circuitale ed al principio su cui si<br />

basa (fig. 5).<br />

In pratica è equipaggiato con due oscillatori, di cui uno è<br />

quello di riferimento (f1) ed è a frequenza fissa (tipicamente<br />

stabilizzato da un quarzo), mentre l’altro (f2) è basato su<br />

un circuito LC (Induttanza/Capacità).<br />

La bobina di quest’ultimo circuito è la “testa” di ricerca<br />

ed è dimensionata in modo da ottenere una frequenza di<br />

oscillazione poco discosta da quella di riferimento (ragione<br />

di pochi o centinaia di Herz).<br />

I segnali provenienti dai due generatori confluiscono in un<br />

circuito miscelatore (mixer) in modo da ottenere il battimento<br />

tra gli stessi ovvero la somma e la differenza delle<br />

due frequenze.<br />

Un filtro passa basso, a valle del mixer, elimina il segnale<br />

“somma” lasciando integro l’altro che è a frequenza audio<br />

e si manifesta come un tono continuo.<br />

Quando vi è un metallo nelle vicinanze della testa di ricerca,<br />

si ha una variazione dell’induttanza della bobina con<br />

conseguente variazione della frequenza di oscillazione e,<br />

quindi, del tono audio che amplificato giunge sulle cuffie<br />

dell’operatore.<br />

Questa configurazione è di facile progettazione e realizzazione<br />

ma, per contro, è caratterizzata da una eccessiva<br />

influenza degli effetti del suolo. Infatti il suolo, che è<br />

un miscuglio disomogeneo di materiali con caratteristiche<br />

dielettriche differenti, causa una variazione dei parametri<br />

elettrici della bobina di ricerca, e le immancabili variazioni<br />

di quota di questa generano continue variazioni di frequenza<br />

che, seppur piccole, rendono il sistema poco efficace.<br />

Le caratteristiche di un cercametalli in configurazione BFO<br />

possono essere così riassunte:<br />

• Stabilità: buona<br />

• Esclusione automatica del suolo o bilanciamento<br />

automatico: difficile<br />

• Eliminazione automatica di oggetti inquinanti:<br />

improbabile<br />

• Regolazione della sensibilità: buona<br />

• Discriminazione dei metalli: possibile<br />

Il più grande progresso nella tecnologia dei cercametalli è<br />

avvenuto con lo sviluppo della configurazione cosiddetta<br />

“Induction Balanced” (fig. 6).<br />

Il sistema è basato su due avvolgimenti (bobine), delle quali<br />

una agisce come trasmettitore, l’altra come ricevitore. Esse<br />

possono lavorare in un intervallo di frequenze fra i 3 ed i<br />

100 kHz.<br />

Quando un oggetto metallico sepolto viene eccitato dal<br />

campo elettromagnetico della bobina trasmittente, si generano<br />

in esso correnti indotte che vengono rivelate dalla<br />

bobina ricevente.<br />

Questa configurazione permette di discriminare fra differenti<br />

metalli, contando sul fatto che ogni metallo ha una<br />

sua caratteristica risposta alle correnti alternate. In particolare<br />

le frequenze più basse (Very long Frequencies, VLF)<br />

penetrano più in profondità e sono adatte a materiali ad<br />

alta conducibilità come l’oro, l’argento ed il rame, mentre<br />

frequenze più alte, sebbene meno penetranti, sono più sensibili<br />

a materiali meno conducibili, come il ferro (purtroppo,<br />

anche ai terreni molto mineralizzati).<br />

Per poter ottenere una buona eliminazione degli effetti del<br />

terreno, compresi quelli dell’acqua salata, si può utilizzare<br />

una configurazione di cercametalli molto più avanzata (e<br />

Fig. 4 - Cercamine<br />

usato dalle<br />

truppe statunitensi<br />

durante la<br />

Seconda Guerra<br />

Mondiale<br />

Fig. 5 - Schema a blocchi di un cercametalli a BFO.<br />

30 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />

complicata), definita “Pulse Induction” (PI).<br />

Un cercametalli “Pulse Induction” ha un principio di funzionamento<br />

che ricorda in qualche modo quello di un radar<br />

(fig. 7).<br />

Un generatore invia un serie di impulsi di corrente alla testa<br />

di ricerca, producendo un intenso campo magnetico<br />

impulsato. L’avvolgimento (bobina) nella testa di ricerca<br />

trasmette gli impulsi verso il terreno, generando, con un<br />

piccolo ritardo, una serie di impulsi di risposta dall’oggetto<br />

metallico eventualmente sepolto, eccitato dal campo elettromagnetico<br />

esterno.<br />

I cercametalli PI superano tutte le altre configurazioni<br />

quando si tratta d’individuare oggetti piccoli in terreni intrisi<br />

di acqua salmastra (spiagge) o molto ricchi di minerali<br />

metallici. Per contro, non hanno la capacità di discriminare<br />

fra differenti tipi di metalli.<br />

Le caratteristiche di un cercametalli “Pulse Induction” possono<br />

essere riassunte come segue:<br />

Fig. 6 - Schema a blocchi di un cercametalli “Induction Balanced”.<br />

APPLICAZIONI DEI “METAL DETECTORS” NELLA<br />

RICERCA ARCHEOLOGICA<br />

Il primo utilizzo storicamente riportato dell’utilizzo dei cercametalli<br />

in ambito archeologico risale al 1958 ed è quello<br />

dello storico militare americano Don Rickey che li utilizzò<br />

per ricostruire lo scenario della storica battaglia di Little<br />

Big Horn. Nel Nord-America, l’uso dei “metal detectors”<br />

come strumento di ricerca storico-archeologica è stato per<br />

lo più rivolto alla ricostruzione di teatri di guerra e di battaglie,<br />

con il ritrovamento di manufatti ed esse relativi.<br />

Nel 1995 uno studio molto esteso condotto sull’uso dei cercametalli<br />

in archeologia nel Regno Unito dimostrò che ogni<br />

anno decine di migliaia di ritrovamenti significativi erano<br />

dovuti a cercatori amatoriali, animati dalla passione più che<br />

da motivazioni disoneste (fig. 8).<br />

Lo studio concluse che, nonostante le giustificate remore<br />

nei confronti di scavi condotti in modo non scientifico, i<br />

vantaggi di questo “hobby” erano di gran lunga maggiori<br />

degli aspetti negativi. Da questa conclusione scaturì il già<br />

citato “Treasure Code of Practice” del 1996 che stabiliva<br />

linee guida sulla reportistica, il coordinamento da parte di<br />

musei ed archeologi professionali ed alcune regole generali<br />

da rispettare a livello governativo.<br />

Al giorno d’oggi gli ausili tecnici in supporto alla prospezione<br />

archeologica non invasiva sono vari e numerosi: fotografie<br />

aeree e immagini da satellite, georadar (“ground<br />

penetrating radar”), magnetometria, mappatura della conducibilità<br />

del suolo. Anche i “metal detectors” di per sé<br />

sono strumenti non invasivi: l’ostilità nei loro confronti è<br />

principalmente dovuta all’abuso che se ne fa, da parte di<br />

persone senza scrupoli ovvero prive di sensibilità culturale<br />

nei confronti del patrimonio storico.<br />

A loro merito si deve ascrivere il fatto che sono relativamente<br />

economici e facili da usare. Se usati in maniera controllata<br />

e sistematica, possono costituire un valido aiuto<br />

alla ricerca archeologica, soprattutto nell’identificazione<br />

di nuovi siti d’interesse e nella loro delimitazione.<br />

Ancora una volta, si può dire che non è lo strumento ad<br />

essere di per sé cattivo, ma è l’uso sbagliato che se ne fa a<br />

renderlo tale.<br />

• Stabilità: buona<br />

• Esclusione automatica del suolo: ottima<br />

• Eliminazione automatica di oggetti inquinanti: buona<br />

• Regolazione della sensibilità: buona<br />

• Discriminazione dei metalli: difficile<br />

Tutte le configurazioni finora esposte si avvalgono negli ultimi<br />

anni delle più moderne tecnologie elettroniche, quali<br />

il processamento digitale dei segnali (“digital Signal Processing”,<br />

DSP) e la localizzazione GNSS/GPS, utile quest’ultima<br />

a memorizzare l’esatta posizione di possibili manufatti<br />

interrati.<br />

Fig. 7 - Schema a blocchi di un cercametalli “pulse induction”<br />

Fig. 8 - Vaso di terracotta trovato da un cercatore amatoriale nel Somerset,<br />

in Inghilterra. Il vaso conteneva più di cinquantamila monete romane<br />

del terzo secolo dopo Cristo.<br />

Abstract<br />

The "metal detector" is an instrument that uses some electromagnetic properties<br />

of metals to detect the presence of metal objects buried in the ground.<br />

Originally developed for military applications, more precisely to clear minefields,<br />

