IL LINGUAGGIO DELLA LIRICA D'AMORE - Liberta' Educazione ...
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La poetica del Canzoniere è limpida, equilibrata, armoniosamente perfetta, dotata di una<br />
miracolosa fluidità musicale, nonostante non si possa definire così l’intricato universo<br />
petrarchiano.<br />
Per Petrarca la poesia non è esplorazione accanita dell’anima, non sfogo immediato del<br />
sentimento. I conflitti interiori non si gettano sulla pagina con la violenza scomposta con cui<br />
nascono nell’intimo, ma passano attraverso un filtro che li decanta e li purifica: la letteratura<br />
svolge questo ruolo.<br />
L’esigenza di chiarezza e decantazione, corre parallela alla cura della perfezione formale,<br />
al minuziosissimo e assiduo lavoro di lima che il poeta applica ai suoi versi, affinché non vi<br />
resti nulla di grezzo, di approssimativo o di scomposto. Potremmo dire che la poesia di<br />
Petrarca è retta da un “classicismo formale” che si manifesta come selezione ed idealizzazione<br />
del reale. Lo stile di Petrarca è stato definito “monolinguismo” ( al contrario del<br />
“plurilinguismo” dantesco ). Nessuna parola spicca mai, come intensa macchia di colore, nel<br />
tessuto del discorso: Petrarca tende a creare un’armonia di insieme in cui nessun particolare<br />
predomini. Come il poeta stesso afferma, il suo assiduo, infaticabile lavoro di lima sui testi,<br />
tende a far soavi e chiare le rime aspre e fosche. Nel termine aspre notiamo l’allusione al<br />
tono dantesco delle rime petrose.<br />
5.3 METAFORE ED IMMAGINI USATE<br />
La materia quasi esclusiva del Canzoniere è l’amore del poeta per una donna, chiamata<br />
Laura, incontrata il Venerdì Santo in una chiesa di Avignone.<br />
La figura di Laura è, comunque, evanescente, vicina e insieme lontana, irraggiungibile;<br />
quasi un fantasma del cuore, viva nel sentimento e nell’immaginazione del suo poeta, ma mai<br />
definita da una sorta di concretezza. Vero protagonista dell’opera è dunque Petrarca, la sua<br />
anima tormentata.<br />
La “Laura trasfigurata nella poesia” diviene per il poeta l’anelito di felicità, una felicità<br />
terrena non effimera e caduca, la tensione verso una vita più bella.<br />
Per comprendere gli altri temi della poesia petrarchiana, analizziamo il sonetto “Voi<br />
ch’ascoltate in rime sparse il suono”, una ricapitolazione e rivalutazione a posteriori della<br />
propria esperienza umana e letteraria.<br />
1. Divaricazione temporale. Il sonetto propone, innanzitutto, una forte divaricazione<br />
temporale tra passato e presente, scandita lungo il testo dall’alternanza di verbi al presente (<br />
v.1 ascoltate; v.4 sono; v.5 piango e ragiono; v.8 spero trovar ) e verbi al passato ( v.2<br />
nudriva; v.4 era; v.10 fui ), ma sottolineata ed enfatizzata dall’antitesi del verso 4 ( quand’era<br />
in parte altr’uom da quel ch’i’ sono ), e soprattutto dall’or sì del verso 9. In una struttura<br />
metrico-ritmica, infatti, piuttosto regolare e persino monotona, il verso in questione spicca<br />
perché è l’unico ad essere accentato sulla quinta posizione ( mentre dominano accenti in<br />
quarta e sesta posizione negli altri versi più “regolari” ): questo fatto, e le ragioni sintattiche<br />
connesse, impongono, oltre ad una variazione di ritmo rispetto ai versi precedenti, una doppia<br />
pausa nella lettura che assolve, appunto, la funzione di dare enfasi al sintagma “or sì”.<br />
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