WineCouture 7-8/2022

NUMERO 7/8
Anno 3 | Settembre 2022
Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi.
BOLLICINE AUDACI
Luca Serena e quaranta protagonisti del vino riflettono sul futuro degli spumanti italiani
Luca
Serena

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Bollette, vino e l’importanza di fare impresa
La situazione generale è complicata, oltre che confusa.
Il caro energia (gas, bollette e via dicendo) è
una mannaia che inesorabilmente incombe su tutti.
O, meglio: quasi tutti. Sì, perché chi ha in mano
il timone (governi europei e compagnia di giro)
sembra quasi poco turbato, avendo al momento
manifestato tempi di reazione biblici rispetto all’emergenza.
L’ennesima che arriva dopo una serie
di sventure, dalla pandemia alle problematiche di
logistica e approvvigionamenti. L’immobilismo
spaventa e innervosisce: fa scopa con la necessità
di interventi urgenti e mirati, che consentano al
tessuto imprenditoriale italiano del mondo enoico
(produzione, trasformazione, distribuzione e
rivendita) di mettersi alle spalle questa lunga notte
nel modo meno turbato possibile. Non ci sono
in ballo baruffe di famiglia o manfrine elettorali:
la faccenda è spessa per chi deve tenere il fiato,
resistere, inventare e trovare una quadra minuto
dopo minuto. Il mondo del vino (al pari di altri
ambiti) rappresenta un’eccellenza italiana. Solo
questo avrebbe dovuto imporre un approccio ben
diverso. Come ha anche evidenziato Sandro Boscaini
in una recente intervista su La Verità, in cui
ha condiviso la sua ricetta in tema di liberà d’impresa,
nel nostro Paese non mancano storture di
varia natura: burocratica, di matrice politica e via
dicendo. E sarà, in un futuro prossimo, altrettanto
fondamentale metterci mano. Ma adesso la priorità
è salvare il patrimonio culturale e imprenditoriale
italiano, anche del mondo enoico. Nel calice
deve esserci – e restarci! – il vino, non i megawattora
da pagare con autentici salassi.
03 Trade. QBerg, la data intelligence per
wine&spirits
05 On Air. Intervista a Luca Serena sui nuovi
orizzonti degli spumanti made in Italy
14 Nuovi Codici. La nouvelle vague
dell’Emilia del vino Albinea Canali
SOMMARIO
16 Interni d’autore. Atelier rinnova la forma
del know-how enoico Valdo
WINECOUTURE - winecouture.it
Direttore responsabile Riccardo Colletti
Direttore editoriale Luca Figini
Cover editor Alice Realini
Coordinamento Matteo Borré
Marketing & Operations Roberta Rancati
Contributors Francesca Mortaro, Andrea Silvello
(founder Topchampagne), Irene Forni
Art direction Inventium s.r.l.
Stampa La Terra Promessa Società Cooperativa
Sociale Onlus (Novara)
18 Visioni. Masottina e il nuovo
valore del tempo delle vecchie annate di R.D.O.
Editore Nelson Srl
Viale Murillo, 3 - 20149 Milano
Telefono 02.84076127
info@nelsonsrl.com
www.nelsonsrl.com
Registrazione al Tribunale di Milano n. 12
del 21 Gennaio 2020 - Nelson Srl -
Iscrizione ROC n° 33940 del 12 Febbraio 2020
Periodico bimestrale
Anno 3 - Numero 7-8 - Settembre 2022
Abbonamento Italia per 6 numeri: Euro 30,00
24 Protagonisti. Parlano Leonardo e Carlo
Alberto, quarta generazione Sagna
L’editore garantisce la massima riservatezza
dei dati personali in suo possesso.
Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli
abbonamenti e per l’invio di informazioni
commerciali. In base all’art. 13 della Legge
n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati
o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a:
Nelson Srl
Responsabile dati Riccardo Colletti
Viale Murillo, 3
20149 Milano
Photo cover: sopra - Paola Capelletto - Unsplash - sotto - Serena Wines 1881

3
Q
Berg (istituto di ricerca italiano specializzato
nei servizi di price intelligence e
di analisi delle strategie assortimentali
cross canale - flyer, punti vendita fisici,
e-commerce e newsletter), insieme a
IRI, annuncia il nuovo servizio di monitoraggio full-shelf
dell’e-commerce per il mercato del wine&spirits sui siti
specializzati. Il panel è in continua espansione per
includere i top specialist on-line.
QBerg sviluppa le attività su diverse tipologie
merceologiche: dall’elettronica di
consumo, nella quale esegue ricerche
molto estensive, ai “fast consumer goods”,
fino al “pet care” e al farmaceutico.
Abbiamo chiesto a Fabrizio Pavone
(in foto), co-fondatore e business
developer manager di QBerg, perché
hanno approcciato il mondo wine&spirits
in modo così dettagliato. Spiega Pavone:
“Abbiamo deciso di analizzare questo mercato
perché sta decollando e tanti player si stanno affacciando.
QBerg quindi ha scelto di concentrarsi sul monitoraggio
dei principali siti e-commerce dei principali wine specialist.
Stiamo monitorando i dati con cadenza settimanale,
ma abbiamo la possibilità di rispondere in tempo reale alle
richieste di un cliente o di un partner qualora dovesse necessitare
di dati aggiornati con tempi più stretti oppure di
sondare specifiche realtà. Il panel è completamente confiin
virtù del fatto che abbiamo catalogato oltre 75 vitigni,
è possibile eseguire l’intelligence anche su queste ulteriori
categorie. Il tutto per dire che siamo andati parecchio in
profondità con i dati per rappresentare al meglio la complessità
e la varietà del mondo del vino.
Quali possibilità fornisce la piattaforma?
Il nostro software di monitoraggio e cattura dei dati consente
di visualizzare automaticamente i prezzi. Ma non finisce
qui: il nostro valore aggiunto, che profondiamo nei
risultati, è dato dal riconoscimento preciso e accurato dei
singoli dati (vini, annate, vitigni e così via) affidati a esperti
che curano gli attributi specifici di ogni singola referenza,
individuando le eventuali discrepanze e normalizzando i
dati affinché siano omogenei e confrontabili. Riteniamo di
avere una qualità di servizio nettamente superiore a qualsiasi
altra piattaforma automatizzata basata sulla mera descrizione
del prodotto.
La data intelligence
per wine&spirits
QBerg propone una piattaforma completa e articolata
per monitorare e analizzare le referenze sui canali
DI LUCA FIGINI
gurabile, tanto che la particolarità del nostro servizio è rappresentata
non dalla selettività delle referenze ma dall’intero
store. In numeri, la categoria vino vanta oltre 22mila
referenze e 3.961 marche, quella champagne e affini 5.447
referenze, a cui si aggiungono liquori, birre e altre bevande
alcoliche. Ogni settimana monitoriamo in totale osserviamo
circa 32mila referenze e poco meno di 6mila marche”.
Quali analisi si possono fare sui dati?
Raccogliamo questi dati, cercando di
dare forma alla complessità del mercato,
per restituire ai clienti e partner
non solo le informazioni tattiche per
allineare e seguire i prezzi, nel caso di
un retailer, ma anche di monitorare i
competitor e, nel caso dei produttori,
verificare come sono trattate le proprie
referenze e quelle della competition.
Non solo, è anche possibile fare una intelligence
totale per quota scaffale, quota vitigni,
prezzo medio, trend nel tempo e così via. Oltre al monitoraggio
full store, c’è un’altra caratteristica fondamentale
del nostro servizio “wine&spirits”: distinguiamo l’annata.
Quindi ciascuna referenza è raggruppata per annate. È
quindi possibile confrontare la referenza “padre”, con tutte
le annate, oppure scendere nel dettaglio e analizzare i
dati per singolo anno di imbottigliamento per capire l’andamento
dei prezzi o la domanda del consumatore. E poi,
La “pulizia” del dato è l’aspetto più prezioso?
Sì, perché evitiamo la duplicazione delle referenze, quindi
le informazioni che forniamo sono precise e accurate.
Questo è un presupposto fondamentale per supportare le
operazioni di comparazione del prezzo, ma non solo, perché
assicuriamo che la base di dati è corretta, coerente e
aggiornata in tempo reale. In termini di intelligence, la nostra
piattaforma è talmente flessibile da permettere comparazioni
incrociate tra grande distribuzione e wine specialist
per capire le variazioni di prezzo e il comportamento
del consumatore. Dall’analisi di questi dati emerge che la
grande distribuzione è forte nel primo prezzo ma ha anche
referenze un po’ più premium; mentre nei wine specialist
si parte da bottiglie premium per spingersi nei prodotti più
pregiati e anche da collezione. Questa suddivisione impatta
sia sul prezzo medio dei vari canali, sia sulle azioni che
un produttore o un vendor può decidere di attuare a livello
tattico o strategico.
Come è il canale on-line dei wine specialist?
Suddivido questo canale in due livelli. Il wine specialist
focalizzato su determinati tipi di prodotti esclusivi che ha
circa 12mila referenze, di media, e con una parte di assortimento
di altissimo profilo. E poi la seconda tipologia di
wine specialist che si appoggia a un’enoteca esistente, questo
crea un assortimento più piccolo ma ancora più esclusivo
e con addirittura bottiglie destinate ai collezionisti e ai
palati più esigenti. Questa doppia via è di fatto un’incitazione
per i produttori a mantenere ben separate, ma su canali
paralleli, le offerte in modo da intercettare il corretto target,
sia esso di nicchia oppure alto-spendente ma più vasto.
Cosa offre QBerg ai partner?
Il nostro servizio è fruibile tramite la nostra piattaforma
In-Store POINT che è proposta attraverso il partner commerciale
IRI. Grazie ai dati di questa piattaforma è possibile
analizzare le informazioni, valutare gli andamenti nel
tempo, generare in modalità “self service” una reportistica
molto accurata su referenze e attributi delle referenze e
così via. In parallelo, QBerg invia periodicamente report in
forma automatizzata che vanno a rispondere a specifiche
esigenze informative del partner.
Secondo QBerg perché nel “wine&spirits” è utile
impostare strategie e tattiche basate sui dati
e facendo intelligence per misurare i risultati?
I consumatori si sono abituati alla comodità di avere un
assortimento ampissimo grazie all’e-commerce. A questo
si somma la maggiore attenzione per i prodotti “made in
Italy”. Le persone anche nel mondo del vino stanno iniziando
a ragionare in ottica di rapporto ottimale tra qualità
e prezzo: si cerca la bottiglia che esprima una qualità tale
da giustificare il prezzo. Con In-Store POINT è possibile
monitorare il mercato senza prescindere dall’intelligence:
il retailer dovrebbe verificare cosa succede ai competitor;
i produttori possono controllare come le referenze sono
trattate e valorizzate, comparandole con i competitor.
TRADE

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B
enedette bollicine, parola di vino italiano. In mezzo alle mareggiate che il settore ha dovuto
affrontare nella prima metà del 2022, proprio gli spumanti hanno rappresentato
per il made in Italy enoico il faro capace di condurre a porti sicuri. La categoria, infatti,
si conferma la certezza per un comparto che nel 2021 ha saputo generare un fatturato
complessivo di 14,5 miliardi di euro, con il solo l’export a valere 7,1 miliardi e una bilancia
commerciale attiva per circa 6,7 miliardi di euro. Nel 2022, infatti, tra inflazione, costi
di produzione moltiplicati e complicazioni internazionali a ogni livello e latitudine, il
vino italiano avanza, ma solo a colpi di bollicine. Sono gli spumanti, infatti, a spingere le
vendite, come evidenzia l’indagine dell’Area Studi Mediobanca, che prevede un avanzamento
per la categoria del +5,7% nei ricavi complessivi e del +7,5% nell’export, a fronte
di vini fermi per cui si attende rispettivamente un +4,6% e +5,3%. Le medesime luci e
ombre che caratterizzano il rapporto tra le categorie anche oltreconfine. A evidenziarlo
sono i dati export nel Q1 2022 che evidenziano come si sia allargata la forbice tra spumanti
e imbottigliati fermi e frizzanti, con i primi che segnano crescite a volume in tutti i
principali mercati (+6% negli Usa, +33% in Uk, +12% in Germania), e i secondi spesso
in difficoltà. Il polso della situazione lo offre sempre l’analisi del quadrimestre da parte
dell’Osservatorio Uiv focalizzata sugli sbocchi simbolo per il vino made in Italy. La corsa
delle bollicine in Usa, Germania e Uk prosegue, con l’emblematico caso del Regno Unito,
dove è sempre più Prosecco-mania: nel primo quadrimestre di quest’anno, questo best
seller è riuscito nell’impresa di superare da solo le vendite in valore di tutti i fermi italiani
messi assieme. Ma quella che più impressiona oggi, rendendo le bollicine un’importante
risorsa da preservare e non svalutare, sono le due opposte facce della medaglia oltreconfine:
sempre nel Q1 in Usa, Germania e Uk, da una parte si assiste per i vini fermi a una
caduta nei volumi importati del -10% e in valore del -9%, dall’altra a spumanti che volano
a +17% a volume e a +30% a valore. Ed è una dinamica, quella dell’imparare a valorizzare
meglio una categoria che non sembra conoscere crisi come le bollicine, che perfettamente
ha sintetizzato Giampietro Comolli, presidente dell’Osservatorio Economico Vini e
Spumanti, da 30 anni riferimento per gli studi sulla categoria, quando a lato della performance
degli scorsi 12 mesi ha spiegato: “Oltre i numeri, i consumi di vino e spumanti
nel 2021 forniscono due domande: come mantenere il trend positivo all’estero e come
sostenere il consumo interno. Il consumo è diventato più piacere e soddisfazione, quindi
occorre molta più attenzione al contesto e contenuto, che il solo sviluppo commerciale”.
E i numeri 2021, che l’Ovse riassume per gli spumanti in un valore di 1,9 miliardi di euro
a fronte di un giro d’affari al consumo dove per la prima volta si è superati i 6,8 miliardi
di euro, con un prezzo d’acquisto medio a bottiglia intorno a 11 euro, offrono un importante
spunto di riflessione. “Per la prima volta nel 2021 i valori unitari di uno spumante
italiano all’estero crescono di più, anno su anno, che i volumi: questi ultimi registrano
un + 9,22% contro un +10,80%. Un segnale da studiare”, chiosa Comolli. Una crescita,
quella degli sparkling italiani, confermata anche dall’Osservatorio Uiv per questo inizio
2022, con gli orizzonti della categoria che dopo l’esplosione della domanda post-Covid
(+26% nel 2021, 7 bottiglie su 10 destinate all’estero) ha bruciato una tabella di marcia
che prevedeva entro il prossimo biennio il superamento della soglia psicologica del miliardo
di bottiglie prodotte. A oggi, infatti, il rimbalzo fa prevedere – disponibilità del
vetro permettendo – 1,1 miliardi di pezzi entro quest’anno e 1,25 miliardi a fine 2023.
Una progressione trainata dal Prosecco e resa possibile grazie all’approccio alle bollicine
di una domanda sempre più trasversale, “destagionalizzata” rispetto alle occasioni classiche
di consumo, e sempre meno legata a modalità di utilizzo esclusive. I motivi, dunque,
per ben sperare in vista del prossimo Natale non mancano: bollicine benedette.
DI IRENE FORNI E MATTEO BORRÈ
ZOOM
Quale futuro
per le bolle d’Italia?
Il mondo del vino si confronta sull’oggi e il domani
di un settore che va di corsa

