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29. 6.2005 - Edit

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�il pentagramma<br />

De educatione juventutis<br />

et de harmonia in natura<br />

di Patrizia Venucci Merdžo<br />

Gentili lettori,<br />

sono molto lieta di essere nuovamente assieme a<br />

voi in questo angolino della nostra “coscienza musicale”<br />

(ehm, ehm), nel nostro salottino “il pentagramma”,<br />

per scambiarci in confi denza qualche pensiero e<br />

far quattro chiacchiere tra noi. Già! Magari, qualcuno<br />

si sarà chiesto, giustamente, perché mai abbiamo “imposto”<br />

codesto curioso titolo alla nostra rubrichetta-preludio.<br />

Presto detto. Come il pentagramma musicale nel<br />

suo grembo di righe e spazi accoglie i simboli dei suoni<br />

che si fanno Vita, così noi, in queste righe nel nostro<br />

piccolo, (ma proprio minimo) riverseremo rifl essioni e<br />

pensieri, suggerimenti, note critiche ecc. inerenti alla<br />

vita musicale del nostro microcosmo come pure quella<br />

di più ampia portata. Bene. Sono entrata nel confessionale.<br />

Oggi ho voglia di lamentarmi. Urge spalla su cui<br />

versare “una furtiva lacrima”. Il fatto è che ogni qualvolta<br />

mi dispongo ad assistere ad un concerto alla CI (e<br />

ce ne sono di belle serate musicali), pur nel godimento<br />

sempre nuovo dello splendido ambiente e delle musiche<br />

in esecuzione, mi si insinua dentro, un sottile senso di<br />

disagio, di frustrazione, la sensazione che qualcosa non<br />

quadri ... e poi “ci arrivo”! Riesco a spiegarmi il “perché”<br />

e il “come mai” di queste sensazioni. Non c’è un<br />

giovane! Nemmeno uno! Salvo eccezioni. E allora quel<br />

concerto non è una vera festa della musica ma diventa<br />

una specie di svolgimento di programma culturale canonico<br />

di una CI per un gruppo di appassionati e maturi<br />

abitué. Questa assenza giovanile così “presente!”.<br />

Questa latitanza così tangibile! E visibile. Perché?<br />

Si capisce che i ragazzi oberati da impegni scolastici<br />

non appena possono se la svignino per sfogare la loro<br />

energia e stress. Il problema - anzi, i problemi- è un altro,<br />

e ci pone tutta una serie di quesiti. Qual’è la funzione<br />

della CI e dei suoi programmi culturali? A chi sono<br />

destinati? Quali sono i rapporti (e in che misura esistono)<br />

tra CI e la Scuola del GNI a Fiume? (Non saranno<br />

rapporti un po’...”mozartiani” tipo “Là ci darem la<br />

mano...” - “Vorrei, e non vorrei...”?) La Scuola Italiana<br />

a Fiume cosa si propone di essere? Un’istituzione statale<br />

che svolge un certo programma ministeriale (magari<br />

anche discutibile), oppure anche una realtà formativa<br />

dei gusti, della personalità dei giovani, un punto di riferimento<br />

che propone indirizzi, esempi educativi e valori<br />

universalmente condivisibili?<br />

Non intendiamo muovere facili critiche alle parti in<br />

causa (non è facile educare i ragazzi oggi, nel senso di<br />

farne degli esseri criticamente pensanti piuttosto che dei<br />

“mangiatutto” passivi ed omologati), però certi fenomeni<br />

destano preoccupazione e fanno rifl ettere. È vero che<br />

la scuola porta i ragazzi nelle gite d’istruzione, nei luoghi<br />

dell’Olocausto, a conoscere la natura, agli spettaco-<br />

li del DI ecc. Tuttavia non abbiamo<br />

mai notato la presenza di<br />

liceali o di ragazzi delle settime ed<br />

ottave ad un concerto o a una mostra<br />

alla CI. (Sarebbe veramente impossibile<br />

portarli una volta all’anno ad<br />

una serata musicale?) Le materie artistiche<br />

vanno trasmesse e “vissute” soprattutto<br />

nei luoghi dove l’Arte accade (sempre che<br />

di arte di tratti); ciò rientra in un’ottica educativa<br />

moderna che già si sta realizzando in Francia<br />

ed in altri paesi europei su basi legislative ministeriali.<br />

E tutto questo non perché si voglia farne, a forza, degli<br />

“artisti” o, uomini “di cultura”, ma per metterli nella<br />

condizione di scoprire un mondo e dei valori che meritano<br />

di essere conosciuti, e che contrastino, in qualche<br />

modo, il bombardamento di “scovaze” al quale i ragazzi<br />

(e non solo) vengono quotidianamente sottoposti, in<br />

primo luogo dai media. I “deserti interiori”, oggi così<br />

largamente diffusi in modo particolare presso i giovani,<br />

non si curano con il pattume, ma con le cose belle, le<br />

cose vere.Eppoi la CI non dovrebbe rappresentare una<br />

specie di contenitore naturale, di punto d’incontro di<br />

connazionali e “simpatizzanti”? Salutiamo i programmi<br />

educativi integrativi, decollati quest’anno - dovuti alla<br />

CI e alle SEI di Fiume - volti pure a far familiarizzare<br />

i ragazzi con la CI, tuttavia l’offerta culturale della<br />

Comunità rappresenta già di per sè un programma integrativo<br />

valido il quale altrettanto abituerebbe i ragazzi<br />

alla frequentazione della nostra sede.<br />

Il nostro mondo minoritario lo vedo come un piccolo<br />

sistema ecologico nel quale tutti i suoi elementi - dagli<br />

esseri unicellulari, alle piante, uccelli, mammiferi<br />

– sono legati da una catena biologica la quale, se indebolita<br />

o spezzata in uno dei suoi anelli genera squilibri,<br />

mettendo a repentaglio l’esistenza del sistema stesso;<br />

quindi i concetti di “sinergia”, “interazione”, (o se vogliamo<br />

“materialismo dialettico”) esistono da tempi immemori,<br />

nell’ordine delle cose, nell’atomo, nella Natura<br />

stessa. (Esiste perfi no nella musica, nella polifonia, nella<br />

quale le voci si intrecciano e completano a vicenda in<br />

un unico pensiero multiplo). Principi ai quali nemmeno<br />

la società umana, come neppure il singolo, possono<br />

sfuggire. Quindi il dialogo, la comunione, la collaborazione<br />

tra Scuola - CI - connazionali - istituzioni ci pare<br />

fondamentale per il mantenimento della nostra identità<br />

e sopravvivenza.<br />

Ah! A proposito. I succitati personaggi mozartiani,<br />

Don Giovanni e Zerlina, alla fi ne del loro corteggiamento,<br />

superando reticenze e titubanze, concludono,<br />

“tubando”: “Là, ci direm di... sì!”.<br />

Musicalmente vostra<br />

DEL POPOLO<br />

musica<br />

www.edit.hr/lavoce Anno I • n. 2 • Mercoledì, 29 giugno 2005


2 musica<br />

VITA NOSTRA - “QUEL MAZOLIN DE FIORI!”<br />

Cori, vivide fi accole delle nostre<br />

tradizioni culturali<br />

E’ doveroso dare spazio alla problematica<br />

dei cori misti, femminili, maschili e/o<br />

gruppi vocali operanti in seno alle Comunità<br />

Italiane dell’Istria. La tematica è complessa<br />

e delicata perciò mi sento chiamato<br />

ad esprimere un giudizio (mio personale)<br />

che contempli i vari aspetti e punti di vista<br />

i quali, spero, potranno rispecchiare almeno<br />

in parte la problematica, di ieri e di oggi,<br />

come pure le prospettive future dei nostri<br />

complessi corali.<br />

Le manifestazioni alle quali prendono<br />

parte le varie corali, sotto forma di incontri<br />

tra Comunita’, di sagre, di rassegne organizzate<br />

dall’ Unione e da altre istituzioni sia in<br />

Croazia, Slovenia che in Italia - in collaborazione<br />

con o senza l’Università Popolare di<br />

Trieste, sono a mio avviso attività valide e<br />

da incoraggiare.<br />

Le corali sono in gran parte le uniche<br />

portatrici delle attività di tante Comunità del<br />

GNI. Sono le fi accole che splendono e rendono<br />

vive non solo le tradizioni culturali di<br />

questi territori, ma sono e sono state, pure<br />

segno di forza e di attitudine alla continuità<br />

di un lavoro culturale, anche in tempi più o<br />

meno diffi cili del nostro passato.<br />

IL RECUPERO<br />

DI CANTI OBLIATI<br />

Le corali si sono mantenute durante i<br />

decenni passati anche grazie al grande entusiasmo<br />

dei maestri – musicisti validi e instancabili,<br />

sia del nostro territorio che delegati<br />

dall’ Universita’ Popolare di Trieste,<br />

senza i quali le attività musicali sarebbero<br />

state davvero messe a repentaglio.<br />

Oltre ai compiti di direzione e d’interpretazione<br />

di brani già noti, diversi maestri<br />

Mercoledì, 29 giugno 2005<br />

Ronjgov: il bardo della musica istro-quarnerina<br />

FIUME - Procendendo in salita per la<br />

lunga serpentina che partendo da Viškovo<br />

sale costeggiando manciate di case e ancora<br />

idilliaci paesaggi campestri, signoreggiando<br />

man mano sul golfo del Quarnero,<br />

si arriva alla sommità del colle dove,<br />

incastonata tra verdure smeraldine, bianca<br />

e lunga con l’immancabile e vetusta cisterna<br />

nel cortile, si adagia l’avita e modesta<br />

casa di Ivan Matetić Ronjgov, il bardo<br />

della musica istro-quarnerina.<br />

Ivan Matetić detto Ronjgov (1880-<br />

1960) - così detto per via della località che<br />

gli diede i natali, e cioè Ronjgi - riuscì a<br />

L’armonio di Ronjgov nella sua casa<br />

natale<br />

mettere in codice, ossia su pentagramma,<br />

quella stranissima, misteriosa ed aspra sequela<br />

di sei note, che, da tempi immemori,<br />

veniva usata dal popolo croato dell’Istria<br />

e del Quarnero nei loro canti (del quotidiano<br />

e delle feste) e la quale sarà defi nita<br />

“scala istriana”.<br />

hanno sentito il dovere «morale» di armonizzare,<br />

adattare, trascrivere, elaborare anche<br />

canti istriani che sussistevano unicamente<br />

nella prassi popolare, i quali altrimenti<br />

sarebbero stati destinati all’oblio. In<br />

questa maniera non solo venivano recuperati,<br />

ma veniva loro conferita dignità artistica<br />

e data la possibilità di essere eseguiti in<br />

modo valido e rappresentativo.<br />

Questi maestri, sì ricompensati per il<br />

loro lavoro, hanno dato non solo un alto<br />

esempio alle nuove generazioni ma hanno<br />

pure stimolato ed incoraggiato i giovani entusiasti.<br />

NAŠ KANAT JE LIP<br />

Le corali del gruppo nazionale italiano<br />

hanno partecipato per decenni pure alla manifestazione<br />

corale regionale istriana «Naš<br />

kanat je lip» («Il nostro canto è bello») che<br />