metal detectors find use in many other applications: from the detection<br />

of weapons on passengers in airports to geological and (with many<br />

reserves) archaeological research, or, more simply, to the identification of<br />

electrical cables or metal pipes underground or in the walls of buildings.<br />

Parole Chiave<br />

Metal detectors; archeologia; tecnologia;<br />

prospezione archeologica; ricerca<br />

Autore<br />

Marco Lisi, ingmarcolisi@gmail.com<br />

Renato di Cesare, alphagrby9@gmail.com


AZIENDE E PRODOTTI<br />

CULTURAL HERITAGE –<br />

NEXTGEN: INNOVATIVE AP-<br />

PROACHES IN DOCUMENTA-<br />

TION, RESEARCH, MANA-<br />

GEMENT AND EDUCATION<br />

This year's International<br />

Conference on Cultural Heritage<br />

and New Technologies<br />

will be titled Cultural<br />

Heritage – NextGen: Innovative Approaches in Documentation,<br />

Research, Management and Education.<br />

50 years after the adoption of the UNESCO World Heritage<br />

Convention, the protection of World Heritage<br />

seems to be at a crossroads. While awareness of the<br />

value of universal Cultural Heritage has raised considerably<br />

and the number of sites enlisted at UNESCO<br />

has been growing steadily, so has the pressure under<br />

which global Cultural Heritage has found itself.<br />

In 2008, UNESCO published a list with 14 categories<br />

and many subcategories of threats to Cultural Heritage.<br />

The threats range from war and crisis, weather<br />

and climate change impact, natural disasters,<br />

encroaching development, resource extraction, illegal<br />

activities as well as management issues, such as<br />

shortage of funding and/or skilled labor. Given the<br />

challenges outlined above, there is an active process<br />

of rethinking the policies to protect Cultural<br />

Heritage in general, taking place within and between<br />

political institutions, scientific communities and<br />

civic society around the world.<br />

We believe that technology can make a difference<br />

and help to protect, research and valorize Cultural<br />

Heritage in a sustainable way and to thereby<br />

preserve it for the next generation. Technological<br />

innovations enable the investigation of cultural heritage<br />

assets following minimally invasive approaches,<br />

they allow the wide dissemination of research<br />

outcomes and the promotion of Cultural Heritage<br />

to a broad audience, even during a global pandemic<br />

that seriously affected free movement. Digital<br />

technology and the scientific communities around it<br />

provide research tools, knowledge and educational<br />

opportunities to a practically unlimited audience,<br />

thereby making Cultural Heritage more inclusive<br />

and accessible. This increases the potential of Cultural<br />

Heritage to contribute to the shaping of identities<br />

and social cohesion of communities around the<br />

world. Finally, technology offers the means for the<br />

rapid documentation of the state of Cultural Heritage<br />

assets and the monitoring of potential alterations<br />

over time. It can, therefore, support management,<br />

decision-making, restoration and conservation actions<br />

for a sustainable Cultural Heritage around the<br />

world.<br />

case and discuss new research, exchange experiences<br />

and ideas and to build an ever-growing community<br />

around these topics. Since CHNT 26, 2021, the conference<br />

on Cultural Heritage and New Technologies is<br />

being organised by the CITY of Vienna (Department 7 –<br />

Cultural Affairs) together with CHNT-ICOMOS Austria, a<br />

sister association of the Austrian National Committee<br />

of ICOMOS. With the upcoming conference we want to<br />

contribute to the ongoing discussions by again bringing<br />

together cultural heritage professionals, decision<br />

makers, tech enthusiasts and other stakeholders with<br />

a strong interest in the application of new technologies<br />

in the field of cultural heritage.<br />

The organizing committee invites all interested participant<br />

and invites to submit the following contributions<br />

by 27 June:<br />

4 papers<br />

4 short papers<br />

4 posters<br />

4 apps<br />

Please find the Call for Papers here: https://chnt.at/<br />

call-for-papers/<br />

Publication formats for the Proceedings of CHNT 27 I<br />

<strong>2022</strong>:<br />

Presenters and session chairs who participated in<br />

CHNT 27 have the possibility to publish their contributions<br />

in the proceedings of the conference. From 2019<br />

on, the proceedings of the Conference on Cultural Heritage<br />

and New Technologies are being published as an<br />

e-book series on propylaeum, the information service<br />

for the classics in Heidelberg. The book and all of its<br />

papers will be available permanently with persistent<br />

identifiers (doi). The papers or the whole book will be<br />

available there in open access under a creative commons<br />

license. There are two formats for publishing in<br />

the proceedings: Papers and short papers.<br />

The first fixed sessions and round tables can be found<br />

in the conference programme: https://chnt.at/programme/<br />

CHNT-ICOMOS Austria<br />

info@chnt.at<br />

www.chnt.at<br />

The Conference on Cultural Heritage and New<br />

Technologies (CHNT) provides a platform to show-<br />

32 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />

Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />

SPOT IL QUADRUPEDE MECCANICO<br />

MONITORA L’ANTICA POMPEI<br />

Nell’antica Pompei un bizzarro quadrupede<br />

meccanico avanza con agilità<br />

e autonomia. È lo SPOT di Boston<br />

Dynamics - sviluppato dall’azienda<br />

americana di robotica Boston Dynamics<br />

- un robot che cammina su diversi<br />

tipi di terreni e monitora le<br />

rovine del sito archeologico. SPOT,<br />

equipaggiato in due modalità rispettivamente<br />

con Leica BLKARC e con il<br />

sensore Spot CAM+, ispeziona luoghi<br />

anche di piccole dimensioni in tutta<br />

sicurezza, acquisisce e registra dati<br />

utili allo studio e alla progettazione<br />

di interventi.<br />

Per queste attività il Parco si sta<br />

avvalendo della collaborazione di<br />

aziende di Information Technology in<br />

continua ricerca e innovazione, come<br />

Leica Geosystems (part of Hexagon)<br />

e Sprint Reply, società del Gruppo<br />

Reply specializzata in robotica e process<br />

automation. In questa prima fase<br />

di sperimentazione è stato utilizzato<br />

anche il Leica BLK2FLY, il primo laser<br />

scanner volante in grado di effettuare<br />

scansioni 3D in autonomia. Queste<br />

piattaforme intelligenti per l’analisi<br />

dei dati, come quella realizzata da<br />

Sprint Reply, sono la necessaria base<br />

per rendere i dati, acquisiti durante<br />

le ispezioni dei robot, fruibili e utili<br />

per le applicazioni del parco archeologico<br />

di Pompei.<br />

Parco Archeolgico di Pompei<br />

“I progressi tecnologici nel mondo<br />

della robotica, dell’intelligenza artificiale<br />

e dei sistemi cosiddetti autonomi,<br />

hanno prodotto soluzioni e<br />

innovazioni più facilmente associate<br />

al mondo industriale e manifatturiero,<br />

che finora non avevano trovato<br />

applicazione all’interno dei siti archeologici<br />

a causa dell’eterogeneità<br />

delle condizioni ambientali, dell’estensione<br />

del sito”, dichiara il direttore<br />

generale, Gabriel Zuchtriegel.<br />

L'obiettivo, hanno aggiunto, è quello<br />

di “migliorare sia la qualità del monitoraggio<br />

delle aree esistenti, sia di<br />

approfondire la nostra conoscenza<br />

dello stato di avanzamento dei lavori<br />

nelle aree in fase di recupero o ripristino,<br />

e quindi gestire la messa in<br />

sicurezza del sito, così come quella<br />

dei lavoratori”.<br />

STONEX CUBE-3D – SOFTWARE<br />

DI FOTOGRAMMETRIA ED ELA-<br />

BORAZIONE DATI 3D<br />

Cube-3d è un software di Fotogrammetria,<br />

per la mappatura<br />

e l'elaborazione di immagini aeree,<br />

dedicato agli specialisti del<br />

rilevamento del territorio. È in<br />

grado di trasformare con estrema<br />

precisione le immagini rilevate,<br />

creando mappe digitali altamente<br />

accurate e modelli 3D.<br />

Il programma può importare i rilievi<br />

Cube-a ed è completamente<br />

compatibile con le scansioni<br />

registrate Stonex e con qualsiasi<br />

“Nuvola di punti” di terze parti.<br />

È possibile disegnare su nuvole<br />

di punti o mesh e unire i dati<br />

importati da strumenti di rilievo<br />

tradizionali, il tutto in un unico<br />

software. I dati possono poi essere<br />

elaborati e migliorati grazie<br />

ai vari strumenti CAD. Tra<br />

le molte funzioni disponibili, le<br />

più apprezzate sono la classificazione<br />

automatica, l'ortofoto,<br />

le sezioni trasversali e le linee<br />

di profilo, il calcolo del<br />

volume, e altro ancora.<br />

La configurazione delle<br />

licenze è molto flessibile,<br />

dall'abbonamento<br />

perpetuo a quello temporaneo,<br />

ogni esigenza<br />

può essere soddisfatta.<br />

Generatore di punti 3D<br />

e modelli digitali<br />

Il programma può elaborare,<br />

in un unico progetto,<br />

immagini catturate da qualsiasi<br />

fotocamera manuale, drone<br />

UAV o fotocamera multipla, e<br />

creare modelli 3D ad alta definizione,<br />

estremamente accurati e<br />

dettagliati.<br />

Vasta gamma di opzioni di importazione<br />

Senza selezionare un sistema di<br />

riferimento o inserire dettagli<br />

sui formati utilizzati, Cube-3d<br />

può ricevere dati direttamente<br />

da Cube-a, con le impostazioni<br />

definite in quest'ultimo, e utilizzarli,<br />

per esempio, come punto<br />

di controllo per la georeferenziazione<br />

dei modelli.<br />

È possibile importare nuvole di<br />

punti da lidar, laser scanner, e<br />

senza limitazioni, da qualsiasi<br />

strumento in grado di generarle.<br />

Orientamento infallibile<br />

Cube-3d rileva automaticamente<br />

sia i GCP che i punti di dettaglio,<br />

permettendo all'operatore<br />

di controllare la posizione dei<br />

target rilevati, nella prima fase<br />

dell'orientamento.


