Diesel 2022-11
AUTOMOTIVE Adac: La presa domestica divora fino al 24 per cento dell’energia Cummins: Allo Iaa, Euro 7, fuel cell, batterie e l’agnostico GENERAZIONE mtu: La seconda e ultima parte del racconto sul PG Symposium EVENTI Iveco Group: e-plant. Oggi per lo stradale, domani... Be Power Solutions: alias Bimotor in Australia GRANDANGOLO Carraro Trattori: L’F28, Diesel of the Year 2020, ha fatto colpo IDROGENO Simplifhy: System integrator Lhyfe: Verdissimo e off-shore Ballard: Nelle celle del Canada Westport: Parla il Ceo, Johnson DIESEL MARE Confronto: Il maggiorato di Man si lascia alle spalle Cat e mtu Fpt Industrial: Abbiamo interpellato Guglielmo Tummarello mtu: Intervista a Bononi e Camuffo allo stand di Cannes COMPONENTI Bonfiglioli: Allo Iaa si è mostrata nella sua veste stradale. Ed elettrica RUBRICHE Editoriale; Hi-tech; Biometano; Oem&Motori
AUTOMOTIVE
Adac: La presa domestica divora fino al 24 per cento dell’energia
Cummins: Allo Iaa, Euro 7, fuel cell, batterie e l’agnostico
GENERAZIONE
mtu: La seconda e ultima parte del racconto sul PG Symposium
EVENTI
Iveco Group: e-plant. Oggi per lo stradale, domani...
Be Power Solutions: alias Bimotor in Australia
GRANDANGOLO
Carraro Trattori: L’F28, Diesel of the Year 2020, ha fatto colpo
IDROGENO
Simplifhy: System integrator
Lhyfe: Verdissimo e off-shore
Ballard: Nelle celle del Canada
Westport: Parla il Ceo, Johnson
DIESEL MARE
Confronto: Il maggiorato di Man si lascia alle spalle Cat e mtu
Fpt Industrial: Abbiamo interpellato Guglielmo Tummarello
mtu: Intervista a Bononi e Camuffo allo stand di Cannes
COMPONENTI
Bonfiglioli: Allo Iaa si è mostrata nella sua veste stradale. Ed elettrica
RUBRICHE
Editoriale; Hi-tech; Biometano; Oem&Motori
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NOVEMBRE
N°11 2022
ANNO 35°
EURO 5,00
VADO E TORNO EDIZIONI - www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
Effetto
e-powertrain
Fpt Industrial ha inaugurato lo stabilimento di batterie e assali elettrici - Idrogeno: i casi di Lhyfe e
Simplifhy, le fuel cell di Ballard, il termico di Westport - Confronto: il V12X di Man - mtu: W il metanolo!
Bimotor sbarca in Australia e diventa Be Power - Il Grandangolo premia il Doty 2020 - Bonfiglioli allo Iaa
Novembre 2022
dieselweb.eu
IDROGENO
22. Simplifhy ci spiega come fare il
system integrator in Italia. Lhyfe, al largo
delle coste atlantiche francesi, produce
l’idrogeno verde dall’energia eolica
18
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34
AUTOMOTIVE
8. Adac: La presa domestica divora
fino al 24 per cento dell’energia
10. Cummins: Allo Iaa, Euro 7,
fuel cell, batterie e l’agnostico
GENERAZIONE
12. mtu: La seconda e ultima parte
del racconto sul PG Symposium
EVENTI
14. Iveco Group: e-plant. Oggi per
lo stradale, domani...
16. Be Power Solutions: alias
Bimotor in Australia
GRANDANGOLO
18. Carraro Trattori: L’F28, Diesel
of the Year 2020, ha fatto colpo
LE RISPOSTE DI
OTTOBRE
Lo Iaa di Hannover è apparso
ridimensionato, nonostante
i quattro anni di assenza. Le
fiere dell’automotive pesante
seguiranno la tendenza delle
rassegne automobilistiche?
52% 48%
sì
no
IDROGENO
22. Simplifhy: System integrator
25. Lhyfe: Verdissimo e off-shore
28. Ballard: Nelle celle del Canada
30. Westport: Parla il Ceo, Johnson
DIESEL MARE
34. Confronto: Il maggiorato di Man
si lascia alle spalle Cat e mtu
38. Fpt Industrial: Abbiamo
interpellato Guglielmo Tummarello
40. mtu: Intervista a Bononi e
Camuffo allo stand di Cannes
COMPONENTI
42. Bonfiglioli: Allo Iaa si è mostrata
nella sua veste stradale. Ed elettrica
RUBRICHE
4. Editoriale 6. Hi-tech
32. Biometano 50. Oem&Motori
IL SONDAGGIO
DEL MESE
Quanto idrogeno, allo Iaa e nelle
comunicazioni ufficiali delle aziende.
Tanto... troppo?
Rispondi su
www.dieselweb.eu
Il sondaggio non ha valore statistico. Le rilevazioni non sono basate su un campione scientifico
3
di Fabio Butturi
ALLE FIERE DELL’EST
No, nessun riferimento geopolitico,
bensì un ammiccamento al testo di
Angelo Branduardi. Risale al 1976
ed è tuttora attualissimo, tanto da fare
proprio al caso nostro. Sì, perché a forza di gatti
che mangiano topolini e di angeli della morte,
a dirla tutta, ciò che passa sottotraccia è che le
fiere, non solo all’Est, non è che se la passino
troppo bene. L’agonia dell’ecosistema fieristico
è un tormentone, da quando la progressiva
desertificazione dello scenario italiano ha
condotto alla scomparsa del Motor Show.
La costellazione B2B sopravvive e risplende,
talvolta flebilmente, e i fasti scintillanti del
passato appaiono per lo più tramontati. Eppure c’è
chi ha ancora il coraggio di investire, come Next
Mobility Exhibition, che si è tenuta a Milano dal
12 al 14 ottobre. C’è l’esempio virtuoso del Gis
di Piacenza, che ha prodotto una gemmazione
di eventi facsimile: verticali, compressi, poco
dispendiosi per gli espositori. Al Gis il mondo del
sollevamento, il Gic per il calcestruzzo, infine la
neonata Hydrogen Expo. E cosa dire del mcTer,
che nonostante l’età si conferma punto d’incontro
quasi obbligato per la cogenerazione? A proposito
di Generazione Distribuita, intesa sia come
associazione di categoria che come ambiente
tecnologico, a Rimini, nel 2023, si coagulerà la
filiera della generazione di potenza Made in Italy.
Quindi tutto bene, “Madama la Marchesa”?
Forse, ma attendiamo il Bauma Monaco e l’Eima
di Bologna, che si svolgeranno nell’arco di
appena tre settimane (dopo che questo giornale
sarà andato in stampa). I segnali relativi agli
espositori sono incoraggianti e si annunciano
grandi cose, ma quanto abbiamo visto allo Iaa
di Hannover hanno attivato un campanello
d’allarme. Tre soli motoristi, l’assenza di Renault
Trucks e di quasi tutti i veicoli commerciali e un
tono generale dimesso, rispetto al gigantismo del
passato. Impressioni estemporanee o anticipazioni
sulla falsariga delle fiere automobilistiche?
Bologna, Novembre 9/13 2022
Padiglione 15, stand C7
Un passo avanti.
Tecnologia motoristica di BU Power Systems e Perkins.
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4
BU Power Systems Italia S.r.l.
Via Leonardo Da Vinci, 1, 22041 Colverde (CO)
BU Power Systems – Distributore Ufficiale Perkins per l’Italia
BU POWER ITALIA E PERKINS A BRACCETTO DA PIÙ DI DIECI ANNI
Quell’altro ramo
del Lago di Como
Nella cornice da cartolina di Villa Geno, sul Lago di Como, BU Power Systems ha festeggiato il
decennale della distribuzione dei motori Perkins in Italia. Il futuro a breve termine si annuncia
radioso, nonostante lo spettro della recessione aleggi di nuovo, e porterà in dote anche le
batterie che vedremo al Bauma. Gli interventi di Jaz Gill, Franz Focks e Simone Buraschi
BU Power Systems ha
impresso il marchio
Perkins all’Italia da un
decennio e ancora i contorni
di questa triangolazione non
accennano a stingersi. Risale
al mese di marzo del 2011
l’investitura a distributore
ufficiale Perkins in Italia.
Tre sedi, Colverde (vicino a
Como), la filiale di Monastier
di Treviso (vicino a Venezia)
e la succursale di Imola, che
si occupano della filiera, consulenza,
commerciale e postvendita.
E non poteva che essere così,
dal momento che la sede di
Colverde si trova a una manciata
di chilometri dal capoluogo
lariano. «Positivi sviluppi
in termini di prodotto,
distribuzione e, soprattutto,
rapporti con i clienti hanno
caratterizzato l’ultimo decennio.
Ho avuto la fortuna
di far parte di questa avventura
sin dal primo giorno.
In questo periodo ho acquisito
una preziosa esperienza
lavorativa ed ho potuto
trascorrere momenti intensi
e piacevoli insieme a clienti
e colleghi», ha esplicitato
Simone Buraschi, Amministratore
Delegato BU Power
Systems Italia. A Villa
Geno, dal sapore tardo-neoclassico,
su impronta dell’architetto
Giacomo Tazzini, era
presente anche Franz Focks,
il Ceo di BU Power Group:
«Siamo orgogliosi del nostro
sviluppo in Italia e non vediamo
l’ora di continuare la
storia di successo. Congratulazioni
a tutti i dipendenti di
BU Power Systems Italia per
questo anniversario e grazie
per l’eccezionale collaborazione».
Per l’occasione Focks
ha abbandonato il tradizionale
aplomb teutonico (il quartier
generale di BU Power
Systems si trova in Renania
Settentrionale-Vestfalia),
concedendo spazio all’emozione.
A rappresentare la casa madre
c’era anche Jaz Gill,
Vice President Global Sales,
Marketing, Service and
Aftermarket Parts. Il suo
esordio ci ha ricordato che
nel 2022 ricorre anche l’anniversario
del 90° compleanno
di Perkins, fondata a Peterborough
il 7 giugno del 1932.
«Perkins è presente in Italia
fin dai primissimi anni ’60.
È un Paese molto importante
per noi, in ragione degli Oem
operanti nell’industriale, dal
settore delle costruzioni,
all’agricolo, alla generazione
di potenza». Quindi Gill
stimola il nervo pulsante
della celebrazione sul Lago
di Como. «Abbiamo deciso
di collaborare con un partner
affermato per la distribuzione.
Sono più bravi loro
di quanto lo siamo noi nella
gestione delle politiche sul
territorio. Sono supportati
da noi e promuovono le operazioni
globali e locali. L’Italia
continuerà a essere un
mercato chiave per l’azienda
Perkins, quindi ci espanderemo
in questo Paese». Infine
il capo delle vendite, del
marketing e dell’assistenza
di Perkins si concede una riflessione
sulla difficile congiuntura
e sulle comunque
rosee prospettive del mercato.
«Gli ultimi due anni sono
stati i più impegnativi, con il
Covid, la Brexit e i problemi
di approvvigionamento che
hanno creato uno scenario
estremamente difficile. Siamo
molto esposti a causa
delle criticità della catena di
approvvigionamento globale,
e ci sono poi le questioni
aperte legate all’aumento
dei costi delle materie prime,
dei trasporti e dell’energia.
Eppure l’anno prossimo la
domanda dei nostri prodotti
sarà senza precedenti, mi
riferisco al volume della richiesta
da parte dei nostri
clienti internazionali».
dell’anatomia agricola, che enfatizza il primato della meccanizzazione all’interno
dell’ecosistema rurale. Perché i coltivatori diretti mutuano l’ancestrale attrazione per le
tecnologie di coltivazione e preservazione del terreno. L’Eima era e rimane la loro casa
L
’Eima è alle porte, finalmente
nella sua collocazione
naturale, quella novembrina,
quando le aziende
agricole possono concedersi
un attimo di respiro. Dopo
il successo dell’edizione
dell’anno scorso (alla faccia
della pandemia) le premesse
sono lusinghiere: a luglio
risultavano 1.400 le aziende
(460 quelle estere) ad aver
prenotato il loro spazio espositivo,
per oltre 115mila metri
quadri complessivi, impegnati
con 50 mila mezzi e attrezzature.
Anche sotto il profilo
EIMA INTERNATIONAL. 9-13 NOVEMBRE 2022
Bologna è l’ombelico
motoristico i nomi ci saranno,
senza significative eccezioni.
All’Eima ci sarà congruo
spazio per i robot, attori emergenti
dello scenario agricolo. I
robot fino ad ora prodotti sono
destinati per il 44% a colture
erbacee, per il 35% arboree,
per il 21% orticole. E sono
alimentati nella stragrande
maggioranza da motore elettrico
(78%) o diesel (14%).
Solo l’8% è ibrido. Appena
il 3%, infine, è un trattore autonomo
mentre oltre il 30%
è destinato al diserbo meccanico
o alla raccolta. Insieme
alle macchine
elettriche i robot
rispondono
alla richiesta
di maggior capacità
di controllo
e di trasmissione
e di
rendimenti più
elevati. Nel
frattempo sono
stati svelati i
vincitori del
concorso “Novità tecniche”.
Tra i volti più noti ai lettori
di DIESEL, citiamo il Landini
Rex4 Full-Hybrid, il Mach 4
Tony di Antonio Carraro, ancora
un ibrido, il sollevatore
telescopico di Dieci, l’Hybrid
Boost System.
LE BATTERIE DI PETERBOROUGH
La notizia della imminente “ostensione” delle batterie
circolava da tempo, del resto Perkins era attesa al
varco dell’elettrificazione, dopo gli assaggi del Bauma
2019 (ricordate l’esposizione dei moduli ibridoelettrico,
ibrido-meccanico e ibrido-idraulico?). E così,
nell’edizione 2022 che si annuncia all’insegna degli
elettrici (vedi, per l’appunto, Cat e pure Yanmar),
Perkins muove la regina per fare scacco alla
concorrenza e lanciare un messaggio forte e chiaro
agli Oem. L’azienda di Peterborough, infatti, si impegna
in questo programma come parte dell’iniziativa in
corso per supportare gli oltre 800 Oem ad affrontare la
transizione energetica. Noi pensiamo anche a trovarne
di nuovi, tra le schiere più avanzate in cerca di soluzioni
per il lungo periodo.
CON PATRINI IL VANO MOTORE SI APRE CHE È UNA BELLEZZA!
Patrini e il marmo: qual è la connessione? Semplice, lo
vedrete al Bauma. In due settimane dalla raccolta dati
ricevuti dal’Oem, sono state esaminate, elaborate e fornite
le campionature delle quattro soluzioni complete relative
al prototipo di una nuova macchina movimento terra
progettata per un uso particolarmente gravoso nelle cave
di estrazione del marmo. Per la ribaltabile della cabina
conducente, saranno fornite la boccola FA abbinata al
prodotto Mpg (consone alle normative di sicurezza Rops/
Fops), consentendo così un facile accesso al vano motore
del veicolo semovente e semplificando le necessarie
operazioni di manutenzione. Questa soluzione offre, oltre
ad un isolamento delle vibrazioni entro i limiti previsti dalla
direttiva europea, un ottimo comfort per il guidatore a bordo.
In particolare l’Mpg supporta la trasmissione idrostatica del
motore. Inoltre Patrini Giacomo fornirà il prodotto AS con
mescola in gomma speciale per sopportare una temperatura
di oltre 80°C e sostenere in sicurezza il radiatore
salvaguardandolo dagli shock dinamici e infine un supporto
conico anti-strappo per l’isolamento del tubo di scarico dei
gas esausti. I supporti antivibranti Patrini sono prodotti in
gomma metallo utilizzando materie prime italiane di alta
qualità provenienti da fornitori selezionati e regolarmente
controllati. Un sistema informatico consente la completa
tracciabilità durante tutto il processo produttivo. Poiché il
processo produttivo è altamente integrato e completamente
realizzato in Italia, i tempi di consegna al cliente sono molto
brevi. Anche la produzione in serie è molto flessibile e può
quindi soddisfare le richieste più urgenti. Tutti i prodotti
Patrini sono certificati Iso dal 1998: attualmente per la
gestione della qualità secondo Iso 9001: 2015 e per
la gestione ambientale secondo Iso 14001: 2015.
6
7
8
UNO STUDIO TEDESCO APRE SCENARI INQUIETANTI
Ricarica ‘fai da te’?
Ahi... ahi... ahi...
Tormentone a cavallo tra fine anni ’80 e inizio anni ’90, lo slogan pubblicitario
di Alpitour casca a fagiolo per accompagnare questo articolo. Tema? La ricarica
domestica, che può divorare fino al 24 per cento dell’energia impiegata
nell’alimentazione di un’auto elettrica. È emerso da uno scrupoloso studio dell’Adac
Un secolo e più di uso dei
motori a combustione
interna ha costruito una
certezza granitica in fatto di
rifornimenti: tot litri di carburante
ho nel serbatoio, tot chilometri
percorrerò. E gli scarti
dalla media sono da sempre
soltanto da imputare a condizioni
estreme: velocità elevate,
fuoristrada impegnativo, condizioni
climatiche proibitive.
Anche in queste circostanze,
carica, come dimostra la produzione
di calore nel corso del
“rifornimento”. È l’esperienza
più traumatica per i novelli
proprietari di una Bev: oltre
a scoprire che l’erogazione
spesso non si avvicina neppure
lontanamente alla potenza
nominale della colonnina, basta
un’occhiata al computer di
bordo per scoprire che c’è un
notevole scarto tra l’energia
erogata (e pagata) e quella efdi
Monica Leonardi
comunque, a tot litri di carburante
erogato dalla pompa
corrispondono altrettanti litri
nel serbatoio, come ben sanno
i giovani squattrinati, gli “artisti
della riserva”.
Ma l’energia elettrica non è
un liquido e la ricarica delle
batterie delle auto elettriche
segue leggi fisiche completamente
diverse, zavorrate dal
principio della resistenza del
conduttore al transito della
fettivamente “stivata” nell’accumulatore.
Una questione che
è accompagnata da leggende
metropolitane secondo le quali
i fornitori userebbero contatori
che lavorano a danno degli
utenti ma rimasta sopita finché
l’energia elettrica aveva costi
irrisori. Anzi: supermercati e
centri commerciali facevano a
gara a mettere a disposizione
colonnine gratuite per attirare
i clienti.
Sbarca in Europa il sistema Swap
Si chiama Bsw (Battery swap station) il
modello di mobilità elettrica portato avanti
da Nio, innovativo marchio con sede a
Shanghai che si presenta come la Tesla
made in China. Con una differenza chiave:
se Elon Musk con Tesla ha costruito
parte della sua fortuna anche con la rete
di ricarica dedicata – nella sola Europa
ad oggi più di 10mila Supercharger – gli
ingegneri di Nio hanno costruito il proprio
successo in patria, con oltre 200mila
auto vendute, attraverso il principio della
sostituzione rapida della batteria. Chi
acquista uno dei quattro diversi modelli
Complice la crisi ucraina,
però, il prezzo del kWh è salito
a razzo e, sulle colonnine
superfast c’è chi è arrivato a
pagarlo più di un euro. Ecco
quindi che, oltre ad avere
una valenza di sostenibilità
ambientale generale, il tema
dell’efficienza della ricarica
può pesare in modo significativo
sul portafogli dell’automobilista.
Tanto da stuzzicare
la curiosità degli ingegneri
dell’Adac, l’automobile club
tedesco forte di oltre 20 milioni
di soci, tutti molto attenti
al tema dei costi come vuole
la proverbiale puntigliosità
teutonica.
Quattro cavie
Per fare un po’ di chiarezza
sono stati portati in laboratorio
quattro modelli molto diffusi
quali Renault Zoe, Volkswagenw
ID.3, Tesla Model 3 e
Fiat 500e, valutati in base a
due diverse opzioni di ricarica,
con batteria inizialmente al 20
per cento: la spina domestica
(potenza 2,3 chilowatt) e un
wallbox da 11 chilowatt. Il risultato,
prima di tutto, ha messo
in luce che le perdite nel
caso della ricarica alla spina
di casa sono sempre superiori
al 12 per cento per giungere
nel caso della Renault Zoe addirittura
al doppio. Il fenomeno
è meno evidente nel caso
dell’utilizzo di wallbox, ma il
dato migliore in assoluto fatto
registrare dalla Fiat 500e, in
vetta alle vendite in Germania,
è del 6,3 per cento.
Significativa la spiegazione
di Bev a marchio Nio, infatti, non compra
la batteria, messa a disposizione sulla
base di un canone mensile. Per la ricarica
ci si appoggia alla Bsw, un’officina
totalmente automatizzata che in meno
di 5 minuti sfila dal pianale della vettura
l’accumulatore carico e lo sostituisce con
quello “pieno”. Oltre ad avere avviato un
impianto costruttivo in Ungheria, Nio ha
aperto la prima Bsw in Germania, lungo
l’autostrada Monaco-Stoccarda, e prevede
di attivare a tamburo battente non meno
di mille punti di cambio batteria nel
Vecchio Continente.
LE PERDITE IN RICARICA
messa nero su bianco dai tecnici
Adac: detto che le batterie
di trazione si ricaricano
in corrente continua, il primo
motivo di perdite è da attribuirsi
alla conversione dalla
corrente alternata della rete
di alimentazione effettuata
dal caricabatterie di bordo nel
caso dell’allacciamento domestico,
perdite cui si sommano
quelle innescate dalle centraline
di bordo che monitorano
la ricarica e provvedono a
gestire la temperatura della
batteria. La stima è che il sistema
di ricarica “mangi” da
solo fino a 300 watt, senza
dimenticare le perdite lungo i
Carica domestica
Wallbox
(2,3 kW) (11 kW)
Renault Zoe 24,2% 9,7 %
VW ID.3 13,6% 9,0 %
Tesla Model 3 15,2% 7,7 %
Fiat 500e 12,7 % 6,3 %
cavi domestici che vanno dal
punto di prelievo alla presa
(fino al 4 per cento, nel caso
di impianto elettrico recente
e in perfetta efficienza) e
quelle dovute alla lunghezza
del cavo di connessione con
l’auto (1-2 per cento). Meno
significative le perdite nel circuito
ad alta tensione dell’auto
e nella batteria stessa nel
corso della ricarica.
Trifase vs monofase
Decisamente diversa la situazione
nel caso dell’utilizzo di
un wallbox che, primo fatto
rilevante, è collegato alla rete
in corrente alternata trifase
(e non monofase come l’impianto
di casa) e raggiunge il
punto di prelievo facendo uso
di cavi di sezione molto generosa,
riducendo drasticamente
le perdite per resistenza fino
alla presa di ricarica. Secondo
fattore, l’elevata potenza
ha come conseguenza una
maggiore velocità di ricarica
che, oltre a essere una comodità
per chi usa l’auto, riduce
i tempi di azionamento dei
sistemi di bordo e di conseguenza
i loro effetti di “autoconsumo”.