si svolge da decenni a Parenzo (inizio mese<br />

giugno) dove i cori si esibiscono interpretando<br />

canti popolari e composizioni nuove<br />

basate sulla scala istriana e in dialetto ciacavo.<br />

Le corali delle Comunità come ospiti di<br />

questa manifestazione, non sono obbligate<br />

ad eseguire brani in ciacavo, bensì a presentare<br />

brani popolari di questi territori, in lingua<br />

italiana o dialetto istro-veneto.Questo e’<br />

un buon esempio di rispetto della multiculturalità<br />

in Istria: rispetto che si concretizza<br />

dando spazio pure alla presenza italiana con<br />

le sue tradizioni autoctone in quest’ area.<br />

A propria discrezione i cori delle Comunità<br />

possono pure eseguire brani in ciacavo<br />

e «nel modo istriano» (scala istriana molto<br />

specifi ca e interessante). A volte succede<br />

che nel programma di certi cori delle CI prevalgano<br />

(forse per godere di maggiore con-<br />

Al suo primo ascolto uno straniero rimarrà<br />

magari sconcertato da questi astrusi<br />

intervalli eseguiti dal penetrante suono<br />

delle “sopile” e delle “roženice” (quali ancestrali<br />

caratteri, quali impulsi, fermenti e<br />

spinte interiori avranno nel corso dei secoli<br />

forgiato codesto peculiarissimo “modus”,<br />

o scala, composta da sei note governate<br />

da rapporti ed attrazioni armoniche<br />

che verranno defi nitivamente “decifrate”<br />

e stabilite del “Nostro”). Effettivamente<br />

quei bicordi (caratteristica la terza diminuita<br />

che si risolve all’unisono) risultano<br />

perfettamente estranei e pure irritanti ad<br />

un orecchio europeo, avezzo alla morbida<br />

e piacevole scorrevolezza della scala temperata.<br />

E qui sta il mistero. Come si spiega<br />

che quest’enclave da sempre e completamente<br />

e “accerchiata” dall’imperante tradizione<br />

musicale europea si sviluppa un<br />

modo di sentire e cantare la musica così<br />

diverso, oserremmo dire contrapposto?<br />

Ecco un bel giallo di etnomusicologia.<br />

L’unica risposta che ci viene in mente<br />

è, che tali canti siano il rifl esso e la<br />

testimonianza di una cultura rurale, di<br />

un’identità etnica compatta e chiusa, op-<br />

siderazione) i canti in ciacavo; come avvenuto<br />

nell’ultima edizione di «Naš kanat je<br />

lip» tenutasi il 4 giugno scorso, dove il coro<br />

di Visignano «Arpa» ha eseguito due canti<br />

in ciacavo e un solo canto in italiano. Da<br />

rilevare che la scelta dei canti spetta solo al<br />

maestro/a della corale e non è frutto della<br />

programmazione annuale della Comunita’<br />

stessa. Credo che le corali delle Comunità<br />

(praticamente tutte) abbiano fi nora rappresentato<br />

con molto successo, alla manifestazione,<br />

il Gruppo Nazionale Italiano e auspichiamo<br />

che pure in futuro sia così.<br />

Questa dimostrazione di rispetto richiede<br />

reciprocità in questo senso. Alle rassegne<br />

dell’ Unione si dovrebbe dare spazio anche<br />

a qualche coro della maggioranza in Istria<br />

e litorale Croato e Sloveno comec prova di<br />

disponibilità anche da parte dell’ Unione nei<br />

confronti dei cori della maggioranza.<br />

INVOGLIARE<br />

I GIOVANI AL CANTO<br />

CORALE<br />

Per mancanza di mezzi fi nanziari le<br />

corali non fanno molte uscite durante<br />

l’anno.Certi cori così perdono l’entusiasmo<br />

e si stanno spegnendo. Ci saranno anche degli<br />

altri motivi quali lo scarso interesse per il<br />

canto corale tra i giovani, molte più offerte<br />

in attività più facili che non implicano traguardi<br />

da raggiungere, responsabilita’, ma<br />

il mero divertimento. Bisognerebbe provvedere<br />

forse stimolando i giovani a fare musica<br />

in gruppi corali con arrangiamenti di<br />

brani musicali a loro piu’ vicini, e poi gradatamente<br />

iniziarli al mondo della musica<br />

classica o popolare, con arrangiamenti piu’<br />

liberi...<br />

pure sommamente refrattaria, all’infl uenza<br />

musicale (e culturale) esterna, nel corso<br />

dei secoli. La scala istriana è un po’<br />

come il “kažun” istriano, anch’esso particolarissimo<br />

e caratterizzante dei croati<br />

N asceva centoventicinque anni fa tra queste<br />

mura uno spirito tenace e inquieto, il cui<br />

operato, vera “pietra d’angolo”, ha determinato in<br />

ambito regionale, una svolta decisiva nel senso del<br />

recupero, della salvaguardia e della valorizzazione<br />

di una ricchezza musicale e spirituale che in ultima<br />

istanza è pure patrimonio dell’umanità.<br />

dell’Istria.<br />

Matetić Ronjgov con pazienza ed amore<br />

sintetizza i tanti canti entro la scala di<br />

cui prima e cogliendo i germi dello spirito<br />

popolare lo innalza a dignità di arte.<br />

Infatti egli con semplicità canterà la vita<br />

popolare del quotidiano, nella sua festosità<br />

(“Bela nedeja beli dan, homo mi doma<br />

na samanj...”), nel suo dolore (come non<br />

ricordare il suo capolavoro, una delle sue<br />

“sinfonie per coro”, il toccante “lamento<br />

funebre” per coro e voce solista “Ćaće<br />

moj!”, composto in ricordo dei minatori<br />

periti nella tragedia di Albona negli anni<br />

‘40!), la bellezza del paesaggio natale (la<br />

lirica per canto e pianoforte su testo di<br />

Gervais “Pod Učkom kućice bele”) e tanti<br />

altri brani per coro, pianoforte, voce solista<br />

ecc. sempre basati sulla “scala istriana”.<br />

Ronjgov è stato l’iniziatore di un percorso<br />

molto fruttuoso con il quale si sono<br />

IMPERATIVO<br />

CATEGORICO,<br />

SPECIALIZZARSI<br />

Il mio pensiero per il futuro. Credo che<br />

i complessi corali dovrebbero specializzarsi<br />

in un campo o stile musicale compatibilmente<br />

con le capacita’ vocali dei membri<br />

del coro, la loro preparazione, l’eta’ (corale<br />

con un repertorio rinascimentale, corale di<br />

musica liturgica, corale folkloristica, corale<br />

gospel-blues ....... ). Nell’epoca di internet<br />

urge specializzarsi in campi e repertori<br />

diversi.... Bisognerebbe pubblicizzare sulle<br />

pagine web i nostri complessi corali specializzati<br />

come sopra citato.Tutti cerchino e<br />

trovino il loro spazio e posto nel mondo della<br />

musica.I maestri vadano a seminari di direzione<br />

corale (non solo di direzione corale<br />

ma pure di tecnica respiratoria e d’ interpretazione).<br />

Bella l’iniziativa intrapresa l’anno<br />

scorso a Momiano, ossia, il corso (un po’<br />

breve ) di canto corale. Speriamo si continui<br />

in questo senso. Per concludere: è bello fare<br />

musica, stare insieme, cantare e divertirsi.<br />

Il canto è la più facile e meno costosa attività<br />

musicale. Perché per cantare non serve<br />

nient’altro che essere intonato, avere voglia<br />

ed entusiasmo per la musica corale, essere<br />

socievole; non servono strumenti, cantare<br />

si può dapperttutto, in tutti gli ambienti, in<br />

tutte le occasioni e circostanze... per di più,<br />

il canto rilassa, diverte, è una forma di psicoterapia,<br />

(innumerevoli sono le dimostrazioni<br />

in questo senso) rende la persona più<br />

aperta, dà l’opportunità di nuovi incontri,<br />

amicizie, supera i confi ni, rende più felici e,<br />

a mio parere, prolunga la vita .....<br />

Dario Bassanese<br />

Ivan Matetić Ronjgov<br />

confrontati e continuano a farlo, tutti i<br />

massimi compositori della regione (e non<br />

solo) quali Slavko Zlatić, Boris Papandopulo,<br />

Josip Kaplan, Brajković, Radaković-<br />

Dekleva e altri.<br />

Presso la casa natale di Ronjgov adibita<br />

a museo opera l’Associazione “Ivan<br />

Matetić Ronjgov” - promossa e guidata<br />

dal maestro Dušan Prašelj - la quale, con<br />

tutta una serie di manifestazioni ed iniziative<br />

promuove questo patrimonio spirituale<br />

come pure il suo Patriarca, al quale<br />

sono state intitolate le Scuole di musica di<br />

Fiume e Pola.<br />

Patrizia Venucci Merdžo


Mercoledì, 29 giugno 2005<br />

LA RECENSIONE - “VIVACE CON SPIRITO”<br />

TRIESTE - Una delle “furbate” tipiche<br />

del mondo dello spettacolo ed anche la più<br />

antica, è quella di sfruttare la popolarità di<br />

personaggi e “miti” d’ogni tempo per imbastirne<br />

su un’azione teatrale, poetica o cinematografi<br />

ca, che esponga in vetrina in bella<br />

vista il detto personaggio o “mito”, con la<br />

certezza assoluta che attirerà di per se stesso<br />

l’attenzione del pubblico. Come tutti gli<br />

“espedienti”, l’operazione sarà di due tipi, a<br />

seconda della validità intrinseca del “prodotto”:<br />

un’opera d’arte di spessore autonomo,<br />

oppure solo una “trovata” parassitaria,<br />

ovvero un’etichetta specchietto per le allodole.<br />

Nel caso di Maria Callas, personaggio<br />

e mito popolarissimo, molti sono stati<br />

indotti in questa “tentazione” (e molti ancora<br />

lo saranno) con esiti del primo o del secondo<br />

“tipo”.<br />

Nel caso del “Maria Callas, la voix des<br />

choses”, prodotto dall’Ensemble di Micha<br />

Van Hoecke e presentato a conclusione del<br />

“Trittico di Danza” dal Teatro Verdi, assegnarlo<br />

alla categoria degli “specchietti” non<br />

pare punto ingeneroso. M.V. Hoecke assomma<br />

agli istinti iconoclasti dei “registi”<br />

TRIESTE - Non posso sostenere di aver<br />

conosciuto bene Bruno Tonazzi, né tantomeno<br />

di averlo frequentato. In tutto lo avrò<br />

incontrato al massimo quattro o cinque volte,<br />

sempre nella sua casa di Trieste, in un<br />

arco di tempo di pochi mesi; a ciò si aggiunga<br />

solo qualche conversazione telefonica.<br />

E’ tutto.<br />

Eppure, nei miei ricordi occupa un posto<br />

rilevante e ben delineato.<br />

Agli inizi degli anni ottanta frequento la<br />

Facoltà di Lettere dell’Università di Padova<br />

con l’intenzione di laurearmi in Storia della<br />

Musica; nel 1979 mi ero diplomato in Chitarra<br />

al Conservatorio “C.Pollini” di Padova<br />

ed avevo cominciato a frequentare a Trivero<br />

i corsi estivi di perfezionamento di Angelo<br />

Gilardino. Mi sembra normale chiedere<br />

ad Angelo un argomento per la mia tesi:<br />