5
“La bollicina italiana
sia audace”
A tu per tu con Luca Serena, tra nuovi orizzonti per gli
spumanti made in Italy e il futuro di Serena Wines 1881
Dopo aver tagliato il traguardo dei primi
140 anni di storia, con cinque generazioni
che si sono tramandate il testimone
di un saper fare divenuto sinonimo
di affidabilità e serietà, Serena Wines
1881 si è presentata ai nastri di partenza del 2022 come
uno dei protagonisti tra i “grandi” del vino italiano. Lo
ha fatto forte del balzo in avanti compiuto
lo scorso anno, chiuso con un fatturato
che ha raggiunto gli 84 milioni di
euro e una crescita di oltre il 44%
rispetto al 2020. Ma la scalata
non intende certo fermarsi qui.
Con Luca Serena, titolare dell’azienda
di Conegliano, apriamo la
nostra analisi su trend e successo
delle bollicine italiane. “Nel mondo,
le bollicine italiane sono sinonimo
di moda, vitalità e un vero stile
di vita”, spiega a WineCouture. “Oggi
possiamo vantare il Prosecco, vino facile
adatto a tutte le occasioni, e i Metodi Classici di Franciacorta
e Trento Doc che, ad un posizionamento più
accessibile, nulla hanno da invidiare allo Champagne.
Chiaro che la bollicina francese resta l’icona quando
si parla di spumanti, ma l’Italia recita – e continuerà a
recitare – un ruolo da protagonista sugli scaffali e nei
locali di tutto il mondo. Non dimentichiamo, infatti,
DI MATTEO BORRÈ
che anche se guardiamo alle proposte dolci, vantiamo
un assoluto leader nelle bollicine come l’Asti. Quindi,
il percepito è quello di un’Italia frizzante e viva, capace
di sposare ogni momento conviviale”. Ma cosa ci si
deve attendere in futuro? “I trend di oggi evidenziano
innanzitutto di un grande utilizzo nei mixati, a partire
dallo Spritz, altra icona italiana tra i cocktail a base
vino. Qui vince il Prosecco, anche se con gli
aumenti in corso sta cedendo un po’ di
spazio agli spumanti generici, italiani
e no. Ma restiamo noi i maestri nel
metodo Charmat, o meglio Martinotti.
Sul Metodo Classico, bisogna
ancora far capire che bere
italiano è simbolo di bella vita
per tutti coloro che se lo possono
permettere. In generale, vedo
poi buoni spazi per la Ribolla, che
se spumantizzata con uno Charmat
medio-lungo regala ottimi risultati: è
alternativa al Prosecco, con un posizionamento
ad oggi interessante”. Per Serena Wines 1881,
bollicina fa spesso rima con un impegno che va ben
oltre il vino stesso, come nel caso della recente novità
della special edition con Obiettivo3. “Per noi produrre
bollicine è una sfida a 360°, perché è il vino che si abbina
a ogni occasione. È sinonimo di momenti positivi
e di felicità. Dunque, perché non dare supporto a co-
loro che con il loro coraggio e la loro determinazione
sfidano i limiti e raggiungono traguardi impensabili.
Ecco com’è nata la collaborazione con Obiettivo3, che
va ben oltre la sensibilità ai temi sociali della famiglia
e quindi dell’azienda. Parla anche di sostenibilità. E in
tema, proprio questa è la nostra iniziativa madre per
il sociale nel 2022”. Ma che significato reca con sé la
parola sostenibilità in Serena Wines 1881? “Significa
rispettare ambiente e società restando al passo dei più
moderni tra criteri e standard che di questi tempi vediamo
mutare a grande velocità”, prosegue Luca Serena.
“Si tratta di un tema ampio, che va affrontato step
by step andando a inserire progressivamente elementi
concreti che mostrino il percorso intrapreso in chiave
sostenibile. In questi anni noi abbiamo aggiunto diversi
tasselli a questo mosaico, non da ultimo il progetto
con Obiettivo3. E il prossimo passo porrà al centro il
welfare aziendale”. Ma il futuro di una tra le realtà simbolo
del sistema Prosecco passa anche dalla riscoperta
delle proprie radici, come dimostrato dal lancio della
linea Serena 1881. “Un progetto fortemente voluto che
racchiude i valori della nostra famiglia e dell’azienda.
Parla di storia, tradizione, territorio e modernità. È un
passo che abbiamo scelto di compiere per focalizzarci
proprio sul cognome di famiglia, trasformandolo nel
principale brand dell’azienda. L’obiettivo è di crescere
in un percorso di riconoscibilità: la fortuna di avere
un bel cognome è un elemento positivo che non può
essere lasciata al caso”. E nei prossimi mesi, il progetto
riceverà ulteriore impulso. “Abbiamo in agenda di
proseguire con tanti eventi nei locali in affiancamento
ai distributori, la comunicazione che passa dai nostri
brand ambassador e dal lancio di campagne social rivolte
al consumatore, oltre che da quella che è stata la
creazione di un blog e di una community dedicata”,
conferma Serena. “In tema di prodotti, invece, arriverà
il Brut Nature, mentre sul packaging prepariamo una
sorpresa, ma per il 2023”. Ma c’è anche altro parlando
di novità: un ultimo “audace” progetto. “Si tratta
di puro spirito imprenditoriale, alla ricerca di quella
nicchia di consumatori nel mondo delle bollicine, in
particolare del Prosecco, capaci di apprezzare l’unicità
di un metodo Charmat, il primo Prosecco Doc Trieste,
lasciato in mare ad affinare per sei mesi”, chiosa Luca
Serena. “È un progetto audace, proprio come il nome
del marchio: Audace, underwater wine. È un’iniziativa
firmata da due amici che si sono trovati, pur rappresentando
realtà diverse tra loro, che farà parlare di sé e
incuriosirà. Da una parte, infatti, abbiamo Parovel vigneti
e oliveti 1898, azienda leader nel Carso Triestino
che da oltre 120 anni produce vini e olio extravergine
di oliva di grande pregio, dall’altra ci siamo noi di Serena
Wines 1881. Sono 6492 bottiglie numerate e identificate
da una medaglia: come dicevo, una sfida audace,
aggettivo che amo e che mi rappresenta”. Una parola
da tenere bene a mente per chi è chiamato a tracciare
il futuro delle bollicine d’Italia.
ON AIR

6
ZOOM
Dalla A di Alta Langa alla Z di Zonin1821, il
panorama delle bolle d’Italia si confronta
su un segmento che va di corsa.
Spesso anche troppo, rischiando
di perdere il senso dell’orientamento.
Ma qual è oggi il percepito delle bollicine
italiane sul mercato e tra i consumatori? E cosa
attendersi domani in merito a nuovi trend, evoluzioni
e soprese? Ecco l’istantanea su stato dell’arte
e direzioni future degli spumanti tricolore.
La voce dei consorzi
“Le bollicine italiane sono in crescita, le occasioni
di consumo aumentate, si sono create nuove abitudini”.
Esordisce così Mariacristina Castelletta, presidente
del Consorzio Alta Langa, denominazione in ascesa.
“Il Metodo Classico millesimato dei territori a Denominazione
andrà sempre più a occupare spazio nei pasti. A tal
proposito, da anni esaltiamo la vocazione del nostro Alta
Langa Docg, percepito prodotto d’alta qualità, esclusivo e
distintivo, come vino gastronomico”. Altra Docg oggi nei
calici di tanti è quella dell’Oltrepò Pavese. “Cresce sempre
di più la brand reputation del nostro Metodo Classico”,
spiega il direttore del Consorzio, Carlo Veronese. “I numeri
non corrispondono ancora al reale potenziale della
Docg, ma la qualità di chi ci crede è lì da degustare. E
sta dando grandi soddisfazioni. L’imperativo è fare
qualità, missione peraltro riuscita dai produttori. Il
trend dice che le bollicine vanno forte sui mercati più
diversi e noi ci siamo, grazie alle sfumature del Pinot
Nero, valore trainante e distintivo per il territorio. Qui
dove è nato storicamente lo spumante, è chiaro a tutti
che bisogna produrlo pensando alla qualità della Docg
e proseguire in una direzione proprio di territorio. In
futuro, d’altronde, ci sarà una sempre maggiore conoscenza
del Metodo Classico e più attenzione per i Pas
Dosé, perché il consumatore è sempre più attento e
preparato”. Altro volto delle bolle di Lombardia, quello
di Franciacorta, “un vino che sempre
meno viene confuso con le generiche
bollicine, in quanto rimanda ad un territorio
ben definito, ad un metodo, ad
una tradizione”, sottolinea Silvano
Brescianini, presidente del Consorzio.
“Il mercato sta premiando gli sforzi
che i viticoltori stanno continuando
a fare da più di 30 anni per affermare
l’eccellenza delle nostre colline. Oggi il
settore è particolarmente vivace e lo
sarà ancora per qualche anno, nel lungo
termine immagino che solo chi avrà
solide radici nel territorio potrà fare
bene”. Claudio Biondi, numero uno del Consorzio
Tutela Lambrusco, non ha dubbi: “Si tratta di un momento
d’oro per le bollicine. Il Lambrusco non fa eccezione.
Nei primi mesi del 2022 si è registrata una crescita
importante delle vendite nel segmento Horeca.
In un contesto che tende a valorizzare vini dal grado
alcolico contenuto e ad apprezzare i vitigni autoctoni,
l’immediatezza, la facilità di beva e la versatilità del
Lambrusco risulta oggi un mix vincente”. Un vero punto
di forza per il futuro. “In questo contesto, stiamo
notando che anche i giovani mostrano sempre più ap-
Mariacristina
Castelletta,
Carlo
Veronese
e Silvano
Brescianini
Claudio Biondi,
Giacomo Savorini,
Elvira Bortolomiol,
Ugo Zamperoni e
Stefano Zanette
Josef Romen
e Igor Gladich
prezzamento per il Lambrusco,
dimostrando interesse per prodotti
più particolari come il Metodo
Classico, il metodo ancestrale
e i rifermentati in bottiglia”.
A fargli eco Giacomo Savorini,
direttore del Consorzio Pignoletto
Emilia-Romagna: “Le bollicine
italiane, anche quelle da vitigni
autoctoni come il Pignoletto,
sono sempre più apprezzate dai
più giovani. Le bolle bianche
emiliane, infatti, riescono a combinare
brio e immediatezza, conservando
una distinta identità. Proprio per
questo il Pignoletto ha grandissime potenzialità,
anche fuori l’Emilia-Romagna e l’Italia”. Soprattutto
in uno scenario in forte espansione.
“Anche il Pignoletto ha registrato nel 2021 una
crescita a doppia cifra. Le bollicine bianche
emiliane, infatti, hanno saputo ritagliarsi un posto
di primo piano nel carrello degli appassionati”.
Ma se si parla di preferenze nei consumi,
lo sguardo si sposta sul vero traino delle bollicine
d’Italia: l’universo Prosecco. Una galassia
composto da mondi tra
loro diversi e con posizionamenti
ben distinti. Al
vertice, il Conegliano Valdobbiadene
Docg con le
sue colline patrimonio
Unesco. “I dati racchiusi
nell’ultimo Rapporto Economico
parlano di un traguardo
finalmente raggiunto,
quello del deciso
aumento di valore del nostro
prodotto”, afferma Elvira
Bortolomiol, presidente
del Consorzio di Tutela del Conegliano
Valdobbiadene Prosecco Docg. “L’aumento del 18%, in
valore, che supera l’aumento in volume del 14%, è il riconoscimento
dell’impegno di un’intera comunità che da
generazioni lavora sulle nostre Rive e nelle nostre cantine,
nonché dell’intera Denominazione che nel corso di questi
ultimi anni ha mantenuto e rinnovato le relazioni con il
mercato che hanno comportato la ricerca di nuovi canali di
vendita e di innovazioni nelle attività di comunicazione e
promozione”. Ma cosa attende nel futuro? “Il Conegliano
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg quale sinonimo
di uno stile di vita di qualità: questo il messaggio che desideriamo
trasmettere”,
conclude Bortolomiol.
“E gli ultimi trend di
consumo confermano
il percorso”. In scia le
parole di Ugo Zamperoni,
presidente del
Consorzio Asolo Prosecco.
“Il mercato nazionale
della spumantistica
è in costante
sviluppo: ormai quasi
l’80% dei consumatori
italiani di vino lo è anche ì abituale di spumante. Bere spumante
è diventato uno stile, un lifestyle”, evidenzia. “Non
c’è dubbio che il Prosecco, nelle sue diverse identità, abbia
contribuito in maniera fondamentale a questa trasformazione,
proponendosi ai consumatori di tutte le età come
un’occasione di lusso accessibile e quotidiano. L’Asolo Prosecco,
in particolare, è oggi visto come uno spumante che
racconta il fascino di uno dei borghi più belli d’Italia”. E nel
futuro? “Certamente si andrà verso una ulteriore diversificazione
sia dell’offerta sia della domanda, con una crescita
di interesse per quei vini dal forte contenuto identitario”.
Dall’alto di numeri da capogiro, infine, così il presidente