Ecco spiegata
un’efficienza praticamente
doppia.
Colonnine vs wallbox
Con due corollari importanti:
i test hanno documentato che
le perdite non cambiano quale
che sia il livello di carica
raggiunto, che si arrivi all’80
per cento del valore nominale
di batteria oppure ci si limiti
al 50 per cento. E di certo
il fenomeno risulta ulteriormente
ridotto dalle colonnine
pubbliche, di loro natura già
allacciate alla rete in trifase
con cavi di sezione generosa,
che realizzano direttamente al
loro interno la conversione da
corrente alternata trifase alla
corrente continua per rifornire
le batterie di trazione. Un
punto per i superchager Tesla,
ma anche una sconfitta non da
poco per chi promuove l’autosufficienza
energetica tramite
i pannelli solari domestici.
9
Zero emissioni? Ci spiegano come
È lui, il motore agnostico capace
di digerire l’idrogeno sulla
base del monoblocco dell’X15.
A destra, assali Meritor e il
prototipo di camion a idrogeno di
Cummins, realizzato espiantando
il termico Daimler e mutuando la
trasmissione.
Tra gli esercizi muscolari al test delle emissioni zero
c’è sicuramente l’ostensione delle celle a combustibile
di quarta generazione. Progettate per soddisfare i
requisiti di ciclo di lavoro, prestazioni e imballaggio di
camion e autobus per impieghi medi e pesanti, le celle
a combustibile sono disponibili in moduli singoli da 135
chilowatt e doppi da 270. Scania in Europa e Daimler
Trucks Nord America hanno annunciato collaborazioni
con Cummins per sviluppare e integrare questa
tecnologia su veicoli dimostrativi. I sistemi utilizzano la
tecnologia a pressione variabile di quarta generazione
per fornire una maggiore densità di potenza, nodi di
potenza e temperature di esercizio per una più facile
integrazione del sistema nei veicoli. Inoltre, hanno una
forte efficienza del ciclo operativo e una lunga durata per
un Tco inferiore. Un altro bell’esercizio deriva dalla prima
in pubblico insieme a Meritor. Cummins sta integrando
l’ePowertrain di Meritor con le trasmissioni elettriche a
batteria e a celle a combustibile allo scopo di soddisfare
la crescente domanda di soluzioni libere da combustibili
fossili. Oltre all’ePowertrain, ad Hannover erano
disponibili il Power Control and Accessory System
(Pcas) di Meritor. Il Pcas è considerato il “cervello”
del gruppo propulsore elettrico e controlla velocità,
accelerazione, frenata e gestione termica. Grazie a
controlli software innovativi, può essere configurato per
massimizzare le prestazioni e l’efficienza complessiva
del sistema. Il design integrato del sistema riduce
inoltre le dimensioni dell’imballaggio e la complessità
dell’integrazione. Il valore aggiunto di Cummins
nell’elettrico non si ferma agli assali. Gli americani
aggiungono infatti una batteria Lfp (litio ferro fosfato)
alla linea di prodotti agli ioni di litio per ampliare
il supporto alle applicazioni elettrificate dei veicoli
commerciali. La soluzione Lfp permette una ricarica
più rapida e a batterie di maggiore durata, destinate ai
mercati dei camion per la distribuzione e degli scuolabus.
Automotive
Far accomodare allo stesso
stand una cella a combustibile,
una batteria al
litio ferro fosfato, un motore
che si anuncia gravido di
spirito Euro VII e un endotermico
abilitato per l’idrogeno
rende perfettamente l’idea
della potenza di fuoco di
Cummins. Allo stand abbiamo
intervistato una triade di
tutto rispetto: Jim Nebergall,
General Manager Hydrogen
Engines, Jens Hüttner, Sales
Director Europe, e Duncan
Engeham, Director Research
and Technology Europe. Dalle
loro dichiarazioni si evince
che qualcosa bolle in pentola,
anche se non possono sbottonarsi.
Chissà se vedremo a
breve un emulo camionistico
del treno Alstom a idrogeno,
dove lo specifico apporto tecnologico
è proprio di Cummins,
circolare sulle strade
europee?
Avete presentato un motore
a idrogeno, sulla base del
B6.7. Quale “tonalità cromatica”
si abbina meglio:
marrone, grigio, blu, turchese?
Nebergall: «Potremmo dire
che il motore non ha idea di
quale colore di idrogeno stia
bruciando. Idealmente, dal
punto di vista della riduzione
delle emissioni di anidride
carbonica, l’idrogeno verde è
CUMMINS ALL’IAA DI HANNOVER
PROVA
DEL NOVE
Attende gli attori della catena cinematica nel confronto con le istanze
della decarbonizzazione. Cummins si sente a suo agio in questo ruolo e
lo ha dimostrato allo Iaa. Il pezzo forte è il 15 litri a idrogeno. Abbiamo
approfondito insieme a Jim Nebergall, Jens Hüttner e Duncan Engeham
la soluzione migliore e ne vedremo
di più nel tempo, soprattutto
grazie agli ingenti
investimenti che i principali
Paesi stanno effettuando».
Come si differenzia il 6,7 litri
a idrogeno dalla versione
diesel?
Engeham: «La parte inferiore
del motore è esattamente
la stessa rispetto al diesel.
La parte inferiore è stata
concepita per essere un motore
agnostico. Non siamo
scesi ad alcun compromesso
quando abbiamo progettato
il motore. Dal punto di vista
della combustione, conosciamo
bene le caratteristiche del
motore diesel. Per quanto riguarda
l’idrogeno, o addirittura
il gas naturale, avevamo
bisogno di un progetto con
accensione a scintilla».
Oltre al ricircolo dei gas di
scarico, consente di liberarsi
degli oneri del post-trattamento?
Nebergall: «Credo che dipenda
dalle normative sulle
emissioni con cui abbiamo a
che fare. Una delle discussioni
più importanti che abbiamo
avuto qui riguarda l’Euro
7: il numero di polveri sottili
previsto dalla normativa Euro
7 farà la differenza sulla presenza
o meno del filtro antiparticolato.
Il motore di per
sé è eccezionalmente pulito
e non avrebbe bisogno di un
Dpf, ma se il numero di particolato
si abbassasse nelle
normative potremmo averne
bisogno per l’urea, quindi
affidandoci all’Scr. Può anche
dipendere dall’area del
mondo in cui il motore viene
utilizzato».
Quali sistemi di sicurezza
adottare di fronte a un
serbatoio criogenico da 700
bar?
Nebergall: «Penso che sia
una domanda logica, le persone
chiedono spesso della
sicurezza. Mi piace ricordare
che i veicoli a gas naturale
sono in circolazione da oltre
vent’anni e che questi utilizzano
più o meno la stessa
tecnologia. I serbatoi ad alta
pressione esistono da molto
tempo. Questi serbatoi sono
piuttosto robusti e la loro tecnologia
è ben consolidata an-
che in termini di protocolli di
prova da rispettare. Possiamo
fare tesoro di tutta l’esperienza
acquisita finora con il gas
naturale. Naturalmente, ci
sono protocolli di certificazione
e via discorrendo».
Le curve di potenza e di
coppia sono le stesse del diesel?
E la densità di potenza?
Engeham: «La potenza del
motore è leggermente inferiore
rispetto a quella dell’equivalente
diesel. Se si pensa al
motore X15 “fuel agnostic”
che abbiamo esposto qui, può
arrivare a 650 cavalli (478
chilowatt, ndr), mentre per
la versione a idrogeno siamo
più vicini ai 530 cavalli (390
chilowatt, ndr). È paragonabile
al gas naturale, forse è
addirittura leggermente migliore.
La verità è che la maggior
parte degli Oem ha bisogno
di 530 cavalli, non di una potenza
superiore».
Avete cambiato i materiali
dei componenti sensibili
(pistone, cilindro ecc.), gli
anelli di tenuta ecc? Olio
motore e lubrificanti?
Engeham: «Dal punto di vista
dei materiali, tutto lo sviluppo
che abbiamo portato avanti
finora è stato realizzato con
un motore standard. Devo
dire che siamo ancora in fase
di sviluppo e abbiamo molto
lavoro da fare, analogamente
a quello che facciamo di
solito quando sviluppiamo il
nostro motore diesel. In futuro
potrebbe arrivare qualcosa
di nuovo».
Per le operazioni di distribuzione,
mi sembra una
buona soluzione. Ma se è
difficile applicare una tecnologia
interamente elettrica
a un camion da 26
tonnellate, un’autonomia
di soli 500 chilometri non è
troppo restrittiva?
Nebergall: «Il nostro punto di
vista è: se un diesel può fare
il suo lavoro, allora anche i
motori a idrogeno possono
funzionare. Il motore a idrogeno
fa un ottimo lavoro, soprattutto
con cicli di lavoro
estremi, in condizioni estreme:
ambienti molto freddi,
polverosi, saturi di impurità,
proprio come un diesel. Finora
i nostri test hanno dato
buoni risultati.
Dal punto di vista del Tco, è
difficile battere il diesel, che
è a basso costo, disponibile
ovunque, efficiente nei consumi
e così via.
I clienti non confrontano il
diesel con la tecnologia a
zero emissioni di carbonio.
Gli utilizzatori che vogliono
abbandonare il diesel sanno
di avere tre possibilità: batterie
elettriche, celle a combustibile
o motori a idrogeno.
In questo scenario, i motori
a idrogeno appaiono molto
attraenti, perché sono simili
al diesel e richiedono più o
meno gli stessi ingombri».
Avete in essere delle collaborazioni
con i costruttori
europei di camion nello
sviluppo di progetti legati
all’idrogeno? Può citarne
alcuni?
Nebergall: «Stiamo riscuotendo
un grande interesse da
parte dei clienti per la nostra
tecnologia. Al momento non
abbiamo ancora nulla da annunciare,
ma abbiamo firmato
alcune lettere di intenti».
Credete nel retrofitting?
Engeham: «Può essere la
stessa trasmissione, lo stesso
gruppo di raffreddamento, gli
stessi supporti del motore. È
sufficiente un nuovo sistema
di alimentazione. L’aspetto
positivo della piattaforma di
motori agnostici è che stiamo
parlando degli stessi motori e
degli stessi componenti».
Qual è l’obiettivo principale
del concept di camion a
idrogeno che possiamo vedere
qui all’Iaa?
Hüttner: «La conversione
del camion ha richiesto circa
sei mesi per passare da
una versione diesel ad una
a idrogeno, il che è straordinariamente
rapido, dato che
l’intera catena cinematica è
stata convertita. Il camion ha
290 cavalli (213 chilowatt,
ndr) e 40 chili di stoccaggio
idrogeno a 700 bar. Questo
ci consente un’autonomia di
circa 500 chilometri. Manteniamo
le stesse prestazioni
di un camion diesel, con lo
stesso carico utile. Abbiamo
anche lo stesso spazio di carico.
Possiamo dire che non
si registra alcuna penalizzazione
nel passaggio alle
zero emissioni di carbonio.
Anche la guidabilità è la
stessa. Se si guarda all’installazione,
abbiamo tolto il
motore Daimler, ma abbiamo
mantenuto la trasmissione e
il radiatore. Abbiamo semplicemente
tolto il motore diesel
e inserito quello a idrogeno.
Abbiamo voluto mantenere
la struttura originale del camion,
compreso l’inserimento
dei serbatoi dell’idrogeno.
Anche l’elettronica è la stessa
applicata a un motore diesel.
In questo segmento di autocarri
medi, il Tco è fortemente
influenzato dal costo del
veicolo stesso, non tanto dal
costo del carburante, poiché
il numero di chilometri è significativamente
inferiore rispetto
agli autocarri a lungo
raggio».
10
11
Stazionari
Lo sappiamo, Rolls-Royce
Power Systems si applica
con devozione al paradigma
della diversificazione
delle fonti energetiche, e
lo fa in modo trasversale alle
applicazioni, generazione di
potenza compresa. Proseguiamo
nel racconto del PG Symposium,
iniziato sul numero
di ottobre. A Friedrichshafen
non dimenticano che l’endotermico,
come ha esplicitamente
riconosciuto Michael
Wagner, direttore product and
solutions management stationary
business, può essere
«parte della soluzione e non
del problema». E cominciamo
proprio da Wagner, ingegnere
meccanico austriaco, che ha
parlato di “Fuel Flexibility:
incrementare la sostenibilità
dei motori a combustione
ROLLS-ROYCE POWER SYSTEMS. PG Symposium. Parte seconda
SI PARLA DI TERMICO
E DI IDROGENO
Dopo le riflessioni a caldo raccolte durante le diverse sessioni seminariali di
Friedrichshafen, in questa sede vi portiamo due approfondimenti. Michael Wagner
ci parla di “Fuel Flexibility: Incrementare la sostenibilità dei motori a combustione
interna”. Armin Fürderer si concentra invece su “Idrogeno: il carburante del futuro”
interna”. «Parlando di carburanti
rinnovabili, la nostra
gamma di motori diesel, comprese
le serie 1600 e 4000, è
stata completamente omologata
per funzionare con carburanti
a norme EN 15940»,
ha detto Wagner. «La serie
2000 seguirà l’anno prossimo,
quando ottimizzeremo la
pompa del carburante. Il tema
principale del mio intervento
sarà l’Hvo (la contemporanea
pietra filosofale, insieme all’idrogeno,
ndr). Sulla base della
nostra valutazione di sostenibilità,
nonché del potenziale
di riduzione delle emissioni di
CO 2
“tank to wheel” e di miglioramento
delle prestazioni,
l’Hvo è un carburante promettente.
Abbiamo confrontato
diffusamente le emissioni
di residui grafitici del diesel
e dell’Hvo al banco e sul
campo e abbiamo riscontrato
una notevole riduzione delle
emissioni nell’intera gamma
di potenza, compresa tra il 50
e l’80 per cento».
In conformità alla norma Iso
8258-5-G3, Rolls-Royce ha
effettuato valutazioni approfondite
su frequenza, potenza
elettrica e tensione e non ha
riscontrato variazioni di prestazioni
tra il diesel e l'olio
idrogenato. Anche il comportamento
in transitorio è
paragonabile. La capacità di
stoccaggio è addirittura di
gran lunga migliore rispetto al
gasolio fossile. «È una caratteristica
molto importante per
le installazioni di back-up»,
secondo Wagner, «perché l’energia
è utilizzata per poche
ore all’anno e si rivela quindi
A Friedrichshafen
è operativo
un impianto
dimostrativo delle
potenzialità delle
reti intelligenti e
dell’idrogeno.
necessaria una grande quantità
di carburante immagazzinato
in loco. Il consumo di
carburante è inferiore anche
in ragione delle sue proprietà
chimiche positive».
In poche parole, l’Hvo è interessante
per la riduzione degli
inquinanti nocivi, fino all’80
per cento in meno di particolato
(mg/m 3 ) e fino all’8 per
cento di riduzione dei ppm di
ossidi di azoto. Raggiunge le
stesse prestazioni, in termini
di potenza massima, accettazione
del carico e consumo.
È oltretutto semplice da
adottare: non sono necessari
adattamenti del motore o del
software. Le miscele sono
tollerate. Nessun effetto nemmeno
sugli intervalli di assistenza
e manutenzione: si replicano
le usuali condizioni di
garanzia. Un aspetto peculiare
dell’olio vegetale idrotrattato
riguarda la sua capacità di
stoccaggio. I volumi globali
di lavorazione dell’Hvo sono
destinati a quadruplicare entro
il 2025, rispetto ai volumi
del 2020; i siti di produzione
delle energie rinnovabili fungeranno
da hotspot PtL (Power
to Liquid) oltre il 2025.
Infine, alcune osservazioni
sulla percorribilità del ciclo
Otto. «Nella nostra road
map» precisa Wagner «vogliamo
raggiungere l’obiettivo
del funzionamento al 100
per cento a idrogeno entro il
2025. Per quanto riguarda i
motori marini a Gnl, la sfida
è che le prestazioni arrivino
ad essere simili a quelle dei
diesel. L’iniezione di gas è
individuale, in ogni cilindro,
prima di ogni valvola di ingresso
nell’aria compressa.
Questo ci permette di avere
un funzionamento molto dinamico».
Kit di conversione a gas
Rolls-Royce Power Systems
ha sviluppato un kit di conversione
per adattare i motori
a gas naturale al funzionamento
a idrogeno al 100 per
cento, quando l’idrogeno sarà
disponibile. Il motore a idrogeno
inietta il carburante nelle
valvole multiport con una
pressione compresa tra 4 e 6
bar nel turbo. Nella camera
il pistone si muove, facendo
quasi scoccare la scintilla
all’avvio dell’accensione. La
combustione richiede l’aspirazione
di molta aria per tenere
sotto controllo la velocità
della fiamma della combustione.
Oltre a contenere ossigeno
in abbondanza, la miscela
deve essere assai omogenea
per ottenere una combustione
stabile dell’idrogeno. La
pressione media effettiva del
motore a idrogeno è stimata
dai tedeschi dell’ordine di 40
bar, mentre i motori a gas si
attestano mediamente a 22
bar. La riduzione della potenza
erogata sarà nell’ordine del
40 per cento. «Siamo fiduciosi
che nel corso del tempo saremo
in grado di allineare, passo
dopo passo, la potenza dei
motori a idrogeno all’attuale
gamma di motori a gas naturale»,
ha concluso Michael
Wagner.
Non si può fare cenno dell’idrogeno
senza transitare da
Armin Fürderer, Direttore Sustainable
Customer Solutions.
Il tema del suo intervento è
infatti “Idrogeno: Il carburante
del futuro”. «Abbiamo
iniziato con soluzioni da 500
chilowatt per il container di
celle a combustibile Pem, per
arricchire successivamente le
opzioni di potenza. Le prime
tre unità, che hanno sostituito
i generatori diesel, saranno
visibili nel porto di Duisburg
nell’aprile del prossimo
anno». Fürderer sottolinea che
«a seguito di abboccamenti
con diversi clienti, in particolare
nel campo dei centri
dati, non sarà replicato. Il
futuro è rappresentato dalle
reti a corrente continua; ora
non c’è nulla di disponibile,
ma saremo pronti quando il
passaggio da corrente alternata
a corrente continua sarà
avvenuto. Questo è un ulteriore
vantaggio di questa tecnologia».
L’idrogeno ha un problema
di stoccaggio a causa
della sua densità energetica.
«L’idrogeno ha una densità
dieci volte inferiore a quella
del gas naturale e per ottenere
una densità volumetrica
similare deve essere compresso,
a partire da 500 bar, fino
a raggiungere dimensioni tali
da consentire l’immagazzinamento
di energia; il sistema è
molto costoso, la liquefazione
richiede 600 e più gradi. Una
soluzione per gli utilizzatori
dai consumi modesti è quella
di immagazzinare una tonnellata
di idrogeno in un container
da 40 piedi (pari a 12,2
metri, ndr), che capitalizza
1,5 MW di energia di riserva
in circa 12 ore».
Diverse aziende in Europa
hanno annunciato di voler
creare una rete decentralizzata
di idrogeno. È l’ inerzia
attuale all’interno di questo
ambiente tecnologico. In pratica,
si installano elettrolizzatori
alimentati da energia
verde, collocati in un’area
di stoccaggio. Vogliono portare
l’idrogeno il più vicino
possibile ai clienti, servendo
almeno l’ultimo miglio o
addirittura attraverso piccole
condutture. «Quale sarà il
vettore dell’idrogeno in futuro?»,
ha chiesto al pubblico
Armin Fürderer. La risposta
è la seguente: «Al momento
sembra essere l’ammoniaca».
Nella prima parte del resoconto
del Simposio, vi abbiamo
parlato dell’elettrolizzatore
di Hoeller. Per dare seguito
a quanto scritto nel numero
di ottobre di DIESEL, riportiamo
alcuni progressi applicati
alla tecnologia da “1,5
MW per stack”: una migliore
connettività per ridurre la necessità
dei catalizzatori; uno
strato di trasporto poroso, per
avere una minore resistenza al
fine di aumentare la potenza e
l’efficienza; piastra bipolare,
per l’ottimizzazione del campo
di flusso per massimizzare
la potenza. Di seguito, alcune
informazioni tecniche aggiuntive
sulla seconda generazione
di Prometheus L Stack (Prometeo
rubò il fuoco agli dei
per donarlo all’umanità). La
potenza assorbita è fino a 1,5
MW, con circa 312 celle, per
una superficie attiva di circa
1.180 cm 2 /cella. Fino a 750
Volt DC e 2.500 Ampere, il
consumo di corrente alternata
a piena capacità è di circa 4,5
kWh / Nm 3 . Le pile sono progettate
per almeno 80.000 ore
di funzionamento. Il consumo
di acqua è inferiore a 1 litro
per Nm 3 H2. E il tempo di risposta?
Inferiore a 10 secondi
in entrambe le direzioni. Le
caratteristiche di produzione
dell’idrogeno sono fino a 680
chili al giorno, operando a
40 bar di pressione, con una
temperatura di esercizio dello
stack di 80 gradi Celsius al
massimo.
Per l’idrogeno
Infine, entriamo nel dettaglio
delle architetture disponibili
per i carburanti a idrogeno.
Hanno iniziato con Fcd250,
65 chilowatt per modulo, che
non stanno più utilizzando.
Nella fase pilota, utilizzano
moduli da 100 chilowatt, che
nel 2025 saranno aggiornati
a 150 chilowatt per modulo.
«Al momento garantiamo
10.000 ore, ma arriveremo a
25.000 ore di fine vita. Stiamo
discutendo con un installatore
una soluzione da 1,5 MW,
per testarla in un ambiente
scalabile. Abbiamo bisogno
di qualcosa che funzioni,
soprattutto nel sito di stoccaggio»
conclude Fürderer.
Essendo applicabile a cielo
aperto senza alcuna infrastruttura,
a parte l’idrogeno, il dimostratore
autonomo di celle
a combustibile è molto più di
un banco di prova. Dotato di
un sistema statico di Ups e
di batterie agli ioni di litio, il
dimostratore può essere adattato
a diversi casi d’uso dei
clienti. La dimostrazione di
altri concetti per l’integrazione
di sistemi modulari di celle
a combustibile nelle asettative
di Rolls-Royce getterà le basi
per la generazione di energia
su larga scala dalla tecnologia
delle celle a combustibile
Pem.
12
13
Terra
occorre
essere trasversali.
«Sull’elettrico
Secondo la nostra
esperienza per aumentare i
volumi bisogna applicarsi su
più nicchie e trasversalizzare
le applicazioni». Esternazioni
che risalgono al 2019, tra
le linee produttive degli assali
(vedi DIESEL Marzo 2019, p.