“Giulio Regondi!” mi consiglia prontamente,<br />

“ma devi sentire assolutamente Ruggero<br />

Chiesa e Bruno Tonazzi!”<br />

Chiesa lo sento subito: tornando da Trivero<br />

mi fermo a Milano: mi riceve nella<br />

d’oggi anche l’integralismo del coreografo<br />

“maître de ballet” abituato a “servirsi” dell’elemento<br />

musicale, sonoro o vocale che<br />

sia, quale “supporto” ai contorcimenti dei<br />

corpi (di ballo) per “avvicinarsi al mistero<br />

attraverso il gesto” (parole sue). In quanto al<br />

“mistero” ci azzecca in pieno. Restano “misteriosi”<br />

infatti i motivi che lo hanno spinto<br />

ad intercalare, a registrazioni “live” della<br />

Callas, “rumori” della strada, vocii da prova,<br />

sirene dei pompieri, scoppi assordanti di<br />

percussioni, applausi lontani, sciabordìo di<br />

acque ecc. Ancora più misteriose e irriverenti<br />

le sovrapposizioni di Callas su Callas<br />

in brani diversi, le interruzioni improvvise<br />

del canto, gli inserimenti di <strong>Edit</strong>h Piaf e Billie<br />

Holiday, il ricorso a nenie islamiche per<br />

completare il polpettone sonoro.<br />

Altro mistero è cosa avvenga in scena e<br />

perché avvenga. Lodevole l’intento di “rifuggire<br />

da ogni banalità biografi ca” (sic).<br />

Ma fra ciò e mischiare candelotti onnipresenti<br />

da veglia funebre con spazzacamini in<br />

tuba che giocano con una scaletta, impiccato<br />

e maschere giapponesi, mega giochi al<br />

“ripiglino” con nastri elastici, gondolieri<br />

sua abitazione, per la prima di una serie di<br />

chiacchierate; anch’egli mi dice: “Devi consultare<br />

anche Tonazzi. E’ una vera miniera<br />

di informazioni.”<br />

E così subito dopo l’estate mi decido e<br />

telefono: voce gentile, tono basso, gli spiego<br />

le mie intenzioni. “Venga a trovarmi: ne<br />

parliamo direttamente!” Poche parole: l’in-<br />

dirizzo, l’appuntamento per una mattina di<br />

pochi giorni più in là. Questa conversazione<br />

sarà l’unica tra noi a svolgersi in italiano.<br />

Viale D’Annunzio: le vecchie case austroungariche<br />

a cinque, sei piani. Senza<br />

ascensore. In due puntate arrivo al quinto<br />

piano. Mi apre la porta. Ho il ricordo di<br />

un ometto piccolo e gentile, dai movimenti<br />

silenziosi. Mi fa entrare in casa e subito in<br />

uno studiolo, del quale chiude la porta, isolandoci<br />

dal resto della casa e della famiglia<br />

(non vedrò mai nessun altro in quella casa,<br />

anche se ne avverto la presenza). Mi si rivolge<br />

in dialetto triestino: “Go de parlarghe<br />

in lingua o se capimo anche cussì?” (“Devo<br />

parlarle in lingua –italiana, ovviamente- o ci<br />

senza gondola con nodosi bastoni al posto<br />

del remo, panneggi interminabili che scendono<br />

dalla soffi tta avviluppando le fi gure ed<br />

altre amenità di questo tipo... ci corre. Il tutto<br />

immerso nella tetraggine da incubo, quasi<br />

allucinazione di malato terminale, data dal<br />

quadro generale. Sembrerebbe quasi che la<br />

capiamo anche così?”) Gli spiego che capisco<br />

perfettamente, dal momento che ho una<br />

madre istriana e che il mio dialetto non è<br />

poi tanto diverso dal suo. “Dal suo cognome<br />

l’avrei immaginato”. Da questo momento<br />

aboliamo l’italiano. Parliamo a lungo, di<br />

Regondi, dell’Ottocento chitarristico, del<br />

lavoro che intendo fare. Lui mi riempie di<br />

informazioni bibliografi che, di indirizzi di<br />

biblioteche di tutta Europa (“Qui scriva al<br />

direttore, che si chiama ecc. ecc.; gli faccia<br />

pure il mio nome. Ah, è uno con gli occhialetti,<br />

molto antipatico”) e mi traccia un percorso<br />

operativo che in realtà poi mi avrebbe<br />

permesso di risolvere tutte le mie necessità<br />

di ricerca da casa, per posta. Mi mostra anche<br />

l’edizione originale dell’op. 23 di Regondi,<br />

della quale aveva pubblicato una revisione<br />

per l’editore Zanibon. Il mio sguardo<br />

cade subito alla fi ne della prima riga<br />

dove un’ignota mano, forse ottocentesca,<br />

aveva rotto l’omoritmia di una successione<br />

di accordi in crome differenziando con un<br />

tratto di inchiostro seppia la nota dell’ultimo<br />

basso facendola tardare di un sedicesimo,<br />

e questa variante, oggettivamente arbitraria,<br />

si trova nella revisione Tonazzi pubblicata<br />

da Zanibon. Colgo immediatamente<br />

l’arbitrio e guardo Tonazzi con fare interrogativo,<br />

forse un po’ stupito. Con la massima<br />

ingenuità, come un bambino colto a rubare<br />

la marmellata, giustifi ca il suo comportamento:<br />

“Mi piaceva così.” Non una parola<br />

in più. Mi fornisce articoli da riviste rare<br />

e voci da dizionari musicali. “Questi se li<br />

deve fotocopiare.” Cerca, nel darmi aiuto,<br />

di essere il più completo possibile. Anche a<br />

suo svantaggio. Nel fornirmi la bibliografi a<br />

per le ricerche su Regondi mi passa anche<br />

un paio di suoi articoli da L’Arte Chitarristica:<br />

sono articoli scritti in un italiano alquanto<br />

particolare, specie per ciò che concerne<br />

l’uso degli ausiliari (tanto che il mio relatore<br />

penserà ad errori miei e … mi correggerà<br />

le citazioni). Con grande onestà Tonazzi<br />

mi consegna questi articoli ma, lo vedo<br />

bene, un po’ se ne vergogna, ne minimizza<br />

l’importanza, mette – come si dice –le mani<br />

avanti: “Sa, li ho scritti tanti anni fa…”. A<br />

casa, leggendoli con calma, vedrò che aveva<br />

espresso un giudizio negativo sull’opera<br />

di Castelnuovo Tedesco, giudizio di cui evidentemente<br />

si era pentito.<br />

Parliamo più volte di revisioni; ha le idee<br />

piuttosto chiare: “Eh, Tizio non sa assolutamente<br />

diteggiare…”. Tizio è un nome importante,<br />

una fi gura preminente nel mondo<br />

dell’editoria chitarristica italiana e mondiale,<br />

ma mi sia concesso di non renderne esplicito<br />

il nome. E’ alla fi ne del nostro primo incontro,<br />

sono già sulla porta del suo studio,<br />

che mi ferma dicendo: “Devo mostrarle una<br />

musica 3<br />

L’insostenibile strumentalizzazione di un mito<br />

IL PERSONAGGIO - “CHITARRANDO”<br />

Omaggio a Bruno Tonazzi<br />

Il noto concertista, pedagogo e musicologo triestino<br />

nel ricordo di Alessandro Boris Amisich<br />

Bruno Tonazzi<br />

Maria Callas<br />

vicenda umana di Maria Callas sia stata solo<br />

una cosciente preparazione alla sofferenza<br />

ed alla morte e che la diva sia stata tanto<br />

sventurata da con conoscere amore, letizia,<br />

passioni, quotidianità, ironia, schermaglie,<br />

senso dell’umorismo, ironia, carisma divistico,<br />

battaglie vinte e perdute, perché tesa<br />

alla meta fi nale dell’incenerimento e della<br />

dispersione delle sue ceneri in mare.<br />

C’è indubbiamente, nello spettacolo,<br />

qualche elemento di suggestione e di autentica<br />

emozione. Ciò avviene puntualmente<br />

quando la sua voce, d’inimitabili timbro e<br />

drammaticità, viene lasciata libera di fl uire<br />

senza aggiunte né artifi ci dalle registrazioni,<br />

con pochi e non soffocanti inserimenti<br />

visivi. Il progetto “elettroacustico” era di<br />

“Tempo reale” di Firenze, gruppo fondato<br />

dal compianto Luciano Berio, non crediamo<br />

per fi nalità del genere.<br />

Pubblico scarso, in Sala Tripcovich, ma<br />

cordialmente plaudente. Del “Trittico di<br />

Danza” restano memorabili solo le serate<br />

del Balletto Georgiano. “Kibbuz” e “Callas”<br />

sono da archiviare senza rimpianti.<br />

Fabio Vidali<br />

Il chitarrista e musicologo Alessandro<br />

Boris Amisich<br />

cosa.” Mi fa tornare indietro, apre uno scaffale,<br />

ne trae delle fotocopie e mi si avvicina,<br />

come se in mano avesse una reliquia. Un<br />

articolo in croato. Ancora più sottovoce del<br />

solito, come un cospiratore: “Lei, con quel<br />

cognome, saprà certamente capire cosa c’è<br />

scritto in questo articolo.” Ivan Padovec: è<br />

la prima volta che sento quel nome. “Il più<br />

importante chitarrista croato dell’Ottocento;<br />

sto raccogliendo del materiale, tra Lubiana,<br />

Vienna, Zagabria ed altre biblioteche.” Purtroppo<br />

non sono in grado di aiutarlo direttamente:<br />

“No, maestro, non so tradurre dal<br />

croato, ma mio padre è di madrelingua croata;<br />

se le fa piacere, chiederò a lui di riassumere<br />

i contenuti di questo articolo.” Mio padre,<br />

in realtà, si appassiona al personaggio<br />

di Padovec e traduce l’intero articolo, così<br />

che in una delle mie visite successive a Trieste<br />

ho modo di riportare a Tonazzi l’articolo<br />

con la relativa traduzione, completa.<br />

Questi pochi incontri con Tonazzi hanno<br />

segnato la mia attività per circa un ventennio:<br />

su Regondi ho sviluppato la mia tesi di<br />

laurea e poi una serie di articoli per Il Fronimo,<br />

un volume per le edizioni Ottocento di<br />

Ancona, un inserto monografi co su Guitart.<br />

Il progetto che Tonazzi aveva su Padovec<br />

è stato interrotto dalla scomparsa del maestro.<br />

A me è sembrato normale subentrare a<br />

lui col desiderio di riqualifi care il chitarrista<br />

croato e di riproporne l’opera. Ho dapprima<br />

pubblicato sul Fronimo ciò che era<br />

contenuto nell’articolo che avevo ricevuto<br />

da Tonazzi, ho continuato le ricerche, ho inciso<br />

un CD con le cinque Fantasie su temi<br />

belliniani, ho avuto contatti con la Società<br />

Croata di Musicologia, che nel 2000 mi ha<br />

invitato –unico italiano- a Zagabria per un<br />

convegno internazionale su Ivan Padovec<br />

nel bicentenario della nascita. Gli atti del<br />

convegno stanno per uscire in Croazia, ma<br />

molti dei contributi sono stati pubblicati sulla<br />

rivista Guitart.<br />

Alessandro Boris Amisich


4<br />

musica<br />

Mercoledì 29 giugno 2005 Mercoledì 29 giugno 2005<br />

A LA RECHERCHE DE LA MÉMOIRE PERDUE - “LIBIAMO, LIBIAMO NEI LIETI CALICI CHE LA BELLEZZA INFLORA!”<br />

Fulcro e cuore pulsante della vita culturale fi umana<br />

Il Teatro di Fiume «Ivan de Zajc», già Comunale «Giuseppe Verdi» compie centovent’anni: fasti, glorie e miserie di un’istituzione<br />