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ZOOM
del Consorzio, Stefano Zanette, dipinge lo stato di salute
del Prosecco Doc: “Nei primi otto mesi 2022, gli imbottigliamenti
sono in crescita del 7,6% sul 2021. Il Prosecco
Doc è visto come prodotto per il divertimento e la convivialità.
Si tratta di uno spumante democratico: la maggior
parte delle vendite si collocano su un prezzo compreso tra
i 4 e i 10 euro a scaffale in Do, mentre ovviamente nel canale
Horeca i valori sono molto più elevati, tra i 18 e i 35 euro
circa a bottiglia”. E nel futuro di questo gigante, in agenda
un cambio di passo. “II nostro obiettivo è far sì che sia promosso
uno sviluppo sostenibile della Denominazione non
avendo come riferimento esclusivamente i volumi, ma tenendo
in considerazione i temi ambientali, sociali ed economici,
ovvero il valore materiale e immateriale necessario
a conferire durabilità alla nostra Doc”, chiosa Zanette. Si
resta in zona, col nuovo che avanza. “Quello delle bollicine
in Italia è sicuramente un trend in crescita che intercetta un
pubblico giovanile”, spiega Igor Gladich, direttore del
Consorzio Tutela Vini Lessini Durello. “La nostra resta una
nicchia produttiva, nata dall’uva Durella, il vitigno autoctono
di Verona e Vicenza, che amiamo definire la varietà
del futuro. Un domani, per cui ipotizziamo un doppio binario
di consumo: da un lato i wine lover meno esperti che
scelgono lo Charmat, magari strizzando l’occhio alla mixology;
dall’altro una fascia di consumatori, probabilmente
meno numerosi, che ricercano spumanti Metodo Classico
e che sono maturi per comprendere il valore di queste produzioni.
La nostra denominazione, intende rivolgersi a
questi ultimi”. La medesima platea dell’Associazione produttori
spumante Alto Adige Metodo Classico. “Negli ultimi
anni anche in Alto Adige si nota un interesse sempre
maggiore verso il Metodo Classico”, esordisce il presidente
Josef Romen. “Una produzione di poco più di 400mila
bottiglie annue fa di questa nicchia un vanto per l’intero
sistema vitivinicolo altoatesino ma che, se guardato attraverso
i numeri, ha molti spazi di crescita. In questi anni siamo
riusciti lentamente a impostare un’immagine molto
positiva a livello locale dei nostri spumanti ma è chiaro che
c’è ancora ampio margine nel settore Horeca, tanto che siamo
convinti che si potrebbe raggiungere tranquillamente
un milione di bottiglie”. Sempre collocandosi in una fascia
di posizionamento medio-alta: “Questa è la direzione su
cui dobbiamo continuare a lavorare, al fine di fare conoscere
le pregiate bollicine dell’Alto Adige anche fuori dalla
loro nicchia, portandole al centro dell’attenzione a livello
nazionale e non solo”. Guardando ovviamente anche ai
consumi del futuro. “Da un punto di vista dei trend”, conclude
Romen, “notiamo un sempre maggior apprezzamento
verso gli spumanti millesimati ma anche per le riserve
capaci di offrire delle bollicine di grande struttura e corposità
ottimi per valorizzare anche piatti ricercati”.
Valentina Bertini e
Alberto Tasinato
Jacopo Dosio e
Fabrizio Sartorato
Walter Meccia, Andrea
Terraneo e Corrado
Mapelli
Parola di sommelier
La palla passa alla ristorazione, con la voce di alcuni
dei più importanti sommelier d’Italia. “Negli
ultimi 10 anni è stato un crescendo in tema di
bollicina italiana”, esordisce Valentina Bertini,
wine corporate manager del Gruppo Langosteria.
“Parliamo innanzitutto di Franciacorta e Trento
Doc, un po’ meno delle altre denominazioni, anche
se si osserva con sempre maggiore intensità
un bel movimento in Alta Langa e Oltrepò Pavese.
C’è stato, poi, un proliferare in tutta Italia di nuove
produzioni, anche in aree non particolarmente
vocate alla tipologia: quest’ultime, tuttavia, sono
scelte che non aggiungono nulla, ma soprattutto
non sono identitarie, dunque non creano i giusti
presupposti per far crescere i vini e affermarli.
Sono casi che fanno perdere l’orientamento a tutto
il movimento delle bollicine italiane, soprattutto quando
si parla di Metodo Classico e di qualità. Quelle che vanno
promosse, infatti, sono identità di territorio, brand capaci
di affermarsi nel mondo, non serve sopperire a richieste da
parte del mercato senza avere visioni strategiche a lunga
gittata. Domani, alle bollicine italiane servirà sempre più
riconoscibilità, quello che hanno saputo costruire nell’immaginario
pubblico casi di successo come Franciacorta
e Trento Doc. Ci sono prodotti italiani eccezionali
e tutti siamo chiamati a valorizzarli senza aver paura
di confronti col resto del mondo”. Fanno eco le parole
di Alberto Tasinato, patron de L’Alchimia a Milano:
“Il percepito delle bollicine italiane nella ristorazione
di livello è molto alto: questo lo si deve anche a una
sorta di ritrovato attaccamento alla bandiera da parte
di tanti operatori dopo le difficoltà vissute nel corso
della pandemia. È poi un momento in cui le bolle d’Italia,
in primis Metodo Classico, vivono una nuova
riconoscibilità, avendo saputo smarcarsi dal costante
parallelo con lo Champagne. L’identità oggi è
forte e anche la distinzione nelle scelte da parte
del pubblico. I trend di consumo, d’altronde,
sono in forte crescita, proprio per la capacità
trasversale della bollicina italiana nel saper affiancare
piatti che nella ristorazione moderna
sono sempre più completi da un punto di vista
di profilo dei sapori e delle consistenze. Per
quel che riguarda le tendenze, poi, si osserva
uno sviluppo dei Rosé e soprattutto la scelta
di bollicine sempre più secche, capaci di far cogliere
l’identità con ancora più chiarezza. E nel
futuro, tra le sorprese da tenere d’occhio cito la
Valtènesi. Ma attenzione anche all’Alta Langa,
che in termini di appeal ha tutto per superare chi, come
Franciacorta e Trento Doc, oggi le sta davanti: negli ultimi
tempi, infatti, la sua riconoscibilità è cresciuta a dismisura”.
A confermare il ruolo fondamentale nel panorama della ristorazione
nazionale delle bollicine italiane anche Jacopo
Dosio, wine director di Piazza Duomo ad Alba. “Nonostante
il Franciacorta mi sembri ancora leader nel mercato,
inizio a notare maggiore interesse verso stili e provenienze
prima sconosciuti ai più”, sottolinea. “Il Metodo Classico è
sicuramente un trend in crescita e credo che il cliente attento
sia sempre più alla ricerca di un prodotto con una buona
verticalità: profumi varietali, alte acidità e basso dosaggio
zuccherino. In tema soprese, terrei
d’occhio l’Alta Langa, Docg che
ha delle solide fondamenta e non
potrà che vedere un incremento di
mercato nei prossimi anni, conseguenza
dell’ottimo lavoro dei produttori
ma anche dalla costante
crescita del marchio Langa”. Sulla
stessa onda di pensiero è Fabrizio
Sartorato, sommelier di Da Vittorio
a Brusaporto: “Nell’alta ristorazione
si continua a consumare
Champagne, ma le bollicine
italiane sono in costante
crescita, un trend che al Da
Vittorio è ormai consolidato
da anni. Al di là dei
grandi nomi del settore,
sappiamo che sono quattro
le regioni a maggiore
vocazione: Franciacorta,
Trentino, Alta Langa e, anche
se in misura minore,
l’Oltrepò Pavese. E queste
sono anche le più richieste
dal cliente. Le etichette
di Franciacorta e Trentino, d’altronde,
sono cresciute tantissimo
nel comparto dei prodotti di alta
gamma, mentre l’Alta Langa è in
forte ascesa: tendenze che credo
resteranno consolidate. In termini
di trend di prodotto, da almeno 10
anni si registra una buona vendita
dei Rosé, che continuano a essere
molto richiesti. In futuro, tuttavia,
anche a causa del cambiamento
climatico, saranno da tenere d’oc-

10
ZOOM
chio le etichette che nascono da vitigni alternativi,
come può essere l’Erbamat in Franciacorta”. Guarda
al futuro anche l’Head Sommelier del Four Seasons
di Firenze, Walter Meccia, lanciando una provocazione:
“La sorpresa, in tema di bollicine italiane oggi, è
vedere vari produttori di Langa che si affacciano a questo
mondo con buoni risultati. Ma per il futuro, non
stupendomi più di nulla, per provocazione direi ci si
potrebbe aprire in maniera consapevole a bevande a
base di bollicine addizionate di nettare di frutti di alta
qualità e, perché no, alcohol free”. Tornando al presente,
Meccia conferma il buon stato di salute delle bolle
d’Italia. “A fronte di una notevole domanda degli
utenti, sempre più la ristorazione sta conoscendo
le eccellenze nostrane, atte anche a promuovere il
territorio di appartenenza”, spiega. “Nei trend, si
assiste sicuramente alla ricerca della piacevolezza,
che per molti è dettata dalla setosità delle bollicine,
per altri dai piacevoli spigoli in termini di acidità
e percezioni minerali. Ormai è già presente
ogni forma di affinamento, di invecchiamento e
di produzione, a questo punto la vera evoluzione
e rivoluzione potrebbe esser solamente ricercare
la migliore qualità possibile, rispettando il territorio
sia nel gusto che nella produzione sul campo.
Come nota a margine, già oggi si registra un discreto
interesse per le bollicine alcohol free di livello”.
Cosa dicono le enoteche
Per il variegato universo delle enoteche, chi meglio di Andrea
Terraneo, presidente dell’associazione Vinarius, che
dal 1981 riunisce chi esercita il commercio specializzato
del vino di qualità, può offrire uno spaccato sulle bollicine
italiane. “Spumanti e Metodo Classico sono un trend
in crescita generale e di forte attualità, vuoi per la voglia
di festeggiare o la convivialità, vuoi per la leggerezza e la
maggior facilità di utilizzo, dal semplice aperitivo iniziale
seguendo il pasto fino al brindisi finale”, spiega. “Ultimamente
si è anche maggiormente slegato l’uso dello spumante
al solo brindisi, soprattutto nel Metodo Classico,
abbinandolo lungo il pasto, a volte in insoliti abbinamenti:
sotto questo profilo, i più giovani sono maggiormente
aperti a tentare nuovi accostamenti”. Lo stato dell’arte per
le bolle italiane è chiaro. “Il Prosecco, nelle sue ormai molte
versioni, tiene sempre alti i consumi, ma si assiste a un
bel ritorno del Trento Doc. In generale, poi, il fenomeno
del consumo di Metodo Classico del territorio nelle varie
realtà italiane è trend che sta piano piano crescendo d’interesse
ma soprattutto qualità”, spiega il presidente
Vinarius, che poi conclude: “Le sorprese da
tenere sottocchio sono proprio quelle delle piccole
produzioni di territori meno noti, vedi ad
esempio il caso dell’Erbaluce, ma un nome su
tutti da avere ben a mente è quello del Metodo
Classico dell’Oltrepò Pavese, sperando che sia
la volta buona che esca dal suo guscio ed esploda:
a tal proposito, si registrano buoni segnali”.
Il pensiero dei protagonisti della
distribuzione
“L’interesse per questa tipologia è sotto gli occhi
di tutti”, evidenzia Carlo Alberto Sagna
sulle bollicine italiane. “E se da un lato ci sono
denominazioni più note ed affermate, dall’altra ci sono tutta
una serie di produttori che, non rivendicando la Doc,
devono fare uno sforzo in più e promuovere in qualche
modo il territorio d’origine in cui realizzano le proprie cuvée.
Nel mezzo troviamo delle eccezioni convincenti, anzi
avvincenti, che fondano il loro successo proprio sul proprio
marchio. A queste cantine ci sentiamo sicuramente di
fare un plauso, perché sono riuscite a raccontarsi e a creare
un proprio mercato. Negli ultimi anni, con il generale successo
delle bollicine, si sono iniziate a spumantizzare molte
varietà autoctone, che si sono scoperte spesso favorevoli a
questo tipo di produzione ma che in qualche caso trovano
difficoltà nel consumo poiché meno note all’utente finale.
Luigi Piacentini, Gianpaolo
Girardi e Mario Federzoni
Luca Cuzziol e
Giancarlo Moretti
Polegato
Carlo Alberto e
Leonardo Sagna
La causa è spesso da ricercare
nell’assenza di una strategia di
promozione efficace del territorio
già all’interno dello stesso”.
Sul tema, è poi Leonardo Sagna
a proseguire: “Sicuramente
quello delle bollicine è un
mercato in crescita. Per quanto
riguarda i trend notiamo che in
Italia i palati più evoluti ricercano
vini a basso, se non nullo,
dosaggio, mentre quelli meno
esperti accolgono più favorevolmente
gusti morbidi e di buon corpo. Il sentiment è di
una maggiore propensione all’acquisto di Metodo Classico
con lunghi periodi di affinamento che raggiungono un
livello di complessità in grado di farsi conquistare dai più.
Cuvée spesso, e giustamente, care e difficili da trovare, perché
sovente si tratta di produzioni parcellizzate, dunque
una nicchia per pochi estimatori ma assolutamente affascinanti
e stimolanti per il mondo del vino, che vive proprio
di questi progetti che sfidano il tempo. I consumi del vino
vanno verso vini incentrati sul frutto, con energia e una
struttura tale che riesca ad accompagnarli in vetro per un
buon lasso di tempo. Il consumatore inizia a capire il valore
dell’affinamento. Con la cultura che è, e resta, fondamentale
per continuare a disegnare i molti volti e potenzialità
dei territori italiani soprattutto se non vogliamo rischiare
di inceppare nell’omologazione produttiva”. Corrado Mapelli,
direttore generale di Gruppo Meregalli, conferma:
“La salute delle bollicine Italiane è ottima: la qualità oggi
è generalmente una costante e, anche se le ragioni possono
essere ancora maggiori, c’è da evidenziare che prima
il successo del Prosecco, poi la forte crescita del Metodo
Classico – Franciacorta e Trento Doc su tutti – complice
l’attuale poca disponibilità di bollicine estere, in primis
Champagne, hanno fatto sì che tutto il comparto delle bolle
tricolori goda davvero di un’ottima domanda”. Nel futuro
delle bollicine italiane sempre più una ricerca di “identità”,
secondo Mapelli. E oggi quali le sorprese? “Sottolineiamo
la forte crescita delle bollicine siciliane
dell’Etna e del Trento Doc. Come sorpresa
potremmo certamente parlare
di Alta Langa, mentre si rileva un crescente
interesse verso l’Oltrepò Pavese”.
Parlando di percezione e bollicine
italiane, Luigi Piacentini, titolare di
Premium Wine Selection, apre con un
distinguo: “Il prodotto con Metodo
Charmat, Prosecco in primis, viene
considerato in molti casi una commodity;
al contrario, il Metodo Classico
viene percepito come prodotto di eccellente
qualità. Nel futuro, ci attendiamo
un consolidamento di Franciacorta
e Prosecco e un ulteriore crescita d’interesse per il
Trento Doc, ma, più in generale, da tenere d’occhio è una
denominazione e area attualmente sottostimata: l’Oltrepò
Pavese. Qui da sempre vi è la potenzialità per produrre
un eccellente Metodo Classico, che in futuro potrebbe far
parlare di sé”. Grande esperto di bolle a tutto tondo, Mario
Federzoni, amministratore delegato di Première, conferma:
“Il trend bollicine è in forte crescita, grazie
anche ad alcune eccellenze e a prodotti medi
di facile beva. Ma ritengo che in futuro vi sarà
ancora spazio, specie nel Sud Italia, per bolle di
alta qualità per le quali il mercato è ancora un
po’ acerbo rispetto al Centro-Nord”. E su cosa
vigilare? “Penso all’Alta Langa che sta esprimendo
ottime potenzialità e qualità eccelse.
La sorpresa, se così si può dire, è l’evoluzione
del gusto dei consumatori, più o meno esperti,
che sta vertendo sempre di più sui Pas Dosè o
sugli Extra Brut e, per converso, noto anche una
micro-nicchia che sta riscoprendo il Metodo
Classico Demi-Sec”, chiosa Federzoni. A fargli