20). Oggi, 18 ottobre 2022, siamo
tornati in quei paraggi, in
uno stabilimento che ha vissuto
un’autentica palingenesi. Quelle
idee che abbiamo riportato
in apertura hanno trovato casa.
Chiamatelo “e-plant”: a pieno
regime vanterà una capacità annua
di 20mila assali e 20mila
batterie per veicoli commerciali
leggeri, minibus e autobus.
Parola di Alessandro Sezza,
che di queste linee produttive
è il responsabile. Risponderà a
Sylvain Blaise, Presidente della
Powertrain Business Unit, e ad
Annalisa Stupenengo, che l’ha
preceduto in questa funzione
14
Fpt Industrial. A Torino c’è una fabbrica tutta elettrica
RESIDENZA
E RESILIENZA
La powertrain elettrica ha trovato casa, in Strada Cascinette. Sul citofono c’è scritto
Fpt Industrial - Iveco Group. L’e-plant è espressione di resilienza, intesa come
sopportazione degli stress e capacità di reagire agli avversi fattori esogeni (vedasi catena
di fornitura e costo materie prime). Serve l’automotive, servirà le applicazioni industriali
e attualmente si trova a capo
delle “operations” del Gruppo
Iveco. Questo luogo è l’humus
che consentirà a digitalizzazione,
Internet delle cose e predittività
di fertilizzare il terreno e
acquisire definitivamente senso.
Perché gli aggettivi elettrico
ed elettronico si completano
in questa dimensione: quella
dell’elettrificazione della catena
cinematica. «Come attori chiave
della transizione energetica
in tutti i settori on-highway e
off-highway, siamo all’avanguardia
dell’innovazione per i
sistemi di propulsione a energia
pulita e siamo fermamente
determinati a raggiungere l’obiettivo
di zero emissioni nette
di CO 2
entro il 2040», afferma
Sylvain Blaise. «Il nostro nuovo
stabilimento ePowertrain
è un passo fondamentale in
questa direzione. I prodotti
elettrificati che realizziamo qui
accelereranno la decarbonizzazione
nel settore dei trasporti,
fornendo ai nostri partner e
clienti soluzioni ultramoderne
per le loro gamme future».
Attenzione, però: l’orizzonte
applicativo non si esaurisce al
Nikola Tre o al nuovo Daily
elettrificato che sarà svelato
l’indomani. L’industriale è nel
mirino: assali elettrici, pacchi
batterie, sistemi di controllo
prenderanno prima o poi anche
la via dell’off-highway.
Questo stabilimento, dedicato
all’elettrificazione, è integrato
nell’area Fpt Industrial di Stura,
vicino al testing e agli impianti
per la produzione di motori a
combustione interna, trasmissioni
e assali, per massimizzare
i vantaggi in termini di sinergie
industriali. Con una superficie
totale di 15.000 metri quadri, lo
stabilimento dispone di tre linee
di produzione parallele dedicate
rispettivamente all’assemblaggio
dei pacchi batteria e alla
produzione di central drive e
di assali elettrici per veicoli
commerciali pesanti. L’e-plant
occuperà a pieno regime circa
200 persone. A proposito di addetti,
la collaborazione uomomacchina
è all’avanguardia
grazie alle tecnologie Industry
4.0 adottate in tutte le aree, che
consentono la raccolta e l’analisi
automatica di tutti i dati
indispensabili per monitorare e
migliorare la sicurezza, la qualità
e la produttività.
Tutti i processi produttivi si basano
su magazzini automatizzati
per la gestione dei componenti e
si sviluppano attraverso stazioni
di assemblaggio a controllo elettronico.
Le tecnologie di ultima
generazione adottate includono
la realtà aumentata e virtuale,
che riduce i tempi di progettazione
delle linee di produzione,
simulando il risultato operativo
prima dell’installazione fisica.
Non ultima, la stampa 3D e i
sistemi “Smart Observer” basati
su sensori intelligenti, scanner
3D per misurazioni di qualità
Automazione all’ennesima
potenza per il nuovo
stabilimento e-powertrain
di Fpt. A regime produrrà
20mila pacchi batteria
e 20mila assali elettrici e
occuperà 200 addetti.
Si sviluppa su 15.000
metri quadrati,
energicamente,
autosufficienti grazie
a pannelli solari,
fotovoltaico ed eolico.
In un cortile di 6.000
metri quadrati svettano
100 piante native, tra
cui alberi da frutto. Per
il 2026 il 60 per cento
dell’acqua sarà riciclata.
Phil Scarth ci spiega lo Iaa di Fpt Industrial
Allo stand di Fpt Industrial abbiamo intercettato Phil Scarth,
Head of Open Innovation e General Manager di Arbon,
per una ricognizione di quanto Fpt ha annunciato ed
esposto allo Iaa di Hannover. Sotto le luci dei riflettori sono
inevitabilmente finiti l’XC13, erede multicombustibile del
Cursor 13, e la strategia di elettrificazione. «Ci siamo proposti
al pubblico dello Iaa con un monoblocco multicarburante e
modulare» attacca Scarth. «Se vogliamo partire dal motore
a combustione interna, il messaggio dei vertici aziendali è
molto chiaro: l’endotermico ha un futuro sulla strada della
decarbonizzazione. La realtà è che il multicarburante avrà
un ruolo di primo piano. Stiamo sviluppando un motore per i
carburanti alternativi, tra cui l’idrogeno e i carburanti di sintesi,
quando e se saranno disponibili, che si sommano al diesel e
al gas naturale, sulla base della piattaforma attuale. Stiamo
sviluppando un motore più leggero per avvicendare le opzioni
a combustibile solo fossile. Nonostante ci stiamo adoperando
anche al miglioramento della combustione dell’idrogeno, in
questo particolare scenario abbiamo un motore per garantire
opportunità e disponibilità per le soluzioni di combustione
dell’idrogeno».
E cosa mi racconta dell’approccio elettrico?
«La batteria rappresenta il componente principale
nell’architettura di un sistema elettrificato, e noi abbiamo
sviluppato all’uopo un pacco batterie insieme a Microvast.
Per costruire insieme un sistema completo, abbiamo bisogno
dell’e-axle, il sistema di trazione elettrica utilizzato sia
nell’Iveco Daily che sui medi e sui pesanti. Inoltre, una delle
parti più importanti è il Bms (Battery management system,
ndr), cruciale nella strategia di gestione della batteria, che
ci aiuta ad aumentarne la durata. A Coventry, i colleghi di
Potenza Technology, diventata una divisione di Fpt Industrial,
stanno sviluppando l’hardware e il software del Bms di nuova
generazione. Con Potenza stiamo lavorando a un’intelligenza
artificiale per controllare attivamente la batteria. L’obiettivo è
Group. «Nella Tech Academy
prepariamo le nostre persone
a un processo completamente
nuovo, in cui è fondamentale
gestire i flussi di informazioni
provenienti da robot e strumenti
automatizzati. Ma forniamo
anche le soft skill necessarie e,
attraverso un programma mirato
chiamato “In trasformazione”,
prepariamo le nostre permetrologica,
simulatori di realtà
3D e robot collaborativi. Questi
robot, insieme ai controlli di
qualità in cloud, consentono di
individuare immediatamente i
problemi, mentre quelli di fine
linea certificano la conformità
del prodotto in termini di configurazione,
prestazioni e sicurezza.
Sulla linea degli assali
elettrici per veicoli commerciali
pesanti, una stazione a segnali
luminosi supporta l’operatore
indicando i componenti e dove
montarli, contribuendo così a
raggiungere l’obiettivo di azzeramento
degli errori. Sulla linea
di assemblaggio delle batterie, i
tappeti dielettrici proteggono gli
operatori da possibili dispersioni
elettriche, mentre le termocamere
misurano automaticamente
la temperatura delle batterie,
segnalando immediatamente
qualsiasi deviazione rispetto
alla norma.
«La chiave del nostro successo
sono le persone. Il nostro
team è chiamato ad acquisire
una nuova mentalità per affrontare
le nuove sfide della
mobilità elettrica e a sviluppare
nuove competenze per
relazionarsi con l’ambiente Industry
4.0», afferma Alessandro
Sezza, Plant Manager dello
stabilimento torinese di Iveco
Conciliabolo tra executive Iveco Group, a margine della
presentazione dell’e-plant: da sinistra, Annalisa Stupenenengo,
Sylvaine Blaise, Luca Sra e Domenico Nucera.
prolungare la vita della batteria. Il Bms è in grado di regolare
meglio la temperatura della batteria e le sue prestazioni,
consentendoci di bilanciare le diverse celle e quindi di
aumentare la durata della batteria. Conoscere le condizioni
della batteria, il suo livello di carica e il bilanciamento delle
celle sono componenti essenziali per prolungarne la vita».
sone ad affrontare uno scenario
complesso e fluido».
In conclusione, le battute della
voce più alta delle gerarchie di
Iveco, Gerrit Marx, l’amministratore
delegato del gruppo
torinese. «Iveco Group si
è posta l’obiettivo sfidante di
arrivare a zero emissioni nette
di CO 2
entro il 2040, con dieci
anni di anticipo sulla scadenza
dell’Accordo di Parigi. Questo
vale in egual misura per i nostri
prodotti e per i luoghi in cui li
produciamo. Da questo stabilimento
forniremo sistemi di propulsione
elettrici che andranno
a completare una gamma già
ampia di motorizzazioni. Confermiamo
così la nostra volontà
di offrire ai clienti i prodotti e
i servizi giusti per soddisfare le
loro esigenze in rapida evoluzione,
nonché la nostra fondata
ambizione di guidare la corsa
alla mobilità elettrica».
15
Mare
Da Ciriè a Brisbane ci
sono più di 24 ore di
volo. C’è infatti un intero
continente da esplorare. Ed è
quello che Bimotor intende fare
con la costituzione di Be Power
Solutions Australia (BePS per
gli australiani), che espliciterà
il mandato di Fpt Industrial in
Australia. Abbiamo parlato, da
remoto, con Raine Borgo. Canadese,
di avita origine italiana,
a lei è affidata la gestione di
quell’esotico e dinamico mercato.
E quali sono le peculiarità
che lo contraddistinguono?
«Per quanto riguarda le applicazioni
marine, in Australia
ci sono grandi opportunità»
esordisce Borgo. «A seconda
di dove ci si trova nel Paese,
possono prevalere le applicazioni
commerciali o quelle
da diporto. Il prodotto Fpt è
molto apprezzato, soprattutto
perché è legato ad un’attività
pluridecennale, svolta dai due
distributori storici, Tht Marine
e SeaWasp, che sono sempre
stati vicini ai clienti, fornendo
sia il motore che il supporto
post-vendita, in modo estremamente
professionale, come richiesto
dal cliente. Per quanto
riguarda le applicazioni industriali,
qui c’è un’intensa attività
agricola e mineraria; se ci
si concentra sul campo agricolo,
si spazia da allevamenti
di bestiame alle coltivazioni di
frutta, verdura, cotone o vino.
Le aziende sono molto grandi
e, spesso, si trovano in aree
molto lontane dai grandi centri.
Ecco il motivo per cui, oltre ai
motori per le macchine adibite
alle attività prettamente agricole
(motori da motopompa piuttosto
che per apparecchiature
trainate o semoventi), è necessario
concentrarsi su quelli per
i gruppi elettrogeni, vitali per
assicurare l’energia, in caso
dei frequenti blackout. Come
si può immaginare, lo standby
risulta vitale, per assicurare
l’alimentazione del bestiame,
piuttosto che l’irrigazione dei
frutteti e dei campi coltivati a
verdura o delle serre. Ecco il
motivo per cui l’utilizzo dei
gruppi di emergenza è sempre
più diffuso. È chiaramente fondamentale
anche erogare energia
di continuità, in particola-
Be Power Solutions. Bimotor tradotto nello slang australiano
DA CIRIÈ A
BRISBANE
Be Power Solutions è l’avamposto di Bimotor in Australia. Il quartier
generale si trova a Brisbane. Abbiamo ascoltato Raine Borgo, che
sarà referente per il mercato australiano, e Stewart Butler, titolare di
SeaWasp, dal 1990 esperto locale dei motori Fpt Industrial
re nel settore minerario, che si
trova nel nord-ovest del Paese,
dove molte aree sono servite da
gruppi elettrogeni, che lavorano
in applicazioni prime power.
Da non dimenticare gli impianti
di movimentazione delle acque,
nelle coltivazioni di cotone,
anch’esse nel nord-ovest,
dove sono presenti imponenti
stazioni di pompaggio, equipaggiati
con motori diesel, per
garantire l’acqua alle colture».
Come sono percepiti i problemi
che l’Europa ha dovuto
affrontare, ovvero la pandemia,
le carenze della catena
di approvvigionamento e l’inflazione?
«L’Australia si trova in una
posizione geografica isolata,
i problemi della supply chain
sono stati un fattore ostativo,
anche qui. Il trasporto delle
merci è stato ritardato, i porti
sono congestionati, è molto
difficile far arrivare le merci in
tempi relativamente brevi (per
gli standard australiani significa
un paio di mesi, trasporto
compreso), ma abbiamo deciso
di concentrarci sulla creazione
di uno stock locale, per poter
servire meglio i clienti». Insomma,
la mano di Bimotor si vede
fin dai primissimi passi. Il cosiddetto
“stock always available”,
immortalato dalla torre di
immagazzinamento di Ciriè, è
stato oggetto di attacchi da parte
di alcuni supporter del “just
in time”. Anacronistico, dicono,
secondo le regole della gestione
delle scorte e dell’iscrizione a
bilancio delle passività. La buriana
della quarantena ha però
dimostrato che la disponibilità
di motori pronta consegna si è
rivelata premiante. Anzi, di più:
vitale. «Il servizio è una cosa
importante, qui in Australia»
riprende Raine Borgo. «Questo
è un paese molto orientato al
cliente. Un altro problema è
l’aumento incontrollabile dei
costi di spedizione. Abbiamo
portato una sorta di “modello
Bimotor” all’interno di BePS,
perché credo che questo sia
uno dei punti di forza più evidenti,
per essere vincenti sul
mercato».
Quali sfide sta affrontando in
questo nuovo lavoro?
«Nel corso degli ultimi vent’anni
ho lavorato nel settore della
generazione di energia, anche a
livello internazionale. La sfida
consiste nell’utilizzare le competenze
consolidate, per capire
la cultura australiana, entrando
in relazione con le persone,
riconoscendo la cultura aziendale
locale. Provenendo da un
ambiente anglosassone (sono
nata e cresciuta in Canada), importo
quell’esperienza e quelle
conoscenze che mi hanno aiutato
a inserirmi e a far crescere
le cose abbastanza rapidamente.
Il modo in cui si gestisce il
business è molto simile. È una
situazione vantaggiosa per Be
Power Solutions e, in ultima
analisi, per Bimotor».
E qual è il modello organizzativo
che applicherete in
Australia e qual è la vostra
idea di organizzazione della
rete? È simile a quello di Bimotor
o è diverso dal modello
europeo?
«Per quanto riguarda le vendite
e l’assistenza, in Europa ci
si rivolge spesso direttamente
al cliente finale, mentre qui
tendiamo a lavorare con i subconcessionari,
in ragione delle
enormi distanze geografiche.
Questo ovviamente si ripercuote
sul lato dell’assistenza, dove
i nostri stessi sub-concessionari
sono direttamente responsabili
di tutta l’attività post-vendita,
utilizzando Be Power Solutions
come supporto a livello di informazioni
tecniche e fornitore
di parti di ricambio. Così come
avviene in una squadra, i subconcessionari,
che hanno la
loro rete all’interno dell’area,
a copertura delle varie applicazioni,
sia in ambito marino
che industriale, hanno il ruolo
dei giocatori in campo, mentre
BePS, deve supportare tutta
l’attività, anche a livello di
strategia».
Parlando di giocatori in campo,
concediamo le battute finali a
Stewart Butler, titolare di Sea-
Wasp, che lavora con i prodotti
di Fpt Industrial dal 1990. Lo
abbiamo incontrato allo stand
Bimotor, in occasione dell’apertura
del Salone di Genova.
Gli chiediamo la storia della
sua collaborazione con Fpt. Vi
riportiamo il passaggio finale,
che ci conduce diretti all’ombra
della Mole e della Lanterna.
«Nel luglio 2004 ho acquistato
SeaWasp Australia, trasferendo
l’attività da Sydney a Brisbane.
SeaWasp è cresciuta fino a diventare
un rinomato fornitore
di motori per imbarcazioni,
specializzato in vendite, assistenza
e ricambi. Il mio primo
viaggio in Italia per lavoro risale
al 1998, quando ho visitato
proprio il Salone Nautico di
Genova».
Chiediamo anche a lui se il
listino di Fpt sia più spendibile
nella power generation,
nell’off-road o nella nautica.
Sostanzialmente ci conferma
quanto anticipato da Raine
Borgo. «Sicuramente ci sono
ottime opportunità nella generazione
di energia e nell’agricoltura,
che richiede tante
motopompe. Tornando al mio
settore specifico, quello marino,
vedo l’Australia come un mercato
potenziale davvero enorme,
ma il prodotto deve essere
rappresentato dall’azienda che
ha le giuste credenziali. Questo
è il mio primo viaggio in Italia
presso la Bimotor e sono stato
totalmente sopraffatto dalla
portata delle loro operazioni,
sia a Ciriè che a Marghera, e
dalla volontà di investire nelle
infrastrutture. Credo che il segreto
della loro attività sia in
uno staff di grande talento, che
condivide passione e visione;
valori anche relazionali, molto
simili ai miei. Sono entusiasta
delle prospettive e delle opportunità
che questa collaborazione
farà nascere in Australia.
Tornerò al Salone anche l’anno
prossimo e sono certo che la
quota di mercato attuale sarà
certamente più alta di quanto
lo sia ora. Ho un grande seguito
nel diporto e una base di
clienti molto fedeli anche nel
settore commerciale. Ci sono
molte famiglie di pescatori
italiani con cui ho rapporti di
lavoro da oltre trent’anni! Per
quanto riguarda gli Oem, sarà
un po’ più difficile entrare in
contatto con loro a causa delle
loro esigenze molto particolari.
Lo abbiamo toccato con mano
all’esposizione che abbiamo
fatto al Sanctuary Cove Boat
Show, nel maggio di quest’anno,
dove uno dei più famosi
costruttori di barche in Australia,
Bill-Barry Cotter, fondatore
di Riviera e ora fondatore
e proprietario di Maritimo,
si è detto molto interessato al
C16 da 1.000 cavalli e al 6,7
litri da 570. Siamo convinti
che Bimotor, con il supporto di
BePS, sia il partner giusto per
affrontare questa sfida, anche
se sarà molto difficile. Il Sanctuary
Cove Boat Show è stata
una decisione presa all’ultimo
minuto. I motori sono arrivati il
giorno prima del salone e sono
stato estremamente soddisfatto
del feedback dei clienti. In
quell’occasione ho venduto direttamente
una coppia di motori
da 620 cavalli, che sono già
stati ricevuti da noi. I tempi di
consegna sono adesso molto
più brevi che in passato, grazie
al vasto numero di motori
che Bimotor ha in magazzino,
e questo è la differenza rispetto
al passato».
E quali sono i principali concorrenti
nel mercato marino
australiano?
«Sicuramente Cummins e Volvo
Penta, ma quello che conta soprattutto
in Australia è la fedeltà
del cliente. Durante i 16 anni
in cui ho lavorato con Leeds Industries,
ho sviluppato una base
di clienti molto stabile, puntando
sui valori di onestà e lealtà
verso di loro, in tutti i settori in
cui mi sono trovato ad operare.
Ora che la mia attenzione
si concentra esclusivamente
sulla nautica, sto continuando
a lavorare con gli stessi valori
e la stessa passione, certo che
Be Power Solutions stia invece
scandagliando l’intero mercato,
lavorando allo stesso modo, per
migliorare la “Brand awareness”
del marchio Fpt. La passione
nel prodotto Fpt è sempre
esistita; ora, grazie alla collaborazione
con BePS, mi sento
pronto a affrontare il mercato,
essendo sicuro di non essere
più da solo ma all’interno di
una squadra, che condivide i
miei stessi valori e le medesime
passioni».
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Grandangolo
Fpt Industrial F28
Motore da premio
La nuova gamma di trattori specializzati da
frutteto e vigneto Carraro Agricube Pro è
equipaggiata con il motore diesel Fpt Industrial
F28, che copre lo Stage V da 55 a 75 chilowatt.
Si tratta della prima applicazione agricola del
motore che il brand ha presentato anche per
i settori del movimento terra e della power
generation. Inaugurata nel 2010, la partnership
tra le due aziende è costellata di successi e
si consolida ora con il passaggio allo Stage
V e l’adozione della soluzione F28 per tutta
la gamma Agricube con potenze di 72, 92 e
102 cavalli (55, 67 e 75 kW) rispettivamente
per i modelli 8.5, 9.5 e 10.5 per frutteto e
vigneto. Capace di sviluppare fino a 102
cavalli a 2.300 giri e 415 Nm a 1.500 giri,
questo propulsore da 2,8 litri garantisce lo
stesso livello prestazionale di un 3,4 litri ma
con dimensioni comparabili a quelle di un 2
litri. Queste inimitabili doti di compattezza ed
elevata densità di potenza, associate a una
notevole efficienza dei consumi, sono alla
base della scelta operata da Carraro per i suoi
nuovi specializzati destinati ad operare tra
filari di alto valore con attrezzi molto esigenti
dal punto di vista idraulico. Ricordiamo che
l’F28 è stato Diesel of the Year 2020. Quando,
all’Agritechnica 2019, i veli sono scivolati
dalla sagoma dell’F28, non hanno rivelato un
motore, ma due. Il 2,8 litri di Fpt Industrial,
common rail Bosch da 1.600 bar per alimentare
le camere di combustione, fu svelato insieme
al suo gemello a gas (seguiti dalla “release”
ibrida, apparsa al Conexpo). Da questa
apparizione nacque la convinzione di premiare
il 4 cilindri di Fpt.
CARRARO TRACTORS AGRICUBE PRO
SOTTO IL COFANO
FPT
Arriva il nuovo Stage V
dedicato ai professionisti
delle colture specializzate.
Con il passaggio allo Stage V,
Carraro Tractors ha scelto una
soluzione Fpt Industrial, l’F28,
già Diesel of the Year 2020:
compattezza, elevata densità
di potenza e prestazioni
non hanno niente da invidiare
ai “fratelli maggiori”
Con il passaggio allo Stage
V, che ha imposto l’abbandono
dei 3,4 litri di
Fpt Industrial per le potenze superiori
ai 75 cavalli, Carraro ha
totalmente rivoluzionato la sua
gamma di trattori, diversificando
la produzione per gli Oem (Claas,
John Deere, Massey Ferguson),
da quella a proprio marchio.
