a ngelo p agano - la scuola poetica siciliana
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E per aviso-viso-in tale viso<br />
De lo qual me non posso divisare:<br />
Viso a vedere quell’e peraviso,<br />
Che no e altro se non Deo divisare<br />
L’oscurità di linguaggio e di significato in pratica annul<strong>la</strong> anche<br />
<strong>la</strong> costruzione di una storia, del<strong>la</strong> narrazione, preferendo avvalersi<br />
dell’applicazione di artifici retorici. Abbiamo qui un esempio di calcolo<br />
minuzioso, di più che meditate formalizzazioni del linguaggio e del<strong>la</strong><br />
dottrina d’amore tali da far credere, come pensa Antonelli, che il Notaro<br />
si prenda gioco del lettore, ammaliato non meno del poeta da questo<br />
misterioso e ambiguo viso d’amore analogo all’”immagine” amorosa<br />
di «Meravigliosamente», figura pinta nel cuore che non pare difore.<br />
Oscurità di linguaggio e calcolo minuzioso sono, in questo caso estremo,<br />
praticamente introvabili nei Siciliani che <strong>la</strong>sciano programmaticamente<br />
fuori l’impostazione eminentemente formalistica del<strong>la</strong> lirica<br />
occitanica con una consapevolezza prettamente del<strong>la</strong> lirica italiana delle<br />
origini.<br />
Ricapito<strong>la</strong>ndo diciamo che al<strong>la</strong> varietà dei registri si accompagna<br />
<strong>la</strong> varietà degli stili, da quello aspro e difficile, giocato su rime interne<br />
e bisticci di parole, a quello agile e lineare. Giacomo affronta <strong>la</strong><br />
selva di topoi cortesi con grande eleganza: si pensi a «Madonna mia, a<br />
voi mando» dove <strong>la</strong> dama è presentata come alta e grande (quindi, come<br />
<strong>la</strong> dama dei trovatori, socialmente superiore all’amatore), più bel<strong>la</strong><br />
ca Isolda <strong>la</strong> bronda, e dove infine il poeta si dichiara di lei vassallo: Ben<br />
so che son vostro omo,/ s’a voi non dispiacesse.<br />
Accanto al registro cortese elevato, e talvolta ”incastrate” in esso,<br />
non mancano spunti di originale ironia, leggeri e perfino maliziosi,<br />
come nel sonetto che comincia,<br />
Io m’agio posto in core a Dio servire,<br />
com’io potesse gire in paradiso,<br />
al santo loco, c’agio audito dire<br />
si mantiene sol<strong>la</strong>zzo, gioco e riso;<br />
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