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eco Gianpaolo Girardi, titolare di Proposta Vini,
che precisa: “Il consumo di spumante in Italia, in
questi ultimi 10 anni, è notevolmente aumentato
a danno dei grandi rossi. La percezione è dunque
quella di un momento felice per questa tipologia di
prodotto con l’impressione che possa durare a lungo”.
Glocal la parola da tenere a mente per il futuro
ad avviso di Girardi. “Prodotti legati sia alle tradizioni
locali sia provenienti da zone famose. Noi di
Proposta Vini stiamo lavorando già da anni su un
progetto che si chiama Bollicine da uve italiane, che
in questo momento suscita un grande interesse”. A
chiudere è Luca Cuzziol, patron di Cuzziol Grandivini.
“Negli ultimi cinque anni abbiamo assistito ad una
crescita costante del percepito delle bollicine italiane. Nel
Metodo Classico grazie alla conferma dell’interesse verso
il Franciacorta, seguito da una forte crescita di domanda di
Trento Doc e non da ultimo la grande e variegata offerta da
parte di tutte le zone che, dall’Etna all’Alto Adige, hanno
investito sulle bollicine, offrendo al momento produzioni
ancora piccole e purtroppo a volte altalenanti dal punto di
vista della continuità qualitativa. Nello Charmat si conferma
la leadership indiscussa del Prosecco con il Conegliano
Valdobbiadene che si sta confermando anche nella ristorazione
più alta, soprattutto le Rive e la versione Sui Lieviti”.
Non si prospettano particolari sorprese per il futuro. “L’Alta
Langa, vera outsider nel Metodo Classico, pur in crescita
nell’interesse del consumatore è ancora lontana dall’avere
un ruolo definito nel mercato e soffre in parte la variegata
proposta di bollicine estere quali i Crémant”.
Alberto Serena e
Giacomo di Feo
Federico
Armani
Ernesto Balbinot
Leo Damiani e Pietro
Mattioni
Le aziende si raccontano
Tra i volti più riconosciuti delle bollicine italiane, Giancarlo
Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi, evidenzia:
“Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un netto cambiamento
nelle modalità di consumo: le bollicine sono passate
dall’essere il vino da ricorrenza a venire scelte in molteplici
occasioni, anche a tutto pasto. D’altronde,
rappresentano la tipologia che meglio sposa i
momenti d’aggregazione e sono un must in occasione
di momenti d’incontro fra amici. Proprio
l’aperitivo ha assunto una rilevanza sociale
sempre maggiore, rito collettivo dove le bollicine
sono simbolo di lifestyle e piacevolezza da
condividere”. Sui trend di oggi, Moretti Polegato
non ha dubbi: “Il Prosecco è il protagonista
di questi momenti di consumo, ma anche bollicine
più complesse come il Metodo Classico
hanno conosciuto una crescita significativa.
Complice uno stile di vita che privilegia piatti
più leggeri nel corso dei pasti, soprattutto a
pranzo, le bollicine si configurano come un felice e versatile
abbinamento”. E in futuro, il successo non si arresterà. “Il
trend è ancora in crescita, le bollicine sono sempre più presenti
con un’offerta molto ampia nella Gdo e cresce anche
la proposta nelle carte vini”, chiosa il presidente di Villa
Sandi. “Bollicine, in particolare il Prosecco, come simbolo
di uno stile di vita fresco e leggero. E dopo due anni di restrizioni
è esplosa con forza la voglia di tornare alla vita fuori
casa, all’aggregazione e alla condivisione, traino importante
per il loro consumo”. A confermare la previsione di un
successo che proseguirà le parole di Federico Armani,
marketing director di Albino Armani. “Dal nostro osservatorio,
il percepito delle bollicine italiane rimane
ottimo, con un trend ancora in crescita
soprattutto sul Prosecco. Un
posizionamento ottimo lo vedo sul Trento
Doc, che segue il sempre crescente interesse
per una fascia più qualitativa che possa
raccontare correttamente il territorio. Anche
le bollicine autoctone, poi, si rivelano
molto utili per innalzare il livello del racconto
sulle produzioni italiane, soprattutto
ora che il Prosecco ha reso più sterile lo
storytelling di un territorio altrimenti ricchissimo
di spunti e diversità”. Ma i consumi
domani che lingua parleranno? “Crediamo che le evoluzioni
per il futuro andranno verso tipologie più tendenti al
secco – cosa che potrebbe avvantaggiare aziende come la
nostra, che hanno sempre lavorato su residui zuccherini
bassi e in zone fredde – oltre al crescente interesse di torbidi
e rifermentati, che non si è mai realmente fermato e che
da nicchia si è trasformato in un mercato maturo e stabile”.
Anche Alberto Serena, amministratore delegato di Montelvini,
getta uno sguardo sul domani: “Mi aspetto che il
mercato si dividerà sempre di più tra consumatori di bollicine
generiche di provenienza anonima, volte ad ottimizzare
al massimo la propria capacità di spesa, e una fascia premium
che ricercherà un’autentica esperienza gratificante
di consumo e di condivisione di valori, quali genuinità, distintività
e ovviamente qualità superiore”. Ma quale oggi il
percepito delle bolle tricolori? “Molto positivo, soprattutto
tra i giovani perché è comune associare le bollicine italiane
al concetto di gratificazione accessibile e di convivialità.
Manca talvolta professionalità nel personale di servizio che
propone bollicine generiche come Prosecco o svilendo lo
stesso con l’accezione di prosecchino. Oggi, i wine lover
capiscono il miglioramento qualitativo e l’impegno dei
produttori per esaltare le peculiarità date in primis dal territorio,
distinguendo tra microzone di Asolo, Conegliano e
Valdobbiadene, dalle tipologie di lavorazione e dall’espressione
zuccherina”. Prospettiva diversa quella di
Giacomo di Feo, direttore commerciale Italia
Terra Moretti Vino: “Se per bollicine italiane si
intende il Metodo Classico, il percepito è di una
crescita graduale e continua, destinata a proseguire
nella sua escalation, tanto che, se entriamo
nel contesto della Franciacorta, il 2021 è
stato l’anno record con 20 milioni di bottiglie
vendute. Il trend del 2022 porta ancora più in
alto le aspettative, con un mercato che genera
una crescita sul 2021 tra il 12 e il 15% alla fine di
agosto. La qualità percepita è sempre migliore
ed il consumatore riconosce al Metodo Classico
italiano la capacità e la possibilità di attestarsi sul mercato,
in maniera competitiva e vincente, rispetto agli sparkling
stranieri”. E per il futuro? “Sicuramente il trend rosé
ha raggiunto la sua maturità e credo sia destinato ad un’ulteriore
crescita. Allo stesso tempo, la nicchia dei dosaggi
inferiori non è più un’esclusiva per addetti o appassionati,
ma inizia ad essere apprezzata da un pubblico in continua
crescita”. Ad avviso del patron di Le Manzane, Ernesto
Balbinot, “la maggior parte dei consumatori di bollicine –
intendo coloro che non degustano, ma bevono per il piacere
di bere – è ancora distante dal distinguere un Franciacorta
o un Trento Doc da un Prosecco Doc o Docg oppure
semplicemente da una cuvée generica. Questi consumatori
non percepiscono i sentori diversi, quindi tutto ciò che frizza
è da loro inserito nella grande famiglia dei Prosecchi. Per
contro, i consumatori più attenti cercano le differenze e i
prodotti di quei vignaioli in grado di valorizzare antichi
metodi di produzione come il Prosecco Col Fondo”. Per il
futuro, nessuna nube all’orizzonte. “Penso che il mondo
delle bollicine italiane abbia ampi margini di crescita, sia
per il consumo tal quale sia per l’uso che si fa nelle miscelazioni”,
sottolinea Balbinot. Altro grande saggio delle bollicine
è Leo Damiani, direttore commerciale e marketing
spumanti e Champagne di Marchesi Antinori. “La percezione
è che in Italia ci sia ormai una produzione di bollicine
Metodo Classico di alta qualità”, esordisce. “In passato, la
richiesta era prevalentemente indirizzata verso le tre zone
più rinomate e conosciute quali Franciacorta, Trentino-Alto
Adige per alcune nicchie e, più indietro, le Langhe. Se
queste tre zone mantengono tutt’oggi la stessa importanza,
negli ultimi anni si stanno apprezzando ottimi risultati anche
in aree meno convenzionali ma che hanno saputo individuare
ed esprimere tutto il loro potenziale”. Cosa attendersi
nel futuro? “La qualità sta continuando a crescere,
sviluppandosi sempre più la percezione che in Italia si possano
bere spumanti di altissimo livello. Quello che sta succedendo,
soprattutto in Italia, è che la difficolta di produzione
dello Champagne, che ha generato aumenti, sta
ZOOM

12
ZOOM
Federico Girotto e
Sabrina Rodelli
Alessandro Medici,
Luca Maruffa e
Beniamino Garofalo
Pierigorgio
Tommasi
cambiando significativamente la forbice di prezzo. Prima
potevamo trovare in enoteca un Franciacorta intorno ai 25
euro e uno Champagne intorno tra i 35 e i 40 euro, portando
il consumatore a orientarsi sul secondo. Adesso le cose
stanno cambiando. L’evoluzione dello spumante italiano
da attendersi per il futuro è dunque sicuramente positiva,
anche perché la crisi dello Champagne durerà ancora per
qualche anno, dando tutto il tempo al Franciacorta e in generale
alle bollicine tricolori di compiere un ulteriore salto
di qualità”. Andamento positivo e percepito in crescita anche
per un’altra storica realtà come il Gruppo Zonin1821,
come conferma il ceo Pietro Mattioni: “L’Horeca registra
dei dati fortemente rassicuranti rispetto al 2021: la nostra
crescita nel segmento delle bollicine supera il +30%. Oltre
alle contingenze economico-culturali, che sicuramente impattano
sulle abitudini di consumo, siamo rassicurati dal
fatto che i picchi di crescita più alti si registrano per quei
prodotti che sono il focus della nostra strategia integrata
distribuzione-marketing-comunicazione-branding. Oltre
all’iconico Prosecco Zonin, che da tempo è percepito dagli
italiani come un must-have per celebrare momenti di autentica
convivialità, le bollicine più vendute infatti sono il
Prosecco di Ca’ Bolani, l’Oltrenero Oltrepò Pavese Docg
di Tenuta Oltrenero e il Neroluce di Principi di Butera, volto
inedito che conferma l’eccellenza del Nero d’Avola della
tenuta”. E per il futuro, novità sono in agenda. “Grazie alla
collaborazione costante con i nostri partner commerciali,
stiamo prevedendo di lanciare sul mercato qualche nuovo
prodotto che sia tempestivamente in linea con le richieste
dei consumatori”, conclude Mattioni. “La bollicina è versatile
ed è sinonimo di situazioni easy, frequenti”, spiega Federico
Girotto, amministratore delegato di Masi. “Negli
anni recenti bere bollicine nazionali è diventato un fenomeno
sempre più diffuso tra i consumatori italiani. Questo
vale in particolare per il Prosecco, sia in purezza sia nell’ambito
della mixology. Purtroppo, molto spesso si nota un
posizionamento di prezzo inadeguato rispetto alla necessità
di sviluppare una corretta awareness dei consumatori
verso il Prosecco e una conseguente percezione
di indifferenziazione, che in tanti casi
rischia di trasformare la categoria in commodity.
Diverso è il caso di Franciacorta e Trento Doc”. E
nel futuro? “A nostro parere si creerà una più accentuata
piramidalizzazione della scala prezzi,
con una conseguente maggiore intenzionalità del
consumatore nella scelta di acquisto. Con Canevel
Spumanti presidiamo il segmento alto della
categoria Valdobbiadene, che a sua volta è l’espressione
più qualificante del fenomeno Prosecco,
e finora questa strategia si è rivelata centrata”.
Altro volto dell’universo Prosecco è quello di
Cantina Pizzolato. Sabrina Rodelli, contitolare dell’azienda
trevigiana fissa lo sguardo sul domani: “Il consumatore
che predilige un vino spumante cerca in primis la piacevolezza,
un packaging accattivante e un prezzo adeguato. Le
nuove generazioni sono molto attente ad ognuna di queste
tre P e l’abilità dei produttori sarà di trovare un connubio
vincente enfatizzando il prodotto con le caratteristiche del
territorio e la sua specifica identità, fattore questo che deve
restare imprescindibile e centrale”. Oggi il momento per le
bollicine italiane è particolarmente favorevole. “Possiamo
dire senza dubbio di aver appena vissuto l’estate della rinascita,
della celebrazione e della condivisione e penso non vi
siano vini migliori delle bollicine per accompagnare questi
momenti”, conclude. Considerazioni condivise da Alessandro
Medici, membro della quinta generazione e brand
ambassador Medici Ermete: “Le bollicine corrispondono
da sempre a momenti di celebrazione e convivialità, che le
relegavano a categoria elitaria e fin troppo di nicchia. Nei
lockdown i consumatori hanno scoperto un nuovo modo
di berle. La pandemia ha creato un cambio di stile. Nel
2021 è infatti cresciuto il consumo domestico di vini spumanti
e frizzanti in Italia dimostrando quanto le bollicine
italiane siano estremamente versatili e gastronomiche.
Questo fatto è stato per noi produttori fondamentale. Oggi
le bollicine italiane stanno finalmente conquistando il giusto
posizionamento di mercato. Tutte le analisi e gli
indicatori ci segnalano che la categoria sparkling wine
è sempre più richiesta worldwide. Gli stessi consumatori
sono però più selettivi e attenti alla selezione del
brand. In termini organolettici, penso si andrà gradualmente
verso bevute più secche e snelle, verso vini gastronomici
e versatili con acidità significative”. Anche
Pierigorgio Tommasi, direttore commerciale Italia
Tommasi Family Estates, evidenzia come il segmento
proceda a vele spiegate: “Si tratta sicuramente di un
percepito positivo e in crescita quello delle bollicine
italiane, che hanno intrapreso un percorso di evoluzione
e stanno diventando un vero e proprio brand
forte e riconosciuto, dove si rispecchia tutta la
qualità del vino italiano. A dimostrazione di
questo c’è la nostra decisione, in quanto Tommasi
Family Estates, di investire e credere nelle
bollicine italiane attraverso l’acquisizione di Tenuta
di Caseo, in Oltrepò Pavese. Un progetto
che portiamo avanti da qualche anno con grande
orgoglio e ambizione, proprio perché le bollicine
possono diventare un vero simbolo del
comparto vitivinicolo italiano. Un percepito
che all’estero è già molto buono, ma sempre da
migliorare puntando su lavorazioni, come il
Metodo Classico, capaci di esaltare i territori
vocati, valorizzandoli al massimo. Il bilancio ad ora ha
sicuramente un voto positivo, dobbiamo continuare
su questa strada verso un posizionamento di alta qualità”.
E anche Luca Maruffa, marketing manager Gruppo
Cantina Produttori di Valdobbiadene – Val D’Oca,
si sofferma sui recenti cambiamenti: “Le bollicine vivono
da qualche anno un’evoluzione del percepito da
parte del consumatore. Non si tratta del vino quotidiano,
ma del vino dell’incontro con gli amici e dell’aperitivo.
Allo stesso tempo la bollicina è oggi territorio di
un bere più ricercato e curioso, complice una grande
possibilità di scelta e la varietà dei prodotti e dei marchi
in campo. Le categorie sono molteplici, le aziende che
si sono dedicate alla produzione delle bollicine territoriali
secondo vari metodi sono innumerevoli, la possibilità di
approcciare i più disparati cibi con una bollicina nel calice
è sotto gli occhi di tutti. Per quanto riguarda gli sviluppi si
può ipotizzare che, al di là dei marchi più blasonati e ben
posizionati nei vari segmenti di mercato, alcune aziende
cercheranno di lavorare sulla riconoscibilità e la diffusione
dei loro brand. Le bollicine ben si prestano da sempre a
linguaggi di comunicazione interessanti, e questo dovrà
portarle a compiere scelte strategiche e non solo tattiche”.
A chiudere l’inchiesta le considerazioni di un altro manager
di lungo corso delle bollicine italiane: Beniamino
Garofalo, amministratore delegato
Santa Margherita. “Penso che i wine lover italiani
abbiano capito da tempo che la spumantistica
nazionale ha acquisito una dimensione
e una qualità importanti”, spiega. “Se guardiamo
ai dati nazionali del passato esercizio – oltre
200 milioni di bottiglie stappate dai nostri
connazionali – è evidente che il consumo di
spumanti sta entrando sempre di più nelle
consuetudini degli italiani. Questo è favorito
senz’altro dal successo del Prosecco Doc, ma
anche dalla eccezionale proposta che arriva
dai produttori del Conegliano Valdobbiadene
e di Asolo, per restare alle due Docg targate Glera. Credo
che vi siano ulteriori ed importanti margini di crescita se
si sapranno valorizzare quelle specificità che sono rimaste,
al momento, un po’ in secondo piano: un esempio di
questo sono le Rive. Ma oltre al sistema Glera c’è tutto il
mondo del Metodo Classico italiano, con un mix importante
fra i vitigni internazionali e autoctoni che stanno
ampliando la base dei produttori con un’offerta di altissima
qualità. Il wine lover italiano ha oggi una vastissima
possibilità di scelta, come mai in passato. Ne è consapevole
e questo è stimolo e base per una domanda in crescita
anche nei prossimi anni”.