I nuovi modelli per Oem
montano ora il 4 cilindri Fpt da
3,6 litri, dunque “maggiorato”,
per raggiungere potenze comprese
tra 85 e 120 cavalli. La
nuova gamma a marchio “Tre
cavallini”, rinominata Agricube
Pro, adotta invece un motore
più piccolo, sempre Fpt,
a quattro cilindri, ma con cilindrata
di 2,8 litri e tre livelli
di potenza: 55, 67 e 75 chilowatt.
Per i propri clienti finali
Carraro punta così su modelli
potenti ma compatti, proposti
solo nella versione con tunnel
centrale per ridurre l’altezza e
adattarsi alle esigenze di chi
lavora prevalentemente sotto
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Post-trattamento e assale sospeso
Torna tutto sotto
In oltre dieci anni di collaborazione, Fpt Industrial
ha prodotto oltre 25mila motori per il Gruppo
Carraro, installati su 13 diverse piattaforme (tra cui
Agritalia, Claas, John Deere, Massey Ferguson)
chioma. Sono 6 i modelli (vigneto,
vigneto largo, vigneto
largo basso, frutteto, frutteto
largo, frutteto basso) e ben 52
gli allestimenti base, rivelando
quindi una grande attenzione
alla configurabilità e alla versatilità.
La presentazione ai dealer e
alla stampa della nuova motorizzazione
“downsized” si è
svolta ad Arquà Polesine, alle
porte di Rovigo. Presenti Tomaso
Carraro, vicepresidente
del Gruppo Carraro, Andrea
Conchetto, Ceo del Gruppo, e
Marco Stella, General Manager
di Carraro Agritalia. Dopo
la presentazione dei dati sulle
vendite e sulle previsioni per
il 2023, Laura Bassi, Sales and
Business Development Manager,
ha illustrato le motivazioni
che hanno portato alla scelta
del motore Fpt: «Volevamo un
motore dalle dimensioni compatte,
ma che non rinunciasse
alle prestazioni e a costi di
consumo ridotti. Siamo riusciti
ad ottenere tutti questi requisiti
grazie all’installazione
totalmente sottocofano, che ci
ha permesso di liberare il lato
destro del trattore (era uno dei
punti critici della serie Agricube
IIIB, ndr), al posizionamento
del silenziatore sulla parte
sinistra e a diverse soluzioni
Del mezzo milione
di motori all’anno
prodotti da Fpt
Industrial, oltre
130mila sono
destinati ad
applicazioni
agricole: trattori,
macchine da
raccolta e per
alimentazione
animale.
per i serbatoi, volte sempre a
salvaguardare la compattezza».
La scelta del Gruppo Carraro
è stata quella di preservare la
gamma esistente, portandola in
Stage V e mantenendo allo stesso
tempo i costi di motorizzazione
i più contenuti possibile.
Ciò è stato possibile decidendo
di conservare l’architettura del
tunnel, ma soprattutto trovando
il motore adatto.
Palla a Fpt Industrial
La parola passa a Diego Rotti,
Product Manager Off-Road
Industrial Engines di Fpt Industrial:
«La nostra decennale
cooperazione con Carraro è
stata in buona parte guidata
dalle richieste delle normative
sulle emissioni. Ciò non vuol
dire che non siamo attenti
ad altri aspetti, come la produttività
della macchina, la
compattezza e le prestazioni.
Il mondo dei trattori specializzati
poi richiede sempre
soluzioni ad hoc e attenzione
alle esigenze degli utenti».
Dopo aver ripercorso le tappe
più importanti della collaborazione
con Carraro, Rotti passa
a raccontare la genesi del progetto
e ad analizzare le caratteristiche
dell’F28. «Con questo
motore abbiamo esteso la
nostra gamma al di sotto dei
3 litri per applicazioni agricole,
una sfida che ci ha visti
affrontare il tema della compattezza
con un approccio modulare
e versatile, adattabile
anche ad altri tipi di applicazioni.
L’F28 nasce diesel ma è
già progettato per poter funzionare
sia in configurazione
diesel-elettrica che a metano.
Queste due versioni sono in
fase prototipale e di test sia al
banco motore che su veicolo.
Tra i requisiti chiave c’era la
compattezza, tema che è stato
affrontato riducendo non
solo la cilindrata, ma anche
la distanza tra i cilindri, integrando
quanto più possibile
i sistemi di raffreddamento
nel basamento motore e collocando
il post-trattamento
completamente sottocofano,
con grande vantaggio a livello
di utilizzabilità del motore.
E tutto questo mantenendo
l’altezza da terra. Nonostante
la compattezza, l’F28 non
fa rimpiangere un motore più
grande in termini di prestazioni,
che sono confrontabili con
quelle di un motore di cilindrata
maggiore. Nella fase di
progettazione c’è stata grande
attenzione alla potenza ma
anche e soprattutto all’erogazione
di coppia. Nel nostro
confronto tra la curva di coppia
dell’F28 e quella dell’F36,
vediamo che a livello di coppia
massima ma anche ai bassi
giri, le prestazioni sono con-
Agricube Pro è perfetto per le applicazioni che
richiedono elevate prestazioni e un ingombro
ridotto, come nel caso degli specializzati, e
infatti ha tutti i componenti del sistema di
post-trattamento dei gas di scarico, e cioè il
catalizzatore ossidante, la riduzione catalitica
selettiva e il filtro antiparticolato, racchiusi
in un unico modulo di forma appiattita che
trova posto sotto al cofano, senza incidere
su ingombri e visibilità. Nonostante il cofano
non si apra completamente, tutti i punti di
manutenzione ordinaria sono facilmente
raggiungibili senza dover necessariamente
smontare i fianchetti laterali. La trasmissione è
la classica Carraro dotata di Hi-lo e inversore
elettroidraulici che agiscono su un cambio
meccanico a 4 rapporti sincronizzati e 3
gamme lente/medie/veloci per un totale di
24 rapporti in avanti e 12 retro. Il pulsante
per cambiare la marcia sotto carico è sulla
leva del cambio che rimane la stessa delle
versioni precedenti. La trazione sulle 4 ruote
si innesta automaticamente grazie a un
sensore angolare di sterzata posto sull’assale
anteriore che è impreziosito da un sistema di
sospensioni costituito da due pistoni idraulici
con escursione di 80 millimetri. Ne giova il
comfort ovviamente, ma anche la sicurezza
e l’aderenza. Dalla cabina è possibile variare
l’altezza della sospensione adattandosi così
al lavoro che si deve compiere e facilitando
le operazioni di attacco e stacco delle
attrezzature anteriori.
frontabili. Abbiamo effettuato
oltre 15mila ore di test al banco
e 10mila su macchina, in
collaborazione con Carraro,
utili per verificare le prestazioni
su missioni reali, in campo.
Un altro punto importante per
noi è la continuità con gli altri
motori della nostra gamma:
pur essendo un motore progettato
in maniera radicalmente
diversa dal 3,4 e dal 3,6 litri,
a livello di impostazione e di
accesso per la manutenzione è
concepito in maniera analoga
all’F36. L’intervallo di ore per
il cambio dell’olio è rimasto
lo stesso (600 ore). L’efficienza
nelle prestazioni si traduce
naturalmente anche in un
beneficio sui consumi: con un
motore più piccolo, con la stessa
combustione ma ottimizzata
con un’attenzione particolare
alla gestione del motore, tra i
1.400 e i 1.800 giri abbiamo
registrato un’efficienza migliore
di quella del 3,6 litri».
20
21
Terra
Non è più tempo di gingillarsi
con i massimi
sistemi. Quando si ragiona
di idrogenizzazione urge
entrare nel merito della questione,
a partire dall’identità
dei protagonisti. «Simplifhy
è un’idea nata nel 2020, l’azienda
vanta un importante
know-how, essendo composta
da un team con una competenza
consolidata e un’esperienza
pluriennale nel campo dell’energia
e dell’idrogeno». Sono
parole di Sergio Torriani, amministratore
delegato dell’azienda
lombarda. E proprio a
lui ci siamo rivolti per capire
22
SIMPLIFHY. L’idrogeno a tinte tricolori
POLIEDRICI
PER SCELTA
Afferrare al volo un’idea, che corrisponda al desiderio dell’utilizzatore, e vestirla in
modo sartoriale, richiede flessibilità e transitività tra le varie tecnologie di elettrolisi,
senza ossessioni dogmatiche. Simplifhy ha scelto questo approccio, inserendosi tra i
costruttori di componenti e sistemi e l’anello finale della catena dell’idrogeno, gli utenti
quale sia questo know-how e
come si manifesti nella sfera
delle applicazioni mobili, stazionarie
e nautiche.
«Siamo consapevoli che né
l’elettrico né l’idrogeno possono
monopolizzare la decarbonizzazione»
premette Torriani.
«Dal mio punto di vista
l’idrogeno copre quegli spazi
che l’elettrico non può coprire,
come le applicazioni nautiche,
che prevedono distanze
significative e grandi pesi».
Quella di solution provider
è un’attribuzione assai cara
ai protagonisti dell’“ancien
régime” endotermico. Cosa
significa per voi, che vi affacciate
sulla ribalta della
decarbonizzazione?
«L’idea scaturisce dall’intuizione
che i costruttori dei componenti
per l’idrogeno hanno
una dimensione artigianale.
Questi ultimi cinque anni hanno
fatto sì che chiunque disponesse
di tecnologie spendibili
si focalizzasse sull’industrializzazione.
Per capirci, passare
dalla produzione di due o
tre sistemi all’anno ad alcune
migliaia. L’Italia, composta
da industrie medio-piccole
e mille campanili, avanza le
richieste più svariate. La personalizzazione
della soluzione
assume pertanto un valore altissimo.
Noi conosciamo molto
bene i fornitori di componenti
e sistemi, che non hanno mediamente
alcuna intenzione di
adeguare le reti commerciali.
Noi ci inseriamo tra loro e i
clienti finali, che richiedono
ogni volta una soluzione
diversa. In prima battuta ci
occupiamo della progettazione,
quindi di tutte quelle
attività convenzionali, come
selezionare i fornitori. In molti
casi le esigenze dei clienti
sono ripetitive. Tanti ci chie-
Con Bloom Energy per il Cavallino rampante
L’attivismo di Simplifhy si tinge di rosso. Non pensate male:
non serve sfogliare le pagine di cronaca nera né fermarsi
sui necrologi dei partiti di sinistra, usciti malconci dalla
tornata elettorale. Il rosso è quello squillante della Ferrari.
In collaborazione con Bloom Energy, l’azienda di Villasanta,
in Brianza, ha installato una fuel cell a ossido solido a 1MW
di potenza presso il quartier generale Ferrari a Maranello.
Lo scopo del lavoro è stato l’inquadramento normativo e
procedurale della connessione alla rete elettrica nazionale,
gli aspetti relativi alla sicurezza, l’interconnessione con i
sistemi di fabbrica esistente (ad esempio IT) e, in generale,
nelle relazioni con il cliente per la fornitura e installazione
del prodotto. La collaborazione con la Ferrari segna
l’ingresso di Bloom Energy in Europa e in Italia ed è il primo
passaggio verso progetti potenzialmente più significativi tra
le due società e nel mercato.
Bloom Energy ha infatti siglato un contratto di ingegneria
con Simplifhy, finalizzato a consentire a Bloom Energy
di dare supporto locale ai clienti italiani per gli aspetti
di autorizzazioni, installazione e messa in servizio della
piattaforma di fuel cell, con una specificità agli aspetti
elettrici, di sicurezza, di interconnessione con i sistemi di
fabbrica esistenti. La tecnologia di Bloom Energy è una
soluzione di celle a combustibile a ossido solido, largamente
Le soluzioni Simplifhy H2:
basic/oxy/power/full.
«Premessa: al momento costruiamo
impianti per altri, ma
il nostro obiettivo finale è readono
di partire dal concetto
di “piccolo”, scarsamente
compatibile con le esigenze
industriali. Abbiamo realizzato
dei prodotti che possiamo
definire tali nella misura
in cui si compongono di una
serie di elementi, quali l’elettrolizzatore
e la purificazione
dell’idrogeno, costruendo una
soluzione aperta alle personalizzazioni,
ma standardizzata e
“autosufficiente”».
Le definizioni di solution
provider e system integrator
sono dunque sinonimiche?
«Sul mercato contiamo almeno
tre differenti tecnologie industriali
di elettrolisi, ognuna
A sinistra, cella e quadro di controllo Simplifhy.
Nell’approccio al mercato dell’azienda, la flessibilità
applicativa è la conditio sine qua non per conformarsi ai
bisogni dei clienti. Abbiamo liberamente reinterpretato le
parole di Sergio Torriani, l’AD dello specialista in idrogeno.
utilizzata, in grado di produrre energia senza combustione
e ad altissima efficienza da gas naturale, idrogeno biogas o
una miscela di questi. L’obiettivo comune della cooperazione
è rendere reale la prima applicazione funzionante in
Italia, procedendo nel definire una collaborazione di
lungo periodo per nuove installazioni in Italia e sostenere
la decarbonizzazione attraverso l’uso di fuel cell ad alta
efficienza, o persino utilizzando fonti rinnovabili come
l’idrogeno, il biogas o un mix di questi combustibili.
«Siamo felici di lavorare con Simplifhy, la loro conoscenza
delle problematiche nazionali ci sta aiutando nel consegnare
velocemente soluzioni che aiutino i nostri clienti a
raggiungere i loro obiettivi di produzione di energia in modo
resiliente, prevedibile e sostenibile» afferma Danilo Serioli,
Country Lead Italy di Bloom Energy.
«Siamo il primo fornitore di soluzioni in Italia totalmente
focalizzato a costruire soluzioni di decarbonizzazione
basate su tecnologie dell’idrogeno. Bloom Energy condivide
la nostra visione di contribuire alla fornitura di soluzioni
per un mondo decarbonizzato. Le grandi applicazioni
richiedono sempre una esperienza locale e la capacità di
guardare all’applicazione specifica, anche in una soluzione
come quella di Bloom Energy, molto modulare e di facile
installazione» conclude Sergio Torriani, Ceo di Simplifhy.
delle quali con fornitori diversi.
Se ci azzardassimo a sposare
una di queste risolveremmo
una porzione minima delle esigenze
dei nostri clienti. Non mi
nascondo dietro al fatto che le
tecnologie di base che adottiamo
appartengono a qualcun
altro, perché ci consentono di
offrire maggiori possibilità ai
clienti industriali».
Ciclo diesel convertito a
idrogeno grigio o celle combustibile
e idrogeno verde?
«Occorre distinguere il modo
in cui l’idrogeno è prodotto
dal modo in cui è utilizzato.
Attualmente la tecnologia a
celle a combustibile migliora
le efficienze elettriche ma ha il
limite di costare molto di più.
L’endotermico ha infrastruttura,
competenze centenarie
e una maggiore confidenza da
parte del mercato; per questo
può avere un futuro nell’idrogeno.
Sulla parte invece
di produzione, ce n’è di mille
colori; la tendenza all’interno
della Comunità Europea
è di privilegiare le fonti non
fossili. Il reforming funziona
se associato al biometano,
che mi consente di recuperare
facilmente la CO 2
. La crisi
energetica e i costi rendono
l’idrogeno da fonti fossili più
caro rispetto a quello da rinnovabile
diretta. Il confronto
con l’idrogeno verde è falsato,
perché in questo momento chi
ha un pannello solare cede in
rete l’energia elettrica, a discapito
della produzione di
idrogeno».
23
lizzare gli impianti e produrre
l’idrogeno, sulla falsariga di
quanto fa Lhyfe in Francia
(vedi articolo, ndr). Alcuni nostri
clienti utilizzano già idrogeno,
che ricevono tramite
carro bombolaio da fornitori
di gas. La variabilità dei prezzi
e la spinta alla decarbonizzazione
fanno in modo che abbiano
interesse a produrselo.
Questo è H2 Basic, che produce
idrogeno partendo dalla
corrente, auspicabilmente da
fonti rinnovabili. Il secondo
passaggio riguarda chi usa
idrogeno e ossigeno. L’elettrolizzatore
rilascia ossigeno,
che i costruttori richiedono
di rilasciare in atmosfera per
questioni di sicurezza. Con
semplici soluzioni tecnologiche
noi riusciamo a renderlo
disponibile. Con l’H2 Oxy si
conciliano le esigenze di chi
ha bisogno di idrogeno e di
ossigeno nei propri processi
industriali. La soluzione che
sta avendo più riscontri è l’H2
Power, soprattutto da parte di
aziende che ci dicono “non
usiamo idrogeno, ma ci piacerebbe
essere più autonomi
Sergio Torriani, il
Ceo di Simplifhy,
che ci ha rilasciato
questa intervista.
dal punto di vista energetico”.
La soluzione è la produzione
solare: si eroga energia quando
serve, altrimenti si produce
idrogeno, immagazzinato in
bombole. Nel momento in cui
il solare o il vento non sono disponibili,
si può convertire l’energia
attraverso le fuel cell. È
la chiusura del cerchio da un
punto di vista energetico. L’H2
Full non lo abbiamo ancora
proposto, è un sistema integrato
di produzione di idrogeno,
di stoccaggio e di generazione
di energia in caso di emergenza,
con anche la raccolta e la
gestione dell’ossigeno prodotto
dalla elettrolisi. Questi prodotti
sono pensati in funzione
delle esigenze del cliente: se
ha bisogno di corrente, di ossigeno
o di idrogeno».
Approcciamo le vostre soluzioni
in tre applicazioni di
nostro interesse: trasporti,
agricoltura e generazione.
«All’estero il tpl gode di buoni
incentivi e beneficia delle lunghe
percorrenze extraurbane,
con un elevato potenziale di
basso costo. Con gli autobus
anche i treni, che non contemplano
l’opzione dell’elettrico
e infine i camion pesanti. Per
agevolare lo sviluppo il Pnrr,
prevede la costruzione di 40
stazioni di rifornimento a
idrogeno. Queste sono le applicazioni
che partiranno per
prime, per convenienza e presenza
di incentivo. L’idrogeno
in ambito agricolo è molto
interessante ma soffre della
parcellizzazione degli Oem,
degli incentivi sul gasolio e
richiederebbe massicci investimenti
per la conversione.
Ha senso soprattutto per la
decarbonizzazione dei trattamenti
nelle lavorazioni di prodotti
a valore aggiunto. Nel
navale commerciale si guarda
all’ammoniaca, nel diporto
proprio l’idrogeno potrebbe
intervenire attivamente».
Settori energivori come le
ceramiche non dovrebbero
godere di fortissimi incentivi
per convertirsi, anche solo
parzialmente, all’idrogeno?
«Stiamo realizzando un impianto
a idrogeno per il forno
di una ceramica del distretto
di Sassuolo. Siamo in trattativa
con altre aziende, nell’ambito
delle utilities, trattamento
acque, meccanica, vetrerie
e acciai. In questo momento
non sono soluzioni sostenibili
dal punto di vista economico,
si tratta di testing. Non siamo
però lontani, i costi di certe
tecnologie stanno scendendo e
in un paio d’anni ci troveremo
in condizioni molto differenti.
La forbice di prezzo col metano
è ancora abissale, rapporto
4:1 - 5:1. In parte dipende
da costo degli elettrolizzatori,
che pure si sta abbassando in
misura sensibile, e più significativamente
dal costo dell’energia.
Il futuro dell’idrogeno
in ambiti industriali dipende
quindi dall’erogazione degli
incentivi che non sono attualmente
in programma, anche
per gli sforzi del governo per
mitigare l’attuale crisi energetica.
Il primo passaggio per
rendere competitivo l’idrogeno
è lo sviluppo delle energie rinnovabili,
per abbattere il costo
dell’energia verde e produrre
idrogeno fino a 2/3 euro al chilo,
rispetto ai 10 attuali».
Lhyfe e i suoi partner condividono
un obiettivo
ambizioso: trasformare
in realtà l’idrogeno rinnovabile
offshore, dimostrando l’affidabilità
di un elettrolizzatore
offshore. Ciò rappresenta una
prima mondiale in un momento
in cui stanno emergendo
iniziative per la produzione di
idrogeno offshore in tutta Europa.
Il primo sito di produzione
di idrogeno offshore al
mondo, allestito da Lhyfe in
collaborazione con Plug Power,
Chantiers de l’Atlantique,
LHYFE. Il primo elettrolizzatore offshore
IDROGENO VERDE
FATTIBILE OGGI
Lhyfe ha un obiettivo ambizioso: trasformare in realtà l’idrogeno
rinnovabile offshore, dimostrando l’affidabilità di un elettrolizzatore
offshore. Il sito di test soddisfa tutti i criteri per convalidare questa
tecnologia prima di passare alla distribuzione su larga scala
Geps Techno, Centrale Nantes,
Eiffage Energie Systèmes, Le
Port de Saint-Nazaire e Kraken
Subsea Solutions, è operativo
sul sito Sem-Rev da settembre
2022. Il sito di test offshore
soddisfa tutti i criteri (presenza
Mre, condizioni ambientali
difficili) per convalidare la tecnologia
di produzione di idrogeno
offshore prima di passare
alla distribuzione su larga scala
al fine di avere una capacità
installata aggiuntiva di circa 3
GW entro il 2030-2035.
Abbiamo parlato di questo
progetto e di molto altro con
Thomas Créach, direttore tecnico
di Lhyfe. Innanzitutto,
ripercorriamo il percorso che
ha portato Lhyfe all’idea alla
base di questo progetto. «Ora
tutti capiscono che abbiamo
un problema sul nostro pianeta
che si chiama riscaldamento
globale», afferma Créach. «Se
vogliamo avere un futuro per i
nostri figli, dobbiamo fermare
questa situazione. L’idrogeno
non è l’unica soluzione, ma è
una delle soluzioni che abbiamo
per decarbonizzare la mobilità
e l’industria. Lhyfe nasce
per dimostrare che questa
soluzione è fattibile oggi, non
domani: possiamo produrre
idrogeno verde ora con fonti
rinnovabili. Ecco perché nel
2017 abbiamo lanciato questa
società a Nantes e abbiamo
installato per la prima volta
un sito sulla costa occidentale
della Francia, che è già operativo
ora».
