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Incontenibile Mirella Un Campitelli indiavolato Vengo già ... - Teramani

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pag<br />

16<br />

le convenzioni<br />

Tu...<br />

gli approcci<br />

L’<br />

approccio confidenziale prevale ormai anche tra persone<br />

estranee o che sono il relazioni asimmetriche per l’età, gerarchia<br />

o posizione sociale: un segno di democratizzazione<br />

dei rapporti che, abbattendo le convenzioni, cerca di portare in spontaneità<br />

e “autenticità” nelle relazioni. Ma con il rischio dell’appiattimento<br />

e di un finto egualitarismo, che può riservare qualche delusione.<br />

“Ciao” !. Non scandalizzare quasi più nessuno, essere accolti così in<br />

un negozio, anche se i 40 anni li abbiamo passati da un po’. In ufficio,<br />

tra colleghi, le formalità linguistiche sono cadute insieme all’obbligo<br />

della cravatta. E in televisione non è raro sentire i conduttori rivolgersi<br />

con il giusto distacco all’interlocutore sconosciuto, autorevole<br />

o semplicemente più anziano.<br />

Non è solo una questione di pronomi, l’alternanza di tu<br />

e lei è la spia di una generale tendenza all’approccio<br />

confidenziale, che cerca la familiarità in ogni contesto.<br />

Qualcuno si sente ancora a disagio di fronte alla<br />

scomparsa di convenzioni che hanno accompagnato<br />

le relazioni interpersonali per generazioni. E reagisce<br />

male quando al ristorante o in ospedale, viene trattato<br />

come un vecchio amico, e ritenendo che il passaggio da<br />

una forma all’altra debba sottintendere una stabilizzazione<br />

delle relazioni, che le renda non superficiali e<br />

occasionali.<br />

Se tutti ammettono che il modello dello you inglese<br />

pesa anche nell’Italia che la lingua di Shakespeare<br />

continua a conoscerla in modo approssimativo, gli osservatori più<br />

attenti non sono concordi nel leggere un fenomeno che manifesta<br />

tendenze profonde, a livello di psicologia individuale e di rapporti sociali,<br />

maggiormente “democratiche”. Perché dietro l’intimità esibita<br />

c’è spesso la spinta alla sincerità e all’”autenticità” del proprio io,<br />

da rivelare senza più pudori, come accade in forma parossistica nei<br />

reality show, fino a sfociare persino in forme di narcisismo.<br />

La transazione al tu ha in parte ragioni morfologiche in base alle<br />

quali la lingua viva ha soppresso prima il voi, forma più elaborata,<br />

e ora va riducendo anche il lei. In realtà il lei è una terza persona<br />

che ha la caratteristica dell’impersonalità: è un come dire “ove”.<br />

All’interlocutore in terza persona si toglie la natura di interlocutore,<br />

non è l’individuo cui si parla, ma l’individuo di cui si parla. Ma al di<br />

là di queste ragioni tecniche, c’è pure l’imbarazzo per il genere, il<br />

lei è femminile (curioso notare che le cose importanti diventano<br />

femmine: sua maestà, sua eccellenza). Il tu neutralizza la questione<br />

e diventa argine del fascismo.<br />

Il modo di interloquire può essere un importante spia a dinamiche<br />

sottostanti, sia a livello di psicologia individuale sia a livello di psicologia<br />

collettiva, bisogna cercare di individuare che cosa si muove<br />

sotto la superficie del “ciao” diffuso. Rispetto a un decennio fa, si è<br />

imposta una spinta egualitaristica, sotto l’effetto della quale si sono<br />

luglio-agosto 2009<br />

di Fausto Napolitani<br />

indeboliti e ridotti gli ambiti formali. Viviamo in un contesto in cui<br />

le gerarchie sono messe in discussione o non riconosciute. Segno<br />

di una difficoltà e di una fatica nell’ammettere punti di stabilità<br />

nell’ordine sociale. Prevalgono le relazioni informali. Anche se si<br />

tratta con sconosciuti, domina l’elemento funzionale (tra colleghi<br />

conta l’obiettivo comune, il non la posizione aziendale). In crisi<br />

sono l’autorità e il riconoscimento del ruolo a vantaggio di una<br />

personalizzazione dei rapporti.<br />

I pronomi sono inscritti anche in relazioni di potere, e ne sono<br />

un indicatore: dare del lei implica un’asimmetria di qualche tipo,<br />

mentre con il tu ci si pone sullo stesso piano. <strong>Un</strong>a volta si lottava<br />

per dare a tutti del lei, come forma di rispetto. Oggi invece si<br />

preferisce il tu. Significa che si pensa a una reversibilità potenziale<br />

e non gerarchica dei ruoli, cioè si ritiene che ciascuno occupi<br />

provvisoriamente una posizione, legata alla situazione. Ma non<br />

può che essere un’illusione o una speranza, perché i ruoli esistono<br />

e pesano. La semplificazione, anche dei tempi, rispetto ai rituali<br />

antichi, è un fenomeno centrale della nostra epoca. Tutto diventa<br />

funzionale agli aspetti “totalitari” della società dei consumi, che<br />

tende a cancellare le culture particolari e forti, quella contadina,<br />

quella operaia e quella borghese, insieme ai loro<br />

riferimenti linguistici. Si eliminano le appartenenze<br />

specifiche, ovvero tutto ciò che ingombra o rallenta i<br />

tempi del consumo: l’imperativo è fare in fretta, non<br />

fare fatica.<br />

A livello individuale, se la persona è in grado di sfruttare<br />

la caduta delle barriere formali e se ne serve per<br />

essere più efficiente, va bene. Se invece si tratta di una<br />

perdita di identità forte, allora nascono i problemi. Perché<br />

oggi, centrale nello stare bene e il riconoscimento<br />

di connotazione del io, la lotta per il riconoscimento<br />

finisce però in balia di tendenze opposte (che convivono<br />

nella società del tu): l’omologazione da un lato e<br />

dall’altro la tendenza all’autenticità e all’espressione del sé al di là<br />

di convenzioni difformi imposte dall’esterno.<br />

Se, come si è visto, non appare immotivata qualche nostalgia per<br />

la distinzione tu-lei, risulta anacronistico condurre una battaglia<br />

per il ripristino di modi antichi che la società ha superato. <strong>Un</strong>a<br />

volta invalso lo stile, lo si può sfruttare al meglio. Il tu generalizzato<br />

costituisce anche uno slancio verso un legame davvero universale,<br />

non gerarchico, non segmentato. Pensiamo al fatto che nelle religioni<br />

la relazione con Dio paradigmatica dei rapporti basati sul tu:<br />

indica disponibilità incondizionata, vicinanza reale. Gli eccessi non<br />

sono mai consigliabili, in nessuna direzione, né troppa gerarchia e<br />

formalismo né troppa omologazione e differenziazione. Abbiamo<br />

bisogno di due registri, che è necessario saper bilanciare. La competenza<br />

sociale è quella che sa passare da un registro all’altro, secondo<br />

i contesti appropriati. Serve un’educazione alle competenze<br />

sociali. Altrimenti tutto diventa indistinto; ciò sembra rendere più<br />

facili le relazioni, ma in realtà le complica, perché non si capisce<br />

più di cosa si parla e dove se ne può e se ne deve parlare.<br />

La questione è controversa, accorciare le distanze o riconoscere<br />

ad ogni individuo un ruolo sociale che dia il riconoscimento di ciò<br />

che è?<br />

Tu lettore che ne pensi? u

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