14
NUOVI CODICI
La nouvelle vague
dell’Emilia del vino
Albinea Canali rinnova grazie ai suoi autoctoni
il messaggio nel calice di un passato mai così attuale
A
l cuore dell’Emilia del vino, terra generosa
proprio come le sue più spumeggianti
e note bollicine, quelle incarnate
dalle mille sfumature di Lambrusco, affonda
le proprie radici Cantina Albinea
Canali. Quella di questa realtà simbolo dal 1936 delle
colline a Sud di Reggio Emilia è da sempre storia condivisa.
Un progetto nato da una passione comune, ma
soprattutto dalla capacità di guardare lontano, al futuro.
Uno spirito che si riverbera oggi in un percorso che
non parla solo la lingua delle bolle in rosso, ma si apre
al multiforme paesaggio di colori, profumi e sapori che
queste terre sono in grado di comunicare nel calice.
È, infatti, un’interpretazione più ampia dell’Emilia,
luogo di convivialità e allegria, il cammino intrapreso
dalla Cantina Albinea Canali nel corso degli anni. Una
strada che oggi ha condotto a concentrarsi anche sulla
valorizzazione di produzioni “di nicchia”, che in realtà
null’altro sono che la consapevolezza del valore di
un passato mai così attuale. La realtà reggiana, infatti,
vede il suo bacino di raccolta delle uve in un ristretto
bacino, quasi un cru, in una delle aree più pregiate sotto
il profilo dei suoli e del clima dell’intera provincia.
Ed è qui che hanno trovato casa quei vitigni autoctoni
capaci di generare vini di carattere che all’assaggio
non sono solo riflesso del territorio in cui prendono
forma, ma anche trasmettono quella che è la vera essenza
dell’Emilia. Una nuova declinazione gourmet di
DI MATTEO BORRÈ
una terra che in termini di eccellenza enogastronomica
non conosce rivali. C’è infatti vita – e che vita! – ben
oltre le varietà Salamino e Grasparossa che, laddove si
parli di Lambrusco, regalano uno dei paradigmi più
moderni e di successo: l’iconico Ottocentonero. Già,
perché se il nome Albinea Canali è indissolubilmente
legato a quello dell’etichetta flagship, bollicina capace
di essere a perfetto agio in un calice quanto all’interno
di un cocktail, oggi gli orizzonti si sono allargati notevolmente.
Da un lato, la scelta Pop, che resta ancora
fermamente ancorata alla valorizzazione del territorio
quando decide, con Meares, di esaltare in un blend
gli autoctoni Lambrusco Maestri e Lancellotta, che
nell’unione con i grandi classici Salamino e Grasparossa
si tramutano in una bollicina rossa davvero per tutti,
per via della piacevolezza immediata e di una versatilità
che già l’ha condotta a ricercare i più svariati abbinamenti
gourmet con un simbolo dell’Italia a tavola
quale è la pizza. Ma è lungo la dorsale che conduce fino
al meglio, la linea Top, che oggi si rinnova il messaggio
dell’Emilia del vino di Cantina Albinea Canali, con la
sua più pura riscoperta di una tradizione antica mai
quanto ora capace di farsi contemporanea. Lo fa con
una serie di etichette che vanno a definire una gamma
di autoctoni in cui è una nuova lettura di vitigni come
Sorbara, Grechetto Gentile o Spergola a incrociare
originali interpretazioni nel calice. Vini dalla spiccata
personalità, che elevano il posizionamento in tavola
dei varietali di cui sono espressione. A iniziare da due
Metodo Classico, il Blanc Brut e il Rosé Pas Dosé, che
nell’incontro tra Sorbara e Grechetto Gentile in opposte
percentuali, se si pone a confronto una referenza
con l’altra, propongono due visioni e due equilibri capaci
di esaltare in forme differenti queste uve, rimarcando
sfumature di freschezza al palato che regalano
bollicine complementari e di sicuro affidamento per
piacevolezza e vibrante ricercatezza. Si pone in scia
un altro Metodo Classico, racconto antico dell’Emilia
del vino che oggi si fa nouvelle vague: la Spergola
Millesimata 2020 Dosaggio Zero. Il vitigno autoctono
originario delle colline di Scandiano è presentato in
una bollicina derivazione del mosto fiore chiamato a
vivere una seconda fermentazione sui lieviti in bottiglia
di almeno 18 mesi: per un’interpretazione fresca
e originale, dove con equilibrio e armonia la spiccata
acidità delle uve di questa varietà si accosta a una vena
sapida, esprimendo poi una grande mineralità che ne
tratteggia il lungo finale. A completare la visione, due
novità: da una parte, il rilancio del “metodo ancestrale”
con FB, Lambrusco fermentato in bottiglia dedicato
a chi ricerca la particolarità di un’interpretazione
enologica autentica e non convenzionale, Sorbara “antico”
che si presenta oggi come referenza interessante
da affiancare a una cucina innovativa; dall’altro lato,
un fermo, intrigante Pignoletto in una versione che si
fa pura espressione del sapere tramandato in Cantina
Albinea Canali. Si tratta, infatti, di Grechetto Gentile
in purezza ma che prende vita dal blend di due vini
base che seguono fermentazioni diverse, per poi congiungersi
in bottiglia: unicità nel calice per offrire uno
sguardo su una terra totalmente diverso da quello che
l’ha fino a oggi definita. Una personalità che Cantina
Albinea Canali intende trasmettere e condividere.
“L’azienda sta investendo molto nello sviluppo di Albinea
Canali: lo stiamo facendo su diversi fronti. Da una
parte lavorando molto sulla crescita del prodotto in
qualità e ampliando la gamma di referenze per soddisfare
clienti che ricercano anche vini particolari, fuori dal
comune, come i nostri Metodo Classico o il Pignoletto
fermo”, sottolinea Francesca Benini, Sales & Marketing
Director di Cantine Riunite & Civ. “Dall’altra abbiamo
avviato un percorso di evoluzione della relazione tra tutti
gli attori coinvolti nella filiera di vendita, superando
il concetto di fornitore-cliente e operando in una logica
di partnership, con l’obiettivo di creare valore in tutto
il percorso che le nostre bottiglie compiono per arrivare
al calice”. Ed è così che la nouvelle vague dell’Emilia
del vino di Albinea Canali è portata in tutta Italia attraverso
un progetto di brand ambassador. “Giovani professionisti
che presidiano specifiche aree geografiche,
affiancando agenti, grossisti, ristoratori e gestori di locali
nella presentazione e proposta dei nostri vini”, chiosa
Francesca Benini. “Nascono così serate di degustazione,
eventi e occasioni di divulgazione di quell’alta cultura
enologica emiliana che Albinea Canali rappresenta”.
Un sorso antico, mai così attuale e da condividere.

16
INTERNI D’AUTORE
L’Arte della bollicina
in Valdobbiadene
Fa il suo esordio Atelier, la collezione che rinnova
la forma del know-how enoico Valdo
DI MATTEO BORRÈ
Individuare il perfetto equilibrio in una bollicina è Arte. È figlio di un know-how
che non può essere improvvisato. Un’artigianalità di cui, al cuore del Conegliano
Valdobbiadene, da quasi 100 anni Valdo si fa interprete, combinandola con la
forza dei numeri. Se il nome dell’azienda, volto così noto in Italia e nel mondo
da non rendere necessarie particolari introduzioni, è immediato richiamo al territorio
di appartenenza, quello che lungo il corso dei decenni ne è stato lo stile s’intreccia
indissolubilmente a una famiglia, i Bolla, che sulle colline patrimonio Unesco
hanno portato, dal 1926, la passione per il vino e per la natura a sposare il più puro
spirito imprenditoriale. “Lo stile di un’azienda è innanzitutto il gusto e la cultura di
una famiglia. E se è vero che un’impresa deve produrre per il consumatore, altrimenti
sotto il profilo economico non farebbe il suo lavoro, nel mondo del vino ritengo che
ogni realtà debba però fare anche un prodotto che piaccia in primis a chi ne è l’artefice”,
ha spiegato qualche tempo fa a WineCouture Pierluigi Bolla, presidente della
casa spumantistica di Valdobbiadene. Ed è un savoir-faire, quello che si è tramandato
in una famiglia che produce vino dal 1883, un passaggio di testimone dopo l’altro, che
oggi assiste a un’ulteriore evoluzione. Ai differenti tasselli che danno forma all’articolato
mosaico della storica realtà è fornita oggi una nuova veste, che porta i più pregiati
tra gli spumanti Valdo nel futuro del gusto di quel vivere bene tipicamente italiano di
cui da sempre è testimonial riconosciuto. Atelier è il nome scelto per definire una vera
e propria collezione di modelli enologici di Haute Couture. Proprio come nello studio
di un artista, luogo intriso di dedizione e capacità di creare, la bellezza prende la forma
dell’Arte, così la gamma materializza l’intuito del presidente Pierluigi Bolla e del team
di cantina guidato da Gianfranco Zanon, dando corpo alle diverse interpretazioni di
Valdobbiadene secondo lo stile Valdo. Produzioni uniche con un denominatore comune:
la tensione verso l’eccellenza con uno sguardo sempre puntato oltre il presente.
Finimenti sartoriali, classicismo Déco, ispirazione futurista, memoria visionaria, geometrie
e profili che raccontano le colline e i segreti del Prosecco Superiore: tutto questo
è racchiuso in Atelier, dove tradizione e innovazione nell’interpretazione dell’uva
Glera trovano sintesi. Come testimonia la grande novità di Cuvée di Boj Vintage, una
delle più iconiche interpretazioni del savoir-faire enologico di Valdo proposta nella
sua versione originale, edizione speciale che ritorna in occasione delle celebrazioni
per quella che ne è la 40esima vendemmia. Nato nel 1982, il Cuvée di Boj Valdobbiadene
Docg ha rappresentato una delle prime bollicine con dosaggio Brut sulle colline
del Prosecco Superiore. Oggi, questo best-seller capostipite della rinnovata collezione
Atelier si presenta libero da vincoli anche nella variante Vintage, millesimato dedicato
al suo ideatore: Bruno Bolla. È proprio la ricetta originale quella riproposta, blend di
75% Glera e 25% Chardonnay, racconto di come è cambiata stilisticamente nel corso
dei decenni un’intuizione di grande successo. Un ritorno al futuro, attraverso il recupero
dell’uvaggio degli inizi, per uno spumante Brut che si spinge oltre il tempo stesso
e le convenzioni grazie all’unione tra l’eleganza dello Chardonnay, uno tra i grandi
spunti portati sulle colline di Valdobbiadene proprio dalla famiglia Bolla, e la fresca
dinamicità della Glera. Poco meno di 12mila bottiglie, che riconducono l’attenzione
sulla tipicità e l’eccellenza delle uve dell’antica località “valle dei buoi”, zona vocata dalle
straordinarie caratteristiche territoriali situata nella frazione San Pietro di Barbozza.
Per un’edizione limitata che anche nella veste, grazie a una decorazione dell’etichetta
che evolve in un motivo a palmetta, tipico dell’arte greco-romana e rivisto qui in chiave
geometrica, restituisce uno spirito energico e sintetico. Una bollicina dal carattere raffinato,
che apre la via che conduce fino alla massima espressione della Valdobbiadene di
Valdo: il Metodo Classico Tenuta Pradase. Il frutto, quest’ultimo spumante, di antichi
cloni di Glera, Bianchetta, Perera e Verdiso recuperati e messi a dimora nei diversi filari
di questo “santuario” sulle colline patrimonio Unesco. Una vera e propria “biblioteca”
del sapere, della biodiversità e del patrimonio culturale custodito nel vocato terroir di
Valdobbiadene, che qui regala una tiratura limitata di circa 6mila bottiglie l’anno, rendendo
ancora più esclusivo il carattere di questo millesimato che affina per almeno 24
mesi sui lieviti. Un simbolo della sartorialità e dell’expertise Valdo nel plasmare l’eccellenza
sotto forma di bollicina: perché individuare il perfetto equilibrio è Arte.

www.valdo.com

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Èuna traiettoria che l’ha condotta fin alle stelle, quella che ha portato Masottina
ad essere oggi uno dei più riconosciuti rappresentanti del Conegliano Valdobbiadene
sulle wine list d’Italia e del mondo. Ma questo risultato, suggellato
dall’inserimento nella Top 100 Wine Spectator, la più influente classifica enoica
degli Usa, con la “prima” di un Prosecco Superiore menzione “Rive”, è figlio
di un cammino impostato non solo grazie alla tenace valorizzazione dei frutti delle colline
patrimonio Unesco, a iniziare da quelli delle sue aree più vocate, impervie e prestigiose.
Già, perché la strada tracciata e che oggi continua a essere percorsa dall’azienda della famiglia
Dal Bianco è quella che fissa lo sguardo su un orizzonte ben più lontano, fino a sfidare
il tempo. Il Prosecco, quando si parla di quello Superiore di Conegliano Valdobbiadene,
non può infatti essere ingabbiato nelle maglie della banale bollicina “d’aperitivo”. Ed è a
una nuova dignità e veste ciò a cui lo ha ulteriormente elevato Masottina, ponendo l’accento
sul lato gastronomico del vino, ricercandone l’abbinamento a tutto pasto. Nulla di
rivoluzionario in teoria, si potrebbe pensare, se non fosse per il progetto che si colloca alle
spalle di questa evoluzione. Una sfida al tempo, come detto, che ha portato Masottina a
venire oggi riconosciuto come il “nuovo” nel panorama del Conegliano Valdobbiadene
Docg che ha conquistato l’alta ristorazione. Tutto nasce da un’intuizione, figlia di un ragionamento
tanto semplice quanto efficace. “Un giorno mi sono domandato perché non
potessimo mettere da parte i nostri Conegliano Valdobbiadene R.D.O. esattamente come
mio padre conservava i vini fermi più pregiati”, spiega a WineCouture Federico Dal Bianco,
vicepresidente della realtà nata nel 1946. “Così, dal 2009, primo anno in cui è stata
introdotta la possibilità di vinificare le Rive, abbiamo iniziato a costruire una biblioteca di
R.D.O. che conta oggi 12 annate, andando indietro fino alla 2009, con un R.D.O. Levante
di cui costudiamo gelosamente le poche bottiglie rimaste”. Da qui prende il via quello che
nel 2022 si è tramutato in un vero giro d’Italia per condividere con pubblico e una selezione
di locali “ambasciatori” un’esperienza unica, giocata attorno a una vecchia annata di
R.D.O. “Il Valore del Tempo di Masottina Tour”, realizzato in collaborazione con Gambero
Rosso, ha offerto la possibilità di andare in profondità quando si parla di Rive di Ogliano
e di Conegliano Valdobbiadene Docg. “Masottina è stata tra le prime aziende a credere
nel concetto di Rive”, evidenzia Roberta Surini, responsabile marketing e comunicazione
Masottina, “vinificando separatamente non solo un terroir unico come le Rive di Ogliano,
ma andando oltre e creando dei single vineyard, gli R.D.O. Oggi siamo tra i primi a promuovere
il concetto di vecchie annate di Prosecco e di riserve pensate fin dalla loro nascita
all’abbinamento con l’alta gastronomia”. E la prova “su strada” non ha fatto che ribadire
come ci sia vita oltre la degustazione di queste bollicine in gioventù, quando si apprezza la
freschezza, l’aromaticità e la sottile eleganza della Glera. Masottina, lavorando con estrema
cura sia in campagna sia in cantina, ha dimostrato che i propri Cru, gli R.D.O. Levante
e Ponente, sorprendono col passare del tempo, acquisendo un profilo gastronomico che li
rende ancor più adatti all’abbinamento coi piatti dell’alta ristorazione. È un vero e proprio
patrimonio enologico, quello che la famiglia Dal Bianco ha saputo costruire in questi anni
e ora ha scelto di condividere con appassionati esperti e professionisti, capaci di comprendere
cosa voglia dire degustare un Prosecco Superiore con anche oltre 10 anni alle spalle.
Ma “divulgare il verbo” ha rappresentato solo la prima fase della scoperta del potenziale
ancora celato di R.D.O. Il coinvolgimento dell’alta ristorazione, infatti, ora si spinge oltre,
per valorizzare ancor più gli abbinamenti tra piatto e vino e, al contempo, per abbattere
ogni residua barriera. Una sinergia che ha già conquistato quello che è stato il primo ambasciatore
di R.D.O., L’Alchimia a Milano, dove l’esperienza della degustazione delle vecchie
annate oggi è già parte integrante della sua carta vini, esattamente come per lo Yard
Restaurant di Verona. “Per via delle dimensioni forzatamente contenute di una biblioteca
Masottina che non possiamo permetterci di esaurire, non possiamo purtroppo pensare a
un gran numero di ambasciatori di R.D.O.”, chiosa Federico Dal Bianco. “Sarà un vero e
proprio club esclusivo, per dare il giusto merito a chi crede in un progetto che punta ad
abbattere le barriere di chi nutre diffidenza nei confronti del Prosecco, non considerandolo
un vero e proprio vino apprezzabile fuori dalla propria gioventù. Attraverso la scoperta
delle vecchie annate di R.D.O. si ricrederanno, toccando con mano come sia capace di
evolvere nel tempo”. Ecco l’inedito volto del Conegliano Valdobbiadene Docg.
DI MATTEO BORRÈ
VISIONI
Masottina e il nuovo
valore del tempo
L’alta ristorazione scopre le vecchie annate di R.D.O.,
inedito volto del Conegliano Valdobbiadene