di Patrizia<br />

Venucci Merdžo<br />

FIUME - “Verso le ore 7 l’animazione era già<br />

grandissima, sicchè poco prima che principiasse<br />

l’opera il teatro presentava uno spettacolo realmente<br />

stupendo.<br />

Platea, palchi, galleria tutto era occupato – gli<br />

abiti a svariati colori delle signore e delle signorine<br />

formavano un vago contrasto col rosso cupo del-<br />

Toti Dal Monte si esibì in concerto a Fiume<br />

nel l936 e fù Madame Butterfl y nel 1940<br />

l’addobbo dei palchi e col tradizionale abito nero<br />

dei signori. L’oro, le stuccature, le pitture del soffi tto,<br />

messe in risalto dalla luce del magnifi co lampadario,<br />

spiccavano in modo straordinario - ed ognuno<br />

ch’entrava prorompeva in un oh! d’ammirazione,<br />

tanto il teatro si presentava bello, grazioso, elegante!<br />

Erano presenti l’illustrissimo governatore, conte<br />

Augusto Zichy, colla sua nobile consorte, il magnifi<br />

co podestà comm. Giov. de Ciotta colla famiglia,<br />

i signori Fellner ed Hellmer colle loro consorti, poi<br />

il fi or fi ore della cittadinanza nonché parecchi distinti<br />

forestieri”. Queste righe che sembrano rievocare<br />

certe immagini mondane dei romanzi di Dumas<br />

o di Ohnet sono in realtà l’articolo di cronaca<br />

de “La Bilancia” dell’ottobre 1885 che fa riferimento<br />

all’avvenimento assolutamente più importante e<br />

magnifi co nella vita culturale del capoluogo quarnerino<br />

accaduto centoventicinque anni fa, vale a<br />

dire l’inaugurazione del “Teatro Comunale”. Cuore<br />

pulsante della vita artistica di Fiume il “Teatro Comunale”,<br />

erede del magnifi co “Teatro Adamich”, ha<br />

fortemente irradiato la cultura lirica, concertistica e<br />

drammatica del più alto livello, ospitando spesso nel<br />

suo splendido ambiente molti degli artisti più rinomati<br />

e facendo, in questo modo, partecipe il capoluogo<br />

quarnerino di eventi artistici di levatura europea<br />

e persino mondiale.<br />

Poggiante sulle fondamenta costruite con le pietre<br />

del vecchio Teatro Adamich, con una facciata rinascimentale<br />

e l’interno in stile barocco, il Comunale,<br />

oggi “Ivan de Zajc”, è uno dei cinquanta edifi ci<br />

teatrali con i quali la premiata ditta viennese Fellner<br />

e Helmer aveva ingioiellato l’Europa, da Amburgo<br />

e oltre, fi no a Odessa. “L’edifi zio ha un’area di<br />

1970 metri quadrati, contiene comodamente 1200<br />

persone...ha 168 posti in platea, 77 palchi... e 200<br />

posti in galleria. ...”continua la particolareggiata<br />

cronaca. Lo splendido soffi tto dipinto dal pittore<br />

Matsch di Vienna è composto di sei ovali (allegoria<br />

delle arti) che girano attorno allo stupendo lampadario<br />

della ditta Hess Wolf di Vienna, mentre l’illuminazione<br />

– fatto abbastanza sensazionale – consiste<br />

in 800 lampade a luce incandescente e 6 grandi<br />

lampade ad arco voltaico per illuminare il piazzale<br />

antistante il Teatro. Sulla scena un’ “Aida”, “spettacolo<br />

complessivamente degno del sontuoso teatro,<br />

diretta dal distinto maestro Gaetano Cimini” con superbe<br />

interpreti Medea Borelli, Clotilde Sartori e<br />

Tobia Bertini.<br />

Non è facile raccontare centoventanni di storia<br />

teatrale, per cui noi ci limiteremo, grosso modo, all’attività<br />

lirica la quale, perseguendo l’alta tradizione<br />

operistica, precedentemente espletata dal Teatro<br />

Adamich, diede lustro alla città diventando addirittura<br />

un suo segno distintivo.<br />

La stagione d’oro della lirica<br />

Alla sfarzosa apertura del Teatro fece seguito<br />

una felicissima stagione lirica contrassegnata da<br />

una tale varietà e quantità di prime al cui confronto,<br />

il cartellone d’opera odierno, stile “vacche magre”,(<br />

due “riallestimenti solenni” ha passato il convento<br />

quest’anno; ma quanta “solennità” c’è di in<br />

giro. Proprio da andare fi eri.) suscita nient’altro che<br />

un’amaro sogghigno. Qualora i responsabili dell’<br />

“Ivan Zajc”, fossero provvisti di una qualche reminiscenza<br />

di onestà intellettuale non potrebbero che<br />

recitare il “mea culpa”; ma a quanto pare, la contrizione<br />

non va di moda, è roba “ottocentesca”.<br />

Insomma, sì, al Comunale era onnipresente<br />

l’opera italiana con Verdi, Bellini, Donizetti,<br />

Rossini, Puccini, Ponchielli, Giordano, Catalani,<br />

Boito...ma pure l’opera francese con Mayerbeer,<br />

Thomas, Berlioz (“La dannazione di Faust”) Gounod,<br />

Halevy, Auber, Saint Saens, Massenet, Flotow,<br />

Bizet e... Wagner!! Si signori, proprio quello<br />

di Bayreuth con i suoi “gigantorchestroni” e le parti<br />

vocali da suicidio. E mica un titolo unico, “riscaldato”<br />

e “riallestito solennemente” dieci volte ma:<br />

“Lohengrin”, “Tannhauser”, “Walkiria”, “I maestri<br />

cantori”, “Tristano e Isotta”. Lasciamo perdere, tanto<br />

è fantascienza per i criteri odierni.<br />

Si andava da tre - quattro prime per stagione lirica<br />

( in primavera), a sei - nove titoli nelle stagioni<br />

doppie (primaverile e autunnale), più gli spettacoli<br />

delle compagnie d’operetta o di prosa e qualche<br />

concerto, non di rado a scopo benefi co. Troppa grazia<br />

per le nostre “ascetiche” abitudini liriche.<br />

Il 4 e 5 maggio del 1895 al Comunale capitò<br />

Puccini per assistere alla sua “Manon Lescaut”.<br />

Trentaquattro chiamate per il maestro Puccini alla<br />

fi ne che, come riferisce “La Bilancia”, “venne , vide<br />

e vinse”. Dopo lo spettacolo si fece banchetto in<br />

onore del Maestro nella Sala Deak (Dom sindakata<br />

Belulović) all’inizio del quale il cav. Luppis, presidente<br />

della direzione teatrale, alzò il calice in onore<br />

del grande compositore di Lucca.<br />

Il giovane Caruso fu fi schiato nel 1998, ne “La<br />

Bohéme”. Nel 1901 fu dato il balletto “Coppelia”.Il<br />

1913 vide il concerto di Pablo Casals, nel 1915 fu<br />

la volta del grande violinista boemo Jan Kubelik,<br />

mentre l’anno prima c’era stato il suo illustre collega<br />

ungheresese von Vecsey. Toscanini con la sua orchestra<br />

tenne concerto nel 1920 eseguendo brani di<br />

Vivaldi, Beethoven, Sinigaglia, Debussy, Respighi,<br />

Verdi e Wagner.<br />

Il Teatro Comunale che a partire dal 1913 venne<br />

intitolato a “Giuseppe Verdi” rimase chiuso durante<br />

la Grande Guerra. Nel periodo 1919 – 1945 invece,<br />

Beniamino Gigli tenne concerto a Fiume nel 1930<br />

il “Verdi” ospitò le stagioni d’opera e d’operetta in<br />

alternanza con il nuovo Teatro “Fenice”, il meglio<br />

del meglio dell’epoca, manco a dirlo, il quale fu<br />

inaugurato nel 1914 con la “Tosca” di Puccini e “Un<br />

ballo in maschera” di Verdi. Costruito secondo i più<br />

avanzati criteri edilizi e architettonici del tempo il<br />

“Fenice” accoglierà stagioni liriche e operettistiche<br />

di straordinaria ricchezza e qualità, delle quali i vecchi<br />

fi umani conservano tuttora vivissima memoria e<br />

ne parlano sempre con grande entusiasmo.<br />

L’impresario: fi gura chiave<br />

La qualità del programma veniva garantita dall’impresario<br />

- fi gura chiave nell’organizzazione della<br />

vita teatrale fi umana dal 1885 al 1943 - il quale,<br />

scelto, per una o più stagioni, dalla direzione del<br />

Teatro, doveva ottemperare a obblighi ben precisi<br />

e soddisfare criteri estremamente esigenti. Compito<br />

suo era di allestire tre prime d’opera nella stagione<br />

primaverile e quaranta spettacoli drammatici,<br />

o quindici d’operetta, nella stagione autunnale con<br />

compagnie ed artisti del più alto rango. A Carnevale<br />

doveva organizzare fi no a dodici serate danzanti<br />

in maschera, le popolari “cavalchine” o “veglioni”.<br />

Per le rappresentazioni d’opera doveva assicurare<br />

un’orchestra di almeno cinquantacinque elementi<br />

(in frac) di sicura esperienza (trenta orchestrali per<br />

le operette), un coro composto da almeno sessanta<br />

cantanti, come pure ballerini a seconda delle esigenze,<br />

il maestro del coro, il suggeritore, il direttore di<br />

scena, scene e costumi di prima scelta. Alla prova<br />

generale la direzione teatrale dava il suo benestare o<br />

meno, e se necessario, i cantanti che non soddisfavano<br />

venivano sostituiti.<br />

Mascagni sul podio<br />

Nel periodo 1919-1940 gli autori lirici più rappresentati<br />

furono Verdi e Puccini. Di quest’ultimo<br />

la “Turandot” venne allestita a solo un anno di distanza<br />

dalla prima assoluta. Seguivano Donizetti,<br />

Bellini, Catalani (“La Wally”), Wolf-Ferrari, Rossini,<br />

Mascagni (il quale nel 1924 diresse personalmente<br />

“Il piccolo Marat” a soli tre anni dalla prima<br />