REALIZZAZIONE DEL DIGITAL TWIN DELLA STATUA<br />

DEL SAN GIUSEPPE DI MACERATA<br />

Nuove tecnologie e nuovi metodi di rappresentazione<br />

portano alla nascita della 4Dservice guidata<br />

dall’ingegnere Carlo Muffato, libero professionista<br />

specializzato in rilievi laser scanner, fotogrammetria<br />

terrestre ed aerea, modellazione 3d, rendering,<br />

tour virtuali e BIM. Nel 2021 l’artista Madrileno Jesus<br />

Arevalo Jimenez, specializzato nella scultura in<br />

legno e operante principalmente in Spagna, Regno<br />

Unito (County Hall, Londra) e Israele (Domus Galilaeae<br />

International Center), aveva realizzato per il<br />

Seminario Diocesano Redemptoris Mater di Macerata<br />

la statua del San Giuseppe.<br />

La caratteristica principale delle opere dell’artista è<br />

l’intaglio di pezzi direttamente su grandi tronchi di<br />

cedro, l'intaglio diretto su tronchi d'albero e blocchi<br />

di pietra, attivando e sviluppando enormemente la<br />

naturalezza dell'arte sacra attraverso la composizione<br />

scultorea ottenuta anche dai frammenti più minuti<br />

e riconnettendo la stratificazione dei materiali<br />

prelevati nei due emisferi. Insieme alla modellazione<br />

degli agenti naturali, la memoria dell'evoluzione<br />

conservata nei materiali della ricerca dell'artista è<br />

fondamentale per l'evoluzione umana, incalcolabilmente<br />

anteriore all'uomo stesso.<br />

Il 7 febbraio <strong>2022</strong> il Vice Rettore del Seminario ha<br />

affidato l’incarico di svolgere la scansione della statua<br />

per creare un file.stl alla 4Dservice.Il lavoro si<br />

è basato principalmente sulla realizzazione di un<br />

digital twin modello 3d fedele all’originale - della<br />

statua del S. Giuseppe. La statua in legno alta<br />

1.92 m, raffigura il S. Giuseppe che regge con la<br />

mano destra il Gesù bambino<br />

e con la mano sinistra un<br />

bastone. Per la scansione è<br />

stata utilizzata la tecnica<br />

della fotogrammetria digitale<br />

e per evitare errori di<br />

modellazione il bastone è<br />

stato rimosso per essere poi<br />

modellato successivamente.<br />

Nella prima fase sono state<br />

scattate numerose foto da<br />

angolazioni diverse della<br />

statua e la creazione di un<br />

set di luci che ha permesso<br />

una perfetta ed omogenea<br />

illuminazione da tutti i lati.<br />

Successivamente sono stati<br />

posizionati dei punti di riferimento<br />

(target) intorno<br />

all’oggetto, con lo scopo di<br />

avere nelle foto dei punti<br />

riconoscibili, risultati utili in una fase successiva, ovvero<br />

per scalare il modello in maniera precisa.<br />

La seconda fase si è basata sul processo di ricostruzione<br />

ed elaborazione tramite il software Reality Capture,<br />

che, in automatico, ha generato nuvole di punti<br />

delle varie porzioni della statua. Tali porzioni sono state<br />

unite in seguito tra loro tramite punti omologhi impostati<br />

dall’operatore per avere un unico modello sul<br />

quale calcolare la mesh, ovvero un insieme di poligoni<br />

che formano il modello 3D.<br />

L’oggetto virtuale così ottenuto è stato quindi “semplificato”,<br />

riducendone i vertici eccessivi e poi ottimizzato<br />

per la stampa 3D, chiudendo tutti i buchi eventualmente<br />

presenti nella mesh e rimodellando aree dove<br />

la fotogrammetria non è riuscita a creare superfici (ad<br />

esempio il buco nella mano che teneva il bastone).<br />

La fase finale è stata quella della texturizzazione,<br />

dove al modello sono stati applicati i materiali per una<br />

resa fotorealistica. Tale processo ha reso possibile la<br />

fedele riproduzione dell’oggetto, permettendone poi<br />

la stampa in 3D.<br />

34 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


XXIV TH<br />

CONGRESS OF THE INTERNATIONAL SOCIETY<br />

FOR PHOTOGRAMMETRY AND REMOTE SENSING<br />

NICE, FRANCE<br />

6 - 11 JUNE <strong>2022</strong><br />

Don't miss the major meeting of<br />

the Geospatial Community<br />

www.isprs<strong>2022</strong>-nice .com<br />

PLATINUM GOLD SILVER BRONZE


AGORÀ<br />

Il progetto VADUS: un metaforico<br />

guado verso i beni culturali difficilmente<br />

raggiungibili – Il progetto VA-<br />

DUS (Virtual Access and Digitization<br />

for Unreachable Sites), il cui acronimo<br />

significa guado, ha come obiettivo<br />

primario quello di offrire ai turisti<br />

la possibilità di fruire di beni culturali<br />

non facilmente raggiungibili mediante<br />

l’utilizzo di un metaforico passaggio<br />

sicuro di natura virtuale atto a superare<br />

le difficoltà legate al loro accesso<br />

fisico (per guerre e ostacoli ambientali)<br />

e alla loro completa e facile comprensibilità<br />

creata da una mancanza<br />

di parti significative del bene stesso<br />

(disperse, allocate in altre strutture e<br />

contesti, evidenziabili solo con strumentazione<br />

scientifica dedicata).<br />

Tale obiettivo è raggiunto da VADUS attraverso<br />

la creazione di un servizio SaaS<br />

(Software as a Service) pre-commerciale<br />

che, sfruttando la convergenza tra<br />

5G, infrastruttura Cloud e asset satellitari,<br />

possa offrire una nuova esperienza<br />

di fruizione dei beni culturali in realtà<br />

virtuale; quest’ultima sarà infatti non<br />

solo basata su modelli 3D accurati e ad<br />

alta definizione, ma anche arricchita<br />

da informazioni multimediali in grado<br />

di rivelare anche gli aspetti più nascosti<br />

e segreti delle opere d’arte grazie ad<br />

un utilizzo, opportunamente filtrato<br />

ed elaborato, di risultati provenienti<br />

da ricostruzioni fotogrammetriche<br />

e modellazioni digitali, da storytelling<br />

accattivanti con strati informativi<br />

scientificamente corretti e da tecnologie<br />

diagnostiche strumentali basate<br />

su RGB & IR - ITR (Red Green Blue &<br />

Infrared Imaging Topological Radar) LIF<br />

(Laser Induced Fluorescense). In particolare,<br />

queste ultime permetteranno<br />

rispettivamente di produrre modelli<br />

puntiformi di natura colorimetrica, rilevare<br />

particolari nascosti che non sono<br />

direttamente visibili ad occhio nudo,<br />

nonché di individuare la natura dei materiali<br />

utilizzati.<br />

Gli elementi caratterizzanti il progetto<br />

VADUS risiedono nei seguenti aspetti:<br />

4 Utilizzo di servizi Satellitari (Galileo<br />

e EO) per supportare la mobilità<br />

del turista nei siti visitati.<br />

4 Utilizzo di strumenti diagnostici<br />

nel campo del patrimonio culturale,<br />

sviluppati per azioni di conservazione<br />

e restauro, al fine di<br />

ottenere informazioni aggiuntive<br />

che possono riguardare la tipologia<br />

dei materiali utilizzati e lo stato di<br />

salute dell’opere.<br />

4 Creazione modelli 3D accurati e<br />

ad alta definizione che, oltre ad<br />

essere impiegati nello sviluppo del<br />

servizio offerto da VADUS, possono<br />

essere non solo di diretto supporto<br />

all’interpretazione storico/<br />

archeologica e antropica dei beni<br />

culturali, ma anche di base per<br />

sviluppo di nuovi servizi e prodotti<br />

(virtual tour, 360°views, HBIM, digital<br />

twin) utilizzabili nella progettazione<br />

di interventi e strategie di<br />

conservazione, valorizzazione e<br />

fruizione.<br />

4 Implementazione di storytelling<br />

caratterizzati da contenuti<br />

informativi affidabili e scientificamente<br />

corretti in quanto sviluppati<br />

in accordo con le autorità delegate<br />

alla fruizione, gestione e conservazione<br />

dei beni culturali.<br />

4 Utilizzo di piattaforme Cloud per<br />

la storicizzazione e conservazione<br />

dei dati e delle risorse multimediali<br />

da condividere con la comunità<br />

scientifica preservando la proprietà<br />

intellettuale e l’integrità delle<br />

risorse anche rispetto a cyber-attack.<br />

4 Utilizzo del 5G per soddisfare contemporaneamente<br />

molti utenti,<br />

senza vincoli nei percorsi di vista<br />

e di collegamenti (fisici mediante<br />

cavo o digitali) dei devices utilizzati<br />

a sistemi IT locali e/o a computer<br />

grafici; a ciò si aggiunge la<br />

disponibilità di un’ampia banda<br />

per il trasferimento di modelli ad<br />

alta risoluzione con assenza di latenza.<br />

Nel quadro di riferimento suddetto, le<br />

attività dimostrative del servizio sono<br />

previste per la Casa di Diana ad Ostia<br />

Antica, per l’Aula Isiaca del Palatino e<br />

per la Fortezza del Pastiss (Museo civico<br />

Pietro Micca di Torino); per ciascuna<br />

di esse, in coerenza con le finalità di<br />

valorizzazione e gestione dell’istituzione<br />

culturale, sono state individuate<br />

specifiche soluzioni di realtà virtuale.<br />

Queste ultime, ricorrendo anche al<br />

supporto di una apposita app (installabile<br />

sui device personali e/o forniti ai<br />

turisti), consentiranno di effettuare<br />

e gestire la visita virtuale, all’interno<br />

della quale saranno attivabili, in<br />

specifici punti di interesse del sito,<br />

elementi multimediali aggiuntivi (video,<br />