Il sito pilota
A settembre 2021, infatti,
Lhyfe ha aperto il primo sito
industriale al mondo con collegamento
diretto a un parco
eolico e ad approvvigionamenti
di acqua di mare per
l’elettrolisi. Situato a Bouin,
in Vandea, il sito può già produrre
750 chilowatt o circa
300 chili di idrogeno verde al
giorno (1 MW). Un risultato
destinato a salire a una tonnellata
al giorno per soddisfare la
crescente domanda. L’idrogeno
verde di Bouin viene fornito
a clienti pubblici e privati
nel settore della mobilità, tra
cui una stazione di idrogeno
di proprietà del Sydev (Syndi-
Alcune immagini
dell’inaugurazione
del primo sito
di produzione di
idrogeno offshore
al mondo, la
piattaforma
Sealhyfe che
andrà ad integrare
l’area di test
offshore Sem-Rev
al largo di
Le Croisic, nella
Loira Atlantica.
Stazionari
24
25
Da sinistra,
Nicolas Andrivon,
presidente e Ceo
di Ees Clemessy
Services; Bertrand
Alessandrini,
responsabile dello
sviluppo all’Ecole
Centrale de
Nantes; Jean-Luc
Longeroche, cofondatore
e Ceo
di Geps Techno;
Ole Hoefelmann,
General Manager
di Plug Power;
Thomas Créach,
direttore tecnico
di Lhyfe, che
ha risposto alle
nostre domande.
Con wpd per l’idrogeno verde in Svezia
cat départemental d’energie et
d’équipement de la Vendée) a
La Roche-sur-Yon per alimentare
veicoli pesanti (autobus,
camion dei rifiuti domestici,
camion di servizio) e le stazioni
di distribuzione dell’idrogeno
su una delle piattaforme
logistiche del gruppo di distribuzione
Lidl per alimentare i
suoi camion di manutenzione.
Altri progetti in arrivo
«Con il nostro primo progetto
onshore, abbiamo già dimostrato
che l’idrogeno verde
rinnovabile è fattibile oggi.
Ora stiamo sviluppando lo
stesso tipo di sito produttivo
in altre aree, quindi entro il
2024 avremo 55 MW distribuiti
ovunque in Europa e 200
MW entro il 2026. Nel 2019, a
Lhyfe eravamo solo otto, ora
siamo circa 130-140 le persone.
Le azioni Lhyfe sono quotate
sul mercato regolamentato
Euronext Paris dal 23 maggio
2022 e questo ci dà la capacità
finanziaria di implementare
sempre più velocemente tutti
questi potenziali siti».
Quali sono le principali applicazioni
a cui Lhyfe fornisce
idrogeno, impianti di produzione
o e-mobility?
«Forniamo idrogeno per entrambi
questi usi. Ad esempio,
in Francia consegniamo ogni
giorno al settore logistico (per
carrelli elevatori a idrogeno),
all’industria dell’acciaio e del
vetro e alla mobilità (principalmente
camion e autobus).
Il nostro obiettivo principale
è fornire idrogeno verde rinnovabile.
Quindi abbiamo una
pipeline di progetti di circa
9,8 GW in Europa, onshore.
Stiamo investendo nell’offshore
perché, come ho detto,
se vogliamo produrre massicciamente
idrogeno verde
rinnovabile, abbiamo bisogno
di enormi fonti rinnovabili.
Nell’offshore abbiamo parchi
eolici che sono tra le 20 e le
50 volte più grandi di quelli
onshore, la disponibilità di
elettricità è tra le due e le tre
volte più disponibile rispetto
a quella onshore e il prezzo
dell’elettricità è piuttosto interessante
per produrre idrogeno.
Inoltre, offshore hai una
capacità di produzione potenziale
che è più di 18 volte la
domanda di energia odierna
a terra. Il primo sito produttivo,
operativo dal 2021, ha
rappresentato il primo passo
della nostra strategia, mentre
il secondo è stato inaugurato
a settembre 2022».
La piattaforma Sealhyfe
Dopo il sito pilota, dove Lhyfe
ha già prodotto i primi chilo-
grammi di idrogeno verde rinnovabile
in banchina e poi in
mare, operando in automatico,
nelle condizioni più estreme,
l’azienda ha volutamente alzato
l’asticella installando la
propria unità produttiva su
una piattaforma galleggiante,
collegata ad una turbina eolica
galleggiante. La piattaforma
Sealhyfe deve quindi affrontare
diverse sfide importanti
e senza precedenti, tra cui l’esecuzione
di tutte le fasi della
produzione di idrogeno in
mare, ovvero la conversione
della tensione elettrica dalla
turbina eolica galleggiante, il
pompaggio, la desalinizzazione
e la purificazione dell’acqua
di mare e la rottura delle
molecole d’acqua tramite
elettrolisi per ottenere energie
rinnovabili idrogeno verde;
gestire gli effetti sul sistema
del movimento della piattaforma;
sopportare lo stress
ambientale perché Sealhyfe
dovrà sopravvivere al prematuro
invecchiamento delle sue
parti (corrosione, urti, variazioni
di temperatura); e, ultimo
ma non meno importante,
operare in un ambiente isolato.
La piattaforma, infatti, deve
funzionare in modo completamente
automatico, senza l’intervento
fisico di un operatore,
salvo periodi di manutenzione
programmata che sono stati
integrati in modo ottimale sin
dalla fase di progettazione.
Per realizzare questa impresa
tecnologica, Lhyfe si è affidata
alle strutture del sito di test
offshore, Sem-Rev, gestito da
Centrale Nantes. Al termine
della fase di test in banchina,
la piattaforma Sealhyfe
integrerà l’area di test offshore
Sem-Rev, al largo di Le
Croisic, a circa 20 chilometri
dalla costa. Il dispositivo sarà
quindi alimentato con elettricità
dalla pionieristica turbina
eolica galleggiante installata
all’interno del sito di test offshore
nel 2018 e ancora oggi
unica in Francia.
Un lavoro di squadra
L’elettrolizzatore è stato fornito
e ottimizzato per queste
eccezionali condizioni operative
da Plug Power, uno dei
leader di mercato fortemente
impegnato nella rotta offshore.
Insieme, Plug e Lhyfe hanno
sviluppato il primo elettrolizzatore
in grado di funzionare
su una piattaforma galleggiante.
Il progetto ha anche
beneficiato dell’esperienza di
attori francesi di energia rinnovabile
offshore e marina:
tra questi, Chantiers de l’Atlantique
per migliorare la resilienza
del sistema allo stress
Lhyfe e wpd Offshore, uno dei principali sviluppatori mondiali
di energia eolica onshore e offshore, hanno stipulato un
memorandum d’intesa per stabilire e collegare direttamente
una struttura per la produzione di idrogeno verde al parco
eolico offshore pianificato da wpd, Storgrundet, a Söderhamn.
L’obiettivo è raggiungere una capacità installata totale di 600
MW, il che rende il progetto uno dei più ambiziosi progetti di
idrogeno verde annunciati in Svezia e in Europa. L’impianto
proposto dovrebbe essere costruito in fasi, a partire dal 2025,
e dovrebbe essere pienamente operativo in connessione con
la messa in servizio del parco eolico di Storgrundet. Il sito di
produzione di idrogeno verde sarà situato vicino al parco eolico
Storgrundet, al fine di garantire la fonte di energia elettrica
verde. Lhyfe lo progetterà, lo realizzerà e lo farà funzionare
insieme a wpd. La potenza installata prevista è di 1 GW, che
corrisponde approssimativamente al reattore nucleare numero
1 di Forsmark. Per un utilizzo ottimale dell’impianto a idrogeno,
la capacità di produzione di idrogeno prevista è di 600 MW
per una produzione fino a 240 MW tonnellate circa al giorno.
Sia l’impianto a idrogeno che il parco eolico saranno
collegati congiuntamente alla rete elettrica, il che consente
l’ottimizzazione anche per il mercato elettrico, fornendo le
condizioni per la partecipazione al mercato regolatorio svedese
ambientale, i sistemi di ventilazione
e l’architettura elettrica
del sistema; Geps Techno
ed Eiffage Energie Systèmes
per l’integrazione del sistema
su piattaforma e l’architettura
navale di quest’ultima; il
Porto di Saint-Nazaire, e Kraken
Subsea Solutions, che ha
partecipato alla progettazione
del collegamento elettrico sottomarino
alle energie marine
rinnovabili prodotte sulla piattaforma
Sem-Rev.
In banchina, nel porto di Saint-
Nazaire, è stata avviata una
prima fase di prova di sei mesi
per ottenere le prime misure
di riferimento e testare tutti i
sistemi. Al termine di questa
prima fase, Sealhyfe trascorrerà
un periodo di 12 mesi
al largo della costa atlantica.
Sarà installata a meno di un
chilometro dalla turbina eolica
galleggiante, fissata a terra
da un sistema di ancoraggi e
collegata all’hub sottomarino
del sito tramite un ombelicale
progettato e dedicato per questa
applicazione (trasferimento
di energia e dati). Al termine
di questa prova, Lhyfe disporrà
di un notevole volume di
dati, che dovrebbe consentirle
di progettare sistemi di produzione
offshore maturi e di implementare
tecnologie solide
e collaudate su larga scala, in
linea con l’obiettivo dell’UE
attraverso servizi di supporto. L’impianto dovrebbe essere
situato in un sito industriale nel comune di Söderhamn, nelle
immediate vicinanze del parco eolico offshore Storgrundet.
Le condizioni per la connessione alla rete, l’accesso
all’elettricità verde e una capacità sufficiente nella fase
iniziale sono molto buone. Il potenziale per la realizzazione
del progetto su vasta scala è legato allo sviluppo di ulteriori
elaborazioni e/o all’uso di idrogeno verde nella stessa area.
Il progetto vede anche un grande potenziale per il
collegamento alla dorsale nordica dell’idrogeno. Le varie
industrie ei progetti in corso situati nella regione circostante
rappresentano molti potenziali estrazioni per l’idrogeno
rinnovabile che sarà prodotto in loco. L’elettricità proveniente
dall’energia eolica offshore utilizzata per produrre idrogeno
verde è un interessante sostituto dell’energia fossile e
dei combustibili nei processi di produzione e nei trasporti.
L’idrogeno verde può fornire all’industria e al settore dei
trasporti energia priva di fossili. Insieme, wpd e Lhyfe stanno
ora gettando importanti pietre miliari per affrontare la sfida
climatica globale. Le condizioni uniche della Svezia, con buone
condizioni del vento, grande industria della biomassa e obiettivi
climatici ambiziosi, creano ottime condizioni per molti nuovi
posti di lavoro e rafforzano la competitività internazionale.
di produrre 10 milioni di tonnellate
un anno di idrogeno
rinnovabile entro il 2030.
Progetti per il futuro
Sealhyfe ha la capacità di produrre
fino a 400 kg di idrogeno
verde rinnovabile al giorno,
equivalenti a 1 MW di potenza.
Entro il 2030-2035, l’offshore
potrebbe rappresentare
una capacità installata aggiuntiva
di circa 3 GW per Lhyfe.
Sealhyfe ha la capacità di produrre
fino a 400 kg di idrogeno
verde rinnovabile al giorno,
equivalenti a 1 MW di potenza.
Entro il 2030-2035, l’offshore
potrebbe rappresentare
una capacità installata aggiuntiva
di circa 3 GW per Lhyfe.
«Oggi il nostro idrogeno è
molto più economico dell’idrogeno
grigio», afferma
Créach, «perché abbiamo ottimizzato
tutti i diversi aspetti
dei siti di produzione e questo
significa che siamo in grado
di produrre a buon prezzo.
Dal lato Lhyfe, volevamo dimostrare
che l’idrogeno verde
è fattibile oggi, lo abbiamo
fatto in un solo anno e mezzo.
Non dobbiamo aspettare e non
dobbiamo aspettare perché è
importante agire oggi. Abbiamo
solo bisogno di aziende
che vogliano spingere questi
progetti per diventare operativi
il prima possibile».
26
27
Ballard e Mahle. R&D a Shanghai. In bus negli Usa
Le fuel cell di
Ballard montate sul
camion Quantron
esposto ad
Hannover. In basso,
un autobus Van
Hool motorizzato
dalle celle a
combustibile
canadesi.
Mahle. Ballard Power Systems e l’azienda tedesca hanno
sottoscritto un protocollo di collaborazione per lo sviluppo di
sistemi a celle a combustibile. Le applicazioni saranno i veicoli
commerciali, appartenenti a diverse classi di peso. L’obiettivo
dell’accordo è quello di produrre sistemi completi di celle a
combustibile per vari mercati, dall’Europa al Nord America
e all’Asia. Come comunicato dalle due aziende, durante la
prima fase della cooperazione, Ballard sarà responsabile
principalmente della progettazione del sistema relativo
allo stack di celle a combustibile, mentre Mahle apporterà
la sua vasta esperienza nei settori della gestione termica,
dell’elettronica di potenza e del packaging. Non si tratta affatto
del primo accordo siglato dallo specialista canadese, che
già collabora con alcuni attori primari del settore dei veicoli
commerciali, come Forsee Power, Quantron o Eaton.
Cina. Ballard sta pianificando uno stabilimento di produzione
e un centro di ricerca e sviluppo a Shanghai. Questo fa parte
di una strategia, denominata “locale per il locale”, secondo
la quale l’azienda canadese intende approfondire la propria
impronta produttiva globale in Europa, Stati Uniti e Cina per
sostenere la crescita della domanda del mercato globale fino
al 2030. Ballard ha perciò stipulato un accordo di investimento
con il governo di Anting, nel distretto Jiading di Shanghai,
per stabilire la sua nuova sede centrale in Cina, l’impianto di
produzione di elettrodi a membrana (Mea) e il centro di ricerca
e sviluppo in un sito strategicamente situato presso il porto
dell’idrogeno di Jiading, in uno dei principali cluster industriali
automobilistici della Cina.
Stati Uniti. Ballard fa parte dell’Hydrogen Fuel Cell Bus
Council (Hfc Bus Council), una coalizione di agenzie di
trasporto pubblico, produttori e fornitori che stanno lavorando
insieme per far progredire il settore degli autobus elettrici
a celle a combustibile a idrogeno negli Usa, in particolare
nel trasporto pubblico. La missione dell’Hfc Bus Council
è di presentare ai responsabili politici, alle autorità di
regolamentazione e alle altre parti interessate i vantaggi
degli autobus elettrici a celle a combustibile a idrogeno e
delle relative infrastrutture.
Autonotive
BALLARD
QUANTRON E
ALTRO ANCORA
L’azienda canadese ha investito nello sviluppo del progetto di camion a celle a combustibile di
Quantron. Ma non è questo l’unico orizzonte, per così dire, captive. Ballard rimane infatti un attore
genuinamente orientato al mercato Oem, partendo dalle esperienze consolidate con gli autobus,
che stanno travasando sui camion. Allo Iaa abbiamo intervistato Nicolas Pocard, VP Marketing
Celle a combustibile, esiste
forse una paternità canadese?
No, ma certamente
si percepisce un’impronta chiara
e nitida, come dimostrano
Hydrogenics e il Coradia Lint a
idrogeno, che Alstom ha fornito
alle ferrovie della Bassa Sassonia,
in Germania. Altro testimonial
nordamericano di questa
tecnologia è Ballard. Allo Iaa, i
colleghi di Sustainable Truck &
Van hanno intercettato Nicolas
Pocard, VP Marketing & Strategic
Partnerships di Ballard.
Cosa avete portato sotto i riflettori
del vostro stand, qui
allo Iaa 2022 di Hannover?
«Come prima referenza cito il
nostro motore a celle a combustibile
di ultima generazione
per autocarri pesanti. L’FCmove-XD
120 è stato concepito
per essere installato sotto il
cofano di autocarri da 19 a 44
tonnellate. Negli autocarri da
44 tonnellate ne troviamo due,
affiancati, con una potenza
complessiva di 240 chilowatt
(120 kW ciascuno). Un esempio
è il nuovissimo Quantron
da 44 tonnellate presentato qui
allo Iaa, che monta due unità a
celle a combustibile».
Potremmo scrivere che si
tratta di un sistema completamente
modulare?
«È proprio così. Il cuore della
tecnologia, lo stack di celle a
combustibile, è interamente realizzato
da Ballard. È qui che
viene generata l’energia: gli
stack sono costituiti da singole
celle con piastre di grafite. La
grafite ha il grande vantaggio
di evitare la corrosione, in
quanto le celle a combustibile
possono subire una forte corrosione.
La grafite può anche
garantire una maggiore durata
dello stack, oltre 20.000 ore.
Ballard produce le piastre e si
occupa anche dell’assemblaggio
dell’elettrodo a membrana,
che è il cuore della cella a
combustibile».
Quindi, è molto diverso rispetto
alle celle delle batterie,
che finora provengono tutte
dall’Estremo Oriente?
«Esattamente. Compriamo le
materie prime e produciamo
le celle, quindi non dipendiamo
dalle terre rare. Possiamo
recuperare il 95 per cento del
catalizzatore di metalli preziosi
e del platino, quindi rimettere a
nuovo le nostre pile e riciclare
la maggior parte delle parti
costose. Direi che realizzare
una cella a combustibile è più
o meno come produrre un motore,
ma se si guarda al diesel
Euro 6, è molto più complicato.
Una volta che saremo in grado
di produrle su scala, il costo
scenderà in modo significativo
e non dipenderà da materie
prime critiche che possono essere
compromesse da questioni
geopolitiche».
Quanto è stata importante
l’esperienza acquisita da Ballard
nel settore degli autobus
per approcciare quello dei
camion?
«Molto importante. Un autobus
deve essere un veicolo estre-
mamente resistente, in quanto
opera per diverse ore al giorno
in modalità “stop-and-go”. Abbiamo
autobus che operano in
Europa e in Nord America, in
ambienti diversi. Conosciamo
le sfide della mobilità pesante,
anche in termini di ciclo di
lavoro, e questo è molto utile
quando si tratta di lavorare con
i produttori di autocarri. Stiamo
aumentando la nostra gamma
di prodotti per soddisfare i
requisiti dei pesanti. La nostra
attuale capacità produttiva è di
circa 1,6 GW per la produzione
di stack di celle a combustibile.
Nel nostro portafoglio abbiamo
stack più piccoli (50 kW) e
alcuni prodotti con una potenza
di 120-150 chilowatt. Possiamo
anche fornire stack di
celle a combustibile piuttosto
piatti da montare su autobus, o
su camion di distribuzione da
12 a 19 tonnellate».
Torniamo alla collaborazione
con Quantron, perché sappiamo
che anche Ballard ha
investito nel progetto Quantron.
Cosa dite a proposito?
«Quantron ha una visione.
Vogliono fare in fretta e mettere
subito in strada i camion
elettrici a celle a combustibile.
Hanno un ottimo team di ingegneri,
con persone che provengono
da alcune delle principali
aziende automobilistiche
tedesche. Devo dire che siamo
rimasti sorpresi dalla qualità
che sono riusciti a mettere nei
camion. È sicuramente una
grande collaborazione. Poi, ha
ragione, Ballard ha investito in
Quantron, perché avevamo bisogno
di qualcuno in grado di
accelerare davvero l’adozione
dei camion a celle a combustibile
e volevamo aiutare il
nostro partner a sviluppare un
nuovo progetto di veicolo. La
progettazione di un camion
costa molto, lo sappiamo, e
volevamo contribuire. Investendo
in Quantron, abbiamo
utilizzato il nostro capitale per
aiutarli ad affrontare i costi di
sviluppo. Questo non è il solo
e unico investimento che Ballard
ha fatto in attori di nuova
generazione per accelerare il
programma dei camion a celle
a combustibile. Sono certo
che l’anno prossimo vedremo i
primi camion Quantron a celle
a combustibile nelle mani dei
clienti».
Allo Iaa abbiamo visto i primi
endotermici a idrogeno montati
sui primi camion prototipali.
Ritiene che i termici a
idrogeno e le celle a combustibile
possano coesistere?
«Penso di sì. Gli endotermici
a idrogeno possono essere utili
soprattutto in una fase di transizione.
La combustione interna
ha un’efficienza limitata,
mentre le celle a combustibile
hanno un grado di efficienza
molto più elevato. In fin dei
conti, questo fa la differenza.
L’idrogeno non è economico.
Il carburante è un elemento
importante quando si parla di
funzionamento dei camion. In
sintesi, finché le celle a combustibile
sono così costose,
i motori a idrogeno possono
contribuire a colmare un vuoto,
ma quando il prezzo delle
celle a combustibile scenderà,
il quadro cambierà molto. E
poi, le celle a combustibile sono
integralmente a zero emissioni,
mentre gli endotermici
non lo sono».
Ballard ha acquisito esperienza
con le celle a combustibile
negli ultimi quarant’anni. A
che punto siamo ora, lungo
questo percorso?
«Abbiamo fatto funzionare le
celle a combustibile, abbiamo
dimostrato che durano e si
adattano ai veicoli: autobus,
camion, treni. La sfida ora è
dimostrare che le celle a combustibile
favoriscono il Tco,
quindi sono economicamente
vantaggiose rispetto a un motore
diesel».
28
29
Automotive
Che le competenze sul
gas possano rivelarsi
propedeutiche all’applicazione
idrogenica non ci
sorprende affatto. La diffusione
a macchia d’olio registrata
allo Iaa, invece, non
ci lascia indifferenti. Come
per l’elettrico la chiave di
volta sarà l’implementazione
dell’infrastruttura; fatto sta
che l’idrogeno non è più una
chimera esotica. Westport ha
contribuito alla gassificazione
di alcune unità di Cummins
(per esempio, B6.7, L9,
Isx12). Della società canadese
ricordiamo la dedizione ai gas
per autotrazione, tra cui il Gpl
(risale all’anno scorso la fornitura
di 60mila kit di conversione
automobilistica a Gpl).
E invece, alla vigilia dello
Iaa, David M. Johnson, Ceo
di Westport Fuel Systems,
aveva annunciato: «Il sistema
WESTPORT. H2 Hpdi
È IL CODICE PER IL
TERMICO A IDROGENO
Anche Westport sale sul carro dell’idrogeno e lo fa in modo originale. Il sistema H2
Hpdi promette di migliorare in doppia cifra potenza e coppia e di ridurre ai minimi
termini le emissioni allo scarico. Tutto questo preservando l’architettura e l’infrastruttura
esistenti del motore diesel. È l’ultima frontiera del motore a combustione interna?
Il sistema Hpdi di
Westport rilancia
le quotazioni
del motore
endotermico.
Disegnando un
futuro prossimo
a idrogeno.
di alimentazione H2 Hpdi di
Westport alimenta un motore
a combustione interna e
trasforma l’innovazione in
risposte, creando quella sostenibilità
di cui siamo molto
orgogliosi. Ci piace pensarlo
come un punto di svolta, ma
senza cambiamenti nell’architettura
dei motori e dei
sistemi produttivi degli Oem.