mondiale), Boito (“Mefi stofele”), Cilea, Zandonai<br />

(“Francesca da Rimini”), Giordano (“Andrea Chenier”)<br />

e altri. Purtroppo assai poco presente risultava<br />

essere l’opera francese, tedesca (“L’oro del Reno”),<br />

rispetto al periodo precedente, e slava (“Boris Godunov”...).<br />

Te la dò io l’operetta!<br />

Che poi l’operetta la facesse da padrona, attirando<br />

in massa e facendo sognare tante generazioni<br />

di fi umani non c’è dubbio. Basti pensare che nella<br />

stagione del 1926, al “Verdi” e il “Fenice” furono<br />

allestite complessivgamente sette opere liriche e<br />

...ventotto titoli d’operetta!! La media comunque si<br />

aggirava tra i 16 e 20 titoli operettistici, e come resistere<br />

a titoli appetitosi e promettenti come “Ma-<br />

dame Pompadour”, “La Vedova allegra”, “La contessa<br />

Maritza”, “La principessa della csarda”, “Der<br />

zigeunerbaron”, “La granduchessa olala”, (ah, il fascino<br />

“noblesse”), “Frasquita”, “Clo-clo”, “Il pierrot<br />

nero”, “La casa innamorata”, “La duchessa di<br />

Hollywood”, “Bajadera”, “La principessa del circo”,<br />

“La principessa dei dollari” (qui andiamo sul<br />

venale...), “Fascino azzurro”, “Tuffolina”(!), “La<br />

donna perduta”(ehm,ehm...), “Il birichino di Parigi”<br />

(wow!), “Il controllore dei vagoni letto”... e meglio<br />

che ci fermiamo qui, data la piega “scollacciata” che<br />

il cartellone va prendendo.<br />

Quando Gigli cantava...<br />

Quando a fi ne stagione poi, spesso si organizzavano<br />

dei concerti d’arie d’opera con cantanti celebri.<br />

Nel 1930 Beniamino Giglio tenne concerto in<br />

Riva dinanzi ad un pubblico che saliva, in piedi, fi no<br />

in Belvedere. Nel 1936 fu la volta di Toti Dal Monte,<br />

ma pure di Gina Cigna, Mafalda Favero, Maria<br />

Caniglia e altre.<br />

La lirica, radicato costume locale<br />

Ad ogni modo il Teatro Comunale (e poi, il “Fenice”)<br />

non rappresentavano per i fi umani unicamente<br />

“il tempio delle muse”, ma erano parte del costume,<br />

della vita, delle abitudini locali. A teatro ci si in-<br />

contrava, si discuteva, ci si accalorava magari “barufava”<br />

per via di pareri diversi. Poi, intendiamoci,<br />

ai tempi dell’Ungheria a teatro non si andava in “traperice”.<br />

In omaggio e rispetto all’istituzione e a ciò<br />

che essa rappresentava, i fi umani, trattassesi pure di<br />

“scarigadori de porto”, la sera in galleria venivano<br />

in abito scuro e “bombetta”e seguivano l’opera con<br />

il libretto, quando non lo sapevano a memoria. Se<br />

poi con l’abito scuro ci portassero anche la cassetta<br />

di verdure marce per eventuali lanci contro i cantanti<br />

che non soddisfacessero i loro criteri, non era<br />

cosa inusuale.<br />

Tanti fi schi per Caruso<br />

Intanto fi schiarono Caruso. Poi nel 1886 fi schiarono<br />

la seconda recita dell’”Ebrea” di Halevy man-<br />

Il Teatro di Fiume prima della ristrutturazione<br />

dando a monte tutta la stagione lirica. Nel 1891 fu<br />

la volta de “La Cenerentola” di Rossini “...che non<br />

sopravvisse alla prima prova”. La grandissima Toti<br />

dal Monte, che nel 1940 cantò a Fiume la “Madama<br />

Butterfl y”, dichiarò di temere il pubblico di Parma e<br />

quello di Fiume. Avesse il pubblico odierno un pizzico<br />

dei quel pepe che era peculiare agli amanti della<br />

lirica di una volta. .. Invece no, cortese e passivo applaude<br />

a tutto, sempre e comunque.<br />

Il dopoguerra<br />

Nel secondo dopoguerra il teatro dell’Opera visse<br />

un periodo d’oro grazie ad un equipe di cantanti di<br />

prim’ordine (“All’epoca non c’era bisogno di ingaggiare<br />

cantanti ospiti per gli spettacoli; semmai erano<br />

i nostri artisti lirici ad essere invitati dagli altri enti<br />

teatrali”), ad un’ottima orchestra (“Prima del spettacolo,<br />

quando i orchestrali i se ‘scaldava’, ti sentivi<br />

sonar i concerti de Bruch, Mendelssohn, Čajkovski,<br />

Brahms, Beethoven.... el primo violin el era stado<br />

tale, ani prima, anche a ‘La Scala’ de Milano”) ed<br />

a maestri quali Papandopulo, Matačić, Alessandro<br />

Petterin.<br />

“Papandopulo era amato da tutti e ...ambito dalle<br />

donzelle. Paziente e bonario tirava fuori tutto il suotalento<br />

e autorità quando dirigeva. Aveva delle braccia<br />

lunghe e magre che compivano tutto un balletto<br />

sinuoso, vibrante, che affascinava. I musicisti, che<br />

in lui riconoscevano istitivamente il Maestro’, lo seguivano<br />

dando tutto di se stessi”. Lungo, magro, dinoccolato,<br />

capelluto, con il nasone ed il mento che<br />

sembravano congiungersi, quando dirigeva, era tutto<br />

braccia e uno svolazzar di chiome (la calvizie venne<br />

dopo). Avrebbe fatto la gioia dei caricaturisti.<br />

Lovro von Matačić era erudita e musicista di<br />

straordinaria profondità. Lui sapeva tutto, spiegava<br />

tutto. Era un visionario. Aveva curato a Fiume, una<br />

memorabile regia dell’”Orfeo” di Gluck. “Ricordo<br />

quando Orfeo faceva la sua entrata in scena portato<br />

su uno scudo. Bellissimo. Invece, quando dirigeva<br />

le prove, aveva una strana mania, che consisteva<br />

– sempre dirigendo - nello mostrare ‘i fi ghi’ al<br />

musicista che suonava una nota falsa”. (Più tardi in<br />

Germania teneva perfi no lezioni di dizione ai cantanti<br />

tedeschi che interpretavano Wagner). Nel 1954<br />

l’Opera di Fiume lo licenziò e fu spedito ‘in castigo’<br />

a Skoplje. Accusa: collaborazionismo con l’NDH.<br />

Accuse infondate – che furono mosse pure a Furtwangler<br />

– e sucessivamente sfatate. Non fu degnato<br />

di una spiegazione, di una parola da parte della direzione<br />

del Teatro. Nient’altro che una laconica comunicazione,<br />

in una misera busta azzurra, da prelevare<br />

presso la portineria del Teatro. Il Maestro, che come<br />

sappiamo successivamente prese la via della Germania,<br />

diventò uno dei più grandi direttori d’orchestra<br />

del Novecento.<br />

Cantanti eccelsi<br />

Come non ricordare Karmen Vilović appassionata<br />

Violetta, vivacissima Rosina e Norina, nonché<br />

pedagoga che lascierà un segno su tanti giovani cantanti?<br />

O Irma De Moris, Štefanija Lenković, Dante<br />

Sciaqui, il tenore Gino Bonelli (aveva cantato a “La<br />

Scala” e nei grandi teatri della lirica), la cui voce incantava<br />

per la dolcezza di timbro?<br />

“Non avremo mai più un secondo Milan Pichler,<br />

impareggiabile Scarpia, Boris Godunov...Bastava<br />

che entrasse in scena per scatenare l’entusiasmo del<br />

pubblico. Cantanti così, oggi non li trovi nemmeno<br />

al ‘Metropolitan’!”, viene ricordato in questi termini<br />

dal pubblico delle generazioni passate il baritono<br />

Milan Pichler.<br />

Una ristrutturazione infelice<br />

Dopo la ristrutturazione e restauro del Teatro, che<br />

rappresentò una gestazione diffi cilissima e oltremodo<br />

lunga (1969-1980), l’ente lirico di Fiume non è<br />

stato più quello di una volta. A causa di interventi<br />

costruttivi alla galleria, l’acustica del teatro, una<br />

volta, ottima, è stata seriamente compromessa. La<br />

“buca” dell’orchestra è stata fortemente ridimensionata<br />

per poter permettere l’introduzione della scena<br />

a rotazione, di modo che, di fatto, è preclusa (!)<br />

l’esecuzione di tutto il repertorio wagneriano, il quale<br />

notoriamente esige un apparato orchestrale molto<br />

nutrito e massiccio. Addio Wagner, addio! (Se questa<br />

non si chiama incoscienza! Ed è dir poco.).<br />

Infi ne, ciliegina sulla torta, i magnifi ci drappi<br />

purpurei sono stati sostituiti da altrettanti<br />

drappi...”funebri”, o quasi. Ora, questo teatro in<br />

Il grande Matacic<br />

5<br />

Carmen Vilović al suo debutto in “La Traviata”,<br />

suo cavallo di battaglia<br />

marrone creò, al tempo, forte perplessità e malcontento<br />

tra la popolazione teatrale e artistica. “Non è<br />

un caso che i teatri siano rivestiti di rosso. Un cantante<br />

quando entra in scena è come il toro nell’arena;<br />

ha bisogno di essere stimolato, ‘eccitato’ per l’impresa,<br />

e quale colore è più adatto del rosso, a tale<br />

scopo?” diceva il grande Mario del Monaco. E basterebe<br />

questa ragione per giustifi care la gamma del<br />

rosso per ammantare i “templi della lirica”.<br />

Pure i maestri Vladimir Benić e Davorin Hautfeld<br />

lasceranno un segno signifi cativo sia a livello<br />

di apliamento del programma sinfonico e operistico<br />

(Bruckner, Strauss, Fauré, Dvorak...), che con<br />

le uscite del Teatro dell’Opera a Palma de Majorca,<br />

Lussemburgo, Bruxelles, Ungheria.<br />

Ora siamo trionfalmente approdati nell’era degli<br />

“riallestimenti solenni”, brevetto assolutamente<br />

originale e autoctono nonché eufemismo di comodo<br />