immagini, descrizioni e audio,<br />

ricostruzioni virtuali e oggetti 3D) con<br />

particolari focus su specifici aspetti<br />

storico/archeologici e sui risultati delle<br />

tecnologie diagnostiche impiegate.<br />

La Casa di Diana, non aperta al pubblico,<br />

è uno dei più importanti caseggiati<br />

ostiensi risalente alla prima metà del II<br />

secolo d.C. ed era adibita a residenza<br />

del ceto medio e ad attività commerciali.<br />

Per essa lo storytelling riguarderà<br />

i principali ambienti del piano terra,<br />

rappresentati dal tablinium, il mitreo<br />

con il suo vestibolo e i relativi connettivi<br />

necessari a dare continuità alla visita<br />

virtuale. Lo storytelling descriverà<br />

nei corridoi di ingresso le caratteristiche<br />

dell’edificio e della sua storia<br />

(fasi edilizie, restauri illustrati anche<br />

con foto d’epoca), nel tablinium i suoi<br />

affreschi con un focus sulle misure laser<br />

(RGB– ITR, LIF) per evidenziare i<br />

diversi interventi di restauro e i materiali<br />

utilizzati, nel vestibolo la sua<br />

funzione cerimoniale e le caratteristiche<br />

delle murature ottenute con<br />

tecniche laser, nel Mitreo la sua storia<br />

con un focus sugli altri mitrei di Ostia.<br />

La Fortezza del Pastiss, posta sotto il<br />

livello stradale (da -7 a -14 m) è visitabile<br />

solamente dietro appuntamento<br />

ed è caratterizzata da una accessibilità<br />

molto difficile; il Pastiss era una casamatta<br />

costruita tra il 1572 e il 1574<br />

posta a protezione ravvicinata di un<br />

bastione della Cittadella di Torino e<br />

avrebbe dovuto far parte di un più ampio<br />

progetto di opere di fortificazione<br />

che però non furono portate a termine.<br />

Il pubblico potrà fruire di una vista<br />

virtuale per le due grandi Sale di Combattimento<br />

del secondo livello che<br />

fornirà uno storytelling incentrato<br />

sulla storia del recupero del Pastiss<br />

e dell’assedio di Torino del 1706 non<br />

solo attraverso strati informativi liberamente<br />

attivabili, ma anche con la<br />

36 36 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

37<br />

virtualizzazione dei dipinti custoditi<br />

nel Museo Micca che permetteranno<br />

di accedere a diversi focus di approfondimento<br />

(da quelli descrittivi, collegabili<br />

alle tecniche della guerra e<br />

ai personaggi riprodotti, a quelli più<br />

nascosti ricavati dalle analisi diagnostiche<br />

IR-ITR e LIF).<br />

L’Aula Isiaca, chiusa al pubblico, è un<br />

ambiente interrato situato al di sotto<br />

della Basilica della Domus Flavia che<br />

faceva parte della vasta residenza di<br />

Augusto. L’ambiente absidato era riccamente<br />

e affrescato da pitture, databili<br />

intorno al 30 a.C., che presentano<br />

numerosi richiami all’Egitto e alla dea<br />

Iside, come fiori di loto, serpenti, vasi<br />

rituali, ghirlande di rose, che ne giustificano<br />

l’attuale denominazione; tutti<br />

gli affreschi sono stati rimossi per ragioni<br />

conservative e sono conservati nel<br />

vicino Antiquarium. In questo la visita<br />

prevede il riposizionamento virtuale<br />

degli affreschi all’interno dell’Aula<br />

Isiaca per permettere una completa ricontestualizzazione<br />

degli ambienti con<br />

uno storytelling riguardante la storia<br />

del complesso e la presentazione dei<br />

risultati derivanti dalle misure laser<br />

(RGB– ITR, LIF).<br />

Il Progetto VADUS è cofinanziato da ESA<br />

(European Space Agency) nell’ambito<br />

della call ARTES 20 Applications integrating<br />

space asset(s) and 5G networks<br />

in L’Aquila /the Abruzzo region, Roma<br />

Capitale and Municipality of Torino<br />

(L’ART), con focus Cultural Heritage:<br />

Fruition & Diffusion. Il Consorzio esecutore<br />

è guidato da NEXT Ingegneria<br />

dei Sistemi e vede la partecipazione di<br />

TIM, ENEA, dell’Università di Roma La<br />

Sapienza, con il Centro interdipartimentale<br />

CITERA e il Dipartimento DIAG,<br />

e dei Parchi Archeologici del Colosseo<br />

e di Ostia Antica. In particolare, ENEA<br />

effettuerà i rilievi strumentali, mediante<br />

le suddette tecniche laser, di parti<br />

significative dei siti (i.e. affreschi,<br />

pitture, quadri) per fornire, dopo opportuna<br />

rielaborazione informazioni di<br />

natura scientifica e conservativa (i.e.<br />

spettri, immagini, 3D, report); Citera<br />

effettuerà mediante tecniche fotogrammetriche<br />

e di computer design<br />

l’implementazione di accurati modelli<br />

3D dei siti e di ricostruzione di eventuali<br />

parti mancanti, e si occuperà, con<br />

il contributo dei parchi archeologici<br />

di Ostia Antica e Colosseo, nonché di<br />

stakeholder istituzionali, della realizzazione<br />

degli storytelling con i relativi layer<br />

informativi di natura scientifica<br />

(provenienti principalmente da ENEA)<br />

e storico/archeologica. Next provvederà<br />

allo sviluppo della piattaforma<br />

e della sua componente applicativa<br />

verso i device dei turisti utilizzando<br />

sia l’infrastruttura 5G messa a disposizione<br />

da TIM, ottimizzata secondo<br />

le indicazioni fornite dal DIAG, sia i<br />

modelli 3D e gli storytelling sviluppati<br />

dagli altri partner. Attualmente il<br />

progetto è nella fase di preparazione<br />

all’esecuzione dei test preliminari di<br />

verifica in house del sistema proposto<br />

con il modello 3D e i materiali multimediali<br />

relativi alla Casa di Diana; a<br />

valle della validazione del sistema e<br />

delle relative analisi dei risultati ottenuti,<br />

si procederà alle necessarie<br />

calibrazioni e perfezionamento del<br />

servizio, che saranno seguite dalle<br />

attività di dimostrazione nei siti previsti<br />

con i turisti e gli stakeholders. Il<br />

sito ufficiale del progetto può essere<br />

raggiunto in:<br />

https://business.esa.int/projects/vadus<br />

Ultra-high acoustic remote sensing<br />

nel parco sommerso di Baia<br />

– Prosegue l’accordo operativo tra il<br />

Parco Archeologico dei Campi Flegrei<br />

(PAFLEG) e la sede CNR ISPC di Napoli<br />

che contempla l’utilizzo di tecniche<br />

non invasive di telerilevamento acustico<br />

subacqueo per il monitoraggio<br />

e la conservazione di beni culturali<br />

sommersi nell’Area Marina Protetta di<br />

Baia. Dopo la campagna in mare del<br />

2021 finalizzata all’esplorazione del<br />

patrimonio culturale sepolto dai sedimenti<br />

marini, la recente occasione di<br />

studio e analisi dei resti archeologici<br />

sommersi avvenuta grazie all’impiego<br />

di un sonar batimetrico di ultima generazione,<br />

ha permesso la mappatura<br />

ad altissima risoluzione della<br />

villa Pisoni nella cosiddetta<br />

“zona A” dell’Area Marina<br />

Protetta di Baia.<br />

I dati acquisiti hanno consentito<br />

di elaborare un modello<br />

digitale 3D a scala centimetrica<br />

del fondale con un dettaglio<br />

tale da permettere di<br />

ridisegnare parti della villa<br />

e di valutare e monitorare<br />

lo stato di conservazione dei<br />

resti archeologici sommersi.<br />

L’indagine con il sistema Norbit<br />

Winghead® i77h è stata coordinata<br />

da Crescenzo Violante, primo tecnologo<br />

del CNR ISPC di Napoli e responsabile<br />

scientifico dell’accordo operativo<br />

con PAFLEG. L’attività è stata svolta in<br />

collaborazione con la società norvegese<br />

Norbit subsea e la 2B Control di<br />

Bologna. Il fondale marino da cui affiorano<br />

i resti della villa è stato investigato<br />

con un ecoscandaglio multifascio<br />

compatto, il Norbit Winghead® i77h,<br />

che integra un sistema di posizionamento<br />

inerziale GNSS/INS. Fin dagli<br />

anni ‘60 il sito sommerso di Baia è<br />

stato un luogo simbolo per la ricerca e<br />

la sperimentazione di nuove tecniche<br />

dell’emergente archeologia subacquea<br />

italiana: mosaici, domus, porti<br />

di attracco sono al momento sommersi<br />

fino a profondità di circa 15 m.<br />

Le nuove indagini geofisiche effettuate<br />

nel presente studio forniscono<br />

ulteriori strumenti per la caratterizzazione,<br />

gestione e digitalizzazione<br />

dei beni culturali sommersi che ben<br />

si integrano con quelli derivati dalle<br />

tradizionali indagini subacquee. L’elaborazione<br />

e l’integrazione di dati rilevati<br />

da remoto (imbarcazioni e droni<br />

marini) permette di estrarre informazioni,<br />

sviluppare modelli per la ricerca<br />

archeologica e per la ricostruzione e<br />

la conservazione dei manufatti e dei<br />

paesaggi culturali sommersi. Il rilievo<br />

da remoto consente, inoltre, di preservare<br />

i beni culturali sommersi nel<br />

contesto in cui si trovano con significative<br />

implicazioni per la conservazione<br />

archeologica e l’uso consapevole ed<br />

efficiente delle risorse ambientali e<br />

culturali. Naturalmente ogni oggetto<br />

virtuale dovrà essere schedato con le<br />

caratteristiche della tecnologia e le<br />

specifiche di compatibilità alla banca<br />

dati nazionale di documentazione.


