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Numero 10 - Caritas Italiana

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nazionale<br />

Fatima ha una tavola calda<br />

«Ce l’ho fatta grazie ai volontari»<br />

Fatima proviene dall’Iraq. Ha 37 anni ed è dovuta<br />

fuggire verso la Germania, insieme al marito, nel 2002.<br />

Da sola, con il figlio di 12 anni, è arrivata a Roma,<br />

dove si sono dichiarati rifugiati politici. «Con i soldi<br />

che mi mandava mio marito pagavo l’affitto di una casa<br />

in via Inghilterra e compravo il necessario. Ho il diploma<br />

di scuola alberghiera e ho cercato lavoro, ma dopo due<br />

mesi in una pizzeria non mi pagavano e sono andata<br />

via. Poi, un’estate, sono stata due mesi in Germania,<br />

ma quando sono tornata avevo lo sfratto. Non stavo<br />

bene, ero in difficoltà. Mio marito non poteva<br />

più mandarmi soldi».<br />

Fatima trova il coraggio di rivolgersi al centro<br />

d’ascolto <strong>Caritas</strong>. «Avevo paura che mi facessero<br />

delle domande, ma sapevo che ci andava altra gente…<br />

Sono stata ospitata per 23 giorni in un centro<br />

di accoglienza parrocchiale, poi sono andata ad abitare<br />

con mio figlio presso un’anziana che si era rivolta<br />

al centro di ascolto, offrendo vitto e alloggio in cambio<br />

di compagnia e piccoli servizi. Un mese dopo<br />

sono stata ricoverata per un intervento chirurgico<br />

e le volontarie della <strong>Caritas</strong> si sono occupate<br />

della mia assistenza e di mio figlio. Lo hanno ospitato,<br />

accompagnato a scuola e seguito nei compiti, lo hanno<br />

portato in ospedale per farci incontrare. Faceva freddo,<br />

gli hanno dato dei vestiti pesanti, lo hanno fatto<br />

dormire da una famiglia che avevamo conosciuto<br />

al centro di accoglienza…».<br />

Il punto di svolta arriva con la possibilità di avviare<br />

un’attività. «Quando sono guarita, insieme a una<br />

volontaria mi sono informata su cosa dovevo fare<br />

per aprire una tavola calda, quali pratiche dovevo fare,<br />

se c’erano aiuti per le donne. Ce l’ho fatta: oggi cucino<br />

cibo del mio paese. Non è stato importante solo poter<br />

contare su un aiuto materiale. Certo, il cibo, i vestiti,<br />

i libri e lo zaino per il ragazzo... Ma soprattutto<br />

i volontari mi hanno spiegato cosa dovevo fare<br />

per aprire l’attività, dove dovevo andare per le carte.<br />

Hanno garantito per me con il padrone del locale.<br />

La tavola calda è andata subito abbastanza bene,<br />

poi è venuto mio marito. Un mese fa abbiamo avuto<br />

una bambina. Lavoriamo e il fratello più grande la guarda.<br />

Oggi viviamo tutti insieme. E ci sentiamo abbastanza tranquilli».<br />

12 ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008<br />

lotta all’esclusione<br />

ASCOLTARE, SVOLTARE<br />

Colloquio in un centro d’ascolto<br />

a Genova. La relazione è cruciale<br />

per aiutare a superare il disagio<br />

di trasformarsi in un<br />

boomerang, in termini<br />

di tensioni sociali, nelle<br />

realtà ove vi siano lunghe liste di attesa, che bisognerà<br />

stravolgere per seguire tale priorità.<br />

In terzo luogo, viene portato da <strong>10</strong>0 e 400 milioni il fondo<br />

nazionale per la non autosufficienza, con la dichiarata<br />

intenzione di fissare, con decreto collegato alla Finanziaria,<br />

i Livelli essenziali, da rendere esigibili nell’arco di un<br />

triennio, aumentando progressivamente il fondo sino al<br />

punto necessario (circa 2 miliardi di euro l’anno di fonte<br />

statale, da aggiungere ai fondi regionali). L’incremento è significativo,<br />

e si spera rivelatore di un’effettiva volontà politica<br />

di fissare, almeno in questo ambito, i Liveas-Lea previsti<br />

dall’articolo 117 della Costituzione e sinora inattuati.<br />

Infine, vengono incrementati di 25 milioni per il 2008 il<br />

fondo nazionale per le politiche sociali e i fondi destinati al<br />

piano straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale<br />

dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, previsti<br />

dalla Finanziaria 2007. Anche in questo caso si tratta di un<br />

segnale apprezzabile nelle intenzioni e sotto il profilo culturale,<br />

ma insufficiente dal punto di vista quantitativo.<br />

Prospettive per una “grande opera”<br />

Segnalare mancanze è sempre più facile che fornire prospettive.<br />

<strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong> e Fondazione Zancan hanno però<br />

