L’OCCHIELLO di competitività. Questo non rappresenta certo un problema per un settore che, da tempo, ha investito fortemente in questo ambito (oltre il 20% degli investimenti delle fonderie italiane sono dedicati agli aspetti ambientali). D’altra parte, però, la richiesta di un ulteriore impegno per raggiungere l’obiettivo Net Zero deve essere compensata con politiche in grado di garantire un sistema di regole che permetta alle aziende europee di giocare ad armi pari fra di loro e con i competitor extra UE. Sono due, quindi, gli orizzonti da considerare. Il primo è quello continentale. L’Unione Europea si è troppo spesso mossa non abbastanza come “unione”. Basti pensare a quanto avvenuto la scorsa estate, quando la corsa all’accaparramento di gas per riempire gli stoccaggi ha portato, in assenza di un coordinamento comune, ciascuno Stato a fare da sé. Questo ha generato un effetto competizione che ha fatto schizzare i costi dell’energia a livelli mai visti. Oggi serve porre la questione energetica al centro delle politiche comunitarie, con l’obiettivo di arrivare infine a politiche comuni dell’energia. Misure in questo senso sono necessarie per evitare che vi siano differenze troppo significative fra i costi energetici nei diversi Paesi dell’Unione, situazione che da sempre penalizza l’Italia, principale importatore di energia dell’UE per saldo degli scambi, in cui i costi energetici sul mercato spot sono considerevolmente superiori a quelli di Germania, Francia, Spagna. Il secondo orizzonte da considerare è quello relativo alla posizione dell’Europa nel mercato globale. Alle imprese si chiedono sforzi sempre più importanti per la difesa dell’ambiente. È una scelta giusta e necessaria per permettere alla manifattura continentale di trovare un suo spazio distintivo nella competizione con colossi come USA e Cina. L’industria italiana, in questo senso, è già all’avanguardia e non si sottrae certo alle nuove sfide. D’altro canto, però, è necessario predisporre sistemi di protezione dalla concorrenza sleale di Paesi extraeuropei in cui queste regole non valgono e che possono quindi produrre a costi nettamente inferiori, quando in Europa invece, ai già considerevoli costi di produzione si somma un sempre maggior costo del credito, fattore questo che, insieme alla riduzione in Italia dei crediti d’imposta del piano Transizione 4.0, rischia di frenare gli investimenti in ricerca e sviluppo proprio quando ce ne sarebbe più bisogno. Europe has now realised that to achieve the ambitious environmental goals it has set itself, it needs companies and is asking them to make sustainability a strategic competitiveness factor. This is certainly not a problem for a sector that, for some time, has been investing heavily into this area (over 20% of investments by Italian foundries are dedicated to environmental aspects). However, on the other hand, the demand for a further commitment to achieve Net Zero must be offset by policies that can guarantee a system of rules that allows European companies to play on equal terms with each other and with their non-EU competitors. So, there are two perspectives to consider. First, the continental one. The European Union has too often not acted as a “union” enough. Just think of what happened last summer, when the race to heard gas for stocks led, in the absence of a common coordination, each State to go it alone. This generated a competition effect that drove up energy costs to unprecedented levels. Today the energy issue needs to be put at the centre of EU policies, with the goal of achieving common energy policies. These kinds of measures are necessary to avoid there being too significant differences between energy costs in the various EU countries, a situation that has always penalised Italy, the EU’s main energy importer by trade balance, in which energy costs on the spot market are considerably higher than in Germany, France or Spain. The second perspective to consider is Europe’s position in the global market. Companies are being asked for greater and greater efforts to protect the environment. This is a right and necessary choice to enable continental manufacturing find its own distinctive space in the competition with giants like the USA and China. Italian industry, in this sense, is already at the forefront and is certainly not shying away from new challenges. However, it is necessary to set up systems to protect against the unfair competition of non-European countries where these rules do not apply and they can produce at significantly lower costs, while in Europe the already considerable production costs are added to the ever increasing costs of credit, a factor that, together with the reduction in Italy of tax credits under the Transition 4.0 plan, risks curbing investment into research and development precisely when it is most needed. 6 <strong>In</strong> <strong>Fonderia</strong>
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