AGORÀ<br />

Meccanismo di Anticitera nuove ricerche<br />

sul “computer” ellenistico<br />

– Antikythera è un'isoletta rocciosa,<br />

situata tra Creta e la Grecia continentale:<br />

nei primi del 1900 un gruppo di<br />

subacquei greci dell’ isola del Mediterraneo<br />

orientale di Simy erano alla<br />

ricerca di spugne naturali, quando a<br />

causa di una tempesta persero la rotta<br />

e fortuitamente scoprirono il relitto di<br />

un'enorme nave che all'epoca trasportava<br />

statue in bronzo ed in marmo.<br />

Dopo la segnalazione alle autorità del<br />

ritrovamento, gli archeologi lavorarono<br />

sul relitto sino al settembre del 1901 e<br />

presso il Museo Archeologico Nazionale<br />

di Atene iniziarono i lavori di catalogazione<br />

e restauro (tra le sculture recuperate:<br />

l’Efebo di Anticitera che, con<br />

i suoi 1,96 metri di altezza, non corrisponde<br />

a modelli iconografici conosciuti<br />

e secondo alcuni studiosi potrebbe<br />

essere Perseo che tiene la testa della<br />

Gorgone uccisa o un giovane Eracle<br />

con il pomo delle Esperidi, per altri un<br />

Fig. 2 - La parte anteriore e posteriore della Macchina di Antikytera,<br />

credit: Tony Freeth, Scientific American, Gennaio <strong>2022</strong><br />

Hermes erudito che declama e che tiene<br />

in mano un caduceo. Attribuito allo<br />

scultore Euphranor, resta un brillante<br />

prodotto della scultura in bronzo del<br />

Peloponneso.)<br />

Tra i reperti che inizialmente erano<br />

sfuggiti all'attenzione, venne individuato<br />

un grumo delle dimensioni di un<br />

grande dizionario, uno strano oggetto<br />

che presentava tracce di corrosione ed<br />

era in buona parte inglobato in calcificazioni<br />

e sedimentazioni dovute ad animali<br />

marini. Inizialmente costituito da<br />

un unico blocco, si era poi frammentato<br />

in varie parti, rivelando ruote dentate<br />

di precisione in bronzo delle dimensioni<br />

di una moneta, molte delle quali<br />

con iscrizioni. Spyridon Stais nel 1902<br />

esaminò alcuni frammenti e comprese<br />

subito che si trattava di un meccanismo<br />

complesso.<br />

Era l’acme della tecnologia antica: la<br />

macchina di Anticitera, nota anche<br />

come il meccanismo di Antikythera -<br />

oggi conservata nel Museo Archeologico<br />

Nazionale di Atene, insieme ad una sua<br />

ricostruzione riprodotta in tempi moderni<br />

- è un oggetto composito, che<br />

ha sconcertato gli storici della scienza<br />

per più di centoventi anni, un vero e<br />

proprio computer analogico. Il relitto,<br />

a giudicare dalla ceramica facente<br />

parte del carico, fu fatto risalire alla<br />

cultura rodiota del I secolo a.C., secondo<br />

le conoscenze dell'epoca, poiché<br />

ingranaggi come questi non furono presenti<br />

nell'antica Grecia, o in qualsiasi<br />

altra parte del mondo, fino a molti secoli<br />

dopo il naufragio. Il ritrovamento<br />

generò un'interminabile controversia,<br />

molte furono le polemiche e le supposizioni:<br />

alcuni esperti sostenevano che<br />

i resti appartenessero ad un planetario,<br />

altri ad un astrolabio e<br />

nel corso dei decenni<br />

la massa originale fu<br />

divisa in 82 frammenti,<br />

lasciando ai ricercatori<br />

un puzzle diabolicamente<br />

difficile da ricostruire.<br />

Oggi si possiede<br />

una ragionevole comprensione<br />

di alcuni dei<br />

suoi meccanismi, ma ci<br />

sono ancora misteri irrisolti.<br />

<strong>Archeomatica</strong> nel<br />

Dicembre 2017, nella<br />

sezione International,<br />

ha dedicato un articolo<br />

al meccanismo di<br />

Antikythera: “The new<br />

findings from Antikythera<br />

mechanism” di<br />

Aristeidis Voulgaris, Andreas Vossinakis<br />

e Christophoros Mouratidis, uno studio<br />

che mira a indagare il calendario astronomico<br />

del quadrante della piastra<br />

frontale del suo meccanismo.<br />

Nel Marzo 2021 una nuova analisi della<br />

macchina dell’ UCL Antikythera Research<br />

Team - Tony Freeth (matematico<br />

e regista); Adam Wojcik (scienziato dei<br />

materiali); Lindsay MacDonald (scienziato<br />

delle immagini); Myrto Georgakopoulou<br />

(archeometallurgista); e due<br />

studenti laureati, David Higgon (orologiaio)<br />

e Aris Dacanalis (fisico) - ha proposto<br />

presso l'University College di Londra<br />

un nuovo modello di funzionamento<br />

degli ingranaggi sulla parte anteriore<br />

della macchina. Lo studio è stato di<br />

recente pubblicato - Gennaio <strong>2022</strong> - su<br />

Scientific American.<br />

I greci erano abili astronomi ad occhio<br />

nudo, guardavano il cielo notturno da<br />

una prospettiva geocentrica, ogni notte,<br />

mentre la Terra girava sul suo asse,<br />

vedevano la cupola di stelle che ruotava<br />

e le posizioni relative delle stelle<br />

rimanevano invariate, difatti vennero<br />

chiamate "stelle fisse". Si resero conto<br />

che corpi si muovevano sullo sfondo<br />

delle stelle e gli altri corpi in movimento,<br />

chiamati "erranti" a causa dei loro<br />

movimenti erratici, erano i pianeti.<br />

(Queste rotazioni sono chiamate cicli<br />

sinodici apparentemente anomale per<br />

gli scienziati dell’epoca e avvengono<br />

perché i pianeti orbitano intorno al sole<br />

e non come credevano gli antichi greci,<br />

alla Terra.)<br />

Tutti i corpi astronomici in movimento<br />

hanno orbite apparentemente vicine<br />

al piano del moto della Terra intorno<br />

al sole, la cosiddetta eclittica, il che<br />

significa che tutti seguono più o meno<br />

lo stesso percorso attraverso le stelle.<br />

Prevedere le posizioni dei pianeti lungo<br />

l'eclittica era molto difficile per i primi<br />

astronomi e questo compito molto<br />

probabilmente era una delle funzioni<br />

primarie del meccanismo di Antikythera,<br />

insieme a quella di tracciare le posizioni<br />

del sole e della luna, che hanno<br />

movimenti variabili rispetto alle stelle.<br />

Gran parte del design del meccanismo<br />

si basa sulla saggezza degli scienziati<br />

Babilonesi che registravano le posizioni<br />

quotidiane dei corpi astronomici su tavolette<br />

di argilla, rivelando che il sole,<br />

la luna e i pianeti si muovevano in cicli<br />

ripetuti. Il meccanismo di Antikythera<br />

infatti utilizza diverse relazioni di periodo,<br />

calcolo di origine babilonese.<br />

Il filologo tedesco Albert Rehm fu il primo<br />

a capire che 'Antikythera' era una<br />

38 ArcheomaticA N°1 marzo <strong>2022</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

39<br />

macchina calcolatrice. Tra il 1905 e il<br />

1906 fece scoperte cruciali, che registrò<br />

nei suoi appunti di ricerca senza<br />

pubblicarle. Trovò Il numero 19 iscritto<br />

su uno dei frammenti di Antikythera: un<br />

chiaro riferimento alla relazione del periodo<br />

di 19 anni della luna nota come ciclo<br />

metonico, dal nome dell'astronomo<br />

greco Meton, ma scoperto molto prima<br />

dai Babilonesi. Sullo stesso frammento,<br />

Rehm trovò i numeri 76 - un perfezionamento<br />

greco del ciclo di 19 anni - e<br />

223, per il numero di mesi lunari, in un<br />

ciclo di previsione dell'eclissi babilonese<br />

chiamato ciclo di Saros. Erano i cicli<br />

astronomici ripetitivi che furono la forza<br />

trainante dell'astronomia predittiva<br />

babilonese.<br />

La seconda figura chiave nella storia<br />

della ricerca di Antikythera fu il fisico<br />

britannico, diventato storico della<br />

scienza, Derek J. de Solla Price. Nel<br />

1974, dopo 20 anni di ricerca, pubblicò<br />

un importante documento, "Gears from<br />

the Greeks", con riferimento a notevoli<br />

citazioni del giurista, oratore e politico<br />

romano Cicerone (106-43 a.C.). Una di<br />

questa citazioni descriveva una macchina<br />

realizzata dal matematico e inventore<br />

Archimede (circa 287-212 AEC), un<br />

dispositivo che captava i divergenti movimenti<br />

e le diverse velocità del sole,<br />

della luna e delle cinque stelle chiamate<br />

“vagabonde” (gli allora cinque<br />

pianeti). La macchina descritta ricorda<br />

proprio il meccanismo di Antikitera ed<br />

il passaggio suggerisce che Archimede,<br />

sebbene sia vissuto prima che il dispositivo<br />

fosse costruito, potrebbe aver<br />

fondato la tradizione che ha portato<br />

alla nascita del noto meccanismo. Vi è<br />

infatti la possibilità che il meccanismo<br />

di Antikythera fosse basato proprio su<br />

un progetto di Archimede. Nel De Re<br />

Publica, nelle Tusculanae Disputationes<br />

e nel De Natura Deorum, Cicerone aveva<br />

fatto quindi riferimento ai planetari<br />

in bronzo costruiti da Archimede che<br />

mostravano la Terra, la Luna, il Sole, il<br />

mese lunare e le eclissi, portati a Roma,<br />

dopo il saccheggio di Siracusa e la morte<br />

di Archimede nel 212 a.C., dal generale<br />

romano Marco Claudio Marcello.<br />

Per decenni i ricercatori hanno tentato<br />

di decifrare il funzionamento del dispositivo<br />

osservando la superficie dei suoi<br />

frammenti disintegrati, ma all'inizio<br />

degli anni '70 finalmente riuscirono ad<br />

esaminare l’interno del meccanismo.<br />

Price lavorò con il radiologo greco Charalambos<br />

Karakalos per ottenere radiografie<br />

dei frammenti, furono trovati 30<br />

ingranaggi distinti: 27 nel frammento<br />

Fig. 3 - Grafica di Tony Freeth e Jen Christiansen, Modello del UCL Antikythera Research Team.<br />

