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Numero 10 - Caritas Italiana

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internazionale<br />

Tsunami, gli interventi di <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong><br />

PAESE<br />

Indonesia<br />

Sri Lanka<br />

India<br />

Tailandia<br />

Maldive<br />

Myanmar<br />

Somalia<br />

Prevenzione disastri<br />

Spese di gestione<br />

TOTALE<br />

CIFRA ALLOCATA*<br />

5.576.190<br />

8.571.430<br />

8.976.190<br />

3.485.562<br />

3.282.131<br />

1.500.000<br />

250.000<br />

500.000<br />

1.703.532<br />

33.845.035<br />

to per rafforzare <strong>Caritas</strong> Indonesia, realizzare attività di capacity<br />

building e programmi per la promozione della<br />

donna a livello locale.<br />

In Sri Lanka il percorso di ripresa dall’enorme tragedia<br />

è stato complicato da una nuova escalation di violenza<br />

tra truppe governative e ribelli delle Tigri Tamil. Oltre ad<br />

aver partecipato ai programmi d’aiuto d’emergenza della<br />

rete internazionale con circa 3,8 milioni di euro, <strong>Caritas</strong><br />

<strong>Italiana</strong> è presente in Sri Lanka con cinque operatori e<br />

due volontari in servizio civile in tre diocesi: a Colombo è<br />

in corso un programma di riabilitazione socio-economico;<br />

a Jaffna viene condotto un programma per i minori,<br />

vittime dello tsunami e del conflitto; a Chilaw viene realizzato<br />

un percorso di capacity building e un programma<br />

di educazione, formazione tecnica e supporto psico-sociale,<br />

rivolto alle fasce povere della popolazione. All’interno<br />

del Programma di animazione sociale di <strong>Caritas</strong> Sri<br />

Lanka, sono state promosse attività di riabilitazione per<br />

disabili. Infine un’operatrice <strong>Caritas</strong> è consulente del Programma<br />

nazionale di educazione alla pace.<br />

Dal dispensario al microcredito<br />

In India <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong> ha investito in questi anni un budget<br />

di circa 8.5 milioni di euro, concentrando i suoi inter-<br />

38 ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008<br />

SETTORI DI INTERVENTO<br />

Emergenza; ricostruzione; salute, nutrizione, donne, minori;<br />

potenziamento <strong>Caritas</strong> locale<br />

Emergenza; animazione; pace; ricostruzione e riabilitazione;<br />

vittime di guerra; potenziamento <strong>Caritas</strong> locale<br />

Emergenza; ricostruzione; potenziamento <strong>Caritas</strong> locale;<br />

promozione socio-economica; formazione giovani<br />

Emergenza; strutture socio-pastorali; microfinanza;<br />

potenziamento <strong>Caritas</strong> locale; sanità; minori; tratta e<br />

prostituzione; rifugiati e migranti; pace e riconciliazione<br />

Sostegno al sistema socio-sanitario; acquisto di barcheambulanza<br />

e attrezzature mediche; personale sanitario<br />

specializzato; formazione personale locale<br />

Sviluppo rurale e promozione della donna; sanità;<br />

approvvigionamento idrico; accompagnamento chiesa locale<br />

Emergenza; assistenza profughi; sanità<br />

Formazione operatori <strong>Caritas</strong> locali e cittadini su prevenzione<br />

e gestione delle emergenze (in tutti i paesi)<br />

* in euro, in buona parte spesa, comunque già destinata ai progetti<br />

tsunami tre anni dopo<br />

venti in due aree particolarmente<br />

colpite dallo tsunami: le isole Andamane<br />

e la diocesi di Tuticorin,<br />

in Tamil Nadu. Interventi minori<br />

sono stati realizzati anche in altri<br />

territori, a fronte di specifiche richieste,<br />

in particolare in Kerala. Gli<br />

ambiti di intervento sono capacity<br />

building, ricostruzione, promozione<br />

socioeconomica, educazione<br />

e formazione giovanile.<br />

In Tailandia <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong> è<br />

partner accompagnatore della<br />

<strong>Caritas</strong> nazionale, a supporto della<br />

realizzazione dell’intervento di<br />

emergenza e di nuovi progetti,<br />

nati dall’incontro con le povertà<br />

del territorio. Il budget dedicato è<br />

di quasi 3,5 milioni di euro, impiegati<br />

anche in questo caso in parte<br />

all’interno del programma di interventi<br />

della rete <strong>Caritas</strong>, in parte<br />

in programmi sviluppati e finanziati<br />

direttamente da <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong>,<br />

che si è impegnata a sostenere la diocesi di Suratthani<br />

nel rispondere alle povertà del suo territorio. Ciò<br />

avviene anche oltre la prospettiva dell’emergenza, in diversi<br />

ambiti di lavoro: sostegno e accompagnamento per<br />

gli interventi sociali e d’emergenza a livello diocesano; un<br />

progetto di microcredito che garantisce ai villaggi aiutati<br />

durante l’emergenza prospettive di sostenibilità socioeconomica<br />

di lungo periodo; risposta alle criticità sociali e<br />

sanitarie (campi di profughi birmani, Hiv-Aids) della provincia<br />

di Ranong; attenzione al tema della disabilità; avvio<br />

di un programma di riabilitazione socio-sanitaria.<br />

Nelle Maldive l’impegno di <strong>Caritas</strong> <strong>Italiana</strong>, con un<br />

budget di 3,2 milioni di euro, si concentra nel settore sanitario,<br />

in particolare a supporto di quattro ospedali locali,<br />

attraverso la fornitura di attrezzature sanitarie e personale<br />

medico specializzato. In Myanmar, grazie a un budget<br />

di 1,5 milioni di euro, si opera in vari settori: capacity<br />

building della <strong>Caritas</strong> locale (Karuna), educazione, sviluppo<br />

