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Numero 10 - Caritas Italiana

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internazionale<br />

L’AFRICA<br />

CHE NON ARRIVA<br />

AL MIRAGGIO<br />

D’OLTREMARE<br />

di Umberta Fabris<br />

fotoservizio di Hamza Bahri<br />

Tamanrasset è una città di recente costruzione,<br />

dominata dal massiccio dell’Hoggar,<br />

che incombe su di essa con i suoi fiabeschi<br />

paesaggi lunari di deserto di pietra. Nel<br />

1966 contava meno di tremila abitanti, oggi<br />

ne ha quasi centomila. È città commerciale<br />

e meta irresistibile per i turisti. È soprattutto<br />

un punto di incontro, nel sud dell’Algeria, delle piste che<br />

arrivano da Mali e Niger: qui si dà appuntamento l’Africa<br />

del Sahel, nell’attesa e nella speranza che si apra una porta<br />

verso il nord. Poco visibili, migliaia di camerunesi e malesi,<br />

congolesi e ivoriani, sopravvivono trovando rifugio nelle<br />

rocce vicino alla città algerina. Il deserto è attraversato e<br />

vinto, l’Europa sembra più vicina e a portata di mano.<br />

Molti dei migranti sperano in un lavoro che permetta<br />

poi di proseguire il viaggio verso la frontiera marocchina<br />

seguendo l’asse sud-nord (cioè passando per Algeri,<br />

via In Salah e Ghardaia) o il meno frequentato sudnord-ovest<br />

(attraverso Orano, passando per Adrar e Béchar).<br />

Poi, una volta in Marocco, non resta che attraversare<br />

lo stretto di Gibilterra.<br />

Questi sventurati cominciano a esistere per i governi e<br />

26 ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008<br />

l’opinione pubblica europei quando sbarcano sulle coste<br />

italiane o spagnole, o quando i loro “barconi della morte”<br />

spariscono nel mare; prima, però, uomini e donne e bambini<br />

affrontano autentici itinerari della disperazione, percorsi<br />

irti di ostacoli e di difficoltà inenarrabili, in cui il sogno<br />

si trasforma spesso in fallimento, in incubo, in tragedia.<br />

Una trentina di nazionalità<br />

Quando giungono in Algeria, hanno già percorso migliaia<br />

e migliaia di chilometri e attraversato fino a otto<br />

paesi diversi via terra, utilizzando vari mezzi di trasporto:<br />

barca o piroga, autobus, taxi, camion. Gli itinerari variano<br />

a seconda del paese di provenienza, ma tutte le<br />

strade, prima di entrare nel grande paese del Maghreb,<br />

convergono verso due città: Gao in Mali e Arlit in Niger.<br />

Da qui il passaggio verso Tamanrasset.<br />

I viaggi durano da un minimo di quindici giorni a<br />

più anni, e non è solo la distanza a determinarne la durata:<br />

l’elemento decisivo è quello economico. Sono rari<br />

i casi di chi parte con i mezzi sufficienti per coprire la distanza<br />

in una sola volta, e quando si viaggia in famiglia<br />

le cose si complicano ancora di più.<br />

RETATE TRA LE PIETRE<br />

La polizia algerina blocca nel deserto<br />

del Sahara gruppi di migranti<br />

provenienti dai paesi centrafricani<br />

Il popolo dei migranti subsahariani convoglia in Algeria<br />

una trentina di nazionalità: i più numerosi sono<br />

nigerini, maliani, camerunesi, nigeriani. Ma quanti sono?<br />

Difficile dirlo: le stime ufficiali sono approssimative<br />

e di accesso pressoché impossibile, anche se il fenomeno<br />

è sempre più oggetto di studio. Secondo il Cisp (Comitato<br />

internazionale per lo sviluppo dei popoli), ong<br />

che lavora in Algeria dal 1996 a un progetto in questo<br />

settore, sarebbero più di centomila all’anno le persone<br />

che arrivano nel Maghreb dai paesi a sud del Sahara. Il<br />

vecchio continente rimane l’eldorado, ma le frontiere<br />

europee sono sempre più invalicabili e tanti emigrati finiscono<br />

per scegliere di rimanere in Algeria, che non è<br />

più soltanto uno scalo (così come a est Libia e Tunisia e<br />

a ovest le Isole Canarie) in direzione Marocco e poi Spagna.<br />

Sono i giovani sotto i 30 anni che non rinunciano<br />

alla traversata del Mediterraneo, mentre le incognite e i<br />

rischi del viaggio dissuadono i più adulti, che spesso<br />

hanno con sé moglie e figli.<br />

Nei confronti dei migranti, poco a poco si è operato un<br />

cambiamento di attitudine da parte delle autorità algerine,<br />

passate da una sorta di passività poco amica a una repres-<br />

algeria<br />

L’Algeria, come gli altri paesi<br />

del Maghreb, sempre più spesso<br />

diventa terminale dei flussi di migranti<br />

in fuga dai paesi subsahariani<br />

verso l’Europa. Partiti con grandi<br />

attese, si arenano nel deserto.<br />

In una vita di paura e stenti…<br />

sione poliziesca più o meno dura a seconda del periodo. Il<br />

cambiamento non è estraneo alle ferme sollecitazioni dell’Unione<br />

europea, che sembra decisa a fare dei paesi del<br />

Maghreb il terreno di repressione di ogni tentativo di passaggio<br />

dall’altra parte del Mediterraneo. Così il flusso migratorio<br />

risulta ulteriormente rallentato, a causa dei controlli<br />

più severi, e ciò spinge a cercare sempre nuove piste<br />

clandestine, meno esposte, ma più pericolose e costose.<br />

Anche rastrellamenti e rimpatri forzati sono sempre più frequenti:<br />

per i migranti che raggiungono Algeri, spesso dopo<br />

diversi mesi dal loro arrivo nel paese, è aumentato sensibilmente<br />

il rischio di essere rimandati al punto di partenza.<br />

Il rallentamento del flusso migratorio, inoltre, lo rende<br />

più visibile e concorre a dare l’impressione di un aumento<br />

del numero dei migranti clandestini subsahariani in<br />

transito. Tale quadro può essere applicato, con qualche distinzione,<br />

anche agli altri paesi del Maghreb, che si sono<br />

poco a poco trasformati in paesi di immigrazione. Tutto<br />

ciò aggrava le difficoltà della popolazione migrante: sfruttamento<br />

dei pochi uomini che trovano un lavoro per sopravvivere;<br />

precario stato di salute fisico e molte volte psichico;<br />

ricorso a espedienti e illeciti per garantirsi la so-<br />

ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 27

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