La nostra tecnologia esprime
prestazioni migliori rispetto a
quelle dei motori diesel, con
emissioni di CO 2
quasi pari
a zero, il tutto utilizzando gli
investimenti finanziari e le infrastrutture
produttive già esistenti».
Vi anticipiamo che il
sistema di alimentazione Gnl
Hpdi, alimentato con un mix
del 60 per cento di gas naturale
fossile e del 40 per cento di
biogas, secondo Westport offre
le stesse riduzioni di CO 2
del ciclo di vita delle celle a
combustibile che utilizzano
miscele di idrogeno blu/verde.
Proprio ad Hannover abbiamo
incontrato XY, a cui abbiamo
chiesto conferme. «Il messaggio
principale che trasmettiamo
qui ad Hannover è che
l’idrogeno è il carburante a
cui dobbiamo arrivare, soprattutto
per i veicoli pesanti
a lungo raggio». Ottenute le
conferme che cercavamo, lasciamo
che Johnson proceda a
ruota libera. «Dobbiamo farlo
in un modo che sia utile per
le persone che movimentano
le merci, il che significa fornire
tutta la potenza, la coppia
e l’efficienza. L’idrogeno è
oggi molto costoso, ma si sta
calmierando. Il messaggio
che vogliamo fornire è che
il futuro dell’idrogeno non è
legato solo alle celle a combustibile.
Abbiamo dimostrato,
pubblicando dati, che il
veicolo che vediamo qui può
tranquillamente funzionare
a idrogeno. Non c’è nulla di
sbagliato nelle celle a combustibile,
sono ottimi dispositivi
e hanno il loro posto nell’industria.
Il fatto è che le celle
a combustibile sono e saranno
piuttosto costose e questo può
rappresentare una barriera
per il mercato. I costi sono
importanti per i veicoli commerciali.
Quando pensiamo
all’idrogeno per i trasporti,
non so se tra un anno o tra
dieci anni, deve essere molto
frugale e conveniente.
Se si pensa a un camion a celle
a combustibile a idrogeno o
a un camion con endotermico
alimentato a idrogeno, la
differenza è che con le celle
a combustibile servono anche
batterie, motori, sistemi di
raffreddamento. In termini di
costi, i veicoli con il termico
saranno molto più accessibili.
Inoltre, con le versioni tradizionali,
possiamo prendere il
motore e sostituirlo con uno
alimentato a idrogeno. Si
tratta ancora essenzialmente
di un endotermico, che funziona
con un ciclo diesel. È anche
riutilizzabile, nel rispetto
dell’ambiente».
E per quanto riguarda gli
aspetti produttivi?
«Per produrre celle a combustibile
serve necessariamente
un nuovo impianto. Idem, se
si devono produrre batterie.
Lo stesso vale per i motori
elettrici. Questo è piuttosto
pesante per quanto riguarda
il costo di acquisizione di
un camion, così come per gli
Oem».
A questo punto il Ceo si concede
una digressione sull’azienda.
«Siamo nel settore del
gas da decenni (Gpl, propano,
gas naturale, biogas). Uno dei
motivi per cui non si vedevano
endotermici a idrogeno è
che necessitano di un piccolo
compromesso in termini di
emissioni. In sostanza, i motori
a idrogeno con accensione
a scintilla presentano alcune
sfide reali. Abbiamo deciso di
studiare il modo in cui i nostri
dispositivi Hpdi esistenti potessero
essere adattate all’idrogeno.
Abbiamo quindi preso
un motore a gas naturale e
iniziato a metterlo alla prova
con l’idrogeno. I risultati sono
stati buoni e li abbiamo pubblicati.
Stiamo rispettando i
limiti del motore: non c’è una
superiore pressione nel cilindro
né un differenziale termico
più elevato. Abbiamo effettuato
la calibrazione e aumentato la
potenza di quasi il 20 per cento,
la coppia di circa il 15 per
cento e l’efficienza del 10 percento
rispetto al motore diesel.
Il nostro Hpdi a gas naturale
ha sostanzialmente le stesse
prestazioni del motore diesel,
in termini di potenza, coppia
ed efficienza. La combinazione
di Hpdi e idrogeno ci ha
permesso di aumentare le prestazioni
del motore. Abbiamo
già visto nei nostri laboratori
che possiamo raggiungere 4-5
punti percentuali di miglioramento
dell’efficienza termica,
che si traduce in una riduzione
del 10 per cento circa del
consumo del veicolo. La tecnologia
Hpdi, indipendentemente
dal carburante, offre la possibilità
di funzionare come un
diesel, ma utilizzando carburanti
gassosi. Non si rinuncia
a nessuna prestazione diesel.
Il motore ad accensione spontanea
a idrogeno, utilizzando
la nostra tecnologia brevettata,
avrà prestazioni migliori. I
numeri sono ancora in fase di
sviluppo, ma sappiamo qual è
la tendenza. Crediamo che il
motore a idrogeno con tecnologia
Hpdi sia la strada da
seguire».
Ritiene che carburanti come
il biogas o il biometano possano
essere praticabili per il
futuro dei trasporti?
«Tutti i carburanti e le tecnologie
che abbiamo menzionato
finora avranno il loro posto
nel mercato. La domanda
è: quanto grande? Sono piuttosto
entusiasta del biogas e
sappiamo che ci sarà sempre
più biogas disponibile. Non
possiamo tollerare che queste
molecole di metano si disperdano
nell’atmosfera. Quindi,
dovremmo catturarne sempre
di più, trattarle e metterle nei
camion. L’Hpdi è totalmente
compatibile con il biogas».
E le emissioni generate dai
veicoli a idrogeno?
«Quando parliamo di funzionamento
a idrogeno, circa
il 98 per cento dell’energia
utilizzata proviene dall’idrogeno,
il 2 per cento dal nostro
carburante pilota, che
può essere diesel, Hvo (sempre
un carburante a base di
carbonio, ma con riduzione
negativa del carbonio) e così
via. In futuro, potrebbe esserci
un carburante pilota a zero
emissioni di carbonio. Riteniamo
che questo 2 per cento
non sia un ostacolo, poiché i
vantaggi dell’uso dell’idrogeno
e dell’Hvo sono così
enormi che non dovremmo
bloccarci sul fatto che non
sia “zero”. Stiamo lavorando
con i principali produttori
di sistemi di post-trattamento
che condividono la nostra visione.
Sarà vicino allo zero,
ma è così basso che abbiamo
persino difficoltà a misurarlo.
Questo è il problema divertente
dell’industria in questo
momento: sta generando
un’intera filiera che cerca di
misurare il numero molto ridotto
di emissioni che i veicoli
equipaggiati con termici a
idrogeno possono generare».
I costruttori di camion non
parlano molto dei loro test
con i veicoli equipaggiati
da endotermici a idrogeno.
Inoltre, i nuovi arrivati nel
mondo dei camion sembrano
affidarsi alle celle a
combustibile. Qual è la sua
opinione in merito?
«In questo momento sembra
prevalere l’idea che i motori
a combustione interna siano
intrinsecamente cattivi, direi
malvagi. Chi vuole eliminare i
motori a combustione interna
è un po’ come chi volesse eliminare
l’energia. È ridicolo.
Non possiamo far sì che questa
voce domini la conversazione
e anche i media dovrebbero
aiutarci a farlo».
30
31
Stazionari
Di biometano si sente
parlare tanto, esorcismo
a un inverno orfano del
gas russo, invocato come fenomeno
taumaturgico per ovviare
all’obsolescenza dell’endotermico.
Per capire come stanno
veramente le cose, abbiamo
partecipato al seminario “La
tecnologia Etw per l’upgrading
a biometano”, alla Marina di
Genova, organizzato da Tonissi
Power. Il biometano non è cosa
per principianti e non è la panacea,
ma potrebbe contribuire
a quel mix energetico che costituisce
l’unica via di fuga alla
dipendenza dai gasdotti russi.
Energia da rifiuti
Stefano Sassone, per conto dei
TONISSI POWER. Etw Energietechnik
UPGRADING
A BIOMETANO
La tecnologia SmartCycle di Etw è stata al centro della giornata seminariale organizzata da
Tonissi Power, che rappresenta l’azienda tedesca. Il respiro è stato molto più ampio della
semplice evocazione di prodotto. Con appena il 2,6 per cento degli impianti di biometano
sul totale europeo, l’Italia denuncia un’arretratezza che richiede interventi urgenti
circa mille associati di Confindustria
Cisambiente, coinvolti
nella forsu e nella produzione
di energia, ha parlato di valorizzazione
energetica dei rifiuti
e dei tre vettori derivati dalla
matrice organica: biogas da
discariche controllate (smaltimento);
biometano (recupero);
idrogeno verde (recupero).
La valorizzazione dei rifiuti
procede di pari passo con
quella delle aree industriali
dismesse per la creazione di
centri di produzione, distribuzione
e impiego su scala locale
di idrogeno verde. Dal primo
gennaio del prossimo anno il
D.Lgs. n. 116/2020 obbligherà
i comuni a raccogliere la frazione
organica dei rifiuti solidi
urbani, con lo spettro del
sovraccarico che aleggia (per
ora solo metaforicamente)
nell’aria. Quando si ragiona di
biometano, ci si aggrappa al
Decreto 2 marzo 2018, che ha
incentivato il combustibile da
autotrazione. Un dispositivo di
legge che denota già le prime
rughe. Sono uscite due bozze
di riforma, risalenti al novembre
2021 e al gennaio 2022,
non ancora approdate a una
elaborazione definitiva, principalmente
per le contestazioni
sulla sostanziale incapienza del
sistema incentivante. Bisogna
tenere presente che ad agosto
2022 l’UE ha approvato lo
schema di incentivi proposto
dal Ministero della Transizione
Ecologica (MiTE). I principali
pilastri del compromesso, agganciato
ai principi di RePowerEU,
sono i seguenti: 1,7
miliardi di euro di incentivi,
principalmente per la produzione
di biogas connesso ad
attività agricole; un contributo
del 40 per cento sull’investimento;
una tariffa incentivante
sul biometano prodotto per 15
anni. Prima dell’approvazione
dello schema di incentivi (8
agosto 2022), il MiTE ha rilasciato
un decreto direttoriale,
che disciplina il regime transitorio.
Tre i criteri applicativi:
presentare la domanda entro
30 giorni dall’entrata in vigore
del Dm interpretativo e ottenere,
entro il 31 dicembre 2022,
In questa
foto, Antonio
Martelli,sulla
destra,
responsabile di
Tonissi Power, e
Alessandro Airoldi,
amministratore
delegato di Ranieri
Tonissi, durante
la fase introduttiva
ai lavori. A pagina
33, Martelli insieme
a Sergio Stagni.
la qualifica a progetto dal
Gse; l’autorizzazione alla costruzione
e all’esercizio degli
impianti rilasciata entro la data
di entrata in vigore del Dm 5
agosto; l’entrata in esercizio
entro il 31 dicembre 2023.
Biowaste to biomethane
La palla passa a Federico Valentini,
membro del Comitato
tecnico del Cic, Consorzio di
operatori del compostaggio e
della fermentazione anaerobica,
che gestisce il 70 per cento
della forsu (biowaste) in Italia.
Per capirci, si tratta della somma
dei rifiuti biodegradabili,
al 71,6 per cento provenienti
da cucine e mense (forsu, il
cosiddetto umido che, per chi
non lo sapesse, è un’invenzione
italiana), al 27,8 da sfalci,
tagli e residui di parchi e giardini,
e appena lo 0,6 per cento
dai rifiuti dei mercati. Il frazionamento
degli impianti vede
rappresentati in misura quasi
paritetica gli impianti di solo
compostaggio (48,1%) e quelli
di trattamento integrato anaerobico
e aerobico (46,8%). La
digestione anaerobica copre il
5,1% della torta. Il 70% dell’anidride
carbonica dei rifiuti di
origine alimentare è inalato,
mentre foglie e ramagli sono
più stabili e tendono a diventare
compost. Durante i primi
20 giorni di fermentazione
prevale il biometano che spinge
in basso il digestato, che
perde fermentabilità e favorisce
il compostaggio. L’esito
è l’inversione di un bilancio
negativo in positivo, la riduzione
dei tempi di processo
e delle dispersioni odorigene,
un compost più stabile. Su 30
milioni di tonnellate, almeno
10 milioni di rsu sono frazione
organica. Attualmente se
ne raccolgono 7, con l’obiettivo
di arrivare a 9 milioni.
Traducendo queste cifre “in
soldoni”, cioè biometano, il
traguardo è ambizioso: da 185
milioni standard m 3 /anno a 1,1
miliardi standard m 3 /anno.
Biowaste to gas
Con Francesco Di Maria,
dell’Università degli Studi di
Perugia, si ragiona di “wasteto-gas”.
Il panorama degli
impianti di biometano relega
l’Italia nei bassifondi: nell’ottobre
del 2021 risultavano attivi
27 impianti, su 1.023 esistenti
in Europa, per 220 Mmc/
anno. Il processo di upgrading
rimuove le impurità dei due
flussi gassosi in uscita: biometano
e CO 2
. Il modo migliore
per separare la CO 2
dal biogas
è tramite lo scrubbing, a una
pressione di esercizio 6-10 bar,
temperatura di 15-40°C e una
purezza del biometano pari la
96-98 per cento di CH 4
. Esistono
altri approcci, tramite
sostanze chimiche, la separazione,
mediante membrane e
tecniche criogeniche, ma intendiamo
soffermarci proprio
sull’upgrading.
Upgrading: Etw
In questo caso intervengono
Oliver Jende e Alexander Szabo,
di Etw Energietechnik, dal
2010 titolare di una tecnologia
brevettata. Oltre 500 progetti,
350 MW e 21.500 Nm 3 di potenza
installata, risale all’anno
scorso il primo impianto in
Nord America (Canada, Alberta).
È in fase di realizzazione
un impianto da 32 MWe a
Duisburg, in Germania. Quelli
di Etw processano qualsiasi
tipo di biogas, avvalendosi di
compressori oil-free, per evitare
qualsiasi contaminazione. Il
biogas è inserito ad una pressione
di 3-4 bar attraverso letti
ad adsorbimento, processo che
collega la CO 2
alla superficie,
mentre il CH 4
non è trattenuto.
Dopo la saturazione degli elementi
di adsorbimento, la CO 2
sarà aspirata attraverso un processo
sottovuoto.
Tra gli elementi processuali
che distinguono il cosiddetto
SmartCycle dell’azienda tedesca
citiamo la bassa pressione
di funzionamento, a 3 barg;
l’alienazione dalle problematiche
insiste alla lubrificazione,
basti pensare all’utilizzo
di viti a compressione senza
olio e l’assoluta mancanza di
questo nella parte di condensazione;
la protezione del letto
molecolare (in assenza di nebbie
d’olio). Infine, il turn-down
30-100 e l’efficienza energetica
anche in presenza di carico
parziale (es. da 0,15 a 0,21
kWh/Nm³). Senza considerare i
benefici sull’adsorbente (la tecnologia
ad adsorbimento risale
agli anni ’70 e si è progressivamente
imposta come egemone),
che dichiara una “aspettativa
di vita” superiore ai 15 anni,
e i costi di sostituzione stimati
nell’8 per cento. Concludiamo
con un volto noto, nella duplice
veste di divulgatore allo stand
Tonissi Power, al mcTer e a
Key Energy, e di oratore seminariale.
Noi parliamo di Sergio
Stagni, lui ci parla di un paio
di casi studio. Recuperiamo gli
atti del secondo, la centrale di
recupero totale di rifiuti di San
Zeno, nell’aretino.
Forsu
Avviato nel 2000 è costituito
da una linea di compostaggio
e di trasformazione delle
potature in ammendante per
l’agricoltura biologica, una di
selezione meccanica e trattamento
biologico, una di recupero
energetico degli scarti,
una linea di teleriscaldamento
per il recupero dei cascami
termici, da una di produzione
di cippato di legno vergine e,
infine, da una linea di digestione
anaerobica con produzione
di biometano e recupero della
CO 2
. Ci soffermiamo sul digestore
anaerobico, in corso di
realizzazione, che processerà
circa 35.000 t/anno di matrici
organiche ricavando circa
2.000.000 di Nm 3 di biometano
e separando, nel processo
di purificazione del biogas, la
CO 2
da utilizzare per scopi tecnici.
L’impianto sarà costituito
da 10 digestori anaerobici,
biocelle, che verranno attivati
ciclicamente ed in maniera sequenziale,
ad intervalli di circa
tre giorni l’uno dall’altro con
impianto a regime, e che garantiranno
un processo di tipo
mesofilo ed una durata del
trattamento per il rifiuto contenuto
in ogni singola biocella
da un minimo di 28 giorni ad
un massimo di 30. A valle del
digestore ci sarà la sezione di
upgrading del biogas (che in
ingresso ha concentrazioni di
biometano di circa il 45 per
cento in volume), in modo
da ottenere una percentuale
di biometano compatibile con
l’immissione in rete ed il relativo
recupero della CO 2
.
32
33
CONFRONTO. 30 litri per i mega yacht
LO SI È VISTO A CANNES
30 litri diportistici
C’È STATO UN CAMBIO
DI ROTTA
Ed è quello di Man, che affianca alla istituzionale canna da due litri una versione
maggiorata che si spinge quasi a 30 litri di cubatura e prende il largo nella eterna disfida
con Caterpillar e mtu. Il V12X di Man Engines fa incetta di indici, compreso quello Diesel,
e si dimostra capace di 2.200 cavalli e 7.350 Nm. Il 12 cilindri è pronto per l’ibridizzazione
Se fosse una serie di
Netflix probabilmente
sarebbe “Il Trono di spade”.
Senza il contorno di colpi
bassi, intrighi e atmosfere fantasy,
questa serie tv corrisponde
comunque a quello che il
sociologo americano Talcott
Parsons chiamerebbe “need
for achievement”. In sintesi,
è la cristallina espressione di
quella competizione a tre che
PLAFONATI A 30 LITRI
si è scatenata sulla scia dei
2.000 cavalli marini. Il terzetto
è composto da Caterpillar,
Man e mtu e da una decina
d’anni gioca al rialzo, a colpi
di 100 cavalli o giù di lì. Tutto
ebbe inizio a Friedrichshafen,
anzi a Cannes, dove mtu nel
2014 decise di inserirsi prepotentemente
con il V2000
M96, segmentato a 10, 12 e
16 cilindri. Un concentrato di
“delicatessen” tecnologiche,
quali il triplice turbo sequenziale,
il raddoppio degli stadi
di raffreddamento (inter- e
after-cooler) e della filtrazione
dell’aria e la ristilizzazione
degli ugelli del common
rail Bosch e della pompa di
iniezione firmata L’Orange.
Man non si è rassegnata alla
prova muscolare dei conterranei
e ha alzato l’asticella del-
la potenza da 1.800 a 1.900
cavalli e successivamente a
2.000, plafonandosi sulle prestazioni
dell’alto di gamma.
E Caterpillar? Gli americani
hanno rilanciato due anni or
sono, in pieno Covid, con una
reingegnerizzazione, applicata
al C32, in grado di mettere
alla frusta i 2.000 cavalli fino
all’8 per cento del tempo di
navigazione. La densità di po-
Marca CATERPILLAR MAN MTU
Modello C32B V12X 12 V2000 M96X
CARTA D’IDENTITÀ
A x C mm - C/A 145 x 162 - 1,12 138 x 165 - 1,20 135 x 156 - 1,16
N. cilindri - litri 12 - 32,10 12 - 29,61 12 - 26,79
Potenza intermittente kW - rpm 1491 - 2.300 1618 - 2.300 1472 - 2.450
Pme bar 24,7 29,1 27,4
Velocità lineare pistone m/s 12,4 12,7 12,7
Coppia max Nm - rpm 5.488 - 1.400 7.350 - 1.200 5566 - 1.300
Pme a coppia max bar 21,9 31,8 26,6
Riserva di coppia % 26,8 35,4 27,8
Coppia a potenza max Nm 6.194 6.713 5.733
% Potenza a coppia max (kW) 54 (805) 57,10 (924) 51,50 (758)
Arco di utilizzo giri 900 1.100 1.150
tenza raggiunse picchi prima
inesplorati in ragione delle
logiche di controllo della centralina
Adem 6 Ecm e della
fasatura del ciclo di iniezioni.
Ma non finisce qui, perché,
come abbiamo anticipato nel
reportage da Cannes e nell’incipit
di questo confronto, Man
ha deciso di cambiare marcia
e di ridisegnare completamente
la canna.
Una canna tutta nuova
L’alesaggio si allarga di 10
millimetri, passando da 128
a 138 millimetri; la corsa
sale da 157 a 165 millimetri.
Si tratta quindi dell’affiancamento
della leggendaria canna
da 2 litri, uno degli archetipi
dell’industria motoristica e
portabandiera di Norimberga
tra le applicazioni marine e
industriali heavy-duty. In termini
di cubatura Man slitta
quindi in posizione mediana,
avvicinandosi ai 32 litri di
Cat. Il ritratto che emerge dal
prospetto è inequivocabilmente
premiante per il leone marino.
Eccezione a sé per la potenza
specifica, che conferma
il primato di mtu, seppure di
pochissimi decimali. Tutt’altra
musica quando a 1.200
giri si intrecciano le due curve
(l’attacco più a basso regime
tra questi tre) e ci si accorge
dei circa 1.800 Newtonmetro
di differenza. Considerando
una media approssimativa di
5.550 Nm per Cat e mtu, la
differenza ammonta al 25 per
cento. Anche la coppia specifica
primeggia, con uno scarto.
Sensibilmente maggiore
con il C32 rispetto a quanto si
registra con il V2000 M96X.
Da non sottovalutare anche
gli sforzi per limare gli sbalzi,
soprattutto in altezza, e il
peso a nudo, che consentono
al V12X di guardare i concorrenti
dall’alto sia in termini
di ingombri che di rapporto
tra massa e potenza. I valori
espressi dagli indici sono un
coro univoco a favore della
canna da 2,47 litri. Non ultimo,
l’indice Diesel. Soffermiamoci
proprio sul “best in
class”. Quella “X” in fondo
alla sigla ammicca a “next generation”,
mentre restano inalterate
le indicazioni, peraltro
intuitive, dell’architettura: 12
cilindri a V.
