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Numero 10 - Caritas Italiana

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internazionale<br />

guerre alla finestra<br />

FRONTIERE SENZA PACE<br />

KIVU, LA PROVINCIA INSTABILE<br />

di Francesco Meneghetti<br />

Le guerre nella Repubblica democratica del Congo hanno causato,<br />

nell’ultimo decennio, 4 milioni di morti. Ma la lunga transizione<br />

e le elezioni della seconda metà 2006 hanno diffuso la<br />

pace in quasi tutto il paese. Anche il golpe tentato a marzo dall’ex capo<br />

ribelle Jean-Pierre Bemba è un ricordo lontano. Democrazia e sviluppo<br />

del paese guidato dal presidente Joseph Kabila sono sostenuti<br />

a livello internazionale dai governi dei paesi avanzati (accordi per investimenti<br />

economici e commerciali) e dall’Onu (la missione cui<br />

Monuc contribuisce alla transazione<br />

verso l’unità nazionale, monitoran-<br />

Posta al confine<br />

do la restituzione delle armi da parte<br />

con il Ruanda, la regione<br />

della popolazione e dei gruppi ribel-<br />

orientale del Congo<br />

li, l’inserimento sociale degli ex bam-<br />

da mesi è tornata teatro<br />

bini e adulti soldato, l’integrazione<br />

di combattimenti,<br />

dei miliziani nell’esercito regolare).<br />

violenze, arruolamenti<br />

L’unica delle undici province<br />

coatti (anche di minori).<br />

congolesi in cui si vivono ancora for-<br />

Lo scenario<br />

ti tensioni è il Nord-Kivu, antica-<br />

è imprevedibile.<br />

mente indipendente, ricchissima di<br />

Ma intanto le armi<br />

risorse minerarie e molto fertile, con<br />

affluiscono…<br />

una composizione etnica e un’organizzazione<br />

socio-economica molto<br />

simile a quella del piccolo e limitrofo Ruanda, col quale le<br />

relazioni politiche e commerciali sono forti. Nel Nord-Kivu<br />

da qualche mese si assiste nuovamente a combattimenti<br />

pesanti tra i circa 5 mila miliziani fedeli al generale<br />

dissidente e filo ruandese Laurent Nkunda e l’esercito regolare<br />

(Fardc), che ha dispiegato circa 30 mila militari con<br />

il sostegno logistico dell’Onu. Indipendentemente dalle<br />

ragioni politiche, la presenza di militari nei villaggi provoca<br />

insicurezza tra la popolazione: abbandono dei campi,<br />

estorsioni di alimentari e animali, violenze sessuali su<br />

ragazze e arruolamento forzato di ragazzini. Circa quest’ultimo<br />

tema – prioritario per l’azione di <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong><br />