più grande e uno ciascuno negli altri<br />

tre. Karakalos, con sua moglie Emily,<br />

fu in grado di stimare per la prima volta<br />

il numero di denti degli ingranaggi,<br />

un passaggio fondamentale per capire<br />

cosa calcolasse il meccanismo.<br />

Le scansioni a raggi X erano bidimensionali,<br />

il che significava che la struttura<br />

degli ingranaggi appariva appiattita<br />

e in molti esiti rivelava solo immagini<br />

parziali degli ingranaggi, ma nonostante<br />

queste parziali deformazioni, Price,<br />

spinto da una caratteristica prominente<br />

sulla parte anteriore del meccanismo,<br />

chiamata ruota motrice principale,<br />

identificò un insieme di ingranaggi collegati:<br />

un treno di ingranaggi che iniziava<br />

con una ruota dentellata di 38 denti<br />

(due volte 19, poiché un ingranaggio<br />

con solo 19 denti sarebbe stato un po'<br />

troppo piccolo), che ne azionava (tramite<br />

altri ingranaggi) un altro da 127<br />

denti (metà di 254: il numero completo<br />

avrebbe richiesto un ingranaggio troppo<br />

grande).<br />

Come accennato in precedenza, sembra<br />

che il dispositivo fosse utilizzato<br />

per prevedere le posizioni del sole, della<br />

luna e dei pianeti in un giorno specifico<br />

nel passato o nel futuro. Un utente<br />

potrebbe quindi semplicemente girare<br />

una manovella sull'intervallo di tempo<br />

desiderato per vedere le previsioni<br />

astronomiche. Il meccanismo mostrava<br />

posizioni, ad esempio, su un "quadrante<br />

zodiacale" nella parte anteriore del<br />

meccanismo, dove l'eclittica era divisa<br />

in una dozzina di sezioni di 30 gradi che<br />

rappresentavano le costellazioni dello<br />

zodiaco. Price determinò correttamente<br />

le posizioni relative dei principali<br />

frammenti e definì l'architettura generale<br />

della macchina, con quadranti della<br />

data e dello zodiaco nella parte anteriore<br />

e due grandi sistemi di quadrante<br />

nella parte posteriore. I risultati di<br />

Price furono un passo significativo nella<br />

decodifica del mistero di Antikythera.<br />

Una terza figura chiave nella storia della<br />

ricerca di Antikythera è Michael Wright,<br />

ex curatore di ingegneria meccanica al<br />

Museo della Scienza di Londra. In collaborazione<br />

con il professore australiano<br />

di informatica Alan G. Bromley, Wright<br />

svolse nel 1990 un secondo studio utilizzando<br />

la tomografia assiale - prima<br />

tecnica a raggi X 3-D - ma Bromley morì<br />

prima che questo lavoro portasse i suoi<br />

frutti. Wright continuò il suo studio facendo<br />

importanti progressi: identificò il<br />

numero cruciale dei denti degli ingranaggi<br />

e comprese il quadrante superiore<br />

sul retro del dispositivo.<br />

Il terzo studio radiografico - pubblicato<br />

su Nature nel 2006 - completò la comprensione<br />

del retro del meccanismo e fu<br />

condotto nel 2005 da un gruppo di accademici<br />

inglesi e greci in collaborazione<br />

con il Museo Archeologico Nazionale di<br />

Atene. X-Tek Systems (ora di proprietà<br />

di Nikon) sviluppò un prototipo di macchina<br />

a raggi X per acquisire immagini a<br />

raggi X 3D ad alta risoluzione utilizzando<br />

la tomografia computerizzata a raggi<br />

X microfocus (TC a raggi X). Hewlett-<br />

Packard utilizzò una brillante tecnica di<br />

imaging digitale, chiamata mappatura<br />

della trama polinomiale, per migliorare<br />

i dettagli delle superfici: i nuovi dati<br />

furono sorprendenti. Il meccanismo<br />

prevedeva le eclissi oltre ai moti dei<br />

corpi astronomici; una scoperta collegata<br />

all'iscrizione che aveva trovato<br />

Rehm e che menzionava i 223 mesi del<br />

ciclo di eclissi di Saros. I nuovi raggi X<br />

rivelarono un grande ingranaggio di 223<br />

denti nella parte posteriore del meccanismo<br />

atto a far girare una lancetta<br />

intorno a un quadrante che si estende<br />

a spirale, compiendo quattro giri in to-


AGORÀ<br />

tale, divisi in 223 sezioni,<br />

per 223 mesi.<br />

Il quadrante Saros,<br />

chiamato così come<br />

il nome abituale del<br />

ciclo delle eclissi<br />

babilonesi predice<br />

quali mesi saranno<br />

caratterizzati da<br />

eclissi, insieme alle<br />

caratteristiche di<br />

ciascuna. La scoperta<br />

rilevò una nuova<br />

caratteristica del dispositivo,<br />

ma lasciò<br />

in sospeso un enorme<br />

problema: che<br />

funzione avevano un gruppo di quattro ingranaggi all'interno<br />

della circonferenza?<br />

Dopo mesi e mesi di studio questi ingranaggi risultarono calcolare<br />

il moto variabile della luna. La luna ha un moto variabile<br />

perché ha un'orbita ellittica: quando è più lontano dalla<br />

Terra, si muove più lentamente contro le stelle; quando è più<br />

vicino, si muove più velocemente. L'orbita della luna, però,<br />

non è fissa nello spazio: l'intera orbita ruota in poco meno di<br />

nove anni. Gli antichi greci non conoscevano le orbite ellittiche,<br />

ma spiegarono il sottile movimento della luna combinando<br />

due movimenti. Wright studiò due dei quattro misteriosi<br />

ingranaggi sul retro del meccanismo e notò che uno di<br />

essi aveva un perno sulla faccia che si agganciava con una<br />

fessura sull'altro ingranaggio e che gli ingranaggi ruotavano<br />

su assi diversi separati da poco più di un millimetro, il che<br />

significava che il sistema generava un movimento variabile.<br />

Gli assi degli ingranaggi non sono fissi, ma sono montati in<br />

modo epicicloidale sul grande ingranaggio da 223 denti.<br />

Wright scartò l'idea che questi ingranaggi calcolassero il moto<br />

variabile della luna perché nel suo modello, l'ingranaggio da<br />

223 denti girava troppo velocemente perché avesse un senso.<br />

Nel nuovo modello, realizzato da Tony Freeth e dal suo team,<br />