19
Oggi sempre più celebrato in Francia, il Meunier
si trasforma in scelta fuori dagli schemi da questo
lato delle Alpi. In Trentino c’è chi, come Maso
Martis, ha scelto di dargli spazio fin da tempi
non sospetti e, nel 2020, a 30 anni dalla fondazione
della cantina guidata da Antonio e
Roberta Stelzer, di presentarlo in purezza,
in una versione rosé. Oggi Monsieur Martis
TrentoDoc Rosé de Noir Brut Millesimato
2017 è bollicina più unica che
rara. Il frutto di selezione dei grappoli a
mano, pressatura soffice ed estrazione
del colore e dei precursori aromatici
più nobili del Meunier grazie al
contatto con le bucce: poi, solo acciaio
e un affinamento sui lieviti
per 48 mesi. Una poesia ramato
tenue nel calice, che al palato
gioca sulla piacevole acidità e
salinità, snellezza e complessità
di retrogusto. Per una
produzione di 2.160 bottiglie
che tratteggia un volto
insolito e tutto da scoprire
dei pendii del TrentoDoc.
COLLECTION
Dalla Sicilia più profonda, l’inedito volto del principe tra gli autoctoni isolani:
il Nero d’Avola. Futuristico figlio di un fazzoletto di terroir dall’inattesa
vocazione, prima dell’intuizione che ha condotto alla sua codifica in vino.
È una nuova sfumatura della Grande Bellezza siciliana quella racchiusa in
ogni bottiglia nel Nero d’Avola Sicilia Doc Metodo Classico Pas Dosé
Principi di Butera. Un’interpretazione che segue la via della seconda rifermentazione
secondo i dettami della logica Champenoise, per un inusuale
Blanc de Noirs che prende forma da una precisa porzione di vigneto di circa
tre ettari antistante l’antico baglio. Uno spumante fragrante, dalla spiccata
mineralità e la raffinate croccantezza, che invoglia con la sua persistenza a
proseguire nella sua scoperta, sorso dopo sorso.

20
COLLECTION
Un nuovo spumeggiante volto in rosa per la Sardegna
del vino Argiolas. A ribadire la vocazione
di una cantina da sempre predisposta a esplorare
“altre” vie. Cammini differenti da quelli abitualmente
battuti nel panorama enoico e capaci di
condurre a felici scoperte, per chi poi decide di
dare fiducia “nel calice” all’azienda di Serdiana.
Intuizioni come Tagliamare Brut Rosé
Argiolas, la prima bollicina dal rosso autoctono
Monica. Per un metodo Martinotti che
offre al palato una sfumatura di Sardegna
fresca ed elegante, racchiudendo in bottiglia
la luce del tramonto in riva al mare
sulla sabbia della spiaggia rosa di Budelli.
Il marchio più prestigioso di Monte Rossa, Cabochon va certamente
ad inserirsi in quella linea qualitativa che ha reso grande la Franciacorta
nel corso del tempo. Figlio della corona di colline che chiudono
a Sud sul lago d’Iseo e lo separano dalla zona della Pianura Padana,
il Cabochon Fuoriserie Rosé N°6 Franciacorta Docg Brut Monte
Rossa è prodotto con uve Chardonnay e Pinot Nero, unite in una
cuvée composta per l’80% da vini provenienti dai Cru storici e dal
20% da vini di riserva. Dal color rosa intenso, è spumante dal perlage
fine e persistente che al naso propone note ampie e profumate di
fragoline di bosco, agrumi, scorza di limone candita, nocciole e un
lieve accenno al pan brioche. Il sorso è pieno, armonico e persistente.
Piacevole acidità e finale salino, che richiamano la beva. Un gran
bel bere, perfetto dal brindisi iniziale alla degustazione tutto pasto.

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Le bollicine in Piemonte possono sorprendere giungendo anche da una terra
di grandi rossi. Direttamente al cuore delle Langhe, la firma sulla bottiglia è
quella di una delle più storiche famiglie del vino sul Bricco di Neive, che da sei
ettari a Pinot Nero nel comune di Costigliole d’Asti dà vita al Brut Metodo
Classico Millesimato Ivan V.S.Q. Dante Rivetti. La durata della paziente
sosta sui lieviti varia a seconda dell’annata: per la 2012, l’attesa si è prolungata
per 96 mesi prima di affinare ancora qualche tempo in bottiglia, così da
trovare il suo perfetto bilanciamento. La scelta è di Ivan Rivetti, custode insieme
a Donato Lanati della cantina, santuario in cui si fondono innovazioni
tecniche e savoir-faire antichi. Quello che poi regala questo Metodo Classico
in bianco (ma di cui esiste anche una variante rosé tutta da scoprire) è una
dorata bolla passe-partout, Blanc de Noirs dal gusto secco, fresco e pulito:
armonia nel calice, delicata fragranza senza eccessi.
Il sogno spumeggiante del vigneron rallysta Peter
Zanchi. Un Metodo Classico che nasce all’interno
della cornice naturale della Val San Martino, dove
la vista si prolunga all’orizzonte sulle alture della
Valcava, sotto uno di quei tipici angoli di cielo di
Lombardia “così bello quand’è bello, così splendido,
così in pace”. È a ridosso di Pontida che
ha preso forma l’idea d’individuare, a circa
450 metri s.l.m., pochi ettari di terra capaci
di donare uve perfette alla creazione di
una bollicina con potenziale per mettere
in riga quelle di terroir, vicini e lontani,
ben più noti. E la selezione di grappoli
di Chardonnay e Pinot Nero regala
le basi ideali per incamminarsi
sulla strada che conduce alla svolta
champenoise. Il Metodo Classico
Brut Drezza è spumante di grande
finezza che della continuità della
sua bollicina fa un vanto e dove
ad affermarsi è la componente
minerale dei suoli – il Flysch
di Pontida – in cui prende vita.
Un’asciutta fresca piacevolezza,
dosata 3 g/l, nel calice e al palato,
per una produzione nei numeri
estremamente contenuti, ma
dall’impronta che, fin dal primo
sorso, fa tanto pensare a Oltralpe.
COLLECTION

22
COLLECTION
Prende il nome di Sektmanufaktur Winkler la casa spumantistica fondata negli anni ‘70
da Helmuth Winkler, padre dell’attuale proprietario, Michael, che insieme alla moglie
Verena ha ridato vita alla cantina nel 2017. Un marchio che presenta sul territorio
altoatesino una produzione esclusiva figlia delle zone di Cornaiano e Caldaro. Per una
sola etichetta, il Winkler Lamm N°12 Metodo Classico Extra Brut, spumante a base
di Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco, che si presenta di colore giallo paglierino
scarico, brillante, con lievi riflessi dorati. Bollicina fine, composta e persistente, al
naso è ampio e fresco con note di pesca bianca, mela, pera matura e agrumi seguite da
note più intense di pasticceria e nocciola. Al palato, Lamm N°12 è intenso e fresco, di
gradevole persistenza ed eleganza. Assolutamente da provare e gustare, questa nuova
grande bolla dell’Alto Adige.
Una bollicina simbolo di reale Unione Europea. Incontro tra i due volti del Collio, quello
che dice Ribolla Gialla e quello che risponde Rebula: a testimonianza che laddove c’è
Ponca nei suoli l’eccellenza non conosce confini. Sinefinis Rebolium Brut Nature è un
Metodo Classico che nasce da un blend che da un lato parla la lingua dei vigneti italiani di
Giasbana, frazione di San Floriano del Collio, e dall’altro quella dei filari sloveni del Brda
di Kojsko, per poi in cantina rifermentare in bottiglia sui lieviti non meno di 60 mesi. Lo
fa sotto lo sguardo attento dei suoi due artefici, Robert Princic e Matjaz Cetrtic, amici
prima che produttori a capo rispettivamente di Gradis’ciutta e Ferdinand, ma soprattutto
ideatori di questo vino che si fa messaggio d’unità nel calice. Una bollicina raffinata, ma
allo stesso tempo di grande carattere. Per un’interpretazione di Ribolla Gialla fresca e
gratificante, dal finale lungo e sapido.

Giacomo Antonio Armani
Toniolo Armani
1400
Antonio Armani
1500
Domenico Armani
Giacomina Armani
Giovanni Armani
Sabina Vettori
Giovanni Armani
Simone Armani
Antonia Baldi
oggi
Patrizia Armani
Claudio Armani
Mario Armani
Francesca Saiani
Caterina Caproni
1600
Giovanni Armani
Cleto Armani
Maria Tomasoni
Elisabetta
di Bartolomeo Cipriani
Olimpio Armani
Giovanni Armani
Domenica
Giuseppe Armani
Giovanna Bertoletti
1700
Davide Armani
Luigia Martinelli
Remo Armani
Antonio Armani
Enrica Armani
Prassede Cipriani
1800
Luigia Armani
Alessandro Saiani
oggi
Albino Armani
Enrica Cipriani
1900
Antonio Armani
Domitilia Martinelli
Andrea Armani
Veronika Rafikova
oggi
Albino Armani
Egle Capilupi
Federico Armani
Essere parte di un territorio. Essere parte di una famiglia.
Essere parte di una storia.
Siamo in simbiosi con l’inestimabile patrimonio ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto.
Come loro, ce ne prendiamo cura e lo salvaguardiamo per chi verrà dopo di noi.
Oggi, più di ieri, Albino Armani significa ereditare per il futuro.
www.albinoarmani.com

24
PROTAGONISTI
I grandi vini sono
un affare di famiglia
Tra nuovi consumi e un DNA che non mente, parlano
Leonardo e Carlo Alberto, quarta generazione Sagna
Tra le caratteristiche fondanti di Sagna S.p.A
spicca l’essere un’azienda a gestione famigliare.
Una peculiarità che influisce ancora
oggi nelle scelte da prendere quando si tratta
di dare il via a collaborazioni con nuove cantine.
E nel ripercorre storia e tappe che hanno condotto
all’acquisizione di mandati prestigiosi – si citino tra i molti
il Cognac Delamain, la Maison di Champagne Louis Roederer
(dopo Mumm), i Domaines Schlumberger e i vini
della Loira del Baron Patrick de Ladoucette – si comprende
quanto proprio i valori della famiglia e della tradizione
risultino decisivi. Oltre all’aspetto familiare, infatti, ciò che
accomuna i mandati del portfolio Sagna è una filosofia
produttiva che prevede la presenza di una gamma di vini
complessi ed eleganti. Poi, è l’assaggio di qualche referenza
con alle spalle oltre 20 anni di vita a restituire l’immagine
di quelle famiglie, composte da uomini e donne che lavorano
da tempo al fine di preservare la cultura che si cela
dietro ogni vocato areale produttivo, dalle uve ai suoli d’origine,
per una costante rappresentazione di ciò che i francesi
chiamano “goût du terroir”. Sorsi sinceri, riferimenti
che confermano la politica rigorosa di Sagna, che rifugge
mode passeggere e facili volumi, e hanno portato l’azienda
ad occuparsi della distribuzione di prodotti a volte dal
ristretto mercato, spesso molto rari, ma sempre altamente
ricercati dai veri intenditori: si pensi al Cristal o ai vini
della Romanée Conti, etichette non certo da “performance
immediata”. L’expertise Sagna si comprende ancor meglio
DI MATTEO BORRÈ
analizzando lo sviluppo del mercato a fronte della scelta
d’importare vini alsaziani: una collaborazione iniziata sulla
scia di un memorabile assaggio di una vecchia release di
Gewurztraminer Grand Cru Selezione di acini nobili. Si
era a cavallo degli anni ’80 e ’90, all’epoca il mercato non
era propenso a un consumo di vini così maturi, men che
meno se stranieri. Sagna, incamminandosi su questa via,
ha dato forma a un nuovo segmento, una domanda che
non c’era di vini francesi longevi. Oggi, grazie a Leonardo
e Carlo Alberto, la quarta generazione della famiglia piemontese
perpetua la mission delle origini. Ed è con loro
che abbiano scattato una fotografia dello stato dell’arte del
vino, tra distribuzione, mercato e nuovi consumi, iniziando
proprio col capire come viene approcciato questo mondo
da chi è custode di un’eredità così importante? “Il mondo
del vino, tradizionalmente statico, sta vivendo una lenta ma
sostanziale evoluzione”, spiega a WineCouture Leonardo
Sagna, “e da parte nostra c’è massima attenzione a quelle
che sono le nuove tendenze di consumo, di distribuzione e
di comunicazione. La sfida, ma anche il valore aggiunto, è
riuscire a coniugare evoluzione ed esperienza. Pur cercando
d’anticipare le novità del mercato ed ammodernando i
processi interni, la nostra storia ci suggerisce uno stile di
lavoro che ci impegniamo a preservare”. Fa eco a riguardo
Carlo Alberto: “Una delle maggiori difficoltà che possiamo
incontrare nel mercato di oggi è d’identificare con attenzione
e serietà quali sono i trend da seguire. Sempre più
spesso si generano mode guidate da obiettivi di vendita ma
senza una base di qualità, che invece deve essere sempre
il cardine di chi fa il nostro lavoro”. Ma come è cambiato
consumo e percezione dei beni di lusso? “Nel mondo del
vino ho visto due tendenze, una positiva e una negativa”,
spiega Leonardo. “L’aspetto positivo è il numero sempre
maggiore di appassionati che alimentati dalla loro curiosità
sono portati ad assaggiare anche grandi vini, aumentandone
il consumo. L’aspetto negativo, invece, è la speculazione
con cui qualcuno prova a inquinare il mondo del vino.
Una bottiglia, anche la più costosa, nasce dalla passione del
produttore con il solo scopo di essere aperta, apprezzata e
goduta dal consumatore finale. La speculazione interrompe
questo percorso: la bottiglia acquista valore finché non
viene aperta, si cerca quindi di rimandare il più possibile il
momento, almeno fino al raggiungimento della cifra cui si
mira. Ne consegue che i danneggiati sono sia i consumatori,
costretti a pagare care le poche bottiglie disponibili, sia
i produttori, che non riescono a raggiungere i loro appassionati”.
Ma proprio la crescente curiosità tra i più giovani
fa ben sperare. “È gratificante vedere un numero sempre
maggiore d’appassionati evolversi verso prodotti più ricercati
e di nicchia”, sottolinea Carlo Alberto. “Non solo c’è
più interesse verso l’etichetta, ma anche su tutto ciò che la
circonda e la porta in tavola: dalla sua storia ai luoghi dove
nasce, quei dettagli che caratterizzano ogni vino e produttore”.
A riguardo, come leggere l’attuale dinamica di prezzi
alle stelle creatasi attorno a produzioni di primo livello, Borgogna
in primis? “Il mercato dei vini bianchi francesi vale
il 12% del nostro fatturato”, risponde Leonardo. “E come
detto prima, siamo convinti che le bottiglie vadano aperte.
Come distributori, nonostante tutti i costi che si sono
aggiunti negli ultimi tempi per le più svariate motivazioni,
siamo fedeli a una politica di rincaro allineata con quella
del produttore. Cerchiamo di metterci al servizio della ristorazione,
così da far lavorare e prosperare il mercato, ma
poi, lungo la filiera, non è raro assistere a fenomeni speculativi
su quei prodotti percepiti come particolarmente
preziosi per via della loro rarità”. Cosa di nuovo, invece, ha
portato la nuova generazione Sagna in azienda? “Di sicuro,
il nostro apporto è stato quello di spingere verso una diversificazione
del portfolio inserendo nuovi mandati ed in
particolare aprendo il nostro catalogo ai prodotti italiani”,
evidenzia Leonardo. “Credevamo, e crediamo tuttora, che
i prodotti nazionali siano complementari con la nostra proposta
estera e che una distribuzione sia la soluzione migliore
per una cantina italiana di piccola o media dimensione.
Si tratta di un ampliamento sempre guidato dalla ricerca di
massima qualità e serietà. Ma oltre ad uno sviluppo esterno
abbiamo anche portato uno sviluppo interno, puntando
sulla digitalizzazione aziendale e su una comunicazione
più ampia, che includesse anche nuovi canali”. Ma c’è altro.
“Abbiamo lavorato su una ristrutturazione della forza vendita
e su una riconsiderazione territoriale che riteniamo ci
possa e ci renderà ancora più capillari sul territorio”, spiega
Carlo Alberto. “La nostra è una clientela tradizionale che
annovera ristoranti, hotel, enoteche e grossisti, mentre non
lavoriamo con la Gdo. Le difficoltà logistiche e la poca disponibilità
di prodotto non ci permettono in questo momento
di sviluppare una numerosa clientela privata. Mentre
un canale con cui lavoriamo con attenzione e selezione
è l’online: assieme a partner storici riusciamo a rendere la
nostra presenza su queste piattaforme non di disturbo per
il mercato tradizionale raggiungendo ottimi risultati”. Ma
dopo tutto questo parlar di vino, cosa piace bere alla nuova
generazione Sagna “extra lavoro”? “Mi piacciono i vini fini
ed eleganti, di buon corpo”, risponde Carlo Alberto. “La
Toscana mi appassionano molto, ma anche Barolo e Barbaresco.
Sono sempre curioso nel provare nuovi Champagne,
salvo poi ritrovarmi a perfetto agio con quelli Louis Roederer”.
E, da parte sua, Leonardo chiosa: “In questo periodo
sono curioso di assaggiare novità o territori che conosco
meno, anche metodi produttivi diversi, nonostante il mio
gusto resti tradizionale. Ammetto infatti di tornare spesso
alle origini, avendo sempre pronta in cantina qualche bottiglia
di Champagne, di Pouilly Fumé, di Chablis, di Borgogna
o di Nebbiolo”. Il DNA, si sa, non mente mai.