Werner Kübler
«I motori Man sono sinonimo
di robustezza. Ecco perché
anche per il Man V12X
sono state adottate numerose
misure per garantire questo
elevato standard di durata e
affidabilità, ma anche di sicurezza
per il futuro», spiega
Werner Kübler, responsabile
dell’ingegneria di Man En-
Mare
NELLO SPECIFICO
Potenza kW/litro 46,4 54,6 54,9
Coppia Nm/litro 170,9 248,1 207,7
Potenza areale kW/dm 2 75,23 90,14 85,68
METRO E BILANCIA
Peso kg 3.075 2.720 2.850
L x W x H mm 2.106x1.482x1.422 2.235x1.250x1.320 1.847x1.293x1.414
Ingombro m 3 4,44 3,69 3,38
Massa/potenza kg/kW 2,1 1,7 1,9
Densità globale kg/litri 95,8 91,8 106,4
Densità di potenza kW/m 3 335,8 438,5 435,5
Densità assoluta t/m 3 0,69 0,74 0,84
Densità relativa litri/m 3 7,23 8,03 7,93
INDICI
ELASTICITÀ 12,4 15,3 15,2
PRESTAZIONI 7,3 9,3 8,3
SOLLECITAZIONE 11,4 14,8 13,1
LEGGEREZZA 16,4 14,2 16,5
COMPATTEZZA 3,3 5,2 4,9
DIESEL INDUSTRIALI 8,1 9,1 8,6
BAUDOUIN 12M26.3
Oltre a incassare il
consenso dei costruttori
di gruppi di potenza per
applicazioni terrestri,
Baudouin rimane un
marchio di riferimento
nel commerciale. Ne
abbiamo avuto recente
conferma all’Smm.
Il motore qui sulla
destra, il 12M26.3, è
scomparso da qualche
anno dall’usuale
collocazione al Cannes
Yachting Festival.
Questo non significa
che non sia disponibile
per il diporto, anzi, ma
che la sua vocazione
primaria rimane per
i pescherecci e altre
applicazioni da lavoro.
Motore superquadro
(AxC 150x150 mm),
12 cilindri da 31,8 litri,
è capace di 1.103 e
1.214 chilowatt a 2.400
giri (in base al ciclo di
lavoro, rispettivamente
entro le 1.000 e le
3.000 ore) e di una
coppia nominale di
4.831 Newtonmetro.
Il common rail da 1.800
bar è della Bosch,
come la centralina e
l’idraulica, del tipo a
ridondanza elettronica.
34
35
gines. Tra le altre cose, come
riferisce scrupolosamente il
costruttore bavarese, lo spessore
delle pareti del basamento
è stato aumentato in punti
significativi, il collegamento
dei bulloni tra la parte superiore
e quella inferiore del
basamento è stato ottimizzato
ed è stato installato un nuovo
albero a gomiti con cuscinetti
di diametro maggiore. Grande
attenzione viene data anche
ai risultati di numerose prove
al banco con relativi lunghi
tempi di funzionamento e
all’esperienza acquisita con le
prove in acqua presso i clienti.
Inoltre, i risultati del motore a
gas stazionario E3872, sviluppato
in parallelo, ne completano
lo sviluppo. La controparte
per la generazione di energia
e calore si basa sullo stesso
motore di base ed è stata presentata
per la prima volta alla
fine del 2021.
Generazione X
Questa “generazione X” di
propulsori diportistici non
ha lesinato le precauzioni, di
fronte alle sollecitazioni, foriere
di usura. Quindi questa
taratura del Man V12X è stata
concepita per una quota a pieno
carico fino al 20 per cento.
Di nuovo conio sia la pompa
del liquido di raffreddamento
e che l’alloggiamento del
termostato, che garantiscono
un’alimentazione del liquido
di raffreddamento adeguata
alla lunga durata del motore.
Il motore è inoltre disponibile
con un sistema di raffreddamento
esterno opzionale, in
alternativa al circuito chiuso
del refrigerante. La rinnovata
testata del V12X, anch’essa
notevolmente ottimizzata in
termini di flusso e raffreddamento,
è stata progettata per
raggiungere lo stesso obiettivo
di sviluppo. Inoltre, anche l’alimentazione
dell’olio è stata
modificata rinnovando completamente
il circuito, con le
pompe e i raffreddatori dell’olio,
oltre a ottimizzare il flusso.
Prima marina per l’Hva
Nel V12X Man Engines ha
attinto per la prima volta su
un motore marino a un dispositivo
in voga sulle applicazioni
industriali, la regolazione
idraulica del gioco
delle valvole (Hva, nella sigla
anglofona). Si elimina così la
necessità di controllare e regolare
il gioco delle valvole e
si tutelano le punterie. Chiaramente
il common rail ha giocato
un ruolo fondamentale
sotto l’aspetto prestazionale,
con una pressione di iniezione
di 2.200 bar, di concerto
con la rinnovata centralina
del motore.
Il post-trattamento dei gas di
scarico permette di soddisfare
i requisiti Imo Tier III. Il
sistema modulare, Ega nella
nomenclatura Man, consente
diverse possibilità di installazione,
in quanto i singoli
componenti del catalizzatore
Scr possono essere posizionati
in modo diverso, consentendo
un’integrazione flessibile del
sistema. Il V12X è disponibile
anche in combinazione con
il sistema ibrido proprietario,
presentato sempre a Cannes,
lo scorso anno, la “Man Smart
Hybrid Experience” (vedi box).
Mikael Lindner
«In una prima fase, utilizziamo
soluzioni esistenti come le
tecnologie a idrogeno a doppia
alimentazione o il diesel
rigenerativo per ridurre le
emissioni di CO 2
. Il nostro sistema
ibrido, la “Man Smart
Hybrid Experience”, offre un
punto di ingresso nell’elettrificazione
delle trasmissioni marine,
anche per il Man V12X.
Per il futuro, continueremo ad
avvalerci dell’esperienza del
gruppo e a sviluppare ulteriormente
soluzioni adatte ai
nostri clienti», afferma Mikael
Lindner, responsabile di Man
Engines. Il V12X-2200, nella
taratura da 1.618 chilowatt
sarà disponibile a partire dalla
metà del 2024.
Smart Hybrid Experience
L’ibrido consente di non rinunciare
ai punti di forza dell’elettrico: un
più razionale impiego dell’energia
(soprattutto ai bassi carichi e nei
momenti di standby) e la possibilità
di operare ad emissioni (anche
acustiche) zero, senza rinunciare però
all’affidabilità, autonomia ed efficienza
del diesel. La potenza nominale parte
dai 290 chilowatt a 1.800 giri del 6
cilindri i6D2676 LE487 in versione
heavy-duty per arrivare ai 1.471
chilowatt del D2862 LE496 V12-2000 a
2.300 giri ma con taratura light-duty.
Sul fronte elettrico, invece, troviamo
un motogeneratore a magnete
permanente (Pmsm), anzi due con
potenza nominale di 184 o 368 kW.
Lunghi, rispettivamente 160 mm e
320 mm e con un diametro di 560
mm, sono posizionati direttamente
sul gruppo cambio-inversore tramite
una frizione elettromagnetica, che
consente il passaggio tra le varie
modalità di funzionamento senza
soluzione di continuità ed in assoluto
confort. Tale configurazione semplifica
enormemente la collocazione dei
motopropulsori nella sala macchine,
aumenta l’affidabilità ed evita il
ricorso a discutibili accoppiamenti
tra motore termico e motore elettrico
con benefici in termini di affidabilità,
silenziosità, ingombri e masse. Man
ha ottimizzato il dimensionamento e
la collocazione delle batterie al litio,
il percorso delle linee di potenza ad
alta tensione (tensione nominale pari
a 600V) e l’integrazione con gli altri
sistemi di bordo. Particolare attenzione
viene posta alla personalizzazione dei
software di gestione e, in particolare,
del Bms e, soprattutto,
dell’Ems (Energy
Management
System).
Combinando
le due potenze
elettriche
disponibili con le
varie tarature dei
motori, la gamma
ibrida è in grado
di spaziare tra 474 e 1.838 chilowatt,
con un livello di ibridazione (cioè di
incidenza della potenza elettrica su
quella totale) che può arrivare al 56
per cento.
Quattro le modalità di navigazione.
La zero emission, condizionata solo
dalla capacità del pacco batterie
e, in ogni caso, dalla potenza
erogata. Il cosiddetto cross over,
per configurazioni almeno duali, in
cui il motore assicura la spinta e il
motore elettrico è disaccoppiato. Il
secondo motore, viceversa, si limita ad
azionare il motore elettrico in modalità
generatore per azionare i servizi di
bordo e, eventualmente, ricaricare le
batterie. In modalità boost, invece,
l’elettrico assicura una risposta più
rapida o un aiuto nei transitori o in
caso di mare formato o, ancora, un
significativo boost di potenza.
È anche possibile l’utilizzo tradizionale,
con il motore o i motori diesel
dedicati totalmente alla propulsione
in navigazione. Anche se la potenza
disponibile per i motogeneratori è
ridotta rispetto al cross over, anche
in questo caso possono caricare le
batterie, evitando così di accendere
il gruppo elettrogeno. Infine, per un
utilizzo tipicamente leisure, quando la
barca non è in movimento, è possibile
selezionare la modalità hotel.
Tornando alle batterie, due le modalità
di ricarica: la classica plug-in in
banchina, condizionata dall’inverter di
bordo (ma ci sarà anche la modalità DC
ultra-rapida) e la possibilità di ricarica
durante la navigazione.
CATERPILLAR
MAN
ROLLS-ROYCE
36
37
POWERTRAIN
POWERTRAIN
POWERTRA
Mare
«Ogni motore diesel potrà essere selezionato con tre taglie di motore
elettrico in un range che, per l’intera gamma, potrà variare tra 50 e 250 kWe».
La modularità è anche questo, in casa Fpt Industrial, come ci ha spiegato
Guglielmo Tummarello in merito all’ibrido a quattro mani con Vulkan
38
FPT INDUSTRIAL. L’ibrido di Cannes
APPROCCIO
A MATRICE
Il nostro abituale mentore
della narrazione marina di
Fpt Industrial è Guglielmo
Tummarello. Anche a Cannes
ci ha fornito la chiave di lettura
dell’ibrido confezionato a
quattro mani con Vulkan.
«Esponiamo il C16 1000, che
ha visto i natali proprio a Cannes,
nel 2018, e ci ha consentito
di conquistare nuove fette
di mercato anche al di fuori
dell’Europa. La versione del
6 cilindri in linea è quella top
rating, da 1.000 cavalli, per
applicazioni light commercial.
La sua più recente evoluzione è
stata l’815 cavalli a 2.000 giri
invece di 2.300, per favorire il
matching con l’elica su imbarcazioni
che hanno un profilo
di carico superiore. Il C9 650
Evo è l’altro motore che ci rappresenta
in questo stand, arricchito
del modulo ibrido. Vulkan
si occupa dell’integrazione
elettrica, compreso l’accoppiamento
con motore elettrico
in linea, quindi montato sulla
campana del motore, da 200
chilowatt, e ci ha coadiuvato
nel venire incontro alle richieste
dei cantieri: una soluzione
il più compatta possibile dal
punto di vista longitudinale.
Siamo riusciti a limitare entro
una quarantina di centimetri
la lunghezza dell’intero modulo
ibrido composto da motore
elettrico, due giunti elastici,
flange di adattamento e frizione,
che serve per disaccoppiare
il termico dall’elettrico. In
termini di potenza erogata la
soluzione esposta è addirittura
superiore ai requisiti standard.
Questo significa che potremmo
assecondare richieste di una
compattezza ancora più accentuata,
riducendo anche gli
ingombri del motore elettrico
laddove, come nella maggior
parte dei casi, la taglia del
motore elettrico possa essere
ridotta. Il sistema si completa
con inverter e batterie mentre
l’interfaccia per il comandante
conserva i display Simrad, arricchiti
delle informazioni sulla
modalità di utilizzo e sullo
stato di carica della batteria.
Essendo un concetto modulare
e scalabile lo applicheremo
allo stesso motore con diverse
taglie di motore elettrico e ad
altri motori Fpt. Avremo una
famiglia ibrido parallela sui
Nef e sui Cursor, in base alle
esigenze degli armatori. Con
Vulkan abbiamo sviluppato
un’architettura che si fonda
su componenti e tecnologie
esistenti, quindi implementabile
e disponibile fin da subito.
Nostro obiettivo è assicurare
all’armatore la massima flessibilità
di utilizzo, e la possibilità,
navigando in full electric,
di accedere ad aree altrimenti
inaccessibili per la propulsione
convenzionale.
La nautica procede verso l’integrazione
di fonti di energia
a bordo che devono essere
flessibili e diversificate. Ragionando
in prospettiva, l’elettrico
potrebbe essere alimentato da
batterie, da una fuel cell oppure
dialogare con un termico alimentato
a metanolo o da altri
combustibili alternativi».
E le fasce di potenza?
«La proposta Fpt sarà declinata
con un approccio a matrice:
ogni motore diesel potrà
essere selezionato con tre taglie
di motore elettrico in un range
che, per l’intera gamma, potrà
variare tra 50 e 250 kWe».
Anche l’ibrido è ridondante?
«Entrambi i motori di un’imbarcazione
twin-engine richiedono
una soluzione ibrida,
per consentire all’armatore di
spegnere il diesel e alimentare
il motore elettrico tramite
batterie o celle a combustibile.
Come accade in applicazioni
veicolari, qualora la batteria si
dovesse scaricare, si passa di
nuovo al diesel, ma il surplus di
potenza non richiesta dall’elica
contribuisce ad attivare il motore
elettrico come generatore,
garantendo di fatto una modalità
di ricarica in navigazione».
BAUDOUIN
20M33
POWERTRAIN
Face to face with Baudouin - FPT Smart Hybrid Energy Hub -
Bergen & Langley - Green AG in USA - Alternative Cummins -
Comparison: 13 litre truck - Cat IPU & Perkins IOPU - UFI Filters
PERKINS
5000
Perkins 5000 Series - NGV Powertrain, ethanol and methanol -
Sustainability according to Scania - Comparison 6.7 liter
AGNOSTIC
engines - Fish-Eye: Fendt and MAN - Bonfiglioli Evo
feeling
IAA: FPT Industrial, Cummins and Weichai - Bauma previews
PG: microgrid by Cummins, mtu, Isotta Fraschini 12V170 G -
Beyond Iveco Group - Boat Shows: SMM and Cannes
POWERTRAIN
SMALL BIG
winner
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Kohler wins Diesel of the Year for the third time - Scania
Super puts ICE back in the lead on the road - Cat and CHP -
Cummins acquisitions summary - Interview with Allison
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A FUEL
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July 2022
brave choice
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MAN likes dual fuel with hydrogen - Report from Venice Boat
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November 2022
Show - Rolls-Royce PG Symposium: Our first impressions -
Yanmar and Lyman-Morse - OXE & Cox - FPT Industrial outlook
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May 2022
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DIESEL SUPPLEMENT
September 2022
Mare
Vi abbiamo lasciati con
la stretta di mano tra
Massimo Perotti, Ceo
di Sanlorenzo, e Gianluca
Bononi, Managing Director
Rolls-Royce Solutions Italia,
deputy Vice President
Rolls-Royce Power Systems
Marine. Ripartiamo da qui,
a Cannes, trasferendoci però
direttamente allo stand mtu.
Oltre a Bononi è presente Nicola
Camuffo, direttore Yacht
Competence Centre e Head
Yacht Application Engineering.
Facciamo ora un breve
passo indietro, all’anno scorso,
quando Rolls-Royce ha
confermato la volontà di essere
completamente “carbon
neutral” nel 2050.
Quei “sintetici “ 4000
Bononi: «Rolls-Royce intende
essere pioniera della sostenibilità
e assecondare una
richiesta di mercato che si
sta facendo sempre più forte.
Dall’inizio del 2023 i nostri
motori più popolari per applicazioni
marine, come la serie
2000 e la serie 4000, saranno
certificati per l’utilizzo di carburanti
sintetici, i cosiddetti e-
fuel, secondo lo standard EN
15940. Sono stati ampiamente
testati, senza alcuna modifica,
anche in California, da Golden
Gate Ferry Operator, con
risultati eccezionali. Nel 2025
avremo le prime consegne di
fuel cell di produzione seriale.
Dall’anno scorso, alcune
si trovano in esercizio nel
quartier generale di Friedrichshafen.
Stiamo discutendo
in merito alle prime installazioni
pilota da clienti di applicazioni
stazionarie. Nel 2030
l’intero portafoglio prodotti
deve consentire la riduzione
del nostro carbon footprint
pari al 35 per cento rispetto
ai valori assoluti di emissione
del 2019. Dal momento che
l’azienda intende proseguire
nel percorso di crescita dei
volumi, si tratta a tutti gli effetti
di una riduzione nell’ordine
del 50 per cento. Infine,
nel 2050, qualsiasi divisione
di Rolls-Royce Power Systems
deve raggiungere l’obiettivo
Net Zero». Come arrivarci?
Spiega Bononi: «Spesso ci
mtu Cannes. metanolo e alternativi
QUANDO ZERO
E’ UN BEL VOTO
Net Zero è il traguardo fissato da Rolls-Royce al 2050. Quindi zero
emissioni di carbonio e sostanze clima alteranti. Gianluca Bononi
e Nicola Camuffo hanno approfondito il tema dell’accordo con
Sanlorenzo e declinato le strategie di decarbonizzazione nel diporto
si trova di fronte alla necessità,
soprattutto nell’ambito
commerciale, di attivare i
generatori anche nelle marine,
perché applicazioni come
navi da crociera, traghetti e
giga-yacht non sono in grado
di alimentarsi dalle banchine.
Dobbiamo agire, necessità
che sentiamo impellente,
per migliorare l’efficienza e
ridurre le emissioni di anidride
carbonica, anche seguendo
un approccio più efficace
alla CO 2
nel ciclo completo.
Il nostro target è portare il
nostro portafoglio prodotti
al Net Zero anche nel settore
marino».
Camuffo: «Come sapete, abbiamo
annunciato un’installazione
pilota del motore a
metanolo in collaborazione
con Sanlorenzo. Abbiamo derivato
questa versione dalla
serie 4000 a gas, per motivi
di comunanza tecnologica.
Nel ventaglio di combustibili
per uso marino, il metanolo è
quello che più assomiglia al
gasolio in termini di densità
di energia e semplicità di
stoccaggio. È pure quello che
promette la maggiore disponibilità;
stiamo affrontando lo
sviluppo della catena logistica
con i fornitori. Finora abbiamo
ragionato di metanolo
grigio, di derivazione fossile,
utilizzato come combustibile
ponte fino alla disponibilità
del metanolo verde, cioè da
fonti rinnovabili. L’idrogeno
presenta problemi di stoccaggio
apparentemente insormontabili,
almeno per la
navigazione a lungo raggio.
Il metanolo è prodotto dall’idrogeno,
costituisce quindi
un secondo grado di sintesi.
L’aspettativa è che diventi
più conveniente in corrispon-
denza del lievitare dei volumi
produttivi. Nel 2026 l’area del
Mediterraneo e gli Stati Uniti
dovrebbero essere coperti. È
chiaro che questo è un viaggio
che si intraprende in compagnia
di altri, come i produttori
di carburante, con un
occhio alla marina mercantile.
Tre anni fa alla domanda
“quale sarà il futuro dello
yachting?” le risposte erano
molteplici, ora abbiamo raggiunto
un discreto consenso
su questo step tecnologico».
Bononi: «Tra le soluzioni esistenti,
il motore a gas metano
ha risolto in origine alcune
delle sfide tecnologiche. Uno
degli aspetti delicati riguarda
il fatto che il metanolo
non abbia le caratteristiche
lubrificanti del gasolio. Questo
aspetto fa sì che la parte
legata all’iniezione sia assolutamente
sfidante».
Camuffo: «Un aspetto che
stiamo tenendo d’occhio, e
che guiderà anche la scelta
dei cicli che adotteremo, riguarda
l’allestimento di un
motore che deve essere pulito
allo scarico senza bisogno
di post-trattamento. Il nostro
obiettivo è infatti di non rendere
ancor più problematico
un passo che è di per sé complesso».
E l’iniezione?
Bononi: «Più si alza la pressione
d’iniezione, più si stressano
le parti metalliche delle
pompe. Rolls-Royce Power
Systems tiene a banco prova
dei simulatori con i cilindri
della serie 4000, alimentati a
metanolo; quindi… mtu deve
confermarsi apripista, come
nel 1996, quando introdusse il
common rail sulla serie 4000.
Ci sono settori applicativi,
come gli stazionari, dove la
via più chiara è quella delle
fuel cell e dei motori alimentati
a idrogeno. Mtu sta lavorando
sull’intera filiera, come
testimonia l’acquisizione di
Hoeller Electrolyzer: dalla
produzione, allo stoccaggio, al
consumo. L’idrogeno è difficile
da trasportare e con questa
mossa si intende produrlo localmente,
dove sarà consumato,
per applicazioni industriali.
Per le applicazioni marine
l’idrogeno a bordo è un problema;
d’altro canto, vediamo
un percorso che esclude anche
l’elettrico, che allo stato attuale
richiede ingombri insostenibili
del pacco batterie».
Metanolo e gasolio
Camuffo: «Se parliamo di efficienza
del motore, i nostri
test rivelano che siamo quasi
alla pari. Se parliamo di
densità di energia, il fattore
è circa 2,2-2,4. Questo dato
va letto nell’ottica di una
tendenza della nautica, e non
solo, il downsizing. Le barche
di domani non saranno equiparabili
a quelle di oggi. Per
completare il ragionamento,
il metanolo non evapora, ha
un flashpoint più basso del
gasolio, non è soggetto a rischio
esplosione. I registri e
i cantieri si stanno muovendo
per formulare normative che
siano adeguate a questo tipo
di combustibile».
Bononi: «Torniamo sull’annuncio
che riguarda Sanlorenzo,
a cui forniremo la prima
coppia di unità a metano
per una loro imbarcazione dislocante.
Questo accordo ha
un carattere di esclusività, per
quanto riguarda questa installazione
pilota. Con quell’imbarcazione
Sanlorenzo intende
traguardare l’obiettivo Net
Zero, con i motori mtu della
serie 4000 e con Siemens, con
cui ha siglato un accordo di
partnership per le fuel cell
che si occuperanno dei carichi
hotel attraverso un “methanol
reforming”».
Naturalmente non ci si limita
al metanolo. Camuffo:
«Voglio sottolineare anche
la notizia dell’utilizzo di biocarburanti
a partire dal 2023,
sulla base di test portati avanti
negli anni scorsi anche fino
a 40mila ore, sulla serie 4000.
Dal punto di vista tecnico ed
emissivo hanno dimostrato di
funzionare come e meglio del
diesel. Un altro step importante
è l’ibrido, che ci consente
di evitare un’architettura
con dei motori termici non
sempre utilizzati al meglio.
Rimane l’Scr, con controllo
“closed loop” delle emissioni
in entrata e in uscita. La frazione
elettrica è perfettamente
matchata con il motore, la
certificazione è in carico a
noi; non è quindi richiesta
nessuna certificazione al momento
del commissioning. La
serie 2000 ibridizzata è al
centro di alcuni progetti».