l'ingranaggio da 223 denti ruota molto lentamente per girare<br />

la lancetta del quadrante Saros. Calcolare la teoria epiciclica<br />

della luna con ingranaggi epiciclici a perni e scanalature<br />

era molto probabilmente una concezione straordinaria degli<br />

antichi greci e rafforzerebbe l’idea che la macchina fosse<br />

progettata da Archimede.<br />

Fig. 4 - Ruota motrice principale del meccanismo di<br />

Antikythera, foto scattata dal team di <strong>Archeomatica</strong><br />

LA PARTE ANTERIORE DEL MECCANISMO<br />

La caratteristica più evidente della parte anteriore del frammento<br />

più grande è la ruota motrice principale, progettata<br />

per ruotare una volta all'anno: non è un disco piatto come<br />

la maggior parte degli altri ingranaggi, ma ha quattro raggi<br />

che sostengono cuscinetti e fori circolari e che servivano per<br />

girare gli assi. Il bordo esterno dell'ingranaggio contiene un<br />

anello di pilastri, piccole dita che si alzano perpendicolarmente,<br />

con spalle ed estremità forate che erano chiaramente<br />

destinate a portare piastre. Quattro pilastri corti, invece,<br />

reggevano una piastra rettangolare e quattro pilastri lunghi<br />

ne reggevano una circolare.<br />

Seguendo Price, Wright propose un esteso sistema epicicloidale:<br />

l'idea che i due cerchi che i Greci usavano per spiegare<br />

gli strani moti inversi dei pianeti fosse stato montato sulla<br />

ruota motrice principale. Wright costruì un vero e proprio<br />

sistema di ingranaggi in ottone per mostrarne il funzionamento,<br />

nel 2002 pubblicò anche un modello di planetario<br />

innovativo per il meccanismo di Antikythera, che mostrava<br />

tutti e cinque i pianeti conosciuti nel mondo antico (la scoperta<br />

di Urano e Nettuno nel XVIII e XIX secolo, rispettivamente,<br />

richiese l'avvento dei telescopi). Mostrò che le teorie<br />

epicicliche potevano essere tradotte in treni di ingranaggi<br />

epiciclici con meccanismi a perni e fessure per visualizzare i<br />

movimenti variabili dei pianeti.<br />

Il modello di Wright presentava otto uscite coassiali - tubi<br />

tutti centrati su un singolo asse - che portavano informazioni<br />

al display frontale del dispositivo. Era davvero plausibile che<br />

gli antichi greci potessero costruire un sistema così avanzato?<br />

il suo sistema di ingranaggi non corrispondeva all'economia<br />

e all'ingegnosità dei noti treni di ingranaggi. La sfida che il<br />

team dell’ UCL ha dovuto affrontare è stata quella di riconciliare<br />

le uscite coassiali di Wright con le conoscenze che<br />

avevano a disposizione sul resto del dispositivo. Un indizio<br />

cruciale è apparso dallo studio TC a raggi X del 2005, che,<br />

oltre a mostrare gli ingranaggi in tre dimensioni, hanno rivelato<br />

migliaia di nuovi caratteri di testo nascosti all'interno<br />

dei frammenti. Nelle sue note di ricerca dal 1905 al 1906,<br />

Rehm aveva proposto che le posizioni del sole e dei pianeti<br />

fossero visualizzate in un sistema concentrico di anelli; il<br />

meccanismo originariamente aveva due coperchi, anteriore e<br />

posteriore, che proteggevano i display e includevano ampie<br />

iscrizioni. L'iscrizione sul retro, rivelata nelle scansioni del<br />

2005, era un vero e proprio manuale utente per il dispositivo.<br />

Nel 2016 Alexander Jones, professore di storia dell'astronomia<br />

alla New York University, scoprì che la prova definitiva<br />

dell'idea di Rehm era all'interno di questa iscrizione: una descrizione<br />

dettagliata di come il sole e i pianeti siano stati<br />

visualizzati in anelli, con perline di riferimento per mostrare<br />

le loro posizioni.<br />

Qualsiasi modello per il funzionamento del meccanismo dovrebbe<br />

corrispondere a questa descrizione, una spiegazione<br />

letteralmente iscritta sulla copertina posteriore del dispositivo<br />

che descrive come il sole e i pianeti sono stati visualizzati.<br />

Eppure i modelli precedenti non erano riusciti a incorporare<br />

questo sistema ad anello a causa di un problema tecnico.<br />

Wright aveva scoperto che il dispositivo utilizzava una sfera<br />

semilunare per mostrare la fase della luna, che calcolava<br />

meccanicamente sottraendo un input per il sole da un input<br />

per la luna, ma tale processo sembrava essere incompatibile<br />

con un sistema ad anello per la visualizzazione dei pianeti,<br />

perché le uscite per Mercurio e Venere impedivano al<br />

dispositivo per le fasi lunari di accedere all'input dal sistema<br />

di ingranaggi del sole. Nel 2018 Higgon, uno degli studenti<br />

laureati del team UCL, ebbe un'idea, risolse ordinatamente<br />

questo problema tecnico e spiegò un misterioso blocco forato<br />

su uno dei raggi della ruota motrice principale. Questo<br />

blocco probabilmente serviva a trasmettere la rotazione del<br />

"sole medio" (al contrario della rotazione variabile del "sole<br />

vero") direttamente al dispositivo per le fasi lunari. Questa<br />

configurazione - un sistema di anelli - rifletteva pienamente<br />

la descrizione nell'iscrizione sul retro della copertina.<br />

Nel tentativo di decifrare la parte anteriore del dispositivo<br />

bisognava identificare i cicli planetari incorporati nel meccanismo,<br />

importanti per definire come i treni di ingranaggi<br />

calcolassero le posizioni planetarie, e ricerche precedenti<br />

presumevano che si sarebbero basati sulle relazioni del periodo<br />

planetario derivate dai Babilonesi, ma nel 2016 Jones<br />

fece un'altra scoperta che costrinse a scartare questa ipotesi.<br />

La TAC a raggi X dell'iscrizione in copertina mostrava la divisione<br />

in sezioni per ciascuno dei cinque pianeti. Nella sezione<br />

Venere, Jones trovò il numero 462 e nella sezione di Saturno<br />

40 40 ArcheomaticA N°1 N°1 marzo marzo <strong>2022</strong> <strong>2022</strong>