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rispondente alle diverse zone di produzione: Montagne
de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Aube, oltre
alle realtà classiche riunite in una specifica area. Questo
consente di donare ai visitatori professionali una fotografia
molto chiara e utile della produzione in Champagne.
CHAMPAGNE
Modena,
provincia di Reims
Torna il 16 e 17 ottobre Champagne Experience:
ecco perché non mancare all’appuntamento
Domenica 16 e lunedì 17 ottobre gli spazi di
Modena Fiere si riempiranno ancora una
volta dei vini di grandi Maison e piccoli
Vigneron di Champagne. Torna, più spumeggiante
che mai, l’evento dedicato alle
bollicine francesi più note al mondo organizzato da Società
Excellence, di cui WineCouture è media partner. Per la sua
quinta edizione, la kermesse, un riferimento in Italia per appassionati
e professionisti alla ricerca di novità, non ospiterà
solo le etichette che fanno capo alla realtà che riunisce 21
tra i maggiori importatori e distributori italiani di vini e distillati
d’eccellenza, ma si farà fotografia dei diversi terroir
di Champagne. Lorenzo Righi (in foto a destra), direttore
di Società Excellence, spiega quali novità attendersi e come
arriva il mercato all’appuntamento.
Modena Champagne Experience “riparte” dal
grande successo dell’anno scorso: la 2022 sarà
l’edizione del definitivo ritorno alla “normalità”?
Siamo tutti molto entusiasti per l’avvicinarsi di Modena
Champagne Experience 2022. Il desiderio di ritornare alla
normalità, in realtà, è emerso con forza già l’anno scorso,
un’edizione di grande successo che ha registrato un deciso
aumento degli accessi rispetto a quella del 2019, con un’elevatissima
presenza di operatori del settore, aspetto che rappresenta
da sempre uno dei tratti distintivi della kermesse
rispetto alle altre manifestazioni del mondo del vino che si
svolgono in Italia. Quest’anno ci sono certamente tutte le
DI MATTEO BORRÈ
premesse per crescere ancora e vivere l’evento in modo ancor
più disteso e sereno, dopo più di due anni di pandemia.
Quali sono le novità in agenda del 2022?
La formula collaudata che ha reso l’evento un appuntamento
imprescindibile per gli operatori di settore non
cambia: i padiglioni di Modena Fiere ospiteranno grandi
Maison e piccoli Vigneron. In questa edizione saranno
presenti oltre 140 aziende che proporranno in degustazione
circa 800 Champagne. Numeri da record che sono il
segnale di una ricetta vincente. Inoltre, non mancheranno
le Masterclass, momenti di formazione molto importanti,
che fin dalla prima edizione arricchiscono il programma
dell’evento e sono di grandissimo richiamo per il pubblico.
Infine, abbiamo potenziato tutti i canali di comunicazione
di Modena Champagne Experience che saranno costantemente
aggiornati con le novità, gli appuntamenti salienti, e
molto altro ancora, diventando un vero e proprio punto di
riferimento per tutti i visitatori.
Perché un operatore non deve mancare a Modena?
Perché è un evento tecnico, caratterizzato da un tema specifico,
vale a dire lo Champagne, pensato e ideato per un
pubblico di professionisti, quindi non generalista. Non è
un caso, infatti, che l’anno scorso, degli oltre 6mila utenti
registrati, il 75% siano stati operatori del settore. A Modena
Champagne Experience, inoltre, le Maison vengono
raggruppate in base alla loro appartenenza geografica, cor-
Ma dopo il boom di vendite del 2021, qual è il
bilancio nella prima metà 2022 per lo Champagne
in Italia?
Come sappiamo, secondo quanto è emerso nell’ultimo
report diffuso dal Comité Champagne, il 2021 è stato un
anno record per l’export dello Champagne, con circa 180
milioni di bottiglie esportate, il 37% in più del 2020 e il 15%
in più del 2019. L’Italia si colloca stabilmente nella Top 10:
è il quinto paese per giro di affari – l’anno scorso pari a 200
milioni – e il settimo a volume. Per quanto riguarda il canale
Horeca, al quale si rivolgono le aziende socie di Società
Excellence, come ha evidenziato Denis Pantini, responsabile
Nomisma Wine Monitor, durante il recente incontro
per celebrare i 10 anni dalla nascita della nostra realtà, nel
primo trimestre del 2022 il fatturato del comparto food&-
beverage è cresciuto dell’89% rispetto allo stesso periodo
del 2021 ancora fortemente condizionato dal Covid. Nel
secondo trimestre, poi, le cifre si sono riallineate con consumi
più regolari, pur mantenendo comunque un ottimo
margine di crescita. Ovviamente deve essere ancora scritta
una parte fondamentale delle vendite del 2022, vale a dire
quella relativa alla seconda metà dell’anno, che, come sappiamo,
è centrale nella distribuzione e nella richiesta di vini
spumanti e Champagne. Naturalmente bisognerà tenere in
considerazione anche il delicato momento che stiamo vivendo,
contrassegnato dalla crisi energetica e dall’inflazione,
tutti aspetti che potrebbero avere delle ripercussioni. Il
canale Gdo non è invece servito alle aziende socie di Società
Excellence, ma come tutti sappiamo, nel 2021, questo
ambito ha particolarmente beneficiato del lungo periodo
di lockdown, mentre nei primi sei mesi di quest’anno le
insegne hanno risentito naturalmente della controcifra: gli
ultimi dati Iri relativi al periodo gennaio-giugno 2022 evidenziano,
infatti, un calo sia a valore sia a volume tra l’8 e il
9% delle vendite di spumanti e Champagne, per via anche
alla ripresa dei consumi fuori casa.
Quali sono i nuovi trend dello Champagne da tenere
d’occhio a Modena Champagne Experience 2022?
Il mondo dello Champagne è un universo particolarmente
sfaccettato, ricco e articolato, grazie alla presenza
di zone di produzione, tipologie e stili anche molto differenti
tra loro. A questi aspetti bisogna poi aggiungere il
lavoro portato avanti sia da grandi Maison sia dai piccoli
Vigneron, che contribuiscono a donare ulteriori spunti
di approfondimento. Modena Champagne Experience è
quindi la manifestazione ideale per capire cosa sta succedendo
e quali sono le tendenze in atto. A riguardo, non
posso far altro che rinnovare il mio invito a tutti gli operatori
del settore e agli appassionati di venire a scoprirle
di personaa il 16 e 17 ottobre.

7-8 NOV 2022
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CHAMPAGNE
Photo: Antinori - da sinistra - Francesca Terragni - Frédéric Panaïotis - Silvia Rossetto
Svolta Dom Ruinart 2010
Come la scelta del bouchon liége cambia l’iconica cuvée de prestige
della Maison più antica in Champagne
DI MATTEO BORRÈ
La rivoluzione del “bouchon liége” conquista Dom Ruinart. E regala una svolta
e un nuovo orizzonte al simbolo più scintillante della Maison più antica
in Champagne. Ci eravamo lasciati nel 2021 con il millesimo 2009 della cuvée
de prestige, 26esima annata imbottigliata uscita dalle profondità delle
crayères. Un vintage che si è annunciato al mondo nel 50esimo anniversario
(1959-2009) intercorso dal primo. Ma quello che ha fatto il suo esordio italiano nel caldo
dell’estate è un nuovo racconto, diverso da tutti quelli che l’hanno preceduto. Dom
Ruinart 2010, infatti, giunge con una nuova espressione nel calice di questo Blanc de
Blancs che resta frutto di 100% Chardonnay proveniente da terroir eccezionali, ma muta
la propria visione nel passaggio in cantina. La formula in vigna non cambia: le migliori
uve, esclusivamente dai miglior Grand Cru, solo per le migliori annate. Per il millesimo
2010 si è andato ad attingere per il 90% in Côte des Blancs, a Le Mesnil-sur-Oger, Avize,
Chouilly e Cramant, e per il 10% nei versanti settentrionali della Montagne de Reims,
a Sillery. Ma rispetto all’uscita di 12 mesi fa, in bottiglia è un volto molto diverso quello
che si presenta. Il risultato di una nuova avventura, iniziata negli anni ‘90, quando gli
Chef de Cave Ruinart dell’epoca decisero di dare il via alle prime prove per condurre il
processo di affinamento a un livello superiore, capace di rivelare maggiori complessità.
Da lì, l’inizio dei primi confronti legati alla possibilità di un ritorno all’utilizzo del tappo
in sughero, al posto della chiusura a corona, per il vino in bottiglia in fase di affinamento
sui lieviti. E Dom Ruinart 2010 è esattamente il risultato di un lavoro certosino da parte
del team enologico della Maison di Reims, che ha misurato nel corso del tempo parametri
ed evoluzioni, giungendo infine a individuare la “nuova” ricetta per la sua cuvée
de prestige. “Con una chiusura col sughero, lo scambio di ossigeno iniziale con l’esterno
risulta maggiore, ma l’effetto sul vino è attenuato dai lieviti in bottiglia ancora attivi, che
dunque lo assimilano evitando una deriva ossidativa”, spiega lo Chef de Cave Frédéric
Panaïotis. “Poi, a seguito di una fase di stabilizzazione, se guardiamo l’interscambio di
ossigeno con l’esterno della bottiglia, dopo sei o sette anni il tappo in sughero risulta
maggiormente ermetico rispetto a quello a corona, che invece permette un costante ingresso
di piccole quantità di gas”. La decisione di un tiraggio con il tappo di sughero,
bouchon liége per l’appunto, mira in questo caso a offrire al vino proprio una maggiore
protezione dall’ossigeno per attenuarne l’evoluzione iniziale e preservare più a lungo nel
tempo la componente di freschezza in fase poi d’invecchiamento una volta giunto sul
mercato. E quello che poi si ritrova nel calice al primo incontro – che, ricordiamo, su
queste tipologie di Champagne che guardano a un orizzonte lontano può essere solo primo
approccio, mai giudizio definitivo, che potrà giungere solo dopo più riassaggi capaci
di svelare lungo il corso degli anni sfaccettature e sottigliezze – è una maggiore densità.
È innanzitutto un grande Chardonnay quello che si presenta. “L’idea di partenza era di
realizzare il più grande Chardonnay possibile, dimostrando che anche in Champagne
c’è la possibilità di fare grandi vini capaci d’invecchiare e trovare in ogni occasione il
perfetto abbinamento con l’alta cucina”, racconta Frédéric Panaïotis. “L’ispirazione ai
migliori Borgogna è evidente in questo nuovo Dom Ruinart, con il suo profilo che mira
a esprimersi attraverso aromi tostati e di frutta secca, note di vaniglia, fino ad arrivare ad
elementi minerali che riportano alla mente la pietra bagnata”. Ma da notare sotto questo
profilo è anche un altro elemento, legato a come sia cambiata rispetto all’inizio delle
sperimentazioni del “nuovo metodo” la formula nell’assemblage. “Per via delle nuove
opportunità di scelta sopraggiunte dopo gli anni ’90, il bacino di selezione è diventato
più ampio rispetto al passato”, sottolinea lo Chef de Cave Ruinart. “Questo ci ha permesso,
davanti a un approccio che conduce a una maggiore concentrazione, di compensare
con scelte capaci di aumentare la carnosità del vino”. È un cambiamento audace quello
promosso dalla Maison più antica in Champagne, ma finalizzato a svelare il potenziale
autentico della sua cuvée de prestige, evidenziato anche dalla riscoperta di una componente
di artigianalità nella realizzazione del proprio gioiello della corona evidenziata dalla
sboccatura che ritorna manuale. “Poi viene aggiunta una dose minuscola di liquore per
dare rotondità”, puntualizza lo Chef de Cave. “Con soli 4 grammi di zucchero per litro, il
Dom Ruinart è un Extra Brut”. Uno Champagne che invecchierà senza problemi nei prossimi
10 anni, mostrando nel tempo la sua “nuova” complessità, valore tutto da scoprire.