che sta per “minestrina riscaldata”. Come dire...<br />

“Trovatore al rosmarino”, “Trovatore alla besciamella<br />

e cognac”, all’aglio, olio e peperoncino, “Trovatore<br />

tuttifrutti”...<br />

Bene, bene, il futuro si presenta eccitante. Vedremo<br />

come si uscirà dall’inghippo per mantenere almeno<br />

i rimasugli di dignità e non prendere per fesso<br />

il pubblico, da noi sempre troppo buono.<br />

Ma basta con le recriminazioni. La Vecchia Signora<br />

compie centoventanni! Bacio le mani Madame,<br />

e cento di questi giorni!


6 musica<br />

L’ANNIVERSARIO - “TANTI AUGURI A TE!”<br />

Quarant’anni con passione<br />

TRIESTE - Una profi cua e nobilitante<br />

presenza quarantennale espletata sul territorio<br />

con il suo alto messaggio di arte e cultura,<br />

un repertorio articolato che va dai grandi<br />

classci del ‘700 ai maestri moderni, delle<br />

collabazioni con artisti di fama anche internazionale<br />

sfociati in concrete e felici realizzazioni<br />

discografi che. Stiamo parlando della<br />

Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio<br />

Busoni” di Trieste, istruita dal valente maestro<br />

Massimo Belli le cui preganti e raffi nate<br />

qualità musicali, tecniche, sonore e l’eccellente<br />

affi atamento abbiamo avuto modo<br />

di apprezzare in varie località dell’Istria e<br />

pure alla CI Fiume. Ultimo in ordine di tempo<br />

– sul territorio istriano – il concerto piranese<br />

tenutosi il 27 maggio scorso a “Teatro<br />

Tartini” con brani di maestri del Settecento<br />

e con la partecipazione dell’esimio pianista<br />

di reputazione internazionale Massimo<br />

Gon, che ha riscosso vivissimo successo di<br />

pubblico interpretando un concerto di Mozart<br />

per pianoforte e orchestra.<br />

La “NUOVA ORCHESTRA DA CA-<br />

MERA FERRUCCIO BUSONI”, riprende<br />

le tradizioni artistiche della già esistente Orchestra<br />

“F. Busoni”, complesso storico fondato<br />

nel 1965 da Aldo Belli. In quarant’anni<br />

di attività l’orchestra ha tenuto importanti<br />

concerti in Italia e all’estero, presentando al<br />

pubblico lavori dei più importanti compositori<br />

triestini quali Viozzi, Bugamelli, Sofi<br />

anopulo, Merkù, Zanettovich, Zafred, Pipolo,<br />

Coral, Levi; collaborando con la radio<br />

e la televisione Italiana ed altre emittenti<br />

estere.<br />

In occasione del centenario ha inaugurato<br />

il Teatro Politeama Rossetti. Per anni<br />

è stata ospite nella Chiesa della Pietà di<br />

Venezia, dove operava Antonio Vivaldi e<br />

per mantenere viva questa realtà, nell’anno<br />

2000 l’orchestra è stata rifondata con un<br />

adeguamento e aggiornamento dello statuto<br />

originario. Il gruppo riveste un importanza<br />

storica in quanto è stato uno dei primi del<br />

suo genere, sorti nel dopoguerra, a svolgere<br />

un’attività artistica di livello per quarant’anni.<br />

La Nuova orchestra si è già posta all’attenzione<br />

del pubblico e della critica suonando<br />

in Slovenia, Croazia, Germania e Italia,<br />

con solisti d’eccezione, quali Domenico<br />

Nordio, Michael Flaksman, Lucio Degani,<br />

Federico Agostini, Massimo Gon, Friedemann<br />

Eichhorn, Peter Bannister, Giuseppe<br />

Barutti, Markus Placci, Mauro Maur ecc.<br />

Nell’ottobre 2002 ha tenuto un concerto<br />

a Trieste per l’iniziativa Adriatico-Jonica,<br />

in occasione della visita del Presidente<br />

del Consiglio e dei ministri degli esteri di<br />

diversi paesi<br />

Recentemente si è esibita per i festeggiamenti<br />

del 700° anniversario della Cattedrale<br />

di San Giusto a Trieste, nel Duomo di Loreto<br />

e in quello di Ascoli Piceno a favore dell<br />

iniziativa “Ascoli Piceno Festival”.<br />

Il 6 marzo 2004 ha tenuto un concerto a<br />

Vittorio Veneto col violinista Markus Placci,<br />

vincitore del 26esimo concorso nazionale<br />

di Vittorio Veneto, dove nel corso della<br />

serata è stato assegnato il “Premio Musicarchi<br />

2004 alla Carriera” a Renato Zanettovich<br />

(importante riconoscimento assegnato<br />

in precedenza a Claudio Abbado, Riccardo<br />

Muti, Salvatore Accardo e Piero Farulli).<br />

L’orchestra è formata da affermati strumentisti<br />

che possono vantare una lunga<br />

esperienza concertistica nel campo solistico<br />

i quali ricoprono ruoli di prestigio in formazioni<br />

cameristiche e importanti orchestre;<br />

inoltre l’ensemble ha inciso un CD per la<br />

casa discografi ca “Velut Luna”, con Domenico<br />

Nordio e per l’etichetta Rainbow, un<br />

CD con Lucio Degani e una con Markus<br />

Placci. Per l’anno 2005 sono programmate<br />

diverse iniziative per festeggiare il 40 esimo<br />

anniversario di attività artistica dell’orchestra<br />

Mercoledì, 29 giugno 2005<br />

La «Ferruccio Busoni» è stata fondata dal Maestro Aldo Belli nel 1965<br />

MUSICA SACRA - “CANTABO DOMINO...”<br />

Pensieri musicali di papa Benedetto XVI<br />

Lo sapevate che papa Benedetto XVI,<br />

“architrave della dottrina del cattolicesimo”,<br />

l’uomo più dotto della cristianità<br />

è pure un eccellente musicista, suona<br />

il pianoforte ed ama in modo particolare<br />

Bach, Mozart e Beethoven? D’altra parte<br />

i Ratzinger la musica ce l’hanno nel sangue<br />

tant’è vero che il fratello del pontefi -<br />

ce è musicista di professione,ossia Kantor,<br />

vale a dire Maestro di Cappella in una<br />

chiesa della Baviera. Vi proponiamo due<br />

pensieri estremamente profondi ed articolati<br />

del pontefi ce romano inerenti la pratica<br />

contemporanea della musica sacra.<br />

“E’ divenuto sempre più percepibile il<br />

pauroso impoverimento che si manifesta<br />

dove si scaccia la bellezza e ci si assoggetta<br />

solo all’utile.<br />

L’esperienza ha mostrato come il ripiegamento<br />

sull’unica categoria del ’comprensibile<br />

a tutti’ non ha reso le liturgie<br />

davvero più comprensibili, più aperte, ma<br />

solo più povere. Liturgia ‘semplice’ non<br />

signifi ca misera o a buon mercato: c’è la<br />

semplicità che viene dal banale e quella<br />

che deriva dalla ricchezza spirituale, culturale,<br />

storica….. Anche qui si è messa<br />

da parte la grande musica della Chiesa<br />

in nome della ‘partecipazione attiva’: ma<br />

questa ‘partecipazione’ non può forse signifi<br />

care anche il percepire con lo spirito,<br />

con i sensi? Non c’è proprio nulla di ‘attivo’<br />

nell’ascoltare, nell’intuire, nel commuoversi?<br />

Non c’è qui un rimpicciolire l’uomo,<br />

un ridurlo alla sola espressione orale, proprio<br />

quando sappiamo che ciò che vi è in<br />

noi di razionalmente cosciente ed emerge<br />

alla superfi cie è soltanto la punta di un<br />

iceberg rispetto a ciò che è la nostra totalità?<br />

Chiedersi questo non signifi ca certo<br />

opporsi allo sforzo per far cantare tutto il<br />

popolo, opporsi alla ‘musica d’uso’: signifi<br />

ca opporsi a un esclusivismo (solo quella<br />

musica) che non è giustifi cato né dal Con-<br />

cilio né dalle necessità pastorali”.“Una<br />

Chiesa che si riduca solo a fare della musica<br />

‘corrente’ cade nell’inetto e diviene<br />

essa stessa inetta. La Chiesa ha il dovere<br />

di essere anche ‘città della gloria’, luogo<br />

dove sono raccolte e portate all’orecchio<br />

di Dio le voci più profonde dell’umanità.<br />

La Chiesa non può appagarsi del solo ordinario,<br />

del solo usuale: deve ridestare la<br />

voce del Cosmo, glorifi cando il Creatore<br />

e svelando al Cosmo stesso la sua magnifi<br />

cenza, rendendolo bello, abitabile, umano”.<br />

(tratto dal cap. IX del volume Rapporto<br />

sulla fede).“Resta per me un’esperienza<br />

indimenticabile il concerto di Bach<br />

diretto da Leonard Bernstein a Monaco<br />

di Baviera dopo la precoce scomparsa<br />

di Karl Richter. Ero seduto accanto al<br />

vescovo evangelico Hanselmann. Quan-<br />

Papa Benedetto XVI<br />

do l’ultima nota di una delle grandi Thomas-Kantor-Kantaten<br />

si spense trionfalmente,<br />

volgemmo lo sguardo spontaneamente<br />

l’uno all’altro e altrettanto spontaneamente<br />

ci dicemmo: “Chi ha ascoltato<br />

questo, sa che la fede è vera”. In quella<br />

musica era percepibile una forza talmente<br />

straordinaria di realtà presente da rendersi<br />

conto, non più attraverso deduzioni, ben-<br />

sì attraverso l’urto del cuore, che ciò non<br />

poteva avere origine dal nulla, ma poteva<br />

nascere solo grazie alla forza della verità<br />

che si attualizza nell’ispirazione del compositore<br />

“.<br />

(Dalla rifl essione teologica che il<br />

Card. Ratzinger scrisse per commentare<br />

il tema dell’edizione 2002 del Meeting di<br />

Rimini: “Il sentimento delle cose, la contemplazione<br />

della bellezza”).