Tecnologie per i i Beni Culturali<br />

41<br />

trovò il numero 442. Nessuna ricerca precedente aveva suggerito<br />

che gli antichi astronomi li conoscessero, in effetti essi<br />

rappresentavano relazioni periodiche più accurate di quelle<br />

trovate dai Babilonesi (289 cicli sinodici in 462 anni per Venere<br />

e 427 cicli sinodici in 442 anni per Saturno).<br />

Jones non capì subito come gli antichi greci derivassero entrambi<br />

questi periodi, ma Dacanalis, un altro studente laureato<br />

dell ‘UCL assemblò una lista completa delle relazioni<br />

dei periodi planetari e dei loro errori stimati dall'astronomia<br />

babilonese. Il ritrovamento di un processo, sviluppato dal filosofo<br />

Parmenide di Elea (dal sesto al quinto secolo a.C.) e<br />

riportato da Platone (dal quinto al quarto secolo a.C), servì<br />

per combinare le relazioni di periodo conosciute per ottenere<br />

quelle migliori.<br />

Con certezza qualsiasi metodo utilizzato dai creatori di Antikythera<br />

avrebbe richiesto tre criteri portanti: accuratezza,<br />

fattorizzabilità ed economia, il metodo doveva essere accurato<br />

per corrispondere alle relazioni di periodo conosciute per<br />

Venere e Saturno, e doveva essere fattorizzabile in modo che<br />

i pianeti potessero essere calcolati con ingranaggi abbastanza<br />

piccoli da entrare nel meccanismo. Per rendere il sistema<br />

economico, diversi pianeti avrebbero potuto condividere gli<br />

ingranaggi se le loro relazioni di periodo avessero condiviso<br />

fattori primi, riducendo il numero di ingranaggi necessari e<br />

tale economia era una caratteristica chiave dei treni di ingranaggi<br />

sopravvissuti. Sulla base di questi criteri, il Team<br />

ha derivato i periodi 462 e 442 utilizzando l'idea di Parmenide<br />

e ha impiegato gli stessi parametri per scoprire i periodi<br />

mancanti per gli altri pianeti, dove le iscrizioni sono andate<br />

perdute o danneggiate. Grazie alle relazioni dei periodi per<br />

i pianeti, hanno compreso come inserire i treni di ingranaggi<br />

per i pianeti negli stretti spazi disponibili. Per Mercurio e Venere,<br />

il Team ha teorizzato meccanismi economici a cinque<br />

ingranaggi con dispositivi pin-and-slot, simili ai meccanismi<br />

di Wright e la prova a sostegno della ricostruzione è stata<br />

fornita da un frammento di quattro centimetri di diametro.<br />

All'interno di questo pezzo, la TAC a raggi X ha mostrato un<br />

disco attaccato a un ingranaggio da 63 denti, che girava in<br />

una piastra a forma di D e il numero 63 condivide i fattori primi<br />

3 e 7 con 462 (il periodo di Venere). Un treno di ingranaggi<br />

che utilizzava l'ingranaggio a 63 denti potrebbe essere stato<br />

progettato per corrispondere a cuscinetto su uno dei raggi<br />

della ruota motrice principale. Un design simile per Mercurio<br />

corrispondeva alle caratteristiche sul raggio opposto.<br />

Per gli altri pianeti conosciuti - Marte, Giove e Saturno - il<br />

Team ha concepito sistemi molto compatti per adattarsi allo<br />

spazio disponibile. Christián C. Carman dell'Università Nazionale<br />

di Quilmes in Argentina, lavorando in modo indipendente,<br />

dimostrò come il sottile sistema di ingranaggi indiretti<br />

per il movimento variabile della luna poteva essere adattata<br />

anche ai pianeti.<br />

L’UCL Antikythera Research ha dimostrato che questi sistemi<br />

di ingranaggi possono essere estesi per incorporare le<br />

nuove relazioni d'epoca per i pianeti, inoltre questo sistema<br />

avrebbe permesso ai costruttori di Antikythera di montare<br />

diversi ingranaggi sulla stessa piastra e progettarli in modo<br />

che corrispondessero precisamente alle relazioni di periodo.<br />

Gli economici treni di sette ingranaggi potevano intrecciarsi<br />

tra le piastre sui pilastri della ruota motrice principale, in<br />

modo che le loro uscite fossero conformi al consueto ordine<br />

cosmologico dei corpi celesti - Luna, Mercurio, Venere, Sole,<br />

Marte, Giove e Saturno - che determinava la disposizione del<br />

sistema di anelli. Le dimensioni degli spazi disponibili tra le<br />

piastre erano esattamente giuste per ospitare questi sistemi,<br />

con una certa capacità di riserva e alcune prove ancora inspiegabili.<br />

Lo studio ha aggiunto un meccanismo per il moto variabile<br />

del sole e un meccanismo epiciclico per calcolare i "nodi"<br />

della luna - punti in cui l'orbita della luna taglia il piano dell'<br />

eclittica - rendendo possibile un'eclissi e le eclissi avvengono<br />

solo quando il sole è vicino a uno di questi nodi durante la<br />

luna piena o nuova. Gli astronomi medievali e rinascimentali<br />

chiamavano "mano di drago" un puntatore a doppia punta per<br />

i nodi della luna, inoltre, l'ingranaggio epicicloidale di questa<br />

mano di drago spiegava esattamente anche un cuscinetto<br />

prominente su uno dei raggi che prima sembrava non avere<br />

alcuna funzione.<br />

Lo studio in questione ha ulteriormente arricchito la comprensione<br />

del noto meccanismo: il display frontale corrispondeva<br />

alla descrizione nel manuale d'uso sul retro della<br />

copertina, con il sole e i pianeti mostrati da perline su anelli<br />

concentrici, la fase, la posizione e l'età della luna (il numero<br />

di giorni dalla luna nuova), e la lancetta del drago gli anni<br />

delle eclissi con le stagioni.<br />

Con gli anelli concentrici per i pianeti, gli studiosi hanno dato<br />

un senso anche all'iscrizione della copertina anteriore, che<br />

riporta una lista formulaica degli eventi sinodici di ogni pianeta<br />

(come le sue congiunzioni con il sole e i suoi punti stazionari)<br />

e gli intervalli in giorni tra essi: sulla piastra posteriore,<br />

le iscrizioni delle eclissi sono indicizzate alle marcature<br />

sul quadrante del Saros; sulla piastra anteriore, le iscrizioni<br />

relative alle alzate e ai tramonti delle stelle sono indicizzate<br />

al quadrante dello Zodiaco.<br />

L’ intuizione del Team è stata quella di verificare che le iscrizioni<br />

sulla parte anteriore potessero riferirsi alle lettere di<br />

indice sugli anelli planetari: se il puntatore del sole è ad una<br />

di queste lettere, quindi la voce corrispondente dell'iscrizione<br />

descrive il numero di giorni mancanti al prossimo evento<br />

sinodico. Poiché il lato sinistro dell'iscrizione, dove ci si<br />

aspetta di trovare queste lettere indice, è carente, non vi è<br />

possibilità di provare l'ipotesi, ma la spiegazione e la descrizione<br />

che il gruppo di ricerca ha generato potrebbe essere<br />

convincente.<br />

Il dispositivo è unico tra le scoperte del suo tempo e riscrive<br />

da solo la nostra conoscenza della tecnologia utilizzata degli<br />

antichi greci. Il primo meccanismo con ingranaggi di precisione<br />

conosciuto è una meridiana e un calendario di origine<br />

bizantina relativamente semplici, ma impressionanti per il<br />

tempo, risalenti a circa il 600 d.C. Il meccanismo di Antikythera,<br />

con i suoi ingranaggi di precisione con denti lunghi<br />

circa un millimetro, è completamente diverso da qualsiasi<br />

altro strumento del mondo antico. Perché ci sono voluti secoli<br />

prima che gli scienziati reinventassero qualcosa di così<br />

sofisticato come il dispositivo di Antikythera, e perché gli archeologi<br />

non hanno scoperto altri meccanismi simili? Si hanno<br />

forti ragioni per credere che questo oggetto non possa essere<br />

stato l'unico modello del suo genere e con certezza ci siano<br />

stati precursori del suo sviluppo. Il bronzo era un metallo<br />

molto prezioso, e quando un congegno come questo smetteva<br />

di funzionare, probabilmente veniva fuso per i suoi materiali,<br />

cosicché solo un naufragio potrebbe essere in prospettiva<br />

un'evenienza di trovarne di altri. Molte sono le lacune nella<br />

documentazione storica e scoperte future potrebbero sorprendere<br />

altrettanto, ma la ricerca di Antikythera dell'UCL è<br />

sicuramente un progresso significativo a fronte di un'enorme<br />

perdita di prove.<br />

Fonte: Scientific American


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Tecnologie per i Beni Culturali 43

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