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Photo: Damijan Simčič - Zoso
Cronaca di un tasting
senza confini
Al cuore della modernità dei vini di Brda, la casa
della Rebula
Parlare di Ribolla Gialla significa non arrestarsi
ai confini del vino italiano. Proprio
varcando la linea che separa i due volti di
una terra baciata dalla medesima vocazione,
grazie a quel suolo in cui la Ponca,
con la sua alternanza di marne e arenarie, si fa comune
patrimonio enologico mutando il nome in Opoka, se
ne possono comprendere pienamente gli orizzonti. A
partire da quelli meno celebrati, ma altrettanto felici,
soprattutto nelle loro diverse sfumature capaci di regalare
vini dai tratti estremamente moderni e dall’identità
ben marcata, anche a distanza di decenni. A pochi
passi dal Collio italiano si trova, infatti, la sua controparte
slovena. Lì, dove la linea del confine si sviluppa a
partire da Cividale, scendendo poi verso Udine, Cormons
e Gorizia, per proseguire infine lungo la direttrice
di San Floriano del Collio, passando la frontiera si
giunge in Brda, terroir che racchiude in sé un’infinita
di storie. Un’area dove la viticoltura ti conquista fin dal
primo sguardo, con i terrazzamenti che tratteggiano i
profili delle colline. Si parla di vigne, che si estendono
nella regione per quasi 1900 ettari di filari curati da 700
produttori, ma soprattutto di una vendemmia che ogni
anno si fa racconto eroico su pendii che si colorano di
mille colori e godono dei benefici conseguenti dal trovarsi
alla convergenza tra le calde influenze dei venti
mediterranei che salgono dall’Adriatico e le fresche
brezze che scendono dalle vette delle Alpi. Qui ha la
DI MATTEO BORRÈ
sua “casa” la Rebula, com’è chiamata la Ribolla Gialla
che cresce da questa parte del confine. I numeri indicano
che oggi rappresenta la più importante varietà in
Brda, con le sue uve a coprire attorno al 20% della superficie
vitata per complessivi 400 ettari. Ma dietro ai
2 milioni di litri di Rebula qui prodotta ogni anno, sul
totale di 8 milioni di vino della regione, c’è una storia
tutta da ripercorre. Un racconto che parte ancor prima
della dominazione romana nell’antichità, ma che vede
la sua prima testimonianza scritta nel 1336, quando in
un documento ufficiale si menziona la produzione di
Rebula in Brda. Nel corso dei secoli successivi, questa
varietà cresce in apprezzamento e considerazione raggiungendo
Venezia e orizzonti più lontani ancora, tanto
che i vini prodotti nella regione slovena cominciano a
essere usati anche come pagamento in natura, moneta
di scambio per cancellare i debiti contratti. E dopo che
il Catasto Teresiano del 1751 valuta con il tasso più alto
i fondi dove sono presenti i vigneti di Rebula, collocandone
le produzioni al primo posto tra i vini bianchi per
la loro “dolcezza e nobiltà”, la svolta giunge nel 1786,
quando a venire redatta, quasi 70 anni prima di quella
più celebre di Bordeaux, è una classificazione imperiale
dei vini presenti nella contea di Gorizia e Gradisca,
dove i vigneti in Brda sono inseriti nelle prime tre tra
le nove classi che definiscono la graduatoria. “Qui viviamo
davvero di vino e amiamo davvero la Rebula”,
ha sottolineato, non a caso, Uroš Peterc, direttore del
Consorzio dei vini della regione slovena in occasione
della quinta edizione della prestigiosa “Brda - Home of
Rebula Exclusive Wine Experience”, cui WineCouture
ha preso parte. Un appuntamento nato nel 2017 e che
quest’anno ha permesso di confrontarsi con il vitigno
principe della zona sotto diverse forme, andando a coglierne
appieno le potenzialità. Innanzitutto, quelle che
sono derivazione dell’incontro di due climi, che conferiscono
alla Rebula quella freschezza e vivacità capaci
di rappresentare un tratto identitario che perdura nel
tempo, come ha dimostrato l’apertura e l’assaggio di tre
bottiglie della più vecchia annata in Brda, una 1957, custodita
per tutto questo tempo negli archivi della cantina
della cooperativa più importante della regione, Klet
Brda. Un vino nato in origine per essere bevuto entro
forse un paio d’anni, ma che una volta giunto oggi nel
calice ha stupito innanzitutto per l’età dichiarata: difficile
predire che un vino bianco di questo tipo non solo
reggesse alla prova del tempo, ma soprattutto desse la
sensazione di avere ancora strada davanti a sé, dimostrando
forse una quindicina d’anni se si fosse provato
a giudicarlo alla cieca. L’altro aspetto che ha colpito
all’assaggio delle diverse sfumature di Rebula in Brda,
da quelle più classiche a quelle maggiormente mature,
fino alle macerate, è il ritrovare in ogni sorso la caratteristica
mineralità conferita dall’Opoka. Un altro elemento,
quest’ultimo, a testimonianza dell’indissolubile fil
rouge che lega i 13 viticoltori di entrambe le sponde del
confine che nel corso della kermesse slovena hanno presentato
le loro migliori interpretazioni di questo straordinario
terroir e vitigno. Dolfo Rumena Rebula 2021 e
Klet Brda Rebula Quercus 2021, tra i classici, Ferdinand
Rebula Epoca 2007, Gradis’ciutta Sveti Nikolaj Rebula
2019 ed Erzetič Orbis Rebula 2018, tra le versioni mature,
Marjan Simčič Rebula Opoka Medana Jama Cru
2012 e Kristian Keber Brda 2019, tra i macerati, senza
dimenticare le bollicine con il Sinefinis Rebolium Brut
Nature 2016 e il Medot Brut 48: questi gli assaggi che
più ci hanno impressionato tra i molti altrettanto meritevoli.
Un caleidoscopio di interpretazioni molto diverse
tra loro, ma tutte capaci di esprimere il potenziale
della Rebula, il vino del futuro, non solo in Brda.
GIRAMONDO

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Benvenuto Brunello
ritorna l’11 novembre
e aggiunge
l’edizione internazionale
L’edizione limitata Butterfly
veste la
Cuvée Rosé
Laurent-Perrier
TITOLI DI CODA
Rivoluzione
a Carmignano:
Riccardo Cotarella
sbarca a Tenuta di Artimino
Rivoluzione in Tenuta di Artimino. Il 2022 resterà negli
annali della storica cantina come anno di grandi cambiamenti.
Dopo aver riorganizzato tutta la parte accoglienza
ed eventi con l’ingresso in qualità di partner di Meliá Hotels
International, principale operatore mondiale di resort,
anche sul lato vino la vendemmia porta con sé un’importante
novità. A partire dalla raccolta 2022, infatti, la parte
agronomica ed enologica dell’azienda toscana saranno
condotte da Riccardo Cotarella che, assieme a Pier Paolo
Chiasso, ha accettato la sfida di occuparsi per la prima volta
di una realtà nella zona del Carmignano.
Da Montalcino a Los Angeles, passando per Londra, New
York e Toronto. Assume un carattere sempre più internazionale
la 31esima edizione di Benvenuto Brunello, l’anteprima
di presentazione delle nuove annate a cura del Consorzio
del vino Brunello di Montalcino in programma a
partire dall’11 novembre. Confermato dunque anche per
quest’anno il format autunnale, con il Brunello 2018 e la
Riserva 2017 pronti a debuttare in Italia. Ma la novità è
dettata dal nuovo respiro internazionale dell’anteprima.
Per la prima volta, infatti, in quattro città tra vecchio e
nuovo continente andrà in scena, in contemporanea, un’edizione
di Benvenuto Brunello 2022. La data stabilita è
quella di giovedì 17 novembre, mentre le location scelte
saranno Londra, New York, Toronto e Los Angeles.
The World’s 50 Best
Restaurants Awards 2022:
Per colorare questa fine d’estate, la
Cuvée Rosé Laurent-Perrier ha deciso
di spiccare il volo grazie a un’edizione
limitata che celebra la libertà
ritrovata dopo i tanti momenti di restrizioni
e barriere che hanno limitato
desideri e occasioni d’incontro. La
scelta simbolica è così ricaduta sulla
farfalla, simbolo di natura incontaminata,
con la limited edition
Butterfly. Uno Champagne
100% Pinot Noir, frutto delle
uve raccolte in una decina
di Cru provenienti principalmente
dai settori Sud
e Nord della Montagne de
Reims, in cui a spiccare è
la celebre Côte de Bouzy.
La selezione, in particolare,
parla la lingua dei vocati
terroir di Ambonnay, Bouzy,
Louvois e Tours‐sur‐Marne.
Moët Hennessy:
nuova acquisizione in
Napa Valley
Nuovo colpo di mercato per Moët Hennessy, che ha acquisito
una delle più storiche realtà del vino californiano della
Napa Valley. Joseph Phelps Vineyards, cantina fondata nel
1973 e tra i riferimenti negli Stati Uniti con i suoi blend taglio
bordolese, passa nelle mani del gigante del lusso. Moët
Hennessy inserisce così in portfolio una realtà pioniera in
California, acclamata dalla critica fin dal principio per la
sua iconica etichetta Insignia, quattro volte premiata con
il punteggio perfetto dei 100 punti da Robert Parker Wine
Advocate nelle annate iconiche 1991, 1997, 2002 e 2007.
Antica Bottega
del Vino
tra i top locali al mondo
del bere bene
Tra i posti dove bere bene a Verona, Antica Bottega del
Vino è da sempre una istituzione. Il ristorante al cuore
della città scaligera, oggi di proprietà delle Famiglie
Storiche, non a caso è stato inserito per la 19esima volta
consecutiva all’interno dell’annuale speciale classifica
del magazine statunitense Wine Spectator che seleziona
le destinazioni migliori per gli amanti del vino. Soltanto
97 i locali di riferimento mondiali promossi, dove a
figurare sono anche sei italiani, tra cui proprio Antica
Bottega del Vino, grazie alla conquista del prestigioso
riconoscimento del Grand Award.
Italia sugli scudi
Una parata di stelle, dove brilla il tricolore. Svelate le
location che compongono la speciale classifica del The
World’s 50 Best Restaurants Awards 2022, sponsorizzata
da S. Pellegrino e Acqua Panna, che ha portato in
scena l’eccellenza gastronomica di 24 paesi presenti in
cinque continenti. A venire eletto in cima alla graduatoria
è stato il Geranium di Copenaghen, miglior ristorante
del mondo e miglior ristorante d’Europa 2022.
Ma l’Italia non ha sfigurato, mettendo in fila l’ingresso
in classifica più alto, con il ristorante Uliassi di Senigallia
che raggiunge il 12esimo posto conquistando il
premio Highest New Entry Award, un nuovo ristorante
nella Top50, il St. Hubertus a San Cassiano (No.29),
e un totale di sei location in classifica, di cui due da
Top10, il Lido 84 di Gardone Riviera (No.8) e Le Calandre
di Rubano (No.10), insieme al Reale di Castel
di Sangro (No.15) e il Piazza Duomo di Alba (No.19).
Nasce Veraison
Group
nuovo player del vino
da 20 milioni di bottiglie
Arriva un nuovo player nel mondo del vino italiano. E si
annuncia con propositi battaglieri: obiettivo già fissato, arrivare
a vendere oltre 20 milioni di bottiglie entro il prossimo
biennio. È questo ciò a cui punta la neonata società
Veraison Group Spa, formatasi dall’unione di Salvaterra,
Progetti Agricoli e 4RU. Ad annunciarne la costituzione è
Edoardo Freddi, ceo di FreedL Group, che deterrà la maggioranza
di capitale assumendo il ruolo di amministratore
delegato della neonata società. L’aggregato dei fatturati
delle tre aziende nel 2022 tocca quota 30 milioni di euro,
di cui la maggior parte all’estero.

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La Poja e Fieramonte
Allegrini conquistano
La Place
di Bordeaux
La sfida vincente del
Brunello sostenibile
Ridolfi
Un Brunello di Montalcino che non sbaglia
un colpo. E che ha conquistato anche @thewinekiller
Luca Gardini, uno dei migliori palati
al mondo. È la Riserva Mercatale 2016 firmata
Ridolfi, selezionata tra i 50 Top Wines tricolore
nella classifica che il “Maradona dei sommelier”
ha stilato per Forbes. “Un’altra grande
Riserva, che beneficia di un’annata di grandissima
concentrazione di frutto. Amarene sotto
spirito, tocchi di cannella e finale di eucalipto.
Bocca salmastro-sapida”: così è descritto questo
simbolo della realtà di proprietà di Valter
Peretti, affermato imprenditore del lusso che,
dopo essere sbarcato in Chianti con Rocchetto,
innamorandosi del vino, nel 2011 compie il
passo dell’acquisizione della prestigiosa tenuta
a Montalcino. Prende così forma proprio in
località Mercatali un’avventura che rinnova la
storia di Ridolfi a partire dalla ristrutturazione
per intero della cantina nel 2014. Oggi sono 21
gli ettari vitati, sul versante Nord-
Est della collina di Montalcino a
300 metri di altitudine, con cloni
di Sangiovese da lungo affinamento
a popolare i vigneti. Poi,
è il rispetto per la terra il valore
essenziale per Ridolfi, con il presente
e il futuro di questa stella
nascente del Brunello che è stato
affidato nelle mani Gianni
Maccari, attuale amministratore
delegato (in
foto). Un vero esempio
di viticoltura sostenibile
dalla vigna, con lavorazioni
totalmente manuali
effettuate seguendo i
dettami dell’agricoltura
biologica, alla cantina,
che regala ai vini Ridolfi
l’eleganza che, dopo l’affinamento
nelle grandi
botti, gli aprono le porte
delle enoteche e dei ristoranti
più importanti
al mondo. Iniziando proprio
dal Brunello di Montalcino
Riserva Mercatale,
realizzato solo nelle
migliori annate dalla selezione
delle migliori uve.
Una sfida green e premiata.
Due icone del vino veneto e italiano sbarcano su La Place
di Bordeaux. Allegrini, storico produttore della Valpolicella
Classica, annuncia che da settembre 2022 La Poja 2017
e Fieramonte Amarone della Valpolicella Classico Riserva
2015 sono disponibili sulla più prestigiosa
piattaforma francese di
vendita. La distribuzione, che
esclude Italia e Nord America,
verrà curata nel mondo da
Timothée Moreau di Le Bureau
des Grand Vins e da 10 dei
più prestigiosi Négociants.
Varietà Piwi:
una cuvée in bianco
per Cantina Kurtatsch
Una nuova etichette “resistente” per
Cantina Kurtatsch. La realtà cooperativa
altoatesina lancia Mitterberg
Cuvée Bianco Igt Resi 2021, vino
certificato bio che nasce dalla sensibilità
crescente dell’azienda nei confronti
della sostenibilità ambientale
e dal suo profondo legame con la
natura e il territorio di origine. A
caratterizzarla, la scelta dei vitigni
da cui prende forma. Si tratta
infatti di una cuvée realizzata
dall’incontro tra varietà Piwi,
vitigni che presentano una
naturale resistenza alle malattie
fungine e che quindi
non richiedono quasi nessun
tipo di protezione esterna, e
uve coltivate in modo biologico
e provenienti da vigneti
di alta quota, con un rapporto
tra 80% Bronner e Souvignier
Gris e 20% Müller Thurgau.
Dell’annata 2021 della Cuvée
Resi sono state prodotte
10mila bottiglie nel formato
da 0,75 lt con tappo a vite.
Wine2wine Business
Forum 2022
acquista il biglietto
a tariffa agevolata
In un Wine2wine Business Forum 2022 dove la nuova
comunicazione del vino sale in cattedra non poteva certo
mancare il contributo di WineCouture. In questa nona
attesissima edizione che andrà in scena dal 7 all’8 novembre
prossimi, esclusivamente in presenza presso gli spazi
del PalaExpo di Veronafiere, la nostra rivista è tra i media
partner dell’evento. Al centro dell’appuntamento di
confronto tra esperti ed operatori,
come detto, la Wine Communication
a tutto tondo: dalle
sue forme più tradizionali a
quelle social e del digital in
generale. Ecco come partecipare,
acquistando il biglietto a
tariffa agevolata.
E ancora...
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con Piper-Heidsieck, Charles Heidsieck e Rare
Champagne. Ökoinstitut Südtirol premia Cantina
Bolzano con il suo certificato di sostenibilità. Nuovo
presidente per Cantina Tollo: è Luciano Gagliardi.
#PortamiConTe: arriva la wine bag green del Vino
Nobile di Montepulciano. Maison Anselmet
presenta il suo primo rosato. Mateus Rosé: 80 anni, tre
bottiglie in edizione limitata. Abbazia di Novacella,
per la linea Insolitus le novità Orchestra e 6234. Villa
Franciacorta: primo semestre 2022 spumeggiante.
Apoteca e Ceretto Terroirs entrano in Società
Excellence. Enrico Crippa apre a Doha il nuovo
ristorante Alba. Santa Sofia: restyling pop per i vini
“Veronesi”. Elena Walch: nuova cantina al cuore del
monopole Castel Ringberg. Presentato il Manifesto
Programmatico per un nuovo Soave. Vendemmia 2022
nel Nordest: il Sistema Pinot Grigio amplia la sinergia.
Andrea Aprea: nuovo ristorante
a Milano (con bistrot). Dal
Concorso Enologico Fascetta
d’Oro al Concours Mondial
de Bruxelles, estate 2022
sul podio per Col Vetoraz.
Rubesco Lungarotti: 60 volte
di un’icona del vino d’Italia.
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