Mercoledì, 29 giugno 2005<br />

musica 7<br />

MUSICA FOLK - “LA CUCARACHA, LA CUCARACHA!!”<br />

Lo straordinario fascino della musica etnica<br />

La pittoresca creatività folkloristica patrimonio dell’umanità<br />

Strumenti e lingue esotiche,<br />

musicisti vestiti in abiti pittoreschi<br />

tipici della loro terra, armonie<br />

e melodie particolari… Si chiama<br />

“world music” (musica del mondo)<br />

il nuovo fenomeno musicale<br />

che popola negli ultimi anni le<br />

sale da concerto del mondo occidentale.<br />

Che sia una conseguenza del<br />

sempre più presente multiculturalismo<br />

o di uno più spiccato interesse<br />

per altre culture e le loro par-<br />

Lidija Bajuk<br />

ROCK - “FURIOSO”<br />

ticolarità, fatto sta che il folklore<br />

africano, asiatico, irlandese, gitano,<br />

cubano e altri, è diventato parte<br />

di un mosaico musicale internazionale<br />

acclamato e popolare, i cui<br />

elementi appaiono campionati e<br />

fusi in innumerevoli brani di musica<br />

occidentale, ma anche assaporati<br />

in arrangiamenti e interpretazioni<br />

originali. Il termine “world<br />

music” (musica del mondo) è stato<br />

coniato nell’ormai lontano 1987<br />

nell’intento di diffondere il nuovo<br />

“genere” musicale sul mercato internazionale.<br />

Anche se l’interesse per la<br />

musica popolare c’è sempre stato,<br />

esso si intensifi ca appunto negli<br />

Anni ’80, quando grandi nomi<br />

della musica rock, tra i quali Peter<br />

Gabriel, Paul Simon e David Byrne<br />

introducono nei propri album<br />

elementi folkloristici e si preoccupano<br />

di diffondere e far conoscere<br />

al mondo occidentale la musica etnica<br />

da ogni parte del globo fon-<br />

Concerto romano<br />

per il Live 8: è polemica<br />

ROMA - Sir Bob Geldof se l’è presa con le star italiane invitate a<br />

esibirsi in occasione del Live 8 di Roma. L’attesissimo show, fi ssato<br />

per il 2 luglio al Circo Massimo della Capitale, dovrebbe vedere<br />

protagonisti on-stage Faith Hill, Tim McGraw e i divi nostrani Irene<br />

Grandi, Jovanotti, Laura Pausini, Nek, Zucchero e Vasco Rossi. Ma<br />

qualcosa potrebbe cambiare. In peggio.<br />

Nel cast infatti potrebbero non esserci né il Blasco, che lo stesso<br />

giorno deve esibirsi allo Stadio del Conero di Ancona, né Jovanotti,<br />

che avrebbe chiesto delucidazioni sullo scopo della manifestazione<br />

prima di accettare, e, Geldof non ha nascosto il proprio disappunto.<br />

“Vasco è una grande star”, ha detto il rocker britannico, un grande,<br />

grande artista, e io penso che dovrebbe salire sul palco…Noi abbiamo<br />

bisogno di Vasco. Non perderà la sua voce. Deve cantare solo<br />

due canzoni”.<br />

Per chi ancora non lo sapesse, oltre al concerto romano, il Live<br />

8 si svolgerà anche a Londra, Parigi, Berlino, Philadelphia, Tokyo,<br />

Toronto e Johannesburg. Lo scopo di questa faraonica manifestazione,<br />

20 anni dopo i due show, americano e britannico, Live Aid e<br />

Band Aid, è il sostegno della campagna volta a ottenere la cancellazione<br />

del debito pubblico dei Paesi del Terzo Mondo.<br />

Jovanotti parteciperà all’attesissimo show romano il prossimo<br />

2 luglio?<br />

dando etichette discografi che. In<br />

questo contesto bisogna menzionare<br />

il famoso album “Graceland”<br />

di Paul Simon, in cui l’artista si<br />

avvale delle armonie e dell’atmosfera<br />

della musica sudafricana dei<br />

complessi Ladysmith Black Mambazo<br />

e Savuka. E mentre agli inizi<br />

della diffusione della “world music”<br />

le doti musicali di innumerevoli<br />

cantanti e strumentisti di<br />

una qualche tribù remota venivano<br />

sfruttate da “opportunisti” occidentali<br />

che sapevano farne buon<br />

uso a proprio favore, siamo ora testimoni<br />

di nomi famosissimi che<br />

possono giustamente godere dei<br />

Ibrahim Ferrer<br />

frutti del loro talento e popolarità<br />

diffondendo la loro magia in tutto<br />

il mondo: Cesaria Evora, cantante<br />

africana divenuta famosa nel<br />

quinto decennio della propria vita,<br />

Ibrahim Ferrer, membro del complesso-fenomeno<br />

cubano Buena<br />

Vista Social Club sul quale è<br />

stato fi lmato un documentario di<br />

successo, il complesso portoghese<br />

Madredeus, la cantante di fado<br />

Mariza, Youssou N’Dour, il cantante<br />

e multistrumentalista senegalese<br />

scoperto da Peter Gabriel,<br />

Nusrat Fateh Ali Khan, il cantante<br />

virtuoso indiano… La lista<br />

JAZZ - “IT DON’T MEAN A THING”<br />

Ahmad Jamal, un maestro di sempre<br />

Grande successo dell’ultimo<br />

album del guru del jazz Ahmad<br />

Jamal “After Fair” - come attestato<br />

dall’autorevole critico Marco<br />

Losavio - realizzato assieme a<br />

Idriz Muhammad (percussioni) e<br />

James Cammack (basso).<br />

Ecco un maestro di sempre.<br />

Ahmad Jamal...l’essenza del piano<br />

in trio, il più emblematico dei<br />

pianisti afroamericani che riassume<br />

in ciò che fa l’essere realmente<br />

africano e americano al tempo<br />

stesso.<br />

Jamal raccoglie un pugno di<br />

note dalla sua incredibile creatività<br />

per renderle discorso, elementi<br />

descrittivi di un mondo musicale<br />

che gli appartiene in modo<br />

inscindibile. La sua persona, la<br />

sua pelle, il suo essere è tutto là,<br />

nel fl uido scorrere di “I’m Old<br />

Fashioned”, vera lezione di come<br />

si sviluppa un brano in trio. Nella<br />

capacità narrativa di “Yours is my<br />

heart Alone”. Splendida “Time on<br />

my hands” che fugacemente abbandona<br />

i binari per debordare<br />

in piccoli cambi di accento, brevi<br />

obbligati, colti impeccabilmente<br />

dalla ritmica. Il tutto è come un<br />

fi lm, un’opera, con vari movimen-<br />

dei nomi è interminabile. A questo<br />

trend si associano anche artisti<br />

dei territori dell’ex Jugoslavia,<br />

tra i quali spicca il nome di Goran<br />

Bregović, ex leader di uno dei più<br />

noti complessi jugoslavi – Bijelo<br />

dugme – e ora a capo dell’Orchestra<br />

per matrimoni e funerali, che<br />

fonde nella sua musica elementi<br />

della musica gitana e bulgara,<br />

spopolando in tutto il mondo e<br />

ottenendo consensi di pubblico e<br />

di critica.<br />

In Croazia, autori rispettabili<br />

sono stati attratti dalla musica etnica,<br />

che si presenta così diversa<br />

e ricca di sfaccettature in un territorio<br />

geografi camente limitato.<br />

Troviamo così elementi della tradizione<br />

musicale istriana in una<br />

curiosa e particolare fusione con<br />

ti come in una suite ideale. E’ un<br />

gran maestro nel tocco, nel suono,<br />

nella gestione del brano sviluppandolo<br />

con rara intelligenza.<br />

Un album che pur rimanendo nel-<br />

Cesaria Evora<br />

il jazz nello straordinario lavoro<br />

di Tamara Obrovac, mentre a nord<br />

del paese, Lidija Bajuk e Dunja<br />

Knebl riscoprono l’incantevole tesoro<br />

musicale dello Međimurje…<br />

per menzionare soltanto alcuni<br />

nomi. E non fi nisce qui la storia<br />

della world music. La musica etnica<br />

a livello mondiale non signifi ca<br />

soltanto diffusione internazionale<br />

di diverse espressioni folkloristiche,<br />

ma anche combinazioni di<br />

elementi musicali originari da diverse<br />

parti del globo in soluzioni<br />

sorprendenti e affascinanti. È questo<br />

un “genere” musicale che invita<br />

alla curiosità verso altre culture<br />

e al rispetto della diversità intesa<br />

come ricchezza… che è patrimonio<br />

di tutto il mondo.<br />

Helena Labus<br />

le fi la di un pianismo tradizionale,<br />

sa andare oltre, aggiungendo molti<br />

valori innovativi alle esecuzioni<br />

nelle dinamiche e nella interpretazione.