provato a porre la questione di una graduale definizione di<br />

un piano di contrasto organico delle povertà (vedi IC<br />

7/2007). In concreto, bisognerebbe chiarire durata o progressività<br />

delle misure adottate, gli strumenti per valutarle,<br />

lo scenario complessivo in cui si collocano. E coordinare le<br />

misure della Finanziaria a livello nazionale, accordandole<br />

anche agli strumenti che regioni ed enti locali mettono in<br />

atto. Sarebbe una “grande opera”, capace di dare dignità,<br />

futuro e diritti a ogni cittadino di questo paese.<br />

nazionale<br />

CURARSI È IMPOVERIRSI<br />

LA SALUTE CI COSTA CARA<br />

di Walter Nanni<br />

Le spese sanitarie? Salvano la vita. Ma possono impoverire. Il<br />

quinto Rapporto Ceis Sanità 2007, realizzato dal Centro di ricerca<br />

della facoltà di economia dell’Università di Roma Tor<br />

Vergata, mette in evidenza alcuni dati relativi agli effetti negativi<br />

che le spese sanitarie possono avere sui bilanci delle famiglie italiane.<br />

Dal rapporto emerge che è in crescita il rischio di impoverimento<br />

di chi deve sostenere spese sanitarie non coperte dal Servizio<br />

sanitario nazionale, in particolare per le cure odontoiatriche e<br />

l’assistenza alle persone non autosufficienti.<br />

Sono sempre di più, ben 948.253<br />

(il 4,1% del totale), le famiglie gravate<br />

da spese definite “catastrofiche” sostenute<br />

per la salute. Notevoli le differenze<br />

regionali: rischio massimo in<br />

Calabria, dove il fenomeno colpisce<br />

l’11,2% delle famiglie, minimo in<br />

Emilia Romagna (1,2%). Le spese “catastrofiche”<br />

sono più frequenti tra i<br />

meno abbienti (lo sono per il 14,1% di<br />

quanti stanno nel primo quintile di<br />

ricchezza, per il 2,2% di chi sta nel secondo<br />

quintile), ma il fenomeno incide<br />

anche sui cosiddetti ceti medi (nel<br />

terzo quintile le famiglie colpite sono l’1,2%). Nonostante<br />

sia riservato al settore privato quasi il 25% della spesa sanitaria,<br />

i dati disponibili confermano che solo il 6,1% delle<br />

famiglie (prevalentemente abbienti) hanno coperture assicurative.<br />

E fra queste c’è una bassa incidenza di polizze<br />

che coprono l’intero nucleo familiare (il 31,3%).<br />

Il fenomeno dell’impoverimento dovuto in gran parte<br />

alle spese sanitarie private è in costante crescita: le famiglie<br />

già concretamente impoverite per motivi sanitari<br />

sono 346.069 (1,5% della popolazione italiana). Forti,<br />

anche in questo caso, le differenze regionali: si va dallo<br />

0,3% della Toscana al 4,9% della Calabria.<br />

Più a rischio di impoverimento sono gli anziani, in particolare<br />

le persone sole over 65 e le coppie senza figli con<br />

uno dei due coniugi anziano (il rischio è, nei due casi, del<br />

Aumenta il numero<br />

di famiglie italiane<br />

che vedono dissestato<br />

il proprio bilancio<br />

dalle spese sanitarie<br />

sostenute in strutture<br />

private. Intanto negli<br />

ospedali meno posti letto<br />

e più personale:<br />

la spesa ospedaliera<br />

non è razionale<br />

esclusione politiche database sociale sociali<br />

2,9% e 2,3%). Ma l’impoverimento colpisce<br />

sempre più anche le coppie con<br />

figli: la percentuale di famiglie impoverite<br />

è passata dallo 0,6% all’1,2% per<br />

le coppie con un figlio, dall’1,1%<br />

all’1,9% per quelle con tre o più figli.<br />

Una situazione che si accompagna<br />

peraltro a una crescita dell’incidenza<br />

della povertà (dal 22,4% al 24,1%).<br />

Una maggiore qualità?<br />

L’indagine Ceis si sofferma anche<br />

sulla de-ospedalizzazione. Dal 2000<br />

al 2005 si è realizzata in Italia (con<br />

eccezione di Molise, Abruzzo e Sicilia)<br />

una drastica riduzione dei posti<br />

letto ospedalieri: si è passati da una<br />

disponibilità di 5,1 posti letto per<br />

mille abitanti a una del 4,6; inoltre si<br />

è ridotta la quota di spesa per<br />

l’assistenza ospedaliera (il 47% della<br />

spesa sanitaria nel 2005).<br />

Alla contrazione dei posti letto<br />

non è corrisposta però una riduzione<br />

degli organici. Ciò sembra preludere<br />

a una maggiore qualità dell’assistenza, ma suscita<br />

preoccupazioni per la razionalizzazione complessiva<br />

dell’assistenza ospedaliera. I medici delle strutture di ricovero<br />

sono infatti aumentati, a livello nazionale, del<br />

7,7%, mentre gli infermieri, nonostante sia aumentata la<br />

loro disponibilità per posto letto, si sono ridotti del 2,3%:<br />

in particolare si è passati, per quanto riguarda i medici,<br />

da 0,36 per posto letto nel 2000 a 0,43 nel 2005, mentre<br />

per quanto riguarda gli infermieri si è passati da 0,88 a 1<br />

unità di personale per posto letto.<br />

A livello regionale i dati disegnano una situazione<br />

estremamente differenziata: si passa da 0,31 medici per<br />

posto letto nella provincia autonoma di Trento a 0,62 in<br />

Valle d’Aosta; quanto agli infermieri, si va dallo 0,78 in<br />

Calabria all’1,34 in Liguria.<br />

ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 13

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