Prospettive ibride
Bononi: «Mtu sta realizzando
da anni applicazioni ibride.
Siamo propensi alle formule
custom. La sfida è realizzare
un ibrido seriale con una certa
flessibilità per avere da un
lato costi competitivi, dall’altro
poter considerare gli elementi
odierni del pacchetto
ibrido come interscambiabili
all’interno di un’infrastruttura
che diventa collaudata
e facilmente utilizzabile. Per
l’armatore devono diventare
“trasparenti”. In un contesto
modulare, il generatore è attualmente
alimentato da carburanti
fossili a giri variabili,
un domani potrebbe essere
una cella a combustibile, fatta
salva l’intelligenza di gestione
dei sistemi. A questo livello
di complessità è opportuno
che un unico interlocutore si
faccia carico di tutto il processo
di integrazione».
40
41
Automotive
BONFIGLIOLI. Allo Iaa
INTEGRARE
e POWERTRAIN
Bonfiglioli ha travasato le competenze maturate nei riduttori
per applicazioni industriali ed eoliche all’interno dell’ambiente
stradale. La lettera “e” del titolo congiunge i due elementi focali
dell’expertise bolognese e ammicca all’elettrificazione
È
successo pochi mesi fa,
alla vigilia di un’estate
ancora più calda nelle
stazioni di servizio che
sui termostati. Siamo stati
convocati a Evo, il quartier
generale di Bonfiglioli.
In quell’occasione abbiamo
preso atto dell’accelerazione
verso una trasversalità applicativa
che include l’elettromobilità.
Un abbrivio che
ha spinto l’azienda bolognese
fino allo Iaa. A Valentina Ot-
tavi, Business Development
Manager, prima di tutto, abbiamo
chiesto conferma di
questi sviluppi. «La divisione
e-Mobility si concentra
sull’integrazione di sistemi
ePowertrain, basandosi su
tecnologie proprietarie di
unità eDrive all-in-one, configurate
in diversi dimensionamenti
di potenza e coppia»
precisa Ottavi. «Le unità allin-one
comprendono motore,
inverter, riduttore e convertitore
DC/DC, interfacciamento
con Vcu, Bms della
batteria e dispositivi ausiliari.
Bonfiglioli ha incorporato
la capacità di dimensionare
il sistema di propulsione
elettrificata su applicazioni
off-highway e on-highway
applicando tecniche di gemellaggio
digitale, come
modello virtuale funzionale
e fisico e simulazioni. Il progetto
di integrazione del sistema
viene verificato e con-
validato presso le strutture di
Bonfiglioli su banchi di prova
virtuali (Hil) e fisici».
Siamo quindi passati all’e-
Bonfiglioli segue
il principio della
modularità, anche
nell’automotive.
In queste
immagini, due
delle quattro
versioni dell’Eds,
esposte ad
Hannover.
splorazione dello stand. «In
questa sede esponiamo alcuni
sistemi di powertrain elettrici
integrati. Quelli che abbiamo
portato qui riguardano sistemi
composti da motore, inverter,
riduttore e DC/DC come
componente opzionale. La
configurazione base è composta
da motore e inverter e
resa modulare dall’aggiunta
di componenti su richiesta.
Infatti, non ci limitiamo a fornire
il motore o l’inverter. La
combinazione motore-inverter
è l’unità di base sotto la quale
non andiamo».
Nello specifico, cosa troviamo
in questo allestimento?
«Abbiamo portato quattro
prodotti, tre dei quali con
potenza di 70 chilowatt di
picco, configurati in tre modi
diversi. L’Eds70H è concepito
appositamente per applicazioni
con trasmissione
idrostatica. Può essere utilizzato
per il “replacement”
di motori a combustione su
architetture veicolari, quali
escavatori o altre applicazioni
off-road in cui sia necessario
rimpiazzare il motore a
combustione interna con un
powertrain elettrico. È una
sorta di elettrificazione centralizzata,
come la definiamo
noi. Può essere però anche
applicato su applicazioni
stradali, sia veicoli speciali
che commerciali, con attrezzature
che devono essere alimentate
da una Pto elettrica.
In questo caso il veicolo può
rimanere a combustione e
l’unica parte effettivamente
elettrifica riguarda attrezzature
e periferiche. Le faccio
qualche esempio: compattatori
per raccolta rifiuti, le
gru autocarrate o similari.
Le Pto possono essere sia
“stand alone”, sia collegate
al sistema veicolare e vanno
ad alimentare, appunto, le attrezzature.
Il prodotto è concepito
con un riduttore che non
supera i 6.000 giri di velocità,
in quanto le pompe girano a
una media di 2.500-3.000 giri.
A livello di performance è in
linea con quanto richiesto dal
mercato. Le competenze di
Bonfiglioli nel settore della
meccanica, dei riduttori, dei
differenziali, consentono di
applicare le tecnologie su ingranaggi,
cuscinetti e soluzioni
di interfacciamento. Siamo
così in grado di garantire il
controllo di motori elettrici
performanti ad alta velocità di
ultima generazione, riducendo
la velocità a livelli compatibili
con quelli dei semiassi, con
degli incrementi importanti di
coppia all’asse».
E gli altri tre prodotti?
«Il secondo prodotto (Eds70X)
è molto simile al precedente
(70 chilowatt di potenza)
con un riduttore che è invece
concepito per la trazione. In
questo caso non si connette a
una pompa, ma a un assale.
Il riduttore consente all’applicazione
di avere in uscita gli
11.000 giri che consentono
a un assale di funzionare. Il
riduttore è senza differenziale
ed è trasversale all’assale
che, in questa configurazione,
è un assale con differenziale
integrato. Le applicazioni
sono sempre commerciali, a
trazione sia anteriore che posteriore,
in generale veicoli a
trasmissione meccanica. Per
quanto ci riguarda il range
con questi prodotti è fino ai 3,5
tonnellate, fino a un massimo
di 5,5 ton: i cosiddetti “lightduty
truck”. Il terzo (Eds70D)
è un powertrain dello stesso
tipo dei precedenti (sempre a
70 chilowatt), in questo caso
un riduttore con differenziale.
È quindi concepito per essere
agganciato direttamente ai semiassi
che vanno alle ruote in
una configurazione veicolare
che può essere sia anteriore
che posteriore e dove sia
necessario avere il differenziale
integrato all’interno del
powertrain. Tutto ciò risponde
alla volontà di rendere il
sistema modulare; quindi,
adattarlo con componenti che
si aggiungono o si tolgono al
sistema, applicato ad architetture
diverse tra loro. In questo
caso le applicazioni sono veicoli
commerciali leggeri, urbani,
minivan, minibus, shuttle.
Quarto e ultimo prodotto
è il 120 chilowatt, formato da
motore, inverter, DC/DC e riduttore.
In questo caso si ha
una taglia superiore, quindi
si può andare a elettrificare
veicoli commerciali fino a
7,5 tonnellate o veicoli urbani
di quella dimensione. In tutti
questi casi, si tratta di veicoli
che non hanno differenziale a
bordo».
Qual è il ruolo di Bonfiglioli
nella collaborazione con i
produttori di assali elettrificati?
«Crediamo fortemente che
la collaborazione con aziende
che producono assali sia
di grande valore. Riusciamo
così a dare al cliente finale,
quindi al costruttore di veicoli,
un sistema integrato che
assume un valore aggiunto
importante, perché risponde
alla necessità di ridurre lo
sforzo di integrazione sulla
piattaforma lato clienti.
Bonfiglioli sta collaborando
con alcune aziende, con l’obiettivo
di realizzare prodotti
integrati. Altre volte, invece,
sono i nostri clienti che ci
chiedono di rivolgerci per
conto loro a determinati costruttori
di assali».
A quali progetti state lavorando
attualmente?
«Stiamo seguendo diversi
progetti, soprattutto in ambito
off-highway. Quindi,
piccoli trencher, gru e altre
applicazioni come i compattatori
di rifiuti e pure veicoli
commerciali leggeri».
Uno sguardo al futuro: anche
in termini dimensionali,
è questa la gamma di riferimento
per i prossimi anni o
state lavorando a qualcosa
di diverso?
«Stiamo lavorando a sistemi
a un livello di voltaggio
superiore. Non escludiamo
che quello che attualmente
vediamo a 450 volt diventi a
600 o a 800 volt, proprio per
venire incontro alle esigenze
di un mercato, come quello
dei veicoli commerciali, che
già guarda a quei livelli di
voltaggio. Questa per noi
è la generazione zero, che
sfrutta il know-how e i materiali
di ultima generazione.
Abbiamo preferito rimanere
su soluzioni consolidate
con un livello di voltaggio
conosciuto anche per una
questione di tempi di sviluppo.
Abbiamo expertise molto
forti sulla parte di sicurezza
funzionale sul sistema completo,
compresa la power
control unit».
42
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VADO E TORNO EDIZIONI www.vadoetorno.com ISSN 0042 2096 Poste Italiane s.p.a. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
Vadoetorno
network
STY LA PREMIAZIONE SARÀ UN EVENTO TV E SOCIAL ● IAA SOTTO
TONO IL SALONE CHE DOVEVA ESSERE DELLA RINASCITA ● SUT A
ROMA LA TERZA TAPPA: CON LA GUIDA AUTONOMA L’AUTISTA
DOVRÀ CRESCERE ● PROVE IVECO S-WAY 490 - MERCEDES
ACTROS 1848 ● GOVERNO RIDATECI IL MINISTERO DEI TRASPORTI
il predestinato
cambia
passo
OTTOBRE
2022
MENSILE
€ 3,00
10
Prima immissione:
5 ottobre 2022
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste
Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv.
in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
OTTOBRE N. 10 - 2022
ANNO 31°- euro 5,00
IN QUESTO NUMERO
LE FIERE DI HANNOVER E BERLINO:
IAA TRANSPORTATION E INNOTRANS,
VERSO LA TRANSIZIONE GRADUALE,
I TOP PLAYER DELLE INFRASTRUTTURE,
LE NOVITÀ SETRA, VDL E RAMPINI
Cavalcando
l’onda
azzurra
da Vadoetorno n. 10/2022 da AUTOBUS n. 10/2022
VADO E TORNO EDIZIONI - www.vadoetorno.com - ISSN 1720-3503 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/ MI - EURO 3,50
N.10 - 2022 ANNO 27°
OTTOBRE
Ufficio da campo
VIAGGIO IN INDIA: UN MERCATO DA UN MILIONE DI TRATTORI
MACCHINE DA RACCOLTA: LE NOVITÀ FENDT E JOHN DEERE PER IL 2023
da TRATTORI n. 10/2022
La rivista VADO E TORNO
affonda le radici nel 1962.
Praticamente rappresenta
l’antologia del camion dal
boom economico ai nostri
giorni. Le riviste AUTOBUS
e TRATTORI affiancarono
successivamente VADO E
TORNO nella descrizione
incalzante a aggiornata
di quanto avviene nel
trasporto persone e nella
meccanizzazione agricola.
Mondi che rappresentano,
per noi di DIESEL, gli
scenari di quelle che su
queste pagine chiamiamo
applicazioni. Ad ogni uscita
proporremo la sintesi di
un articolo pubblicato sui
numeri precedenti delle
riviste di VADO E TORNO
EDIZIONI, la nostra casa
comune. Senza timore di
smentita possiamo parlare
di “filiera corta”: la catena
cinematica e le macchine
che la sostanziano.
44
45
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il predestinato
cambia
passo
Estratto da ‘Vado e Torno’ n. 10, 2022
STY LA PREMIAZIONE SARÀ UN EVENTO TV E SOCIAL ● IAA SOTTO
TONO IL SALONE CHE DOVEVA ESSERE DELLA RINASCITA ● SUT A
ROMA LA TERZA TAPPA: CON LA GUIDA AUTONOMA L’AUTISTA
DOVRÀ CRESCERE ● PROVE IVECO S-WAY 490 - MERCEDES
ACTROS 1848 ● GOVERNO RIDATECI IL MINISTERO DEI TRASPORTI
OTTOBRE
2022
MENSILE
€ 3,00
10
Prima immissione:
5 ottobre 2022
Quattro anni
dopo l’ultima
edizione, il
Salone tedesco,
la più importante
vetrina europea
del camion
e dei veicoli
commerciali, è
un’altra cosa
rispetto al
passato. Si parla
di transizione
con l’elettrico
al centro della
scena. Ma troppe
sono state le
assenze di peso
IL SALONE DI HANNOVER DOPO LA PANDEMIA
Tra luci e
qualche ombra
veicolo commerciale, della componenstistica,
dell’accessoristica
e dei servizi ad esso legati. Poi,
improvvisa e terrificante nella
sua devastante azione, la pandemia
ha stravolto i piani e mance.
Avevamo salutato Hannover
in principio d’autunno del 2018,
sicuri di ritrovarci due anni dopo
su quello stesso palcoscenico per
quella che è e rimane la più importante
vetrina del camion, del
Quattro anni. Un’eternità,
alla velocità con cui
viaggiano oggi notizie,
novità, e tutte le cose di questo
travagliatissimo mondo che letteralmente
non riesce a trovare pa-
dato all’aria quelle certezze che
davamo per scontate. Inevitabile
per la Iaa, in quella dolorosa stagione,
alzare bandiera bianca nel
2020. C’era altro a cui pensare
e di ben più importante. Oggi,
anno 2022, la battaglia contro il
nemico invisibile non è ancora
vinta, ma almeno abbiamo tutti,
paesi e i cittadini dell’Europa e
del mondo, ritrovato una certa
normalità, pur nella consapevolezza
di vivere una stagione di
irreversibili cambiamenti epocali.
Che la pandemia ha in fondo costretto
ad accelerare.
Il mondo del trasporto merci su
gomma fotografato ad Hannover
ne è un esempio. Nei padiglioni e
sugli stand, la transizione al green,
a un trasporto sempre più a
impatto zero, era palpabile. Con
l’elettrico a fare la voce del padrone
al centro della scena. Non
c’è stato costruttore, piccolo o
grande, europeo e non, che non
abbia messo sotto i riflettori un
full electric. Il futuro è lì, e in seconda
battuta nell’idrogeno, che
necessita però di un’organizzazione,
anche infrastrutturale, più
complessa e pertanto non è fruibile
al momento su larga scala.
Ecco, incentrata sul green, Iaa
Transportation, nuova e più inclusiva
etichetta del salone tedesco,
è stata a suo modo una vetrina
scintillante e ricca di proposte.
Peccato che alla grande festa non
tutti i costruttori abbiamo risposto
presente. I vuoti lasciati da
Renault Trucks tra i big del camion,
e nei van da Mercedes e
dal poker di brand Stellantis (Citroën,
Fiat, Opel, Peugeot), non
sono passati nosservati. Assenze
nell’era Iaa pre-pandemia impensabili
anche solo da ipotizzare.
(...)
Prosegue a pag. 46 di
Vado e Torno Ottobre 2022.
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VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste
Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv.
in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
OTTOBRE N. 10 - 2022
ANNO 31°- euro 5,00
N.10 - 2022 ANNO 27°
OTTOBRE
IN QUESTO NUMERO
LE FIERE DI HANNOVER E BERLINO:
IAA TRANSPORTATION E INNOTRANS,
VERSO LA TRANSIZIONE GRADUALE,
I TOP PLAYER DELLE INFRASTRUTTURE,
LE NOVITÀ SETRA, VDL E RAMPINI
Cavalcando
l’onda
azzurra
Estratto da ‘AUTOBUS’ n. 10, 2022
Estratto da ‘TRATTORI’ n. 10, 2022
VADO E TORNO EDIZIONI - www.vadoetorno.com - ISSN 1720-3503 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/ MI - EURO 3,50
Ufficio da campo
VIAGGIO IN INDIA: UN MERCATO DA UN MILIONE DI TRATTORI
MACCHINE DA RACCOLTA: LE NOVITÀ FENDT E JOHN DEERE PER IL 2023
Solo elettrico
nella nuova
gamma Citea
di Vdl, svelata
ad Innotrans. Si
parte con il 12,2
metri, mosso dai
motori ai mozzi
ZF e spinto da
moduli batteria
ineditamente
installati al
pavimento.
Spiccano
capacità
passeggeri e
novità costruttive
In totale sono
16 i finalisti del
Tractor of the Year
2023: 5 i trattori in
lizza per la classe
regina, 3 nella
categoria Best
Utility e ben 8 si
contenderanno
il titolo di Best of
Specialized
Presentazione. Vdl Citea
La città elettrica
TRACTOR OF THE YEAR 2023
La gara entra nel vivo
Lungamente attesa e adocchiata
fin qui a suon di
rendering, si è alzato ad
Innotrans il sipario sulla nuova
gamma Citea, impersonata da un
primo demo da 12,2 metri messo
in mostra nel Bus Display. Tante
le novità nella progettazione di
un veicolo atteso da diverso tempo:
l’annuncio risale a fine 2020,
la presentazione online a metà
2021. Intanto, gli ultimi due anni
hanno visto il costruttore olandese
relegato nelle retrovie nella
graduatoria dei top player del bus
elettrico in Europa, scavalcato da
Solaris che ha chiuso il 2020 e
il 2021 con in mano il trofeo del
leader di mercato. Una situazione
ribaltata nella prima metà del
2022, con Vdl al primo posto forte
di 242 consegne e di un 13 per
cento di share nel mercato elettrico
complessivo. Ma torniamo
al prodotto. Spiccano la collocazione
a pavimento della batteria
(una novità assoluta) e la struttura
delle fiancate in monoblocchi
di materiale composito. Degno di
nota è anche la partnership di Vdl
con ZF, con l’assale elettrificato
con motori ai mozzi a scalzare
lo storico partner Siemens. Tra
gli aspetti più rilevanti, infine,
vi è la capacità passeggeri: nella
versione con batteria di capacità
standard (306 kWh) possono essere
accolte 110 persone.
(...)
Prosegue a pag. 34 di
Autobus Ottobre 2022.
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La competizione per l’elezione
del Tractor of the Year 2023
entra nel vivo. I finalisti delle
varie categorie in gara (oltre alla
classe regina costituita dai trattori
da campo aperto, gli aziendali in
lizza per il Best Utility e i trattori
da frutteto/vigneto e montagna per
il Best of Specialized) sono stati selezionati
e ora la giuria internazionale
composta da 25 giornalisti di
settore in rappresentanza di altrettante
nazioni europee è al lavoro
per valutarne pregi e difetti e sancire
chi saranno i vincitori. Vincitori
che anche quest’anno saranno annunciati
nella giornata inaugurale
di Eima International, il prossimo
9 novembre a Bologna, durante la
cerimonia di premiazione che si
terrà nel Quadriportico della Fiera
(ormai tradizionale evento di apertura
della kermesse), e che sarà trasmessa
anche in diretta streaming
sulla piattaforma totydigital.com,
sui social del premio e sul sito dello
sponsor ufficiale BKT. Chi sarà
presente a Eima potrà poi veder
sfilare tutti i finalisti nell’apposita
area esterna allestita come nella
passata edizione tra i Padiglioni 37
e 35, con tanto di comoda tribuna
e speaker che descriverà le caratteristiche
tecniche delle macchine.
L’anno degli specializzati
Dei 16 i trattori che hanno superato
le selezioni e si sono conquistati un
posto in finale, sono addirittura 8
(...)
Prosegue a pag. 24 di
Trattori Ottobre 2022.
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OEM & MOTORI. SUSTAINABLE BUS AWARDS
C
50
MIRACOLO
A MILANO
Non c’è la regia di De Sica, ma la complicità di Next Mobility
Exhibition, alla sua prima edizione. Sotto le vele di Fuksas premiati
Karsan, Iveco e Irizar. Elettrico e termico, sia ciclo diesel che ciclo Otto
ontrocorrente, in conformità
alla logica
della rivista DIESEL,
cominciamo dalle motorizzazioni.
Il Karsan e-Ata 12
appartiene a una famiglia, e-
Ata, per l’appunto, che si affida
a batterie elettriche (con
ciclo di vita fissato tra gli
otto e i dieci anni): Karsan
offre sette varianti di batteria,
da 150 kWh a 600 kWh,
capaci di garantire un’autonomia
fino a 450 chilometri
in condizioni reali.
L’Iveco Bus Crossway LE
Hybrid Cng nella versione
esclusivamente affidata al
gas naturale sotto il cofano
ha riposto il Cursor 9 Euro
VI (360 cavalli e 1.620 Newtonmetro),
qui coadiuvato da
un pacchetto ibrido. L’Irizar
i6S Efficient non delega e
rinnova fiducia al motore
diesel. Sul basco da turismo
batte il cuore del Daf Mx-
11 da 450 cavalli, in tandem
con la trasmissione Traxon
di ZF.
Il vincitore nella categoria
Da sinistra, i tre vincitori: Karsan e-Ata 12, Iveco Bus
Crossway LE Hybrid Cng, Irizar i6S Efficient
“Urban” è il risultato principale
degli sforzi di Karsan
nel concentrare tutti gli investimenti
in autobus a zero
emissioni: la gamma e-Ata è
stata progettata da zero per
fornire una vera soluzione
nativa elettrica.
La versione a metano e mild
hybrid del leader europeo
del segmento Classe II, l’Iveco
Crossway, vincitrice
del premio nella categoria
“Intercity”, è già stata offerta
nelle gare d’appalto e sarà
disponibile sul mercato a
partire dal 2023. Questo veicolo
unisce due tendenze che
oggi interessano il segmento
degli autobus interurbani:
l’aumento dei veicoli a gas
e il crescente interesse per le
applicazioni ibride leggere.
Infine, l’Irizar i6S, vincitore
della categoria “Coach”,
rappresenta un progetto incentrato
sull’efficienza: i
miglioramenti nei consumi
di carburante e nel coefficiente
aerodinamico consentono
agli operatori turistici
di ottenere un guadagno in
termini di Tco.
Torniamo all’interurbano,
che si riflette nel trend dei
Classe II: in aumento il volume
dei veicoli a gas (ben
+60% tra il 2020 e il 2021).
Iveco Bus, leader europeo
del segmento, alza l’asticella
abbinando ai serbatoi
per il metano posizionati
sul tetto con il modulo mild
hybrid, firmato Voith. In
effetti, l’uso di questa tecnologia
dovrebbe ridurre il
consumo di carburante del
15% e il Tco del 5%. Con i
biocarburanti è possibile ottenere
una riduzione di CO 2
fino all’84%.
Una conclusione finale sul
12 metri Irizar. Consumi di
carburante ridotti del 13%,
coefficiente aerodinamico
migliorato del 30%, adozione
di materiali compositi
per ridurre la tara (circa 950
chili in meno) e tecnologie
integrate di manutenzione
predittiva per ridurre i tempi
di fermo macchina.
Motori e componenti per OEM
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e mercato del motore diesel.
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