8 musica<br />

IL FESTIVAL - “RITORNA VINCITOOOR!”<br />

«La Gioconda» per un inizio<br />

veronese alla grande<br />

VERONA - L’83° Festival Lirico<br />

di Verona che quest’anno si<br />

svolge dal 17 giugno al 31 agosto<br />

propone 5 titoli e 50 spettacoli:<br />

ad inaugurare è stata “La Gioconda”<br />

di Amilcare Ponchielli in<br />

un nuovo allestimento affi dato a<br />

Pier Luigi Pizzi che curerà regia,<br />

scene e costumi. L’opera è diretta<br />

da Donato Renzetti e tra gli interpreti<br />

fi gurano Andrea Gruber,<br />

Marco Berti, Ildiko Komlosi, Carlo<br />

Colombara, Elisabetta Fiorillo e<br />

la grande “stella” della danza Roberto<br />

Bolle. Della Gioconda (che<br />

manca in Arena dal 1988) sono<br />

previste 7 recite dal 17 giugno al<br />

30 luglio.<br />

Secondo titolo in programma<br />

“Nabucco” di Giuseppe Verdi che,<br />

dopo “Aida” e “Carmen”, è l’opera<br />

più eseguita in Arena con 15<br />

edizioni e 130 rappresentazioni.<br />

Quest’anno sarà presente nell’an-<br />

QUIZ - “ALLEGRO CON BRIO”<br />

1.Quale delle seguenti dive<br />

dell’opera lirica si è esibita a<br />

Fiume negli Anni ‘40, ricoprendo<br />

il ruolo di Madame Butterfl<br />

y?<br />

a) Toti Dal Monte<br />

b) Maria Caniglia<br />

c) Renata Tebaldi<br />

2.Il famoso violinista-virtuoso,<br />

nonché compositore, che, secondo<br />

la leggenda, aveva venduto<br />

la propria anima al diavolo<br />

per suonare meglio il violino si<br />

chiamava:<br />

a) Giuseppe Tartini<br />

b) Niccolò Paganini<br />

c) Yehudi Menuhin<br />

3.L’opera “Il barbiere di Siviglia”<br />

è stata composta da:<br />

a) Gaetano Donizetti<br />

b) Giuseppe Verdi<br />

c) Gioacchino Rossini<br />

4.Come si chiama il gruppo<br />

del cantautore australiano Nick<br />

Cave?<br />

a) The Good Times<br />

b) The Wild Roses<br />

c) The Bad Seeds<br />

5.Una delle canzoni più famose<br />

del cantautore italiano Fabrizio<br />

de Andrè si intitola:<br />

a) Andrea<br />

b) Laura<br />

c) Nicola<br />

fi teatro dal 18 giugno al 26 agosto<br />

con 13 recite affi date al direttore<br />

Vjekoslav Šutej nell’allestimento,<br />

già apprezzato dal pubblico negli<br />

anni scorsi, di Graziano Gregori<br />

(regia e scene) e Carla Teti (costumi).<br />

Protagonista uno degli artisti<br />

più grandi del mondo e amatissimo<br />

dal pubblico areniano, Leo<br />

Nucci affi ancato da Susan Neves<br />

nel ruolo di Abigaille e da Giacomo<br />

Prestia in quello di Zaccaria.<br />

Sempre di Verdi, il 23 giugno<br />

debutta “Aida” nell’allestimento<br />

ormai celebre di Franco Zeffi relli<br />

con i costumi di Anna Anni. Affi -<br />

data alla bacchetta di Daniel Oren,<br />

altro grande beniamino del pubblico,<br />

Aida (che sarà in scena per ben<br />

18 serate), avrà come protagonista<br />

Micaela Carosi, trionfatrice anche<br />

nell’edizione dello scorso anno,<br />

affi ancata da un Radames di lusso<br />

come Josè Cura (recite del 23 e<br />

6.Quale dei seguenti musicisti<br />

jazz era un maestro del clarinetto?<br />

a) Miles Davies<br />

b) Benny Goodman<br />

c) Chet Baker<br />

7.La cantante lirica Montserrat<br />

Caballé ha cantato il famoso<br />

duetto “Barcelona” con:<br />

a) Freddie Mercury<br />

b) Mick Jagger<br />

c) Paul McCartney<br />

8. Quale dei seguenti compositori<br />

prese, in tarda età gli ordini<br />

sacerdotale?<br />

a) Frederic Chopin<br />

b) Franz Liszt<br />

c) Franz Schubert<br />

9.Il famoso “Bolero” è stato<br />

composto da:<br />

a) Maurice Ravel<br />

b) Claude Debussy<br />

c) Manuel De Falla<br />

10.Sono stati composti dal<br />

grande J.S.Bach e la loro regi-<br />

strazione è stata mandata nello<br />

spazio come una delle massime<br />

testimonianze della nostra civiltà.<br />

Parliamo dei:<br />

a) Concerti di Brandenburgo<br />

b) Concerti di Lussemburgo<br />

c) Concerti di Amburgo<br />

Soluzioni: 1.a), 2.b), 3.c), 4.c), 5.a), 6.b), 7.a), 8.b), 9.a), 10.a)<br />

26 giugno) mentre il ruolo fondamentale<br />

di Amneris sarà sostenuto<br />

da Tichina Vaughn.<br />

Le ultime due opere del Festival<br />

sono fra le più celebri e amate<br />

di Giacomo Puccini: il 9 luglio<br />

debutta “La Bohème” cui è riservato<br />

il secondo nuovo allestimento<br />

dell’estate 2005 affi dato dalla<br />

Fondazione Arena ad Arnaud<br />

Bernard per la regia e a William<br />

Orlandi per scene e costumi. Anche<br />

quest’opera si avvale della direzione<br />

di Daniel Oren ed ha per<br />

protagonisti due grandissime voci<br />

come quelle di Fiorenza Cedolins<br />

(Mimì) e di Marcelo Alvarez (Rodolfo).<br />

L’opera avrà 6 repliche<br />

fi no al 20 agosto.<br />

Ultimo titolo in cartellone “Turandot”<br />

con 5 rappresentazioni dal<br />

13 al 20 agosto.<br />

L’opera che è la più rappresentata<br />

in Arena tra quelle di Puccini<br />

con 13 edizioni e 103 rappresentazioni,<br />

si potrà vedere nell’allestimento<br />

del regista russo Yuri<br />

Alexandrov (con scene e costumi<br />

di Vjacheslav Okunev) che ha<br />

debuttato con successo nell’estate<br />

2003. Accanto ad Andrea Gruber<br />

nella parte della principessa<br />

ANEDDOTI E CURIOSITÀ - “VIVACE”<br />

ORIGINE DEI CONCORSI MUSICALI<br />

NELLA ROMA IMPERIALE<br />

Il primo concorso musicale fu dato in Roma<br />

nell’anno 17 d.C., e, sebbene più tardi Nerone<br />

cercasse di farne una istituzione regolare, quinquennale,<br />

essa ebbe assai breve durata.<br />

Più fortunato in questo fu Domiziano, che<br />

nell’86 istituì i Giuochi Capitolini – Capitolini<br />

Ludi - che si mantennero per lungo tempo e che<br />

erano celebrati ogni quattro anni nel magnifico<br />

Odeon del Campo di Marte, ove potevano trovar<br />

posto ben diecimila spettatori.<br />

CEMBALI ITALIANI DEL ‘500<br />

NELLE CORTI STRANIERE<br />

Ad una perfetta tecnica musicale spesso i clavicembali<br />

costruiti in Italia nel secolo XVI ac-<br />

coppiarono altresì tutti i pregi dell’arte decorativa,<br />

per la qual cosa non solo ebbero all’estero<br />

ben meritata rinomanza, ma furono anche accolti<br />

nelle corti come dono gradito.<br />

Ricorderemo, a tal proposito, che nel 1573 la<br />

Serenissima Repubblica di Venezia spedì al Sul-<br />

Mercoledì, 29 giugno 2005<br />

“Aida” all’Arena di Verona<br />

di gelo, ritorna Josè Cura nel ruolo<br />

di Calaf. Ulteriori informazioni<br />

sul Festival Lirico 2005, anche relativamente<br />

ai prezzi dei biglietti<br />

e alle modalità di acquisto, si<br />

possono trovare sul sito internet<br />

www.arena.it o telefonando al numero<br />

045/8005151.<br />

tano un clavocimbalo ornato di pietre preziose<br />

del prezzo di 800 zecchini per la imperatrice, che<br />

aveva una schiava cristiana eccellentissima nella<br />

musica; ed il 3 aprile 1593 la stessa Repubblica<br />

inviò al suo ”Bailo in Costantinopoli un Gravicimbalo<br />

lavorato di Madre di perle con due sedie<br />

figurate guarnite d’oro et rimesse con bellissimi<br />

intagli” perché ne facesse un presente alla<br />

Sultana.<br />

LA MUSICA NELLA VITA PRIVATA<br />

DEGLI ANTICHI ROMANI<br />

A differenza dei nostri tempi, nella vita privata<br />

degli antichi Romani, si faceva della musica<br />

quasi esclusivamente a tavola. Tale uso fu così<br />

generalizzato, che anche un modesto desinare<br />

richiedeva il suo bravo concerto, che nelle case<br />

dei ricchi assumeva carattere di sontuosa magnificenza.<br />

I più facoltosi patrizi avevano a loro disposizione<br />

– come i boiardi russi prima dell’emancipazione<br />

dei servi – delle vere orchestre di schiavi,<br />

detti pueri simphoniaci, i quali non soltanto rallegravano<br />

le cene dei padroni in Roma, ma li seguivano<br />

ovunque si fossero recati.<br />

Nella famosa Cena di Trimalcione, come scrive<br />

Petronio, tutto procedeva a suon di musica, la<br />

portata in tavola delle vivande e lo spezzamento<br />

di esse, le libazioni dei commensali e perfino lo<br />

sparecchiare della tavola.<br />

UNA CROCE AD OGNI ERRORE…<br />

Un giovane compositore presenta un suo spartito<br />

a Rossini, pregandolo di esaminarlo e di fare<br />

una semplice croce dove avesse trovato qualche<br />

errore.<br />

Alcuni giorni dopo Rossini restituisce lo spartito<br />

all’autore, il quale lo scorre ansiosamente e<br />

non trovandovi segni esclama con gioia:<br />

- Non vi vedo nessuna croce; dunque non avete<br />

trovato nessun errore!<br />

- E Rossini di rimando: - Se avessi messa una<br />

croce ad ogni errore avrei fatto un cimitero!<br />

LA SINFONIA DELL’«OTELLO»<br />

DI ROSSINI<br />

Gioacchino Rossini narra: “Ho compiuto la<br />

sinfonia dell’Otello in una cameretta del palazzo<br />

Barbaja, ove il più calvo ed il più feroce degl’impresari<br />

mi aveva rinchiuso per forza, senz’altra<br />

cosa che un piatto di maccheroni e con la minaccia<br />

di non poter lasciare la camera, vita durante,<br />

finché non avessi scritto l’ultima nota”.<br />

Anno 1 / n. 2 29 giugno 2005<br />

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina<br />

IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina, progetto editoriale di Silvio Forza<br />

edizione: MUSICA<br />

Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo / Art director: Daria Vlahov Horvat<br />

Redattore grafi co: Vanja Dubravčić e Dean Cernecca<br />

Collaboratori: Alessandro Boris Amisich, Dario Bassanese, Helena Labus, Fabio Vidali

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