rurale e socioeconomico, sanità, approvvigionamento<br />

idrico, prevenzione della diffusione dell’Aids. Infine<br />

in Somalia, insieme alla <strong>Caritas</strong> locale e con un budget<br />

di 250 mila euro, vengono erogati aiuti d’urgenza (distribuzione<br />

alimentare e assistenza sanitaria) e si sostiene<br />

un dispensario a Baidoa.<br />

internazionale<br />

E IL MONDO SI RIAVVICINA<br />

ALLA MEZZANOTTE NUCLEARE<br />

di Alberto Bobbio<br />

Ormai è un concetto per lo meno traballante. Chi crede ancora alla<br />

non proliferazione nucleare, dopo l’annuncio di Putin sullo sviluppo<br />

di nuovi armi atomiche e il progetto americano dello scudo<br />

antimissile in Europa orientale? L’orologio che misura quanto manca alla<br />

simbolica mezzanotte della catastrofe nucleare, che gli scienziati del<br />

Bulletin of atomic scientists dell’Università di Chicago hanno realizzato<br />

per mettere in guardia il mondo, ha le lancette ferme su cinque minuti alla<br />

mezzanotte. Recentemente sono state spostate in avanti di due minuti,<br />

per via delle ambizioni nucleari iraniane, delle dichiarazioni di Putin,<br />

delle nuove bombe atomiche “pulite” (nel senso che non lasciano scorie<br />

di produzione) che gli Usa stanno<br />

studiando. Inoltre c’è la preoccupazione<br />

per un uso più massiccio del<br />

nucleare civile, che ha sempre risvolti<br />

militari, almeno nella ricerca.<br />

Dal 1947, quando erano ferme sulla<br />

mezzanotte meno sette, le lancette<br />

sono state spostate 17 volte. Ora la corsa<br />

potrebbe ripartire, dopo un disgelo<br />

nucleare durato quasi vent’anni. L’idea<br />

della non proliferazione s’affacciò subito<br />

dopo il lancio delle bombe su Hiroshima<br />

e Nagasaki, primo atto della<br />

“guerra fredda”, oltre che ultimo di una terribile “guerra calda”.<br />

L’Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone l’8 agosto,<br />

ma gli Stati Uniti sganciarono la prima atomica il 6 agosto:<br />

messaggio preciso ai sovietici circa il futuro della conduzione<br />

dei conflitti. Gli Usa avevano la bomba, e funzionava,<br />

Mosca era ancora al palo.<br />

Solo la Corea ha capito<br />

I sovietici, però, si sbrigarono nella ricerca. La loro prima<br />

esplosione nucleare avvenne nel 1949. Da allora il mondo<br />

entrò nella fase del Mad: Mutually assured destruction, distruzione<br />

mutua assicurata. È per questo, forse, che la guerra<br />

fredda non cambiò mai temperatura. L’equilibrio nucleare<br />

ha prodotto tuttavia più conflitti e più morti nella se-<br />

Le nuove armi di Putin,<br />

lo scudo Usa, le rincorse<br />

e le scelte di altri paesi.<br />

Le lancette dell’orologio<br />

della paura tornano<br />

a correre. C’è chi<br />

sostiene sia un modo<br />

per controllare i conflitti.<br />

L’epoca della<br />

non proliferazione<br />

sta andando in archivio?<br />

contrappunto<br />

conda metà del Novecento di quanto<br />

non fosse mai avvenuto prima. E anche<br />

oggi, con la corsa al nucleare riproposta<br />

come punto centrale delle<br />

strategie militari, si rischia di registrare<br />

un aumento dei conflitti locali.<br />

Alcune analisi sostengono che la<br />

guerra all’Iraq è stata possibile proprio<br />

perché non c’erano le armi di distruzione<br />

di massa, anche se<br />

l’opinione pubblica era stata indotta a<br />

credere al contrario. La questione è<br />

decisiva: un paese dotato di bomba<br />

atomica sarebbe più al riparo da un<br />

conflitto, anche locale, di uno che la<br />

bomba non ce l’ha. Ecco quindi la rincorsa<br />

dell’Iran, le scelta fatta e mai dichiarata<br />

di Israele, le ammissioni di India<br />

e Pakistan. Solo la Corea del Nord<br />

sembra aver capito che, da altri punti<br />

di vista, soprattutto economici, le testate<br />

nucleari non servono e si avvia<br />

almeno a uno stop della produzione,<br />

controllato a livello internazionale.<br />

Ma non può essere la Corea a tenere<br />

in piedi lo sfilacciato Trattato di<br />

non proliferazione nucleare, mandato di fatto in pensione<br />

dagli annunci di Putin e dall’agitarsi americano.<br />

L’anno scorso Mosca ha proceduto a ben 16 sperimentazioni<br />

di missili con testata atomica. Poi c’è la nuova<br />

Francia di Sarkozy, che rivendica la potenza della Force<br />

de frappe, la forza di dissuasione nucleare francese,<br />

concetto inventato da De Gaulle nel 1958. E anche la<br />

Nato si regge sull’idea del nuclear sharing, cioè sulla<br />

condivisione delle armi nucleari, imposta durante la<br />

guerra fredda agli alleati non nucleari. In Italia ci sono<br />

testate atomiche, così come in Germania e nei paesi<br />

membri del Patto atlantico. Insomma, l’orizzonte non è<br />

sereno. E le lancette dell’orologio della paura tornano<br />

ad avvicinarsi pericolosamente alla mezzanotte.<br />

ITALIA CARITAS | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 39

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