in Africa – il rappresentante speciale per i conflitti armati<br />

dell’Onu, signora Radhika Coomaraswamy, riferisce che<br />

sono già centinaia i bambini arruolati e presto potrebbe-<br />

32 ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008<br />

ro diventare migliaia. Intanto i campi<br />

profughi di Mugugna, Rutshuru e<br />

Kiwanga e quelli in Uganda contano<br />

decine di migliaia di nuovi sfollati interni,<br />

assistiti anche da <strong>Caritas</strong>.<br />

Omicidi di carattere etnico<br />

Il quadro del conflitto è complesso e<br />

mutevole. Difficile fare previsioni, a<br />

causa delle controverse alleanze internazionali<br />

e locali. Per esempio si<br />

registra nuovamente l’attivismo militare<br />

di gruppi armati stranieri (tra<br />

essi il Fdlr, Forze democratiche di liberazione<br />

del Ruanda), mentre il 27<br />

ottobre si è arreso ai caschi blu Onu<br />

Kibamba Kasereka, capo delle forze<br />

patriottiche Mayi Mayi (partigiani<br />

filo-Kinshasa, tornati protagonisti<br />

dei combattimenti contro le milizie<br />

di Nkunda). I segnali positivi e negativi<br />

si alternano: oggi fonti ufficiali<br />

segnalano la deposizione delle armi<br />

e il processo di integrazione di<br />

centinaia di ribelli di Nkunda, domani<br />

l’arruolamento di altrettanti uomini e bambini.<br />

Intanto i fatti di cronaca locale a Goma, capoluogo del<br />

Kivu, fanno registrare un’escalation di omicidi di carattere<br />

etnico ai danni di persone con ruoli sociali ed economici<br />

di rilievo (compreso, sembra, il tentato omicidio ai danni<br />

del vescovo, monsignor Faustin Ngabu, a fine ottobre) e il<br />

diffuso brigantaggio notturno, che impone ogni sera il coprifuoco<br />

alle 18. Si teme inoltre che l’ingente ingresso di<br />

armi pesanti, via terra e via aerea, contribuisca a inasprire<br />

il conflitto. Non va dimenticato che il Nord-Kivu rappresenta<br />

una zona cuscinetto di fondamentale importanza<br />

per il vicino e popolatissimo Ruanda, che guarda al Kivu<br />

per le sue risorse minerarie e alimentari, oltre che come<br />

sbocco residenziale per la sua popolazione. La pace, in<br />

Congo, rimane una missione impossibile?<br />

internazionale<br />

FINALMENTE IL TRATTATO<br />

MA L’EUROPA AVANZA DIVISA<br />

di Gianni Borsa<br />

Approvazione al summit di Lisbona del 19 ottobre scorso, firma<br />

ufficiale il 13 dicembre. Poi, nel 2008, le ratifiche nazionali, per<br />

entrare in vigore (salvo sorprese) il 1° gennaio 2009. Giusto in<br />

tempo per le elezioni dell’Europarlamento, fissate nel giugno successivo.<br />

Sono le tappe del nuovo Trattato Ue, che prenderà il posto<br />

dell’abortita Costituzione, siglata a Roma tre anni or sono e mai entrata<br />

in vigore, a causa dell’opposizione palese degli elettori francesi<br />

e olandesi e di altri ostacoli subentrati durante l’iter di ratifica.<br />

Il Trattato di Lisbona, in realtà, ricalca<br />

buona parte del testo costituzionale<br />

maturato nella Convenzione<br />

e nella successiva Conferenza intergovernativa.<br />

Restano alcune importanti<br />

acquisizioni, come l’istituzione<br />

di un presidente “stabile” del Consiglio<br />

Ue, il rafforzamento dell’Alto rappresentante<br />

per la politica estera (che<br />

sarà anche vicepresidente della Commissione),<br />

l’introduzione di un nuovo<br />

sistema di voto in sede di Consiglio,<br />

l’estensione del voto a maggioranza e<br />

dunque l’imbrigliamento del diritto<br />

di veto. Ma, fra le tante novità, spiccano i molti limiti del<br />

corposo articolato (256 pagine): primo fra tutti il permanere<br />

dello stesso diritto di veto su poche ma essenziali materie,<br />

a cominciare dalla politica estera. È facile prevedere<br />

che l’Ue continuerà a non avere una propria, univoca, capacità<br />

d’azione sulla scena mondiale. Non è poco!<br />

La bandiera dov’è?<br />

Un’altra innovazione di rilievo è il valore vincolante che<br />

viene assegnato alla Carta dei diritti fondamentali, varata<br />

da quasi un decennio e che solo ora ottiene potere cogente<br />

in 24 stati; gli altri tre, ossia Regno Unito, Irlanda e Polonia,<br />

hanno ottenuto, per ragioni diverse, speciali deroghe<br />

(“clausole opt-out”). Di fatto, diritti e principi fondamentali,<br />

individuali e comunitari, a partire dalla dignità della per-<br />

Dopo lo stop di tre anni fa<br />

alla Costituzione,<br />

finalmente l’Ue<br />

si è dotata, a Lisbona,<br />

del testo fondamentale<br />

per le sue istituzioni.<br />

È un progresso storico.<br />

Che però sconta<br />

evidenti limitazioni<br />

e lascia aperti<br />

rilevanti interrogativi<br />

casa comune<br />

sona fino alle essenziali libertà e protezioni<br />

sociali, potranno essere tutelati<br />

dalla Corte di giustizia nella stragrande<br />

maggioranza dei paesi dell’Unione<br />

europea, ma non su tutto il territorio<br />

comunitario. Da Lisbona<br />

emerge così una strana Europa, che<br />

estende la “doppia velocità”, oltre che<br />

all’euro e al Trattato di Schengen, anche<br />

ai diritti basilari.<br />

Ancora una osservazione dal sapore<br />

amaro. Il Trattato che porta il<br />

nome della capitale portoghese non<br />

comprende i “simboli” dell’Ue, già<br />

inseriti nella Costituzione: bandiera,<br />

inno, motto… Poco male, si potrebbe<br />

superficialmente osservare; in<br />

realtà, quando si intende costruire<br />

una “unità nella diversità” fra popoli<br />

e stati differenti, e fino a ieri fieramente<br />

distinti (se non nemici), i simboli<br />

servono, eccome. L’opinione<br />

pubblica ha bisogno di segni distintivi<br />

per “vedere” l’Europa e per un reciproco<br />

riconoscimento.<br />

Infine il Trattato – che pure consente all’Ue di superare<br />

l’impasse istituzionale, per occuparsi finalmente dei<br />

problemi e degli interessi concreti dei cittadini – lascia irrisolti<br />

alcuni interrogativi emersi negli ultimi anni sul futuro<br />

dell’integrazione. Il primo di essi riguarda l’identità<br />

stessa dell’Europa comunitaria: quali i valori e gli obiettivi<br />

comuni, quali l’identità e i confini ultimi dell’Ue? Con<br />

quale velocità procedere verso nuovi allargamenti? Come<br />

costruire una politica estera comune, al di là dell’aver dato<br />

vita a un Alto rappresentante che, non a caso, non si<br />

chiamerà “ministro degli esteri”? Come rafforzare le azioni<br />

e le politiche che possono portare giovamento alla vita<br />

dei cittadini? E, ultimo ma non per importanza, come far<br />

pesare di più la volontà dei cittadini nella democrazia comunitaria<br />

che si snoda tra Bruxelles e Strasburgo?<br />

ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 33

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